Decorrenza termini procedimento disciplinare

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ariete74

Decorrenza termini procedimento disciplinare

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In caso di conferma della sentenza di condanna della corte di cassazione, ma in presenza di ricorso straordinario per mero errore di fatto, per errato calcolo della prescrizione, (art. 625bis), per la decorrenza dei termini di cui all'oggetto si tiene conto della condanna definitiva di colpevolezza (avuta con sentenza della cassazione e la cui pena è immediatamente eseguibile) o del secondo provvedimento ove viene semplicemente ricalcolata la pena?
Grazie a tutti per l'attenzione.


naturopata
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Re: Decorrenza termini procedimento disciplinare

Messaggio da naturopata »

ariete74 ha scritto: lun mar 04, 2019 3:34 am In caso di conferma della sentenza di condanna della corte di cassazione, ma in presenza di ricorso straordinario per mero errore di fatto, per errato calcolo della prescrizione, (art. 625bis), per la decorrenza dei termini di cui all'oggetto si tiene conto della condanna definitiva di colpevolezza (avuta con sentenza della cassazione e la cui pena è immediatamente eseguibile) o del secondo provvedimento ove viene semplicemente ricalcolata la pena?
Grazie a tutti per l'attenzione.
E' solo un mero errore di fatto (cosiddetto errore materiale) e quindi ininfluente nel merito. Tuttavia, per la decorrenza dei termini per il procedimento disciplinare, conta la completa conoscenza della sentenza, ovvero da quando l'amministrazione l'acquisisce formalmente o da quando viene portata a conoscenza dal "condannato".
ariete74

Re: Decorrenza termini procedimento disciplinare

Messaggio da ariete74 »

la sentenza della cassazione è stata portata a conoscenza dell'amministrazione e protocollata in calce da quest'ultima, oltre un anno prima dell'avvio del procedimento disciplinare.
naturopata
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Re: Decorrenza termini procedimento disciplinare

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ariete74 ha scritto: lun mar 04, 2019 12:43 pm la sentenza della cassazione è stata portata a conoscenza dell'amministrazione e protocollata in calce da quest'ultima, oltre un anno prima dell'avvio del procedimento disciplinare.

Deve esser acquisita in cancelleria dall'amm.ne con irrevocabilità, oppure consegnata dal "condannato", tutte le altre forme, anche con protocolli e quant' altro non fanno decorrere il termine d'inizio del procedimento disciplinare. Ora la cosa può sembrare assurda (e lo è), ma il Giudice ammv.vo è univoco in tal senso e non c'è nulla da fare.
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Re: Decorrenza termini procedimento disciplinare

Messaggio da naturopata »

Per interesse di tutti allego sentenza del consiglio di stato che esprime l'orientamento del giudice amm.vo che, addirittura, sottolinea anche che la sentenza integrale deve essere ricevuta dall'ufficio preposto (quale?) nel caso specifico per la decorrenza dei termini di inizio e termine.
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Re: Decorrenza termini procedimento disciplinare

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naturopata ha scritto: lun mar 04, 2019 3:59 pm
ariete74 ha scritto: lun mar 04, 2019 12:43 pm la sentenza della cassazione è stata portata a conoscenza dell'amministrazione e protocollata in calce da quest'ultima, oltre un anno prima dell'avvio del procedimento disciplinare.

Deve esser acquisita in cancelleria dall'amm.ne con irrevocabilità, oppure consegnata dal "condannato", tutte le altre forme, anche con protocolli e quant' altro non fanno decorrere il termine d'inizio del procedimento disciplinare. Ora la cosa può sembrare assurda (e lo è), ma il Giudice ammv.vo è univoco in tal senso e non c'è nulla da fare.
I termini incominciano a decorrere dalla lettura del dispositivo della corte suprema di cassazione-Nel caso di condanna con interdizione dai pubblici uffici la decorrenza della destituzione quella della data della lettura del dispositivo-
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Re: Decorrenza termini procedimento disciplinare

Messaggio da naturopata »

Pubblicato il 03/10/2017
N. 04586/2017REG.PROV.COLL.
N. 06011/2017 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 6011 del 2017, proposto da:
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
Ettore Spano', rappresentato e difeso dall'avvocato Angelo Fiore Tartaglia, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale delle Medaglie D'Oro, 266;
per la riforma
della sentenza breve del T.A.R. LAZIO - ROMA: SEZ. I BIS n. 00393/2017, resa tra le parti, concernente sanzione disciplinare

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ettore Spanò;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2017 il Cons. Oberdan Forlenza e uditi per le parti gli avvocati M. Giannuzzi (avv. Stato) e A.F. Tartaglia;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
1. 1. Con l’appello in esame, il Ministero della Difesa impugna la sentenza 10 gennaio 2017 n. 393, con la quale il TAR per il Lazio, sez. I-bis, in accoglimento del ricorso proposto dal maresciallo dei Carabinieri Ettore Spanò, ha annullato il decreto del Ministero della difesa – Direzione generale per il personale militare 24 dicembre 2015 n. 561/1 – 3/2015, recante la sanzione di perdita del grado per rimozione per motivi disciplinari, la cessazione dal servizio permanente e l’iscrizione d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito Italiano, senza alcun grado.
La vicenda disciplinare dello Spanò trae origine da un procedimento penale avviato nei suoi confronti, con rinvio a giudizio del 27 ottobre 2004, per i reati di cui agli artt. 81, 317, 319, 494 c.p., poiché, con abuso dei poteri inerenti alla funzione aveva indotto più persone oggetto di verifiche amministrative da parte del NAS (dove era in servizio) a corrispondergli denaro ed altre utilità.
Lo Spanò veniva dapprima sospeso dal servizio in data 2 luglio 2004 e successivamente riammesso in data 9 marzo 2010.
Sul piano penale, vi è stata la condanna in I grado, con sentenza 16 marzo 2010, alla pena di anni cinque di reclusione con interdizione dai pubblici uffici, contestuale confisca di somme già oggetto di sequestro preventivo e condanna al risarcimento del danno.
Tuttavia, la Corte di Appello di Roma dichiarava la nullità di tale sentenza perché l’imputato, nel I grado di giudizio, era stato difeso da persona non iscritta nell’albo degli avvocati e, di conseguenza, restituiva gli atti al Tribunale di Roma.
Quest’ultimo, con sentenza 10 febbraio 2015 n. 1934, dichiarava non doversi procedere nei confronti dell’imputato per i reati ascrittigli per intervenuta estinzione per prescrizione, disponendo altresì la restituzione di quanto in sequestro.
Tale ultima sentenza era trasmessa in data 10 marzo 2015 al Nucleo Investigativo del Reparto Operativo dei Carabinieri di Roma.
Avviato quindi (20 giugno 2015), il procedimento disciplinare, la Commissione di disciplina concludeva statuendo che l’incolpato era “non meritevole di conservare il grado”.
Da ciò, il provvedimento disciplinare oggetto del ricorso instaurativo del giudizio di I grado.
1.2. La sentenza impugnata ha innanzi tutto ribaditi i principi secondo i quali:
- “sono termini perentori quelli fissati dal legislatore che statuiscono il tempo massimo entro cui il procedimento deve concludersi, mentre gli ulteriori termini volti a scandire le fasi interne al procedimento hanno funzione sollecitatoria”;
- il provvedimento di irrogazione della sanzione costituisce il termine di definizione del procedimento disciplinare, non assumendo a tal fine rilievo la successiva comunicazione all’interessato.
Tanto precisato, necessario a stabilire la tempestività (o meno) dell’emanazione del provvedimento disciplinare impugnato, la sentenza ha constatato:
- che la sentenza n. 1934/2015 è stata trasmessa “in copia integrale, compresa la dizione di irrevocabilità della stessa” in data 10 marzo 2015 al Nucleo Investigativo del Reparto operativo dei Carabinieri di Roma;
- che tale è, dunque, la data in cui la sentenza “è stata compiutamente partecipata alla p.a. . . . a nulla rilevando il reparto cui l’atto è stato trasmesso, atteso il principio di unicità dell’amministrazione anche con riferimento alle sedi distaccate”;- peraltro, il principio generale secondo il quale “ove l’amministrazione si ritenga non competente . . . ha l’obbligo di trasmettere l’istanza all’ufficio competente”, è applicabile anche nell’ipotesi di ufficio non competente, interno ad un’amministrazione, rispetto all’ufficio competente appartenente alla medesima amministrazione;
- pertanto - attesa l’intervenuta comunicazione in data 10 marzo 2015 e la conclusione del procedimento disciplinare determinatasi con l’adozione del provvedimento finale in data 24 dicembre 2015 – risulta superato il termine di 270 giorni per la definizione del procedimento disciplinare, decorrente dalla conoscenza integrale della sentenza da parte della P.A..
1.3. Avverso tale decisione vengono proposti i seguenti motivi di appello:
error in iudicando; violazione e falsa applicazione art. 1392 d. lgs. n. 66/2010; ciò in quanto:
a) la sentenza impugnata ha fatto erroneamente decorrere il termine per la conclusione del procedimento disciplinare dal 10 marzo 2015, poiché la stessa veniva trasmessa con la dizione “per la destinazione di quanto sequestrato” ed era appunto inviata al Reparto operativo del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Roma “in quanto custode ed organo di polizia giudiziaria incaricato della restituzione dei beni sequestrati”;
b) la copia trasmessa non è idonea a far decorrere il termine in quanto “non riproduce integralmente il testo della decisione”, di modo che “se ai fini del dissequestro è sufficiente la sola parte dispositiva della sentenza, per il corretto esercizio del potere disciplinare che postula la valutazione delle condotte emerse in sede penale, anche a tutela dell’incolpato, è indispensabile l’effettiva ed indubitabile piena cognizione della sentenza, che non poteva assolutamente realizzarsi mediante la trasmissione incompleta e disordinata degli atti da parte dell’Autorità Giudiziaria del 10 marzo 2015”;
c) impossibilità di individuare nella data del 10 marzo 2015 il dies a quo del termine di 270 giorni, si desume anche dal combinato disposto dell’art. 1392 d. lgs. n. 66/2010, con l’art. 154-ter Cpp. Infatti, poiché quest’ultimo prevede che la cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza nei confronti di un dipendente di un’amministrazione pubblica “ne comunica il dispositivo all’amministrazione di appartenenza e, su richiesta di questa, trasmette copia integrale del provvedimento”, da ciò consegue che il termine non può che decorrere dall’acquisizione della copia integrale della sentenza (e nel caso di specie, ciò è avvenuto in data 18 maggio 2015).
1.4. Si è costituito in giudizio il maresciallo Ettore Spanò, che ha innanzi tutto concluso per il rigetto dell’appello, stante la sua infondatezza.
Ha, inoltre, proposto appello incidentale, deducendo (pagg. 25 – 44 memoria dep. il 1 settembre 2017):
violazione artt. 24 e 27 Cost.; violazione del diritto di difesa nel procedimento amministrativo e nel processo penale; violazione del principio di non colpevolezza; violazione art. 3 l. n. 241/1990; carenza, apoditticità ed illogicità della motivazione in ordine alla necessità di raggiungere la piena prova della colpevolezza dell’inquisito in assenza di una sentenza penale di condanna; mancanza di tale prova ed omessa motivazione sul punto nonché illogicità, incongruità ed irragionevolezza della stessa; eccesso di potere per difetto di istruttoria, omessa autonoma valutazione dei fatti; errore e/o carenza dei presupposti; violazione art. 9 l. n. 19/1990 e degli artt. 861, co. 1, lett. d), 865 e 8767 d. lgs. n. 66/2010; eccesso di potere per irragionevolezza, sproporzione, violazione del principio di gradualità delle sanzioni; ciò in quanto:
a1) l’ipotesi di reato formulata a carico del ricorrente non ha trovato alcuna conferma giudiziaria ed a fronte di ciò il “provvedimento di perdita del grado per rimozione è manifestamente carente, illogico ed apodittico nella motivazione non essendo in alcun modo evincibile dal testo del provvedimento impugnato, al di là di insufficienti e stereotipate clausole di stile, le ragioni per le quali si è ritenuto di dover adottare nei confronti del militare in questione la massima sanzione di stato”;
b1) l’istruttoria svolta in sede disciplinare “ha continuato ad ipotizzare, senza riuscire a provarla, la commissione da parte del militare dei reati contestatigli in sede penale”, per di più “trasgredendo le regole fondamentali del procedimento amministrativo volte alla tutela del contraddittorio procedimentale e del diritto di difesa” (diniego di visione del parere espresso dall’ufficiale inquirente; verbale della seduta della Commissione di disciplina del 6 novembre 2015, nonostante istanza di accesso agli atti);
c1) l’amministrazione ha del tutto ignorato sia di avere essa stessa riammesso in servizio il militare e di non averlo ulteriormente sospeso in via facoltativa, sia “le valutazioni caratteristiche eccellenti riportate sia prima che dopo la presunta commissione dei fatti addebitatigli”, in tal modo non valutando, ai fini di una “attenta graduazione sanzionatoria”, non solo la gravità del fatto ma anche la complessiva personalità del militare.
1.5. All’udienza in Camera di consiglio per la discussione della istanza cautelare, il Collegio, ritenuti sussistenti i presupposti di cui all’art. 60 Cpa, ha trattenuto la causa in decisione per il merito.
DIRITTO
2. L’appello è fondato e deve essere, pertanto, accolto.
2.1. Questa Sezione ha già avuto modo di occuparsi (Cons. Stato, sez. IV, 24 maggio 2013 n. 2827) dell’individuazione dell’ufficio, nell’ambito dell’amministrazione di appartenenza del militare, che – una volta ricevuta una copia integrale della sentenza penale – determina quel tipo di “conoscenza” idoneo a far decorrere il termine perentorio per la conclusione del procedimento disciplinare.
Giova innanzi tutto ricordare che l’art. 1392 d. lgs. n. 66/2010 (Codice dell’ordinamento militare), prevede che “il procedimento disciplinare di stato, a seguito di giudizio penale, deve essere instaurato con la contestazione degli addebiti all’incolpato, entro 90 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale irrevocabili, che lo concludono, ovvero del provvedimento di archiviazione” (comma 1). Il successivo comma 3 prevede che “il procedimento disciplinare di stato, instaurato a seguito di giudizio penale, deve concludersi entro 270 giorni dalla data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza o del decreto penale, divenuti irrevocabili, ovvero del provvedimento di archiviazione”.
La giurisprudenza richiamata (le conclusioni della quale il Collegio ritiene di confermare nella presente sede) - nell’escludere che l’amministrazione di appartenenza del militare da sottoporre a procedimento disciplinare possa identificarsi esclusivamente con il Comando del Corpo competente, per ragioni di residenza del militare, all’esame del giudicato penale ai fini dell’eventuale procedimento disciplinare – ha affermato che:
“il termine iniziale per l’esercizio dell’azione disciplinare, che, ai sensi dell’art. 1392 d. lgs. n. 66/2010, coincide con la data in cui l’amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza, più specificamente si identifica – in assenza di diversa disposizione di legge – con la data in cui un ufficio dell’amministrazione medesima (a ciò deputato) ha ricevuto cognizione dell’atto, essendo questo così pervenuto nella sfera di disponibilità della stessa”.
In sostanza:
- per un verso, si è escluso di poter individuare (restrittivamente) l’organo e/o ufficio dell’amministrazione cui è dalla norma riferita la integrale conoscenza nel solo organo titolare del potere disciplinare, poichè il riferimento all’amministrazione militare deve intendersi all’amministrazione nel suo complesso (si è a tal fine affermato che “una cosa è l’amministrazione quale soggetto complessivamente individuato; altra cosa è l’organo dell’amministrazione che – nell’ambito di questa e nel rispetto del principio di legalità – è competente all’esercizio di determinati poteri o tenuto a determinati comportamenti”);
- per altro verso, l’ufficio dell’amministrazione militare che riceve la copia integrale della sentenza, così determinandosi l’integrale conoscenza dell’amministrazione medesima, e, di conseguenza, il dies a quo del computo del termine complessivo del procedimento disciplinare, non può essere individuato in qualsivoglia ufficio, ma, più propriamente, in un ufficio “a ciò deputato”, quale può essere il comando di appartenenza del militare al momento della trasmissione della copia, ovvero (come nel caso esaminato dalla sentenza richiamata) il plesso dei Carabinieri presso l’ufficio giudiziario che ha pronunciato la sentenza.
[/b]Ed infatti, se non può ritenersi idoneo a far decorrere il termine il solo invio, o comunque, la ricezione della copia integrale della sentenza da parte dell’organo titolare del potere disciplinare - poiché, in tal modo, “per un verso si cadrebbe in una evidente incertezza in ordine alla identificazione del termine iniziale; per altro verso, si rimetterebbe alla medesima amministrazione, in dipendenza dei comportamenti da essa in concreto tenuti (afferenti alla trasmissione dell’atto all’ufficio o organo competenti), la definizione di tale termine” - allo stesso modo non può ritenersi idonea ad individuare il dies a quo la intervenuta ricezione della predetta sentenza da parte di un qualunque plesso dell’amministrazione militare, poiché, in tal modo, si determinerebbe una “incisione” non ragionevole sul termine riconosciuto all’amministrazione per la conclusione del procedimento.
Per le ragioni innanzi esposte, non può essere condivisa la ricostruzione dell’appellante (sub lett. c) dell’esposizione in fatto), secondo la quale, poiché l’art. 154-ter c.p.p. prevede che la cancelleria del giudice che ha pronunciato la sentenza nei confronti di un dipendente di un’amministrazione pubblica “ne comunica il dispositivo all’amministrazione di appartenenza e, su richiesta di questa, trasmette copia integrale del provvedimento”, da ciò conseguirebbe che il termine non può che decorrere dall’acquisizione della copia integrale della sentenza, come da richiesta della medesima amministrazione.
Ed infatti, anche in questa ipotesi interpretativa, la decorrenza del termine perentorio per la conclusione del procedimento disciplinare sarebbe rimessa alla volontà dell’amministrazione, venendo meno quei profili di obiettività e certezza voluti dal legislatore a garanzia dell’incolpato.
2.2. Nel caso di specie, la copia della sentenza (della quale viene contestato, ma non comprovato, il difetto di integralità) è stata inviata dall’ufficio giudiziario (Tribunale di Roma) con la dizione “per la destinazione di quanto sequestrato”, al Reparto operativo del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Roma; e ciò, come sostenuto dall’appellante, “in quanto custode ed organo di polizia giudiziaria incaricato della restituzione dei beni sequestrati”.
Alla luce di quanto innanzi esposto, consegue che la data del 10 marzo 2015 (di ricezione della copia della sentenza da parte del Reparto operativo del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Roma) non può essere individuata come dies a quo ai fini della decorrenza del termine di 270 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare.
E ciò in ragione della “eccentricità” del plesso dell’amministrazione militare destinataria della copia della sentenza, (con riferimento alla vicenda penale/disciplinare ovvero alla sede di svolgimento del servizio da parte del militare, utilizzato presso il Reparto territoriale CC di Aprilia: v. pag. 7 memoria), alla quale occorre aggiungere anche la finalità dell’invio, riferita alla restituzione di quanto sequestrato.
In definitiva, la copia della sentenza non è stata inviata ad un ufficio dell’amministrazione militare, tale da ritenersi deputato a riceverla, onde conseguire la “integrale conoscenza”, di cui all’art. 1392 d. lgs. n. 66/2010 e, dunque, rendere possibile l’individuazione del dies a quo per la decorrenza del termine di 270 giorni per la conclusione del procedimento disciplinare (la prova del superamento del quale incombe a chi eccepisce la tardività del provvedimento sanzionatorio emanato).
Per le ragioni esposte, l’appello deve essere accolto.
3. L’accoglimento dell’appello proposto dal Ministero della Difesa rende necessario l’esame dell’appello incidentale proposto.
Lo stesso è infondato e deve essere, pertanto, respinto.
Giova, innanzi tutto, ricordare che le valutazioni dei fatti costituenti illecito disciplinare e, una volta accertato tale illecito, la determinazione in concreto della sanzione da irrogare rientrano nella sfera di discrezionalità dell’amministrazione, sindacabile dal giudice amministrativo in sede di legittimità (oltre che per incompetenza dell’organo o specifica violazione di legge), solo per eccesso di potere per contraddittorietà e/o illogicità tra presupposto valutativo/argomentativo e determinazione in concreto, cui l’amministrazione è pervenuta, ovvero per palese irragionevolezza della sanzione irrogata.
Tali condizioni non ricorrono nel caso di specie, in quanto:
- per un verso, l’amministrazione ha posto a fondamento delle proprie valutazioni i fatti già oggetto del procedimento penale (e del precedente provvedimento di sospensione), non assumendo particolare rilievo, in sede disciplinare, l’esito del citato procedimento (conclusosi, peraltro, non già con una assoluzione con formula piena, bensì con la formula del non doversi procedere per intervenuta prescrizione);
- per altro verso, in disparte ogni considerazione in ordine alla possibilità di una ulteriore sospensione del militare dal servizio (oltre il termine dei cinque anni già decorso), la natura dei fatti contestati non appare tale da far considerare irragionevole la sanzione irrogata, pur a volere eventualmente considerare la complessiva personalità del militare e la sua ulteriore condotta nell’ambito del rapporto di servizio;
- per altro verso ancora, a fronte di quanto ora esposto, non possono assumere rilievo le eventuali prospettate violazioni procedimentali nelle quali sarebbe incorsa l’amministrazione, laddove essa non avrebbe consentito l’accesso del militare a due determinati atti, posto che (come si evince da quanto esposto a pag. 9 della memoria dep. il 1 settembre 2017), l’accesso è stato, in generale, consentito (ed uno dei due atti per i quali, secondo l’appellato, esso non sarebbe stato concesso, è il verbale della seduta conclusiva, di modo che non appare sussistere incisione del principio del contraddittorio); né si evince in qual modo la mancata conoscenza di detti atti avrebbe inciso sulla piena partecipazione procedimentale dell’incolpato.
4. Per tutte le ragioni esposte, l’appello del Ministero della Difesa deve essere accolto, mentre deve essere respinto l’appello incidentale proposto.
Da ciò consegue che, in riforma della sentenza impugnata, deve essere rigettato il ricorso instaurativo del giudizio di I grado.
Stante la natura delle questioni trattate, sussistono giusti motivi per compensare tra le parti spese ed onorari di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta),
definitivamente pronunciando sull’appello proposto dal Ministero della Difesa (n. 6011/2017 r.g.):
a) accoglie l’appello;
b) respinge l’appello incidentale;
c) per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, rigetta il ricorso instaurativo del giudizio di I grado;
d) compensa tra le parti spese ed onorari del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 21 settembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere, Estensore
Luigi Massimiliano Tarantino, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Oberdan Forlenza Filippo Patroni Griffi





IL SEGRETARIO
ariete74

Re: Decorrenza termini procedimento disciplinare

Messaggio da ariete74 »

naturopata come scrivi:-Nel caso di condanna con interdizione dai pubblici uffici la decorrenza della destituzione quella della data della lettura del dispositivo-

Perfetto in caso di condanna senza interdizione e sentenza definitiva (quella del ricorso straordinario) emessa dopo la data di congedo la decorrenza della destituzione quale è?
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Re: Decorrenza termini procedimento disciplinare

Messaggio da naturopata »

ariete74 ha scritto: mer mar 06, 2019 2:34 am naturopata come scrivi:-Nel caso di condanna con interdizione dai pubblici uffici la decorrenza della destituzione quella della data della lettura del dispositivo-

Credo questo non riguardi il tuo caso, ma qui è intervenuto AVT8 non io

Perfetto in caso di condanna senza interdizione e sentenza definitiva (quella del ricorso straordinario) emessa dopo la data di congedo la decorrenza della destituzione quale è?

Dipende, se sei stato preventivamente sospeso, l'effetto sarà retroattivo alla data di sospensione (tranne non sia stato riammesso in servizio), se invece non sei stato sospeso, a seguito del procedimento disciplinare di stato e quindi con data certamente successiva al congedo.
ariete74

Re: Decorrenza termini procedimento disciplinare

Messaggio da ariete74 »

Sospeso e poi riammesso dopo i cinque anni e poi riformato
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Re: Decorrenza termini procedimento disciplinare

Messaggio da naturopata »

ariete74 ha scritto: mer mar 06, 2019 3:59 pm Sospeso e poi riammesso dopo i cinque anni e poi riformato
La pensione per inabilità dovrebbe essere salva, ma probabilmente ti romperanno le scatole e ti porteranno a ricorrere, ma, allo stato attuale, l'indirizzo giurisprudenziale è univoco nel ripristinare la pensione.
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Re: Decorrenza termini procedimento disciplinare

Messaggio da fulmineacielsereno »

ariete74 ha scritto: mer mar 06, 2019 3:59 pm Sospeso e poi riammesso dopo i cinque anni e poi riformato
Ciao credo che sia militare e pertanto ti possa servire questo per la decorrenza:
DECRETO LEGISLATIVO 15 marzo 2010, n. 66 Art. 867
Provvedimenti di perdita del grado
1. Il provvedimento e' disposto con decreto ministeriale. Per gli
appartenenti al ruolo appuntati e carabinieri la perdita del grado e'
disposta con determinazione ministeriale per i militari in servizio e
con determinazione del Comandante generale per i militari in congedo.
2. Per i militari dichiarati interdetti, inabilitati o sottoposti
all'amministrazione di sostegno la perdita del grado decorre dalla
data di pubblicazione della sentenza, ai sensi dell'articolo 421 del
codice civile.
3. Se la perdita del grado consegue a condanna penale, la stessa
decorre dal passaggio in giudicato della sentenza.((41))
4. Nei casi di assunzione di servizio di cui all'articolo 864, la
perdita del grado decorre dalla data di assunzione del servizio
stesso.
5. La perdita del grado decorre dalla data di cessazione dal
servizio, ovvero, ai soli fini giuridici, dalla data di applicazione
della sospensione precauzionale, se sotto tale data, risulta pendente
un procedimento penale o disciplinare che si conclude successivamente
con la perdita del grado, salvo che il militare sia stato riammesso
in servizio:
a) per il decorso della durata massima della sospensione
precauzionale, ai sensi dell'articolo 919, comma 1;
b) a seguito di revoca della sospensione precauzionale disposta
dall'amministrazione, ai sensi dell'articolo 918, comma 2.
6. Per tutti gli altri casi la perdita del grado decorre dalla data
del decreto.
fulmineacielsereno
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Re: Decorrenza termini procedimento disciplinare

Messaggio da fulmineacielsereno »

ariete74 ha scritto: mer mar 06, 2019 3:59 pm Sospeso e poi riammesso dopo i cinque anni e poi riformato
per i termini del procedimento disciplinare puoi studiarti la nuova guida tecnica "procedure disciplinari" del Ministero della Difesa ed in pratica a pag 42:
I singoli termini.
L’articolo 1392 del Codice, rispetto alla previgente normativa, contiene una disciplina semplificata che prescinde dalla natura della sentenza emessa all’esito del processo penale. Si distinguono, infatti, due sole tipologie di procedimenti disciplinari di stato: quello attivato a seguito di giudizio penale e quello conseguente alla commissione di una grave infrazione disciplinare.
(1) Procedimento disciplinare di stato derivante da procedimento penale.
In questa ipotesi, l’iter deve essere avviato, con formale contestazione degli addebiti, entro 90 (novanta) giorni dalla data in cui l’Amministrazione ha avuto conoscenza integrale della sentenza irrevocabile, del decreto penale di condanna esecutivo e del provvedimento di archiviazione depositato. Si è, pertanto, recepito l’orientamento consolidato della giurisprudenza amministrativa in tema di decorrenza dei termini del procedimento disciplinare dalla conoscenza “piena ed integrale” (qualificata) della sentenza penale, ossia da quando l’Amministrazione ha avuto esatta cognizione dei fatti accertati in quella sede e ciò al fine di essere messa in grado di valutare, in maniera adeguata, tutti gli elementi utili per determinarsi nella successiva azione amministrativa (Consiglio di Stato, Sezione VI, n. 1175 del 1999 e n. 921 del 2001).
In proposito, è d’uopo rammentare che la Corte Costituzionale, con sentenza n. 374 del 1995 (peraltro emessa in relazione alle sentenze di proscioglimento), aveva escluso la sussistenza, a carico dei responsabili degli uffici giudiziari, di obblighi di trasmissione della notizia dell’avvenuta irrevocabilità delle suddette pronunce alla Pubblica Amministrazione d’appartenenza del dipendente sottoposto a procedimento penale. Tale pronuncia non è stata, tuttavia, recepita dal decreto legislativo n. 150 del 2009 il quale, viceversa, all’articolo 70, impone alla cancelleria del Giudice, che ha pronunciato la sentenza penale nei confronti di un lavoratore dipendente, di comunicare il dispositivo all’Amministrazione e, su richiesta di quest’ultima, trasmettere copia integrale del provvedimento. La suddetta disposizione normativa, in ogni caso, non esime l’Amministrazione dall’obbligo di attivarsi per avere ragguagli in merito alla sentenza irrevocabile ovvero a richiederne tempestivamente copia integrale. Di conseguenza, in ragione della particolare situazione d’incertezza in cui quest’ultima è costretta a operare, è opportuno che i Comandi competenti si adoperino con particolare solerzia,
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richiedendo periodicamente agli uffici di supporto/cancellerie dell’Autorità Giudiziaria notizie in merito all’esito dei giudizi pendenti e, qualora non si abbia riscontro, dispongano anche l’invio di personale, opportunamente delegato, direttamente presso i medesimi uffici. L’espletamento di tali adempimenti informativi riveste particolare importanza soprattutto in sede di contenzioso, poiché, se l’Amministrazione è in grado di dimostrare la propria non inerzia, difficilmente le questioni afferenti al rispetto del termine iniziale potranno essere oggetto di censura di illegittimità da parte del Giudice Amministrativo.
Il procedimento deve, comunque, concludersi entro 270 (duecentosettanta) giorni dalla conoscenza della sentenza penale irrevocabile. Anche per ciò che attiene a questo aspetto si è tenuta presente quell’opzione ermeneutica secondo cui, nel procedimento disciplinare di stato avviato a seguito di condanna penale, i termini per l’attivazione e la relativa conclusione devono sempre considerarsi unitariamente, ferma restando la natura perentoria, ossia insuperabile, del termine entro cui procedere alla contestazione dell’addebito (Corte Costituzionale, sentenza n. 197 del 1999; Consiglio di Stato, Adunanza plenaria, decisione 14 gennaio 2004, n. 1 e 25 gennaio 2000, n. 4; più di recente, Sezione IV, n. 6914 del 15 settembre 2010; Sezione VI, n. 1213 del 12 marzo 2007).
Comunque, il procedimento disciplinare si estingue se sono decorsi 90 (novanta) giorni dall’ultimo atto di procedura senza che nessuna ulteriore attività sia stata compiuta.
In tale quadro normativo, è auspicabile che le Autorità competenti a disporre l’inchiesta provvedano all’esame del giudicato penale ai fini disciplinari/vaglio disciplinare dei fatti che portarono all’iscrizione della notizia di reato (vedasi capitolo secondo) nel più breve tempo possibile e, ove ne ricorrano i presupposti, dispongano celermente l’effettuazione dell’inchiesta, in modo da consentire la contestazione degli addebiti con congruo anticipo rispetto al citato termine iniziale di 90 (novanta) giorni.

In bocca al lupo
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