Destituzione dall'Arma

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andrea666
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Re: Destituzione dall'Arma

Messaggio da andrea666 »

il mio caso è come sopra esattamente, e intanto grazie per l'attenzione, purtroppo come sai piccolissimi dettagli nel caso qua fanno un enorme differenza.


andrea666
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Re: Destituzione dall'Arma

Messaggio da andrea666 »

naturopata ha scritto: sab dic 01, 2018 11:44 am
andrea666 ha scritto: ven nov 30, 2018 12:09 pm
quintostar ha scritto: lun apr 23, 2018 1:22 pm Esatto,se il procedimento disciplinare è stato aperto successivamente alla riforma ,non si perde la pensione è ovvio ....per quanto riguarda i decreti al più presto li pubblicò ,ma basta guardare nel forum perdita del grado e pensioni ci sono sentenze della corte dei conti pubblicate ok
quintostar, naturopata avt8 e a tutti... è sicuro quanto sopra?. intendo se:
1- proc pen termina senza pena accessoria o sanzione che prevede la perdita del posto di lavoro risoluzione impiego etc..
2- se proc disciplinare non è mai stato aperto e nelle more il dipendente viene riformato.
3- se il dipendente si trova non sospeso cautelativamente all'atto della riforma ma in servizio dopo rientro anche dopo i 5 anni e comunque dopo un periodo di sospensione.
4- se lo stesso proc. disciplinare pertanto viene aperto quando il dipendente non è più in servizio per inidoneità.

Ammesso quanto sopra si può affermare che quand'anche retroattiva la eventuale destituzione non influirebbe sulla pensione per riforma inidoneità?
naturopata , Forse non sono stato chiaro io, i 4 punti di cui sopra fanno parte di un 'unica situazione in ordine cronologico:
- apertura proc pen e sospensione cautelare
- rientro in servizio effettivo
- successiva inidoneità dopo il rientro in costanza di servizio
- termine del proc pen senza sanzione della perdita grado posto di lavoro
- apertura solo a quel punto di proc. diciplinare e dunque dopo la riforma
- definizione disciplinare con destituzione.

Da qui la mia richiesta in seguito anche a quanto postato da quintostar.

detto questo difatti, da sentenze della corte dei conti, soprattutto inerenti Gdf e CC sembrerebbe che la eventuale destituzione sebbene e quand'anche fosse EX TUNC per quanto riguarda posizione di lavoro intesa come regolare rapporto lavorativo, anzianità, periodi di sospensione etc.. non abbia invece effetto circa la pensione ormai acquisita.
panorama
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Re: Destituzione dall'Arma

Messaggio da panorama »

perso

1) - avendo per ragione del proprio ufficio la disponibilità di un portafogli oggetto di smarrimento, consegnatogli da un cittadino che lo aveva rinvenuto, si appropriava di 4 banconote da € 50,00 ciascuna, ivi contenute.
- Successivamente, al fine di assicurarsi l'impunità, alterava il “verbale di rinvenimento”, da lui redatto precedentemente, modificando il numero delle banconote realmente contenute nel medesimo.
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PARERE DEFINITIVO sede di CONSIGLIO DI STATO, sezione SEZIONE 1, numero provv.: 201901065

Numero 01065/2019 e data 05/04/2019 Spedizione

REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 30 gennaio 2019


NUMERO AFFARE 01030/2017

OGGETTO:
Ministero della difesa, Direzione Generale per il personale militare.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto da -OMISSIS-, contro Ministero della difesa, Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, avverso la determinazione m_d gmil reg2019 0356574 del 17 maggio 2016 concernente la sanzione disciplinare di perdita del grado per rimozione;

LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione della relazione n. 340361 del 31 maggio 2015, con cui il Ministero della difesa, Direzione Generale per il personale militare ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Paolo Tronca;


Premesso e considerato.

1.) Con il ricorso in esame, l’Appuntato Scelto dei Carabinieri -OMISSIS- impugna la determina della Direzione Generale per il personale militare del 17 maggio 2016 con cui veniva disposta la sanzione della “perdita del grado a seguito di rimozione per motivi disciplinari”.

Il militare, all’epoca dei fatti in servizio presso la Stazione Carabinieri di -OMISSIS- avendo per ragione del proprio ufficio la disponibilità di un portafogli oggetto di smarrimento, consegnatogli da un cittadino che lo aveva rinvenuto, si appropriava di 4 banconote da € 50,00 ciascuna, ivi contenute. Successivamente, al fine di assicurarsi l'impunità, alterava il “verbale di rinvenimento”, da lui redatto precedentemente, modificando il numero delle banconote realmente contenute nel medesimo.

Per tale condotta il Giudice per l'Udienza Preliminare del Tribunale di -OMISSIS-, con sentenza n. …./15 del 14 dicembre 2015, applicava nei confronti del militare, ex articolo 444 c.p.p., la pena sospesa di anni 2 (due) di reclusione, in ordine ai reati di peculato e falsità materiale commessa dal pubblico ufficiale, aggravata.

2.) Il ricorrente eccepisce:

I.) Incompetenza, violazione e falsa applicazione degli artt. 1389 e 1392, commi 1 e 3, del codice dell'ordinamento militare (d. lgs n. 66/2010), violazione dei termini di avvio e conclusione dell'azione disciplinare, carenza di potere ed inesistenza dell'atto amministrativo ai sensi dell'art. 21 septies legge 241/90, violazione dei termini di svolgimento dell'inchiesta, violazione del principio di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost., contraddittorietà manifesta, violazione e falsa applicazione dell'art. 923, commi 1 e 4, codice dell'ordinamento militare, difetto di competenza in ordine all'adozione del provvedimento nei confronti del ricorrente, nullità del provvedimento per difetto assoluto di attribuzione ai sensi dell'art. 21 septies della l. n. 241/90, violazione e falsa applicazione dell'art. 1378, comma i lettera i) del codice dell'ordinamento militare, violazione delle norme attributive di competenza territoriale in ordine all'espletamento del procedimento disciplinare nei confronti del ricorrente.

II.) Violazione e falsa applicazione di legge con riferimento agli artt. 861, comma primo, lettera d), 867, comma quinto, 1355 e 1370 del codice dell'ordinamento militare, violazione di legge con riferimento agli artt. 24, 25 27, 97 e 111 Cost., nonché all'art. 3 della l. n. 241 del 1990, eccesso di potere, difetto assoluto di presupposti, difetto assoluto di motivazione, difetto assoluto di istruttoria, falsa rappresentazione di realtà, omessa valutazione autonoma dei fatti costituenti presupposto dell'azione disciplinare, violazione del principio di imparzialità e buon andamento di cui all'art. 97 Cost., difetto di istruttoria e travisamento dei fatti, omissione del necessario giudizio di proporzionalità tra fatti addebitati, stato di servizio e caratteristiche soggettive dell'incolpato, e sanzione applicata, manifesta abnormità della decisione amministrativa, sviamento di potere, mancata valutazione di circostanze essenziali, carenza di presupposti, manifesta sproporzionalità, contraddittorietà e illogicità, eccesso di potere per ingiustizia grave e manifesta.

3.) L’Amministrazione eccepisce l’infondatezza del ricorso.

4.) La Sezione, in condivisione con quanto espresso dall’Amministrazione, ritiene il ricorso infondato.

In primo luogo non sussiste il lamentato profilo della incompetenza del Direttore Generale per il personale militare ad adottare provvedimenti disciplinari tenuto conto che il Ministro della difesa pro tempore con decreto del 18 marzo 2014, richiamato nel provvedimento impugnato, conferiva la delega per l’adozione dei provvedimenti e degli atti in materia di sanzioni disciplinari di stato di competenza dello stesso Ministro della difesa.

Per quanto attiene al termine di 270 giorni di cui all'articolo 1392 del d. lgs. n. 66/2010 (Codice dell'ordinamento militare), entro cui deve concludersi il procedimento disciplinare avviato a seguito di giudizio penale, questo risulta rispettato.

Per la contestata eccessiva severità della sanzione, il provvedimento sanzionatorio risulta immune da evidenti sintomi di abnormità e, pertanto, non può dirsi violato il canone della proporzionalità dell’azione amministrativa né, secondo la definizione del Consiglio di Stato, il cosiddetto "gradualismo sanzionatorio".

Circa l’asserito difetto di motivazione, si rileva che il dispositivo del provvedimento impugnato dà pienamente contezza delle ragioni che hanno indotto l'Amministrazione ad adottare il provvedimento impugnato.

Pertanto, poiché alla stregua della consolidata giurisprudenza amministrativa, che questa Sezione condivide, “la valutazione in ordine alla gravità dei fatti addebitati in relazione all'applicazione di una sanzione disciplinare, costituisce espressione di discrezionalità amministrativa, non sindacabile in via generale dal giudice della legittimità, salvo che in ipotesi di eccesso di potere” (ex multis Cons. Stato, sez. VI, 20 aprile 2017, n. 1858) e considerato che nella fattispecie non si riscontra alcuno dei vizi denunciati dal ricorrente, il ricorso deve essere respinto.

P.Q.M.

la Sezione esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.

Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1, del d. lgs. 30 giugno 2003, n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità, nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare le parti del ricorso.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Paolo Tronca Gabriele Carlotti




IL SEGRETARIO
Maria Cristina Manuppelli



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
Mitch75

Re: Destituzione dall'Arma

Messaggio da Mitch75 »

Buongiorno cari colleghi.

Desideravo avere un'informazione laddove fosse possibile. Dopo un anno di aspettativa da malattia (emessa dalla C.M.O. di Milano), a seguito di gravi crisi depressive sono stato dichiarato inabile al servizio in data 22.01.2019. Nel lasso temporale in cui ero in malattia è stato aperto nei confronti dello scrivente un procedimento disciplinare di stato. Lo stesso si è concluso in data 29.04.2019 con la "perdita del grado per motivi disciplinari".
Premesso che stiamo proponendo ricorso contro tale tipo di provvedimento, mi chiedo, lo stesso mi impedirà di percepire quel minimo di pensione spettante?


Grazie a tutti per le risposte e buona continuazione di giornata.
andrea666
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Re: Destituzione dall'Arma

Messaggio da andrea666 »

dovresti essere più chiaro, in attesa di quelli bravi, se ti hanno aperto procedimento disciplinare successivamente al pensionamento , per quanto potranno provare a bloccarti la pensione, ne hai diritto.

se era pendente proc. disciplinare all'epoca del pensionamento e contestualmente eri stato sospeso ma anche senza sospensione .-come il tuo caso- credo di poter dire che sì, pensione di inabilità a rischio. Attendiamo altri pareri però
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Re: Destituzione dall'Arma

Messaggio da trasmarterzo »

Il collega ha scritto....a seguito di gravi crisi depressive sono stato dichiarato inabile al servizio in data 22.01.2019

Insomma è opportuno evidenziare, a mio avviso, che il forte stato depressivo possa avere avuto un ruolo determinante (causa e/o concausa) circa il comportamento tenuto in servizio che ha portato alla sanzione disciplinare con la perdita del grado, insomma la depressione è una malattia tremenda che disorienta la persona nel contesto.
Buona giornata.
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Re: Destituzione dall'Arma

Messaggio da andrea666 »

non abbiamo idea di motivi per il quale è stato aperto proc disciplinare e comunque è un'altra storia entrare nel merito della destituzione rispetto a quanto richiesto dal collega.

Io non entro nel merito della malattia del collega al quale auguro ogni bene, ma dal punto di vista giuridico/tecnico se, il procedimento è stato innescato prima del pensionamento il 2motivo2 della cessazione dal servizio diventerebbe destituzione e non il pensionamento per inabilità etc.

Io trovo discutibile questo ma sembra ad oggi che sia così.
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Re: Destituzione dall'Arma

Messaggio da naturopata »

Fermo restando i dovuti chiarimenti del collega, le gravi crisi depressive se sono susseguenti ai fatti che hanno portato alla destituzione dal servizio (vedi procedimenti penali), hanno ben poco a che fare con il servizio, ovvero non è il servizio che ha portato alle crisi depressive, quindi alla convalescenza e alla riforma, ma gli eventuali procedimenti penali, hanno portato a crisi depressive, quindi alla convalescenza, alla riforma e alla destituzione dal servizio, nella speranza di salvare un minimo di pensione.
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Re: Destituzione dall'Arma

Messaggio da trasmarterzo »

Se invece il collega riesce a dimostrare che i sintomi della depressione (a causa o non causa del servizio prestato) sono antecedenti al procedimento penale e destituzione, "forse ha una scusante" che lo possa salvaguardare, cioè la depressione ha nocivamente influito sullo stato d'animo della persona...
Questo volevo dire!
naturopata
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Re: Destituzione dall'Arma

Messaggio da naturopata »

trasmarterzo ha scritto: mer mag 08, 2019 3:50 pm Se invece il collega riesce a dimostrare che i sintomi della depressione (a causa o non causa del servizio prestato) sono antecedenti al procedimento penale e destituzione, "forse ha una scusante" che lo possa salvaguardare, cioè la depressione ha nocivamente influito sullo stato d'animo della persona...
Questo volevo dire!
Purtroppo se hai questi tipi di problemi, avresti l'obbligo di comunicarlo ai tuoi superiori perché sei dotato d'arma d'ordinanza e per le casistiche penali ci sono scusanti "relative", solo con l'incapacità d'intendere e volere. Queste in diritto, possono essere accomunate alle cosiddette "prove diaboliche", ovvero impossibili.
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Re: Destituzione dall'Arma

Messaggio da andrea666 »

va beh, se il collega non specifica... scusate avete certezza del fatto che il diusciplinare sia collegato ad un proc penale??

Non è automatico, comunque il focus qui al dilà di causa di serivzio o meno ed eventuale ricorso verso il disciplinare ... sarebbe se ho inteso bene il collega il mantenimento dell'assegno pensionistico.
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Re: Destituzione dall'Arma

Messaggio da avt8 »

Il collega nel caso di destituzione con perdita del grado,nel caso di revoca della pensione per riforma, se ha una causa di servizio ascritta dalla 1^ alla 8 ^ categoria ha diritto alla pensione privilegiata in base alla categoria della patologia riconosciuta causa di servizio-
Questa nessuna la può togliere nemmeno l'ergastolo-
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Re: Destituzione dall'Arma

Messaggio da andrea666 »

certo Ciro, se però non c'è l'ha .. ahimè la 8A .. rimane la domanda circa l'eventuale perdita della pensione,

A mio avviso se aperto successivamente al pensionamento (il proc disciplin.) non tocca il pensionamento.
Se pendente all'atto del pensionamento e poi come dichiarato terminato con la destituzione , invece sì, travolge il diritto alla pensione di inabiità - (non vecchiaia o anzianità)
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Re: Destituzione dall'Arma

Messaggio da panorama »

perdita del grado e somme indebite. La CdC fa chiarezza.

Accolto.
---------------

Sezione SEZIONE GIURISDIZIONALE VENETO Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA
Anno 2019 Numero 83 Pubblicazione 13/06/2019

n. 83/2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Giurisdizionale per la Regione Veneto

GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
in composizione monocratica ai sensi dell’articolo 5 della legge 21.7.2000, n. 205, in persona del Cons. Maurizio Massa,
nella pubblica udienza del giorno 11-06-2019, ha pronunziato

SENTENZA

nel giudizio iscritto al n. 30803, del registro di segreteria, proposto con ricorso da M.M., nato a OMISSIS, rappresentato e difeso dall'Avv. Angelo Fiore TARTAGLIA elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma, Viale delle Medaglie d'Oro n.266, RICORRENTE

contro
il Ministero della Difesa,

contro
il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri,

contro
I.N.P.S., rappresentato e difeso dall’Avv. Filippo Doni, con il quale è elettivamente domiciliato presso l’Ufficio Legale INPS di Venezia, Dorsoduro 3500/d,

RESISTENTE

per riassunzione del giudizio deciso con sentenza n. 700/2018 della Corte dei Conti, II Sezione Giurisdizionale Centrale d'Appello, che annullava la sentenza di primo grado n. 231/2015 di questa Sezione, rinviando gli atti al Giudice di primo grado.

VISTO il codice di giustizia contabile, approvato con decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174; gli articoli 5 e 9 della legge 21.7.2000, n. 205.

ESAMINATI il ricorso e tutti gli altri documenti di causa;

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso presentato in data 10/03/2015 (giudizio n. 29950), il ricorrente contestava l'ingiunzione di pagamento n. 333 del 7.10.2014 emanata dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri — Centro Nazionale Amministrativo con la quale è stata richiesta al ricorrente la restituzione di euro 6.972,06 quali somme indebitamente percepite dal 17.02.2006 al 16.05.2006, a seguito di collocamento in congedo per perdita del grado.

Questa Sezione Giurisdizionale respingeva il ricorso con sentenza n. 231/2015, oggetto di impugnativa ed annullata con decisione n. 700/2018 della II Sezione Giurisdizionale Centrale d'Appello, che ha rinviato la causa a questa Sezione Giurisdizionale per la definizione del giudizio nel merito, nonché per la regolazione delle spese di lite.

La sentenza n. 700 del 2018 veniva depositata in segreteria il 18.12.2015 e la causa veniva riassunta con ricorso depositato il 18-03-2019, previa notifica dell’8-3-2019.

La difesa dell’I.N.P.S. (ex I.N.P.D.A.P.), con atto di costituzione in giudizio depositato il 31-05-2019, ha chiesto in via pregiudiziale di dichiarare il difetto di legittimazione passiva di I.N.P.S. quanto alle domante attoree riguardanti le tre mensilità stipendiali in corso di recupero da parte dell'ente datore di lavoro, per essere la relativa domanda da rivolgere esclusivamente nei confronti del predetto ente datore di lavoro;

preliminarmente di dichiarare l'inammissibilità delle domande pensionistiche tutte in quanto non precedute da apposita istanza amministrativa;

di dichiarare l'intervenuta decadenza delle domande pensionistiche tutte, ove la relativa domanda amministrativa risultasse essere stata presentata da oltre tre anni;

di dichiarare il difetto di interesse ad agire del ricorrente con riguardo al trattamento pensionistico ordinario provvisorio in corso di erogazione;
sempre preliminarmente di dichiarare la prescrizione dei diritti azionati e, con riguardo ai singoli ratei di trattamento asseritamente spettanti, dichiarare la prescrizione dei singoli ratei;

nel merito di rigettare le avverse domande, in quanto infondate in fatto ed in diritto per i motivi esposti, ovvero in quanto non provate.

nel merito, in via subordinata, nella denegata ipotesi di accoglimento dell'avverso ricorso, di ridurre la condanna per interessi e rivalutazione alla sola maggiore somma tra i due accessori, conformemente alla vigente legislazione ed alla costante giurisprudenza.

Spese, diritti ed onorari di causa integralmente rifusi, o, in caso di soccombenza, comunque compensati in considerazione della complessità del quadro amministrativo in evoluzione.

Il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri con memoria depositata l’8 aprile 2019, ha chiesto il rigetto del ricorso, in subordine ha eccepito la prescrizione quinquennale.

Nell’udienza, udite le parti presenti, come da verbale, la causa veniva posta in decisione.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Risulta dagli atti di causa che il ricorrente, militare in congedo, ha impugnato l'ingiunzione di pagamento n. 333 del 7.10.2014 emanata dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri — Centro Nazionale Amministrativo con la quale è stata richiesta al ricorrente la restituzione di Euro 6.972,06 quali somme indebitamente percepite dal 17.02.2006 al 16.05.2006, a seguito di collocamento in congedo per perdita del grado.

Questa Sezione Giurisdizionale respingeva il ricorso con sentenza n. 231/2015, oggetto di impugnativa ed annullata con decisione n. 700/2018 della II Sezione Giurisdizionale Centrale d'Appello, che ha rinviato la causa a questa Sezione Giurisdizionale per la definizione del giudizio nel merito, nonché per la regolazione delle spese di lite.

Questo Giudice ritiene applicabili al caso di specie gli art. 203, 204, 205 e 206 del T.U. 1092 del 29-12-1973.

In particolare ai sensi dell’art. 203, del T.U. 1092 del 29-12-1973: “Il provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza può essere revocato o modificato dall'ufficio che lo ha emesso, secondo le norme contenute negli articoli seguenti”.

Secondo l’art. 204, del T.U. 1092 del 29-12-1973:

“La revoca o la modifica di cui all'articolo precedente può aver luogo quando:

a) vi sia stato errore di fatto o sia stato omesso di tener conto di elementi risultanti dagli atti;

b) vi sia stato errore nel computo dei servizi o nel calcolo del contributo del riscatto, nel calcolo della pensione, assegno o indennità o nell'applicazione delle tabelle che stabiliscono le aliquote o l'ammontare della pensione, assegno o indennità;

c) siano stati rinvenuti documenti nuovi dopo l'emissione del provvedimento;

d) il provvedimento sia stato emesso in base a documenti riconosciuti o dichiarati falsi”.

Ai sensi dell’art. 205, del T.U. 1092 del 29-12-1973:

“La revoca e la modifica sono effettuate d'ufficio o a domanda dell'interessato.

Nei casi previsti nelle lett. a) e b) dell'art. 204 il provvedimento è revocato o modificato d'ufficio non oltre il termine di tre anni dalla data di registrazione del provvedimento stesso; nei casi di cui alle lett. c) e d) di detto articolo il termine è di sessanta giorni dal rinvenimento dei documenti nuovi dalla notizia della riconosciuta o dichiarata falsità dei documenti.

La domanda dell'interessato deve essere presentata, a pena di decadenza, entro i termini stabiliti dal comma precedente; nei casi previsti nelle lettere a) e b) dell'art. 204 il termine decorre dalla data in cui il provvedimento è stato comunicato all'interessato”.

Mentre ai sensi dell’art. 206, primo comma, del T.U. 1092 del 29-12-1973, “Nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento revocato o modificato, siano state riscosse rate di pensione o di assegno ovvero indennità, risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che la revoca o la modifica siano state disposte in seguito all'accertamento di fatto doloso dell'interessato”.

Quest’ultima disposizione deve essere integrata con l’art. 3 della legge 7 agosto 1985, n. 428 - Interpretazione autentica e integrazione dell'art. 206 del testo unico approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092-: “La norma contenuta nell'art. 206 del testo unico approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, deve intendersi applicabile nel caso in cui, verificandosi le condizioni stabilite negli articoli 204 e 205 dello stesso testo unico, il provvedimento definitivo di concessione e riliquidazione della pensione, assegno o indennità venga modificato o revocato con altro provvedimento formale soggetto a registrazione”.

Secondo principi di diritto enunciati dalle Sezioni riunite di questa Corte con sentenza n. 15/2011/QM del 21/11/2011 non esiste in capo all’amministrazione un generale potere di autoannullamento dei provvedimenti concessivi della pensione, in quanto la materia è espressamente regolata da disciplina speciale, contenuta (per quanto riguarda la pensionistica ordinaria) negli artt. 203 e sgg. del d.P.R. n. 1092/1973.

Tale normativa, ispirata ad un evidente favor nei confronti del pensionato, delinea un insieme compiuto e chiuso dei casi nei quali il provvedimento pensionistico può essere annullato d’ufficio, dovendosi ritenere che al di fuori di essi non sia consentita alcuna altra forma di autotutela.

Le ipotesi nelle quali la norma di cui all’art. 204 cit. ammette la revoca o la modifica dei provvedimenti definitivi di quiescenza, ponendosi come eccezioni rispetto al principio della immodificabilità della pensione, sono, per loro stessa natura, di stretta interpretazione (Corte dei conti, Sez. Sardegna del 23/11/2010 n. 821 e del 5/6/2013 n. 182; Corte dei conti, II Sez. Appello del 23/4/2018 n. 266).

Il trattamento pensionistico definitivo può essere modificato o revocato soltanto per le ipotesi tassative indicate negli artt. 204 e 205 del D.P.R. n. 1092/1973 (errore di fatto, di calcolo, etc.), con la conseguenza che ove vi sia un errore di diritto, l’Amministrazione non può fare uso del generale potere di revoca o annullamento consentito in via generale per gli atti amministrativi. L’errore di diritto non è previsto tra le ipotesi che legittimano la revoca o la modifica del trattamento definitivo di pensione e deve, di conseguenza, essere considerato immodificabile il trattamento pensionistico erogato al dipendente cessato dal servizio (Corte conti, III centrale n. 408 2015).

Secondo la Corte costituzionale, sentenza n. 208/2014:

“Non è fondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 204 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, impugnato, in riferimento agli artt. 3, 36, primo comma, 38, secondo comma, e 97 Cost., nella parte in cui non consente la revoca o la modifica del provvedimento definitivo di liquidazione del trattamento pensionistico anche nel caso di errore di diritto. Infatti, sussiste una sostanziale eterogeneità tra le ipotesi di errore di fatto e di calcolo, utilizzate impropriamente quale tertia comparationis, e l'ipotesi di errore di diritto, la cui percezione non gode della medesima immediatezza dei primi. Inoltre, l'esigenza di correggere l'errore di diritto è già sufficientemente garantita nella fase interinale del procedimento di liquidazione del trattamento pensionistico. Il correlativo interesse al rispetto della legittimità dell'azione amministrativa viene, invece, ragionevolmente sacrificato ai contrapposti valori di certezza del diritto e di tutela del legittimo affidamento in sede di liquidazione definitiva, dovendosi privilegiare l'interesse del pensionato alla stabilità del vitalizio percepito. Il legislatore ha così esercitato non irragionevolmente il proprio potere di scelta nel regolare la dialettica di interessi parimenti meritevoli di protezione”.

Nel caso in esame non ricorre alcuna delle ipotesi previste all’art. 204, del T.U. 1092 del 29-12-1973, per cui il primo provvedimento definitivo sul trattamento di quiescenza non poteva essere revocato o modificato dall'ufficio che lo ha emesso.

Pertanto la domanda formulata dal ricorrente con il ricorso in riassunzione deve essere accolta e va quindi dichiarato il diritto del ricorrente a trattene le somme richieste con l'ingiunzione di pagamento n. 333 del 7.10.2014.

Considerata la specifica richiesta di parte ricorrente, deve essere disposto in ordine alla liquidazione delle spese di lite.

In forza del principio della soccombenza si deve disporre la liquidazione delle spese di lite (comprensive del grado d’appello) nella misura indicata dal dispositivo.

In applicazione dell’art. 429 c.p.c., come modificato dall’art.53 del D.L. 25 giugno 2008 n. 112 convertito nella legge 6 agosto 2008 n.13 (cfr. art. 56 D.L. citato), nel caso in esame si rende necessaria la fissazione di un termine di 20 giorni per il deposito della sentenza comprensiva della motivazione. Ai sensi degli artt. 22 e 52 Dlgs 196/03 appare opportuno omettere le generalità e gli altri dati identificativi della parte privata.

Ai sensi degli artt. 22 e 52 Dlgs 196/03 appare opportuno omettere le generalità e gli altri dati identificativi della parte privata.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Veneto, in composizione monocratica,
ACCOGLIE

il ricorso indicato in epigrafe e dichiara che il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri — Centro Nazionale Amministrativo non ha diritto al recupero della somma di € 6.972,06# richiesta con l’ingiunzione n. 333 del 7.10.2014 e successivi provvedimenti connessi, con il conseguente diritto del ricorrente a trattenere la predetta somma.

CONDANNA
il Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri al pagamento delle spese di giudizio in favore della parte ricorrente, liquidandole nella misura di euro 2.000,00 (duemila).

Per il deposito della sentenza è fissato il termine di 20 giorni dalla data dell’udienza.
In caso di diffusione del presente provvedimento, omettere le generalità e gli altri dati identificativi, a norma degli artt. 52 e 22 d.lgs. 196/03.
Così deciso in Venezia, il 11-06-2019.
IL GIUDICE
f.to (Cons. Maurizio Massa)


Depositata in Segreteria il 13/06/2019


Il Funzionario preposto
f.to Nadia Tonolo
In esecuzione del provvedimento del G.U.P. ai sensi dell’art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione, omettere le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa.
Venezia, 13/06/2019
Il Funzionario preposto
f.to Nadia Tonolo
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Re: Destituzione dall'Arma

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Sentenza TAR Napoli N. 03609/2019 REG.PROV.COLL

Sul punto il Collegio condivide l’orientamento della giurisprudenza, richiamata in atti dall’amministrazione, secondo cui la cessazione dal servizio per perdita del grado prevale su quella per congedo assoluto, ove già verificata in precedenza, poiché apparirebbe poco coerente una disciplina che, pur prevedendo nei confronti del militare la sanzione della perdita del grado per rimozione, tuttavia gli consenta di conservare il diritto a pensione, sia pure per infermità, che si fonda proprio sullo status di militare venuto meno. Né ciò può dirsi costituire violazione del principio di proporzionalità, dal momento che, per effetto della sanzione, la perdita del diritto a pensione non è assoluta, ma si determina un mutamento nel titolo dell’erogazione posto che il militare degradato conserva comunque il regime pensionistico militare di cui all’art. 52 comma 2 d.p.r. n. 1032/1973.

In definitiva, per le ragioni esposte, il ricorso va rigettato e le spese seguono la soccombenza e vanno liquidate come da dispositivo.
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