Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Per tutti gli interessati e lettori di questo forum, pubblico alcune sentenze emesse dalla Corte dei Conti di alcune città, sperando di far nuovamente cosa buona. Purtroppo andando in pensione per un motivo o per un'altro si è all'oscuro di tanti benefici e "guerre economiche" fatte per giusta causa. Quì potranno trovare "nel dubbio" qualcosa di interessante. Le notizie apparse sui giornali e riviste varie, passano dalla mente, ma una notizia scritta su questo forum può essere sempre consultata.

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA
In composizione monocratica nella persona del Primo Referendario Rossella Cassaneti in funzione di Giudice unico delle pensioni ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 35233/PM del registro di segreteria depositato in data 11 novembre 2002 dal sig. D.C., nato a omissis, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine del ricorso, dall'avv. C…. B…. e presso il suo studio elettivamente domiciliato in Salerno alla via F. Prudente n. 9, contro il decreto del Ministero della Difesa – D.G. Pensioni n. 211 del 14 maggio 1994;
Esaminati i documenti e gli atti tutti della causa;
Udito alla pubblica udienza del giorno 8 aprile 2010 soltanto l’avv. C…. B….. in difesa del ricorrente, non comparsa la convenuta Amministrazione;
Ritenuto in
FATTO
Con il ricorso indicato in epigrafe, ritualmente notificato all'Amministrazione della Difesa, il signor C. chiedeva l'attribuzione di trattamento pensionistico privilegiato vitalizio, con interessi e rivalutazione come per legge dal sorgere del diritto sino all'effettivo soddisfo, nonché risarcimento del danno patito a causa del protrarsi dello svolgimento di compiti faticosi a dispetto dell'insorta infermità con interessi e rivalutazione come per legge, oltre a vittoria di spese processuali, per l'infermità “ernia discale”, già riconosciuta dipendente da causa di servizio ed indennizzata con tre annualità di tabella B con il decreto n. 211/1994 (impugnato) indicato in epigrafe.
Esponeva a tal fine il ricorrente, che a causa della predetta infermità, manifestatasi dopo circa due mesi (fine novembre 1989) dall'inizio del servizio di leva (28.09.1989) con dolori alla schiena ed alla gamba sinistra, ebbe ad insorgere ed a peggiorare proprio a causa del servizio di leva, durante il quale egli non solo svolgeva i faticosi addestramenti del C.A.R. iniziale ma anche veniva impiegato per la guida degli autoveicoli militari, avendo nel frattempo conseguito patente militare di guida di categoria C, nonché per il carico e lo scarico degli automezzi; lamentava, inoltre, che, dopo alcuni ricoveri, soltanto il 27.07.1990 venne finalmente diagnosticata “lombosciatalgia sx da sospetta protusione discale di L5-S1, causata da pregressa distorsione acuta lombosacrale”, dopodiché, accertato trattarsi di ernia del disco L5-S1, venne riformato in data 13.10.1990.
Lamentava, quindi, il C. che a causa della precitata patologia discale subiva intervento chirurgico il 24.01.1991, venendo poi sottoposto a visita per pensione privilegiata presso la C.M.O. di Roma – Cecchignola in data 20.02.1992, con diagnosi di “in atto esiti di laminectomia sx L5-S1 con riduzione dello spazio intersomatico”, riconosciuta dipendente da c.s. ed ascrivibile a tre annualità di ottava categoria. Successivamente, il C. presentava domanda di aggravamento allegando peggioramento delle sue condizioni, riscontrato come insussistente nella visita del 04.09.1996 presso la C.M.O. di Caserta; nell'anno 2000 subiva nuovo intervento per recidiva di ernia discale L5-S1.
Allegava al ricorso documentazione sanitaria comprovante l'evolversi della patologia suindicata e relazione CTP redatta dal dr. Giuseppe Consalvo, specialista in medicina Legale e delle Assicurazioni, secondo cui il C. sarebbe attualmente affetto da “esiti di duplice intervento chirurgico di laminectomia per ernia discale L5/S1 con recidivata radiculopatia compressiva S1”, infermità collocabile nella sesta categoria di pensione tabella A, in quanto caratterizzata da cronicità e da elevato grado invalidante (40-50%) almeno a far data dalla visita collegiale del 04.09.1996.
Con nota n. 627960 del 04.10.2005, pervenuta il 13.10.2005 (richiamata e reiterata in nota difensiva presentata il 09.03.2010), il Ministero della Difesa – D.G. Personale Militare trasmetteva copie di atti ricompresi nel fascicolo pensionistico del ricorrente nonché memoria difensiva, in cui eccepiva l'infondatezza nel merito del ricorso stante la legittimità dell'operato dell'Amministrazione nel caso di specie e, in subordine, l'intervenuta prescrizione quinquennale dei ratei pensionistici non riscossi.
Con memoria difensiva integrativa depositata in data 15.01.2007, cui allegava ulteriore documentazione sanitaria, la difesa del ricorrente, meglio specificando i motivi della pretesa di trattamento pensionistico vitalizio di sesta categoria come dalla surriportata relazione CTP, precisava che il trattamento in questione dovrebbe essere attribuito con decorrenza dallo stabilizzarsi dell'infermità (luglio 1990) o almeno dal suo aggravamento (aprile 1996). Concludeva per l'accoglimento di tutte le domande già avanzate nel ricorso introduttivo, ivi compresa quella inerente il risarcimento del danno biologico ed esistenziale.
Con ordinanza n. 21/2007 di questa Sezione, depositata in Segreteria il 29.01.2007, è stato disposto un supplemento d'istruttoria finalizzato ad acquisire: 1. copia del verbale di visita collegiale del 04.09.1996 presso la C.M.O. di Caserta e dell'istanza di aggravamento all'uopo presentata dal ricorrente; 2. motivato parere dell'UML presso il Ministero della Salute relativamente ai seguenti quesiti: “a. se possa ritenersi che la patologia discale diagnosticata al signor D.C. fosse già meritevole di trattamento pensionistico vitalizio alla data del congedo (13.10.1990), ovvero se sia da ritenersi congruo l'indennizzo una tantum corrispondente a tre annualità di tabella B attribuito con il decreto n. 211/1994 impugnato con il ricorso introduttivo del giudizio; b. se, in caso contrario, sia attribuibile pensione vitalizia con decorrenza dalla successiva domanda di aggravamento (1996) e, in tal caso, quale sia la categoria di pensione ascrivibile”.
In data 29.09.2009 è pervenuto alla Sezione il parere n. 116765 del 24.09.2009 dell'UML presso il Ministero della Salute, in cui il CTU interpellato con la prefata ordinanza ha formulato valutazione positiva in ordine ad entrambi i proposti quesiti, esprimendo parere di attribuibilità della patologia discale del ricorrente all'ottava categoria vitalizia a decorrere dalla data del congedo ed alla sesta categoria vitalizia dalla successiva domanda di aggravamento (1996).
In memoria integrativa presentata il 19.03.2010 la difesa del ricorrente, aderendo alle conclusioni del CTU interpellato dalla Sezione, ha chiesto che il ricorso venisse accolto conformemente ad esse, insistendo inoltre anche per l'accoglimento della domanda di risarcimento del danno non patrimoniale.
Nella pubblica udienza odierna l’avv. C….. B……, riportandosi integralmente agli scritti difensivi e meglio specificandone le argomentazioni, ha insistito per l’accoglimento di tutte le domande ed istanze ivi proposte.
Il giudizio è quindi passato in decisione con la lettura del dispositivo in udienza.
Considerato in
DIRITTO
Preliminarmente, va dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione, poiché avente ad oggetto un diritto estraneo al rapporto pensionistico, la domanda formulata con il gravame in epigrafe relativamente al risarcimento dell’asserito danno biologico ed esistenziale. Invero, il fondamentale presupposto su cui si basa la giurisdizione della Corte dei conti (art. 13 del T.U. delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con R.D. n.1214 del 12.7.1934) è costituito dalla sussistenza di una controversia avente ad oggetto il diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, ivi incluse le questioni comunque incidenti sul contenuto del diritto stesso e sull'ammontare del trattamento relativo.
Pertanto, la domanda di risarcimento del danno non patrimoniale (biologico ed esistenziale) avanzata dal ricorrente deve essere dichiarata inammissibile per difetto di giurisdizione di questa Corte (cfr. ex plurimis: Sez. Giur. Veneto, sentenza n. 350/2009; Sez. Giur. Abruzzo, sentenza n. 117/2010).
Inoltre, non può essere presa in esame la questione relativa all'allegato aggravamento della patologia discale del signor C., riconosciuta dipendente da c.s.m. ed indennizzata con tre annualità di ottava categoria con il decreto n. 211/1994.
Invero, in atti non risulta che sia avvenuta la presentazione nell'anno 1996 – come invece afferma la difesa del ricorrente – di istanza di aggravamento, né che il C. sia stato sottoposto a visita presso la CMO per la prescritta visita collegiale. Soltanto, è allegata al ricorso introduttivo (all. n. 21 bis) copia dell'invito rivolto dalla CMO di Napoli al signor D.C. a presentarsi a v.c. in data 03.09.1996. Il Ministero della Difesa – Prevmil – 2° Reparto – 6^ Divisione, ha inoltre evidenziato, in nota pervenuta alla Sezione in data 02.04.2007 e trasmessa in ottemperanza al punto 1 dell'ordinanza n. 21/2007 di questa Sezione (riportata in premessa), che “agli atti della scrivente non risultano pervenute istanza di aggravamento né il processo verbale del 04.09.1996”.
Conseguentemente, la questione relativa all'allegato aggravamento, oggetto a dire della difesa del ricorrente di domanda presentata nell'anno 1996 (ma totalmente assente in atti), non può essere esaminata in questa sede, bensì va dichiarata inammissibile per non essere stata preceduta - come invece espressamente previsto dall’art. 71 R.D. 13 agosto 1933, n. 1038 a pena di inammissibilità - da apposita domanda in via amministrativa.
Per quanto attiene, invece, la questione relativa alla spettanza di trattamento pensionistico alla data del congedo dedotta in giudizio dal C., il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Sul punto, va ricordato che l'art. 70 del DPR n. 1092/73 dà diritto a trattamento pensionistico, per infermità già riconosciute ed indennizzate, quando queste risultino aggravate e nei limiti del sopravvenuto aggravamento.
Orbene, il ricorrente sostanzialmente lamenta, con il ricorso, un'inadeguata valutazione medico-legale dell'infermità da cui è affetto, perché rapportata ad una meno favorevole categoria indennitaria. In definitiva, la censura sollevata cade sul giudizio di ascrivibilità dell'affezione formulato dall'Amministrazione.
La valutazione del preteso migliore trattamento riflette, infatti, necessariamente i parametri dell'ascrivibilità, nel senso che la consistenza dell'invalidità che deriva dalla patologia dipendente dal servizio, è commisurata al tipo ed alla natura dell'infermità secondo una classificazione predeterminata.
Quindi, il giudizio sull'ascrivibilità sottende una valutazione medico-legale della misura di invalidazione della capacità lavorativa, indotta dall'infermità contratta per causa del servizio.
Tale valutazione si fonda sull'apprezzamento dell'entità della riduzione della cosiddetta validità economica dell'individuo, tenendo conto, da un lato, del danno che deriva dall'infermità contratta a causa del servizio e dall'altro delle residue attitudini lavorative e della loro capacità a produrre guadagno.
Le tabelle “A” e “B” contengono i parametri di misurazione standardizzata del livelli di riduzione della validità economica, in relazione alla tipologia dell'infermità contratta e al contempo determinano il “quantum” necessario a compensare, sia pure in misura minimale, tale riduzione.
Nel caso di specie, dagli atti risulta quanto segue:
• Il signor D.C., valutato idoneo allo svolgimento del servizio di leva nell'apposita visita, venne arruolato il 28.09.1989 nel 17.mo Btg. Fanteria “San Martino” di Sulmona (AQ) con le mansioni di “fuciliere assaltatore”, per svolgere l'iniziale periodo di addestramento e poi essere inviato il 27.10.1989 al 57.mo Btg. Fanteria Motorizzata “Abruzzi” di Sora (FR), dove sul finire del mese di novembre 1989 iniziò ad accusare lombosacralgia con irradiazione sciatalgica all'arto inferiore sinistro, la cui persistenza (caratterizzata da fasi acute alternate ad altre di apparente remissione) indusse il ricovero del C. presso l'O.M. di Roma nel periodo 11-14.12.1989, dove fu formulata diagnosi di “lombalgia”;
• anche dopo la dimissione, il problema continuò a persistere e, nel frattempo, il C. conseguì abilitazione militare alla guida di categoria C, di modo che nel mese di febbraio 1990 gli venne assegnato l'incarico di “radiofonista-conduttore”, con compiti di guida, carico e scarico di automezzi;
• a seguito del Campo d'Arma tenutosi a Barisciano (AQ: Gran Sasso) dal 26.04 al 15.05 del 1990, le condizioni del C. subirono un sensibile peggioramento, con fasi di silenzio clinico sempre più rare e brevi e limitazione funzionale ingravescente (difficoltà nel passare alla stazione eretta e nel sedersi, difficoltà deambulatoria e deambulazione con zoppia), sicché il ricorrente si sottopose, durante un periodo di licenza, ad una visita specialistica ortopedica presso il Presidio Poliambulatoriale di Battipaglia, dove gli venne diagnosticata “lombosciatalgia sinistra da sospetta protrusione discale di L5-S1, causata da pregressa distorsione lombo-sacrale”;
• rientrato al Corpo, subì ricovero presso l'OM “Celio” di Roma dal 31.07 al 01.08 del 1990, venendo poi dimesso con dieci giorni di licenza per convalescenza, durante i quali in data 08.08.1990 si sottopose, presso il Centro Diagnostico Salernitano, ad una TC colonna che evidenziò “... ernia postero-laterale sinistra del disco intersomatico L5-S1, a sviluppo prevalentemente intra-foraminale ...”, dopo di che, rientrato al Corpo, venne sottoposto a nuovo ricovero presso l'OM “Celio” di Roma nel periodo 10-13.08.1990, per essere dimesso con trenta giorni di licenza per convalescenza, seguiti da vari permessi e, infine, dalla riforma a mente dell'art. 75/c E.I. in data 13.10.1990;
• in data 25.09.1990 D.C. presentò domanda di pensione privilegiata ed il 13.11.1990 venne sottoposto a visita specialistica neurochirurgica presso la Divisione di Neurochirurgia Funzionale dell'Università di Napoli, dove fu formulata la diagnosi di “ernia discale L5-S1 sinistra intraforaminale (sciatica paralizzante)”, abbisognevole di intervento chirurgico di “erniectomia e laminectomia sinistra L5-S1”, effettuato nel gennaio 1991 presso il Centro Traumatologico Ortopedico di Firenze, per poi praticare un'intensa terapia riabilitativa;
• in data 20.02.1992 il C. venne sottoposto a v.c. presso la CMO di Roma – Cecchignola, che formulò diagnosi di “ernia del disco; in atto: esiti di emilaminectomia sx. L5-S1 con riduzione del relativo spazio intersomatico”, infermità ritenuta ascrivibile ad indennità una tantum pari a tre annualità di tabella B, nonché fondamentalmente preesistente al servizio di leva ma significativamente incisa, sotto il profilo concausale, dalle caratteristiche del medesimo;
• il CPPO espresse parere conforme nella seduta del 24.01.1994, di modo che venne emesso il decreto n. 211/1994 del Ministero della Difesa, ritenuto non satisfattivo dall'odierna parte ricorrente.
L'UML, interpellato quale consulente tecnico d'ufficio dal G.U., ha diagnosticato al C. “esiti di duplice intervento chirurgico di emilaminectomia L5-S1 ed erniectomia per ernia discale L5-S1 recidivata, con radicolite cronica, fibrosi peri-radicolare e neuro-apraxia; protrusione discale L4-L5”.
Il CTU, inoltre, ha rilevato che la patologia discale rachidea sviluppata dal C. ha avuto la sua estrinsecazione clinico-obiettiva due mesi dopo l'inizio del servizio di leva, il quale ha senz'altro influito, sotto il profilo concausale efficiente e determinante, “nella genesi delle successivamente evidenziate ernie, configurandosi come antecedente necessario seppur verosimilmente non sufficiente nella determinazione della infermità posta in diagnosi, avendo contribuito in modo prevalente nonché preponderante rispetto a fattori estranei al servizio stesso, caratterizzato da un tipo di attività svolta corrispondente – ad avviso del CTU – in modo chiaro e compatibile con la “sede di applicazione e di azione delle forze meccaniche potenzialmente lesive” nonché con “le modalità di produzione, manifestazione ed evoluzione delle lesioni prodottesi”. Infatti – ha osservato ancora l'UML - “le caratteristiche dei multipli eventi lesivi (ovvero i compiti previsti dal servizio di leva dapprima in qualità di fuciliere assaltatore, indi di autista di automezzi, con mansioni altresì di carico e scarico degli stessi: si ricorda in proposito che il C. era stato trasferito nella Fanteria Motorizzata, cioè quella parte della Fanteria le cui forze vengono autotrasportate per seguire rapidamente gli spostamenti delle forze corazzate) e quelle delle conseguenze dannose determinatesi a livello vertebrale risultano avere una stretta connessione reciproca con creazione di un “quantum” di danno risultante dal contrapporsi della energia del mezzo lesivo e della resistenza organica opposta alla struttura rachidea”.
Considerate, inoltre, l'insuscettibilità di miglioramento e la consistenza delle limitazioni funzionali caratterizzanti l'esaminata patologia (del resto emergenti anche dal p.v. n. 619 del 20.02.1992 della CMO di Roma – Cecchignola: “la digitopressione ... vivamente dolente ... L'articolarità attiva è ridotta di un quarto e riferita dolente ... Esiti di emilaminectomia sx L5-S1 con riduzione del relativo spazio intersomatico”) , l'UML ha concluso osservando che il danno vertebro-discale subito dal C. al termine del servizio militare ed a causa di esso, è di entità tale da far propendere per l'ascrivibilità ad ottava categoria vitalizia – Tabella A di pensione.
Orbene, questo G.U. ritiene condivisibili per la loro esaustività e congruità di motivazione le argomentazioni e le valutazioni tecniche espresse dall'UML interpellato dalla Sezione. Il CTU, invero, ha esaminato collegialmente, con la partecipazione di esperto specialista in Ortopedia, ed attentamente la documentazione sanitaria in atti, sottoponendo il ricorrente a visita diretta.
Valga evidenziare, comunque, che l'eccezione di prescrizione sollevata dall'Amministrazione resistente si rivela riscontro probatorio, poiché, pur essendo vero che il decreto n. 211 impugnato con il ricorso è datata 14.05.1994 ed è stato registrato alla Corte dei conti il 13.12.1994, mentre il ricorso introduttivo del giudizio è stato notificato nell'ottobre 2002, è anche vero che non vi è alcuna prova in atti della data in cui il provvedimento di che trattasi è stato notificato all'interessato.
Alla luce di quanto sopra il ricorso va quindi accolto, nei termini dianzi specificati, con decorrenza del relativo trattamento pensionistico dalla data del congedo (13 ottobre 1990).
In conformità con i principi affermati dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti con sentenza n. 10/2002/QM del 18 ottobre 2002, che ha esteso alle pensioni militari, tabellari e di guerra la disciplina relativa all'erogazione degli accessori sui crediti pensionistici, spetta sugli arretrati, dalla scadenza di ogni rata debitoria, la maggior somma tra quanto dovuto per rivalutazione monetaria - ex art. 150 disp. att. c. p. c. - e per interessi legali.
Questo Giudice ravvisa nella complessità della problematica connessa alla pretesa azionata, un giusto motivo, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., applicabile al giudizio pensionistico ai sensi dell'art.26 del R.D. n.1038/1933, per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA
In composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico primo referendario Rossella Cassaneti, definitivamente pronunciando:
1. DICHIARA INAMMISSIBILE per difetto di giurisdizione la domanda di risarcimento del danno biologico ed esistenziale;
2. DICHIARA INAMMISSIBILE ai sensi dell’art. 71 R.D. 13 agosto 1933, n. 1038 la domanda relativa all'allegato aggravamento;
3. ACCOGLIE la domanda di pensione privilegiata e, per l'effetto, riconosce il diritto del signor D.C. a percepire trattamento pensionistico di ottava categoria tabella A per l'infermità “ernia del disco; in atto: esiti di emilaminectomia sx. L5-S1 con riduzione del relativo spazio intersomatico”, a decorrere dal 13 ottobre 1990 (data del congedo).
Sulle somme arretrate dovute in esecuzione della presente sentenza spetta il maggior importo tra interessi e rivalutazione monetaria dalla scadenza di ciascun rateo fino al soddisfo.
Spese del giudizio compensate.
Così deciso in Napoli, nella pubblica udienza del giorno 8 aprile 2010.
IL GIUDICE UNICO
Rossella Cassaneti




DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il Direttore della segreteria (Dott. Giuseppe Volpe)


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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA
In composizione monocratica nella persona del Primo Referendario Rossella Cassaneti in funzione di Giudice unico delle pensioni ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 32581/PM del registro di segreteria depositato in data 29.02.2000 dal sig. S.D., nato a omissis, rappresentato e difeso, giusta mandato a margine del ricorso, dall'avv. C…. G…. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Napoli alla via Depretis n. 62, contro il decreto 1385 del 20.10.1999 del Ministero della Difesa – D.G Personale Militare;
Esaminati i documenti e gli atti tutti della causa;
Udito alla pubblica udienza del giorno 8 aprile 2010, non comparsa l’Amministrazione contro interessata, soltanto l’avv. C… G….., il quale ha richiamato gli scritti difensivi ed ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
Ritenuto in
FATTO
Con il ricorso indicato in epigrafe, ritualmente notificato, il signor D. ha chiesto l’attribuzione di trattamento pensionistico privilegiato di sesta categoria, con arretrati, interessi legali e rivalutazione monetaria, per dipendenza da c.s.m. dell’infermità “lombosciatalgia dx in soggetto con ernia discale posteriore L4-L5”, negata con l’impugnato provvedimento, in quanto – a suo avviso – dipendente, almeno sotto il profilo concausale, dalle mansioni di carico e scarico viveri che egli svolgeva nel corso del servizio di leva, per cui subiva, in una specifica occasione, un trauma particolarmente doloroso alla regione lombare.
L’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli ha fatto pervenire atto di costituzione in giudizio in data 22.02.2000 (reiterato il 22.03.2000), nonché, in data 11.09.2007 e successivamente il 01.04.2009, copie degli atti del fascicolo amministrativo del ricorrente; in tale ultima occasione, ha prodotto anche breve memoria difensiva, in cui ha ribadito la legittimità dell’operato dell’Amministrazione ai sensi dell’art. 64 DPR 1092/1973.
Il Ministero della Difesa ha fatto inoltre pervenire, in data 20.09.2007, brevi note difensive (reiterate il 15.04.2009 ed il 24.03.1010), in cui ha riprodotto, in sostanza, le medesime deduzioni di merito sollevate per il tramite dell’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, ed ha aggiunto l’eccezione di prescrizione quinquennale dei ratei di pensione non riscossi.
In data 07.05.2009 la difesa del ricorrente ha prodotto memoria integrativa, in cui, descrivendo le mansioni svolte dal D. durante il servizio militare (addestramento CAR e poi servizio di mensa, con carico e scarico viveri), ha posto in evidenza che l’eventuale predisposizione costituzionale non interrompe il nesso di causalità caratteristiche del servizio-infermità, citando sul punto giurisprudenza di questa Corte; ha, inoltre, rilevato la valutazione favorevole espressa in punto di dipendenza da c.s.m. dal Servizio Sanitario militare e la colposità amministrativa nel destinare il ricorrente a mansioni per lui presumibilmente inadatte.
Operando rinvio alle argomentazioni tecniche esposte nell’allegata relazione CTP, ha concluso per l’attribuzione al ricorrente di pensione vitalizia di ottava categoria e, in subordine, per l’acquisizione di CTU avente il requisito della terzietà rispetto alle parti in causa.
Con ordinanza n. 193/2009 di questa Sezione, depositata in Segreteria il 08.06.2009, è stato disposto un supplemento di istruttoria inteso ad acquisire motivato parere dell’Ufficio Medico Legale presso il Ministero della Salute sui seguenti quesiti: “se la patologia 'lombosciatalgia dx in soggetto con ernia discale posteriore L4-L5' possa ritenersi dipendente da causa di servizio e, in caso positivo, a quale categoria di pensione essa possa ritenersi ascrivibile”.
In data 06.08.2009 è pervenuto alla Sezione il parere n. 116747 del 27.07.2009 dell'UML presso il Ministero della Salute, che si è espresso positivamente nel giudizio di attribuibilità al servizio militare della preindicata patologia, con ascrivibilità della stessa alla settima categoria vitalizia di pensione.
La difesa del ricorrente ha prodotto in data 23.03.2010 nota integrativa in cui, aderendo alle conclusioni del CTU interpellato dalla Sezione, ha chiesto che il ricorso venisse accolto conformemente ad esse, con l'ulteriore attribuzione degli interessi legali come da decisione n. 10/2002/QM delle SS.RR. di questa Corte.
Il giudizio è quindi passato in decisione con la lettura del dispositivo in udienza.
Considerato in
DIRITTO
Il ricorso è fondato e deve essere accolto.
Ai sensi dell'art. 64 del T.U. 29 dicembre 1973 n. 1092, applicabile alla fattispecie in esame in forza della norma transitoria di cui all'art. 256, (da intendersi poi implicitamente sostituito dall'art. 4 della legge 26 gennaio 1980 n. 9) il dipendente statale che, per infermità o lesioni dipendenti da fatti di servizio, abbia subito menomazioni dell'integrità personale ascrivibili a una delle categorie della tabella A di cui al d.P.R. 23 dicembre 1978 n. 915, ha diritto a pensione privilegiata qualora dette menomazioni lo abbiano reso inabile al servizio.
L'art. 69 dello stesso testo unico dispone che il militare che abbia contratto infermità o riportato lesioni dipendenti da fatti di servizio e ascrivibili alla tabella B annessa alla legge 18 marzo 1968 n. 313, ha diritto, all'atto della cessazione dal servizio e purché non gli spetti la pensione normale, a un'indennità per una volta tanto in misura pari a una o più annualità della pensione di ottava categoria, con un massimo di cinque annualità, secondo la gravità della menomazione fisica.
Nel caso di specie, dagli atti risulta quanto segue:
• il signor S.D., arruolato per la leva nella Marina Militare Italiana il 18.03.1994, risultò idoneo all'iniziale visita selettiva e venne inviato all'Accademia di Livorno, dove, rivestendo qualifica di marò e svolgendo mansioni da “addetto servizi vari – mensa allievi”, iniziò dopo breve tempo ad accusare dolori alla colonna per cui chiese alcune visite, seguite da brevi licenze per convalescenza;
• quindi, il D. subì un primo ricovero (13-20 giugno 1994) presso l'Infermeria dell'Accademia Navale con diagnosi “lombosciatalgia destra in sospetta radicolopatia L5-S1”, dove nell'indagine anamnestica l'insorgenza della sintomatologia dolorosa rachidea veniva ricollegata al sollevamento di una cassa contenente posate effettuato circa venti giorni prima del ricovero, cui ne seguì un secondo (05-12 agosto 1994) presso l'Ospedale Principale M.M. di La Spezia, dove fu diagnosticata “lombosciatalgia destra cronica da ernia discale mediana e para-mediana destra L4-L5”, con conseguente immediata riforma a mente art. 75 (c) E.I. in data 13.08.1994.
• in data 22.11.1994 il D. presentò domanda di pensione privilegiata, per cui venne sottoposto a v.c. presso la CMO di Napoli il 08.10.1998, dove venne formulata diagnosi di “lombosciatalgia destra in soggetto con ernia discale posteriore L4-L5”, infermità valutata non dipendente da fatti di servizio – in quanto non risultavano in atti eventi traumatici verificatisi in presenza di testimoni – ma ascrivibile, in generale, ad un'”alterazione di base a carico dell'anulus fibroso intersomatico” e, nello specifico caso, ad un “sovraccarico ponderale” del soggetto che avrebbe rappresentato la condizione favorente la slatentizzazione della patologia discale (cfr. p.v. n. 260 del 08.10.1998); tale valutazione medico-legale veniva integralmente condivisa dalla C.M. Di II^ Istanza di Roma (p.v. n. 34/98 del 22.12.1998); a ciò è seguito l'impugnato provvedimento di diniego.
L'UML, interpellato quale consulente tecnico d'ufficio dal G.U., ha diagnosticato al D. una “radicolite cronica L4-L5 a destra da ernia discale L4-L5 con stenosi lombare e danno radicolare”. Dopo aver premesso in generale la descrizione del fenomeno della protrusione del nucleo polposo dei dischi vertebrali attraverso l'anulus fibroso indebolito che caratterizza le ernie discali, ha evidenziato che “la eziopatogenesi della protrusione discale riconosce come ubi consistam stante alla propria base sia fattori costituzionali intrinseci e geneticamente determinati sia fattori estrinseci, quali sforzi bruschi o eccessivi (nel caso in esame il sollevamento di una cassa contenente posate, come evento acuto una tantum) nonché i traumi e/o microtraumi ripetuti e reiterati in maniera continuativa nel tempo (modalità di traumatismo cronico presente anch'esso nel D. che effettuò il periodo addestrativo iniziale come addetto alla mensa con mansione di scarico viveri). L'azione delle suddette categorie di fattori, isolatamente agenti ovvero concomitantemente, mutuamente e sinergicamente interagenti, non fa che esitare in discopatie di vario grado e gravità di estrinsecazione anatomica nonché clinica”. L'UML, pertanto, “in considerazione dello stretto rapporto cronologico tra trauma da sforzo subito dal ricorrente nel luglio 1994 e la prima insorgenza di acuta e qualitativamente forte algia rachidea lombo-sacrale con successivo protrarsi della stessa per cronicizzazione del processo radicolitico, conclude con l'asserzione che l'affezione posta in diagnosi possa essere considerata dipendente da causa di servizio, avendo quest'ultimo de facto giuocato un indubbio ruolo causale nel determinismo della suddetta infermità”. Considerate, inoltre, l'insuscettibilità di miglioramento e la consistenza delle limitazioni funzionali caratterizzanti l'esaminata patologia, l'UML ha concluso osservando che il danno vertebro-discale subito dal D. è di entità tale da far propendere per l'ascrivibilità a settima categoria vitalizia – Tabella A di pensione, ovviamente a decorrere dalla data del congedo.
Orbene, questo G.U. ritiene condivisibili per la loro esaustività e congruità di motivazione le argomentazioni e le valutazioni tecniche espresse dall'UML interpellato dalla Sezione. Il CTU, invero, ha esaminato collegialmente, con la partecipazione di esperto specialista in Ortopedia, ed attentamente la documentazione sanitaria in atti, sottoponendo il ricorrente a visita diretta.
Valga evidenziare, comunque, che l'eccezione di prescrizione sollevata dall'Amministrazione resistente si rivela priva di pregio, in quanto il decreto censurato, datato 20.10.1999, è stato impugnato con ricorso depositato in Segreteria il 29.02.2000, cioè ben prima del prescritto quinquennio.
Alla luce di quanto sopra il ricorso va quindi accolto, nei termini dianzi specificati, con decorrenza del relativo trattamento pensionistico dalla data del congedo (13 agosto 1994).
In conformità con i principi affermati dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti con sentenza n. 10/2002/QM del 18 ottobre 2002, che ha esteso alle pensioni militari, tabellari e di guerra la disciplina relativa all'erogazione degli accessori sui crediti pensionistici, spetta sugli arretrati, dalla scadenza di ogni rata debitoria, la maggior somma tra quanto dovuto per rivalutazione monetaria - ex art. 150 disp. att. c. p. c. - e per interessi legali.
Questo Giudice ravvisa nella complessità della problematica connessa alla pretesa azionata, un giusto motivo, ai sensi dell'art. 92 c.p.c., applicabile al giudizio pensionistico ai sensi dell'art.26 del R.D. n.1038/1933, per compensare integralmente tra le parti le spese del giudizio.
P.Q.M.
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CAMPANIA
In composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico primo referendario Rossella Cassaneti, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l'effetto, riconosce il diritto del signor S.D. a percepire trattamento pensionistico di settima categoria tabella A per l'infermità “lombosciatalgia dx in soggetto con ernia discale posteriore L4-L5”, riconosciuta dipendente da causa di servizio militare, a decorrere dal 13 agosto 1994 (data del congedo).
Sulle somme arretrate dovute in esecuzione della presente sentenza spetta il maggior importo tra interessi e rivalutazione monetaria dalla scadenza di ciascun rateo fino al soddisfo.
Spese del giudizio compensate.
Così deciso in Napoli, nella pubblica udienza del giorno 8 aprile 2010.
IL GIUDICE UNICO
Rossella Cassaneti
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il Direttore della segreteria (Dott. Giuseppe Volpe)
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R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Dott. Guido Petrigni
ha emesso la seguente:
S E N T E N Z A N. 738/2010
sul ricorso in materia di pensioni militari, iscritto al n 48715 del registro di segreteria proposto da istanza di D.A. S., nei confronti del Ministero della Difesa.
Visto l'atto introduttivo del giudizio.
Presente il ricorrente nella pubblica udienza dell’8 aprile 2010. Esaminati gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale.
FATTO
Con il ricorso in esame il sig. D.A. S. si grava avverso il decreto n. 5/E del 17 gennaio 2001, attributivo di indennità una tantum pari a 3 annualità di 8^ categoria per le infermità “Marcati fenomeni di spondiloartrosi diffusa, modesti segni di gonartrosi bilaterale”.
Allo scopo di dissipare qualunque dubbio, con ordinanza n. 366/2008, veniva disposto un accertamento medico legale per accertare, previa visita diretta ed esame della documentazione sanitaria ed amministrativa in atti, se l'infermità “Disturbo psicotico”, l’esatta iscrizione a categoria pensionistica delle infermità riscontrate dalla CMO, giusta verbale n. 4943 del 6 novembre 1995, con riferimento alla data della visita.
La CML interpellata ha fornito il richiesto parere con nota R/3210 del 18 giugno 2009.
DIRITTO
Ai sensi dell’art. 67, primo comma, del T.U. approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, il militare che, per effetto di ferite, lesioni od infermità riportate o aggravate per causa di servizio, abbia subito menomazioni dell’integrità personale ascrivibili ad una delle categorie di cui alla tabella A annessa al d.pr. 23.12. 1978 n. 915 (sostituita, poi, con quella annessa al D.P.R. 30/12/1981 n. 834), ha diritto alla pensione vitalizia se la menomazione non sia suscettibile con il tempo di miglioramento o ad assegno rinnovabile se la menomazione ne sia suscettibile. Ai sensi del successivo art. 69 del medesimo D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, al militare spetta soltanto un’indennità un tantum qualora la malattia o la lesione non abbia lasciato postumi rilevanti clinicamente.
Tali condizioni ricorrono nella fattispecie che ne occupa.
Con il parere medico legale reso la Commissione Medica legale ha evidenziato, dopo ampia disamina della documentazione in atti ( tra l’altro, numerosi referti di esami radiologici prodotti dall’istante) e delle visite collegiali effettuate dalla CMO di Palermo alla data di riferimento, che:
l’infermità “ Marcati fenomeni di spondilo-artrosi diffusa. modesti segni di gonartrosi bilaterale”, considerata l’entità e la diffusione delle lesioni artrorsiche emerse sia all’esame clinico che a quello strumentale ( ref. 4992 del 23 ottobre 1995) era all’epoca dei fatti da ascriversi all’8^ categoria della tabella A per il massimo della rinnovabilità , e successivamente a vita ; cio anche in base alla documentazione oggi in atto.
Le altre infermità all’epoca denunciate “Sordità neuorosensoraile bilaterale pantonale per i toni medi e acuti con PTT del 21,4%” e “ Pregressa distorsione caviglia destra” non erano, con riferimento alla medesima data del 6 novembre 1995, ascrivibili ad alcuna categoria di pensione.
Alla luce del suddetto parere medico-legale, reso dalla Commissione medica legale interpellata e formulato sulla base di diretti rilievi diagnostici, condiviso da questa Sezione giurisdizionale in quanto adeguatamente motivato, immune da vizi logici, il ricorso non può che trovare accoglimento.
Ne consegue, per l’effetto, che, ritenuta la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “Marcati fenomeni di spondilo-artrosi diffusa. modesti segni di gonartrosi bilaterale”, Il ricorrente va dichiarato meritevole, già dalla data del congedo 31 maggio 1994) del trattamento pensionistico ascrivibile alla VIII categoria, tabella A da durare a vita ( in luogo dell’indennità una tantum concessagli con n. 5/E del 17 gennaio 2001).
Previa imputazione dell’indennità una tantum conferita, sui ratei pensionistici arretrati dovranno essere calcolati separatamente, tenuto conto dei principi enunciati nella sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n.10/2002/Q.M del 18 ottobre 2002, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria (quest’ultima da corrispondersi limitatamente al maggior danno derivante dall’eventuale differenza tra la svalutazione monetaria, calcolata anno per anno in base agli indici di cui all’art. 150 disp att. Del c.p.c. e gli interessi legali).
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti del giudizio
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, il Giudice Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l’effetto, ritenuta la dipendenza da causa di servizio dell’infermità Marcati fenomeni di spondilo-artrosi diffusa.; modesti segni di gonartrosi bilaterale”, Il ricorrente va dichiarato meritevole, già dalla data del congedo (31 maggio 1994) del trattamento pensionistico ascrivibile alla VIII categoria, tabella A per il massimo della rinnovavibilità e poi da durare a vita ( in luogo dell’indennità una tantum concessagli con n. 5/E del 17 gennaio 2001).
Previa imputazione dell’indennità una tantum già concessa, sui singoli ratei arretrati di pensione spettanti dovranno essere calcolati separatamente (in base alla normativa di cui all'art. 429, 3° comma, del c.p.c. e tenuto conto dei principi enunciati nella sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n.10/2002/Q.M del 18 ottobre 2002), con decorrenza dalle rispettive scadenze dei ratei e sino al soddisfo, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria (quest'ultima da corrispondersi, però, limitatamente al maggior danno derivante dall’eventuale differenza tra la svalutazione monetaria, calcolata anno per anno in base agli indici di cui all'art. 150 disp. att. del c.p.c., e gli interessi legali).
Spese compensate.
Così deciso a Palermo, in data 8 aprile 2010.
IL GIUDICE UNICO
F.to Guido Petrigni
Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 15 aprile 2010
Il Funzionario amministrativo
F.to Piera Maria Tiziana Ficalora
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REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
la
Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale Regionale
per l'Emilia-Romagna
in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica, in persona del Consigliere dott. (omissis)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio instaurato con il ricorso n. 41081/PM R.G. presentato da M. M., nato il OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avvocati D….. O….. e C…… L….. presso il cui studio in Potenza alla Discesa (omissis) è elettivamente domiciliato, contro la Direzione Provinciale dei Servizi Vari (ora Direzione Territoriale) di OMISSIS del Ministero dell’Economia e delle Finanze avverso la mancata corresponsione della indennità integrativa speciale e della tredicesima mensilità in misura intera sul trattamento pensionistico in godimento;
Uditi nella pubblica udienza del 7 aprile 2010, con l’assistenza del Segretario dott.ssa M….. C……, il ricorrente sig. M. M. e la dott.ssa R….. B…. per la Direzione Territoriale di OMISSIS ;
Visti gli atti di causa;
Ritenuto in
FATTO
Il ricorrente M. M. , soldato in congedo, è titolare di trattamento privilegiato tabellare di 7^ categoria (iscrizione n. 16070843) concessogli prima nella forma di assegno rinnovabile (a far tempo dal 22 agosto 1992), poi nella forma di pensione a decorrere dal 22 agosto 1996 a vita (d.m. n. 490 del 16 dicembre 1996).
Nel ricorso in esame – depositato il 13 dicembre 2007 - si lamenta che sulla pensione in godimento del sunnominato, prestando il medesimo attività lavorativa presso terzi a far data dal 15 luglio 1994, non sono state corrisposte l’indennità integrativa speciale in misura intera e la tredicesima mensilità, in quanto l’Amministrazione resistente erroneamente ritiene ancora esistente nell’ordinamento giuridico il divieto di cumulo della doppia indennità.
Al riguardo si osserva che la Corte Costituzionale, con varie pronunce, è intervenuta sulle leggi che disciplinano la materia della doppia indennità integrativa speciale dichiarandole in parte incostituzionali (citate: sent. n. 566 del 22 dicembre 1989; sent. n. 172 del 22 aprile 1991; sent. n. 204 del 29 aprile 1992; sent. n. 232 del 27 maggio 1992; sent. n. 376 del 7 novembre 1993; sent. n. 494 del 31 dicembre 1993).
Si fa presente, in particolare, che con la sentenza costituzionale n. 566/1989 è stato eliminato il divieto di cumulo della doppia indennità integrativa speciale al di sotto di una determinata soglia di reddito, ed è stato sostanzialmente rimesso al Legislatore il compito di determinare tale soglia, ma allo stato attuale non è ancora intervenuta alcuna norma di legge che abbia statuito sul punto.
Si evidenzia, che con l’ordinanza n. 438/98 la Corte Costituzionale ha affermato che “il divieto di cumulo di due o più indennità integrative speciali deve però ritenersi venuto meno in forza delle sentenze n. 566 del 1989 e n. 232 del 1992 di questa Corte, le quali hanno dichiarato l'illegittimità costituzionale del divieto generalizzato di cumulo dell'indennità in questione con altra indennità analoga e con la tredicesima mensilità nella parte in cui le norme allora impugnate non fissavano un limite al di sotto del quale tale divieto non può essere operante”, e la stessa Corte, con la sentenza n. 516/2000 e l’ordinanza n. 517/2000, ha poi ribadito che “un divieto di cumulo ormai caducato non può rivivere sotto forma di interpretazione, senza un intervento del legislatore, cui deve restare la discrezionalità della scelta tra le diverse soluzioni, anche con differenziazioni temporali collegate alla diversa nuova natura dell’indennità anzidetta, in relazione al conglobamento pensionistico e alla diminuita incidenza del problema a partire dal 1994 (legge 23 dicembre 1994 n. 724)”.
Per quanto concerne, poi, la tredicesima mensilità, si assume doversi riconoscere il diritto del ricorrente alla sua percezione sulla base della dichiarazione di incostituzionalità dell’art. 97 d.P.R. n. 1092/1973 di cui alla sentenza n. 232/1993 della Corte Costituzionale, come da pacifica giurisprudenza (Corte dei Conti – Sezioni Riunite, sent. n. 25/98/QM).
Si soggiunge che in ogni caso l’amministrazione resistente era tenuta all’esatto adempimento del pagamento di quanto dovuto d’ufficio, ex art. 195, comma 2, del d.P.R. n. 1092/1973, in ottemperanza alla normativa emendata dalla Corte Costituzionale, e si richiama la sentenza n. 2132/1999 della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la regione Marche, ove si afferma che “…il ricorso, pur dovendo presupporre una pronunzia dell'ammissibilità che non risulta preventivamente emessa, tuttavia va ritenuto ugualmente ammissibile…perché con il ricorso medesimo si impugna pur sempre un comportamento omissivo dell’amministrazione desumibile dall’importo dei mandati di pagamento relativi al trattamento pensionistico e del quale ben può avere cognizione questa Sezione quale giudice del rapporto pensionistico”.
Si afferma, infine, la spettanza di interessi legali e rivalutazione monetaria ai sensi della sentenza della Corte Costituzionale, con il cumulo dei predetti accessori ex art. 16, comma 6, della legge n. 412/1991.
Si chiede, pertanto, che questa Corte voglia accogliere il ricorso e per l’effetto: 1) riconoscere e dichiarare il diritto del ricorrente alla percezione della indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità sul trattamento pensionistico iscrizione n. 16070843 a far data dal 15 luglio 1994 ad oggi, con ogni conseguente statuizione in ordine agli interessi e rivalutazione monetaria.
Si è costituita in giudizio la Direzione Provinciale dei Servizi Vari (ora Direzione Territoriale) di OMISSIS con memoria depositata il 7 ottobre 2009, nella quale si fa presente, in punto di fatto, che sulla partita di pensione intestata al sig. M. è stata corrisposta l’indennità integrativa speciale in misura intera dalla decorrenza del trattamento fino 14 luglio 1994, in quanto nello stesso periodo il ricorrente non prestava attività lavorativa, mentre dal 15 luglio 1994, data di assunzione del medesimo presso una ditta privata, si è provveduto a variare la misura della pensione disponendo dalla stessa data, in applicazione dell’art. 17 della legge n. 843 del 1978, l’attribuzione del trattamento pensionistico tabellare complessivo (costituito dalle voci pensione e indennità integrativa speciale) nella misura pari al trattamento minimo del fondo lavoratori pensioni erogato dall’INPS.
Si precisa, inoltre, che l’erogazione della 13^ mensilità è stata disposta nella misura spettante in rapporto al tipo di trattamento pensionistico dovuto.
In punto di diritto, svolte articolate osservazioni sulla natura risarcitoria delle pensioni militari “tabellari” alla luce di quanto affermato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 387 del 1989 sulla non assoggettabilità di dette pensioni all’imposta sul reddito delle persone fisiche, si vaglia criticamente, ritenendolo non corretto, l’assunto contenuto nella sentenza di questa Sezione giurisdizionale n. 1502/00/M del 14 giugno 2000, secondo cui la specifica materia in controversia troverebbe compiuta regolazione nel disposto dell’art. 139 del T.U. n. 1092 del 1973 e non in quello dell’art. 130 dello stesso T.U.
Sul punto, si rileva che l’art. 139 citato è intitolato specificamente alle pensioni privilegiate e in effetti, stante la sostanziale differenza, sancita dalla Corte Costituzionale tra pensioni privilegiate ordinarie e pensioni privilegiate “tabellari”, tale normativa risulta inidonea a ricomprendere una tipologia di pensione tanto diversa.
Si soggiunge che il Legislatore non fa distinzione tra tipologie diverse di pensioni “privilegiate”, ma come evidenziato dalla stessa Corte Costituzionale in materia di assoggettabilità ai fini IRPEF della pensione, le due tipologie devono essere trattate distintamente in quanto è la loro diversa natura che le distingue.
Si assume che ove il Legislatore parla di pensioni privilegiate si dovrebbe quindi intendere pensioni privilegiate “ordinarie”, senza che vi sia necessariamente un riferimento anche alle pensioni privilegiate “tabellari” le quali, invece, sarebbero equiparabili – con il ricorso al principio dell’analogia previsto dall'art. 12, comma 2, delle preleggi - alle pensioni di guerra, che non beneficiano dell’i.i.s. in quanto l’art. 2, comma 1, della legge n. 324 del 1959 non le ricomprende tra le pensioni aventi diritto a tale emolumento, facendo invece riferimento ai trattamenti privilegiati senza discriminare tra le due distinte tipologie evidenziate dalla Corte Costituzionale.
Si afferma, pertanto, che in assenza di una specifica distinzione le pensioni privilegiate “tabellari” potrebbero non essere comprese in tale casistica, e che l’attuale ordinamento, così come sembrerebbe configurarsi, attribuisce alle pensioni “tabellari” sia i vantaggi dell’essere pensione meramente risarcitoria, che quelli di essere pensione privilegiata, creando una palese disparità di trattamento in violazione dell’art. 3 della Costituzione.
In merito, poi, alla questione del cumulo di indennità integrative speciali, premessa una dettagliata ricostruzione del quadro normativo previgente alle sentenze n. 566/89 e n. 204/1992 della Corte Costituzionale – rispettivamente caducatorie dell’art. 99, comma 5, del T.U. n. 1092 del 1973 e dell’art. 17, comma 1, della legge n. 843 del 1978 nonché dell’art. 15 del 663 del 1979 –, si osserva che le due citate sentenze basano la declaratoria di incostituzionalità sulla salvaguardia del principio del principio stabilito dall’art. 36, comma 1 della Costituzione, statuendo che non sono legittime le norme che implicano una sostanziale decurtazione nel complessivo trattamento pensionistico senza stabilire il limite minimo dell’emolumento dell’attività esplicata, in relazione al quale tale decurtazione diventa operante.
Si sostiene che, nel vuoto normativo succeduto alle pronunce di incostituzionalità delle norme anzidette, assume rilevanza il ricorso in via analogica – ex art. 12, comma 2, delle preleggi – all’art. 1, comma 4, della legge n. 324 del 1959, tuttora vigente nell’ordinamento e che pone il divieto di cumulo di due indennità integrative speciali per la fattispecie di “cumulo di impieghi”.
Si deduce che l’interpretazione sistematica e la coerenza dell’ordinamento, anche con riguardo al principio costituzionale di eguaglianza, inducono a ritenere ancora esistente un generale divieto di cumulo di due “indennità integrative speciali”, peraltro riconosciuto dalla stessa Corte Costituzionale oltre che nella sentenza n. 172 del 1991 anche nella sentenza n. 494 del 1993.
Si argomenta che se il divieto di cumulo delle indennità integrative speciali è per la Corte Costituzionale un principio da tener fermo per i titolari di più pensioni, ove invece venisse ammesso prima dell’intervento del Legislatore - legittimato a determinare limiti, misura e decorrenza della retribuzione oltre la quale diventano operanti l’incumulabilità, l’esclusione e il congelamento dell’i.i.s. – il cumulo integrale per i pensionati svolgenti anche attività lavorativa alle dipendenze di terzi, si vulnerebbe il principio di ragionevolezza riconosciuto dal giudice delle leggi col mantenimento del divieto di cumulo per i titolari di più pensioni.
Si richiamano, a conforto di quanto dedotto, le sentenze delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti che hanno ribadito la persistenza del divieto di cumulo di doppia indennità integrativa speciale (SS.RR, n. 39-40/1997/QM; n. 14/2003/QM; n. 2/2006/QM), e si rileva, infine, come una eventuale sentenza di accoglimento, per gli aggravi di spesa che comporterebbe al Bilancio dello Stato, potrebbe rivelarsi in contrasto con l’art. 81, comma 4, della Costituzione.
Conclusivamente, si solleva in via incidentale eccezione di legittimità costituzionale del d.P.R. n. 1092 del 1973 in relazione alle sentenze della Corte Costituzionale n. 387/89, 151/81, 566/89, 204/92 e 494/94, nella parte in cui non differenzia fra pensione privilegiata ordinaria tabellare e pensione privilegiata ordinaria, in relazione al divieto di cumulo di doppia i.i.s.
Nel merito si chiede, in via principale, il rigetto del ricorso; in via subordinata, si eccepisce la intervenuta prescrizione delle somme spettanti al ricorrente per il quinquennio antecedente la data di notifica dell’atto introduttivo del presente giudizio.
Nell’udienza odierna il ricorrente sig. M. M. , liberamente interrogato, ha confermato il contenuto del ricorso, mentre la dott.ssa R….. B……, in rappresentanza della Direzione Territoriale di OMISSIS , esclusa la possibilità di conciliazione della lite ai sensi dell’art. 420 c.p.c., riportandosi alla memoria di costituzione ha insistito per il rigetto del gravame e, in subordine, per l’applicazione della prescrizione.
La causa è quindi passata in decisione, con conseguente lettura del dispositivo.
Considerato in
DIRITTO
La prima questione sottoposta all’esame della Corte concerne l’attribuibilità, in favore del ricorrente, della indennità integrativa speciale in misura intera – anziché nella minore misura necessaria ad ottenere l’integrazione al trattamento minimo INPS - sulla pensione privilegiata tabellare percepita in concomitanza di attività lavorativa retribuita alle dipendenze di terzi.
Al riguardo occorre ricordare che l'art. 99, quinto comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, stabiliva che la corresponsione dell'indennità integrativa speciale "è sospesa nei confronti del titolare di pensione o di assegno che presti opera retribuita, sotto qualsiasi forma, presso lo Stato, amministrazioni pubbliche o enti pubblici, anche se svolgono attività lucrativa".
Successivamente, l'art. 17, primo comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 843 aveva ampliato tale principio, vietando la cumulabilità dell'indennità integrativa speciale con la retribuzione "percepita in costanza di rapporto di lavoro alle dipendenze di terzi", dovendosi comunque fare salvo "l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti".
Era poi sopravvenuta la disposizione dell'art. 15 del d.l. 30 dicembre 1979, n. 663 (conv. nella l. 29 febbraio 1980, n. 33), stabilendo che, "nei confronti dei pensionati con rapporto di lavoro alle dipendenze di terzi alla data del 31 dicembre 1978, aventi diritto all'indennità integrativa speciale, il divieto di cumulo di cui al primo comma della l. 21 dicembre 1978, n. 843, si applica limitatamente agli incrementi dell'indennità stessa accertati dall'1 gennaio 1979 in poi".
La Corte Costituzionale, con la nota sentenza n. 566 del 1989, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del sopracitato art. 99, quinto comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 statuendo che "la diminuzione del trattamento pensionistico complessivo può essere giustificata e compatibile col principio stabilito dall'art. 36, primo comma, della Costituzione soltanto se sia correlata ad una retribuzione della nuova attività lavorativa che ne giustifichi la misura", e che pertanto “non sono legittime norme che, come quella impugnata, implicano una sostanziale decurtazione del complessivo trattamento pensionistico, senza stabilire il limite minimo dell'emolumento dell'attività esplicata, oltre il quale tale decurtazione diventa operante”.
Alla luce del suddetto principio, con successiva sentenza n. 204 del 1992 la stessa Corte ha giudicato costituzionalmente illegittimi l'art. 17, primo comma, della l. 21 dicembre 1978, n. 843 e l'art. 15 del d.l. 30 dicembre 1979, n. 663 “nella parte in cui non determinano la misura della retribuzione oltre la quale diventano operanti l'esclusione e il congelamento dell'indennità integrativa speciale” nei confronti dei pensionati che prestino opera retribuita presso terzi, precisando che “tale determinazione (e quella della relativa decorrenza) spetta al legislatore e deve esplicarsi in modo da salvaguardare il precetto dell'art. 36, primo comma, della Costituzione”.
Sono noti i difformi orientamenti che, a seguito delle suindicate declaratorie di incostituzionalità, sono emersi nella giurisprudenza della Corte dei Conti in ordine alla permanenza del divieto di cumulo di plurima indennità integrativa speciale su pensione e retribuzione.
Si è formato, comunque, un consolidato indirizzo giurisprudenziale (adottato dalla Sezione II Centrale d’appello e seguito da copiosa giurisprudenza di varie Sezioni territoriali) secondo il quale nell’ordinamento pensionistico, per effetto della giurisprudenza costituzionale intervenuta in materia, ed in assenza di un intervento del Legislatore – non competendo al giudice, contrariamente a quanto affermato dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti con sentenza n. 1/QM/2000, il compito di individuare il criterio per stabilire il limite di reddito oltre il quale non è consentito il cumulo - non è più sussistente il “blocco” dell’indennità integrativa speciale in caso di cumulo tra pensione e retribuzione, e pertanto il titolare di pensione (ivi compresa la pensione privilegiata tabellare) ha diritto a percepire l’i.i.s. nella misura piena spettante – anziché per la minor parte eventualmente necessaria ad integrare la pensione in godimento al c.d. “minimo Inps” – per il periodo concorrente con la prestazione di attività lavorativa retribuita (ex multis: Corte dei Conti Sez. giur. reg. Piemonte n. 113/2006; Sez. giur. reg. Lombardia n. 791/2003 e n. 773/2002; Sez. II di appello, 05 maggio 2000, n. 141/A).
Tale indirizzo giurisprudenziale, seguito anche da questa Sezione e qui condiviso, trova sostegno in quanto precisato con ordinanza n. 517/2000 dalla Corte Costituzionale, la quale - nuovamente adita sulla questione del divieto di cumulo della indennità integrativa speciale su pensione e retribuzione che si assumeva tuttora vigente ai sensi dell'art. 2, 7° comma, della legge n. 324 del 1959 e dell'art. 130, ultimo comma, del D.P.R. n. 1092 del 1973 -, nel dichiarare la manifesta inammissibilità della sollevata questione di legittimità costituzionale delle norme appena citate, ha rilevato tra l’altro:
-“che il giudice rimettente muove da un erroneo presupposto secondo cui persisterebbe, nell'ordinamento vigente, un divieto generale di cumulo tra due indennità integrative speciali su pensioni o retribuzioni, secondo un asserito diritto vivente discendente da sentenze delle Sezioni riunite della Corte dei conti risalenti al 1994 e al 1997, laddove, invece, una tale interpretazione doveva e deve ancora oggi - nonostante la sopravvenuta sentenza delle Sezioni riunite della stessa Corte 3 gennaio 2000, peraltro non seguita da numerose e più recenti sentenze nelle diverse sedi regionali e centrali - ritenersi tutt'altro che maggioritaria o prevalente. Ne consegue che tra le diverse interpretazioni sulla persistenza del divieto, il giudice poteva scegliere una interpretazione diversa, da quella che lo stesso giudice dimostra di ritenere incostituzionale”;
- “che il giudice a quo non tiene conto delle conseguenze ricollegabili alla cessazione di efficacia - a seguito delle sentenze n. 566 del 1989 e n. 232 del 1992 di questa Corte - del divieto generalizzato di cumulo dell'indennità in questione con altra indennità identica o analoga contenuto nelle norme statali che prevedevano tale divieto, ma non fissavano un limite al di sotto del quale tale divieto non poteva essere operante”;
- “che il legislatore - giova sottolineare - non è affatto tenuto, sul piano della costituzionalità, a seguire la via obbligata del divieto di cumulo tra indennità integrative speciali derivanti da trattamenti di pensione o da prestazioni lavorative, essendogli consentita una serie di soluzioni diverse, ferma l'esigenza di un equilibrio finanziario del sistema retributivo-pensionistico”;
- “che un divieto di cumulo ormai caducato non può rivivere, sotto forma di interpretazione, senza un intervento del legislatore, cui deve restare la discrezionalità della scelta tra le diverse soluzioni, anche con differenziazioni temporali collegate alla diversa nuova natura dell'indennità anzidetta, in relazione al conglobamento pensionistico e alla diminuita incidenza del problema a partire dal 1994 (legge 23 dicembre 1994, n. 724)”.
E le stesse Sezioni Riunite della Corte dei Conti, nella sentenza n. 14/2003/QM - che si occupa specificamente della fattispecie relativa al cumulo di indennità su due pensioni - hanno affermato che "in effetti, un divieto di cumulo non esiste più in forma generalizzata essendo venuto meno - in virtù di sentenze di mero annullamento - per l'ipotesi del pensionato che presti opera retribuita ed essendo confermato con salvaguardia del minimo I.N.P.S. nei riguardi del soggetto che percepisca due pensioni".
Per tutto quanto sopra esposto, ed in assenza di un espresso intervento legislativo nella materia de qua, deve quindi ritenersi consentito il cumulo di una doppia indennità integrativa speciale in misura intera, afferente l'una a trattamento pensionistico, e l'altra a un trattamento stipendiale o di attività.
Tale assunto vale anche nel caso in cui il trattamento pensionistico sia costituito, come nella fattispecie in esame, da una pensione “ militare tabellare”, prevista dall’art. 67, ultimo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973.
Va peraltro considerato, in relazione alla questione di legittimità costituzionale prospettata nella memoria di costituzione dell’Amministrazione convenuta, che la pensione c.d. “tabellare”, pur avendo natura non reddituale - natura che, come sottolineato dalla Corte Costituzionale nella sentenza n. 387 del 1989, << la diversifica dalle pensioni privilegiate ordinarie “comuni”, le quali presentano invece carattere reddituale (di retribuzione differita), mentre la rende assimilabile alle pensioni di guerra in ragione della comune funzione risarcitoria >> -, appartiene in ogni caso al genere delle pensioni privilegiate ordinarie, civili e militari, che trovano tutte la loro genesi e la loro disciplina nel d.P.R. n. 1092 del 1973.
Ne consegue che una differenziazione, quanto all’applicazione del divieto di cumulo di una doppia indennità integrativa speciale, delle pensioni “militari tabellari” rispetto alle altre pensioni privilegiate ordinarie risulterebbe discriminatoria e confliggente con il sistema normativo già oggetto di precise indicazioni della Corte Costituzionale.
Né appare conferente il riferimento, in via analogica, alla normativa in materia di pensioni di guerra, ed in particolare alle disposizioni di cui all’art. 1 del d.P.R. n. 834 del 1981 aventi ad oggetto l’adeguamento automatico dei trattamenti pensionistici di guerra.
Devesi invero considerare che, come ripetutamente affermato dalla giurisprudenza anche costituzionale, la pensione di guerra ha causa e finalità nettamente distinte da quelle delle pensioni privilegiate ordinarie, e pertanto l’ordinamento pensionistico di guerra ha una sua diversità ed una sua autonomia dovute alla particolarità della materia non assimilabile, sul piano sostanziale, a quella delle pensioni ordinarie, sicché qualunque raffronto tra le due legislazioni (quella in materia di pensioni di guerra e quella in materia di pensioni privilegiate ordinarie, ivi comprese le pensioni “militari tabellari”) risulta improprio (cfr. Corte dei Conti - Sez. I, 24 gennaio 2005 n. 25, 11marzo 2002 n. 76).
L’addotta questione di legittimità costituzionale, a parte una certa sua genericità in quanto non vengono specificate le disposizioni normative del d.P.R. n. 1092 del 1973 sospettate di illegittimità costituzionale, è da ritenersi, pertanto, manifestamente infondata, e quindi da disattendere.
Per quanto attiene, poi, alla tredicesima mensilità, è sufficiente riportarsi a quanto affermato dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti nella sentenza n. 25/98/QM del 28 dicembre 1998, laddove si deduce che successivamente alla sentenza della Corte Costituzionale n. 232 del 1992 “è venuto meno il divieto fissato dall’art. 97, primo comma, del T.U. n. 1092/1973 di corresponsione della tredicesima mensilità ai soggetti che percepiscano trattamenti pensionistici (o assimilati) a carico dello Stato e che prestino contemporaneamente opera retribuita alle dipendenze dello Stato o di altro ente pubblico” e si afferma conclusivamente che “non sussistendo alcuna norma di divieto di cumulo tra più assegni per tredicesima mensilità, questa spetta in ogni caso al pensionato”.
Concludendo, si deve riconoscere il diritto del ricorrente all’attribuzione in misura intera dell’indennità integrativa speciale e della tredicesima mensilità sulla pensione tabellare fruita in concomitanza di prestazione lavorativa subordinata; salvo ovviamente quanto dal ricorrente medesimo già percepito allo stesso titolo sulla predetta pensione e salvi, altresì, gli effetti della intervenuta prescrizione – ai sensi dell’art. 2 l. 7 agosto 1985 n. 428, che ha sostituito l’art. 2 r.d.l. 19 gennaio 1939 n. 295 – dei ratei maturati anteriormente al quinquennio antecedente la data di notifica all’Amministrazione intimata dell’atto introduttivo del presente giudizio (cfr. Corte dei Conti - Sez. II, 21 maggio 2003 n. 207/A; Sez. III, 12 febbraio 2003 n. 62/A).
Inoltre, in conformità ad un orientamento ormai definito della giurisprudenza di questa Corte (v. Sezioni Riunite, sentenza n. 6/2008/QM), sulle somme dovute in forza della presente pronuncia va riconosciuto al ricorrente il diritto al “maggior importo” tra interessi e rivalutazione ex art. 429, comma 3, cod. proc. civ., tenuto conto delle percentuali di interessi legali e dell’indice ISTAT ex art. 150 disp. att. cod. proc. civ. rilevati anno per anno; tale importo va calcolato a decorrere da ogni singola scadenza debitoria e sino all’effettivo soddisfo.
Nei sensi ed entro i limiti delle considerazioni che precedono il ricorso de quo deve giudicarsi fondato.
Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
la Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale regionale per l'Emilia-Romagna in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica, definitivamente pronunciando
Accoglie
il ricorso in epigrafe nei sensi ed entro i limiti di cui in motivazione, e per l’effetto:
- riconosce il diritto del ricorrente all’attribuzione in misura intera dell’indennità integrativa speciale e della 13^ mensilità sulla pensione tabellare in godimento in concomitanza della prestazione di opera retribuita alle dipendenze di terzi, salvo quanto già percepito al medesimo titolo sulla predetta pensione e salvi, altresì, gli effetti della intervenuta prescrizione dei ratei maturati anteriormente al quinquennio antecedente la data di notifica all’Amministrazione intimata dell’atto introduttivo del presente giudizio;
- riconosce inoltre, sulle somme accordate in forza della odierna pronuncia, il diritto agli accessori da calcolarsi nei modi precisati in motivazione.
Spese compensate.
Manda alla Segreteria della Sezione per gli adempimenti di rito.
Così deciso in Bologna, addì 7 aprile 2010.
Il giudice
( OMISSIS)
f.to OMISSIS
Depositata in Segreteria il 25/05/2010
Il Direttore di Segreteria
f.to dr.ssa V…. S….
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Sentenza 634 2010 PUBBLICAZIONE 20-04-2010

REPUBBLICA ITALIANA
NEL NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania
in composizione monocratica nella persona del Consigliere M…. T….., in funzione di Giudice Unico delle pensioni, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio iscritto al n. 16383/PM del registro di segreteria promosso dal sig.
R.G.
nato il omissis ed ivi elettivamente domiciliato alla via D’Afflitto n. 38 presso lo studio degli avv.ti R….. M…… e D…… S…… che lo rappresentano e difendono come da mandato in calce all’atto di prosecuzione ai sensi dell'art. 6 della legge 14 gennaio 1994, n. 19;
CONTRO
Ministero della Difesa, Dir. Gen. Pens. Mil. – II° Rep. – 6^ Div., costituito;
VISTO il ricorso depositato presso la Segreteria della VI^ Sezione Giurisdizionale – Pensioni militari - il 3 gennaio 1987 avverso il decreto n. 273 del Ministero della Difesa datato 21.10.1985 ;
VISTI gli atti e documenti di causa;
CHIAMATO il giudizio alla pubblica udienza dell’8 aprile 2010 con l’assistenza del segretario dott. …….., sono presenti gli avv.ti R.. M… e D…. S…. per il ricorrente. Non è comparsa l'Amministrazione costituita;
Rilevato in
FATTO
1. Dagli atti di causa risulta che, con decreto n. 273 del 21 ottobre 1985, il Ministero della Difesa riconosceva al sig. R.G., militare in congedo, indennità una tantum, in luogo di pensione, pari a due annualità di ottava categoria per l’ infermità, contratta per causa di servizio, “ omissis ”.
L'Amministrazione, vista la domanda dell’interessato, presentata il 25 giugno 1982, faceva proprio il parere espresso dalla Commissione Medica Ospedaliera dell'Ospedale Militare di Caserta ( omissis del 12 novembre 1984) con il quale l'organo tecnico, posta diagnosi di (omissis ), riconosceva la dipendenza da causa di servizio (dipendenza confermata anche dal parere del CPPO del 14 maggio 1985) della predetta patologia e la riteneva meritevole di indennità una tantum (due annualità di ottava categoria).
2. Con il ricorso di cui è causa, l’interessato impugnava il decreto n. 273 sopra indicato, ritenendolo ingiusto e lesivo dei suoi interessi.
3. Incardinato il giudizio, in data 3 aprile 2009 il ricorrente depositava presso la segreteria di questa Sezione giurisdizionale atto di prosecuzione e richiesta di fissazione udienza ai sensi degli articoli 6 della legge 14 gennaio 1994, n. 19 e 9 della legge n. 205 del 21 luglio 2000.
In data 6 agosto 2009, il Ministero della Difesa trasmetteva note difensive con cui, nel prendere atto della fissazione dell’odierna udienza, affermava la vincolatività del parere medico legale a cui l’Amministrazione si era attenuta e, di conseguenza, la legittimità del proprio operato. Concludeva per il rigetto del ricorso, eccependo in ogni caso la prescrizione quinquennale sui ratei di pensione non riscossi.
Con memoria depositata l’11 settembre 2009, la difesa del ricorrente depositava documentazione sanitaria e relazione medico legale a firma del dott. ………, concludendo affinché fossero disposti accertamenti clinici e, in riforma dell'impugnato decreto, fosse riconosciuta l’ascrivibilità della patologia sofferta dal ricorrente alla VI^ -VII categoria tab. A di cui al DPR 30/12/1981 n. 834.
All'esito dell'udienza del 24 settembre 2009, questo Giudice - ritenuto necessario un supplemento d’istruttoria- disponeva l’acquisizione (ord. N. ….-09) di motivato parere del Collegio Medico Legale - Sezione Speciale presso la Corte dei Conti in Roma in ordine ai seguenti quesiti: 1) se l’infermità da cui è risultato affetto il sig. R.G. “ omissis ” possa ritenersi, alla data del congedo (…..- 1982) e della domanda (25 giugno 1982) nonché della visita collegiale presso la CMO di Caserta (…..- 1984), equamente indennizzata con assegno una tantum pari a due annualità di ottava categoria; 2) in caso negativo, a quale categoria di pensione andava ascritta l’infermità di cui è causa.”
In data 26 gennaio 2010 perveniva il richiesto parere della Sezione Speciale del Collegio Medico presso la Corte dei Conti.
Con nota dell’1.3.2010, il Ministero prendeva atto della data di fissazione dell’udienza e trasmetteva copia della propria memoria del 30.7.2009.
4. All’odierna udienza, l’avvocato D……. S……., preso atto del parere del CML, ha concluso per l’accoglimento del ricorso.
DIRITTO
5. Come esposto nella parte che precede, il ricorrente chiede a questa Sezione che gli venga riconosciuto il diritto a miglior trattamento pensionistico per l’infermità OMISSIS.
6. Orbene, questo Giudice ha acquisito il parere – espresso con nota del 14 gennaio 2010 - della Sezione Speciale del Collegio Medico presso la Corte dei Conti la quale, previo esame della documentazione amministrativa e sanitaria del sig. R.G., ha rilevato quanto segue.
“ Dalla disamina dell'intera documentazione di causa, questo collegio medico legale ritiene possibile condividere le conclusioni del perito di parte circa la verosimile natura specifica dell’infermità posta a diagnosi. Infatti le caratteristiche del liquido pleurico (vedi esame del …../…./1982 effettuando presso l'Ospedale di Sora) confermano la presenza di essudato emorragico a spiccata impronta linfocitaria (così come solitamente si rileva nelle forme specifiche), il trattamento farmacologico praticato in occasione del ricovero è specificatamente antitubercolare, anche la positività tardiva al line test conferma la natura tubercolare dell'episodio infettivo pleurico.
Diversa risulta la valutazione circa la definizione del "quantum" poiché la esigua rilevanza clinica della lesione, pur nella sua estrinsecazione bilaterale, consente di ritenere equa l'attribuzione della ottava categoria vitalizia.
PARERE MEDICO LEGALE
In considerazione di quanto precedentemente evidenziato, questo collegio ritiene di poter assumere il seguente parere tecnico motivato: l’ infermità "OMISSIS" risultava meritevole di VIII^ categoria vitalizia di tab. A".
Orbene, questo Giudice, preso atto delle motivate argomentazioni formulate dal consulente ed esaminata la documentazione di causa, ritiene che non vi sia alcun motivo per discostarsi dal contenuto del predetto parere tecnico e che, di conseguenza, la pretesa attorea vada accolta e debba essere riconosciuto al ricorrente il diritto a trattamento pensionistico di 8^ categoria Tab A oltre ad assegni di cura dalla data del congedo (……..- 1982), detratto il fruito.
7. Sulle somme arretrate andranno liquidati gli interessi legali o, qualora più favorevole, la rivalutazione monetaria fino al soddisfo, secondo i criteri fissati nella decisione delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti QM n. 10/2002.
8. Sussistono, stante la vetustà del gravame, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Campania, in composizione monocratica quale Giudice Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe ai sensi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Così deciso, in Napoli, all’udienza dell’8 aprile 2010.
IL GIUDICE UNICO
Cons. omissis
Depositata in Segreteria il

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Sentenza nr 636 del 2010 PUBBLICAZIONE 20-04-2010

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
Sezione Giurisdizionale per la Regione Campania
in composizione monocratica nella persona del Consigliere M….. T…….., in funzione di Giudice Unico delle pensioni, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio iscritto al n. 26084 del registro di segreteria promosso dal sig.
S.A.
nato il omissis ed elettivamente domiciliato in Napoli alla via Depretis n. …… presso lo studio dell’avvocato C….. G…. che lo rappresenta e difende come da delega a margine dell’atto introduttivo di giudizio;
CONTRO
Ministero della Difesa – Direzione Generale Personale Militare VI Reparto XX Divisione;
Ministero della Difesa in persona del Ministro pro tempore, dom.to per la carica ope legis, presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato, via Diaz, 11 Napoli;
VISTA la legge 21 luglio 2000 n. 205;
VISTO il ricorso depositato in data 26 marzo 1996 presso la Segreteria di questa Sezione Giurisdizionale;
ESAMINATI tutti gli atti di causa;
CHIAMATO il giudizio alla pubblica udienza dell’8 marzo 2010 con l’assistenza del segretario dott. ………., presente l'avv. C….. G…… per il ricorrente, non è comparsa l'Amministrazione costituita.
Ritenuto in
FATTO
1. In data 28 marzo 1996 il sig. S.A. depositava presso la Segreteria di questa Sezione, il ricorso specificato in epigrafe con cui chiedeva l'accertamento e la declaratoria del diritto alla corresponsione di interessi legali e rivalutazione monetaria sui singoli ratei arretrati della pensione riconosciutagli con decreto n. 157 del 14.11.1990 a far data dall’1.05.1980.
Al riguardo, faceva presente che: 1) il trattamento pensionistico gli era stato corrisposto materialmente soltanto nel marzo 1991 comprensivo di arretrati, ma senza interessi legali e rivalutazione monetaria; 2) con nota del 28 novembre 1995 aveva chiesto l’erogazione dei predetti accessori; 3) il Ministero della Difesa aveva respinto l’istanza avanzata in via amministrativa con nota del 19.1.1996.
Nel riportarsi all’orientamento giurisprudenziale espresso dalla Cass. Civ. con dec. n. 1994 del 24.2.1988 e n. 3004/86 nonché a quello espresso con decisione n. 63736 del 2.5.1990 dalla C.C. III^ Sez. pens civ e n. 525/ A delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti, concludeva per l’accoglimento del ricorso.
2. Con nota del 16 dicembre 1991, l’Avvocatura dello Stato depositava in giudizio atti e relazione del Ministero della Difesa con cui l’Amministrazione rappresentava di aver respinto l’istanza volta ad ottenere gli accessori richiesti in assenza di una normativa che ne prevedesse i casi e le modalità di concessione.
3. All’odierna udienza di discussione l'avv. C…… G…… ha ribadito quanto esposto nel ricorso introduttivo e nelle memorie scritte.
Il giudizio è passato in giudizio.
DIRITTO
4. Come esposto nella parte che precede, il ricorrente chiede che gli vengano corrisposti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria sui ratei di pensione privilegiata tabellare militare concessagli con decreto ministeriale n. ….. del 14.11.1990 a far data dall’1.05.1980.
5. Il ricorso è fondato e dev’essere accolto.
Nel merito, questo Giudice rileva che, nella presente fattispecie, trovano applicazione i principi fissati dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti con decisione Q.M. n. 10/2002.
Le Sezioni, preso atto dell’ estesa applicazione degli artt. 420, 421, 429, 430, 431 del codice di procedura civile ai giudizi pensionistici innanzi al Giudice Unico delle pensioni in virtù del richiamo operato dall’art. 5 della Legge 205 del 2000, hanno specificatamente ritenuto che l'art. 429, co. 3, c.p.c. configuri un generale diritto del titolare di trattamento pensionistico, in caso di ritardata liquidazione dello stesso, al riconoscimento (contestualmente alla prestazione principale) degli interessi legali e della rivalutazione monetaria.
Ciò per tutti i giudizi pensionistici di cognizione della Corte dei Conti, compresi quelli afferenti alle pensioni di guerra ed alle pensioni militari cd. tabellari, pendenti avanti il Giudice monocratico alla data (10 agosto 2000) di entrata in vigore della L. n. 205/2000, o afferenti a rapporti creditori maturati anteriormente alla L. n. 205 cit..
La richiamata sentenza delle SS.RR. ha fissato in materia il principio secondo cui gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, componenti essenziali legate da automatismo giuridico al credito pensionistico soddisfatto con ritardo, debbono essere attribuiti con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto (e fermo restando il principio generale della prescrizione quinquennale con decorrenza dal momento dell'insorgenza del diritto).
Orbene, questo Giudice ritiene che tale momento non coincida - nella presente fattispecie - con il provvedimento ministeriale n. ……. del 14.11.1990 con cui è stato riconosciuto il diritto alla pensione, ma dalla data di decorrenza (dall’1.05.1980) del trattamento in questione come individuata nel suindicato decreto.
Quest’ultimo si configura come un atto costitutivo con efficacia ex tunc e, conseguentemente, fissando all’1.5.1980 la decorrenza del trattamento privilegiato, non fa altro che attualizzare a quella data un trattamento pensionistico che solo per il ritardo dell'Amministrazione non ha potuto costituire oggetto di tempestivo formale riconoscimento (vedasi, in tal senso, Corte dei Conti, Sez. Terza d’Appello sent. 446/2004).
L’univoco richiamo operato dall’art, 5 della L. n. 205/2000 al regime del cumulo tra rivalutazione monetaria ed interessi per “tutte” le pensioni attratte nel potere cognitivo della Corte dei conti ha reso incompatibile - secondo le Sezioni – “tale regime con il pregresso sistema indotto dall’art. 16, co. 6, della L. n. 412/1991, ripreso dall’art. 22, co 36, della L. n. 724/1994 ed insostenibile ogni differenziazione tra pensioni c.d. contributive (civili e militari) e risarcitorie (di guerra e c.d. militari tabellari), eliminando tra le stesse ogni differenziazione rispetto al nuovo regime, nonché ogni margine di operatività dell’art. 1224 cod. civ.”
Secondo l’orientamento giurisprudenziale che si riporta e condivide, il generale principio di cumulo tra interessi e rivalutazione monetaria anche in materia di crediti pensionistici, non può essere inteso, però, come una mera sommatoria degli interessi e della rivalutazione, ma il danno da svalutazione deve essere risarcito soltanto nei limiti in cui ecceda la misura degli interessi legali.
Al fine di evitare che si venga a risarcire, sia pure per profili e con sistemi diversi, due volte lo stesso danno (cfr. Cass. 14 gennaio 1998, n. 260), la cumulabilità tra interessi e rivalutazione deve avvenire soltanto per il "danno aggiuntivo” a quello già coperto dagli interessi legali e dunque come "maggior importo” tra interessi e rivalutazione.
Il calcolo del c. d. “maggior importo” tra interessi e rivalutazione - in base all’art. 429, co. 3, c.p.c. – dev’essere, quindi, operato tenendo conto delle percentuali di interessi legali e dell’indice ISTAT ex art. 150 disp. att. cod. proc. civ. rilevati anno per anno, da applicare agli importi pensionistici spettanti alle singole scadenze a far data dal momento di maturazione del diritto pensionistico.
Orbene, questo Giudice, nell'uniformarsi all'autorevole indirizzo assunto dalle Sezioni Riunite con la sentenza testé indicata, riconosce il diritto del sig. S.A. agli interessi legali e, ove più favorevole, alla rivalutazione monetaria sui ratei di pensione arretrati liquidati nel marzo 1991.
6. Sussistono, tuttavia, giusti motivi per disporre la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Campania, in composizione monocratica quale Giudice Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe nei termini di cui in motivazione.
Spese compensate.
Così deciso, in Napoli, all’udienza dell’ 8 aprile 2010.
IL GIUDICE UNICO
Cons. Omissis
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Sentenza n. 619 del 2010 data PUBBLICAZIONE il 28-04-2010

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
la
Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale Regionale
per l'Emilia-Romagna
in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica, in persona del Consigliere dott. (omissis)
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio instaurato con il ricorso n. 41040/PM R.G. presentato da B.M., nato il omissis, rappresentato e difeso dall’avv. G….. F….. ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Modena, piazza …..omissis, avverso la Sede provinciale di Parma dell’Istituto nazionale di previdenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (INPDAP) per il riconoscimento dell’indennità integrativa speciale e della tredicesima mensilità sulla pensione privilegiata ordinaria in godimento;
Udita nella pubblica udienza del 3 marzo 2010, con l’assistenza del Segretario dott.ssa (omissis), l’avv. M…. G….., su delega dell’avv. G…… F…., per il ricorrente; non rappresentato l’INPDAP;
Visti gli atti di causa;
Ritenuto in
FATTO
A seguito della sentenza n. 1372/05/M di questa Sezione giurisdizionale, con decreto del Ministero della Difesa n. ……. in data ……. gennaio 2006 è stata attribuita al sig. B.M., già appartenente all’Ama dei Carabinieri, pensione privilegiata ordinaria vitalizia (iscrizione n. omissis) decorrente dal ….. settembre 1993 per infermità dipendente da causa di servizio.
Con istanza diffida del 19 dicembre 2006, seguita da ulteriore istanza in data 1° febbraio 2007, il sig. B., che svolge attività lavorativa retribuita alle dipendenze di terzi, ha chiesto all’INPDAP di Parma la corresponsione dell’indennità integrativa speciale in misura intera e della tredicesima mensilità sulla pensione in godimento, con relativi arretrati ed accessori.
Non avendo ottenuto risposta, il sunnominato ha adito questa Corte.
Nel ricorso in esame si sostiene il diritto dell’interessato alla corresponsione della indennità integrativa speciale in misura intera sulla pensione privilegiata osservandosi che alla luce di quanto precisato dalla Corte Costituzionale con l’ordinanza n. 438/98 e, più ancora, con la sentenza n. 516/2000 e l’ordinanza n. 517/2000, devono ritenersi ormai caducati i dubbi e le oscillazioni giurisprudenziali in tema di cumulo su pensione e stipendio, dal momento che “un divieto di cumulo ormai caducato non può rivivere sotto forma di interpretazione, senza un intervento del legislatore, cui deve restare la discrezionalità della scelta tra le diverse soluzioni, anche con differenziazioni temporali collegate alla diversa nuova natura dell’indennità anzidetta, in relazione al conglobamento pensionistico e alla diminuita incidenza del problema a partire dal 1994 (legge 23 dicembre 1994 n. 724)”.
Si richiama, inoltre, giurisprudenza favorevole di questa Sezione riportando, in particolare, vari passaggi argomentativi della sentenza n. 59/01/M, nella quale si afferma la cumulabilità della indennità integrativa speciale nel trattamento privilegiato tabellare con altra indennità integrativa speciale spettante nel trattamento di attività, nonché su ulteriore pensione ordinaria.
Si deduce che dalla affermata cumulabilità della indennità integrativa speciale nel trattamento privilegiato tabellare con altra indennità integrativa speciale spettante nel trattamento di attività discende, altresì, la cumulabilità, come assegno accessorio, della 13^ mensilità prevista dall’art. 94 del d.P.R. n. 1092/1973; ciò anche a voler prescindere dall’analisi della sentenza della Corte Costituzionale n. 232 del 1992 che, dichiarando l’incostituzionalità del primo comma dell’art. 97 d.P.R. n. 1092/1973, ha chiaramente inteso annullare il divieto di cumulo della 13^ mensilità spettante al pensionato per il periodo in cui ha prestato opera retribuita alle dipendenze dello stato, di amministrazioni pubbliche o enti pubblici (cfr. Corte dei Conti – Sezioni Riunite n. 25/QM del 1998).
Si assume, altresì, che sugli arretrati spetta la rivalutazione monetaria, ove superiore agli interessi legali, sia per l’appartenenza del ricorrente alla categoria del modesto consumatore, con la conseguente applicabilità della presunzione semplice del maggior danno da svalutazione monetaria, sia per quanto affermato dalle Sezioni Riunite di questa Corte nella sentenza n. 10/2002/QM del 18 ottobre 2002.
Si precisa, infine, che nel caso di specie non opera la prescrizione, poiché il riconoscimento del diritto a pensione è avvenuto soltanto con il citato decreto n. …. del ….. gennaio 2006 per cui, anteriormente, il diritto a percepire l’indennità integrativa speciale in misura intera non poteva essere fatto valere dal ricorrente.
Si chiede pertanto che questa Corte voglia: 1) accertare e dichiarare che al ricorrente spettavano e spettano l’indennità integrativa speciale in misura intera e la tredicesima mensilità sulla pensione privilegiata ordinaria in godimento anche se egli ha svolto, svolge e svolgerà attività lavorativa retribuita alle dipendenze di terzi; 2) in particolare, accertare e dichiarare l’obbligo per l’INPDAP di Parma di corrispondere al ricorrente l’i.i.s. e la 13^ mensilità sulla pensione privilegiata e sui ratei arretrati, senza prescrizione posto che anteriormente il diritto non poteva essere fatto valere, con rivalutazione monetaria e interessi legali; 3) condannare l’INPDAP di Parma al pagamento degli importi arretrati a favore del ricorrente, con rivalutazione monetaria e interessi legali dal dì del dovuto al saldo. Con vittoria di spese, competenze ed onorari.
Si è costituita in giudizio la Sede INPDAP di Parma con memoria depositata il 19 febbraio 2010, nella quale in punto di diritto si evidenzia che le declaratorie di incostituzionalità - rispettivamente dell’art. 99, comma 5, del d.P.R. n. 1092/1973 e dell’art. 17, comma 1, della legge n. 843/78 - pronunciate dalla Corte Costituzionale con le sentenze n. 566/89 e n. 204/92, se da un lato hanno provveduto ad espungere dal sistema il divieto di cumulo di più indennità integrative speciali, dall’altro hanno fatto rinvio ad un intervento legislativo volto alla fissazione di un limite al di sotto del quale tale divieto non può essere operante.
Si osserva che se così non fosse, non avrebbe alcun senso l’inciso “pur restando vietato il cumulo delle indennità integrative speciali”, ed appare evidente che il Giudice delle leggi, nell’introdurre tale inciso, ha tenuto conto dell’art. 81 della Costituzione, demandando al Legislatore di stabilire il tetto minimo nonché di predisporre l’occorrente copertura finanziaria.
Si deduce che, pertanto, l’unica interpretazione ragionevole non può che essere quella che “finché il Legislatore non sarà intervenuto per disciplinare la materia de qua, permane il divieto di cumulo di due indennità integrative speciali”.
Si fa presente, inoltre, che l’INPDAP, stanti la protratta inerzia del Legislatore e la consolidata giurisprudenza di questa Corte, che ha riconosciuto il diritto a percepire la doppia indennità su pensione e retribuzione, negli anni ha periodicamente reiterato, in via di autotutela, una soluzione amministrativa nei confronti dei pensionati aventi un ricorso giurisdizionale pendente.
A tale riguardo, si precisa che l’ultima proposta attivata, con nota del 112 giugno 2007, riguarda i ricorsi pendenti alla data del 30 aprile 2007, e non ha coinvolto l’odierno ricorrente, che ha presentato ricorso in data 8 ottobre 2007.
Conclusivamente, si chiede che, in caso di accoglimento del ricorso, si tenga conto dei termini di prescrizione quinquennale.
Nell’udienza odierna l’avv. M….. G….., per il ricorrente su delega dell’avv. G…. F……, ha insistito per l’accoglimento del ricorso e ribadito l’inoperatività, nella specie, della prescrizione.
La causa è quindi passata in decisione, con conseguente lettura del dispositivo.
Considerato in
DIRITTO
La prima questione sottoposta all’esame della Corte concerne l’attribuibilità, in favore del ricorrente, della indennità integrativa speciale in misura intera – anziché nella minore misura necessaria ad ottenere l’integrazione al trattamento minimo INPS - sulla pensione privilegiata tabellare percepita in concomitanza di attività lavorativa retribuita alle dipendenze di terzi.
Al riguardo occorre ricordare che l'art. 99, quinto comma, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, stabiliva che la corresponsione dell'indennità integrativa speciale "è sospesa nei confronti del titolare di pensione o di assegno che presti opera retribuita, sotto qualsiasi forma, presso lo Stato, amministrazioni pubbliche o enti pubblici, anche se svolgono attività lucrativa".
Successivamente, l'art. 17, primo comma, della legge 21 dicembre 1978, n. 843 aveva ampliato tale principio, vietando la cumulabilità dell'indennità integrativa speciale con la retribuzione "percepita in costanza di rapporto di lavoro alle dipendenze di terzi", dovendosi comunque fare salvo "l'importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti".
Era poi sopravvenuta la disposizione dell'art. 15 del d.l. 30 dicembre 1979, n. 663 (conv. nella l. 29 febbraio 1980, n. 33), stabilendo che, "nei confronti dei pensionati con rapporto di lavoro alle dipendenze di terzi alla data del 31 dicembre 1978, aventi diritto all'indennità integrativa speciale, il divieto di cumulo di cui al primo comma della l. 21 dicembre 1978, n. 843, si applica limitatamente agli incrementi dell'indennità stessa accertati dall'1 gennaio 1979 in poi".
La Corte Costituzionale, con la nota sentenza n. 566 del 1989, ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del sopracitato art. 99, quinto comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 statuendo che "la diminuzione del trattamento pensionistico complessivo può essere giustificata e compatibile col principio stabilito dall'art. 36, primo comma, della Costituzione soltanto se sia correlata ad una retribuzione della nuova attività lavorativa che ne giustifichi la misura", e che pertanto “non sono legittime norme che, come quella impugnata, implicano una sostanziale decurtazione del complessivo trattamento pensionistico, senza stabilire il limite minimo dell'emolumento dell'attività esplicata, oltre il quale tale decurtazione diventa operante”.
Alla luce del suddetto principio, con successiva sentenza n. 204 del 1992 la stessa Corte ha giudicato costituzionalmente illegittimi l'art. 17, primo comma, della l. 21 dicembre 1978, n. 843 e l'art. 15 del d.l. 30 dicembre 1979, n. 663 “nella parte in cui non determinano la misura della retribuzione oltre la quale diventano operanti l'esclusione e il congelamento dell'indennità integrativa speciale” nei confronti dei pensionati che prestino opera retribuita presso terzi, precisando che “tale determinazione (e quella della relativa decorrenza) spetta al legislatore e deve esplicarsi in modo da salvaguardare il precetto dell'art. 36, primo comma, della Costituzione”.
Sono noti i difformi orientamenti che, a seguito delle suindicate declaratorie di incostituzionalità, sono emersi nella giurisprudenza della Corte dei Conti in ordine alla permanenza del divieto di cumulo di plurima indennità integrativa speciale su pensione e retribuzione.
Si è formato, comunque, un consolidato indirizzo giurisprudenziale (adottato dalla Sezione II Centrale d’appello e seguito da copiosa giurisprudenza di varie Sezioni territoriali) secondo il quale nell’ordinamento pensionistico, per effetto della giurisprudenza costituzionale intervenuta in materia, ed in assenza di un intervento del Legislatore – non competendo al giudice, contrariamente a quanto affermato dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti con sentenza n. 1/QM/2000, il compito di individuare il criterio per stabilire il limite di reddito oltre il quale non è consentito il cumulo - non è più sussistente il “blocco” dell’indennità integrativa speciale in caso di cumulo tra pensione e retribuzione, e pertanto il titolare di pensione (ivi compresa la pensione privilegiata tabellare) ha diritto a percepire l’i.i.s. nella misura piena spettante – anziché per la minor parte eventualmente necessaria ad integrare la pensione in godimento al c.d. “minimo Inps” – per il periodo concorrente con la prestazione di attività lavorativa retribuita (ex multis: Corte dei Conti Sez. giur. reg. Piemonte n. 113/2006; Sez. giur. reg. Lombardia n. 791/2003 e n. 773/2002; Sez. II di appello, 05 maggio 2000, n. 141/A).
Tale indirizzo giurisprudenziale, seguito anche da questa Sezione e qui condiviso, trova sostegno in quanto precisato con ordinanza n. 517/2000 dalla Corte Costituzionale, la quale - nuovamente adita sulla questione del divieto di cumulo della indennità integrativa speciale su pensione e retribuzione che si assumeva tuttora vigente ai sensi dell'art. 2, 7° comma, della legge n. 324 del 1959 e dell'art. 130, ultimo comma, del D.P.R. n. 1092 del 1973 -, nel dichiarare la manifesta inammissibilità della sollevata questione di legittimità costituzionale delle norme appena citate, ha rilevato tra l’altro:
-“che il giudice rimettente muove da un erroneo presupposto secondo cui persisterebbe, nell'ordinamento vigente, un divieto generale di cumulo tra due indennità integrative speciali su pensioni o retribuzioni, secondo un asserito diritto vivente discendente da sentenze delle Sezioni riunite della Corte dei conti risalenti al 1994 e al 1997, laddove, invece, una tale interpretazione doveva e deve ancora oggi - nonostante la sopravvenuta sentenza delle Sezioni riunite della stessa Corte 3 gennaio 2000, peraltro non seguita da numerose e più recenti sentenze nelle diverse sedi regionali e centrali - ritenersi tutt'altro che maggioritaria o prevalente. Ne consegue che tra le diverse interpretazioni sulla persistenza del divieto, il giudice poteva scegliere una interpretazione diversa, da quella che lo stesso giudice dimostra di ritenere incostituzionale”;
- “che il giudice a quo non tiene conto delle conseguenze ricollegabili alla cessazione di efficacia - a seguito delle sentenze n. 566 del 1989 e n. 232 del 1992 di questa Corte - del divieto generalizzato di cumulo dell'indennità in questione con altra indennità identica o analoga contenuto nelle norme statali che prevedevano tale divieto, ma non fissavano un limite al di sotto del quale tale divieto non poteva essere operante”;
- “che il legislatore - giova sottolineare - non è affatto tenuto, sul piano della costituzionalità, a seguire la via obbligata del divieto di cumulo tra indennità integrative speciali derivanti da trattamenti di pensione o da prestazioni lavorative, essendogli consentita una serie di soluzioni diverse, ferma l'esigenza di un equilibrio finanziario del sistema retributivo-pensionistico”;
- “che un divieto di cumulo ormai caducato non può rivivere, sotto forma di interpretazione, senza un intervento del legislatore, cui deve restare la discrezionalità della scelta tra le diverse soluzioni, anche con differenziazioni temporali collegate alla diversa nuova natura dell'indennità anzidetta, in relazione al conglobamento pensionistico e alla diminuita incidenza del problema a partire dal 1994 (legge 23 dicembre 1994, n. 724)”.
E le stesse Sezioni Riunite della Corte dei Conti, nella sentenza n. 14/2003/QM - che si occupa specificamente della fattispecie relativa al cumulo di indennità su due pensioni - hanno affermato che "in effetti, un divieto di cumulo non esiste più in forma generalizzata essendo venuto meno - in virtù di sentenze di mero annullamento - per l'ipotesi del pensionato che presti opera retribuita ed essendo confermato con salvaguardia del minimo I.N.P.S. nei riguardi del soggetto che percepisca due pensioni".
Per tutto quanto sopra esposto, ed in assenza di un espresso intervento legislativo nella materia de qua, deve quindi ritenersi consentito il cumulo di una doppia indennità integrativa speciale in misura intera, afferente l'una a trattamento pensionistico, e l'altra a un trattamento stipendiale o di attività.
Dalla affermata cumulabilità della indennità integrativa speciale su trattamento pensionistico con quella spettante su altro trattamento, discende, per identiche argomentazioni, la cumulabilità della 13^ mensilità prevista dall’art. 94 del citato d.P.R. n. 1092 del 1973. I
Sul punto la giurisprudenza è più che consolidata, ed è sufficiente riportarsi a quanto affermato dalle Sezioni Riunite della Corte dei Conti nella sentenza n. 25/98/QM del 28 dicembre 1998, laddove si deduce che successivamente alla sentenza della Corte Costituzionale n. 232 del 1992 “è venuto meno il divieto fissato dall’art. 97, primo comma, del T.U. n. 1092/1973 di corresponsione della tredicesima mensilità ai soggetti che percepiscano trattamenti pensionistici (o assimilati) a carico dello Stato e che prestino contemporaneamente opera retribuita alle dipendenze dello Stato o di altro ente pubblico” e si afferma conclusivamente che “non sussistendo alcuna norma di divieto di cumulo tra più assegni per tredicesima mensilità, questa spetta in ogni caso al pensionato”.
Concludendo, si deve riconoscere il diritto del ricorrente all’attribuzione in misura intera dell’indennità integrativa speciale e della 13^ mensilità sulla pensione privilegiata ordinaria in godimento in concomitanza di opera retribuita alle dipendenze di terzi salvo, ovviamente, quanto dal ricorrente medesimo già percepito allo stesso titolo sulla predetta pensione.
Riguardo, poi, alla prescrizione quinquennale eccepita dall’Amministrazione convenuta, va rilevato che il diritto azionato dal ricorrente trova la sua fonte nel riconoscimento, con sentenza n. 1372/05/M di questa Sezione giurisdizionale, del trattamento pensionistico tabellare cui accedono l’indennità integrativa speciale e la tredicesima mensilità in discussione nel presente giudizio.
Ne consegue che il dies a quo di decorrenza del termine prescrizionale del diritto anzidetto deve essere individuato nel 4 novembre 2005, data di pubblicazione della menzionata sentenza, sicché nella specie non è ravvisabile alcuna prescrizione: l’addotta eccezione deve, pertanto, essere respinta.
Inoltre, in conformità all’ormai consolidato indirizzo giurisprudenziale di questa Corte, sulle somme dovute in forza della presente pronuncia va riconosciuto al ricorrente il diritto al “maggior importo” tra interessi e rivalutazione ex art. 429, comma 3, cod. proc. civ., tenuto conto delle percentuali di interessi legali e dell’indice ISTAT ex art. 150 disp. att. cod. proc. civ. rilevati anno per anno; tale importo va calcolato a decorrere da ogni singola scadenza debitoria e sino all’effettivo soddisfo.
Nei sensi ed entro i limiti delle considerazioni che precedono il ricorso de quo deve giudicarsi fondato; considerata la complessità della questione dedotta, sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese giudiziali.
P.Q.M.
la Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale regionale per l'Emilia-Romagna in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica, definitivamente pronunciando
Accoglie
il ricorso in epigrafe nei sensi ed entro i limiti di cui in motivazione, e per l’effetto:
- riconosce il diritto del ricorrente all’attribuzione in misura intera dell’indennità integrativa speciale e della 13^ mensilità sulla pensione privilegiata ordinaria in godimento in concomitanza di opera retribuita alle dipendenze di terzi, salvo quanto già percepito al medesimo titolo sulla predetta pensione;
- riconosce inoltre, sulle somme accordate in forza della odierna pronuncia, il diritto agli accessori da calcolarsi nei modi precisati in motivazione.
Spese compensate.
Manda alla Segreteria della Sezione per gli adempimenti di rito.
Così deciso in Bologna, addì 3 marzo 2010.
Il giudice
(Omissis)
f.to Omissis
Depositata in Segreteria il 28 aprile 2010
Il Direttore di Segreteria
f.to Omissis
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R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Dott. (Omissis)
ha emesso la seguente:
S E N T E N Z A N. 867/2010
sul ricorso,in materia di pensioni militari , nel giudizio di pensione iscritto al n. 38570 del registro di segreteria promosso ad istanza di P. A., rappresentato e difeso dall’avvocato (omissis), presso il cui studio in Roma, Via Zara n. ….. è elettivamente domiciliato nei confronti del Ministero della Difesa.
Visto l'atto introduttivo del giudizio depositato presso la segreteria della Sezione giurisdizionale per la Regione siciliana il 7 febbraio 2006
Udito,alla pubblica udienza del 22 aprile 2010, l’avvocato (omissis) per delega .
Esaminati gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale.
FATTO
Con il ricorso in esame , il ricorrente si duole del decreto n. …. del …. giugno 2004 con il quale gli è stata riconosciuta l’indennità una tantum di 8^ ctg. per esiti di allegata pregressa frattura ……..
Assume l’istante che, contrariamente a quanto dedotto dall’amministrazione, gli esiti della frattura, causata dal servizio militare, sono di notevole entità e ha allegato al riguardo una consulenza medico legale.
A seguito di istanza di aggravamento, con DM n. ……. del …… aprile 2009, nei suoi confronti, è stato emesso decreto concessivo di pensione privilegiata tabellare di 8^ ctg. dal 1 giugno 2006 a vita (cfr. memoria difensiva prodotta in data 7 ottobre 2009) .
Con ordinanza n. ……/2009 è stato chiesto un apposito parere alla CML presso questa Sezione , per accertare se l’infermità per la quale il ricorrente ha formulato istanza di trattamento pensionistico privilegiato era meritevole di miglior classifica alla data del congedo ( avvenuto il 18 ottobre 1997).
La CML interpellata ha fornito il richiesto parere con nota ……/09 del …… marzo 2010.
Con memoria versata in atti in data …. aprile 2010, la difesa del ricorrente ha insistito per l’accoglimento del ricorso
DIRITTO
Ai sensi dell’art. 67, primo comma, del T.U. approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, il militare che, per effetto di ferite, lesioni od infermità riportate o aggravate per causa di servizio, abbia subito menomazioni dell’integrità personale ascrivibili ad una delle categorie di cui alla tabella A annessa al d.pr. 23.12. 1978 n. 915 (sostituita, poi, con quella annessa al D.P.R. 30/12/1981 n. 834), ha diritto alla pensione vitalizia se la menomazione non sia suscettibile con il tempo di miglioramento o ad assegno rinnovabile se la menomazione ne sia suscettibile. Ai sensi del successivo art. 69 del medesimo D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, al militare spetta soltanto un’indennità un tantum qualora la malattia o la lesione non abbia lasciato postumi rilevanti clinicamente.
Tali condizioni ricorrono nella fattispecie che ne occupa.
Con il parere medico legale reso, la Commissione Medica legale ha evidenziato, alla luce degli attuali accertamenti, il permanere degli esiti della pregressa frattura dell’olecrano che si concretizzavano in una limitazione funzionale, seppur modesta, dei movimenti articolari del gomito sinistro; tenuto conto del fatto che la CMO di Messina , con il verbale n. ……. del …….. novembre 2008, aveva ascritto l’infermità “ pregressa frattura …….. e pregressa borsite …….. post-traumatica gomito sinistro ( già operata) a modica incidenza funzionale, considerata sì aggravata, alla VIII ctg. della tabella A vitalizia e che, conseguentemente, il Ministero della Difesa ha emanato il decreto m. ….. del …. aprile del 2009 , concessivo del predetto beneficio a datare dal 1 giugno 2006.
Ha conclusivamente espresso il parere che, alla data del congedo , l’infermità da cui era affetto il ricorrente fosse meritevole di iscrizione alla tabella B una tantum per il massimo della rinnovabilità e, poi, alla VIII ctg. della tabella A.
Alla luce del suddetto parere medico-legale, reso dalla Commissione medica legale interpellata e formulato sulla base di diretti rilievi diagnostici, condiviso da questa Sezione giurisdizionale in quanto adeguatamente motivato, immune da vizi logici , il ricorso non può che trovare accoglimento.
Ne consegue, per l’effetto, che, l’infermità pregressa frattura ……. e pregressa borsite ………. post-traumatica gomito sinistro ( già operata) a modica incidenza funzionale da cui era affetto il ricorrente fosse meritevole, già dalla data del congedo (18 ottobre 1997) di indennità per il massimo della rinnovabilità ( in luogo della indennità una tantum concessa, pari a due annualità) e, poi, alla VIII ctg. della tabella A.
Sui singoli ratei arretrati di pensione spettanti dovranno essere calcolati separatamente, tenuto conto dei principi enunciati nella sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n.10/2002/Q.M del 18 ottobre 2002, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria come disposto in dispositivo.
Le spese seguono la soccombenza e conseguentemente il Ministero della Difesa è tenuto, in mancanza di nota spese, al pagamento dei soli onorari di difesa, in favore del ricorrente, che si liquidano in complessivi € 1.000,00 .
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, il Giudice Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l’effetto, dichiara che l’infermità pregressa frattura ……….. e pregressa borsite ……… post-traumatica gomito sinistro ( già operata) a modica incidenza funziona da cui era affetto il ricorrente fosse meritevole, già dalla data del congedo (18 ottobre 1997) di indennità una tantum per il massimo della rinnovabilità ( in luogo di quella concessa una volta tanto , pari a due annualità) e, poi, alla VIII ctg. della tabella A.
Sui singoli ratei arretrati di pensione spettanti dovranno essere calcolati separatamente (in base alla normativa di cui all'art. 429, 3° comma, del c.p.c. e tenuto conto dei principi enunciati nella sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n.10/2002/Q.M del 18 ottobre 2002), con decorrenza dalle rispettive scadenze dei ratei e sino al soddisfo, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria (quest'ultima da corrispondersi, però, limitatamente al maggior danno derivante dall’eventuale differenza tra la svalutazione monetaria, calcolata anno per anno in base agli indici di cui all'art. 150 disp. att. del c.p.c., e gli interessi legali).
Condanna il Ministero della Difesa al pagamento degli onorari, diritti e spese giudiziali in favore del ricorrente, che si liquidano in complessivi € 1.000,00 .
Così deciso a Palermo, nella Camera di Consiglio del 22 aprile 2010.
IL GIUDICE UNICO
F.to (Omissis)
Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 29 aprile 2010
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In questa sentenza c’è una precisazione riferita ai minori ed ai dementi che forse molti non sanno, infatti si legge: “L’art. 99 del dpr 23 dicembre 1978 n. 915, prevede che Il diritto di chiedere la liquidazione della pensione, assegno o indennità di guerra si prescrive, per i militari, dopo trascorsi i cinque anni dall'effettiva cessazione del servizio. Per i minori ed i dementi i termini di cui al presente articolo rimangono sospesi finché duri l'incapacità di agire.

Sentenza nr. 344 del 17-02-2010

R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Dott. omissis
ha emesso la seguente:
S E N T E N Z A N.344/2010
sul ricorso in materia di pensioni militari, iscritto al n. 47236 del registro di segreteria proposto da istanza di G. G., nella qualità di amministratore di sostegno di S. G., rappresentata e difesa dall’avv. G... B…. ed elettivamente domiciliata a Palermo, Via (omissis), nei confronti del Ministero della Difesa.
Visto l'atto introduttivo del giudizio.
Udito , alla pubblica udienza del 9 febbraio 2010, l’avvocato G… B…. in favore del ricorrente.
Esaminati gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale.
Fatto
Con il ricorso in esame la sig,ra G. G., nella qualità di amministratore di sostegno di S. G., si grava avverso il decreto negativo n. …. del 7 ottobre 2004 , emesso dal Ministero della Difesa, con il quale è stato negato il diritto al trattamento privilegiato a favore dello stesso.
Dagli atti si evince che il ricorrente ha prestato servizio militare nell’Esercito italiano e, successivamente, ammesso alla scuola Ufficiali, ha svolto la carriera di Ufficiale sino al … ottobre 1994, allorchè , con decorrenza ….. giugno 1994, veniva posto in congedo assoluto per inabilità al lavoro, poiché affetto da “ anomalie comportamentali in soggetto con disturbo paronoide di personalità”.
Rileva la ricorrente, in via preliminare, che nessun termine decadenziale nella proposizione della domanda può essere eccepito nei confronti del S., a causa delle patologie mentali dalla quali lo stesso è affetto, invocando il DPR 23 dicembre 1978 n. 915, art. 99; nel merito ha insistito per l’accoglimento del ricorso, atteso che le patologie sono derivate da causa o concausa di servizio.
Con nota R/3234/09 del 3 settembre 2009,la Commissione Medica legale interpellata da quest’organo giudicante ha esaminato la documentazione e fornito il prescritto parere.
Diritto
L’art. 99 del dpr 23 dicembre 1978 n. 915, prevede che Il diritto di chiedere la liquidazione della pensione, assegno o indennità di guerra si prescrive, per i militari, dopo trascorsi i cinque anni dall'effettiva cessazione del servizio. Per i minori ed i dementi i termini di cui al presente articolo rimangono sospesi finché duri l'incapacità di agire.
In tal senso pienamente condivisibile appare la deduzione difensiva offerta dalla ricorrente.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato ammissibile.
Passando ai profili del merito è noto che, ai sensi dell’art. 67, primo comma, del T.U. approvato con D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, il militare che, per effetto di ferite, lesioni od infermità riportate o aggravate per causa di servizio, abbia subito menomazioni dell’integrità personale ascrivibili ad una delle categorie di cui alla tabella A annessa al d.pr. 23.12. 1978 n. 915 (sostituita, poi, con quella annessa al D.P.R. 30/12/1981 n. 834), ha diritto alla pensione vitalizia se la menomazione non sia suscettibile con il tempo di miglioramento o ad assegno rinnovabile se la menomazione ne sia suscettibile.
Tali condizioni ricorrono nella fattispecie che ne occupa.
Con il parere medico legale reso la Commissione Medica legale ha evidenziato, dopo ampia disamina della documentazione in atti, che:
• la diagnosi di “ …….omissis ( con disturbi comportamentali in atto o pregressi)”, condivisa da tutte le commissioni e da tutti gli psichiatri che hanno sottoposto a visita il ricorrente, è comunque motivo di inabilità al servizio militare, specialmente quando chi ne è affetto ha responsabilità di comando;
• qualunque sia la causa, l’esordio ed il successivo decorso risultano indipendenti da eventuali fattori esogeni fisici e/o psichici, salvo nei casi in cui è possibile dimostrare la sussistenza di un gravoso servizio caratterizzato da eventi particolarmente psico-stressanti ovvero nei casi in cui le prestazioni siano state particolarmente gravose o caratterizzate da responsabilità.
L’organo interpellato ha ritenuto che sussista il nesso di causalità o meglio di concausalità efficiente e determinante tra gli eventi di servizio e l’infermità in esame.
Ha osservato, infatti, come il servizio militare, nella specie particolarmente gravoso, si è rivelato fattore concausale recante in sé l’efficienza generatrice del danno, che, concorrendo con le altre cause, ha determinato l’insorgenza o il manifestarsi dell’infermità in questione.
Ha concluso ritenendo la patologia in esame dipendente da concausa efficiente e determinante di servizio ed avendo carattere di permanenza ascrivibile, per analogia alla IV ctg. della tabella A vitalizia.
La disamina degli atti di ufficio e l’articolato ( nonché convincente) parere medico legale formulato sulla base di diretti rilievi diagnostici, consentono di ritenere meritevole di accoglimento il ricorso.
Ne consegue, per l’effetto, che, ritenuta la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “ ……… omissis (con disturbi comportamentali in atto o pregressi”, il ricorrente va dichiarato meritevole, già dalla data della riforma (….. giugno 1994) del trattamento pensionistico ascrivibile per analogia alla IV, ctg, tabella A vitalizia.
Sui singoli ratei arretrati di pensione spettanti dovranno essere calcolati separatamente, tenuto conto dei principi enunciati nella sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n.10/2002/Q.M del 18 ottobre 2002, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria come disposto in dispositivo.
Condanna il Ministero della Difesa al pagamento degli onorari, diritti e spese giudiziali in favore del ricorrente, che si liquidano in complessivi € 1.000,00 ( Mille/00).
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, il Giudice Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l’effetto, ritenuta la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “ ……omissis (con disturbi comportamentali in atto o pregressi) ”, il ricorrente va dichiarato meritevole, già dalla data della riforma (….. giugno 1994) del trattamento pensionistico del trattamento pensionistico ascrivibile per analogia alla IV, ctg, tabella A vitalizia.
Sui singoli ratei arretrati di pensione spettanti dovranno essere calcolati separatamente (in base alla normativa di cui all'art. 429, 3° comma, del c.p.c. e tenuto conto dei principi enunciati nella sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n.10/2002/Q.M del 18 ottobre 2002), con decorrenza dalle rispettive scadenze dei ratei e sino al soddisfo, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria (quest'ultima da corrispondersi, però, limitatamente al maggior danno derivante dall’eventuale differenza tra la svalutazione monetaria, calcolata anno per anno in base agli indici di cui all'art. 150 disp. att. del c.p.c., e gli interessi legali).
Condanna il Ministero della Difesa al pagamento degli onorari, diritti e spese giudiziali in favore del ricorrente, che si liquidano in complessivi € 1.000,00 ( Mille/00).
Così deciso a Palermo, nella Camera di Consiglio del 9 febbraio 2010.
IL GIUDICE UNICO
F.to omissis
Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 17 Febbraio 2010.
Il Funzionario amministrativo
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R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Dott. (omissis)
ha emesso la seguente:
S E N T E N Z A N. 357/2010
sul ricorso in materia di pensioni militari, iscritto al n. 40029 del registro di segreteria proposto da istanza di D. S., nei confronti del Ministero della Difesa.
Visto l'atto introduttivo del giudizio.
Assenti le parti alla pubblica udienza del 9 febbraio 2010. Esaminati gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale.
Fatto e Diritto
Con il ricorso in esame il sig. (omissis) si grava avverso il decreto negativo n. (omissis) del ….. novembre 2004, emesso dal Ministero della Difesa, con il quale è stato negato il diritto al trattamento privilegiato a favore dello stesso.
Con memoria difensiva prodotta in data … gennaio 2010, il Ministero della Difesa ha chiesto il rigetto del ricorso e , in subordine, ha eccepito la prescrizione.
Dagli atti si evince che il ricorrente ha prestato servizio militare di leva presso il Distaccamento Marina Militare di ….. e collocato in congedo per riforma in data ….. gennaio 1997, in relazione all’infermità “ esiti di otite media sinistra con ipoacusia pantonale maggiore a sinistra con voce a metri otto a destra, metri due a sinistra. Detta infermità è stata riconosciuta dipendente da causa di servizio dalla CMO di Marinferm di …… con processo verbale n. ….. del …..1.2000.
La stessa infermità è stata riconosciuta dipendente da causa di servizio con processo verbale n. ..../01 dell’Ispettorato Sanità della Marina Militare, commissione medica di II istanza in data ….. maggio 2001.
Il Comitato di verifica per le cause di servizio ha negato il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio; alla luce di tale ultimo parere il Ministero della Difesa ha negato il diritto postulato.
La Commissione Medica legale interpellata da quest’organo giudicante ha esaminato la documentazione e disposto accertamenti specifici (visita Orl con esame audiometrico).
Infine, ha rilevato come “ben difficilmente un marinaio che, tra l’altro, ha svolto, comunque turni di guardia all’aperto, possa sottrarsi a repentini cambiamenti di temperatura e possa evitare di esporsi all’umidità ed al freddo, specie notturni, inevitabili durante la navigazione. Pertanto, … ritiene che, nel caso in esame, il servizio militare possa aver svolto un’azione concausale efficiente e determinante nell’appalesarsi dell’affezione in questione.
La predetta CML ha, pertanto, espresso parere che l’infermità “Esiti di otite media sinistra con ipoacusia pantonale maggiore a sinistra con voce a metri otto a destra e metri due a sinistra, riscontrata al ricorrente dalla CMO di …….. con il verbale n. ……. del ….11.2000, possa essere considerata sì dipendente da causa o concausa efficiente e determinante di servizio. Alla data della riforma la suddetta infermità in questione sarebbe stata ascrivibile alla VIII ctg. della tabella A per il massimo della rinnovabilità e successivamente a vita, visto il riscontro nel corso degli attuali accertamenti, del permanere dell’affezione in questione”.
Alla luce del suddetto parere medico-legale, reso dalla Commissione medica legale interpellata e formulato sulla base di diretti rilievi diagnostici, condiviso da questa Sezione giurisdizionale perché adeguatamente motivato, immune da vizi logici, il ricorso merita accoglimento.
Ne consegue, per l’effetto, che, ritenuta la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “esiti di otite media sinistra con ipoacusia pantonale maggiore a sinistra con voce a metri otto a destra, metri due a sinistra”, Il ricorrente va dichiarato meritevole, già dalla data della riforma (…… gennaio 1997) del trattamento pensionistico ascrivibile alla VIII, tabella A per il massimo della rinnovabilità e successivamente a vita.
Sui singoli ratei arretrati di pensione spettanti dovranno essere calcolati separatamente, tenuto conto dei principi enunciati nella sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n.10/2002/Q.M del 18 ottobre 2002, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria come disposto in dispositivo.
L’eccezione di prescrizione è chiaramente infondata, posto che il ricorso nei confronti del provvedimento di diniego risulta tempestivamente proposto.
Sussistono giusti motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti del giudizio.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, il Giudice Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l’effetto, ritenuta la dipendenza da causa di servizio dell’infermità ritenuta la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “esiti di otite media sinistra con ipoacusia pantonale maggiore a sinistra con voce a metri otto a destra, metri due a sinistra”, Il ricorrente va dichiarato meritevole, già dalla data della riforma (…… gennaio 1997) del trattamento pensionistico ascrivibile alla VIII, tabella A per il massimo della rinnovabilità e successivamente a vita .
Sui singoli ratei arretrati di pensione spettanti dovranno essere calcolati separatamente (in base alla normativa di cui all'art. 429, 3° comma, del c.p.c. e tenuto conto dei principi enunciati nella sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei Conti n.10/2002/Q.M del 18 ottobre 2002), con decorrenza dalle rispettive scadenze dei ratei e sino al soddisfo, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria (quest'ultima da corrispondersi, però, limitatamente al maggior danno derivante dall’eventuale differenza tra la svalutazione monetaria, calcolata anno per anno in base agli indici di cui all'art. 150 disp. att. del c.p.c., e gli interessi legali).
Spese compensate.
Così deciso a Palermo, nella Camera di Consiglio del 9 febbraio 2010.
IL GIUDICE UNICO
F.to (omissis)
Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge.
Palermo, 18 febbraio 2010
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REPUBBLICA ITALIANA
In Nome del Popolo Italiano
Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana
Il Giudice Unico delle Pensioni
Dott. (omissis)
ha emesso la seguente
SENTENZA N. 1146/2010
sul ricorso in materia di pensione, iscritto al n. 50093 del registro di segreteria, depositato in data 07.05.2008, proposto da
• I. F., nata a omissis, rappresentata e difesa dall’avv. (omissis), giusta procura allegata al ricorso, ed elettivamente domiciliata presso il di lei studio in Palermo, via Messina n. …;
contro
• I.N.P.D.A.P., Sede provinciale di Agrigento, in persona del legale rappresentante pro-tempore.
Esaminati gli atti e i documenti di causa.
Sentiti, nella pubblica udienza del 06.05.2010, l’avv. C. C. procuratore del ricorrente, per mandato in atti, e il dott. (omissis) rappresentante dell’Amministrazione resistente, giusta delega depositata in segreteria.
Ritenuto in
FATTO
L’istante, titolare di pensione diretta n. (omissis), ha chiesto la corresponsione dell’indennità integrativa speciale in misura intera sulla pensione di riversibilità n. (omissis), goduta a seguito del decesso del di lei marito, sig. E. A.; all’uopo ha impugnato la nota del marzo 2006 dell’I.N.P.D.A.P. che, nel rigettare l’istanza del ….03.2006, ha sostenuto che sulla pensione di riversibilità l’indennità integrativa speciale è corrisposta nei limiti dell’integrazione al minimo I.N.P.S.
L’I.N.P.D.A.P., con articolata memoria depositata in data …..03.2010, ha chiesto il rigetto del ricorso; in subordine ha eccepito la prescrizione.
Previa camera di consiglio il Giudicante ha dato lettura, al termine dell’udienza, del dispositivo della presente decisione.
Considerato in
DIRITTO
La questione relativa alla spettanza dell’indennità integrativa speciale in misura intera, sul trattamento di quiescenza ordinario, privilegiato e di riversibilità, è stata ampiamente dibattuta in dottrina e giurisprudenza, con riferimento alle distinte ipotesi del pensionato che presti opera retribuita alle dipendenze di datore di lavoro, pubblico o privato, ovvero che sia titolare di altro trattamento di quiescenza.
Allo stesso modo, oggetto di lungo dibattito, è stata la questione concernente la spettanza della tredicesima mensilità sul trattamento di quiescenza ordinario, normale e privilegiato, in costanza di rapporto lavorativo retribuito.
Ciò posto, si ritiene opportuno procedere ad un breve excursus storico delle pronunce della Corte Costituzionale in materia.
La fattispecie concernente l’ipotesi del pensionato che presti opera retribuita alle dipendenze di terzi ricade nella previsione dell’art. 99 co. 5° del d.p.r. n. 1092/1973, per ciò che attiene al datore di lavoro pubblico, nel disposto dell’art. 17 co. 1° della legge n 843/1978 e dell’art. 15 del decreto legge n. 663/1979, convertito in legge n. 33/1980, per quanto riguarda il datore di lavoro privato.
Le citate norme sono state oggetto di declaratoria di illegittimità costituzionale con le sentenze del Giudice delle Leggi, rispettivamente, n. 566/1989 e n. 204/1992, nella parte in cui non determinavano la misura della retribuzione oltre la quale non competeva l’indennità integrativa speciale.
Le pronunce della Corte Costituzionale hanno, dunque, espunto dall’ordinamento giuridico le suddette disposizioni giacché la deminutio del trattamento pensionistico complessivo può essere compatibile con il principio posto dall’art. 36 della Costituzione solo se correlata ad una retribuzione della nuova attività lavorativa che ne giustifichi la misura.
Ne consegue che, avuto riguardo all’efficacia retroattiva delle dichiarazioni di illegittimità costituzionale, è venuta meno la normativa dalla quale discendeva il divieto di corresponsione dell’indennità integrativa speciale, non potendosi ritenere consentito, proprio per effetto di tali sentenze della Corte Costituzionale, introdurre limiti all’eliminazione del divieto di cumulo del beneficio, in assenza di una interpositio legislatoris.
Del resto, la stessa Corte Costituzionale, con l’ordinanza n. 438/1998, indica questa strada interpretativa poiché, dopo avere dichiarato l’inammissibilità delle questioni di costituzionalità sollevate riguardo all’art. 1, co. 4°, e all’art. 2, co. 6° e 7°, della legge n. 324/1959 e dopo avere precisato che non le è consentito fornire l’interpretazione autentica o l’eventuale correzione delle proprie precedenti decisioni, ha statuito che, di fronte a un “diritto vivente” inteso a sostenere un’interpretazione giurisprudenziale tendente ad una sostanziale lesione del giudicato costituzionale, “il divieto di cumulo di due o più indennità integrative speciali deve ... ritenersi venuto meno in forza delle sentenze n° 566 del 1989 e n° 232 [rectius 204] del 1992 ... , le quali hanno dichiarato l’illegittimità costituzionale del divieto generalizzato di cumulo dell’indennità in questione con altra indennità analoga ... nella parte in cui le norme allora impugnate non fissavano un limite al di sotto del quale tale divieto non può essere operante”.
L’interpretazione giurisprudenziale, conseguentemente, fornita dalle Sezioni Riunite di questa Corte, con le ormai risalenti sentenze n. 100/94/C e n. 39-40/97/QM, viene ritenuta dalla Corte Costituzionale ugualmente censurabile, poiché in entrambe le pronunce, considerandosi vigente nell’ordinamento il divieto generalizzato di cumulo dell’indennità integrativa speciale con altra analoga indennità, si sono sostanzialmente fatte rivivere norme già divenute inefficaci per effetto del loro annullamento e ciò in contrasto con l’art. 136 della Costituzione che impone ai Giudici, oltre che al Legislatore, di uniformarsi alla immediata cessazione dell’efficacia giuridica della norma illegittima.
In conclusione, alla luce della predetta ordinanza n. 438/998 e delle pronunce della Corte Costituzionale, quali la sentenza n. 516/2000 e l’ordinanza n. 517/2000, di cui si tratterà in seguito, appare fin troppo agevole la soluzione della vexata quaestio del cumulo di plurime indennità, essendo appena il caso di rilevare che, alla presenza di due possibili interpretazioni di una legge, delle quali una sola conforme alla Costituzione, è proprio quest’ultima che deve essere adottata. Ne consegue che anche la sentenza n. 1/2000/QM delle Sezioni Riunite di questa Corte non può essere condivisa poiché ha ritenuto sussistente un generale divieto di cumulo delle indennità integrative speciali, sostenendo di poter ricavare, dai principi generali dell’ordinamento giuridico, il limite sotto il quale il divieto, sulla base delle sentenze della Corte Costituzionale, cesserebbe di operare, individuando tale limite nelle disposizioni normative che hanno fissano il concetto di “nullatenenza”.
Analoghe argomentazioni possono proporsi per quanto riguarda la problematica riguardante la liquidazione della tredicesima mensilità al pensionato che presti opera retribuita presso terzi.
L’art. 97 co. 1° del d.p.r. 29.12.1973 n. 1092 statuiva: “al titolare di pensione … che presta opera retribuita alle dipendenze dello Stato, di amministrazioni pubbliche o di enti pubblici, anche se svolgano attività lucrativa, non competono la tredicesima mensilità e l’assegno di caroviveri per il periodo in cui ha prestato detta opera retribuita”.
Su tale disposizione normativa è intervenuta la sentenza della Corte Costituzionale n. 232/1992 che ne ha dichiarata la non conformità all’art. 36 della Costituzione, nella parte in cui non determina la misura della retribuzione, oltre la quale non compete la tredicesima mensilità, demandando nuovamente al legislatore il compito di intervenire sulla materia; in attesa di tale intervento anche il citato emolumento deve essere integralmente corrisposto, secondo la giurisprudenza consolidata di questa Corte.
La questione riguardante il cumulo dell’indennità integrativa speciale su plurimi trattamenti pensionistici deve essere affrontata alla luce delle ordinanze n. 438/1998 e n. 517/2000, con le quali la Corte Costituzionale ha precisato che le disposizioni contenute nell’art. 2, co. 6° e 7°, della legge n. 324/1958 sono da ritenersi espunte dal sistema in base alla clausola abrogativa contenuta nell’art. 254 del d.p.r. n. 1092/1973, nonché a seguito di sostanziale trasfusione in altra norma, quale l’art. 99, co. 2° e 5°, dello stesso testo normativo, colpito da declaratoria di illegittimità costituzionale in parte qua.
Il Giudice delle Leggi, nella sentenza n. 516/2000, riguardante la tabella “O”, lett. b), co. 3°, della legge regionale siciliana n. 41/1985, nel dichiararne l’illegittimità costituzionale “nella parte in cui non determina la misura del trattamento complessivo oltre il quale diventi operante, per i titolari di pensioni odo assegni vitalizi, il divieto di cumulo dell’indennità di contingenza ed indennità similari”, ha ribadito che un divieto generalizzato di cumulo di indennità, aventi funzione di sopperire a un maggior costo della vita, è illegittimo dal punto di vista costituzionale quando, in presenza di diversi trattamenti a titolo di attività di servizio o di pensione, non sia previsto un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo al di sotto del quale il divieto debba essere necessariamente escluso.
Dalle suddette sentenze si evince, quindi, come la Corte abbia inteso affermare in modo esplicito che, anche in presenza di diversi trattamenti a titolo di pensione, il divieto di cumulo generalizzato sia incostituzionale ove appunto non sia previsto un ragionevole limite minimo di trattamento economico complessivo, rapportato alle esigenze di una esistenza libera e dignitosa del pensionato con pluralità di posizioni assicurative, limite che solo il legislatore è abilitato a stabilire.
Quest’ultima precisazione vale in particolare a chiarire il valore che riveste il richiamo all’importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti, contenuto nelle sentenze della Corte Costituzionale n. 172/1991 e n. 494/1993 che deve, pertanto, ritenersi ormai definitivamente superato, per non pregiudicare le esigenze di vita dei pensionati innanzi evidenziate.
I concetti sopra espressi sono stati ulteriormente ripetuti e ampiamente chiariti nell’ordinanza n. 89/2005, vertente sullo scrutinio di legittimità costituzionale dell’art. 99 co. 2° del d.p.r. n. 1092/1973, con riferimento agli artt. 3 e 38, ove la Corte, nel dichiarare l’inammissibilità della questione, ha testualmente precisato:
- “che la norma censurata stabiliva nel suo testo originario che nel caso di pluralità di pensioni l’indennità integrativa speciale fosse dovuta ad un solo titolo;
- che sulla legittimità costituzionale di tale disposizione la Corte Costituzionale si pronunciò con la sentenza n. 494/1993 con la quale ne dichiarò l’illegittimità nella parte in cui non prevedeva che nei confronti del titolare di due pensioni, pur restando vietato il cumulo delle indennità integrative speciali, dovesse comunque farsi salvo l’importo corrispondente al trattamento minimo di pensione previsto per il Fondo pensioni lavoratori dipendenti;
- che secondo tutti i remittenti la norma censurata, anche nel testo risultante dal suindicato intervento additivo di questa Corte, si pone in contrasto con l’art. 38 Cost. perché può comportare una riduzione al di sotto del minimo idoneo ad assicurare ai pensionati i mezzi adeguati alle loro esigenze di vita e perché del tutto irragionevolmente riserva un trattamento deteriore al pluripensionato, rispetto a quello riconosciuto al pensionato che sia anche percettore di retribuzione, dopo che alcune pronunce di questa Corte hanno escluso il divieto di cumulo tra indennità integrativa sulla pensione e sulla retribuzione in quanto le norme applicabili non precisavano la misura della retribuzione oltre la quale diventava operante l’esclusione e il congelamento dell’indennità integrativa speciale (cfr. sentenza n. 566/1989 e n. 204/1992);
- che i remittenti, pur non ignorando l’esistenza, nella giurisprudenza contabile successiva agli ultimi interventi di questa Corte in materia di indennità integrativa speciale (cfr. ordinanza n. 438/1998, sentenza n. 516/2000, ordinanza n. 517/2000), di diversi orientamenti non tutti affermativi della persistenza del divieto di cumulo delle indennità integrative speciali in caso di titolarità di più pensioni, non spiegano le ragioni per le quali ritengono di non adottare l’opzione interpretativa che siffatta persistenza esclude;
- che, secondo un principio non discusso e più volte espressamente affermato da questa Corte, una normativa non è illegittima perché suscettibile di una interpretazione che ne comporta il contrasto con precetti costituzionali, ma soltanto perché non può essere interpretata in modo da essere in armonia con la Costituzione;
- che i remittenti non hanno espressamente affermato che nessuna altra interpretazione della norma censurata è possibile se non quella che genera i dubbi di costituzionalità da loro manifestati, e tantomeno hanno esposto le ragioni di tale esclusione;
- che alla Corte viene così richiesto di dirimere un contrasto sulla interpretazione della legge ordinaria”.
La citata pronuncia, quindi, nel dichiarare inammissibile la questione ha indirizzato gli interpreti a dare prevalenza a una lettura dell’art. 99 co. 2° del d.p.r. n. 1092/1973 che non si presenti in contrasto con la Costituzione, in particolare con gli artt. 3 e 38, con la conseguenza pur volendo considerare il suddetto disposto normativo semplicemente manipolato e non espunto dall’ordinamento, lo stesso è suscettibile di una sola interpretazione secondo la quale in assenza di uno specifico intervento normativo l’indennità integrativa speciale compete in misura intera su plurimi trattamenti pensionistici; in tal modo non solo non si pregiudicano le esigenze di vita dei pensionati, ma si evita, soprattutto, qualsiasi disparità di trattamento tra i pensionati della regione siciliana, destinatari della sentenza n. 516/2000, che in assenza dell’intervento del legislatore godono di indennità su plurime pensioni in misura intera, e gli altri pensionati per i quali una delle indennità potrebbe essere erogata solo per consentire l’integrazione della pensione al c.d. “minimo i.n.p.s.”.
In ultimo, a seguito di ripetuti contrasti, da un lato tra la giurisprudenza delle Sezioni Regionali, della Terza Sezione Centrale d’Appello e quella per la Regione Siciliana che hanno affermato l’inesistenza del divieto di cumulo senza alcun limite e dall’altro quella della Seconda Sezione Centrale d’Appello che ha sostenuto un’interpretazione limitativa delle suddette sentenze della Corte Costituzionale, la questione è stata nuovamente rimessa alle Sezioni Riunite di questa Corte in sede di questione di massima. Le predette, con decisione n. 2/2006/QM del 22 febbraio 2006, hanno sostanzialmente confermato l’orientamento restrittivo, già seguito con la sentenza n. 14/2003/QM, riproponendo la necessità di evincere un limite alla cumulabilità della doppia indennità integrativa speciale.
Questo Giudice ritiene che le argomentazioni proposte dalle Sezioni Riunite, seppure di notevole pregio, non permettano di confutare l’orientamento da tempo seguito, non riproponendo argomentazioni nuove rispetto a quelle espresse nelle precedenti sentenze e, soprattutto, non consentono quella lettura costituzionalmente orientata dell’art. 99 co. 2° del d.p.r. n. 1092/1973 che lo stesso Giudice delle Leggi ha indicato nell’ordinanza n. 89/2005.
La Corte Costituzionale, nuovamente adita sulla questione, con l’ordinanza n. 119/2008, ha restituito gli atti ai giudici remittenti affinché procedessero ad una nuova valutazione della rilevanza e della non manifesta infondatezza della questione, alla luce dello ius superveniens costituito dall’art. 1 co. 774° e 776° della legge 27 dicembre 2006 n. 296.
Il comma 774° nell’interpretare autenticamente l’art. 1 co. 41° della legge n. 335/1995, riguardante la liquidazione delle pensioni di riversibilità, ha considerato l'indennità integrativa speciale, a decorrere dall'entrata in vigore della legge n. 335/1995 e indipendentemente dalla data di decorrenza della pensione diretta, “parte integrante del complessivo trattamento pensionistico”, ritenendola strutturalmente conglobata nella pensione, ai sensi dell’art. 15 co. 3° della legge n. 724/1994; in tal modo è stata disattesa la diversa interpretazione fornita dalle Sezioni Riunite di questa Corte nella sentenza n. 8/2002/QM.
Il comma 776°, abrogando l’art. 15 co. 5° della legge n. 724/1994, ha eliminato dall’ordinamento la norma che prevedeva per le pensioni dirette liquidate fino al 31 dicembre 1994 e per le pensioni di riversibilità ad esse riferite, la perdurante applicabilità dell’art. 2 della legge n. 324/1959 che considerava l’indennità integrativa speciale parte accessoria del trattamento di quiescenza.
Questo decidente, in precedenti sentenze (ex multis n. 3133/2008 e n. 3346/2008) emesse in seguito all’ordinanza n. 119/2008 della Corte Costituzionale, ha ritenuto:
- che l’abrogazione dell’art. 15 co. 5° della legge n. 724/1994 potesse operare esclusivamente a decorrere dall’01.01.2007, stante l’efficacia non retroattiva della citata disposizione normativa, con la conseguenza che per le pensioni liquidate anteriormente all’01.01.1995 e sino al 31.12.2006 l’indennità integrativa speciale avrebbe dovuto essere erogata come emolumento accessorio rispetto al trattamento pensionistico diretto e che a decorrere dall’01.01.2007, per effetto del conglobamento, la citata indennità fosse venuta meno come elemento separato, anche per le pensioni dirette liquidate fino al 31.12.1994;
- che la problematica riguardante il cumulo di plurime indennità integrative speciali fosse rimasta circoscritta a quelle fattispecie in cui entrambi i trattamenti di quiescenza fossero stati liquidati anteriormente all’01.01.1995 e fino all’01.01.2007, allorquando l’indennità integrativa speciale, perduto il carattere accessorio, è divenuta parte integrante del trattamento pensionistico;
- che lo ius superveniens non avrebbe portato per tali fattispecie alcun mutamento sostanziale al preesistente quadro normativo, come delimitato dalle pronunce della Corte Costituzionale, con la piena ammissibilità del cumulo integrale delle indennità integrative speciali su plurimi trattamenti pensionistici, al fine di consentire una lettura costituzionalmente orientata dell’art. 99 co. 2° del d.p.r. n. 1092/1973.
Le Sezioni Riunite di questa Corte, nella sentenza n. 1/2009/QM, depositata in data 26.02.2009, hanno nuovamente affrontato la questione; in particolare, hanno dichiarato: “le disposizioni recate dalla legge 27.12.2006,n.296, art.1, comma 774, relativo alla interpretazione autentica dell’art. 1, comma 41 della legge n 335 del 1995, sulla indennità integrativa speciale su pensioni di reversibilità, comma 775, che fa salvi tutti i trattamenti in materia così come attribuiti da giudicati, con riassorbimento sui futuri miglioramenti e comma 776, che, con disposizione simmetrica a quella contenuta nel precitato comma 774 (sentenza n. 74/2008 della Corte costituzionale), abroga, con effetto dal 1.1.2007 (data di entrata in vigore della stessa legge n. 296/2006), l’art. 15, comma 5, della legge n. 724/1994, non ha modificato l’assetto normativo valevole per il periodo anteriore a tale ultima data, quale modellatosi con le varie sentenze della Corte costituzionale, relativo al tema del divieto di cumulo della indennità integrativa speciale su plurimi trattamenti di pensione per il periodo antecedente al 1°.1.1995”.
In altri termini, le suddette Sezioni Riunite ritengono che l’abrogazione dell’art. 15 co. 5° della legge n. 724/1994, ad opera dell’art. 1 co. 776° della legge n. 296/2006, non ha efficacia retroattiva rispetto all’01.01.2006, data di entrata in vigore della legge finanziaria, e che per il periodo antecedente, qualora le pensioni siano state liquidate prima dell’01.01.1995, deve ritenersi applicabile la precedente disciplina, “ivi incluso il divieto di cumulo della indennità integrativa su due o più trattamenti di pensioni, di cui al mai abrogato, e neppure annullato della Corte Costituzionale, comma secondo dell’art. 99 del d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1092”, come si legge nel corpo della motivazione; in sostanza, hanno confermato l’orientamento già espresso nelle precedenti sentenze n. 14/2003/QM e n. 2/2006/QM, anche se nulla è detto nel dispositivo.
Il Giudicante, nonostante l’autorevolezza dell’intervento giurisprudenziale di cui sopra, non ritiene che nella predetta pronuncia vi siano elementi nuovi e decisivi che possano comportare un mutamento del proprio indirizzo; come sopra ampiamente argomentato, il ritenere persistente un divieto di cumulo di plurime indennità, se non nei limiti dell’integrazione al così detto “minimo i.n.p.s.”, non consentirebbe alcuna lettura conforme a Costituzione dell’art. 99 co. 2° del d.p.r. n. 1092/1973, strada più volte indicata dallo stesso Giudice delle Leggi, quale condizione imprescindibile per essere adito; una diversa opzione ermeneutica comporterebbe la violazione degli artt. 3 e 38 della Costituzione per la deteriore posizione che assumerebbe il titolare di più trattamenti pensionistici rispetto a quello percettore anche di trattamento retributivo, certamente meno meritevole di tutela, i percettori di plurime pensioni ante e post 01.01.1995 e, soprattutto, i pensionati regionali e statati che, pur trovandosi nella stessa posizione giuridica, godrebbero complessivamente di un ingiustificato importo pensionistico differenziato.
Innanzi a tale prospettiva, è la stessa Corte Costituzionale, si ribadisce, che nella citata ordinanza n. 89/2005, richiamano l’indirizzo giurisprudenziale non univoco in materia e le pronunce n. 438/1998, n. 516/2000 e 517/2000, tratteggia la strada da seguire da parte dei giudici di merito nella risoluzione della vexata quaestio.
Incidenter tantum deve puntualizzarsi che nella presente fattispecie non può trovare applicazione l’art. 1, comma 7, della legge n. 19/1994, come novellato dall’art. 42 della legge 18 giugno 2009 n. 69, giacché la sentenza n. 1/2009/QM, depositata in data 26.02.2009, delle Sezioni Riunite di questa Corte è antecedente all’entrata in vigore della citata disposizione normativa.
In conclusione, deve ammettersi la spettanza per intero dell’indennità integrativa speciale sulla pensione n. (omissis), nonostante la fruizione del citato emolumento sulla pensione n. (omissis), così fugando ogni ragionevole dubbio di legittimità costituzionale nel caso in cui si adottasse una diversa opzione ermeneutica, con attribuzione dei ratei arretrati dal 22.03.2001, stante l’eccezione di prescrizione sollevata dall’Amministrazione convenuta che si presenta fondata, giusta l’art. 3 co. 1° del regio decreto legge n. 295/1939, modificato dall’art. 2 della legge 07.08.1985 n. 428 ed espressamente richiamato dall’art. 143 del d.p.r. n. 1092/1973, non essendo presente nel fascicolo processuale alcun atto interruttivo emanato nel quinquennio antecedente la costituzione in mora, avvenuta il 22.03.2006.
Sui ratei pensionistici arretrati deve essere riconosciuto, dalle singole scadenze al saldo, il diritto dell’attore agli interessi legali rilevati anno per anno, integrati per gli anni in cui l'indice di svalutazione monetaria ne avesse ecceduto la misura dall'importo differenziale di detta svalutazione, calcolata secondo l'indice i.s.t.a.t. relativo all'anno di riferimento (ex art. 150 disp. att. cod. proc. civ.), giusta l’orientamento giurisprudenziale costante della Corte dei Conti (Sezioni Riunite n. 10/2002/QM; Sezione I Centrale d’Appello n. 110/2003 e n. 70/2003; Sezione III Centrale d’Appello n. 182/2003), le cui argomentazioni sono condivise da questo Giudice.
Stante la particolarità della questione trattata, anche alla luce dei contrasti giurisprudenziali ancora oggi esistenti in materia e l’accoglimento dell’eccezione di prescrizione sollevata dall’Amministrazione convenuta, sussistono giusti motivi per dichiarare compensate le spese del presente giudizio.
P. Q. M.
La Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana - in composizione monocratica del Giudice Unico per le pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e per l’effetto:
- riconosce il diritto dell’istante alla corresponsione dell’indennità integrativa speciale in misura intera sulla pensione n. (omissis), a decorrere dal 22.03.2001, stante l’eccezione di prescrizione di parte convenuta;
- dichiara che sulle differenze arretrate devono essere corrisposti, con decorrenza dalle scadenze dei rispettivi ratei di pensione e sino al soddisfo, gli interessi legali rilevati anno per anno, integrati per gli anni in cui l'indice di svalutazione monetaria ne avesse ecceduto la misura dall'importo differenziale di detta svalutazione, calcolata secondo l'indice i.s.t.a.t. relativo all'anno di riferimento (ex art. 150 disp. att. cod. proc. civ.);
- compensa le spese del giudizio.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 6 maggio 2010.
Il Giudice
F.to Dott. (omissis)

Depositata oggi in segreteria nei modi di legge.
Palermo, 04 giugno 2010
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA

IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Dott. R. R. ha pronunciato la seguente
SENTENZA N° 1752/2010
giudizio iscritto al n. 50128 del registro di segreteria, sul ricorso presentato
ad istanza di
C. E., rappresentato e difeso, giusta procura in calce al ricorso, dall’Avv. Mimma Coco, presso lo studio del quale in Palermo, via S. Sonnino, n. 13, è elettivamente domiciliato
contro
MINISTERO DELLA DIFESA
VISTI: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio 1994, n. 20; la legge 21 luglio 2000, n. 205;
VISTI il ricorso e gli altri atti e documenti di causa;
UDITO, nella pubblica udienza del giorno 24 giugno 2010, l’Avv. Mimma Coco, per il ricorrente; assente il rappresentante dell’Amministrazione.
FATTO
Con istanza del 15/4/1982, il Sig. C. E., militare dell’Aeronautica Militare, all’epoca con il grado di sergente maggiore Ass. Tec. Meteo in s.p.e. presso il “teleposto di Gela”, chiedeva la concessione della pensione privilegiata ordinaria in relazione all’infermità «Nevrosi ansiosa e duodenite».
Con Verbale n. …/87 del 26/1/1987 il CMO presso l’Istituto Medico Legale AM di Napoli, dopo aver formulato il seguente giudizio diagnostico «Lievi note di duodenite; Sfumate note ansiose; Il tutto compatibile», reputava le infermità dipendenti da causa di servizio ma non ascrivibili ad alcuna categoria di pensione.
Con istanza del 29/5/2001 il militare presentava domanda di interdipendenza/aggravamento.
Con Verbale n. …./02 del 2/12/2002 il CMO presso l’Istituto Medico Legale AM di Napoli, dopo aver formulato il seguente giudizio diagnostico «Gastrite congestizia; duodenite erosiva HP negativa; Il tutto compatibile», reputava dette infermità effetto di aggravamento dell’infermità «Lievi note di duodenite» in precedenza diagnosticata ed ascrivibili, ai soli fini dell’equo indennizzo, alla 8^ Ctg Tab A, nella misura minima.
Con istanza del 12/2/2003 il militare presentava nuova istanza intesa ad ottenere la pensione privilegiata per l’infermità «lievi note di duodenite».
Con Verbale n. …./04 del 15/9/2004 il CMO presso l’Istituto Medico Legale AM di Napoli, dopo aver formulato il seguente giudizio diagnostico «Gastrite erosiva», reputava l’infermità ascrivibile alla 8^ Ctg Tab A.
Il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, con parere n. …../2005 del 20/11/2006 riteneva l’infermità non dipendente da causa di servizio «trattandosi di affezione prevalentemente a sfondo neuro-distonico endogeno, sull’insorgenza e decorso della quale, nel caso di specie, non può avere nocivamente influito, neppure sotto il profilo concausale efficiente e determinante, il servizio reso e non caratterizzato da condizioni di particolare e protratta gravosità».
Il Ministero della Difesa, con Decreto n. …/A del 14/5/2007 rigettava la domanda di pensione privilegiata.
Avverso tale provvedimento l’ex militare, in data 7/4/2008, proponeva ricorso auspicando il riconoscimento del diritto a fruire del trattamento pensionistico privilegiato di 7^ Ctg. Tab. A.
All’udienza del 11/2/2010, il Giudicante reputando che, allo stato, tenuto conto delle divergenti valutazioni medico-legali documentate negli atti di causa, non fosse possibile esprimere un sicuro giudizio sulla correttezza del giudizio di non dipendenza da causa di servizio dell’infermità gastrica, con Ordinanza n. …/2010, disponeva la trasmissione degli atti alla Commissione Medico Legale istituita presso la Sezione affinché si pronunciasse sui seguenti quesiti:
1. «indicare – alla luce di tutta la documentazione disponibile, compresa quella di parte, - se l’infermità «Gastrite erosiva» può ritenersi dipendente da causa di servizio;
2. Ove la patologia di cui al primo quesito fosse ritenuta dipendente da causa di servizio, indicare la classificazione, specificandone la decorrenza».
La CML espletava l’incombente istruttorio depositando, in data 28/5/2010, il parere medico-legale n. ../3296/2010.
In particolare, l’Organo di consulenza, dopo aver illustrato l'aspetto etiopatogenetico e clinico della gastroduodenite e chiarito che la stessa può manifestarsi, fra l’altro, in soggetti costituzionalmente predisposti per una specifica e particolare labilità dell’equilibrio neurovegetativo, con conseguente alterazione della secrezione gastrica, evidenziava che «lo stress eccessivo accentua i disturbi dispeptici, poiché le funzioni digestive sono regolate dal sistema neurovegetativo, che è molto sensibile alle stimolazioni psichiche. Le reazioni psicosomatiche dell’apparato digerente sono espressione di uno stato di sofferenza emotiva e sono causate da attività lavorative frenetiche, da forti emozioni, da sbalzi di temperatura bruschi, mancanza di orari fissi in cui consumare i pasti».
Evidenziava, altresì, che «Nel caso in questione, il rapporto informativo del Comandante del 41° Stormo Catania-Sigonella ed il parere tecnico del Dirigente del Servizio Sanitario hanno messo in evidenza le modalità di prestazione di servizio (H/24), le irregolarità alimentari (consumando pasti fuori orario, in maniera frettolosa).
Difatti, l’alimentazione irrazionale ed incongrua, seguita per lungo periodo di tempo, determina un disturbo al normale svolgimento della funzione digestiva ed in particolare svolge un’azione irritativa sulla mucosa e secrezione gastrica, tale da favorire nel tempo, anche, l’insorgenza di duodenite, specie se accompagnata dalla coesistenza di uno stato ansioso, come nel caso del maresciallo C… che iniziò a manifestare nel 1981, circa 8 anni dopo l’inizio del servizio, una sindrome ansiosa con somatizzazioni viscerali – note di duodenite - ».
Sulle base di tali considerazioni, la CML esprimeva l’avviso secondo cui pur essendo presente una verosimile predisposizione costituzionale nell’habitus psichico, l’infermità “Gastroduodenite” potesse essere considerata dipendente da concausa efficiente e determinante di servizio ed ascrivibile alla VIII ctg. della tab. A vitalizia, a decorrere dal 02.02.2003.
Alla pubblica udienza del 24 giugno 2010, assente il rappresentante dell’Amministrazione resistente, l’Avv. Mimma Cocco, in rappresentanza del ricorrente, ribadiva le conclusioni rassegnate in atti.
La causa veniva, quindi, posta in decisione.
DIRITTO
La controversia è finalizzata ad accertare l’asserita spettanza del diritto alla pensione privilegiata ad un ex militare.
Più in dettaglio, con il ricorso in epigrafe indicato è stato impugnato il decreto del Ministero della Difesa n. …/A del 14/5/2007 con il quale non è stato concesso l’auspicato trattamento privilegiato per non dipendenza da causa di servizio dell’infermità «Gastroduodenite erosiva».
Il ricorso è parzialmente fondato nei termini appresso specificati.
Le conclusioni cui è pervenuto il Ministero, benché coerenti con il giudizio medico legale espresso dagli organi tecnici di consulenza, apparivano dubitabili alla luce della documentazione sanitaria prodotta in giudizio dal ricorrente.
Conseguentemente, il Giudicante, attesa la natura eminentemente tecnica, con Ordinanza n. omissis, ha disposto che la CML presso la Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana chiarisse, fra l’altro, se l’infermità sopra indicata fosse suscettibile, all’epoca della domanda, di essere considerata dipendente dal servizio.
La CML con parere medico-legale n. …/3296/2010, pur ritenendo l’infermità diagnosticata («GastroduodeniteHP correlata») insorta per una verosimile predisposizione costituzionale nell’habitus psichico, affermava che l’incarico svolto dal ricorrente, in qualità di meteorologista, caratterizzato da stress psicofisico (prestazioni di servizio H/24, alimentazione irregolare), potesse aver contribuito all’insorgenza, in un rapporto concausale efficiente e determinante, della patologia gastroduodenitica.
Detto parere medico-legale appare fondato su attendibili elementi di fatto, su convincenti argomentazioni logico-giuridiche, su adeguato supporto medico-scientifico, adeguatamente motivato, nonché coerente con le premesse in fatto menzionate.
In particolare, le conclusioni cui è pervenuto l’organo di consulenza si basano su un congruo apprezzamento di due circostanze.
Peraltro, l’Amministrazione, omettendo di assolvere l’onere probatorio sulla medesima incombente ai sensi dell’art. 2697 c.c., non ha contestato le conclusioni cui è pervenuto l’organo di consulenza né ha evidenziato elementi tali da indurre a dubitare dell’attendibilità delle lineari risultanze del parere dal medesimo espresso.
Il ricorso dunque, merita accoglimento nei limiti indicati nel parere medico-legale.
Conseguentemente, deve essere riconosciuto il diritto del ricorrente, dalla data della domanda, della pensione privilegiata di 8^ Ctg. Tab. A a decorrere dal 1/3/2003 (primo giorno del mese successivo alla domanda di pensione).
Al parziale accoglimento deve seguire la condanna dell’Amministrazione alla liquidazione in favore del ricorrente del trattamento pensionistico riconosciuto spettante ed alla erogazione dei ratei arretrati maggiorati degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, a termini dell'art. 429, comma 3, c.p.c. con applicazione della regola dell'assorbimento secondo cui l'importo dovuto a titolo di interessi va comunque portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ripiano del maggior danno da svalutazione; quest'ultima va calcolata alla stregua degli indici ISTAT ex art. 150 disp. att.c.p.c. rilevati anno per anno da applicare all' importo delle somme da rimborsare con riferimento alle singole scadenze dei ratei.
Tenuto conto della complessità della questione, appare congruo disporre la compensazione integrale delle spese del giudizio tra le parti.
P.Q.M.
La Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Siciliana in composizione monocratica, in funzione di Giudice Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie parzialmente il ricorso e, per l’effetto, riconosce il diritto del ricorrente al trattamento pensionistico privilegiato vitalizio di 8^ Ctg. Tab A a far data dal 1/3/2003.
Condanna l’Amministrazione convenuta alla liquidazione in favore del ricorrente del trattamento pensionistico riconosciuto spettante nonché al pagamento dei ratei arretrati maggiorati degli interessi legali e della rivalutazione monetaria, a termini dell'art. 429, comma 3, c.p.c. con applicazione della regola dell'assorbimento secondo cui l'importo dovuto a titolo di interessi va comunque portato in detrazione dalle somme eventualmente spettanti a ripiano del maggior danno da svalutazione; quest'ultima va calcolata alla stregua degli indici ISTAT ex art. 150 disp. att.c.p.c. rilevati anno per anno da applicare all' importo delle somme da rimborsare con riferimento alle singole scadenze dei ratei.
Spese compensate.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 24 giugno 2010.
IL GIUDICE
F.to Dott. R. R.

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Palermo, 30 luglio 2010
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IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
composta dal magistrato:
dott. (omissis)
in funzione di Giudice monocratico in materia pensionistica, ai sensi della L.21/7/2000, n.205, ha pronunciato la seguente
SENTENZA 1754/2010
sul ricorso iscritto al n.34253/M del registro di segreteria, proposto da M.C., nato a OMISSIS, ivi residente in OMISSIS difeso dagli avvocati Marco e Alessandro Pintus (con studio legale in Lungotevere della Vittoria, n.9, Roma), avverso il decreto del Ministero della Difesa- Direzione Generale delle Pensioni Militari- VI° Rep.- XX^ Div. n….., datato 23.8.2002 (posizione n……/09);
visti il D.L. 15.11.1993, n.453, convertito, con modificazioni, in L. 14.1.1994, n.19, e la L. 21.7.2000, n.205;
visti tutti gli atti e documenti di causa;
udita nella pubblica udienza del 30.11.2009 l’avv. Daniela Piccione (su delega degli avvocati Pintus) per il ricorrente M.C.; non comparso alcuno per il Ministero della Difesa.
FATTO E DIRITTO
Con il ricorso in epigrafe indicato, notificato alla controparte il 24.2.2004, M.C. (ex militare di leva) ha impugnato il decreto del Ministero della Difesa- Direzione Generale delle Pensioni Militari- VI° Rep.- XX^ Div. n…., datato 23.8.2002, con il quale gli era stata negata la concessione di ulteriore trattamento pensionistico privilegiato in quanto non erano stati riscontrati reperti invalidanti dell’infermità “sindrome di Raynaud”.
Dagli atti risulta che per tale patologia il M. aveva già fruito d’assegno privilegiato di 8^ categoria, tabella A, con riferimento al periodo dal 21.12.1979 al 20.12.1982, per effetto del decreto del Ministero della Difesa n….. del 6.10.2000 (emesso in ottemperanza alla sentenza n…../00/P, pronunziata da questa Corte in data 16.5.2000).
Avendo inoltrato in data 11.7.2001 domanda per la constatazione d’aggravamento della malattia e per l’assegnazione di pensione privilegiata vitalizia, il M. fu sottoposto a visita da parte della Commissione Medica presso l’ospedale militare di Palermo, la quale nel verbale n….. del 3.5.2002 dichiarò che:
non erano attualmente ravvisabili reperti invalidanti della “sindrome di Raynaud”;
non poteva, quindi, provvedersi ad ulteriore classificazione ai fini pensionistici.
Da qui il decreto ministeriale n….. del 23.8.2002, impugnato dal M., il quale:
ha contestato il suddetto giudizio medico-legale, in quanto formulato sulla base di accertamenti specialistici incompleti (mera visita ortopedica non accompagnata dai necessari esami capillaroscopici ed angiologici);
ha sostenuto d’essere tuttora affetto dalla “sindrome di Raynaud”, patologia cronica ingravescente, soggetta a periodiche riacutizzazioni e dotata di discreta valenza invalidante;
ha chiesto l’attribuzione di pensione privilegiata vitalizia, con decorrenza dall’epoca di presentazione dell’istanza per constatazione d’aggravamento, con l’aggiunta degli interessi legali e del differenziale di rivalutazione monetaria, da calcolarsi sui ratei arretrati ai sensi dell’art. 1224 del c.c..
A sostegno delle proprie tesi il M. allegò:
i referti degli esami video-capillaroscopici computerizzati, eseguiti il ….7.2002 ed il ….3.2003, rispettivamente, presso il Policlinico Universitario di Catania e presso la Divisione di Angiologia del Policlinico Universitario di Palermo;
una certificazione medica rilasciata in data ….6.2003 dalla medesima Divisione di Angiologia;
una relazione medico-legale redatta dal dott. G… S….
Con memoria del 15.11.2004 il Ministero della Difesa ribadì la legittimità del decreto impugnato, chiedendo il rigetto del ricorso.
* * * * *
Rilevata la particolare complessità della questione controversa, il Giudice ha ritenuto necessario chiedere consulenza tecnica alla Commissione Medico-Legale operante presso questa Sezione giurisdizionale, affinché, sulla base delle risultanze d’apposita visita diretta e di accurati esami specialistici da eseguirsi su M.C., esprimesse un motivato ed esaustivo parere in ordine alla reale sussistenza di reperti invalidanti dell’infermità “sindrome di Raynaud” e sulla relativa classifica ai fini pensionistici, con riferimento sia all’epoca (11.7.2001) di presentazione da parte del M. della domanda in sede amministrativa sia all’epoca attuale (v. l’ordinanza istruttoria n…./2009).
Nella relazione n…./09 del 9.10.2009 l’Organo di consulenza ha riferito quanto segue.
In sede di visita eseguita in data …..9.2009 presso il Dipartimento Militare di Medicina Legale di Palermo:
l’esame dei tests specialistici praticati negli anni 2002 e 2003 (i cui referti erano stati allegati al ricorso) aveva denotato l’obiettiva persistenza della sintomatologia tipica della “sindrome di Raynaud” (con rilevante sofferenza del microcircolo arterioso delle mani);
l’osservazione diretta degli arti superiori aveva confermato che soprattutto la mano destra si presentava di colorito pallido ed era piuttosto fredda al termotatto, anche se la funzionalità articolare era buona;
il M. aveva sottolineato di praticare costantemente, ormai da parecchi anni, una “terapia antiaggregante piastrinica nonchè antiflogistica”.
In ottemperanza a quanto gli era stato prescritto dall’Organo di consulenza, il M. s’era recentemente sottoposto:
in data ….8.2009 a visita angiologica presso il Policlinico di Palermo, con diagnosi di “fenomeno di Raynaud verosimilmente secondario a collagenopatia”;
sempre in data …..8.2009 a videocapillaroscopia presso il medesimo Policlinico, nel corso della quale erano stati riscontrati: “anse capillari disposte con palizzata normale, di colorito rosso vinaccio e di lunghezza aumentata; numerosissimi microtrombi a collana di perle e microemorragie; anomalie morfologiche; anse dilatate nella porzione dell’apice e dell’ansa afferente con impilamento dei globuli rossi”;
in data …..8.2009 a visita ortopedica presso il Poliambulatorio di Racalmuto, con responso di “fenomeno di Raynaud alle mani con verosimile collagenopatia secondaria”.
Sulla base degli elementi sopra descritti, l’Organo di consulenza ha formulato diagnosi di “sindrome di Raynaud verosimilmente secondaria a collagenopatia”.
Passando all’esposizione delle proprie conclusioni medico-legali, il medesimo Organo ha affermato che:
solamente se lo spasmo delle arteriole e dei capillari (per irritazione dei nervi simpatici o per aggregazione eritrocitaria) e quindi le turbe ischemiche si protraggono sistematicamente (in concomitanza con l’esposizione al freddo) per periodi superiori a pochi minuti, possono comparire nelle regioni interessate notevoli disturbi del trofismo (assottigliamento delle dita, alterazioni ungueali, ulcerazioni cutanee, necrosi cangrenose di parti delle dita);
se, invece, le crisi ischemiche sono occasionali o sporadiche, esse assumono scarso significato medico-legale;
a carico del M., a parte il pallore e l’ipotermia delle dita, non erano stati riscontrati quei disturbi del trofismo dermo-ungueale che potrebbero indurre ad ipotizzare l’esistenza di crisi ischemiche frequenti e protratte nel tempo;
anche ammettendosi una lieve evoluzione peggiorativa della sindrome di Raynaud sofferta dal M., l’infermità, tuttavia, non presentava all’epoca (11.7.2001) in cui fu inoltrata la nuova domanda pensionistica e non presenta attualmente una gravità tale da giustificare l’attribuzione all’interessato di un trattamento pensionistico vitalizio, apparendo sufficiente il pregresso conferimento (effettuato con il decreto del Ministero della Difesa n…. del ….10.2000) dell’assegno privilegiato di 8^ categoria, tabella A, per la durata di anni tre (dal 21.12.1979 al 20.12.1982).
* * * * *
Con memoria datata ….11.2009 gli avvocati Pintus (difensori del M.):
hanno contestato il parere reso dall’Organo di consulenza, allegando una dettagliata controperizia redatta dal dott. G…. S…;
hanno pertanto insistito affinchè sia riconosciuto il diritto del M. ad ottenere la liquidazione di una congrua pensione privilegiata vitalizia, con decorrenza dall’epoca di presentazione dell’istanza per constatazione d’aggravamento, con l’aggiunta degli interessi legali e del differenziale di rivalutazione monetaria sui ratei arretrati, ai sensi dell’art. 1224 del c.c.;
in subordine, hanno sollecitato l’espletamento di una nuova consulenza medico-legale.
Nella controperizia redatta dal dott. S…. è stato evidenziato, in particolare, che:
le dita delle mani del M. si presentano sempre discretamente cianotiche, fredde al termotatto, doloranti, con parestesie e riduzione della sensibilità;
tutto ciò comporta una rilevante riduzione della funzionalità articolare;
contrariamente a quanto asserito dall’Organo di consulenza, la sindrome di Raynaud patita dal M. non è secondaria ad una sclerodermia (ossia ad una forma di collagenopatia) ma è di natura “ideopatica” (ossia ha come fattore scatenante l’esposizione delle mani al freddo);
in tale contesto il M. è obbligato a praticare costantemente terapie a base di farmaci vasodilatatori, antiflogistici ecc., senza le quali sarebbe esposto a frequenti crisi ischemiche ed avrebbe notevoli difficoltà nell’espletare la propria attività lavorativa di macellaio, che è, comunque, costretto a sospendere nei periodi di riacutizzazione della sintomatologia;
confrontando i dati riportati nei referti dei vari accertamenti diagnostici ai quali il M. è stato sottoposto nel tempo (dal 1975 in poi), si desume chiaramente un lento e progressivo peggioramento del quadro clinico (accentuatosi negli ultimi anni);
conseguentemente, al M. compete l’attribuzione di una pensione privilegiata vitalizia, rapportata alla notevole valenza invalidante dell’infermità lamentata.
* * * * *
Tenuto conto di tutti gli elementi sopra illustrati, il Giudice reputa che il ricorso proposto da M.C. sia meritevole d’accoglimento.
Infatti, non v’è dubbio che:
la sindrome di Raynaud, manifestatasi a carico del M. nel lontano 1975 (durante la prestazione del servizio militare), già riconosciuta dipendente da causa di servizio ed indennizzata con assegno privilegiato di 8^ categoria, tabella A, per il periodo dal 21.12.1979 al 20.12.1982, non solo non è mai regredita ma ha subito nel tempo una lenta evoluzione peggiorativa, che s’è accentuata negli ultimi anni;
tale evoluzione (constatata dallo stesso Organo di consulenza, che tuttavia ne ha fornito una valutazione medico-legale ingiustamente riduttiva) è agevolmente riscontrabile (come sottolineato dal dott. S…., perito di parte) mediante un analitico confronto tra i dati clinici riportati nei referti dei numerosi accertamenti diagnostici praticati sul M. nel corso degli anni (ivi compresi quelli recentementi disposti dall’Organo di consulenza), da cui si desumono inequivocabilmente le progressive alterazioni morfologiche e funzionali subite dalle sue mani;
d’altronde, se la patologia è stata tenuta in qualche modo sotto controllo e non ha prodotto sinora esiti ancora peggiori, il relativo merito va essenzialmente ascritto alle terapie farmacologiche costantemente praticate dal M., il quale ha anche dovuto limitare frequentemente l’espletamento della propria attività lavorativa di macellaio (la quale comporta notoriamente l’esposizione delle mani a frequenti perfrigerazioni).
Conclusivamente, il Giudice reputa che al M. dev’essere riconosciuto il diritto a percepire la pensione privilegiata tabellare, vitalizia, di 8^ categoria, con decorrenza dall’1.8.2001 (epoca di presentazione della domanda per constatazione d’aggravamento).
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, definitivamente pronunciando, ACCOGLIE il ricorso in epigrafe indicato e, per l’effetto, riconosce il diritto di M.C. a percepire, a carico del Ministero della Difesa, la pensione privilegiata tabellare di 8^ categoria, con decorrenza dall’1.8.2001 e da durare a vita.
Sulle somme arretrate dovute al M. l’Amministrazione dovrà calcolare separatamente (ai sensi dell’art. 1224 del c.c., trattandosi di soggetto appartenente alla categoria del “modesto consumatore”, leso dal notorio fenomeno dell’inflazione monetaria), con decorrenza dalla maturazione dei singoli ratei pensionistici e sino al soddisfo, gli interessi legali e la rivalutazione monetaria (quest’ultima da corrispondersi, però, limitatamente al maggior danno derivante dall’eventuale differenza tra la svalutazione monetaria, calcolata anno per anno in base agli indici di cui all’art. 150 disp. att. del c.p.c., e gli interessi legali).
Considerata la complessità tecnica della questione controversa, sussistono idonei motivi per dichiarare compensate tra le parti le spese di giudizio.
Così deciso a Palermo, nell’udienza del 30.11.2009.
Il giudice unico
F.to dott. (omissis)

sentenza pubblicata a Palermo in data 30 luglio 2010.
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Sentenza nr. 1342/2010 Pensioni del 27-07-2010
REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
la
Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale Regionale
per l'Emilia-Romagna
in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica, in persona del Consigliere dott. M….. C…..
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio instaurato con il ricorso n. 41953/C. presentato da C. S. , nato a OMISSIS il OMISSIS, elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Vincenzo Giampietro sito in Bologna via Santo Stefano, contro il Ministero dell’Interno – Dipartimento dei Vigili del Fuoco Del soccorso Pubblico e della difesa civile Direzione centrale per le risorse Finanziarie avverso il provvedimento emanato dal Dirigente dell’area I° “Trattamento previdenziale ordinario del personale in quiescenza” con il quale viene negato il riconoscimento sulla pensione del beneficio economico previsto dalla legge 15.07.1950 n° 539;
Udita nella pubblica udienza del 8 luglio 2010, con l’assistenza del Segretario dott.ssa L…. C…., l’Avv. Colombi Matteo non presente l’Amministrazione resistente.
Visti gli atti di causa;
Ritenuto in
FATTO
Il ricorrente C. S. , cessato dal servizio per anzianità a far data dal 24.12.1994, notificava presso l’avvocatura distrettuale dello Stato di Bologna ricorso avverso il provvedimento del Ministero dell’interno di diniego dei benefici di cui all’art. 1 della L. 539/1950 prot. 10976 del 06.5.2009. Il predetto ricorso veniva depositato presso la segreteria di questo giudice in data 24 giugno 2009.
Il Ministero dell’Interno – Dipartimento dei Vigili del Fuoco Del soccorso Pubblico e della difesa civile Direzione centrale per le risorse Finanziarie, si costituiva con memoria depositata il …. ottobre 2009, con la quale chiede il rigetto del ricorso, in base alla considerazione che il riconoscimento dell’infermità invalidante da parte dell’amministrazione resistente sarebbe avvenuto dopo il collocamento a riposo dell’ex dipendente. Osserva parte resistente che nonostante l’infermità invalidante sia stata accertata dalla Commissione medica ospedaliera di OMISSIS con verbale n° 333 del 25.03.1994, ovvero circa 9 mesi prima del collocamento a riposo del C. , tale circostanza non è sufficiente al fine della concessione del beneficio economico in esame, né tantomeno sarebbe sufficiente che la stessa infermità sia sta riconosciuta in servizio dalla CMO, in quanto il riconoscimento con provvedimento formale da parte dell’amministrazione di appartenenza sarebbe intervenuto solo con decreto del 29.04.1995, vale a dire successivamente al collocante a riposo del ricorrente. In tale senso, l’amministrazione resistente, richiama l’orientamento del Consiglio di Stato di cui al parere n. 452 del 13 dicembre 1999, evidenziando che: “…Il beneficio previsto dalla L. 539/50 può essere concesso soltanto dopo l’emanazione del provvedimento di cui all’art. 7 del d.p.r. 20.04.1994, n° 349 con cui l’amministrazione fa proprio il giudizio della C.M.O di dipendenza dell’infermità da causa di servizio, e con decorrenza da esso, nel periodo di permanenza in vita del rapporto di’impiego”.
Nel ricorso in esame si contesta il diniego dell’Amministrazione di corrispondere i richiesti benefici, svolgendosi le seguenti considerazioni:
- l’art. 169 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 e l’art. 17 del d.P.R. 29 ottobre 2001, n. 461 riconoscono al dipendente la facoltà di presentare la domanda per l’accertamento e il riconoscimento delle infermità dipendenti per causa di servizio entro il termine di cinque anni dalla cessazione dal servizio;
- nel caso di specie, la regolarità e tempestività della presentazione della domanda da parte del ricorrente venivano riconosciute dalla C,M.O. del Centro di Medicina Legale di OMISSIS, nel verbale di riconoscimento delle infermità;
- a conferma vi è il parere n. 452 della Commissione Speciale Pubblico Impiego del Consiglio di Stato, pronunciato nell’adunanza del 13 dicembre 1999, che afferma che il beneficio in questione è attribuibile d’ufficio e, pertanto, la domanda dell’interessato, avendo la mera funzione di costituire in mora l’Amministrazione, può essere presentata dal dipendente anche in stato di quiescenza;
Si osserva, inoltre, che la titolarità del diritto al beneficio è acquisita qualora: 1) sia accertata nel termine dei cinque anni dalla cessazione dal servizio; 2) sia giudicata ascrivibile ad una delle categorie della tabella “A”; 3) sia giudicata contratta in servizio e da esso dipendente.
Si evidenzia che, nel caso di specie, tutti i suddetti requisiti sono stati giudicati sussistenti dalla competente C.M.O., soggiungendosi che, ai sensi dell’art. 2 del d.P.R. n. 461 del 2001, l’accertamento dell’infermità dipendente da causa di servizio può avvenire anche dopo la cessazione del rapporto di servizio quando la menomazione dell’integrità fisica si manifesti solo dopo la cessazione.
Si chiede, pertanto, che questa Corte voglia: 1) dichiarare il diritto del ricorrente alla riliquidazione del trattamento pensionistico con il computo del beneficio come richiamato dall’art. 1 della L. 539/50; 2) dichiarare il diritto alla rivalutazione monetaria ed agli interessi legali per il ritardo nell’erogazione delle somme dovute e non corrisposte.
La causa è, quindi, passata in decisione.
Considerato in
DIRITTO
La pretesa dedotta in controversia è sostanzialmente volta ad ottenere il riconoscimento del diritto ad ottenere, a fini pensionistici, i benefici per i mutilati ed invalidi di guerra di cui agli artt. 117 e 120 del regio decreto n. 3458 del 31 dicembre 1928, estesi ai mutilati ed invalidi per servizio dalla legge 15 luglio 1950, n. 539.
Al riguardo occorre ricordare che l’art. 1 della citata legge n. 539 del 1950 (Applicabilità ai mutilati ed invalidi per servizio ed ai congiunti dei caduti per servizio dei benefici spettanti ai mutilati ed invalidi di guerra ed ai congiunti dei caduti in guerra) ha operato una equiparazione tra la categoria dei mutilati ed invalidi di guerra e quella dei mutilati ed invalidi per causa di servizio in ordine ai benefici disposti a favore dei primi dalle allora vigenti disposizioni legislative, disponendo testualmente che “I benefici spettanti, secondo vigenti disposizioni, ai mutilati ed agli invalidi di guerra, nonché ai congiunti dei caduti di guerra, si applicano anche ai mutilati ed invalidi per servizio ed ai congiunti dei caduti per servizio”.
L’art. 3 della stessa legge n. 539 del 1950 ha poi stabilito che “agli effetti della presente legge si considerano mutilati od invalidi per servizio coloro che, alle dirette dipendenze dello Stato e degli enti locali territoriali e istituzionali, hanno contratto, in servizio e per causa di servizio militare o civile, debitamente riconosciuta, mutilazioni od infermità ascrivibili ad una delle categorie di cui alla tabella A, annessa alla legge 19.2.1942, n. 137”.
Tra i benefici estendibili, ai sensi della predetta normativa, anche ai mutilati ed invalidi per servizio (ed ai congiunti decaduti per servizio) erano compresi quelli dell’abbreviazione di uno o due anni di anzianità, ai fini della maturazione degli aumenti periodici di stipendio, previsti – prima della sopravvenuta abrogazione stabilita con decorrenza dal 1° gennaio 2009 dall’art. 70 del recente decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (convertito, con modificazioni, in legge 6 agosto 2008, n. 133) - dagli articoli 117 e 120 del r.d. 31 dicembre 1928, n. 3458 (Testo unico delle disposizioni concernenti gli stipendi ed assegni fissi per il regio esercito) e dagli articoli 43 e 44 del r.d. 30 settembre 1922, n. 1290.
Premesso che il citato art. 70 d.l. n. 112 del 2008, per il principio di irretroattività della legge (art. 11 preleggi), non può trovare applicazione rispetto alle fattispecie pregresse come quella in esame, sorta in epoca anteriore alla data del 1° gennaio 2009, deve osservarsi che per giurisprudenza oramai pacifica i benefici di cui trattasi spettano ai pubblici dipendenti destinatari di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio di infermità ascrivibile a categoria di pensione, anche se successivamente collocati a riposo prima della concessione di equo indennizzo o di pensione privilegiata; i benefici stessi, inoltre, sono liquidabili d’ufficio, una volta intervenuto detto riconoscimento, con decorrenza da quest’ultimo, e pertanto la domanda dell’interessato, che ha la funzione di costituire in mora l’amministrazione, può essere presentata dal dipendente anche in stato di quiescenza.
E’ però necessario, in ogni caso, che il riconoscimento di una infermità dipendente da causa di servizio con ascrivibilità ad una delle categorie della Tabella “A” sia intervenuto in costanza del rapporto di servizio pur potendo i benefici in questione, come appena detto, essere utilmente richiesti anche successivamente al collocamento a riposo (cfr. Corte dei Conti – Sezione giur. reg. Veneto, 26 febbraio 2007, n. 136; TAR Campania Napoli – Sezione VI, 12 aprile 2006 n. 3577; TAR Toscana Firenze – Sez. I, 21 dicembre 2004 n. 6603; Corte dei Conti – Sez. giur. reg. Umbria, 21 aprile 2004 n. 183; Consiglio di Stato - Commissione speciale pubblico impiego, parere n. 452 del 13 dicembre 1999).
In altre parole, la costanza in servizio del dipendente, seppure non richiesta ai fini della proposizione della domanda volta ad ottenere i benefici in discussione, è comunque condizione necessaria relativamente al riconoscimento di dipendenza da causa di servizio di infermità ascritte o ascrivibili a categoria di pensione.
Ciò posto, devesi rilevare che nel caso concreto tale condizione si è realizzata, risultando in atti che prima del congedo la Commissione medica ospedaliera di Bologna con verbale n° ….. del 25.03.1994, ovvero circa 9 mesi prima del collocamento a riposo, ha riconosciuto al ricorrente infermità dipendenti da causa di servizio con contestuale ascrivibilità ad una delle categorie della Tabella A.
Ne consegue che, ricorrendo nella specie il suddetto necessario presupposto, il ricorrente ha titolo a fruire dei richiesti benefici.
Alla luce dell’orientamento giurisprudenziale espresso dalla Sezioni Riunite di questa Corte con sentenza n. 10/2002/QM, sulle somme dovute in forza della presente pronuncia va riconosciuto al ricorrente il diritto al “maggior importo” tra interessi e rivalutazione ex art. 429, comma 3, cod. proc. civ., tenuto conto delle percentuali di interessi legali e dell’indice ISTAT ex art. 150 disp. att. cod. proc. civ. rilevati anno per anno: tale importo va calcolato a decorrere da ogni singola scadenza debitoria a far data dal momento di maturazione del diritto fino al soddisfo.
Sulla base delle considerazioni che precedono il ricorso de quo si appalesa fondato e, pertanto, meritevole di accoglimento.
Sussistono sufficienti motivi per disporre la compensazione delle spese giudiziali.
P.Q.M.
la Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale regionale per l'Emilia-Romagna in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica, disattesa ogni contraria domanda, eccezione e deduzione, definitivamente pronunciando
Accoglie
il ricorso in epigrafe.
Sulle somme accordate in forza della presente sentenza deve essere corrisposto il “maggior importo” tra interessi legali e rivalutazione monetaria, da calcolarsi nei modi di cui in motivazione.
Spese compensate.
Così deciso in Bologna, addì 7 luglio 2010.
DECRETO
Il Giudice Unico delle Pensioni, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196,
DISPONE
che, a cura della Segreteria, venga apposta l’annotazione di cui al comma 3 di detto articolo nei confronti della parte ricorrente.
Il Giudice
Consigliere M…. C….
f.to dr.ssa omissis
Depositata in Segreteria il 27/07/2010
IL DIRIGENTE
f.to dr.ssa omissis
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Colleghi e lettori tutti, badate a non sbagliare nei ricorsi.

N. 30144/2010 REG.SEN.
N. 02363/2008 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 2363 del 2008, proposto da: G. G., nella qualità di amministratrice di sostegno del figlio G. S., rappresentata e difesa dall'avv. (omissis), con domicilio eletto presso lo studio dello stesso in Roma, piazza Trento, ……
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
del Decreto n. …. del …..12.2007 con il quale il Ministero della difesa - aderendo al parere del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio - rigettava la domanda di concessione dell'equo indennizzo e di pensione privilegiata.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 maggio 2010 il dott. (omissis) e uditi l’avv.to (omissis) e l'avv. dello Stato (omissis)i;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Con atto notificato il 26 febbraio 2008, depositato nei termini, la Sig.ra G. G., nella qualità di amministratrice di sostegno del figlio S. G., ha chiesto l’annullamento del decreto n. …. del Ministero della Difesa, Direzione Generale delle pensioni militari, datato …. dicembre 2007, con il quale si respinge la domanda di pensione privilegiata avanzata in data 10 settembre 1994 dal Sig. S. G..
A sostegno del gravame la ricorrente deduce censure di violazione dell’art. 68 del T.U. n. 3/57 e principi generali, violazione dell’art. 9/1, D.P.R. n. 349/94, eccesso di potere per erroneità manifesta dei presupposti, carenza istruttoria, illogicità manifesta.
L’Amministrazione intimata si è formalmente costituita in giudizio a mezzo dell’Avvocatura Generale dello Stato.
Alla pubblica udienza del 5 maggio 2010 la causa è passata in decisione.
Va rilevato, d’ufficio, la inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione atteso che la controversia concerne la materia delle pensioni militari, che rientra nella giurisdizione esclusiva della Corte dei Conti.
Il ricorso va, pertanto, dichiarato inammissibile, mentre si rinvengono giusti motivi per compensare tra le parti le spese di giudizio.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale - Sezione Prima Bis - dichiara inammissibile per difetto di giurisdizione il ricorso meglio specificato in epigrafe.
Spese compensate
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 maggio 2010 con l'intervento dei Magistrati:
(omissis), Presidente
(omissis), Consigliere, Estensore
(omissis), Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 05/08/2010
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