Dichiarazione mendace del giudizio finale scolastico nei con

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Dichiarazione mendace del giudizio finale scolastico nei con

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Per notizia a quanti hanno dubbi significando che il Tar Lazio ha rigettato il ricorso. (questa sentenza è una delle tante trovate è tutte con lo stesso giudizio finale).

- il ricorrente è stato dichiarato decaduto dalla ferma volontaria di un anno nell’Esercito contratta il 6 settembre 2011.

- Il provvedimento è stato adottato “a seguito dell’ulteriore accertamento dei requisiti previsti dal bando di reclutamento” all’esito dei quali è emerso che l'interessato aveva prodotto una dichiarazione mendace in merito al giudizio con cui era stato conseguito il diploma di istruzione secondaria di primo grado”.

- L’amministrazione ha ritenuto il ricorrente carente dei requisiti previsti dall’art. 2, c. 1, lett. f del bando di reclutamento” dichiarandolo, perciò decaduto dalla Ferma.

- Nel caso di specie, la dichiarazione resa dal ricorrente - indipendentemente dalla sua qualificazione giuridica - era potenzialmente in grado di incidere, influenzare, condizionare la valutazione dei titoli compiuta dall’Amministrazione; ovvero di alterare l’ordine della graduatoria, fino a consentire al candidato di rientrare - come poi si è rivelato - tra i vincitori del concorso.

- Al riguardo, l'articolo 76, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 è chiaro nello stabilire che chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dallo stesso decreto decade da tutti i benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera.

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N. 04978/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00853/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 853 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Francesco Buscaglia, Rossana Airo', con domicilio eletto presso Anna Eliseo in Roma, via Cortina D'Ampezzo, 190;
contro

Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
nei confronti di
OMISSIS, non costituito;
per l'annullamento
del decreto n. …., datato 21 novembre 2011, con il quale il ricorrente è stato dichiarato decaduto dalla ferma volontaria di un anno nell’Esercito contratta il 6 settembre 2011.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2012 il cons. Giuseppe Rotondo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Sussistono i presupposti per la definizione immeditata del ricorso e di ciò è stato dato avviso alle parti.
Con il ricorso in esame, il ricorrente impugna il decreto n. …., datato 21 novembre 2011, con il quale è stato dichiarato decaduto dalla ferma volontaria di un anno nell’Esercito contratta il 6 settembre 2011.
Il provvedimento è stato adottato “a seguito dell’ulteriore accertamento dei requisiti previsti dal bando di reclutamento” all’esito dei quali è emerso che il “VFP 1 –OMISSIS- aveva prodotto una dichiarazione mendace in merito al giudizio con cui era stato conseguito il diploma di istruzione secondaria di primo grado”.
L’amministrazione ha ritenuto il ricorrente carente dei requisiti previsti dall’art. 2, c. 1, lett. f del bando di reclutamento” dichiarandolo, perciò decaduto dalla Ferma.
Come seguono le censure articolate in ricorso:
1) l’eventuale dichiarazione mendace non riguarda un requisito di accesso ma un mero criterio valutativo;
2) nulla è stato accertato in merito alle circostanze nelle quali la suddetta dichiarazione è stata rilasciata;
3) nel corso dei tre mesi in cui il ricorrente ha prestato servizio, nessun richiamo o provvedimento disciplinare hanno mai evidenziato la mancanza dei requisiti di buona condotta e di moralità;
4) nulla è stato detto in ordine all’iter logico seguito dal Dirigente circa l’assunzione di un provvedimento di tale gravità;
5) nulla è stato rilevato in merito alla innocuità della dichiarazione mendace, data la non influenza della stessa sul posto che sarebbe stato ricoperto in graduatoria dal ricorrente anche qualora il voto del diploma di licenza media dichiarato fosse stato quello realmente conseguito;
6) il provvedimento è sproporzionato.
Si è costituito il Ministero della Difesa.
In data 18 febbraio 2012, parte ricorrente ha depositato memoria con la quale insiste per l’accoglimento del ricorso.
Con ordinanza collegiale n. 1774/2012, sono stati chiesti documentati chiarimenti all’Amministrazione.
L’incombente è stato assolto.
La causa è matura per la sua decisione.
Il ricorso è infondato.
Sulla questione controversa, il Collegio non ravvede motivi per discostarsi dal proprio orientamento.
La sua manifesta infondatezza, a motivo del consolidato orientamento della Sezione, induce il Collegio a non ordinare l’integrazione del contraddittorio, ai sensi dell’art. 49, c. 2 del d.Lvo n. 104/2010.
Il ricorrente ha dichiarato, nella domanda di partecipazione al concorso, di avere riportato un giudizio diverso, e superiore, rispetto a quello realmente conseguito all’esito del corso di istruzione secondaria di primo grado.
Egli ha, pertanto, indicato ed allegato alla domanda di ammissione un elemento di giudizio utile ai fini della valutazione non corrispondente alla realtà.
Occorre premettere che il requisito circa il possesso delle qualità morali e di condotta incensurabili, richiesto per l’accesso a posti nelle Pubbliche Amministrazioni che esercitano – come nel caso in esame - competenze istituzionali in materia di difesa e sicurezza dello Stato, va inteso avuto riguardo a comportamenti riferibili all’aspirante che facciano dubitare che il medesimo possa mantenere un comportamento consono alle funzioni da espletare.
Il Collegio – come già chiarito in altri precedenti simili - ritiene che legittimamente l’Amministrazione abbia fatto discendere dalla suddetta circostanza le conseguenze in questa sede contestate.
Ed invero, l’amministrazione militare è tenuta a compiere un rigoroso apprezzamento del requisito in esame, a motivo dei delicati e particolari compiti di difesa cui il personale delle Forze Armate con rapporto di lavoro a tempo determinato è destinato; anche in considerazione della circostanza che detto personale costituisce la quasi totalità del bacino di selezione ai fini del reclutamento del personale nelle carriere iniziali delle Forze di Polizia ad ordinamento civile e militare.
Il provvedimento impugnato dà adeguatamente conto delle ragioni che hanno indotto l’Amministrazione della Difesa ad escludere il ricorrente dalla procedura selettiva de qua, in vincolata applicazione della normativa di settore (art. 35 del D.Lgs. 165/2001) e della clausola di bando (art. 2, c. lett. f ed art. 5, c. 4 del bando di reclutamento), alle quali, in presenza dell’accertamento della mancanza anche di uno solo dei prescritti requisiti, accede l’esclusione dalla selezione, senza cha al riguardo residuino ulteriori margini di discrezionalità.
In ragione delle esposte considerazioni, si dimostra legittima l’esclusione dalla procedura concorsuale in impugnativa, in quanto fondata su un presupposto di fatto – la cui esistenza storica non è oggetto di contestazione – con riferimento al quale la resistente Amministrazione ha fondato la negativa valutazione, sotto il profilo dell’assenza dei prescritti requisiti di ordine morale e di condotta, a base dell’avversato provvedimento.
Né l’Amministrazione era tenuta a svolgere un particolare sindacato sulle ragioni e circostanze del mendacio.
Dal sig. OMISSIS si esigeva, infatti, niente altro che l’ordinaria diligenza, propria dell’uomo medio, nella compilazione della domanda di partecipazione al concorso de quo.
Il ricorrente qualifica il fatto come “falso innocuo”, non avendo influito, la dichiarazione mendace, sulla graduatoria finale.
Il punteggio attribuitogli pari a 9,5 sarebbe stato, infatti, ridotto a 8,5 (per effetto del giudizio realmente conseguito in sede di diploma); punteggio, questo, che gli avrebbe comunque consentito di avere accesso alla leva.
Il Collegio osserva che la valutazione del falso innocuo sconta un giudizio ex ante e non ex post, con la conseguenza che non può essere considerato innocuo il falso potenzialmente in grado di incidere sulle determinazioni dell’Amministrazione.
Nel caso di specie, la dichiarazione resa dal ricorrente - indipendentemente dalla sua qualificazione giuridica - era potenzialmente in grado di incidere, influenzare, condizionare la valutazione dei titoli compiuta dall’Amministrazione; ovvero di alterare l’ordine della graduatoria, fino a consentire al candidato di rientrare - come poi si è rivelato - tra i vincitori del concorso.
Il falso (c.d. innocuo) si è rivelato, peraltro, sempre secondo un giudizio ex ante, anche un potenziale danno nei confronti degli altri candidati nella misura in cui, a cagione degli effetti causati dalla dichiarazione non veritiera, la posizione in graduatoria di costoro può averne risentito, fino alla esclusione dalla medesima.
La prova di resistenza che introduce il ricorrente non è, pertanto, in grado di revocare in dubbio la rilevanza del mendacio nella particolarità della fattispecie in esame.
In collegamento alla precisazione appena compiuta, il Collegio ritiene che possa operare nella fattispecie la nota distinzione tra falso solo oggettivo e falso anche soggettivo e circostanziato.
Si ha, infatti, una progressione nell’accertamento del falso, scandita da una autonoma fase nella quale si accerta solo il dato oggettivo della sua sussistenza, con la determinazione di un primo ordine di conseguenze; senza che abbia luogo, in tale fase, il completo apprezzamento di esso dal puto di vista della gravità della condotta.
Il primo, autonomo ordine di conseguenze riguarda la singola procedura nella quale è emerso il falso (ancorché c.d. innocuo) e si risolve, per la sua rilevanza meramente oggettiva, nella esclusione del candidato dal concorso, senza alcuna valutazione circa l’entità e rilevanza del falso medesimo.
E’ solo il secondo ordine di conseguenze (estraneo alla procedura selettiva) che involgerà il (successivo) completo apprezzamento del falso da parte delle competenti autorità, con riguardo alla sua entità e grado di partecipazione soggettiva.
Alla stregua di quanto sopra argomentato, il Collegio ritiene, in conclusione, che non appare affatto illogico né sproporzionato il fatto che la dichiarazione resa dal ricorrente sia stata assunta come eloquente indice di insufficiente moralità e/o condotta.
Anche l’eventualità che il ricorrente possa essere caduto in errore può, tutt’al più, attenuare il grado di responsabilità soggettiva sul piano della rilevanza penale, giammai esonerare il suo autore dalle conseguenze del proprio atto ai fini amministrativi, vale a dire nel rapporto con la pubblica amministrazione, improntato a canoni di lealtà, specie quando la dichiarazione viene resa nell’ambito di procedure selettive rette dal principio della par condicio competitorum.
Al riguardo, l'articolo 76, comma 1 del decreto del Presidente della Repubblica 28 dicembre 2000, n. 445 è chiaro nello stabilire che chiunque rilascia dichiarazioni mendaci, forma atti falsi o ne fa uso nei casi previsti dallo stesso decreto decade da tutti i benefici eventualmente conseguenti al provvedimento emanato sulla base della dichiarazione non veritiera.
Ebbene, il Collegio ritiene che la domanda di ammissione a concorso pubblico, e le annesse dichiarazioni, costituiscano atti giuridici in senso stretto i cui effetti (giuridici) non sono quelli voluti dall'autore bensì, quelli predeterminati dalla legge e si verificano in dipendenza di due qualità del fatto: imputabilità al soggetto agente; volontarietà della (sua) condotta.
Nel caso di specie, non v’è dubbio che l’atto de quo sia imputabile soggettivamente al ricorrente e che la condotta sia stata volontaria; tanto basta a far sì che si producano gli effetto giuridici previsti dalla disciplina legale, a prescindere dalla conoscenza del valore giuridico dell’atto e dalla volontà dei suoi effetti, che si verificano secondo il vigente ordinamento.
E’ sufficiente, dunque, sotto altro profilo, l’elemento oggettivo della dichiarazione mendace, assistita dalle due qualità del fatto giuridico sopra menzionate, perché gli effetti previsti dall’ordinamento si producano de iure.
In conclusione, non appare affatto illogico né ingiusto, ad avviso del Collegio, il fatto che la dichiarazione resa dal ricorrente sia stata assunta come eloquente indice di insufficiente moralità e/o condotta giacché anche la distrazione o la fretta con cui si è giustificato il ricorrente possono disvelare – nel particolare ambito militare, a cagione dei delicati compiti e funzioni assolti dall’Istituzione - una carenza di lealtà.
Qualità (moralità/condotta) che non irragionevolmente vengono contestate in determinate e significative procedure selettive a chi abbia reso false e/o erronee dichiarazioni su proprie qualità personali.
Per quanto sopra esposto, il ricorso in esame è infondato e va, perciò, respinto.
Le spese processuali seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
Nulla si dispone, invece, nei confronti del controinteressato non costituitosi in giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del Ministero della Difesa che si liquidano in € 1.500,00.
Nulla spese nei confronti del controinteressato evocato in giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/06/2012


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Re: Dichiarazione mendace del giudizio finale scolastico nei

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Esclusione dal reclutamento in quanto l'interessato nella domanda dichiarava di aver conseguito il diploma di istruzione secondaria di primo grado con il giudizio di “distinto”.

In esito alla richiesta di controllo del contenuto della autocertificazione, inoltrata dal Centro documentale di Palermo, l’Istituto comprensivo di Scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado “Mariano Rossi” di OMISSIS (AG) attestava, invece, che il OMISSIS aveva conseguito il diploma di licenza media riportando il giudizio di “sufficiente”.

Il Consiglio di Stato a seguito del ricorso straordinario al PDR ha precisato:

La giurisprudenza è ferma nel ritenere che la falsa dichiarazione sul giudizio riportato al termine del ciclo d’istruzione secondaria di primo grado, quand’anche dovesse ritenersi giustificata da errore materiale compiuto dal ricorrente o da persona che con lui avesse collaborato nella predisposizione della domanda, implica la decadenza dello stesso dall’eventuale posizione conseguita a seguito della valutazione dei suoi titoli sulla base della dichiarazione sostitutiva della certificazione da lui presentata.

Il resto potete leggerlo qui sotto. Cmq. il ricorso è stato respinto.

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Numero 03300/2012 e data 18/07/2012


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 23 maggio 2012

NUMERO AFFARE 05667/2010
OGGETTO:
Ministero della difesa direzione generale personale militare.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal sig. OMISSIS avverso l’esclusione dal reclutamento per l’anno 2010 di 12.000 volontari di truppa in ferma prefissata di un anno (VFP 1) nell’Esercito.
Istanza di sospensiva.

LA SEZIONE
Vista la relazione n. M-D GMILO I 3 SC 0506034 del 22 novembre 2010, trasmessa con nota n. M-D GMILO I 3 SC 0539197 del 6 dicembre 2010 e pervenuta in Segreteria il 23 successivo con la quale il Ministero della Difesa (Direzione generale del personale militare) chiede il parere del Consiglio di Stato sull’affare in oggetto;
Esaminati gli atti ed udito il relatore ed estensore, Consigliere Damiano Nocilla;

PREMESSO
Con bando pubblicato in Gazz. Uff. 4^ S.S. n. 69 dell’8 settembre 2009, veniva indetto un concorso per il reclutamento nell’Esercito italiano di 12.000 volontari di truppa in ferma prefissata di un anno, per l’anno 2010.
Il 25 gennaio 2010 il sig. OMISSIS presentava al Centro documentale di Palermo domanda di partecipazione. Nella domanda dichiarava di aver conseguito il diploma di istruzione secondaria di primo grado con il giudizio di “distinto”.

In esito alla richiesta di controllo del contenuto della autocertificazione, inoltrata dal Centro documentale di Palermo, l’Istituto comprensivo di Scuola dell’infanzia, primaria e secondaria di primo grado “Mariano Rossi” di OMISSIS (AG) attestava, invece, che il OMISSIS aveva conseguito il diploma di licenza media riportando il giudizio di “sufficiente”.

Pertanto, accertata la falsità della dichiarazione relativa al titolo di studio contenuta nella domanda d’arruolamento, l’interessato veniva segnalato all’Autorità giudiziaria e, con provvedimento dell’Amministrazione del 30 aprile 2010, notificatogli l’8 maggio 2010, veniva escluso dall’arruolamento in qualità di VFP 1 nell’Esercito, in quanto carente del requisito di moralità e condotta incensurabile previsto dall’art. 2, comma 1, lett. f) del bando.

L’interessato chiedeva in data 9 giugno 2010 il ritiro dell’esclusione in autotutela e tuttavia, con nota del 24 giugno 2010, anch’essa impugnata, l’Amministrazione rigettava l’istanza.

Avverso l’esclusione l’interessato ha proposto ricorso straordinario al Capo dello Stato, con richiesta di sospensiva, in data 4 settembre 2010, deducendo l’illegittimità dell’atto impugnato per eccesso di potere, per travisamento dei fatti, difetto d’istruttoria e di motivazione, contraddittorietà, violazione del principio di presunzione di innocenza.

Con la relazione citata in epigrafe l’Amministrazione controdeduce per l’infondatezza del ricorso.

CONSIDERATO
La giurisprudenza è ferma nel ritenere che la falsa dichiarazione sul giudizio riportato al termine del ciclo d’istruzione secondaria di primo grado, quand’anche dovesse ritenersi giustificata da errore materiale compiuto dal ricorrente o da persona che con lui avesse collaborato nella predisposizione della domanda, implica la decadenza dello stesso dall’eventuale posizione conseguita a seguito della valutazione dei suoi titoli sulla base della dichiarazione sostitutiva della certificazione da lui presentata.

In altri termini, l’art. 3 del bando di concorso prevede che il candidato presenti, sotto forma di autocertificazione, una serie di dichiarazioni sulle quali l’Amministrazione si riserva, ai sensi del successivo comma 4 e dell’art. 5, comma 2, di procedere a controlli. Se da questi ultimi dovesse emergere la non sussistenza di uno dei requisiti, il dichiarante, qualora incorporato, dovrà essere – ai sensi del co. 5 dell’art. 5 – dichiarato decaduto dalla ferma e denunciato all’Autorità giudiziaria ai sensi dell’art. 76, co. 1, d.P.R. 28 dicembre 2000, n. 445. Sarà quest’ultima a valutare lo stato di buona fede del dichiarante in sede di giudizio sull’applicazione delle conseguenze penali della falsa dichiarazione effettuata, mentre l’Amministrazione non ha alcun margine di discrezionalità in ordine all’applicazione o no della decadenza della ferma.

“D’altro canto la dichiarazione non corrispondente al vero in ordine al giudizio finale conseguito al termine del ciclo di istruzione secondaria di primo grado induce l’Amministrazione a ritenere che il ricorrente sia mancante del requisito richiesto dall’art. 2, lett. h) del bando di concorso per poter partecipare alla selezione per l’arruolamento” (Cons. Stato, Sez. III, 14 ottobre 2008, n. 2331/2008).

Va tenuto conto, infatti, che con la dichiarazione non corrispondente al vero l’interessato ha conseguito il beneficio di una più vantaggiosa classifica in graduatoria in danno di altri candidati. Nè a questo riguardo vale rilevare che la valutazione dei requisiti di moralità e condotta debba tener conto della complessiva personalità del candidato, visto che il comportamento infedele, dal quale può indursi obiettivamente una scarsa attenzione verso l’interesse oggettivo ad un corretto svolgimento della procedura concorsuale, è stato tenuto proprio nell’ambito di quest’ultima.

Il ricorso è pertanto infondato e la decisione sull’istanza di sospensiva deve ritenersi assorbita dalla definizione del merito del ricorso.
P.Q.M.
Esprime il parere che il ricorso debba essere respinto con assorbimento dell’istanza di sospensione cautelare del provvedimento impugnato.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Damiano Nocilla Alessandro Pajno




IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà
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Re: Dichiarazione mendace del giudizio finale scolastico nei

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La impugnata decadenza del ricorrente dalla ferma prefissata è stata disposta per difetto dei requisiti di moralità (dichiarazione mendace in merito al giudizio con cui il ricorrente ha conseguito il diploma di istruzione secondaria di primo grado).

Ricorso perso.

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N. 08385/2012 REG.PROV.COLL.
N. 05653/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
con rito abbreviato ai sensi degli artt. 60 e 74 del codice del processo amministrativo, sul ricorso numero di registro generale 5653 del 2012, proposto da OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti Sergio Dal Prà, Giuseppe Farina, Federica Scafarelli, e con domicilio eletto presso quest’ultima in Roma, via G. Borsi 4;

contro
il Ministero della Difesa e il Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, rappresentati e difesi dall'Avvocatura generale dello Stato, e domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;

per l'annullamento
- del decreto n. …/2012 del 19.04.2012 emesso dal vice Direttore generale per il personale militare del Ministero della Difesa di concerto con il vice Comandante generale del Corpo delle Capitanerie di porto, con il quale è stata disposta la decadenza del ricorrente dalla ferma prefissata per un anno nella Marina militare contratta il 5 dicembre 2011;

- del provvedimento del Comandante di Corpo, relativo al collocamento in congedo illimitato per fine ferma;
- di ogni altro atto indicato nell'epigrafe del ricorso;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa e del Comando generale del Corpo delle Capitanerie di porto;
Visti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del 31 luglio 2012 il cons. Giancarlo Luttazi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Dato avviso orale della possibile decisione immediata della causa nel merito, con rito abbreviato;

Considerato che la impugnata decadenza del ricorrente dalla ferma prefissata è stata disposta per difetto dei requisiti di moralità (dichiarazione mendace in merito al giudizio con cui il ricorrente ha conseguito il diploma di istruzione secondaria di primo grado);

Considerato che nessuna delle censure il ricorso risulta da accogliere, così come di seguito specificato:
- la censura la quale lamenta illegittimità del bando di reclutamento nella parte in cui prevede la decadenza dalla ferma contratta degli arruolati anche se la carenza dei requisiti richiesti è stata accertata successivamente al reclutamento va respinta perché quella carenza, anche se accertata successivamente, riguardava requisiti da possedere alla data della selezione, i quali, se mancanti, precludono il reclutamento; e ben poteva l’Amministrazione, per accelerare le procedimento, effettuare quei necessari accertamenti in data successiva (e vicina, come nella fattispecie, alla data di conclusione della procedura, al fine di evitare situazioni di indebito affidamento);

- un’ulteriore censura asserisce che la condotta del ricorrente non ha assunto rilievo tale da far dubitare della sussistenza dei requisiti di condotta e moralità. In particolare il ricorrente prospetta che nel corso del procedimento ha presentato una memoria difensiva nella quale ha evidenziato un incolpevole equivoco: nell'ultimo giorno utile per la presentazione della domanda di partecipazione (30 aprile 2011) il ricorrente non rinveniva il diploma di licenza media inferiore, e per questo, nell'urgenza, chiedeva alla propria madre se ricordasse la votazione riportata, e la madre riferiva che il giudizio era stato quello di "BUONO". Nei giorni successivi la madre provvedeva a denunciare lo smarrimento del titolo di studio e l'equivoco, ma l'Amministrazione, illegittimamente, non ha considerato sufficienti quelle giustificazioni.

Questa censura va respinta perché risulta dagli atti che dopo la presentazione della domanda con l'indicazione errata del titolo di studio ("BUONO" anziché "SUFFICIENTE") non vi è stata una immediata attivazione del ricorrente, al fine di reperire il titolo di studio ed eventualmente correggere il dato qualora fosse risultato errato: dalla dichiarazione della madre del ricorrente risulta invece che il documento con i dati esatti è stato richiesto e reperito soltanto dopo un certo lasso di tempo e su richiesta dell'Amministrazione. Si legge infatti nella suddetta dichiarazione della madre del ricorrente: "al momento di prestare servizio (dal 5/12/2011) è stata richiesta, da parte vostra, copia del diploma e, dopo varie vane ricerche effettuate presso la nostra abitazione del documento, mi sono recata presso la scuola per chiederne copia. Il dirigente scolastico mi ha reso copia solo dopo aver prodotto verbale di smarrimento sottoscritto presso la legione carabinieri Veneto di ……";

- la censura alla quale lamenta difetto di istruttoria e motivazione va respinta perché le impugnate determinazioni risultano conformi alla vicenda in fatto, e danno adeguatamente conto delle ragioni che sono alla base dei provvedimenti adottati;

Considerato pertanto che il ricorso risulta da respingere;

Considerato che le spese di giudizio, che il Collegio liquida in € 1500,00, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale rigetta il ricorso in epigrafe.
Condanna parte ricorrente al rimborso delle spese di giudizio dell'Amministrazione intimata, e le liquida in € 1500,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 31 luglio 2012.
Linda Sandulli, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere, Estensore
Angelo Gabbricci, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 10/10/2012
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Re: Dichiarazione mendace del giudizio finale scolastico nei

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Questo e un caso diverso.

1) - decadenza dalla nomina ad allievo agente, nonché la dimissione dalla frequenza del corso di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato.

2) - il ricorrente, quale vincitore di concorso riservato ai volontari con ferma triennale nelle Forze armate per la carriera iniziale di Polizia, è stata avviato alla frequenza del corso di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato, rilasciando pochi giorni dopo una dichiarazione sostitutiva in cui attestava, tra l’altro, di non aver riportato condanne a pena detentiva per delitto non colposo.

3) - In data 5.4.2011 risultava, invece, che egli era stato condannato il 22.2.2008 per il reato di cui all’art. 647 del codice penale, con sentenza passata in giudicato.

4) - Da ciò il provvedimento impugnato, adottato ai sensi dell’art. 2 del bando di concorso, che prescrive l’assenza di condanne per delitti non colposi fino alla data di incorporazione.

L'interessato:

5) - deduce l’illegittimità del provvedimento perché adottato senza considerare la riabilitazione in sede penale, pronunciata l’11.7.2011, in violazione altresì degli articoli 3 e 27 della Costituzione.

Ricorso straordinario al PDR respinto.

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09/11/2012 201200170 Definitivo 1 Adunanza di Sezione 10/10/2012

Numero 04696/2012 e data 09/11/2012


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 10 ottobre 2012

NUMERO AFFARE 00170/2012

OGGETTO:
Ministero dell’interno.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto dal sig. V. A., nato a ……… il .. …… e residente a ……….., per l’annullamento del provvedimento del ministero dell’interno 15.7.2011 n. 333-D/9805.D.D/182, con il quale è stata disposta la sua decadenza dalla nomina ad allievo agente, nonché la dimissione dalla frequenza del corso di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato.

LA SEZIONE
Vista la relazione 17 gennaio 2012 n. 333-A/U.C./2521/RS con la quale il ministero dell’interno, dipartimento della pubblica sicurezza, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso;
visto il ricorso, datato 5 dicembre 2011;
viste la memoria difensiva del ricorrente e la relazione ministeriale integrativa 4 settembre 2012 n. 335-A/U.C./2521/RS
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Bellomo.

Premesso:
Con il ricorso in esame il sig. V. A. domanda l’annullamento del provvedimento con il quale è stata disposta la decadenza dalla nomina ad allievo agente, nonché la dimissione dalla frequenza del corso di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato.

A fondamento del ricorso deducono plurimi motivi di violazione di legge ed eccesso di potere.
Il ministero riferente ha concluso perché il ricorso sia respinto.

Considerato:
Con nota ministeriale del 2.3.2011 il ricorrente, quale vincitore di concorso riservato ai volontari con ferma triennale nelle Forze armate per la carriera iniziale di Polizia, è stata avviato alla frequenza del corso di formazione per allievi agenti della Polizia di Stato, rilasciando pochi giorni dopo una dichiarazione sostitutiva in cui attestava, tra l’altro, di non aver riportato condanne a pena detentiva per delitto non colposo.

In data 5.4.2011 risultava, invece, che egli era stato condannato il 22.2.2008 per il reato di cui all’art. 647 del codice penale, con sentenza passata in giudicato.

Da ciò il provvedimento impugnato, adottato ai sensi dell’art. 2 del bando di concorso, che prescrive l’assenza di condanne per delitti non colposi fino alla data di incorporazione, avvenuta l’11.11.2010 con la pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale n. 264 del decreto di arruolamento.

Con l’unico motivo del ricorso si deduce l’illegittimità del provvedimento perché adottato senza considerare la riabilitazione in sede penale, pronunciata l’11.7.2011, in violazione altresì degli articoli 3 e 27 della Costituzione.

La censura è infondata, poiché, in disparte l’astratta efficacia della riabilitazione nel caso in esame, caratterizzato da una dichiarazione falsa proprio sull’esistenza della condanna penale, essa è intervenuta in data posteriore al perfezionamento dei presupposti del provvedimento impugnato, a nulla rilevando che lo stesso sia stato emanato successivamente. Deve aggiungersi che, avendo il ministero della difesa disposto la decadenza dal servizio prestato con effetto retroattivo, il ricorrente risulta sprovvisto dei requisiti di ammissione al concorso.

Il ricorso, pertanto, va respinto. L’esame dell’istanza di sospensione cautelare dell’efficacia del provvedimento impugnato resta assorbito.

P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Raffaele Carboni




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Ricorso straordinario al P.D.R..

Il ricorrente veniva escluso per aver dichiarato nella domanda di partecipazione alle procedure di reclutamento, di aver conseguito il diploma di licenza media di istruzione secondaria di primo grado con il giudizio buono, mentre, dai successivi controlli effettuati, risultava che il giudizio riportato nella circostanza era quello di sufficiente.

Il ricorrente sostiene di aver commesso un errore di memoria nel trascrivere sulla domanda il giudizio di buono, anziché di sufficiente, un errore quindi scusabile che avrebbe potuto essere corretto dalla Commissione esaminatrice, riducendo il punteggio attribuitogli ai fini della graduatoria.

Secondo il ricorrente, l’indicazione errata del giudizio sintetico deve rilevare, solo ai fini della graduatoria, essendo solo la mancanza del titolo di studio sanzionabile per espressa previsione della legge. Ne consegue l’eccesso di potere anche per aver fatto discendere da un fatto che non costituisce reato, la mancanza del requisito di moralità e condotta previsto dall’articolo 35, comma 6 del D.P.R. n. 165/2001.

Ricorso Accolto.

Per comprendere il tutto vi rimando alla lettura qui sotto.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

11/02/2013 201005266 Definitivo 2 Adunanza di Sezione 05/12/2012


Numero 00568/2013 e data 11/02/2013


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 5 dicembre 2012

NUMERO AFFARE 05266/2010

OGGETTO:
Ministero della difesa.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal Signor A. G. per l’annullamento, previa sospensiva, del provvedimento del Ministero della difesa, prot. n. MDGMIL I 3 1/0053947 del 10 febbraio 2010, con cui veniva escluso dalla procedura di reclutamento per l’anno 2010 di 2470 volontari di truppa, in ferma prefissata annuale, della Marina Militare


'VISTI'
Vista la relazione 12 ottobre 2010 con la quale il Ministero della difesa, direzione generale per il personale militare, ha chiesto al Consiglio di Stato il previsto parere sul ricorso straordinario sopraindicato;
visto il ricorso straordinario proposto con atto notificato il 15 giugno 2010;
visto il proprio parere reso nell’adunanza in data 8 giugno 2011 con cui sono stati chiesti alcuni adempimenti istruttori;
LA SEZIONE

Premesso:
Il signor A. G. ha presentato ricorso straordinario al Capo dello Stato per l’annullamento del provvedimento ministeriale del 10 febbraio 2010, con cui è stato escluso dalla procedura d’arruolamento prevista dal bando per l’anno 2010 n. 2470 volontari di truppa, in ferma prefissata di un anno, nella Marina Militare.

Il ricorrente veniva escluso, poiché non in possesso del requisito di moralità e condotta prevista dall’articolo 35, comma 6 del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 e successive integrazioni, richiamato dall’articolo 2, comma 1, lettera f) del citato bando di arruolamento. Ciò per aver dichiarato nella domanda di partecipazione alle procedure di reclutamento, di aver conseguito il diploma di licenza media di istruzione secondaria di primo grado con il giudizio buono, mentre, dai successivi controlli effettuati, risultava che il giudizio riportato nella circostanza era quello di sufficiente.

Il ricorrente ha lamentato, con un’unica censura, la violazione degli articoli 1, 4, 25 comma 2, 27 comma 2 e 34 della Costituzione, nonché degli articoli 76 del D.P.R. n. 445/2000 e 35, comma 6 del d.lgs. n. 165/2001. Ha, altresì, lamentato l’eccesso di potere per violazione del principio di ragionevolezza e dei principi di uguaglianza, imparzialità e buon andamento. Il ricorrente sostiene di aver commesso un errore di memoria nel trascrivere sulla domanda il giudizio di buono, anziché di sufficiente, un errore quindi scusabile che avrebbe potuto essere corretto dalla Commissione esaminatrice, riducendo il punteggio attribuitogli ai fini della graduatoria.

Secondo il ricorrente, nel provvedimento impugnato, l’Amministrazione ha fatto riferimento, per affermare la mendacità della dichiarazione non veritiera, all’articolo 46 del D.P.R. n. 445/2000 secondo il quale sono comprovati, con le dichiarazioni sottoscritte dall’interessato e prodotte in sostituzione delle normali certificazioni, gli stati, le qualità personali e i fatti, tra cui il titolo di studio, ma non le votazioni con cui si è conseguito quest’ultimo.

Conseguentemente, il fatto di aver dichiarato erroneamente un giudizio diverso da quello conseguito, non può essere considerato un fatto di reato susseguente alla erronea dichiarazione del possesso di un titolo di studio. Secondo il ricorrente, l’indicazione errata del giudizio sintetico deve rilevare, solo ai fini della graduatoria, essendo solo la mancanza del titolo di studio sanzionabile per espressa previsione della legge.

Ne consegue l’eccesso di potere anche per aver fatto discendere da un fatto che non costituisce reato, la mancanza del requisito di moralità e condotta previsto dall’articolo 35, comma 6 del D.P.R. n. 165/2001.

In sostanza, sfuggirebbe all’ipotesi di reato prevista dall’articolo 76 del D.P.R. n. 445/2000 l’erroneità sulla valutazione conseguita che costituisce un mero corollario del titolo di studio, il cui contenuto, ai sensi del citato articolo 46 dello stesso decreto legislativo, va interpretato in senso restrittivo.

L’Amministrazione, nella sua relazione, respinge ogni censura, sostenendo che il giudizio non può essere in alcun modo separato, né scorporato dal titolo di studio, costituendone un elemento necessario ed essenziale, anche allo scopo di operare una prima selezione. Ciò, secondo quanto previsto dall’art. 7, comma 1 del bando di reclutamento, che espressamente ha previsto, all’articolo 2, comma 1, lettera e), che il titolo di studio dovesse essere accompagnato dal giudizio sintetico riportato. In tal senso, il bando costituisce una lex specialis. Né rileva, ai fini della sussistenza della mendacità della dichiarazione, il fatto che, nella specie, anche il punteggio attribuito al giudizio di sufficiente avrebbe consentito comunque al ricorrente di essere ammesso alla successiva valutazione dei titoli di merito. L’Amministrazione ha, infine, ritenuto logico e giusto riscontrare, nella mancanza di lealtà da parte del ricorrente che ha reso una dichiarazione mendace, un indice di insufficiente moralità dell’interessato, non rilevando – a suo avviso – l’eventuale buona fede nella commissione dell’errore e rilevando, invece, la previsione di cui all’articolo 75 del D.P.R. n. 445/2000 in merito alla decadenza dai benefici.

Nella memoria di replica, a seguito alla conoscenza della relazione ministeriale, il ricorrente ha ribadito le sue censure, contestando le affermazioni dell’Amministrazione, che da parte sua le ha confermate.

Considerato:
Il ricorso è fondato. Quanto lamentato nella censura merita apprezzamento, dal momento che questa Sezione ravvisa la sussistenza dell’eccesso di potere per l’irragionevolezza della decisione adottata di escludere il ricorrente dalle procedure di reclutamento, per mancanza del requisito di moralità e di condotta prevista dall’articolo 35, comma 6 del decreto legislativo n. 165/2001, come conseguenza della violazione dell’articolo 76 del D.P.R. n. 445/2000 e dell’art. 35 del D.P.R. n. 165/2001.

Risulta, infatti, evidente dal provvedimento impugnato che la dichiarazione sostituiva rilasciata dal ricorrente nella domanda di ammissione è risultata mendace, ai sensi dell’articolo 46 del D.P.R. n. 445/2000, laddove è stato dichiarato il conseguimento del titolo di studio con il giudizio di buono, risultato, poi, dai controlli essere diverso.

Ora, il citato articolo 46 fa riferimento, per la parte che qui interessa, alle dichiarazioni sostitutive di certificazioni quali, tra l’altro, quella concernente il titolo di studio e gli esami sostenuti (comma 1, lettera m) e, quindi, l’indicazione del voto e del giudizio riferita a tali fatti, non è espressamente ricompresa nella dichiarazione sostitutiva. Ciò rileva ai fini dell’applicazione degli articoli 75 e 76 dello stesso citato decreto, dal momento che l’articolo 5, comma 5 del bando di reclutamento - lex specialis della procedura concorsuale - contiene, tra le ipotesi di esclusione, quella derivante da dichiarazioni non veritiere, prevedendo che l’interessato sarà segnalato ai sensi dell’articolo 76 del D.P.R. n. 445/2000 alla Procura della Repubblica, come risulta essere stato fatto nella situazione di cui ci si occupa.

Peraltro, il predetto articolo 5 è logicamente connesso al precedente articolo 2 (requisiti di partecipazione) e quest’ultimo, al comma 1 lettera e), prevede il possesso del titolo di studio del diploma di istruzione secondaria di primo grado, la cui certificazione va prodotta con il giudizio sintetico di sufficiente, buono, distinto ed ottimo.

Va, altresì, osservato che nella domanda di partecipazione indicata nell’allegato A costituente parte integrante del bando di reclutamento, all’ottavo alinea, quello relativo alla dichiarazione del possesso del titolo di studio, vi è il riferimento alla nota (3) nella quale viene testualmente riportato “trascrivere il giudizio riportato prestando la massima attenzione, in quanto tale dichiarazione sarà sottoposta a verifica presso l’istituto indicato. L’inesatta indicazione comporterà la segnalazione alla Procura della Repubblica competente per territorio e l’esclusione dal reclutamento”.

Il che sta a significare che il fatto verificatosi in concreto doveva necessariamente comportare la citata segnalazione alla Procura e l’esclusione dalle procedure di reclutamento, ma contestualmente, ne deriva che spetta solo all’Autorità giudiziaria verificare la sussistenza di fattispecie penali e pronunciare il conseguente giudizio.

Nel provvedimento impugnato, invece, dall’inesatta indicazione del giudizio riportato nel conseguimento del titolo di studio richiesto, si fanno discendere direttamente, come accertate, le responsabilità penali ai sensi dell’articolo 76 del citato D.P.R., anticipando, in modo non legittimo, le decisioni del giudice penale (paragrafo 2 del provvedimento).

Da tale presunto accertamento si fa discendere, poi, la mancanza del possesso del requisito di moralità e condotta incensurata di cui all’articolo 2, comma 1, lettera f) del più volte citato bando.

Partendo, quindi, da un’oggettiva mancanza del requisito di partecipazione di cui al predetto articolo 1, comma 1, lettera e), come in precedenza illustrato, l’Amministrazione ha illegittimamente motivato il provvedimento impugnato, con riguardo alla mancanza del requisito di moralità e condotta di cui alla successiva lettera f).

Il profilo censurato non è di scarso rilievo, poiché oltre a sottolineare una violazione nell’interpretazione della normativa, ha comportato l’esclusione per la mancanza di un requisito, che costituisce pregiudizio per il ricorrente, ben al di là della situazione di specie attinente alla procedura concorsuale e comunque rivela un giudizio arbitrario dell’Amministrazione.

Questa Sezione, conseguentemente, non può che annullare il provvedimento adottato, fatti salvi gli ulteriori interventi dell’Amministrazione.
P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso debba essere accolto fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Carlo Mosca Pietro Falcone




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26/08/2013 201300706 Sentenza 1


N. 00707/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00493/2007 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
sezione staccata di Latina (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 493 del 2007, proposto dal sig.
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti OMISSIS e con domicilio ex lege fissato presso la Segreteria del T.A.R., in Latina, via A. Doria, n. 4

contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, ex lege rappresentato e difeso dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliato presso gli Uffici della stessa, in Roma, via de’ Portoghesi, n. 12

per l’annullamento,
previa sospensione dell’esecuzione,
- del decreto a firma del Vicedirettore generale del Ministero della Difesa – Direzione Generale per il Personale Militare, n. … del 30 marzo 2007, notificato il 19 aprile 2007, recante declaratoria di decadenza del sig. OMISSIS dalla ferma contratta quale V.F.P.1 nell’Esercito Italiano il 13 dicembre 2006, poiché non in possesso del requisito previsto dall’art. 2, punto 1, lett. i) del bando di arruolamento;
- di ogni altro atto antecedente o consequenziale, comunque connesso.

Visti il ricorso ed i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dal ricorrente;
Vista l’ordinanza n. 426/2007 del 16 giugno 2007, con cui è stata accolta l’istanza cautelare;
Visto il provvedimento di revoca del decreto impugnato, comunicato con nota ministeriale prot. n. M_D GMIL_02 I 3 CTZ …… del 20 luglio 2007;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste la memoria e la documentazione depositate dalla difesa erariale;
Viste, altresì, la memoria e l’ulteriore documentazione depositata dal ricorrente;
Visti tutti gli atti della causa;
Nominato relatore nell’udienza pubblica del giorno 11 luglio 2013 il dott. Pietro De Berardinis;
Uditi i difensori presenti delle parti costituite, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue

FATTO e DIRITTO
1. Con il ricorso indicato in epigrafe il sig. OMISSIS ha impugnato il decreto del Ministero della Difesa – D.G. per il Personale Militare, n. …. del 30 marzo 2007, contenente declaratoria di decadenza del medesimo sig. OMISSIS dalla ferma contratta quale V.F.P.1 nell’Esercito Italiano in data 13 dicembre 2006, chiedendone l’annullamento, previa sospensione.

1.1. La declaratoria di decadenza si basa sulla carenza in capo al sig. OMISSIS del requisito previsto dall’art. 2, punto 1, lett. i) del bando di arruolamento. In particolare, si tratta dei requisiti morali e di condotta di cui all’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001, che, a sua volta, richiama l’art. 26 della l. n. 53/1989, ai sensi del quale per l’accesso ai ruoli del personale della polizia di Stato e delle altre Forze di polizia indicate dall’art. 16 della l. n. 121/1981, è richiesto il possesso delle qualità morali e di condotta stabilite per l’ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria (cioè il possesso di una condotta incensurabile).

1.2. Nello specifico, la carenza del requisito sopra indicato è stata riscontrata dall’Amministrazione in esito agli accertamenti compiuti sulle domande di partecipazione alla procedura di arruolamento in parola, da cui è emerso che il sig. OMISSIS ha dichiarato di aver conseguito la licenza di scuola media riportando il giudizio di “buono”, laddove, invece, il giudizio effettivamente riportato dal ricorrente è stato di “sufficiente”. L’Amministrazione ha, così, ritenuto che l’interessato avesse effettuato una dichiarazione mendace ed ha provveduto a pronunciarne la decadenza, segnalandolo, altresì, alla Procura della Repubblica ex art. 76 del d.P.R. n. 445/2000.

2. A supporto del gravame, il sig. OMISSIS ha dedotto l’illegittimità del decreto impugnato, giacché viziato da eccesso di potere e violazione di legge.

2.1. Più in particolare, alla luce della giurisprudenza espressasi sulla questione, a far venir meno il requisito della condotta incensurabile non basterebbero né un’isolata dichiarazione mendace, né la pendenza di un procedimento penale o una condanna penale, dovendo comunque la P.A. valutare le circostanze del caso, anche con riguardo ad altri elementi indicativi di una condotta non esemplare.

Quanto, poi, alle previsioni del bando, il ricorrente, pur senza il punteggio aggiuntivo assegnatogli per il giudizio di “buono”, invece di quello di “sufficiente”, avrebbe in ogni caso ottenuto di essere arruolato.

2.2. Sotto altro profilo, il sig. OMISSIS espone che, in fatto, egli avrebbe solo firmato la domanda di partecipazione alla procedura concorsuale, che sarebbe stata redatta materialmente dal di lui padre, il quale sarebbe incorso in un errore, attribuendo al figlio il giudizio di “buono”, riportato, in realtà, dalla sorella. Nella vicenda in discorso, perciò, l’Amministrazione avrebbe dovuto procedere ad un autonomo e ponderato accertamento delle concrete circostanze, avvedendosi della commissione, da parte dell’interessato, di una semplice negligenza (la firma di una domanda compilata da altri senza un’attenta lettura), tale da escludere l’esistenza di una fattispecie di dichiarazione mendace. Donde, secondo il ricorrente, l’illegittimità del decreto impugnato, in quanto affetto da carenza di istruttoria sotto il profilo ora descritto.

2.3. In esito alla Camera di consiglio del 15 giugno 2007 il Collegio, ritenuto il ricorso assistito da fumus boni juris, anche alla luce della sentenza del Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 giugno 2006, n. 3854, con ordinanza n. 426/2007 ha accolto l’istanza cautelare.

2.4. Con nota prot. n. M_D GMIL_02 I 3 CTZ ……. del 20 luglio 2007 il Ministero della Difesa ha trasmesso copia del decreto n. … del 10 luglio 2007, recante revoca del decreto impugnato, in esecuzione della succitata ordinanza cautelare.

3. In vista dell’udienza pubblica si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, depositando una memoria difensiva, con allegata la relativa documentazione e concludendo per il rigetto del ricorso, in ragione della sua infondatezza.

3.1. Il ricorrente ha replicato con memoria, insistendo per l’accoglimento del gravame ed allegando copia della sentenza di assoluzione in sede penale dal reato di falso ex art. 483 c.p. ascrittogli per la vicenda sopra descritta.

3.2. All’udienza pubblica dell’11 luglio 2013 la causa è stata trattenuta in decisione.

4. In via preliminare, si deve escludere che l’emanazione, da parte del Ministero della Difesa, di un provvedimento (il decreto n. … del 10 luglio 2007) di revoca del decreto impugnato faccia venire meno la materia del contendere, o determini l’improcedibilità del ricorso per sopravvenuta carenza di interesse alla sua decisione, giacché la suddetta revoca è stata emanata – come si legge nelle sue premesse – in mera ottemperanza all’ordinanza di questo Tribunale n. 426/2007 del 16 luglio 2007, che aveva accolto l’istanza cautelare.

4.1. Invero, per consolidata giurisprudenza, se il giudice amministrativo sospende in sede cautelare gli effetti di un provvedimento gravato e la P.A. si adegua con un atto consequenziale al contenuto dell’ordinanza cautelare, di regola non si verifica l’improcedibilità del ricorso o la cessazione della materia del contendere (rispettivamente, se il successivo atto sia sfavorevole o meno al ricorrente), poiché l’adozione non spontanea dell’atto con cui la P.A. dà esecuzione alla sospensiva non implica la revoca del precedente provvedimento impugnato ed ha una rilevanza provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo (cfr. T.A.R. Lombardia, Brescia, Sez. I, 5 novembre 2009, n. 1917; id., 30 luglio 2008, n. 843; T.A.R. Abruzzo, Pescara, 14 marzo 2007, n. 321).

4.2. Vero è che una parte della giurisprudenza ha recentemente distinto tra adozione non spontanea dell’atto consequenziale, con cui la P.A. dà esecuzione all’ordinanza di sospensione degli effetti di un provvedimento, senza revocare il precedente provvedimento sospeso ed intervenendo in via solo provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se l’atto sospeso sia o no legittimo, nel qual caso non sarebbero configurabili né l’improcedibilità del ricorso, né la cessazione della materia del contendere, e l’ipotesi in cui, invece, il contenuto dell’ordinanza cautelare sia così condiviso dalla P.A. da indurre quest’ultima a ritirare il precedente provvedimento già sospeso ed a sostituirlo con un nuovo atto, senza attendere il giudicato sul suo prevedibile annullamento, con il corollario della cessazione della materia del contendere, o dell’improcedibilità se l’atto è sfavorevole al ricorrente (cfr. T.A.R. Sicilia, Palermo, Sez. I, 20 gennaio 2010, n. 583). Nel caso ora in esame, nondimeno, il Ministero della Difesa ha inteso unicamente ottemperare all’ordinanza cautelare n. 426/2007, di cui, peraltro, non ha condiviso il contenuto, tanto che non solo non si è disinteressato della decisione del merito del gravame, ma, anzi, sul piano procedimentale ha riammesso solo con riserva il ricorrente alla ferma e sul piano processuale ha contrastato le tesi di controparte, chiedendo una pronuncia di rigetto del ricorso che, inevitabilmente, avrebbe travolto anche la succitata ordinanza cautelare (cfr. T.A.R. Toscana, Sez. II, 7 giugno 2010, n. 1716). A nulla varrebbe, quindi, rilevare che il Ministero (probabilmente per eccesso di zelo) è andato forse al di là del contenuto della sospensiva, adottando una “revoca” del provvedimento impugnato.

5. Nel merito, il ricorso è fondato.

5.1. In particolare, risulta fondata la censura di difetto di istruttoria, avente efficacia assorbente nei confronti di ogni altra censura.

5.2. L’art. 4, comma 1, lett. h), della l. n. 23 agosto 2004, n. 226 – recante, tra l’altro, la disciplina dei volontari di truppa in ferma prefissata, poi abrogata dal d.lgs. n. 66/2010 ma applicabile ratione temporis al caso in esame e richiamata dal bando di arruolamento per cui è causa – ha stabilito che possono partecipare al reclutamento dei volontari in ferma prefissata di un anno quanti possiedano, tra gli altri, i requisiti morali e di condotta previsti dall’art. 35, comma 6, del d.lgs. n. 165/2001. La disposizione di legge da ultimo richiamata stabilisce, dal canto suo, che, ai fini delle assunzioni di personale presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri e presso le Amministrazioni che svolgono competenze istituzionali in tema, tra l’altro, di difesa e sicurezza dello Stato, è richiesto il possesso delle qualità morali e di condotta stabilite per l’ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria (e, pertanto, la condotta incensurabile prevista dall’art. 124, ultimo comma, del r.d. n. 12/1941, ed ora dall’art. 2, comma 2, lett. b-bis), del d.lgs. n. 160/2006, aggiunta dall’art. 1, comma 3, della l. n. 111/2007): ciò, in applicazione dell’art. 26, della l. n. 53/1989 (cfr. T.A.R. Lazio, Roma, Sez. I, 26 aprile 2006, n. 2966).

5.3. È insegnamento della costante giurisprudenza che il possesso della condotta incensurabile deve formare oggetto di un’adeguata valutazione in relazione alla concreta situazione di fatto, in base alla quale effettuare quel giudizio di disvalore per cui l’aspirante non darebbe affidamento per il futuro, tenuto conto dei delicati compiti che è chiamato a svolgere (v., ex multis, C.d.S., Sez. IV, 19 marzo 2013, n. 1604). Nell’esaminare la sussistenza del requisito della moralità e condotta incensurabili, la P.A. deve, così, procedere ad una valutazione adeguata della concreta situazione di fatto e motivare, se del caso, la ritenuta insussistenza del requisito delle qualità morali in riferimento alle circostanze concrete del caso (cfr. C.d.S., Sez. IV, 24 ottobre 1994, n. 836). Da quanto detto discende, pertanto, l’obbligo della P.A. di effettuare un’esaustiva istruttoria circa la situazione concreta, in modo che la stessa possa essere poi adeguatamente valutata.

5.4. Andando ad applicare l’ora visto insegnamento giurisprudenziale alla fattispecie in esame, deve concludersi per il mancato svolgimento, da parte dell’Amministrazione, di un’adeguata istruttoria in riferimento ai profili di fatto della vicenda che ha visto coinvolto l’odierno ricorrente. In particolare, l’esigenza di un approfondimento istruttorio (che nel caso di specie è mancato) emerge anche dagli sviluppi della vicenda in sede penale, che hanno portato all’assoluzione del sig. OMISSIS per essere stata dimostrata la compilazione della domanda da parte del di lui padre: in sede penale si è, quindi, accertato che l’erronea indicazione del giudizio riportato dall’interessato ai fini del conseguimento della licenza media (“buono”, anziché “sufficiente”) va ascritta al di lui padre ed è, verosimilmente, dipesa dalla confusione tra le votazioni ottenute in tale occasione dai tre figli, tenuto, altresì, conto che la sorella del sig. OMISSIS aveva effettivamente riportato il giudizio di “buono” (v. i certificati depositati dal ricorrente in data 13 giugno 2007). Tale circostanza avrebbe potuto e dovuto formare oggetto di un approfondimento istruttorio anche in sede amministrativa, per es. tramite un’adeguata partecipazione procedimentale, considerato il suo carattere decisivo per la verifica della sussistenza o meno del requisito della condotta incensurabile: infatti, la giurisprudenza è costante nell’escludere l’esistenza del dolo integratore della falsità ideologica ex art. 483 c.p. tutte le volte in cui la falsità risulti essere semplicemente dovuta a leggerezza od a negligenza (cfr., ex multis, Cass. pen., Sez. V, 31 maggio 2012, n. 33218).

5.5. Ed invero, nel caso di specie, la condotta tenuta dal ricorrente sig. OMISSIS (la firma apposta in modo frettoloso e distratto sulla domanda compilata dal genitore) appare improntata a leggerezza e negligenza, dunque è indubbiamente riprovevole, ma non tale da far configurare la carenza in capo al medesimo ricorrente del requisito della condotta incensurabile: detta carenza è, infatti, ricondotta dal provvedimento impugnato al carattere mendace delle dichiarazioni rese dall’interessato, ma tale carattere va escluso, alla luce di quanto sopra visto, tenuto conto che l’ordinamento non contempla la figura del falso documentale colposo (Cass. pen., Sez. V, n. 33218/2012, cit.).

5.6. Da quanto illustrato si desume, quindi, l’illegittimità dell’impugnata declaratoria di decadenza, perché adottata senza un’idonea istruttoria ed un minimo accertamento comportamentale, anche per quanto riguarda il profilo dell’elemento soggettivo del sottoscrittore della domanda (cfr. C.d.S., Sez. IV, 22 giugno 2006, n. 3854),

6. In definitiva, pertanto, il ricorso è fondato e da accogliere, attesa la fondatezza della censura ora analizzata e con assorbimento di tutte le ulteriori censure. Per l’effetto, va disposto l’annullamento del provvedimento con esso impugnato.

7. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate, come da dispositivo, a carico del resistente Ministero della Difesa.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio – Sezione staccata di Latina (Sezione I^), così definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento con esso impugnato.

Condanna il Ministero resistente al pagamento in favore del ricorrente di spese ed onorari di causa, che in via forfettaria liquida in € 1.500,00 (millecinquecento/00) complessivamente.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Latina, nella Camera di consiglio del giorno 11 luglio 2013, con l’intervento dei magistrati:
Francesco Corsaro, Presidente
Antonio Massimo Marra, Consigliere
Pietro De Berardinis, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 26/08/2013
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Re: Dichiarazione mendace del giudizio finale scolastico nei

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Questa qui sotto è una vicenda diversa dal post originario.

decaduto dalla posizione di VFP1 per aver prodotto una dichiarazione mendace in merito al possesso del brevetto di equitazione per sport olimpici.

IL TAR LAZIO precisa:

1) - La particolare difficoltà di interpretazione ed applicazione della disposizione del bando di reclutamento (art. 10, comma 1, lett. b n. 13), la cui imprecisione è stata ammessa dallo stesso Ministero della Difesa con la semplice adozione del successivo decreto n. 112 del 22.5.2013 in cui espressamente è stata individuata una determinata tipologia di patente - non classificata come brevetto - rilasciata dalla Federazione Italiana Sport equestri (si legge infatti in tale ultimo decreto – art. 2 – che come titolo di merito è previsto il “brevetto di equitazione per sport olimpici – da non confondere con la patente ludica, che invece non costituisce titolo di merito – rilasciato dalla Federazione italiana sport equestri”), è altresì avvalorata dalle norme che disciplinano l’attività della suddetta Federazione.

Ricorso Accolto.

Per completezza leggete le motivazioni qui sotto.
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05/03/2014 201402555 Sentenza 1B


N. 02555/2014 REG.PROV.COLL.
N. 09329/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9329 del 2013, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Luigi Maria D'Angiolella, con domicilio eletto presso lo stesso in Roma, via G. Antonelli N. 49;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

nei confronti di
OMISSIS, OMISSIS, non costituite in giudizio;

per l'annullamento
- del decreto n. … del 5.8.2013 a firma del Direttore Generale della Direzione Generale per il Personale Militare presso il Ministero della Difesa con cui il ricorrente è stato dichiarato decaduto dalla posizione di VFP1 per aver prodotto una dichiarazione mendace in merito al possesso del brevetto di equitazione per sport olimpici;
- del provvedimento prot. ….. con il quale è stato comunicato al ricorrente il provvedimento di cui sopra;
- della nota del 13.6.2013 con cui la predetta DGPM ha comunicato l’avvio del procedimento;
- dell’art. 10, comma 1, lettera b), punto 13), del bando di reclutamento di X.000 volontari in ferma prefissata di un anno;
- della nota prot. n. M_D/….. del 22.5.2013 con la quale il Centro documentale di .... - Nucleo Concorsi ha segnalato i fatti riscontrati alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di ……;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Con il ricorso, notificato il 9 ottobre 2013 e depositato il successivo 14 ottobre, l’interessato, quale partecipante alla pubblica selezione per il reclutamento di X.000 volontari in ferma prefissata di un anno nonché quale incorporato nell’esercito per effetto dell’utile partecipazione alla procedura concorsuale sopra specificata, ha chiesto l’annullamento dei provvedimenti indicati in epigrafe perché lesivi del proprio status di militare in ferma prefissata.

Il medesimo ha prospettato come motivi di doglianza la violazione di legge e l’eccesso di potere sotto svariati aspetti sintomatici, ed in particolare l’insufficienza della motivazione in relazione all’estrema genericità del titolo connesso al possesso del “brevetto di equitazione per sport olimpici rilasciato dalla Federazione italiana sport equestri”; tale circostanza sarebbe dimostrata in maniera inequivocabile dall’adozione da parte del Ministero della Difesa del decreto n. 112 del 22.5.2013 con cui l’Amministrazione intimata ha ritenuto di dover integrare il testo dell’originario bando di concorso laddove prescrive il possesso del predetto titolo di merito.

Tutto ciò premesso si rammenta, ancora in punto di fatto, che l'intimata Amministrazione della Difesa ha disposto la decadenza del ricorrente dal servizio di volontario in ferma prefissata in quanto, avendo dichiarato il falso circa il possesso del citato brevetto, avrebbe dato all’Amministrazione procedente la possibilità di applicare il disposto dell’art. 7, comma 4, del bando.

Si è costituito in giudizio con atto meramente formale il Ministero della Difesa.

Con ordinanza cautelare n. 4425/2013 del 14 novembre 2013 questa Sezione ha accolto la domanda di sospensione degli effetti dei provvedimenti impugnati.

All’udienza del 19 febbraio 2014 la causa è stata posta in decisione.

La particolare difficoltà di interpretazione ed applicazione della disposizione del bando di reclutamento (art. 10, comma 1, lett. b n. 13), la cui imprecisione è stata ammessa dallo stesso Ministero della Difesa con la semplice adozione del successivo decreto n. 112 del 22.5.2013 in cui espressamente è stata individuata una determinata tipologia di patente - non classificata come brevetto - rilasciata dalla Federazione Italiana Sport equestri (si legge infatti in tale ultimo decreto – art. 2 – che come titolo di merito è previsto il “brevetto di equitazione per sport olimpici – da non confondere con la patente ludica, che invece non costituisce titolo di merito – rilasciato dalla Federazione italiana sport equestri”), è altresì avvalorata dalle norme che disciplinano l’attività della suddetta Federazione.

Secondo l’art. 1 del regolamento tecnico della F.I.S.E., il rilascio delle autorizzazioni a montare (tessere) per le discipline sportive equestri di cui all’elenco dell’art. 1, comma 2 primo capoverso dello Statuto federale richiede una preparazione tecnica specifica riconosciuta da tecnici federali di 1° o 2° livello e/o istruttori federali di 2° livello a seconda delle discipline di riferimento.

Lo stesso art. 17 delle Norme di attuazione dello Statuto Federale approvato dal Coni con delibera n. 349 del 21 ottobre 2009 – in materia di procedure per il tesseramento – stabilisce soltanto che gli atleti che intendano praticare in forma agonistica lo sport equestre nelle sue varie specialità dovranno essere regolarmente tesserati alla F.I.S.E. per il tramite di un solo affiliato di appartenenza secondo le norme dello Statuto e del presente Regolamento. Un atleta non può essere in possesso di due patenti, per cui le sue abilitazioni devono essere indicate in un'unica patente. Nel caso in cui un cavaliere tesserato svolga la sua attività nell’ambito delle discipline olimpiche può ottenere il rilascio della patente di discipline non olimpiche presso altro centro abilitato rilasciata dal tecnico di specialità.

La disciplina abbastanza frammentata e di difficile immediata percezione non fa una chiara e determinata classificazione delle tessere di iscrizione alla predetta Federazione.

Dal contesto regolamentare complessivo è possibile escludere che l’interessato, nel dichiarare di possedere una tessera di iscrizione alla FISE, abbia in sostanza compiuto una dichiarazione mendace, bensì piuttosto erronea in quanto frutto di una lettura non attenta della predetta disciplina federale.

Ciò avrebbe dovuto indurre, in presenza quantomeno di un titolo astrattamente idoneo, l’Amministrazione a non disporre una sanzione così grave nei confronti del ricorrente che ne dichiara la sua decadenza dalla nomina e ne preclude la possibilità di partecipazione ad altre procedure di reclutamento.

E ciò anche perché manca in concreto il presupposto logico per fare applicazione dell’art. art. 75 del D.P.R. n. 445 del 2000 a cui potrebbe collegarsi l’art. 7, comma 1 lett. d) del bando di concorso.

La disposizione di cui al richiamato art. 75, anche se non richiede alcuna valutazione circa il dolo o la grave colpa del dichiarante, facendo leva sul principio della autoresponsabilità tende a sanzionare la non veridicità di quanto autodichiarato con la decadenza dai benefici ottenuti, indipendentemente da ogni indagine dell'Amministrazione sull'elemento soggettivo della medesima dichiarazione.

Ciò impone per converso un aggravio per la p.a. nella qualificazione del mendacio, atteso che la circostanza oggettiva può, come nel caso di specie, avere effetti risolutivi e gravi che vanno ben oltre la perdita del punteggio spettante come titolo di merito.

Il Collegio ritiene, pertanto, fondata la censura relativa al prospettato vizio di eccesso di potere per perplessità dell’azione amministrativa poichè, in ragione della genericità del bando, è quantomeno erronea e superficiale la qualificazione di “dichiarazione mendace” nei confronti del ricorrente stante la possibilità di errore a favore dello stesso.

Per le ragioni sopra espresse il Collegio accoglie il ricorso e conseguentemente annulla il provvedimento di decadenza dalla ferma, nonché tutti i provvedimenti ad esso connessi o conseguenziali nei limiti dell’interesse, perché viziati da eccesso di potere per difetto di motivazione e per violazione del principio generale di coerenza e logicità nell’azione della p.a..

La particolarità e novità della questione giustifica la compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla i provvedimenti impugnati nei termini di cui in motivazione.

Compensa integralmente le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Francesco Riccio, Consigliere, Estensore
Domenico Landi, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 05/03/2014
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Re: Dichiarazione mendace del giudizio finale scolastico nei

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Per mera svista avevo questa sentenza accantonata del mese di marzo 2014

- revoca dell'ammissione alla rafferma biennale

- risarcimento del danno
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1) - Il ricorrente è stato arruolato nell’Esercito in qualità di volontario in ferma breve triennale con decorrenza dal 29 agosto 2005, per il successivo transito, al termine della ferma, nella Guardia di Finanza, quale candidato “idoneo non vincitore” del 7° concorso, 2° Bando di arruolamento.

2) - Ai sensi della normativa di settore, i volontari risultati idonei ma non collocati in posizione utile per l’ammissione alle carriere iniziali delle Forze di Polizia ad ordinamento militare e civili possono essere ammessi ad una successiva riafferma biennale nella forza armata di appartenenza (art. 15 D. Lgs. n. 215/2005 e successive modificazioni), ove in possesso dei requisiti prescritti dall’art. 3 Decreto del Ministro della Difesa dell’8 luglio 2005.

PERO' L'INTERESSATO AVEVA:

1) in data 22 agosto 2003 aveva subito il “ritiro” della patente di guida dalla Sezione della Polizia Stradale di Savona per la violazione degli artt. 142/8 e 117/5 del codice della strada;

2) risultava indagato dalla Procura della Repubblica di Firenze per il reato di “falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” di cui all’art. 483 c.p. perché, nella domanda di arruolamento V.F.P. nell’Esercito Italiano, nell’anno 2005, aveva dichiarato falsamente di aver conseguito il diploma di licenza media con il giudizio di “Buono”, mentre la votazione veritiera era di “Sufficiente”.

IL TAR PIEMONTE di Torino nell'accogliere il ricorso precisa:

- che il secondo di tali presupposti era già venuto meno alla data di adozione dell’atto impugnato, dal momento che, come documentato in giudizio dal ricorrente (cfr. docc. 3-5), il procedimento penale nei confronti del medesimo era stato archiviato dal GIP presso il Tribunale di Firenze con provvedimento del 3 settembre 2007, su richiesta dello stesso P.M., per “l’infondatezza della notizia di reato”:

- che il primo dei predetti presupposti (ritiro della patente per eccesso di velocità) era palesemente insufficiente a sorreggere, da solo, un giudizio di assenza delle “qualità morali e di condotta del ricorrente”;

PER QUANTO RIGUARDA IL RISARCIMENTO scrive:

E’ fondata anche la domanda risarcitoria

- ) - responsabilità aquiliana

Nel caso di specie, la difesa erariale non ha fornito il benché minimo elemento di valutazione in tal senso, mentre per contro le considerazioni sopra svolte in ordine all’illegittimità dell’atto impugnato rendono evidente che lo stesso è stato adottato sulla scorta di un’istruttoria palesemente carente (l’archiviazione del procedimento penale era stata decretata dal giudice quasi un anno prima dell’atto impugnato) e di una motivazione del tutto incongrua e insufficiente a rendere ragione del giudizio di inidoneità morale formulato nei confronti del ricorrente.

Il resto leggetelo qui sotto.
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07/03/2014 201400411 Sentenza 1


N. 00411/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00449/2009 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 449 del 2009, proposto da:
D. A., rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Ceni e Carlo Rolle, con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Torino, via Rosolino Pilo, 2 Bis;

contro
MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata in Torino, corso Stati Uniti, 45;

per l'annullamento
- del provvedimento n. m-d gmil - 03 ii 7 a/07/…. pers. mil. del 5 febbraio 2009, notificato il successivo 6 febbraio 2009, con il quale è stata disposta la revoca dell'ammissione alla rafferma biennale a decorrere dal 29 agosto 2008 per inidoneità;

- di ogni altro atto dallo stesso presupposto e/o a questo conseguente;
- per il risarcimento del danno.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 6 febbraio 2014 il dott. Ariberto Sabino Limongelli e uditi l’avv. D. Sannazzaro su delega dell'avv. Rolle per la parte ricorrente, e l'avvocato dello Stato Carotenuto per il Ministero resistente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Il ricorrente è stato arruolato nell’Esercito in qualità di volontario in ferma breve triennale con decorrenza dal 29 agosto 2005, per il successivo transito, al termine della ferma, nella Guardia di Finanza, quale candidato “idoneo non vincitore” del 7° concorso, 2° Bando di arruolamento.

2. Ai sensi della normativa di settore, i volontari risultati idonei ma non collocati in posizione utile per l’ammissione alle carriere iniziali delle Forze di Polizia ad ordinamento militare e civili possono essere ammessi ad una successiva riafferma biennale nella forza armata di appartenenza (art. 15 D. Lgs. n. 215/2005 e successive modificazioni), ove in possesso dei requisiti prescritti dall’art. 3 Decreto del Ministro della Difesa dell’8 luglio 2005.

3. Il ricorrente, ricompreso nell’elenco dei volontari idonei non vincitori, è stato incluso tra il personale da ammettere alla riafferma biennale e, verificato il possesso degli ulteriori requisiti richiesti (tra i quali l’indispensabile idoneità per la Guardia di Finanza), ammesso al beneficio con provvedimento del 31 luglio 2008.

4. Successivamente, però, con provvedimento telefax n. M-D GMIL – 03 II 7 A/07/…. in data 5 febbraio 2009 della Brigata OMISSIS Torino, notificato all’interessato il successivo 6 febbraio, l’Amministrazione ha disposto la revoca dell’ammissione alla rafferma a decorrere dal 29 agosto 2008 (“per inidoneità resa nota dopo la concessione della rafferma stessa”) e il collocamento del ricorrente in congedo illimitato con decorrenza dalla data di notifica della comunicazione medesima.

5. Il provvedimento di revoca ha richiamato in motivazione gli esiti degli accertamenti svolti dalla Guardia di Finanza sul possesso dei requisiti dichiarati dai candidati in sede concorsuale, e, in particolare, il verbale della competente sottocommissione del 7 luglio 2008 nel quale, con specifico riferimento alla posizione del ricorrente, si affermava che il medesimo era risultato privo “delle qualità morali e di condotta stabilite per l’ammissione ai concorsi della magistratura ordinaria” (requisiti applicabili anche per l’immissione nelle Forze di Polizia dei Volontari delle Forze Armate in forza del combinato disposto degli artt. 10 comma 3 D.P.R. n. 332/97; art. 35 comma 6 D. Lgs. n. 165/2001 e art, 26 L. n. 53/19898).

6. A tale conclusione, la Guardia di Finanza è pervenuta sul duplice rilievo che l’interessato:

1) in data 22 agosto 2003 aveva subito il “ritiro” della patente di guida dalla Sezione della Polizia Stradale di Savona per la violazione degli artt. 142/8 e 117/5 del codice della strada;

2) risultava indagato dalla Procura della Repubblica di Firenze per il reato di “falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” di cui all’art. 483 c.p. perché, nella domanda di arruolamento V.F.P. nell’Esercito Italiano, nell’anno 2005, aveva dichiarato falsamente di aver conseguito il diploma di licenza media con il giudizio di “Buono”, mentre la votazione veritiera era di “Sufficiente”.

7. Sulla scorta di tali rilievi, la Guardia di Finanza ha ritenuto che l’aspirante fosse privo del requisito previsto dall’art. 2, comma 1 lettera l) del bando di concorso, ossia del possesso delle qualità morali e di condotta previste dalle norme sopra citate, “avendo posto in essere un comportamento sicuramente censurabile e comunque inconciliabile con le attribuzioni e funzioni deputate agli appartenenti al Corpo e con l’espletamento dei compito istituzionali della Guardia di Finanza” (verbale sottocommissione per l’accertamento dei requisiti 28 luglio 2008, doc. 2 ricorrente).

8. Il provvedimento di revoca è stato notificato all’interessato il 6 febbraio 2009.

9. Con ricorso notificato il 6 aprile 2009 e depositato il 29 aprile successivo, l’interessato ha impugnato il predetto provvedimento dinanzi a questo Tribunale e ne ha invocato l’annullamento sulla scorta di un unico motivo, con il quale ha denunciato vizi di travisamento dei fatti, erroneità dei presupposti, difetto di istruttoria e difetto di motivazione. Ha chiesto l’annullamento dell’atto impugnato e la condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danni sofferti, commisurati alle retribuzioni non percepite dalla data del congedo sino alla fine della rafferma biennale, oltre la riliquidazione del premio di congedamento e di ogni altra indennità e/o emolumento dovuto, con rivalutazione ed interessi legali.

10. Si è costituito il Ministero della Difesa eccependo preliminarmente l’incompetenza territoriale del TAR adito e, in subordine, la tardività del ricorso; in via ancora più gradata, nel merito, contestando la fondatezza del ricorso e chiedendone il rigetto.

11. All’udienza del 6 febbraio 2014, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

1. Preliminarmente vanno respinte, in quanto infondate, le eccezioni processuali formulate dalla difesa erariale.

1.1. Non sussiste la dedotta incompetenza territoriale del TAR adito, dal momento che il provvedimento impugnato è stato adottato dalla Brigata OMISSIS di Torino, presso la quale il ricorrente era in servizio alla data di adozione dell’atto impugnato: sicchè la competenza del TAR Piemonte è stata correttamente individuata sulla scorta del principio affermato dall’art. 3 comma 2 della L. n. 1034/1971, applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame - e oggi comunque ribadito dall’art. 13 comma 2 del cod. proc. amm. – secondo cui “[per gli atti] relativi a pubblici dipendenti in servizio, alla data di emissione dell'atto, presso uffici aventi sede nella circoscrizione del tribunale amministrativo regionale la competenza è del tribunale amministrativo regionale medesimo”.

1.2. Non sussiste nemmeno la dedotta tardività del gravame, dal momento che il provvedimento impugnato è stato notificato al ricorrente il 6 febbraio 2009 e il ricorso è notificato il 6 aprile successivo, quindi entro il termine decadenziale di sessanta giorni prescritto dalla normativa processuale.

2. Nel merito, il ricorso è fondato.

2.1. L’atto impugnato è stato adottato dall’Amministrazione sul presupposto che il ricorrente, alla data di presentazione della domanda di concorso per l’immissione nella carriera iniziale della Guardia Finanza, fosse privo delle qualità morali e di condotta prescritte dalla normativa di settore, e ciò sul duplice rilievo che il medesimo:

1) aveva subito il “ritiro” della patente di guida per la violazione degli artt. 142/8 e 117/5 del codice della strada (per aver superarto “di oltre 10 km/h e di non oltre 40 km/h i limiti massimi di velocità”);

2) risultava indagato dalla Procura della Repubblica di Firenze per il reato di cui all’art. 483 c.p. di “falsità ideologica commessa dal privato in atto pubblico” perché, nella domanda di arruolamento V.F.P.
nell’Esercito Italiano, nell’anno 2005, aveva dichiarato falsamente di aver conseguito il diploma di licenza media con il giudizio di “Buono”, mentre la votazione veritiera era di “Sufficiente”.

2.2. Va tuttavia osservato:

- che il secondo di tali presupposti era già venuto meno alla data di adozione dell’atto impugnato, dal momento che, come documentato in giudizio dal ricorrente (cfr. docc. 3-5), il procedimento penale nei confronti del medesimo era stato archiviato dal GIP presso il Tribunale di Firenze con provvedimento del 3 settembre 2007, su richiesta dello stesso P.M., per “l’infondatezza della notizia di reato”: sicchè sotto tale profilo sono fondate le censure di difetto di istruttoria e di travisamento dei fatti formulate dal ricorrente;

- che il primo dei predetti presupposti (ritiro della patente per eccesso di velocità) era palesemente insufficiente a sorreggere, da solo, un giudizio di assenza delle “qualità morali e di condotta del ricorrente”; giudizio che, pertanto, quantomeno nei termini in cui è stato formulato, appare effettivamente inficiato dal vizio di difetto di motivazione dedotto dal ricorrente, atteso che, se è vero che ai sensi dell'art. 26, l. 1 febbraio 1989 n. 53 l’Amministrazione è dotata di un'ampia discrezionalità nella valutazione delle qualità morali e di condotta dell'aspirante all'arruolamento in Corpo di polizia ad ordinamento militare o civile, ciò non toglie, tuttavia, che il provvedimento di esclusione debba essere motivato in modo congruo con riferimento sia ai dati di fatto non controversi e rilevanti, sia alle ragioni specifiche per cui il comportamento ascritto all'aspirante si reputa che incida negativamente sullo svolgimento dei compiti d'istituto (Consiglio di Stato, sez. III, 23 gennaio 2013, n. 425), e che tale motivazione, espressione di discrezionalità tecnica della P.A., resti pur sempre sindacabile dal giudice amministrativo sotto i profili della manifesta illogicità, irragionevolezza o travisamento dei presupposti di fatto.

2.3. Ritiene il collegio che nel caso di specie ricorrano tali profili di palese irragionevolezza e di travisamento del fatto, tenuto conto che, alla luce di quanto sopra esposto, l’atto impugnato è stato adottato su presupposti in parte insussistenti (reato) e in parte (ritiro patente) macroscopicamente insufficienti a giustificare, su un piano di logica e di ragionevolezza, un giudizio di “inidoneità” del ricorrente all’arruolamento nella Guardia di Finanza per mancanza delle necessarie “qualità morali”, attesa l’unicità dell’episodio e lo scarso rilievo dell’infrazione quale elemento sintomatico di una generale dote di carattere o di condotta morale.

2.4. Alla luce di tali considerazioni, il ricorso è fondato e va accolto, con il conseguente annullamento dell’atto impugnato.

3. E’ fondata anche la domanda risarcitoria.

3.1. Secondo principi ormai consolidati, la domanda di risarcimento dei danni proposta dinanzi al giudice amministrativo si inquadra nello schema della responsabilità aquiliana da fatto illecito di cui all’art. 2043 c.c. ed è regolata dal principio dell'onere della prova di cui all'art. 2697 c.c., in base al quale chi vuole far valere un diritto in giudizio deve far valere i fatti che ne costituiscono il fondamento: il risarcimento non è, infatti, una conseguenza automatica dell'annullamento giurisdizionale del provvedimento illegittimo, richiedendosi che venga allegata e provata dal danneggiato, oltre alla lesione della situazione soggettiva di interesse tutelata dall'ordinamento, la sussistenza di un danno ingiusto, del nesso causale tra condotta ed evento, nonché la colpa o il dolo dell'Amministrazione, trattandosi di fattispecie risarcitoria per fatto illecito ex art. 2043 c.c..

3.2. Tuttavia, è altrettanto consolidato il principio per cui l'accertata illegittimità dell'azione amministrativa produce effetti riflessi anche sulla distribuzione dell'onere della prova, nel senso che sollecita l'Amministrazione convenuta a sottoporre al giudice del risarcimento concreti elementi di giudizio atti a dimostrare l'assenza di colpa, nonostante l'accertata illegittimità della propria condotta (Cassazione civile, sez. III, 27 luglio 2005, n. 15686; T.A.R. Bari, sez. II 01 marzo 2012, n. 479; T.A.R. Lazio-Roma, sez. I, 01 settembre 2008, n. 7972).

3.3. Nel caso di specie:

- sussiste certamente un “fatto ingiusto”, corrispondente al provvedimento illegittimo adottato dall’amministrazione;

- sussiste un “danno ingiusto” causato al ricorrente da detto provvedimento, costituito (quanto meno sul piano patrimoniale) dagli emolumenti non percepiti dall’interessato nell’ulteriore periodo di rafferma biennale dal quale è stato estromesso per effetto del provvedimento impugnato;

- sussiste il “nesso di causalità” tra il fatto ingiusto e il danno sofferto, dal momento che, senza la revoca (illegittima) del provvedimento di ammissione alla rafferma, quel danno non si sarebbe prodotto;

- sussiste, infine, anche l’elemento soggettivo della “colpa della P.A.” dal momento che, alla stregua dei principi giurisprudenziali sopra richiamati, in sede di risarcimento del danno derivante da procedimento amministrativo illegittimo il privato danneggiato può limitarsi ad invocare l'illegittimità dell'atto quale indice presuntivo della colpa, perché resta a carico dell' Amministrazione l'onere di dimostrare che si è trattato di un errore scusabile derivante da contrasti giurisprudenziali sull'interpretazione della norma o dalla complessità dei fatti, ovvero ancora dal comportamento delle parti del procedimento; al privato danneggiato non è dunque richiesto un particolare impegno probatorio per dimostrare la colpa dell'Amministrazione, potendo egli limitarsi ad allegare l'illegittimità dell'atto e dovendosi fare applicazione, al fine della prova dell'elemento soggettivo, delle regole di comune esperienza e della presunzione semplice di cui all'art. 2727 c.c.; e a questo punto spetta all' Amministrazione dimostrare, se del caso, di essere incorsa in un errore scusabile (da ultimo, Consiglio di Stato, sez. IV, 26 novembre 2013, n. 5624).

Nel caso di specie, la difesa erariale non ha fornito il benché minimo elemento di valutazione in tal senso, mentre per contro le considerazioni sopra svolte in ordine all’illegittimità dell’atto impugnato rendono evidente che lo stesso è stato adottato sulla scorta di un’istruttoria palesemente carente (l’archiviazione del procedimento penale era stata decretata dal giudice quasi un anno prima dell’atto impugnato) e di una motivazione del tutto incongrua e insufficiente a rendere ragione del giudizio di inidoneità morale formulato nei confronti del ricorrente.

3.4. Alla luce di tali considerazioni, ricorrono in definitiva tutti i presupposti di cui all’art. 2043 c.c. per l’accoglimento della domanda risarcitoria proposta dal ricorrente.

3.5. Ai fini della concreta quantificazione del danno, ritiene il collegio di poter provvedere ai sensi dell’art. 34 comma 4 c.p.a. , fissando i criteri in base ai quali l’Amministrazione intimata dovrà proporre alla ricorrente il pagamento di una somma determinata ad estinzione del proprio debito nei suoi confronti.

3.5.1. In particolare, ritiene il collegio che la misura del risarcimento debba essere rappresentata da tutti gli emolumenti non percepiti dall’interessato dalla data dell’illegittimo congedo sino all’ultimo giorno del periodo di rafferma biennale al quale egli avrebbe avuto diritto, inclusi - ove dovuti - gli emolumenti eventualmente spettanti in relazione alla cessazione del periodo stesso (premi di congedamento e simili).

3.5.2. Peraltro, onde evitare che per effetto del risarcimento del danno il danneggiato possa locupletare un’utilità economica superiore a quella che avrebbe conseguito in assenza dell'illecito, ritiene il collegio che il predetto importo debba essere ridotto equitativamente alla metà, in considerazione della diversa attività lavorativa che si può presumere il ricorrente abbia svolto nel periodo di rafferma biennale da cui è stato illegittimamente estromesso. L’onere di provare l’assenza dell’"aliunde perceptum vel percipiendum" grava sul ricorrente: e ciò in ragione della presunzione, secondo l' "id quod plerumque accidit", che il lavoratore normalmente diligente (cfr. art. 1227 c.c.) non rimane inerte in caso di cessazione dell’attività lavorativa, ma persegue occasioni lavorative alternative, percependone il relativo compenso economico.

3.6. Alla luce di tali considerazioni, entro 90 giorni dalla comunicazione della presente sentenza, o dalla sua notificazione se anteriore, il Ministero della Difesa proporrà al ricorrente il pagamento di una somma pari alla metà degli emolumenti non percepiti dall’interessato dalla data dell’illegittimo congedo sino all’ultimo giorno del periodo di rafferma biennale al quale egli avrebbe avuto diritto, inclusi - ove dovuti - gli emolumenti eventualmente spettanti al medesimo in dipendenza della cessazione del rapporto di servizio (premi di congedamento e simili).

3.7. Sulla somma così determinata dovranno essere computati gli interessi nella misura legale, con decorrenza dalle singole scadenze al saldo. Non dovrà, invece, essere calcolata la svalutazione monetaria nel frattempo intervenuta, tenuto conto che la rivalutazione dei crediti nel pubblico impiego è consentita solo per i ratei maturati fino al 31 dicembre 1994, mentre che per quelli maturati successivamente opera il divieto di cumulo fra interessi e rivalutazione sancito dall'art. 22 comma 36 della L. n. 724 del 1994 (legge finanziaria 1995).

4. Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, lo accoglie e per l’effetto:

a) annulla l’atto impugnato;
b) condanna il Ministero della Difesa a risarcire il danno sofferto dal ricorrente, nei sensi e nei termini precisati in motivazione;
c) condanna lo stesso Ministero a rifondere al ricorrente le spese di lite, che liquida forfettariamente in € 2.000,00 (duemila), oltre accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 6 febbraio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Paola Malanetto, Primo Referendario
Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/03/2014
Avv. Luca Bruno

Re: Dichiarazione mendace del giudizio finale scolastico nei

Messaggio da Avv. Luca Bruno »

In realtà una soluzione esiste!

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Avv. Luca Bruno - Bari
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Re: Dichiarazione mendace del giudizio finale scolastico nei

Messaggio da panorama »

Ricorso andato a buon fine
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1) - escluso dalla procedura di reclutamento per il 2017 di ..... volontari in ferma prefissata di un anno nella Marina Militare per il 2017, per questi motivi: “… a seguito dell’ulteriore accertamento dei requisiti previsti dal bando di reclutamento in oggetto è emerso che, nella domanda di ammissione la dichiarazione sostitutiva rilasciata dalla S.V. a norma dell’articolo 46 del DPR 28 dicembre 2000 n. 445 è risultata mendace laddove è stato dichiarato di avere riportato nel diploma di istruzione secondaria di primo grado il giudizio o votazione di <<ottimo-9>> anziché <<distinto -8>>

2) - Con decreto cautelare presidenziale n. 5965/2017, l’adito T.A.R. ha concesso tutela cautelare nei seguenti termini: “Visto l’orientamento giurisprudenziale della Sezione, formatosi sul punto (ex plurimis: sentenza in forma semplificata n. 6802 del giorno 8.6.2017) Omissis

3) - Il Ministero della Difesa, con atto M_D GMIL REG2017 0632759 23-11-2017, ha comunicato di aver annullato provvedimento di esclusione, riammettendo il ricorrente alla procedura concorsuale e conseguente incorporamento a decorrere dal mese di marzo 2018.

4) - Il ricorso risulta improcedibile per cessazione della materia del contendere, in quanto in corso di giudizio l’amministrazione ha annullato in via di autotutela il provvedimento di esclusione gravato.

N.B.: leggete cmq. il tutto qui sotto.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201806962,- Public 2018-06-22 -

Pubblicato il 22/06/2018


N. 06962/2018 REG. PROV. COLL.
N. 10669/2017 REG. RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 10669 del 2017, proposto da
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Salvatore Caputo, domiciliato presso l’indirizzo PEC del difensore come risultante dal Reginde, con domicilio fisico eletto presso lo studio Cecilia Furitano in Roma, via Monte Zebio, 37;

contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in via digitale come da pubblici registri, con domicilio fisico in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento

1) del provvedimento del Ministero della Difesa Direzione Generale per il Personale Militare I Reparto – 2° Divisione M- DGMILREG20170472379 del 28 agosto 2017, con il quale veniva escluso dalla procedura di reclutamento per il 2017 di 1.980 volontari in ferma prefissata di un anno nella Marina Militare per il 2017;

2) di ogni altro provvedimento non conosciuto, presupposto, connesso e consequenziale.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 maggio 2018 il dott. Fabrizio D'Alessandri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

Parte ricorrente ha impugnato il provvedimento del Ministero della Difesa Direzione Generale per il Personale Militare I Reparto – 2^ Divisione M-_DGMILREG20170472379 del 28 agosto 2017, che lo ha escluso dalla procedura di reclutamento per il 2017 di 1.980 volontari in ferma prefissata di un anno nella Marina Militare per il 2017, per questi motivi: “… a seguito dell’ulteriore accertamento dei requisiti previsti dal bando di reclutamento in oggetto è emerso che, nella domanda di ammissione la dichiarazione sostitutiva rilasciata dalla S.V. a norma dell’articolo 46 del DPR 28 dicembre 2000 n. 445 è risultata mendace laddove è stato dichiarato di avere riportato nel diploma di istruzione secondaria di primo grado il giudizio o votazione di <<ottimo-9>> anziché <<distinto -8>>……..Ciò posto avendo la S.V. reso dichiarazione non veritiera risulta non essere in possesso del requisito di cui all’articolo 7 comma 1 lettera c) del citato bando. Pertanto la S.V. è esclusa dalla procedura di reclutamento in questione ed è stata segnalata alla competente Autorità Giudiziaria ai sensi del sopracitato articolo 76 del DPR 445/2000 ”.

Parte ricorrente ha dedotto, quali motivi di ricorso, la circostanza che sia trattato di un mero errore di digitazione nella compilazione della domanda; il difetto di motivazione; l’argomento che il medesimo ricorrente è in possesso dei tutoli di studio, titoli con votazione comunque idonea al superamento della selezione e l’eventuale dichiarazione mendace non riguarda un requisito di accesso ma un mero criterio valutativo.

Con decreto cautelare presidenziale n. 5965/2017, l’adito T.A.R. ha concesso tutela cautelare nei seguenti termini: “Visto l’orientamento giurisprudenziale della Sezione, formatosi sul punto (ex plurimis: sentenza in forma semplificata n. 6802 del giorno 8.6.2017);
Ritenuto che, anche alla luce del principio di proporzionalità, nella ponderazione degli interessi in conflitto, appare opportuno, allo stato, assegnare prevalenza all’interesse privato, impregiudicata ogni decisione, anche in sede cautelare, da parte del Collegio;
Ravvisata l’opportunità di ordinare alla P.A., per esigenze di celerità, di effettività e di concentrazione del giudizio, riconducibili anche all’art. 1 cpa, il deposito, ai sensi dell’art. 46 cpa, di una dettagliata relazione sulla vicenda dedotta in contenzioso nonché di ogni altro atto e/o documentato chiarimento, ritenuto utile ai fini del presente giudizio, entro il termine di giorni 5 (cinque), decorrente dalla comunicazione o notificazione del presente Decreto;
Ritenuto che la P.A., per esigenze di deflazione del contenzioso e di opportunità, potrà provvedere, nelle more, a riesaminare la fattispecie dedotta in giudizio, anche in via di autotutela”.

Il Ministero della Difesa, con atto M_D GMIL REG2017 0632759 23-11-2017, ha comunicato di aver annullato provvedimento di esclusione, riammettendo il ricorrente alla procedura concorsuale e conseguente incorporamento a decorrere dal mese di marzo 2018.

Il ricorso risulta improcedibile per cessazione della materia del contendere, in quanto in corso di giudizio l’amministrazione ha annullato in via di autotutela il provvedimento di esclusione gravato.

Al riguardo, che il provvedimento non si sia limitato alla mera esecuzione del decreto cautelare presidenziale, bensì costituisca atto di autotutela, si evince innanzitutto dal tenore del provvedimento, che si è pronunciato per l’annullamento dell’atto di esclusione, senza usare peraltro alcuna formula di riserva all’esito definitivo del giudizio, e ha espressamente indicato la proponibilità, avverso la decisione, di ricorso giurisdizionale al T.A.R. del Lazio o, in alternativa, ricorso straordinario al Presidente della Repubblica. Questa conclusione è, inoltre, avvalorata dalla circostanza che la stessa amministrazione ha indicato, nella nota M_D GMIL REG2O17 0634871 24-11-2017, depositata in giudizio, essere intervenuta una causa di sopravenuto difetto d’interesse a ricorrere, con cessazione della materia del contendere.

In considerazione della natura procedurale della decisione e della peculiarità delle questioni trattate, sussistono gravi ed eccezionali motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, dichiara cessata la materia del contendere.

Compensa le spese di lite.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare ………….
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 30 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:
Concetta Anastasi, Presidente
Rosa Perna, Consigliere
Fabrizio D'Alessandri, Consigliere, Estensore

L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Fabrizio D'Alessandri Concetta Anastasi





IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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