Destituzione dall'impiego.

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Appuntato.30
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Destituzione dall'impiego.

Messaggio da Appuntato.30 »

Sono accusato di un "tentato Furto", dalla quale sono completamente estraneo ai fatti, p.p. ancora in corso e la dinamica dell'accaduto ancora tutta da chiarie.
Nel Caso in cui questo procedimento termini con una condanna penale,il tipo di reato prevede una destituzione dall'impiego?
Grazie


naturopata
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Re: Destituzione dall'impiego.

Messaggio da naturopata »

Appuntato.30 ha scritto: lun nov 12, 2018 5:07 pm Sono accusato di un "tentato Furto", dalla quale sono completamente estraneo ai fatti, p.p. ancora in corso e la dinamica dell'accaduto ancora tutta da chiarie.
Nel Caso in cui questo procedimento termini con una condanna penale,il tipo di reato prevede una destituzione dall'impiego?
Grazie
Sei un po' duro in quanto a comprensione. Si.

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato

in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente

DECISIONE

sul ricorso numero di registro generale 5228 del 2009, proposto dal signor C.A., rappresentato e difeso dall'avv. C. B. ed elettivamente domiciliato in Roma, presso lo studio del difensore *******;

contro

Il Ministero dell'Economia e delle Finanze e il Comando Generale della Guardia di Finanza, in persona dei legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, ex lege domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sez. II, n. 2426/2009;

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti l'atto di costituzione dell'Amministrazione appellata;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore il Consigliere Bruno Mollica;

Uditi altresì, nell'udienza pubblica del giorno 4 giugno 2010, l'avv. Biagini e l'avv. dello Stato Marchini;

Svolgimento del processo motivi della decisione

1.- L'appellante, finanziere scelto in servizio permanente effettivo, ha impugnato la sentenza del TAR per il Lazio n. 2426 del 2009, che ha respinto il suo ricorso n. 5908 del 204, proposto avverso la determinazione 12 marzo 2004, di applicazione della sanzione della perdita del grado per rimozione.

In punto di fatto, l'interessato ha rilevato che è stato denunciato dal direttore di un supermercato di Termoli, a seguito del rinvenimento nella borsa del coniuge (anch'ella denunciata), in data 16 febbraio 2002, di merce prelevata negli scaffali per un valore di euro 32,92, mentre lo stesso coniuge si avviava all'uscita, senza passare dalle casse, ove poi era stata fermata.

Egli ha osservato che il procedimento penale, instaurato nei confronti suoi e della moglie a seguito della denunciaquerela del direttore del supermercato, è stato archiviato per rimessione di querela.

Avverso il provvedimento disciplinare che ha disposto la sanzione espulsiva, nel ricorso di primo grado l'interessato ha dedotto la presenza di vari profili di eccesso di potere, sia perché egli sarebbe estraneo ai fatti contestati al coniuge, sia perché sarebbero ravvisabili un difetto di istruttoria e la eccessività della sanzione espulsiva.

Con l'appello in esame, l'originario ricorrente ha riproposto le censure respinte in primo grado ed ha chiesto che, in riforma della sentenza gravata, sia annullato il provvedimento impugnato in primo grado.

Il Ministero appellato si è costituito in giudizio e, con una articolata memoria difensiva, ha controdedotto, chiedendo la reiezione del gravame.

2.- Così ricostruite le vicende che hanno condotto al secondo grado del giudizio, ritiene la Sezione che l'appello risulta fondato..

2.1. Dalla documentazione acquisita, non emerge univocamente la responsabilità personale dell'appellante, in ordine alla condotta posta in essere dal coniuge e avente rilevanza penale.

Non v'è alcun dubbio che la moglie dell'appellante, che si trovava in stato di gravidanza, ha inserito nella sua borsa la merce per il controvalore di euro 32,92, senza passare per la cassa e cercando di uscire dal supermercato.

Nel presente giudizio, rileva la valutazione in sede disciplinare del comportamento del marito, che - ad avviso dell'Amministrazione - va considerato corresponsabile.

Nel corso del procedimento disciplinare, l'Amministrazione ha escluso ogni rilievo probatorio alla dichiarazione della moglie (che ha segnalato la propria esclusiva responsabilità per il fatto) ed ha viceversa attribuito decisivo rilievo alla dichiarazione dell'addetta alla vigilanza del supermercato, che - nell'immediatezza del fatto - ha dichiarato che l'appellante si è guardato "con circospezione intorno', rivolgendo un "cenno" alla moglie.

Da ciò, l'Amministrazione ha tratto la conclusione (fatta propria dal TAR) che vi fosse un "accordo" volto ad agevolare l'uscita indisturbata della moglie dal supermercato.

2.2. In presenza di tali risultanze probatorie, ritiene la Sezione che l'Amministrazione non avrebbe potuto ravvisare la responsabilità dell'appellante per il tentato furto.

Risulta del tutto plausibile la tesi difensiva dell'appellante, ancora richiamata in questa sede, secondo cui l'addetta alla sicurezza del supermercato può avere equivocato sul significato del cenno da lui rivolto alla moglie.

Infatti, ritiene il Collegio che - in assenza di specifici elementi di segno contrario, e anche senza attribuire decisivo rilievo probatorio alla assunzione di esclusiva responsabilità da parte della moglie - il "cenno" rivolto dall'appellante poteva anche significare la sollecitazione ad uscire dal supermercato, per la mancata effettuazione di acquisti o per la risistemazione della merce sugli scaffali.

Ogni diversa illazione non risulta coerente con i principi desumibili dagli articoli 25 e 27 della Costituzione, per cui la responsabilità penale è personale.

In altri termini, il "cenno" rivolto dall'appellante alla moglie, in assenza di elementi tali che possano farlo intendere come attuazione di un previo accordo a commettere il furto, non avrebbe potuto avere alcun rilievo nella sede disciplinare, attivata a seguito della archiviazione del procedimento penale.

2.3. Peraltro, ad avviso del Collegio, sotto un distinto profilo l'Amministrazione avrebbe potuto attribuire rilievo disciplinare ai fatti accaduti il 16 febbraio 2002.

Come risulta dalla stessa istruttoria che ha preceduto il provvedimento di espulsione, l'appellante, quando è stata fermata la moglie dalla addetta alla vigilanza, nell'immediatezza del fatto ha dichiarato di non conoscere la donna.

Solo successivamente, all'arrivo dei carabinieri, egli ha segnalato di esserne il coniuge.

Tale comportamento indubbiamente può avere rilevanza disciplinare.

Infatti, l'appellante, anche se ha provato sentimenti di disappunto, fastidio e vergogna per il fatto commesso dalla moglie, ha posto in essere un comportamento non corretto e tale da far sorgere ragionevoli dubbi sul significato da attribuire alla sua complessiva condotta.

Anche se la situazione era resa estremamente delicata dalla gravidanza della moglie, sarebbe stato senz'altro ineccepibile un comportamento del marito che avesse mostrato i propri sentimenti o il proprio stupore in qualsiasi modo: l'avere invece negato di essere il marito ha indubbiamente inciso sulla attendibilità della sua successiva dichiarazione di essere estraneo al tentativo di furto e, comunque, ha inciso sul prestigio dell'Arma di cui egli risultava appartenente.

2.4. Ritiene dunque il Collegio che l'Amministrazione ha basato il provvedimento espulsivo sulla base di una pluralità di condotte che ha ritenuto commesse dal dipendente, di cui, in realtà, poteva prendere in considerazione solo quella post delictum, senza poterlo considerare corresponsabile del tentativo di furto, in assenza di univoci elementi probatori.

2.5. Quanto precede comporta che risulta fondata e va accolta la censura con cui l'appellante ha dedotto la violazione del principio di proporzionalità, applicabile anche in tema di destituzione e di sanzioni espulsive dal pubblico impiego.

Sulla base della normativa che in materia disciplinare attribuisce rilievo alla oggettiva gravità dei fatti connessi ed alla recidiva, la più recente e consolidata giurisprudenza di questo Consiglio (Sez. IV, 16 ottobre 2009, n. 6353; Sez. IV, 21 agosto 2009, n. 5001) ha ritenuto che sussiste il vizio di eccesso di potere quando il provvedimento disciplinare appare ictu oculi sproporzionato, nella sua severità, rispetto ai fatti accertati (pur se essi abbiano dato luogo ad una condanna in sede penale, cosa peraltro neppure accaduta nella specie).

Infatti, per qualsiasi dipendente (anche per il militare che abbia prestato il giuramento di fedeltà), un isolato comportamento illecito può giustificare la misura disciplinare estintiva del rapporto di lavoro quando si possa ragionevolmente riconoscere che i fatti commessi siano tanto gravi da manifestare l'assenza delle doti morali, necessarie per la prosecuzione dell'attività lavorativa.

Per il principio della graduazione delle sanzioni e tenuto conto delle regole riguardanti la recidiva (per le quali i fatti acquistano una maggiore gravità, in quanto commessi dal dipendente già incorso in una precedente sanzione), l'Amministrazione non può peraltro considerare automaticamente giustificata l'estinzione del rapporto di lavoro per il solo fatto che il dipendente abbia commesso per la prima volta un reato doloso: a maggior ragione, la violazione del principio di proporzionalità sussiste quando, come nella specie, non risulti univocamente la responsabilità per il reato commesso da altri e vi sia stato un disdicevole comportamento post delictum (peraltro, di per sé non costituente reato).

In sede disciplinare, infatti, deve esservi la specifica valutazione dei fatti accaduti, poiché la loro lievità può giustificare una sanzione diversa da quella massima (salve le più severe valutazioni, in presenza dei relativi presupposti, se il dipendente commetta ulteriori mancanze e addirittura reati): altrimenti opinando, qualsiasi reato doloso o comportamento disdicevole potrebbe essere posto a base della misura disciplinare del rapporto di lavoro, ciò che non si può affermare, in considerazione della prassi amministrativa e del principio di proporzionalità, affermatosi nella pacifica giurisprudenza.

Correttamente è stato rilevato da questa stessa Sezione - con specifico riferimento a un provvedimento di rimozione di un appartenente al Corpo della Guardia di Finanza - che la proporzione fra addebito e sanzione è principio espressivo di civiltà giuridica (cfr. IV Sez., 10 maggio 2007, n. 2189; 18 febbraio 2010 n. 939), comportando la sproporzione della sanzione la violazione del principio di ragionevolezza e di gradualità della sanzione stessa.

Neppure appare condivisibile - pur in presenza di contrastanti orientamenti giurisprudenziali sul punto - la tesi dell'Amministrazione secondo la quale la violazione degli obblighi assunti con il giuramento prestato, quale che sia la sua gravità, giustifica la comminatoria della sanzione espulsiva perché indice di carenza di qualità morali e di carattere e comunque lesivo del prestigio del Corpo.

Che le violazioni di doveri comportamentali costituiscano un vulnus al giuramento prestato è incontrovertibile; ma che esse debbano essere tutte punite con la massima sanzione (id est, quella espulsiva), come se il vulnus fosse di identico livello nei vari casi, è assunto che si rivela palesemente in contrasto con i precitati principi di ragionevolezza e proporzionalità, laddove risulti ontologicamente diversa, nelle varie ipotesi, l'incidenza della violazione su quei doveri di fedeltà e lealtà assunti dal militare con la prestazione del giuramento e laddove risulti altresì differente il livello di carenza di qualità morali e di carattere nelle diverse fattispecie.

Del resto, è la stessa circolare del Comando generale n. 40000/1152/98 ad introdurre la possibilità di calibrare la sanzione in misura variabile per le condotte che non realizzano "in pieno" la violazione del giuramento: tale principio deve ritenersi invero applicabile, ad avviso del Consiglio di Stato, a maggior ragionne quando non risulti univocamente una responsabilità penale del dipendente.

3.- In conclusione, l'appello deve essere accolto, sicché - in riforma della sentenza gravata - il ricorso di primo grado va accolto, con il conseguente annullamento del provvedimento emesso il 12 marzo 2004.

Peraltro, poiché il giudice amministrativo ben può individuare quali sono i principi cui si deve attenere l'amministrazione, ritiene la Sezione che, nella specie, trattandosi dell'annullamento di un provvedimento incidente su un interesse legittimo, non si applicano gli art. 88 ss. del testo unico n. 3 del 1957 e i principi sulla restitutio in integrum (rilevanti per legge solo nel caso di completo proscioglimento dell'incolpato dall'addebito).

Pertanto, a parte il potere di rinnovare il procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 119 del medesimo testo unico, nel caso di richiesta dell'interessato l'amministrazione sarà comunque tenuta a valutare la eventuale domanda di corresponsione del risarcimento del danno tenendo conto del fatto che la mancata prestazione dell'attività lavorativa è risultata comunque la conseguenza di un fatto giustificativo dell'esercizio del potere disciplinare, anche se nella specie è stato esercitato in violazione del principio di proporzionalità.

Pertanto, la relativa quantificazione dei danni dovrà essere effettuata tenendo conto della particolare e preponderante efficienza causale del comportamento del dipendente, malgrado questi abbia titolo alla reimmissione in servizio sulla base della presente decisione.

4.- Quanto alle spese del doppio grado di giudizio, in ragione dei fatti accertati sussistono giusti motivi per disporne l'integrale compensazione fra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale, sezione Quarta, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in appello indicato in epigrafe n. 5228 del 2009 e, per l'effetto accoglie il ricorso di primo grado n. 5908 del 2004 e annulla il provvedimento emessi il 12 marzo 2004, nei sensi indicati in motivazione e salvi gli ulteriori provvedimenti della Autorità amministrativa.

Compensa fra le parti le spese del doppio grado di giudizio.

Ordina che la presente decisione sia eseguita dall'autorità amministrativa.
andrea666
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Re: Destituzione dall'impiego.

Messaggio da andrea666 »

destituire per una cosa del genere, se era una prima mancanza ...davvero esagerato.
fra l'altro nonostante abbia vinto l'Amm.ne potrebbe risanzionarlo sebbene Lui potrà richiedere i danni . interessante


"Pertanto, a parte il potere di rinnovare il procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 119 del medesimo testo unico, nel caso di richiesta dell'interessato l'amministrazione sarà comunque tenuta a valutare la eventuale domanda di corresponsione del risarcimento del danno tenendo conto del fatto che la mancata prestazione dell'attività lavorativa è risultata comunque la conseguenza di un fatto giustificativo dell'esercizio del potere disciplinare, anche se nella specie è stato esercitato in violazione del principio di proporzionalità."
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Re: Destituzione dall'impiego.

Messaggio da naturopata »

andrea666 ha scritto: sab dic 01, 2018 7:45 pm destituire per una cosa del genere, se era una prima mancanza ...davvero esagerato.
fra l'altro nonostante abbia vinto l'Amm.ne potrebbe risanzionarlo sebbene Lui potrà richiedere i danni . interessante


"Pertanto, a parte il potere di rinnovare il procedimento disciplinare ai sensi dell'art. 119 del medesimo testo unico, nel caso di richiesta dell'interessato l'amministrazione sarà comunque tenuta a valutare la eventuale domanda di corresponsione del risarcimento del danno tenendo conto del fatto che la mancata prestazione dell'attività lavorativa è risultata comunque la conseguenza di un fatto giustificativo dell'esercizio del potere disciplinare, anche se nella specie è stato esercitato in violazione del principio di proporzionalità."
Il collega è stato solo fortunato, perché far finta di non riconoscere la moglie quando beccata, può si significare che aveva paura di avere dei problemi col lavoro, ma anche che sapeva e ha dovuto fare orecchie da mercante. Il suo comportamento non è stato cristallina, bisognerebbe vedere le carte.

Sull' interessante mica tanto, difatti il risarcimento del danno arriverebbe sempre al TAR/CDS che ha già rassicurato l'Amministrazione nell'affermare che l'accusa sarebbe giustificata dall'esercizio del potere disciplinare e quindi gli spetterà, al massimo lo stipendio, anzi, di solito lo decurtano del 50% (tipo assegno alimentare) perché, comunque non hai lavorato.
andrea666
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Re: Destituzione dall'impiego.

Messaggio da andrea666 »

certo naturopata, le carte vanno sempre viste bene questo è verohai ragione .. in particolare in queste situazioni e ne so qualcosa.
Ed è anche assolutamente corretto leggendo attentamente la sentenza quanto dici circa l'eventuale richiesta risarcimento danni.

solo, sempre come detto, non conoscendo ne trascorsi del collega ne altro per quanto disdicibile il negare di conoscere la moglie ma senza alcun tipo di rilievo penale la destituzione forse poteva definirsi con una sanzione magari un gradino inferiore, sempre devastante ma non definitiva per la vita professionale.
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Re: Destituzione dall'impiego.

Messaggio da charry_red_wine »

Scusate sono nuovissimo..non so se è la sezione. Giusta ma leggo leggo e non trovo risposta.. ma quando si parla di destituzione o di perdita del grado per motivi disciplinari (con transito nei ruoli esercito come militare di truppa) si intende che si diventa soldati semplici ? Con conseguente stipendio da soldato semplice?
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Re: Destituzione dall'impiego.

Messaggio da avt8 »

No se hai la rimozione dal grado passi come impiegato alla Banca d'Italia-
ma dove le leggi queste cose su topolino ? famm u piacer accatt nu libr e studia nu poco :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:
naturopata
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Re: Destituzione dall'impiego.

Messaggio da naturopata »

charry_red_wine ha scritto: dom dic 09, 2018 5:31 pm Scusate sono nuovissimo..non so se è la sezione. Giusta ma leggo leggo e non trovo risposta.. ma quando si parla di destituzione o di perdita del grado per motivi disciplinari (con transito nei ruoli esercito come militare di truppa) si intende che si diventa soldati semplici ? Con conseguente stipendio da soldato semplice?
Pubblicato il 06/12/2018
N. 06909/2018REG.PROV.COLL.
N. 08709/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8709 del 2017, proposto dal Ministero della difesa - Direzione generale per il personale militare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Nicolò Mastropasqua, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Piero Lorusso in Roma, largo Messico, 7;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sez. I, 19 ottobre 2017, n. 1080.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 novembre 2018 il consigliere Giuseppe Castiglia;
Uditi per le parti l’avvocato dello Stato Greco e l’avvocato Silvestri su delega dell’avvocato Mastropasqua;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Il signor -OMISSIS- era vice brigadiere della Guardia di finanza in servizio al posto di polizia di frontiera aerea dell’aeroporto di Bari - Palese.
2. In data 29 maggio 2016 due cittadine rumene hanno denunziato che, in occasione di un controllo valutario a cui erano state sottoposte, sarebbero state loro sottratte somme di denaro.
3. Il signor -OMISSIS- è stato identificato come responsabile del fatto, denunciato per furto, sottoposto agli arresti domiciliari, sospeso dal servizio prima dal giudice penale, indi dalla P.A. in via obbligatoria, e poi, dopo la revoca della misura cautelare, dalla stessa P.A. in via discrezionale. Nel convalidare l’arresto eseguito in flagranza di reato, il G.I.P. presso il Tribunale di Bari ha riqualificato il fatto come peculato.
4. Con determinazione del 9 febbraio 2017, il Comandante interregionale della Guardia di finanza ha disposto a carico del militare - ai sensi dell’art. 867, comma 5, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell’ordinamento militare: d’ora in poi: c.o.m.) - la perdita del grado per rimozione e l’iscrizione d'ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell'Esercito Italiano, senza alcun grado, a decorrere dal 29 maggio 2016.
5. Il signor -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento con ricorso n.r.g. 325/2017, formulando assieme una domanda cautelare, che il T.A.R. per la Puglia, sez. I, ha rigettato con ordinanza 25 maggio 2017, n. 210, per mancanza del requisito del fumus.
6. Con istanza del 15 giugno 2017, il signor -OMISSIS- ha chiesto, fatti salvi gli effetti del giudizio pendente, di essere immesso in s.p.e. nell’Esercito conservando l’anzianità maturata.
7. Con nota dell’8 agosto 2017 l’Amministrazione della difesa ha respinto l’istanza.
8. Il signor -OMISSIS- ha proposto un ulteriore ricorso (n.r.g. 1022/2017) accompagnato da domanda cautelare, chiedendo l’annullamento della nota, il riconoscimento del suo diritto a essere iscritto in s.p.e. e il risarcimento del danno.
9. Con sentenza in forma semplificata 19 ottobre 2017, n. 1080, il T.A.R. per la Puglia, sez. I, ha definito l’incidente cautelare nel merito, accogliendo il ricorso e condannando l’Amministrazione a versare al ricorrente vittorioso le differenze retributive non corrisposte, con rivalutazione e interessi, nonché al pagamento delle spese di giudizio.
10. Il Tribunale regionale ha ritenuto che la perdita del grado non comporterebbe il venir meno dello status di militare e non determinerebbe la cessazione del rapporto di pubblico impiego, dal che discenderebbe l’obbligo dell’iscrizione d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa, senza alcun grado. Limitandosi a richiamare astrattamente la disciplina dell’arruolamento, il provvedimento impugnato sarebbe viziato da difetto di motivazione, palese illogicità e ingiustizia manifesta.
11. L’Amministrazione della difesa ha interposto appello avverso la sentenza, della quale ha anche chiesto la sospensione dell’efficacia esecutiva, sostenendo anzitutto che il T.A.R. avrebbe omesso di riunire i due ricorsi pendenti a norma dell’art. 70 c.p.a.
12. Nel merito, il primo giudice avrebbe trascurato che, secondo l’art. 923 c.o.m., la perdita del grado comporta la cessazione del rapporto di impiego militare. Ai sensi degli artt. 2141 e 627 c.o.m., gli appartenenti alla Guardia di finanza che abbiano perso il grado dovrebbero intendersi:
- iscritti d’ufficio nei ruoli dei militari di truppa;
- iscritti in tali ruoli come militari di leva (eventualmente in congedo assoluto come l’appellato, per decorso dei limiti di età), dal momento che tutte le altre tipologie di militari di truppa presupporrebbero l’arruolamento conseguente a domanda e al possesso di particolari requisiti, di cui l’appellato sarebbe privo;
- comunque non inquadrati nella categoria dei militari in s.p.e., nella quale rientrerebbero solo le figure professionali previste dall’art. 876 c.o.m.
13. In conclusione ha chiesto anche la condanna di controparte al pagamento delle spese del doppio grado e la condanna per lite temeraria.
14. L’originario ricorrente si è costituito in giudizio per resistere all’appello insistendo sulla distinzione, propria del c.p.m.p., tra le pene accessorie della rimozione e della destituzione, sostenendo che il militare rimosso, diversamente dal degradato, manterrebbe il proprio status e opponendosi all’accoglimento della domanda cautelare per il danno gravissimo e irreparabile che ne seguirebbe per sé e la famiglia.
15. Con ordinanza 19 gennaio 2018, n. 215, la Sezione ha accolto la domanda cautelare dell’Amministrazione, sospendendo l’efficacia esecutiva della sentenza impugnata e condannando l’appellato al pagamento delle spese della fase processuale.
16. Il signor -OMISSIS- ha depositato una memoria.
17. All’udienza pubblica del 29 novembre 2018, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
18. In via preliminare, il Collegio osserva che, al di là dei rilievi svolti dall’Amministrazione circa la reciproca implicazione dei due giudizi, la mancata riunione in primo grado dei ricorsi n.r.g. 325/2017 e n.r.g. 1022/2017 è irrilevante e non è comunque viziante, posto che secondo la giurisprudenza costante e non contestata la riunione ex art. 70 c.p.a., diversamente da quella ex art. 96, comma 1, c.p.a., attiene a una scelta del giudice del tutto facoltativa e discrezionale (da ultimo Cons. Stato, sez. III, 3 agosto 2016, n. 3518; sez. V, 21 maggio 2018, n. 3031).
19. Nel merito, l’appello è fondato.
19.1. Nonostante le considerazioni spese nella memoria conclusionale dell’appellato, il Collegio non scorge ragioni per discostarsi da quanto motivatamente deciso con l’ordinanza cautelare n. 215/2018 e cioè - per riportarne il testo - che:
<<a) la sentenza impugnata sembra trascurare il disposto dell’art. 923 c.o.m., secondo il quale la perdita del grado comporta la cessazione del rapporto di impiego del militare;
b) come ha affermato la Sezione - con affermazione di valenza generale, che va oltre la specificità del caso deciso - “la perdita del grado, quale che ne sia la ragione …, comporta sempre la cessazione dal servizio permanente effettivo. Vi è dunque una ontologica incompatibilità tra perdita del grado e possibilità di permanere in servizio permanente effettivo” (sentenza 30 luglio 2012, n. 4292)”>>.
Ciò, anche sulla scia del parere n. 128/2017, reso dalla sezione III di questo Consiglio di Stato.
19.2. La sentenza n. 4292/2012 (come ancor prima il parere n. 128/2017) giunge a enunziare questo principio (valido sia per la permanenza che per il transito in s.p.e.) all’esito di un articolato percorso argomentativo, nel quale non si sottrae all’onere di esaminare anche le disposizioni del c.p.m.p. ora evocate dall’appellato. A tali precedenti il Collegio intende integralmente richiamarsi anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a.
19.3. Per giungere a una diversa conclusione e affermare che il rapporto di impiego con l’Esercito sarebbe “la naturale prosecuzione” di quello intercorso con la Guardia di finanza, il privato obietta che l’art. 923, comma 3, c.o.m. richiede che il provvedimento di cessazione dal servizio sia adottato con decreto ministeriale, che nella specie mancherebbe.
19.4. Così argomentando, trascura tuttavia:
- l’art. 2135 c.o.m., secondo il quale “per il Corpo della Guardia di finanza restano ferme le competenze del Comandante generale in materia di adozione degli atti e provvedimenti di gestione del personale, in applicazione del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”;
- la determinazione del Comandante generale della Guardia di finanza n. 98635/08 del 26 marzo 2008, concernente delega di funzioni, menzionata espressamente dalla determinazione del Comandante interregionale della Guardia di finanza in data 9 febbraio 2017, che ha disposto la perdita del grado per rimozione in danno dell’appellato.
19.5. Nulla impedisce dunque di qualificare tale ultima determinazione, adottata dall’organo competente, come causa di cessazione del rapporto di impiego a norma dell’art. 923 c.o.m.
19.6. Sulla base delle premesse, il provvedimento impugnato in questa sede - diversamente da quanto ha ritenuto il Tribunale territoriale - appare sinteticamente ma compiutamente motivato, nella parte in cui richiama come fatto impeditivo dell’accoglimento dell’istanza di immissione in s.p.e., da un lato, l’avvenuta perdita del grado per rimozione da parte dell’istante a seguito di procedimento disciplinare di stato, dall’altro, le procedure previste per l’arruolamento nelle Forze armate.
20. Dalle considerazioni che precedono discende che - come anticipato - l’appello è fondato e va pertanto accolto, con riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
21. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la regola della soccombenza, secondo la legge, e sono liquidate in dispositivo.
22. Apprezzate le circostanze, il Collegio non riscontra i presupposti per la condanna per lite temeraria dell’appellato che, sia pure senza fondamento, ha prospettato una diversa ricostruzione del quadro normativo vigente.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida nell’importo di euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, incarica la segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte privata.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 novembre 2018 con l'intervento dei magistrati:
Raffaele Greco, Presidente FF
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
Luca Lamberti, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppe Castiglia Raffaele Greco





IL SEGRETARIO
charry_red_wine
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Re: Destituzione dall'impiego.

Messaggio da charry_red_wine »

avt8 ha scritto: dom dic 09, 2018 8:54 pm No se hai la rimozione dal grado passi come impiegato alla Banca d'Italia-
ma dove le leggi queste cose su topolino ? famm u piacer accatt nu libr e studia nu poco :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen: :mrgreen:
Avt8 scusa ..capisco che sei un esperto ..pero' cortesemente se puoi evitare battute ..purtroppo ad oggi non ho mai avuto necessita' di approfondire il tema delle sanzioni di stato anche perche' ho 21 anni di servizio immacolati e mea culpa e' vero.. avrei dovuto leggere..cosa che sto facendo ora
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Re: Destituzione dall'impiego.

Messaggio da charry_red_wine »

naturopata ha scritto: dom dic 09, 2018 9:04 pm
charry_red_wine ha scritto: dom dic 09, 2018 5:31 pm Scusate sono nuovissimo..non so se è la sezione. Giusta ma leggo leggo e non trovo risposta.. ma quando si parla di destituzione o di perdita del grado per motivi disciplinari (con transito nei ruoli esercito come militare di truppa) si intende che si diventa soldati semplici ? Con conseguente stipendio da soldato semplice?
Pubblicato il 06/12/2018
N. 06909/2018REG.PROV.COLL.
N. 08709/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8709 del 2017, proposto dal Ministero della difesa - Direzione generale per il personale militare, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
il signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avvocato Nicolò Mastropasqua, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio Piero Lorusso in Roma, largo Messico, 7;
per la riforma
della sentenza breve del Tribunale amministrativo regionale per la Puglia, sez. I, 19 ottobre 2017, n. 1080.

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del signor -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 29 novembre 2018 il consigliere Giuseppe Castiglia;
Uditi per le parti l’avvocato dello Stato Greco e l’avvocato Silvestri su delega dell’avvocato Mastropasqua;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
1. Il signor -OMISSIS- era vice brigadiere della Guardia di finanza in servizio al posto di polizia di frontiera aerea dell’aeroporto di Bari - Palese.
2. In data 29 maggio 2016 due cittadine rumene hanno denunziato che, in occasione di un controllo valutario a cui erano state sottoposte, sarebbero state loro sottratte somme di denaro.
3. Il signor -OMISSIS- è stato identificato come responsabile del fatto, denunciato per furto, sottoposto agli arresti domiciliari, sospeso dal servizio prima dal giudice penale, indi dalla P.A. in via obbligatoria, e poi, dopo la revoca della misura cautelare, dalla stessa P.A. in via discrezionale. Nel convalidare l’arresto eseguito in flagranza di reato, il G.I.P. presso il Tribunale di Bari ha riqualificato il fatto come peculato.
4. Con determinazione del 9 febbraio 2017, il Comandante interregionale della Guardia di finanza ha disposto a carico del militare - ai sensi dell’art. 867, comma 5, del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (codice dell’ordinamento militare: d’ora in poi: c.o.m.) - la perdita del grado per rimozione e l’iscrizione d'ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell'Esercito Italiano, senza alcun grado, a decorrere dal 29 maggio 2016.
5. Il signor -OMISSIS- ha impugnato il provvedimento con ricorso n.r.g. 325/2017, formulando assieme una domanda cautelare, che il T.A.R. per la Puglia, sez. I, ha rigettato con ordinanza 25 maggio 2017, n. 210, per mancanza del requisito del fumus.
6. Con istanza del 15 giugno 2017, il signor -OMISSIS- ha chiesto, fatti salvi gli effetti del giudizio pendente, di essere immesso in s.p.e. nell’Esercito conservando l’anzianità maturata.
7. Con nota dell’8 agosto 2017 l’Amministrazione della difesa ha respinto l’istanza.
8. Il signor -OMISSIS- ha proposto un ulteriore ricorso (n.r.g. 1022/2017) accompagnato da domanda cautelare, chiedendo l’annullamento della nota, il riconoscimento del suo diritto a essere iscritto in s.p.e. e il risarcimento del danno.
9. Con sentenza in forma semplificata 19 ottobre 2017, n. 1080, il T.A.R. per la Puglia, sez. I, ha definito l’incidente cautelare nel merito, accogliendo il ricorso e condannando l’Amministrazione a versare al ricorrente vittorioso le differenze retributive non corrisposte, con rivalutazione e interessi, nonché al pagamento delle spese di giudizio.
10. Il Tribunale regionale ha ritenuto che la perdita del grado non comporterebbe il venir meno dello status di militare e non determinerebbe la cessazione del rapporto di pubblico impiego, dal che discenderebbe l’obbligo dell’iscrizione d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa, senza alcun grado. Limitandosi a richiamare astrattamente la disciplina dell’arruolamento, il provvedimento impugnato sarebbe viziato da difetto di motivazione, palese illogicità e ingiustizia manifesta.
11. L’Amministrazione della difesa ha interposto appello avverso la sentenza, della quale ha anche chiesto la sospensione dell’efficacia esecutiva, sostenendo anzitutto che il T.A.R. avrebbe omesso di riunire i due ricorsi pendenti a norma dell’art. 70 c.p.a.
12. Nel merito, il primo giudice avrebbe trascurato che, secondo l’art. 923 c.o.m., la perdita del grado comporta la cessazione del rapporto di impiego militare. Ai sensi degli artt. 2141 e 627 c.o.m., gli appartenenti alla Guardia di finanza che abbiano perso il grado dovrebbero intendersi:
- iscritti d’ufficio nei ruoli dei militari di truppa;
- iscritti in tali ruoli come militari di leva (eventualmente in congedo assoluto come l’appellato, per decorso dei limiti di età), dal momento che tutte le altre tipologie di militari di truppa presupporrebbero l’arruolamento conseguente a domanda e al possesso di particolari requisiti, di cui l’appellato sarebbe privo;
- comunque non inquadrati nella categoria dei militari in s.p.e., nella quale rientrerebbero solo le figure professionali previste dall’art. 876 c.o.m.
13. In conclusione ha chiesto anche la condanna di controparte al pagamento delle spese del doppio grado e la condanna per lite temeraria.
14. L’originario ricorrente si è costituito in giudizio per resistere all’appello insistendo sulla distinzione, propria del c.p.m.p., tra le pene accessorie della rimozione e della destituzione, sostenendo che il militare rimosso, diversamente dal degradato, manterrebbe il proprio status e opponendosi all’accoglimento della domanda cautelare per il danno gravissimo e irreparabile che ne seguirebbe per sé e la famiglia.
15. Con ordinanza 19 gennaio 2018, n. 215, la Sezione ha accolto la domanda cautelare dell’Amministrazione, sospendendo l’efficacia esecutiva della sentenza impugnata e condannando l’appellato al pagamento delle spese della fase processuale.
16. Il signor -OMISSIS- ha depositato una memoria.
17. All’udienza pubblica del 29 novembre 2018, l’appello è stato chiamato e trattenuto in decisione.
18. In via preliminare, il Collegio osserva che, al di là dei rilievi svolti dall’Amministrazione circa la reciproca implicazione dei due giudizi, la mancata riunione in primo grado dei ricorsi n.r.g. 325/2017 e n.r.g. 1022/2017 è irrilevante e non è comunque viziante, posto che secondo la giurisprudenza costante e non contestata la riunione ex art. 70 c.p.a., diversamente da quella ex art. 96, comma 1, c.p.a., attiene a una scelta del giudice del tutto facoltativa e discrezionale (da ultimo Cons. Stato, sez. III, 3 agosto 2016, n. 3518; sez. V, 21 maggio 2018, n. 3031).
19. Nel merito, l’appello è fondato.
19.1. Nonostante le considerazioni spese nella memoria conclusionale dell’appellato, il Collegio non scorge ragioni per discostarsi da quanto motivatamente deciso con l’ordinanza cautelare n. 215/2018 e cioè - per riportarne il testo - che:
<<a) la sentenza impugnata sembra trascurare il disposto dell’art. 923 c.o.m., secondo il quale la perdita del grado comporta la cessazione del rapporto di impiego del militare;
b) come ha affermato la Sezione - con affermazione di valenza generale, che va oltre la specificità del caso deciso - “la perdita del grado, quale che ne sia la ragione …, comporta sempre la cessazione dal servizio permanente effettivo. Vi è dunque una ontologica incompatibilità tra perdita del grado e possibilità di permanere in servizio permanente effettivo” (sentenza 30 luglio 2012, n. 4292)”>>.
Ciò, anche sulla scia del parere n. 128/2017, reso dalla sezione III di questo Consiglio di Stato.
19.2. La sentenza n. 4292/2012 (come ancor prima il parere n. 128/2017) giunge a enunziare questo principio (valido sia per la permanenza che per il transito in s.p.e.) all’esito di un articolato percorso argomentativo, nel quale non si sottrae all’onere di esaminare anche le disposizioni del c.p.m.p. ora evocate dall’appellato. A tali precedenti il Collegio intende integralmente richiamarsi anche ai sensi e per gli effetti dell’art. 88, comma 2, lett. d), c.p.a.
19.3. Per giungere a una diversa conclusione e affermare che il rapporto di impiego con l’Esercito sarebbe “la naturale prosecuzione” di quello intercorso con la Guardia di finanza, il privato obietta che l’art. 923, comma 3, c.o.m. richiede che il provvedimento di cessazione dal servizio sia adottato con decreto ministeriale, che nella specie mancherebbe.
19.4. Così argomentando, trascura tuttavia:
- l’art. 2135 c.o.m., secondo il quale “per il Corpo della Guardia di finanza restano ferme le competenze del Comandante generale in materia di adozione degli atti e provvedimenti di gestione del personale, in applicazione del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165”;
- la determinazione del Comandante generale della Guardia di finanza n. 98635/08 del 26 marzo 2008, concernente delega di funzioni, menzionata espressamente dalla determinazione del Comandante interregionale della Guardia di finanza in data 9 febbraio 2017, che ha disposto la perdita del grado per rimozione in danno dell’appellato.
19.5. Nulla impedisce dunque di qualificare tale ultima determinazione, adottata dall’organo competente, come causa di cessazione del rapporto di impiego a norma dell’art. 923 c.o.m.
19.6. Sulla base delle premesse, il provvedimento impugnato in questa sede - diversamente da quanto ha ritenuto il Tribunale territoriale - appare sinteticamente ma compiutamente motivato, nella parte in cui richiama come fatto impeditivo dell’accoglimento dell’istanza di immissione in s.p.e., da un lato, l’avvenuta perdita del grado per rimozione da parte dell’istante a seguito di procedimento disciplinare di stato, dall’altro, le procedure previste per l’arruolamento nelle Forze armate.
20. Dalle considerazioni che precedono discende che - come anticipato - l’appello è fondato e va pertanto accolto, con riforma della sentenza impugnata e reiezione del ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
21. Le spese del doppio grado di giudizio seguono la regola della soccombenza, secondo la legge, e sono liquidate in dispositivo.
22. Apprezzate le circostanze, il Collegio non riscontra i presupposti per la condanna per lite temeraria dell’appellato che, sia pure senza fondamento, ha prospettato una diversa ricostruzione del quadro normativo vigente.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado.
Condanna la parte soccombente al pagamento delle spese del doppio grado di giudizio, che liquida nell’importo di euro 4.000,00 (quattromila/00), oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, incarica la segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare la parte privata.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 29 novembre 2018 con l'intervento dei magistrati:
Raffaele Greco, Presidente FF
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
Luca Lamberti, Consigliere
Nicola D'Angelo, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppe Castiglia Raffaele Greco





IL SEGRETARIO
Questo riguarda nello specifico gli appartenenti alla gdf.. per le categorie di cui all 876 c.o.m. e' uguale? O vige anche per queste la cessazione definitiva di cui al 923? E che senso ha allora iscrivere un militare nei ruoli di truppa senza grado se poi di fatto cessa l'impiego?
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Re: Destituzione dall'impiego.

Messaggio da naturopata »

Questo riguarda nello specifico gli appartenenti alla gdf.. per le categorie di cui all 876 c.o.m. e' uguale? O vige anche per queste la cessazione definitiva di cui al 923? E che senso ha allora iscrivere un militare nei ruoli di truppa senza grado se poi di fatto cessa l'impiego?
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Esatto, è inutile girarci intorno, ma c'è un chiarissimo vuoto normativo e i giudici d'appello richiamano articoli e sentenze assolutamente non attinenti al caso e pompano con le spese per scoraggiare altri ricorsi. Un collega ha fatto la stessa cosa, ora si attende il diniego, fondato certamente su questa sentenza e secondo me si può articolare un ricorso molto più stringente proprio sulle motivazioni del Consiglio di Stato, fermo restando che con sentenze positive salta la baracca, ma un giudice non può sostituirsi al legislatore e rimediare secondo un proprio parametro di giustizia, seppur condivisibile.
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