Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Da Tiscali questa notizia.
La metto anche qui per notizia a quelli in congedo/pensione.

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Uranio: caso Melis, il Tribunale di Cagliari condanna lo Stato
Il Ministero della Difesa dovrà risarcire 584 mila euro ai familiari di Valery Melis, il militare originario di Quartu Sant'Elena (Cagliari) morto nel 2004 dopo una lunga malattia che lo aveva colpito al rientro da una missione in Kosovo. A stabilire il risarcimento, dopo che l'inchiesta penale era stata archiviata, è stato il Tribunale civile di Cagliari che ha ritenuto responsabile l'Esercito perché conosceva i rischi cui i soldati andavano incontro nelle missioni nei Balcani degli anni Novanta.

"Deve ritenersi - si legge nella sentenza scritta dal giudice Vincenzo Amato - che il linfoma di Hodgkin sia stato contratto dal giovane Valery Melis proprio a causa dell'esposizione ad agenti chimici e fisici potenzialmente nocivi durante il servizio militare nei Balcani, atteso che proprio i detriti reperiti nel suo organismo hanno ben più che attendibilmente causato alterazioni gravi alle cellule del sistema immunitario come rilevato con frequenza di gran lunga superiore della media per i militari rientrati dai Balcani".

Soddisfatto per la sentenza l'avvocato Ariuccio Carta che tutela i familiari di Valery Melis e che ha parlato di una "sentenza storica". Per il risarcimento il giudice ha stabilito che lo Stato dovrà pagare 233.776 euro a testa ai genitori del militare e 55.444 ad ognuno dei due fratelli, più 23 mila euro di spese processuali. Dura la critica del Tribunale civile verso l'Esercito: "Nonostante fosse stato preavvertito da altro comando alleato - scrive il giudice Vincenzo Amato - non aveva fornito alcuna informazione del pericolo e dall'altro non aveva adottato alcuna misura protettiva per la salute, così esponendo Valery Melis alla contaminazione". Il militare morì a 27 anni il 4 febbraio 2004 dopo aver a lungo combattuto contro il linfoma che lo aveva colpito: nel 1997 e nel 1999 aveva partecipato alle missioni in Albania e Kosovo, nel contingente internazionale schierato Balcani.

"La sentenza di Cagliari è la quarta in questo senso, quindi sulla vicenda si sta affermando una incoraggiante giurisprudenza, anche se solo nel campo civile. Adesso c'é da augurarsi che il Ministero della Difesa non si opponga anche in questo caso e che riconosca ai familiari di Valery Melis quel che gli è dovuto". Lo ha Francesco Palese, ideatore e curatore del portale Vittimeuranio.com. Commentando la sentenza del Tribunale civile di Cagliari, che ha condannato il Ministero della Difesa a risarcire i familiari di Melis, uno dei tanti militari, almeno 200, che hanno perso la vita per possibile contaminazione da uranio impoverito, Palese si è augurato la pronuncia del Tribunale civile serva da segnale, un invito a venire allo scoperto e a pretendere i diritti per "i tantissimi ragazzi che continuano a soffrire nel silenzio. Si parla di almeno 1500 malati - conclude Palese - sparsi in tutta Italia, in particolare al Sud".
13 agosto 2011


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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Al maresciallo di 1° classe scelto, collocato in ausiliaria dal 15.12.1992 al 15.12.1999, è stato disposto con provvedimento dell’Inpdap il recupero di un’indebita erogazione di somme in più corrisposte pari ad € 24.922,89, relative al periodo 15.12.1992-28.2.2010.
L’adozione del provvedimento di pensione definitiva era intervenuto dopo 17 anni e 3 mesi da quello provvisorio. La Corte dei Conti ha accolto il suo ricorso.


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SENTENZA N. 228/2011
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA
IL GIUDICE UNICO
nella persona della dr.ssa Paola Briguori, all’udienza del 25 maggio 2011, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio pensionistico iscritto al n. 58501PM del Registro di Segreteria, proposto da O. S., come in atti generalizzato, elettivamente domiciliato presso lo studio Crucianelli Fernando, via Matteotti n.73 Viterbo
contro
- Ministero della Difesa
- Inpdap
per
l’annullamento, previa sospensione, del provvedimento dell’Inpdap – sede di Pisa - n. ………. del 3.3.2010, con il quale è stato disposto il recupero di un’indebita erogazione di somme in più corrisposte pari ad € 24.922,89, relative al periodo 15.12.1992-28.2.2010
Visto il ricorso e gli altri documenti di causa;
Udito, per il Ministero della Difesa, il dr. Alfredo Proietti;
Udita, per l’Inpdap, la dr.ssa Rosa Caira.
Considerato in
FATTO
1. Con ricorso ritualmente notificato e pervenuto alla segreteria di questa Sezione in data 21 aprile 2010, O. S. impugnava il provvedimento dell’Inpdap – sede di Pisa - n. ……. del 3.3.2010, con il quale era stato disposto il recupero di un’indebita erogazione di somme pari ad € 24.922,89, relative al periodo 15.12.1992-28.2.2010, mediante trattenuta mensile sulla pensione di euro 498,46 a partire dal mese di marzo 2010 sino al mese di aprile 2014.
Il ricorrente deduceva l’irripetibiltà dell’indebito pensionistico e la tutela della buona fede dell’accipiens, richiamando copiosa giurisprudenza ed evidenziando che l’adozione del provvedimento di pensione definitiva era intervenuto dopo 17 anni e 3 mesi da quello provvisorio.
Il Ministero della Difesa si costituiva con memoria in data 3.6.2010 e l’Inpdap in data 16.6.2010.
Risultava che il ricorrente, maresciallo di 1° classe scelto, era stato collocato in ausiliaria dal 15.12.1992 al 15.12.1999.
In data 1.2.2005 era stato emesso il decreto n. …/A, con il quale era stata concessa la pensione definitiva privilegiata. Tale decreto non era ammesso a registrazione dalla Corte dei conti.
Seguiva il decreto n. …../3/AM del 9.12.2009, con cui si determinava in riduzione la pensione definitiva del ricorrente e dalla cui applicazione sorgeva la sussistenza di un indebito pensionistico a carico del ricorrente, che l’Inpdap provvedeva a recuperare.
2. All’udienza in camera di consiglio del 7 luglio 2010, questo giudice respingeva l’istanza cautelare per insussistenza del periculum in mora.
2. All’udienza pubblica del 26 gennaio 2011 questo Giudice pronunciava ordinanza con la quale imponeva all’Inpdap di chiarire:
a) Se il sig. O. era stato destinatario di un provvedimento di pensione provvisoria alla data della cessazione del servizio di ausiliaria; in caso affermativo l’istituto e/o il Ministero della Difesa dovranno trasmettere copia del relativo provvedimento, ove in possesso;
b) Se prima dell’adozione della sequenza dei provvedimenti n…../A dell’1.2.2005 e n…./3/AM del 9.12.2009, in cui si liquidava la pensione definitiva privilegiata, fosse già stata liquidata nei suoi confronti una pensione definitiva ordinaria;
c) Le ragioni dell’indebito per somme in più corrisposte dal 15.12.92 al 28.2.2010.
L’Inpdap dava riscontro con atto in data 8.3.2011, nel quale si chiariva che: a) il sig. O. al momento della cessazione dal servizio per ausiliaria era destinatario di provvedimento di pensione provvisoria emesso dall’Aeronautica Militare (provv. 18.11.1992); b) con decreto n. …/A dell’1.2.2005 emesso dal Ministero della Difesa veniva concesso: art. 3 la pensione ordinaria a decorrere dal 15.12.1999; art. 4 la pensione privilegiata di 8° categoria; b) il debito per somme in più corrisposte dal 15.12.1992 al 28.2.2010 era dovuto al conguaglio derivante dall’applicazione del decreto ../A dell’1.2.2005 e del decreto …./3/M del 9.12.2009.
L’Inpdap depositava memoria in data 11 maggio 2011, in cui chiariva che il ricorrente era cessato dal servizio in data 15.12.1992, ma era stato collocato in posizione di riserva e poi di ausiliaria fino al 14.12.1999. Aveva poi ricevuto anticipi di pensione fino al 31.12.1999 da parte dell’Aeronautica Militare. Solo dall’1.1.2000, a seguito del trasferimento della partita provvisoria di pensione, l’Inpdap di Pisa erogava il primo pagamento. Pertanto, l’Inpdap eccepiva il proprio difetto di legittimazione passiva per il periodo 15.12.1992-31.12.1999. Aggiungeva che il Ministero della Difesa autorizzava in data 19.1.1995, nelle more del decreto di pensione privilegiata, il pagamento dell’aumento del decimo della pensione in pagamento in via provvisoria. L’Inpdap, infine, precisava di aver dato puntuale applicazione al decreto di pensione definitiva n…../3/M del 9.12.2009 dalla rata di marzo 2010 che annullava e sostituiva il decreto …./A dell’1.2.2005.
L’Inpdap rassegnava le seguenti conclusioni chiedendo:
- in via preliminare, di dichiarare inammissibile il riscorso nella parte riferita al periodo 15.12.1992 – 31.12.1999 per difetto di legittimazione passiva dell’Inpdap, investito della partita pensionistica in epoca successiva;
per il periodo dall’1.1.2000:
- in via preliminare, di dichiarare inammissibile il ricorso in quanto difetta della preventiva istanza in via amministrativa ai sensi dell’art. 71, lettera b), RD 1038/1933;
- in via principale, di respingere il ricorso perché infondato per le argomentazioni illustrate in narrativa; ovvero, di dichiarare irripetibili le somme già offerte in restituzione ed integralmente recuperate, ivi compresa la richiesta di restituzione delle somme recuperate con interessi legali e rivalutazione monetaria;
- in via subordinata, nella denegata ipotesi che il ricorso sia accolto, di dichiarare il diritto di rivalsa dell’Inpdap nei confronti del Ministero della difesa quale unico ente responsabile della mancata emanazione del provvedimento definitivo di pensione nei termini e, per l’effetto, di condannare il medesimo a rifondere all’Inpdap le somme dichiarate irripetibili, con conseguente condanna alle spese di giudizio.
3. All’udienza del 25.5.2011 il dr. Venditti chiedeva il rigetto del ricorso; per quanto riguarda la domanda in rivalsa formulata dall’Inpdap, eccepiva il difetto di giurisdizione della Corte sulla domanda formulata dall’Inpdap ed, in ogni caso, il difetto di legittimazione passiva di una sede periferica a formulare tale richiesta; inoltre, su esplicita richiesta del Giudice, chiariva che l’indebito non riguardava quanto percepito dal pensionato nella fase del pagamento della pensione provvisoria dal 1992 ma quanto percepito in forza del primo decreto di pensione definitiva n. …/2005: ciò si sarebbe evinto dal raffronto tra gli importi percepiti a titolo provvisorio - come risultavano nella nota dell’Aeronautica Militare 27.9.1999 di trasferimento della partita di pensione de qua all’Inpdap il cui importo esiguo era indicato in lire 41.706.216 – e l’importo di € 15.658,98 ( dal 15.12.1992) elevato a € 22.625,85 dal 15.12.1999, indicato nel decreto n. …/2005. La dr.ssa Caira insisteva sulle argomentazioni difensive di cui alla memoria di costituzione. La causa era trattenuta in decisione.
Considerato in
DIRITTO
1. In via preliminare deve essere vagliata, per il suo carattere pregiudiziale ed in parte assorbente, l’eccezione di inammissibilità del ricorso in relazione a quanto statuito dall’art. 71, lett. b) del r.d. 13 agosto 1933 n. 1038, stante la mancanza, nella fattispecie, di una previa istanza amministrativa.
La suddetta norma dispone che “i ricorsi in materia di pensioni, assegni od indennità non sono ammessi, oltre che nei casi di nullità indicati nell'art. 3, quando: a) si impugni soltanto la parte del provvedimento per la quale fu fatta espressa riserva di ulteriore pronunzia; b) si propongano domande sulle quali non siasi provveduto in sede amministrativa”.
Dunque, in base a tale disposizione, che pone il principio della previa pronuncia amministrativa sulla domanda rivolta al giudice, il ricorso in materia pensionistica deve essere preceduto da una valutazione in sede amministrativa, pena l’inammissibilità del ricorso stesso.
In tal senso si è pronunciata la giurisprudenza di questa Corte dei Conti, affermando che la valida instaurazione di un procedimento giurisdizionale innanzi al giudice delle pensioni richiede un’espressa pronuncia di diniego da parte dell’amministrazione resistente, o l’inutile esperimento della procedura per la formazione del silenzio - rifiuto, in mancanza della quale la domanda giudiziale deve ritenersi inammissibile (cfr. ex plurimis Corte dei Conti – Sez. I centrale d’appello, 30 ottobre 2007 n. 375/A; Sez. III centrale d’appello, 1° luglio 2002 n. 218/A; Sez. giur. reg. Veneto, 26 febbraio 2007 n. 136; Sez. giur. Emilia Romagna, 2 dicembre 2010 n.1875).
In sostanza, per introdurre un valido procedimento giudiziale dinanzi alla Corte dei Conti non è sufficiente che il ricorrente sia portatore di un interesse pensionistico asseritamente leso da un atteggiamento dell'autorità amministrativa, ma occorre che detto atteggiamento si sia compendiato in una espressa pronuncia amministrativa (oppure nell’equipollente silenzio-rifiuto), che costituisce presupposto processuale e, pertanto, deve sussistere già al momento della proposizione del gravame.
Ciò premesso, ritiene questo Giudice, il quale talvolta ha aderito all’orientamento giurisprudenziale summenzionato, che nella fattispecie si versi in una particolare ipotesi in cui si giustifica la diversa decisione di ritenere ammissibile il ricorso.
Il caso di specie si caratterizza dalla premessa di fondo della certezza del diniego alla richiesta di irripetibilità formulata in questa sede dal ricorrente in quanto l’Amministrazione, nell’imporre il recupero coattivo sul trattamento di pensione di questi, ha manifestato per facta concludentia la sua posizione contraria. Tant’è che il ricorrente, per paralizzare l’azione dell’Istituto, ha dovuto ricorrere alla tutela cautelare.
Ne consegue che, considerata la peculiarità della questione trattata, il ricorso deve ritenersi ammissibile.
2. In secondo luogo, deve ritenersi non fondata l’eccezione di difetto di legittimazione passiva formulata dall’Inpdap in virtù della sua posizione di ordinatario secondario di spesa.
Essendo l’istituto un ente che riveste una specifica competenza, ancorché relativa alla fase del pagamento ed alla ordinazione secondaria di spesa, nel procedimento di liquidazione dei trattamenti pensionistici pubblici, la legittimazione passiva del detto Istituto non può essere esclusa a priori, dovendosi ritenere esistente comunque un interesse a contraddire.
Occorre del resto osservare che le attribuzioni di “ordinatore principale e secondario di spesa” costituiscono una mera ripartizione di competenza di apparati della pubblica amministrazione, comunque costituenti nel loro complesso la figura di obbligato passivo (così C. conti Sez. III Appello 04.07.2001 n. 175; Sez. Giurisd. Friuli V. Giulia 13.5.2005 n. 335; idem, 11.3.2008 n.104; Sez. Giurisd. Veneto 24.9.2007 n.882).
Peraltro, nella specie, oggetto dell’impugnazione è proprio un provvedimento di recupero emesso dall’Inpdap, che, per ciò solo, deve ritenersi legittimato a contraddire. Ma v’è di più. A ben vedere, la pretesa attorea attiene alla declaratoria di irripetibilità di somme accertate come indebite proprio nel periodo in cui l’Inpdap era già subentrato nella gestione della partita di pensione del sig. O., poiché, sebbene relative anche al periodo ante 1.1.2000 l’indebito è stato determinato con l’adozione del decreto definitivo n. 50/2005.
3. Passando all’esame del merito, ad avviso di questo Giudice, la domanda odierna merita accoglimento.
3.1 Dall’esame della documentazione in atti si evince, come chiarito dal rappresentante del Ministero della Difesa, che l’indebito è sorto a seguito del conguaglio eseguito con l’emissione del secondo decreto definitivo n. …/2009 rispetto a quanto erogato con il primo decreto di pensione definitivo n. ../2005, che aveva annullato e sostituito in conformità al rilievo della Corte dei conti. Nonostante il periodo di liquidazione riguardi la ricostruzione dell’intera posizione pensionistica del sig. O. dal 1992, ciò che rileva è che l’indebito si sia formato a seguito di rinnovazione del decreto di pensione definitiva.
Ed in vero, dal provvedimento impugnato si evince che con decreto n. ../2005 il Ministero aveva concesso al ricorrente al pensione definitiva privilegiata di VIII ctg. pari ad €15.658,98 a decorrere dal 15.12.1992 elevata per fine ausiliaria a € 22.625,85 dal 15.12.1999 oltre l’indennità di ausiliaria variabile a successive scadenze; si evince, inoltre, che con il successivo decreto n. …/2009 detta pensione era stata riliquidata in € 15.658,98 a decorrere dal 15.12.1992, elevata per fine ausiliaria a € 20.906,47 dal 15.12.1999 oltre l’indennità di ausiliaria variabile a successive scadenze. Ciò aveva comportato il conguaglio a debito non già per le somme che il ricorrente aveva percepito nel periodo di titolarità della sola pensione provvisoria ma per le somme indebitamente percepite per effetto della ricostruzione della sua posizione pensionistica operata con il decreto definitivo n…/2005.
Pertanto, la trattenuta delle somme indebitamente erogate appare illegittima ai sensi degli artt. 203 e ss. del DPR 1092/73.
Vero è che nel caso di specie si versa in una ipotesi di modifica di provvedimento definitivo per errore nel calcolo della pensione (lett.b art.204 DPR 1092/73), a cui si applica l’art.206 DPR 1092/73, secondo il quale “nel caso in cui, in conseguenza del provvedimento revocato o modificato, siano state riscosse rate di pensione o di assegno ovvero indennità, risultanti non dovute, non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che la revoca o la modifica siano state disposte in seguito allo accertamento di fatto doloso dell'interessato”.
Deve osservarsi che la natura definitiva del provvedimento nel senso richiesto per l'applicabilità degli artt. 203 ss. del DPR 1092/73 prescinde dall'esito del controllo successivo previsto dall'art. 166 della legge 312/80, poiché i provvedimenti di liquidazione della pensione definitiva debbono ritenersi compiutamente definitivi dalla data della loro emanazione (Sez. Giur. Reg. Toscana , sent. n. 1067 del 27-09-1999). Ed, infatti, tale circostanza non incide sulla natura definitiva della pensione, che è e rimane tale ai fini della tutela della buona fede del percettore ai sensi dell’art. 206, dPR 1092/73, norma speciale rispetto alla disciplina generale di cui all’art. 2033 cod. civ., posta a tutela del pensionato.
3.2. Tutto ciò premesso, ne deriva che il pensionato deve restare indenne da eventuali procedure di recupero a debito e che l’indebito accertato deve essere dichiarato irripetibile. Pertanto, le somme medio tempore trattenute devono essere restituite con gli accessori calcolati secondo i principi fissati dalla nota sentenza n. 10/QM/2002, trattandosi di pretesa fondata su un dato normativo (206 TU 1092/73).
4. Da ultimo, per quanto attiene all’azione di rivalsa formulata dall’Inpdap, si osserva quanto segue.
Priva di pregio è l’eccezione di difetto di giurisdizione di questa Corte sollevata dal Ministero in relazione alla suddetta domanda, dovendosi ritenere che la giurisdizione esclusiva della Corte dei conti, in quanto giudice naturale delle pensioni pubbliche, si estenda anche alle azioni di rivalsa nei confronti del datore di lavoro se la pretesa attenga ad un indebito previdenziale, vertendosi sempre su controversie che riguardano il "quantum" di detto trattamento. Del resto, la Suprema Corte di Cassazione, nell’ammettere anche la giurisdizione di questa Corte in materia di opposizione ad ordinanza ingiunzione per il recupero di indebiti pensionistici, ha osservato che la stessa. “…si estende alle controversie relative ad atti di recupero di assegni di pensione già erogati, atteso che anch'essi investono il "quantum" di detto trattamento, e non soffre deroga, in favore di quella del giudice ordinario, neppure nell'ipotesi in cui l'Amministrazione si sia avvalsa del procedimento per ingiunzione…” (Cass., SSUU, 29.2.2008 n.5430);
E’ altresì, priva di pregio l’eccezione sul difetto di legittimazione passiva della sede Inpdap di Firenze a formulare la domanda in rivalsa, poiché detta sede deve intendersi come una mera articolazione organizzativa dell’ente, come tale legittimata a rappresentare l’istituto per effetto del rapporto di immedesimazione organica.
Passando al merito della richiesta di rivalsa, la stessa deve ritenersi infondata, poiché dalle risultanze in atti non è dato evincere una condotta colposa del Ministero nella formazione dell’indebito, dovendosi considerare scusabile l’errore di calcolo eseguito nel primo decreto di pensione definitivo, giustificato dalla complessità della pensionistica militare che nella fattispecie ha richiesto specifici conteggi per ricostruire l’intera carriera del pensionato.
5. Tutto ciò premesso, si ritiene che l’odierno ricorso debba essere accolto e, per l’effetto, debba essere dichiarato irripetibile l’indebito pensionistico di € 24.922,89, accertato nei confronti del ricorrente dall’Inpdap.
5. Considerata la complessità della fattispecie esaminata, sussistono giustificati motivi per disporre la compensazione delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la regione Toscana, in composizione monocratica, ogni contraria istanza ed eccezione reiette, accoglie il ricorso n. 58501PM del registro di Segreteria, proposto da O. S. e, per l’effetto:
- Respinge l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’Inpdap;
- Dichiara irripetibile l’indebito pari ad € 24.922,89, accertato nei confronti del ricorrente con provvedimento dell’Inpdap – sede di Pisa - n. …. del 3.3.2010;
- Condanna l’Inpdap a restituire le somme sin ora trattenute a tale titolo al ricorrente comprensive di accessori calcolati alla stregua dei principi di cui alla sentenza n. 10/QM/2002;
- Respinge l’istanza di rivalsa formulata dall’Inpdap nei confronti del Ministero della Difesa;
- Compensa fra le parti le spese di lite.
Così deciso in Firenze all’udienza del 25 maggio 2011 con l’ordinanza ai sensi dell’art. 429 cod. proc. civ., in cui si disponeva la riserva del deposito della sentenza entro sessanta giorni.
IL GIUDICE UNICO
F.to Paola Briguori

Depositata il segreteria il 28 GIUGNO 2011
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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In sede di liquidazione del trattamento definitivo risultava un indebito di L.9.630.889 per essere il trattamento provvisorio superiore a quello definitivo, pertanto il ricorrente contesta tale provvedimento rivendicando la violazione del principio del legittimo affidamento.
Nel merito, il ricorrente eccepisce di aver percepito il predetto trattamento pensionistico da parte dell’amministrazione in buona fede e solamente in sede di rideterminazione definitiva del proprio trattamento pensionistico, dopo sette anni aver subito una decurtazione senza alcuna consapevolezza per il ritardo della propria amministrazione nella determina.
Il legittimo affidamento costituisce altresì principio dell’ordinamento comunitario a cui l’amministrazione deve attenersi ai sensi dell’art. 1 della stessa legge 241/1990, come innovato dalla legge 15/2005.
In materia previdenziale tale principio ha trovato specifica conferma anche nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE C34/2002 del 19/6/2003, la quale impone di prendere in considerazione la buona fede degli interessati.
Più recentemente, la sezione lavoro della Corte di Cassazione con la decisione n.9924/2009, ha riaffermato la immanenza del principio del legittimo affidamento come situazione giuridico-soggettiva ingenerata dalla inerzia (come in questo caso) di una parte nei confronti dell’altra.
In questi ultimi tempi sento molto spesso che colleghi già in pensione si vedono recapitare a casa una lettera di richiesta di restituzione di somme, pertanto considerando ciò, posto qui questa sentenza della Corte dei Conti di Palermo per informazione a tanti.

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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SICILIA Sentenza 2915 2011 Pensioni 03-08-2011


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA

IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI

Dott. Giuseppe Grasso ha pronunciato la seguente

SENTENZA N. 2915/2011

sul ricorso in materia pensionistica, depositato in data 12/11/1997 ed iscritto al n. OMISSIS del registro di segreteria, promosso da D. S.. deceduto e successivamente riassunto dal figlio D. S. G., rappresentato e difeso dall’avv. Francesco Tinaglia ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in via Santuario di Cruillas n.8.
nei confronti di
Ministero economia e finanze direzione servizi vari di Trapani e INPDAP.
Esaminati gli atti e documenti del fascicolo processuale.
Uditi, all’udienza del 27/6/2011, l’avv. Tinaglia Francesco per il ricorrente e il Dr. Di Giovanni Pietro per il Ministero economia e finanze e il Dr. Marino Onofrio per l’INPDAP.
Fatto
Il ricorrente signor D.S. G. è titolare di pensione dal 1/8/1989.
In sede di liquidazione del trattamento definitivo con provvedimento dell’amministrazione datrice di lavoro Ministero dell’istruzione n. OMISSIS del 1/6/1996, risultava un indebito di L.9.630.889 per essere il trattamento provvisorio superiore a quello definitivo.
Il ricorrente contesta tale provvedimento rivendicando la violazione del principio del legittimo affidamento.
Si sono costituiti il Ministero dell’economia e delle finanze e l’INPDAP, in quanto ente successore ex lege nella gestione del rapporto previdenziale, i quali hanno ribadito la legittimità del proprio operato e l’INPDAP ha chiesto l’integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero dell’istruzione quale amministrazione di appartenenza del ricorrente chiedendone la condanna a titolo di rivalsa nel caso di accoglimento del ricorso, in relazione al ritardo nella determinazione del trattamento definitivo.
Questa sezione con ordinanza cautelare n. 93/1998 del 5/2/1998, ha sospeso l’efficacia del provvedimento di recupero.
Diritto
Il ricorso del signor D. S.. G. e del signor D. S. G., n.q. di erede è fondato e meritevole di accoglimento nei termini di seguito indicati.
Nel merito, il ricorrente eccepisce di aver percepito il predetto trattamento pensionistico da parte dell’amministrazione in buona fede e solamente in sede di rideterminazione definitiva del proprio trattamento pensionistico, dopo sette anni aver subito una decurtazione senza alcuna consapevolezza per il ritardo della propria amministrazione nella determina.
In sostanza non si può negare che sussista uno stato di buona fede del medesimo, secondo quanto previsto dall’art. 206 del DPR 1092/1973 come interpretato dall’art. 3 della legge 428/1985, considerato il lungo tempo trascorso, circa sette anni dal suo pensionamento.
E dunque, il lungo tempo trascorso per procedere al recupero, al di fuori di qualsiasi ragionevole termine procedimentale, giustifica il legittimo affidamento del ricorrente secondo i dettami della nota decisione delle Sezioni riunite della Corte dei conti QM7/2007 e la conseguente illegittimità del provvedimento di recupero.
In particolare, con la citata sentenza, le Sezioni riunite della Corte dei conti hanno riaffermato ed agganciato il principio del legittimo affidamento al rispetto delle norme procedimentali previste dalla legge 241/1990 ed in particolare alle previsioni dell’art. 2 ove si prevede l’obbligo per l’amministrazione di predeterminare i termini procedimentali di ciascun procedimento, anche in ossequio al principio di certezza del diritto e della clausola generale di buona fede e correttezza, che nel caso della P.A. è parametrata sul rispetto del principio di regolarità dell’azione amministrativa, il quale integra se del caso (come in questo) i canoni contrattuali di correttezza e buona fede, si veda: Cass. 14198/2004. Il legittimo affidamento costituisce altresì principio dell’ordinamento comunitario a cui l’amministrazione deve attenersi ai sensi dell’art. 1 della stessa legge 241/1990, come innovato dalla legge 15/2005.
In materia previdenziale tale principio ha trovato specifica conferma anche nella giurisprudenza della Corte di giustizia UE C34/2002 del 19/6/2003, la quale impone di prendere in considerazione la buona fede degli interessati.
Più recentemente, la sezione lavoro della Corte di Cassazione con la decisione n.9924/2009, ha riaffermato la immanenza del principio del legittimo affidamento come situazione giuridico-soggettiva ingenerata dalla inerzia (come in questo caso) di una parte nei confronti dell’altra, richiamandosi ai generali principi di buona fede e correttezza previsti dall’art. 1175 e 1375 c.c. che ricomprendono anche il principio nemo venire contra factum proprium, il quale ne costituisce un elemento rilevante, esplicitamente codificato in altri ordinamenti, ma da ritenersi presente anche in quello italiano, considerandosi ricompreso nelle clausole generali sopra citate, come confermato anche in via interpretativa anche dall’art. 1.8 dei principi UNIDROIT: una parte non può agire in modo contradditorio rispetto ad un intendimento che ha ingenerato nell’altra parte, e sul quale questa ha ragionevolmente fatto affidamento a proprio svantaggio.
In questo caso, come affermato dalle sezioni riunite, il ritardo nell’adozione del provvedimento dfi recupero, al di là di tutti i termini procedimentali previsti, ha determinato la violazione dell’obbligo dell’amministrazione di concludere il procedimento con un provvedimento espresso entro un limite temporale certo.
Ciò ha determinato sia il legittimo affidamento del ricorrente nella correttezza del trattamento pensionistico.
Pertanto, sussiste il diritto del ricorrente a trattenere le somme indebitamente erogate dall’amministrazione sia per l’inerzia dell’amministrazione scolastica a determinare il trattamento definitivo.
Sulle somme eventualmente trattenute da restituire si applicano gli interessi e la rivalutazione monetaria nella maggior somma tra i due valori ai sensi dell’art. 429 cpc.
La richiesta di integrazione del contraddittorio e chiamata in causa a titolo di rivalsa del Ministero dell’istruzione richiesta dall’INPDAP deve essere ritenuta inammissibile.
In primo luogo, nel caso in questione non siamo in presenza di una questione che presupponga un litisconsorzio necessario ai sensi dell’art. 102 c.p.c., non esistendone i presupposti di fatto e di diritto, in quanto esso presuppone la comunanza necessaria e fondamentale del rapporto giuridico tra i litisconsorti e non è questo il caso, essendo il rapporto pensionistico intercorrente unicamente tra l’ente previdenziale ed il pensionato, né tantomeno è ravvisabile l’ipotesi di un intervento ex art. 107 c.p.c., poiché, ancorchè attività discrezionale del giudice, in questa fattispecie non ne ricorrono i presupposti di fatto e di diritto, che sono i medesimi di quelli di quelli previsti dall’art. 106 c.p.c..
Difatti, la richiesta di parte convenuta è qualificabile ed inquadrabile in astratto nell’ipotesi prevista dall’art.106 c.p.c. della chiamata ad istanza di parte, qualora questa ritenga l’esistenza di una comunanza di causa o nel caso di chiamata in garanzia.
Ebbene, nel caso in questione tale norma non è applicabile poiché in concreto non esiste la comunanza di causa e di petitum, posto che il contenzioso tra il ricorrente e l’INPDAP verte su una somma riscossa a titolo di indebito, ossia essa è qualificabile convenzionalmente come una obbligazione quasi contrattuale, mentre l’azione di rivalsa dell’INPDAP nei confronti dell’amministrazione scolastica è da ritenersi risarcitoria, ossia extracontrattuale, o al limite contrattuale ex lege, volendo assimilare il dovere di trasmissione di informazioni dovute, esatte e tempestive tra diverse amministrazioni a quello di correttezza e buona fede.
Quindi, non può svolgersi un simultaneus processus con cause petendi diverse.
Ciò trova conferma nella giurisprudenza: “il requisito della comunanza di causa, presupposto dell’intervento in giudizio ad stanza di parte, si concreta nel fatto che il rapporto dedotto in causa è connesso, sotto il della causa petendi e del petitum, congiuntamente od alternativamente considerati, con il rapporto giuridico che fa capo al terzo che s’intende chiamare in giudizio ovvero anche nella esistenza di un interesse alla partecipazione del terzo nel contraddittorio processuale volto alla formazione di un accertamento giudiziale tra le parti originarie” Cass.143/1987; e “l’opportunità dell’intervento in causa del terzo ad istanza di parte è rimessa alla valutazione esclusiva del giudice del merito, l’esercizio del quale non può formare oggetto di impugnazione, né è sindacabile in sede di legittimità” Cass.984/2006.
Tutto questo ovviamente non inficia la possibilità sempre davanti a questo giudice, come confermato dalla giurisprudenza delle sezioni unite della Corte di Cassazione di una azione autonoma di rivalsa.
Pertanto, la richiesta dell’INPDAP deve ritenersi in questa sede inammissibile.
Vista la peculiarità della questione si ritiene giusta la compensazione delle spese.
P. Q. M.
la Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana, in funzione di giudice unico delle pensioni, accoglie il ricorso dei signori D. S. G. e D. S. G. nei termini di cui in motivazione.
Dichiara la richiesta dell’INPDAP inammissibile.
Spese compensate
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 27 giugno 2011.
IL GIUDICE
F.to Dott. Giuseppe Grasso
Depositata oggi in Segreteria nei modi di legge
Palermo, 3 agosto 2011
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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ricorso per il Diritto a Pensione Privilegiata di ottava categoria tab. A Vitalizia a decorrere dalla data del congedo per l’infermità “pleurite essudativa sinistra”. ACCOLTO.

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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
EMILIA ROMAGNA Sentenza ------- 2010 Pensioni 07-06-2010


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE
EMILIA-ROMAGNA
In funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica in persona del consigliere Luigi Di Murro, ha pronunciato, nella pubblica udienza del 5 maggio 2010 e con l’assistenza del segretario dott. Lucia Caldarelli, la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso iscritto al n. ………../Pensioni Militari del registro di segreteria, proposto dal sig. B. U. , nato a OMISSIS il OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. Giorgio Fregni ed elettivamente domiciliato presso il di lui studio in Modena, Piazza Riccò n. 2, avverso il Ministero della Difesa per l’annullamento del decreto ministeriale n. …… del 27 ottobre 1975.
Udita, nella pubblica udienza, l’avv. Maura Goletto delegata dall’avv. Giorgio Fregni per la parte privata ricorrente; non rappresentata l’Amministrazione resistente.
F A T T O
Con ricorso presentato in data 13 aprile 1976 presso la Sede centrale della Corte dei conti e da qui trasmesso, per subentrata competenza territoriale, alla segreteria di questa Sezione giurisdizionale, il sig. B. U. ha convenuto in giudizio il Ministero della Difesa per sentir dichiarare il proprio diritto a pensione privilegiata di ottava categoria tab. A vitalizia a decorrere dalla data del congedo per l’infermità “pleurite essudativa sinistra”.
Risulta dagli atti che l’interessato, alle armi in servizio di leva dal 9 febbraio 1969, in data 24 marzo 1970 è stato ricoverato presso l’Ospedale Militare di OMISSIS venendone dimesso il 28 aprile 1970 con diagnosi di “Pleurite essudativa sinistra” e con licenza di convalescenza di 30 giorni nel corso della quale, in data 8 maggio 1970, è stato collocato in congedo illimitato per fine ferma; dalla scheda sanitaria in data 5 ottobre 1968 il ricorrente risulta idoneo con coefficiente uno per tutte le caratteristiche somato-funzionali, avendo conseguito in data 8 ottobre 1968 anche l’idoneità quale paracadutista.
Con istanza depositata in data 18 agosto 1970 il sig. B. U. ha chiesto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio e la corrispondente categoria di pensione per l’infermità “Pleurite essudativa sinistra” ed è stato sottoposto in data 25 gennaio 1972 a visita collegiale presso la Commissione Medica Ospedaliera dell’Ospedale Militare di OMISSIS che, con verbale n. 64 in pari data, ha posto diagnosi di “Pleurite essudativa sin. – In atto: pregressa pleurite essudativa sinistra, senza reliquati invalidanti” con giudizio di dipendenza da causa di servizio dell’infermità valutata non ascrivibile ad alcuna categoria di pensione o di assegno.
La diagnosi ed il giudizio medico legale sono stati confermati dalla Commissione Medica di II istanza di OMISSIS con verbale n. 120/AB dell’8 marzo 1972; il Comitato per le Pensioni Privilegiate Ordinarie, nella seduta del 29 novembre 1973, ha espresso il parere che l’affezione di cui si controverte fosse ascrivibile all’indennità una tantum tab. B pari a due annualità di pensione privilegiata di ottava categoria e detta valutazione è stata confermata dal Collegio Medico Legale del Ministero della Difesa con parere del 16 settembre 1975, donde il provvedimento gravato con l’atto introduttivo del presente giudizio.
In data 23 aprile 2009 la difesa del ricorrente ha depositato apposita memoria con la quale sostiene l’erroneità della valutazione pensionistica in quanto la pleurite essudativa della quale ha sofferto il ricorrente a causa del servizio militare svolto è di probabile natura tubercolare, come risulta dall’allegato certificato in data 25 giugno 1970 del Consorzio Antitubercolare di Ravenna; vengono poi richiamati e parzialmente riportati precedenti giurisprudenziali di questa stessa Sezione oltre che di altre Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti.
Il Ministero della Difesa si è costituito nel presente giudizio chiedendo il rigetto del ricorso prodotto dall’interessato e sollevando, in via subordinata, l’eccezione di intervenuta prescrizione quinquennale dei ratei di pensione non riscossi.
Con ordinanza n. 81/09/M del 24 giugno 2009 questa Sezione giurisdizionale, considerato che la questione da decidere si sostanzia nell’accertamento dell’esatta classifica pensionistica spettante all’interessato per l’infermità “Pleurite essudativa sin. – In atto: pregressa pleurite essudativa sinistra, senza reliquati invalidanti” diagnosticata in sede di visita collegiale del 25 gennaio 1972 e che trattasi di questione squisitamente tecnica, ha ritenuto necessario, ai fini di una più avvisata giustizia, che venisse acquisito il motivato e definitivo parere al riguardo dell’Ufficio Medico Legale presso il Ministero della Salute; l’istruttoria è stata eseguita ed in data 8 gennaio 2010 il C.T.U. ha depositato il proprio parere concludente per la spettanza al ricorrente di pensione privilegiata vitalizia di ottava categoria tab. A + assegni di cura, stante la probabile origine tubercolare dell’affezione pleurica in esame.
Nella pubblica udienza l’avv. Maura Goletto si riporta alla consulenza tecnica d’ufficio favorevole alla parte privata ricorrente ed insiste per l’accoglimento del ricorso, con declaratoria del diritto del ricorrente a pensione privilegiata ordinaria tabellare di ottava categoria tab. A + assegni di cura.
Si dà atto che, per l’assenza della parte pubblica resistente, non è stato possibile esperire il tentativo di conciliazione.
Al termine dell’odierna udienza è stato letto il dispositivo della presente sentenza con la precisazione che, ai sensi dell’ultima parte del primo comma dell’art. 429 c.p.c. come novellato dall’art. 53 del d.l. n. 112 del 25 giugno 2008, convertito, con modificazioni, in legge n. 133 del 6 agosto 2008, per il deposito della sentenza, resta fissato il termine ordinatorio di sessanta giorni decorrente dalla data odierna.
D I R I T T O
La questione che questa Sezione è chiamata a decidere si sostanzia nell’accertamento dell’esatta classifica pensionistica spettante all’interessato per l’infermità “Pleurite essudativa sin. – In atto: pregressa pleurite essudativa sinistra, senza reliquati invalidanti” diagnosticata in sede di visita collegiale del 25 gennaio 1972.
Detta questione risulta adeguatamente circoscritta dall’ordinanza istruttoria indicata nella narrativa in fatto ed esaurientemente analizzata dal consulente tecnico officiato dalle cui conclusioni, in quanto basate su attendibili elementi di fatto e su condivisibili argomentazioni medico legali, non soccorrono motivi per discostarsi, anche per l’assenza di qualsiasi contraria argomentazione che avrebbe potuto e dovuto essere ritualmente proposta dall’Amministrazione resistente.
Conclude, infatti, il consulente, previa attenta analisi della documentazione offerta in visione e sula base delle risultanze della visita per delega recentemente effettuata, affermando che la pleurite essudativa basale sx sofferta dal sig. B. U. in costanza di servizio era di probabile origine tubercolare e che tale giudizio è avvalorato sia dalla terapia specifica effettuata per tutto il periodo della degenza ospedaliera del 1970, sia dalla radiografia del 1972 che mostra “trama accentuata” sia, soprattutto, dalla radiografia recentemente eseguita che mostra “strie fibrotiche alla base sx”.
Sulla base di ciò il C.T.U. ritiene equa l’assegnazione all’ottava categoria vitalizia + assegno di cura, stante la probabile origine tubercolare del’affezione pleurica in esame.
Considerato che i fatti sui quali il C.T.U. fonda il proprio convincimento non sono in alcun modo contestati dalla parte pubblica costituita in giudizio e che gli stessi debbono essere posti a fondamento della decisione di questo giudice ai sensi dell’art. 115 del codice di procedura civile nel testo sostituito dal comma 14 dell’art. 45 della l. 18 giugno 2009 n. 69, non soccorrono motivi per revocare in dubbio la correttezza e la fondatezza delle valutazioni tecniche formulate dal consulente d’ufficio e pertanto questo giudice unico deve accogliere il ricorso presentato dal sig. B. U. e, per l’effetto, dichiarare il diritto dello stesso alla pensione privilegiata ordinaria vitalizia di ottava categoria tab. A + assegni di cura a decorrere dalla data del congedo, con rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme che risulteranno dovute da computarsi da ciascuna singola scadenza al’effettivo soddisfo.
Quanto all’eccezione di intervenuta prescrizione sollevata dall’Amministrazione della Difesa con l’atto di costituzione in questo giudizio, la stessa si appalesa giuridicamente infondata e meritevole di essere respinta: invero il ricorrente è cessato dal servizio militare in data 8 maggio 1970, ha formulato l’istanza pensionistica in data 18 agosto 1970 ed il provvedimento impugnato con l’atto introduttivo del presente giudizio conclusivo del procedimento pensionistico iniziato ad istanza di parte è stato adottato sotto la data del 27 ottobre 1975: il ricorso è stato depositato presso la segreteria della Sezione IV pensioni militari in data 13 aprile 1976. Da tale data il decorso del termine prescrizionale è rimasto sospeso per pendenza del procedimento giurisdizionale onde il decorso successivo del tempo non può produrre gli effetti prescrittivi pretesi dall’Amministrazione resistente.
Sussistono peraltro giusti motivi per compensare le spese del presente giudizio.
P. Q. M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna, in funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica nella persona del consigliere Luigi Di Murro, visto l’art. 5 della l. 21 luglio 2000 n. 205 nonché gli artt. 420, 421, 429, 430 e 431 del codice di procedura civile, definitivamente pronunciando, ACCOGLIE il ricorso iscritto al n. ……../Pensioni Militari del registro di segreteria, proposto dal sig. B. U. e, per l’effetto, dichiara il diritto del ricorrente alla pensione privilegiata ordinaria vitalizia di ottava categoria tab. A + assegni di cura a decorrere dalla data del congedo, con rivalutazione monetaria ed interessi legali sulle somme che risulteranno dovute da computarsi da ciascuna singola scadenza al’effettivo soddisfo.
Spese compensate.
Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio del 5 maggio 2010.
Omissis

Il Giudice
Consigliere Luigi Di Murro
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Il Ministero Interno respingeva la domanda di P.P.O. per l’assenza del requisito della inidoneità al servizio all’atto del collocamento in congedo.
Il ricorrente lamenta che il Ministero dell’Interno nel negare la PPO ha violato l’art.5 c.6 d.l.n.387/1987 che estende la normativa di cui all’art.67 TU dpr.n.1092/1973 al personale delle forze di Polizia ed in virtù della quale la disciplina del trattamento pensionistico di privilegio del personale della Polizia di Stato è equiparato a quella del personale militare.
Il ricorrente cita a sostegno della propria tesi le sentenze n.85/1999 Sezione giurisdizionale Corte Conti Friuli V.Giulia e n.298/2002 Sez. Giur.Appello.
RICORSO ACCOLTO.

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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
EMILIA ROMAGNA Sentenza 1445 2010 Pensioni 23-08-2010
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER L'EMILIA ROMAGNA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
nella persona della Dott. Michele Scarpa

Visto il Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modifiche;
Visti gli artt. 1 e 6 del decreto legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito nella legge 14 gennaio 1994, n. 19;
Visto l'art. 5 della legge 21 luglio 2000, n. 205;
Visti gli artt. 131, 132, 420, 421, 429, 430, e 431 c.p.c.;
Visto l'art. 26 del Reg. proc. r.d. 1933, n. 1038;
Visto l'atto introduttivo del giudizio e esaminati gli atti e i documenti;
Chiamata la causa alla pubblica udienza del 22.06.2010, con l'assistenza del segretario d'udienza Laura CANNAS ha emanato la seguente
SENTENZA
nel giudizio pensionistico iscritto al n. 41863 del registro di Segreteria, promosso con ricorso proposto da M. D. nato il omissis a omissis e domiciliato presso il legale, difeso dall’Avv. Pietro Chianese, contro Min.Interno Dip.P.S. per l’annullamento della determinazione n.2976/02 di diniego di pensione privilegiata.
Ritenuto in FATTO
Con il ricorso indicato in epigrafe, la parte ricorrente - come sopra generalizzata - titolare di trattamento di pensione diretta, rappresentava di aver invano chiesto, con domanda amministrativa al competente Min.Interno Dip.P.S., il riconoscimento di pensione privilegiata.
Con nota ritualmente depositata si costituiva in giudizio l’ Min.Interno Dip.P.S. trasmettendo la documentazione relativa alla liquidazione della pensione oggetto dell’ odierno ricorso.
All'odierna udienza, la causa è stata decisa come da dispositivo in calce, pubblicamente letto ai sensi dell'art.5 della legge 21 luglio 2000, n. 205.
Considerato in DIRITTO
Il ricorrente, IC PS, in data 24.10.1996 richiedeva il riconoscimento della PPO per delle patologie riscontrate dipendenti da causa di servizio dalla CMO di Bologna con Verbale n. 1723 in data 22.11.1996 8^ctg. per 4 anni, riconosciuta a vita con verbale n.1368/2001 con idoneità al servizio d’istituto.
Pertanto con decreto n.2976/2002 il DPS del Ministero Interno respingeva la domanda per l’assenza del requisito della inidoneità al servizio all’atto del collocamento in congedo .
Il ricorrente lamenta contro l’INPDAP il diniego della pensione privilegiata ordinaria per erronea applicazione dell’art.64 anziché dell’ art.67 TU dpr.n.1092/1973 poiché al personale di polizia va applicata la normativa del personale delle Forze Armate.
Il ricorrente evidenzia che ai sensi dell’art.67 cc.1 e 2 del TU citato e dell’art.5 c.6 l.n.427/1987 spetta la pensione al militare cui siano riconosciute delle infermità ascrivibili a tab.A dipendenti da causa di servizio e non suscettibili di miglioramento.
Il ricorrente lamenta che il Ministero dell’Interno nel negare la PPO ha violato l’art.5 c.6 d.l.n.387/1987 che estende la normativa di cui all’art.67 TU dpr.n.1092/1973 al personale delle forze di Polizia ed in virtù della quale la disciplina del trattamento pensionistico di privilegio del personale della Polizia di Stato è equiparato a quella del personale militare.
Il ricorrente cita a sostegno della propria tesi le sentenze n.85/1999 Sezione giurisdizionale Corte Conti Friuli V.Giulia e n.298/2002 Sez. Giur.Appello.
Questo Giudice, esaminati gli atti di causa, in relazione ai motivi di sopra indicati, accoglie il ricorso in oggetto.
PQM
La Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale per l'Emilia Romagna
Giudice Unico delle Pensioni,
definitivamente pronunciando, alla luce delle argomentazioni sopraesposte, dichiara il ricorso accolto, compensa tra le parti le spese di lite.
Manda alla Segreteria della Sezione per gli ulteriori adempimenti.
Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio all'esito della pubblica udienza del 22.06.2010.
Il Giudice Unico delle Pensioni
F.to (Dott.Michele SCARPA)
Depositata in Segreteria il 23/08/2010
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Liquidazione della pensione privilegiata di reversibilità, con liquidazione degli arretrati ed accessori di legge, poichè era stata respinta la domanda di pensione privilegiata del 19.4.05, tempestivamente presentata il 2.5.05, ossia entro cinque anni dalla data del decesso.
La ricorrente rappresentava che il defunto coniuge era cessato dal servizio a decorrere dall’11.4.84, data in cui era stato dichiarato inabile per sopravvenuta inidoneità fisica.
Riferiva che, pur essendo avvenuto l’arresto cardiocircolatorio letale all’esito dell’intervento di sostituzione valvolare aortica, doveva ritenersi sussistente una stretta e causale correlazione tra il predetto arresto e le patologie già riconosciute come dipendenti da causa di servizio e meritevoli di trattamento pensionistico, tra cui in particolare l’epatopatia cronica, che sicuramente non aveva consentito un normale assorbimento da parte del paziente delle terapie farmacologiche necessarie nella fase post-operatoria, come avallato dalle risultanze della perizia medica di parte.

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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
EMILIA ROMAGNA Sentenza 2011 Pensioni 31-03-2011


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER L’EMILIA ROMAGNA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
nella persona della Dott.ssa Rosalba Di Giulio
visto il Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modifiche; visti gli artt. 1 e 6 del decreto legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito nella legge 14 gennaio 1994, n. 19;
visto l’art. 5 della legge 21 luglio 2000, n. 205;
visti gli artt. 131, 132, 420, 421, 429, 430, e 431 c.p.c., nonché l’art. 26 del Reg. proc.: r.d. 1933, n. 1038;
visto l’atto introduttivo del giudizio; esaminati gli atti e i documenti;
chiamata la causa alla pubblica udienza del 25 febbraio 2011, con l’assistenza del segretario d’udienza dr.ssa Paola Agostini, ha emanato la seguente
SENTENZA
nel giudizio pensionistico iscritto al n. OMISSIS del registro di Segreteria, promosso con il ricorso presentato da T.R., nata a omissis ed ivi elettivamente domiciliata in Piazza Riccò n.2, presso lo studio dell’Avv. Giorgio Fregni, che la rappresenta e difende giusta procura in calce al ricorso proposto contro il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro Pro tempore.
per
l’accertamento del diritto alla liquidazione della pensione privilegiata di reversibilità, con liquidazione degli arretrati ed accessori di legge, previa impugnativa del decreto n.325 del 3.7.08, di rigetto della sua istanza amministrativa del 2 maggio 2005.
Ritenuto in
FATTO
Con il ricorso in esame, depositato nella Segreteria della Sezione il 20 maggio 2009, previa rituale notifica, la parte ricorrente in epigrafe generalizzata, nella qualità di coniuge superstite di F.L., già Ispettore della Polizia di Stato, deceduto il omissis, impugnava il citato provvedimento, con cui era stata respinta la sua domanda di pensione privilegiata del 19.4.05, tempestivamente presentata il 2.5.05, ossia entro cinque anni dalla data del decesso, sulla scorta del giudizio sanitario negativo espresso dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio nel parere n……/06 del 26.11.07.
La ricorrente rappresentava che il defunto coniuge era cessato dal servizio a decorrere dall’11.4.84, data in cui era stato dichiarato inabile per sopravvenuta inidoneità fisica;
Riferiva che, pur essendo avvenuto l’arresto cardiocircolatorio letale all’esito dell’intervento di sostituzione valvolare aortica, doveva ritenersi sussistente una stretta e causale correlazione tra il predetto arresto e le patologie già riconosciute come dipendenti da causa di servizio e meritevoli di trattamento pensionistico, tra cui in particolare l’epatopatia cronica, che sicuramente non aveva consentito un normale assorbimento da parte del paziente delle terapie farmacologiche necessarie nella fase post-operatoria, come avallato dalle risultanze della perizia medica di parte a firma della Dr.ssa N. T. in data 16.2.09.
Ciò posto, chiedeva il riconoscimento della pensione privilegiata di reversibilità spettante ai superstiti del titolare della pensione privilegiata, deducendo che doveva, invece, ritenersi sussistente il nesso di causalità o interdipendenza tra l’infermità che aveva causato il decesso del marito (arresto cardio-respiratorio) ed il complesso delle infermità già riconosciute dipendenti da causa di servizio in base al decreto n……. del 5.3.92, attributivo della pensione privilegiata di VI categoria dal 17.9.84 a vita (Gastroduodenite cronica, artrosi politopica con lieve deficit funzionale delle grandi articolazioni, epatopatia cronica). A tal fine precisava che positivo, riguardo alla richiesta interdipendenza, era stato il parere formulato dalla C.M.O. di Bologna col verbale n. …… del 14.11.05, con ascrizione alla prima categoria tabellare di pensione vitalizia.
Con rituale memoria si costituiva il Ministero dell’Interno, deducendo che il marito della ricorrente, F. L., era stato Ispettore della Polizia di Stato e con D.M. ….. del 5 marzo 1992 gli era stata riconosciuta la pensione privilegiata di VI ctg per le infermità “1) gastroduodenite cronica; 2) artrosi politopica con lieve deficit funzionale delle grandi articolazioni; 3) epatopatia cronica.”
Chiedeva il rigetto del ricorso sulla scorta della considerazione che il provvedimento ministeriale negativo gravato era stato adottato in adesione al negativo parere del Comitato di Verifica per le Cause di Servizio n……/06 del 26.11.07, che aveva ritenuto l’esito letale direttamente riconducibile, sotto il profilo causale, all’operazione di sostituzione della valvola aortica e non rapportabile alle infermità già in atto e già ritenute dipendenti da causa di servizio.
All’odierna udienza, assenti e non rappresentate le parti, la causa è stata decisa come da dispositivo in calce, pubblicamente letto ai sensi dell’art.5 della legge 21 luglio 2000, n. 205 e messo a disposizione delle parti al termine dell’udienza, come per legge.
Considerato in
DIRITTO
Nel caso di specie, si tratta di pensione privilegiata indiretta chiesta da coniuge superstite di ex appartenente al Corpo delle Guardie di Pubblica Sicurezza, disciolto in base all'art. 23, 1° co., della legge 1 aprile 1981 n. 121 che ha previsto, al successivo comma, che “gli appartenenti ai ruoli del personale civile della carriera direttiva della pubblica sicurezza e gli appartenenti ai ruoli dei corpi di cui al primo comma entrano a fare parte dei ruoli dell'Amministrazione della pubblica sicurezza, secondo le modalità e in base alle norme di inquadramento indicate dalla presente legge e dai decreti da emanare ai sensi dell'articolo 36”; assumendo i relativi ruoli la denominazione di “ruoli della Polizia di Stato”.
Ciò posto e, pur considerata la smilitarizzazione disposta dal successivo art. 3, con la conseguente applicazione della disciplina normativa dei dipendenti civili dello Stato, deve precisarsi che, con specifico riguardo al diritto dei dipendenti di Polizia al trattamento pensionistico privilegiato, l'art. 5, co. 6° del decreto legge 21 settembre 1987 n. 387, convertito in legge 472/1987, ha sancito: “Al personale della Polizia di Stato continuano ad applicarsi, ai fini dell'acquisizione del diritto al trattamento di pensione privilegiata, le norme previste per il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento militare”.
Ne discende che la norma applicabile al caso in esame per valutare la spettanza della richiesta pensione privilegiata indiretta, non è l'art. 64 del D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, bensì il successivo art. 67, che subordina il riconoscimento del diritto dei militari alla pensione privilegiata al solo requisito che le infermità, riconosciute dipendenti dal servizio espletato, siano ascrivibili ad una delle categorie della tabella “A” annesse alla legge 18 marzo 1968 n. 313 e non siano suscettibili di miglioramento, non richiedendosi anche l’accertamento del requisito dell’inidoneità al servizio, disposizione da applicarsi in combinato disposto con il successivo art.92.
In tal senso appare del resto costante l’orientamento della giurisprudenza della Corte dei Conti, cui si ritiene di aderire (Sezione III centrale d'appello n. 267/2004 e 284/2003; Sicilia n. 1542/2004; Marche n. 375/2004; Liguria n. 608/2003; Friuli Venezia Giulia n. 85/1999).
Il diritto alla pensione privilegiata di riversibilità, in capo ai superstiti del deceduto sorge: per i militari in base al combinato disposto dell’art. 67 e dell’art. 92 del D.P.R. n. 1092, per i dipendenti statali in base al combinato disposto dell’art. 64 e dell’art. 92 del D.P.R. n. 1092 del 1973 e per i dipendenti degli enti locali dal combinato disposto degli articoli 8, comma 1, lett. c) della L. 11 aprile 1955 n. 379 e 40 del R.D.L. 3 marzo 1938 n. 680.
Ciò premesso, questo giudice unico delle pensioni ritiene che nel caso di specie sussistano le condizioni previste dalla legge per fare luogo alla concessione del richiesto trattamento privilegiato indiretto, atteso che, per quanto si passa ad esporre nel merito, risulta che il dante causa deceduto era già titolare in vita di pensione privilegiata di VI categoria Tab. A annessa alla L. 18 marzo 1968, n. 313 ed inoltre risulta accertata l’interdipendenza tra le patologie già ritenute dipendenti da causa di servizio e quelle che hanno determinato il decesso.
Applicando i delineati principi giuridici alle peculiarità del caso di specie, deve darsi atto del fatto che dal motivato parere dell’Ufficio Medico Legale presso il Ministero della Salute del 30 luglio 2010, acquisito in ottemperanza all’ordinanza di questa Corte n. 26 del 16 febbraio 2010, è risultata sussistente la richiesta interdipendenza tra la causa del decesso e le patologie già ritenute dipendenti da causa di servizio ed in particolare con “l’epatite cronica”, ai fini della concessione della pensione privilegiata di reversibilità di I categoria Tab. A a vita.
Ciò poiché il decesso non è stato contestuale all’operazione di sostituzione della valvola aortica avvenuto nel 1999, ma è conseguito “al progredire verso lo scompenso delle condizioni epatiche sovrapposte ad un quadro di condizioni generali estremamente scadute”, tra le quali una cirrosi epatica HCV correlata verosimilmente all’evoluzione dell’epatite cronica già riconosciuta.
L’U.M.L. interpellato ha quindi concluso chiaramente nel senso che “poiché l’exitus si è verificato in un soggetto gravemente compromesso anche per la concomitante presenza della cirrosi epatica in fase avanzata, non si può ragionevolmente escludere il nesso di interdipendenza con l’epatite cronica de quo”.
Spetta dunque alla parte ricorrente, nella sua qualità di coniuge superstite di F. L., il riconoscimento della pensione privilegiata di reversibilità di I categoria Tabella A, con effetto dall’originaria decorrenza indicata in dispositivo e con gli interessi legali e della rivalutazione monetaria sulle differenze tardivamente corrisposte dalla data di maturazione a quella di effettivo saldo, da liquidarsi cumulativamente nel senso di una possibile integrazione degli interessi ove l'indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi, secondo i consolidati principi applicati da questa Corte (Sezioni Riunite della Corte dei conti sentenza n. 10/2002/QM del 18 ottobre 2002).
Quanto alle spese processuali, questo Giudice ritiene che ricorrano apprezzabili motivi di giustizia per dichiararle compensate.
P.Q.M.
La Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale per l’Emilia Romagna
Giudice Unico delle Pensioni,
definitivamente pronunciando
accoglie il ricorso e per l’effetto dichiara il diritto della ricorrente T. R. all’attribuzione, con decorrenza dal 20 novembre 2004 del trattamento pensionistico privilegiato di reversibilità di I ctg. Tab. A), nonché degli interessi legali e della rivalutazione monetaria sulle somme tardivamente corrisposte dalla data di maturazione a quella di effettivo soddisfo, da liquidarsi cumulativamente nel senso di una possibile integrazione degli interessi ove l'indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi, compensando tra le parti le spese processuali.
Manda alla Segreteria della Sezione per gli ulteriori adempimenti. Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio all’esito della pubblica udienza del 25 febbraio 2011.
Il Giudice Unico delle Pensioni
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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1)- Accertamento del diritto alla riliquidazione della pensione, previa inclusione sia dell’indennità integrativa speciale sia dell’assegno di funzione nella base pensionabile su cui operare la maggiorazione del 18% ex art. 15 della L. n.177/76, con accessori legali sulle differenze arretrate.
2)- La questione inerente la natura stipendiale o meno dell’assegno funzionale è stata peraltro affrontata e risolta in questo senso anche dalle Sezioni Riunite di questa Corte, con sentenza n. 9 del 31.5.2011.
3)- I ricorrenti, ex dipendenti della Polizia di Stato, contestavano l’omessa inclusione dell’indennità integrativa speciale e dell’assegno di funzione, percepito ex art.6 del D.L. 1987 n.387, convertito dalla L. 1987 n.472, nella base pensionabile su cui computare l’aumento del 18% di cui all’art. 43 del DPR n.1092/73, come novellato dall’art. 15 della L. 1976 n.177.

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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
EMILIA ROMAGNA Sentenza 563 2011 Pensioni 02-11-2011

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER L’EMILIA ROMAGNA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
nella persona della Dott.ssa Rosalba Di Giulio
visto il Testo Unico delle leggi sulla Corte dei conti, approvato con r.d. 12 luglio 1934, n. 1214 e successive modifiche; visti gli artt. 1 e 6 del decreto legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito nella legge 14 gennaio 1994, n. 19;
visto l’art. 5 della legge 21 luglio 2000, n. 205;
visti gli artt. 131, 132, 420, 421, 429, 430, e 431 c.p.c., nonché l’art. 26 del Reg. proc.: r.d. 1933, n. 1038;
visto l’atto introduttivo dei giudizi;
esaminati gli atti e i documenti;
chiamate le cause alla pubblica udienza del 31 ottobre 2011, con l’assistenza del segretario d’udienza Paola Agostini, ha emanato la seguente
SENTENZA
nei giudizi pensionistici iscritti ai nn. 42797, 42798, 42799, 42800, 42801, 42802, 42803, 42804, 42971, 42972, 42973 e 42974 del registro di Segreteria, promossi con ricorsi proposti da A. R. P., nato il OMISSIS a OMISSIS, B. D., nato il OMISSIS a OMISSIS, C. A., nato il OMISSIS a OMISSIS, D’E. E., nato il OMISSIS a OMISSIS, F. R., nato l’ OMISSIS a OMISSIS, G. I., nato il OMISSIS a OMISSIS, L. B. M., nato il OMISSIS a OMISSIS, M. S., nato il OMISSIS a OMISSIS, T. G., nato il OMISSIS a OMISSIS, R. G., nato il OMISSIS a OMISSIS, N. G., nato il OMISSIS a OMISSIS e I. P., nato il OMISSIS a OMISSIS , elettivamente domiciliati in Bologna, in Via Leandro Alberti n. 64, presso lo studio dell’Avv. Antonio Fiamingo, che li rappresenta e difende, come da procure a margine dei ricorsi, contro il Ministero dell’Interno, l’INPDAP di OMISSIS, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore e l’INPDAP di OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro tempore Dr. Paolo Crescimbeni, rappresentato e difeso dagli Avvocati Mariateresa Nasso e Riccardo Salvo dell’Avvocatura Regionale Inpdap, giusta procura speciale rilasciata a margine della memoria di costituzione, con domicilio eletto presso la sede a Bologna della Direzione Regionale Inpdap
per
l’accertamento del diritto alla riliquidazione della pensione, previa inclusione sia dell’indennità integrativa speciale sia dell’assegno di funzione nella base pensionabile su cui operare la maggiorazione del 18% ex art. 15 della L. n.177/76, con accessori legali sulle differenze arretrate.
Ritenuto in
FATTO
Con il ricorsi separatamente depositati - previa rituale notifica - presso questa Sezione territorialmente competente - tutti in data 21 giugno 2010 e riuniti per ragioni di connessione, i ricorrenti, ex dipendenti della Polizia di Stato, contestavano l’omessa inclusione dell’indennità integrativa speciale e dell’assegno di funzione, percepito ex art.6 del D.L. 1987 n.387, convertito dalla L. 1987 n.472, nella base pensionabile su cui computare l’aumento del 18% di cui all’art. 43 del DPR n.1092/73, come novellato dall’art. 15 della L. 1976 n.177.
Riferivano di essere titolari di pensione INPDAP:
OMISSIS. (12 persone)
I ricorrenti sostenevano, a tal fine, che visto il conglobamento della indennità integrativa speciale nello stipendio a decorrere dal 1° gennaio 2003, tale indennità doveva essere computata ai fini della determinazione della base pensionabile, su cui calcolare la maggiorazione legale del 18%.
Ricordavano che, nell’evoluzione normativa, l’indennità integrativa speciale, nata in origine come indennità di contingenza fissa, era stata poi modulata in relazione al livello di inquadramento ed era divenuta pensionabile, nonché parte degli elementi retributivi soggetti a contribuzione ed era stata, quindi, conglobata nello stipendio tabellare già nei contratti collettivi afferenti il pubblico impiego.
Quanto all’assegno di funzione insistevano per la sua inclusione nella base pensionabile trattandosi di un incremento economico fisso e continuativo, la cui corresponsione era dalla legge prevista al compimento del diciannovesimo anno di servizio, con un ulteriore scatto e relativo aumento al compimento del ventinovesimo anno.
Tutto ciò premesso, concludevano chiedendo la riliquidazione nel senso esposto del loro trattamento pensionistico, con gli accessori legali sui ratei arretrati e con vittoria di spese.
L’INPDAP sia di OMISSIS sia di OMISSIS, quest’ultimo patrocinato dagli Avv. Mariateresa Nasso e Riccardo Salvo, si costituivano, chiedendo il rigetto del ricorso per infondatezza ed eccependo comunque la maturazione della prescrizione quinquennale.
Con memorie ritualmente depositate si costituiva anche il Ministero dell’Interno -Dipartimento di Pubblica Sicurezza- e, previamente confutata la ritualità della notifica effettuata all’amministrazione non direttamente, ma per il tramite dell’Avvocatura dello Stato, nonché negata la natura stipendiale dell’assegno de quo e la computabilità della IIS ai fini dell’applicazione della maggiorazione del 18%, instava per il rigetto dei ricorsi, sollevando in via subordinata l’eccezione di prescrizione.
All’udienza pubblica odierna, assenti i ricorrenti, rappresentati dall’Avv. Antonio Fiamingo e presenti, soltanto per l’INPDAP di OMISSIS, gli Avv. Mariateresa Nasso e Riccardo Salvo, all’esito della discussione la causa è stata decisa come da dispositivo in calce, pubblicamente letto ai sensi dell’art. 5 della legge 21 luglio 2000, n. 205, e depositato, contestualmente alla motivazione, ex art. 429 c.p.c. novellato al termine dell’udienza, in allegato al relativo verbale a disposizione delle parti come per legge.
Considerato in
DIRITTO
In via preliminare deve darsi atto del fatto che, in difetto della presenza di tutte le parti, all’udienza pubblica odierna non è stato possibile procedere al tentativo di conciliazione previsto dall’art. 420, comma 1, del c.p.c., norma applicabile ai giudizi pensionistici innanzi alla Corte dei conti in virtù del richiamo operato dall’art. 5, comma 2, della legge 21 luglio 2000, n. 205.
Quanto alla questione pertinente la nullità della notifica sollevata dal Ministero dell’Interno, l’eccezione è priva di pregio, poiché il riferimento fatto dalla legge all'”amministrazione interessata” (artt. 101 e 163 c.p.c.) non esclude che la notifica possa pur sempre, come regola generale, avvenire per il tramite della competente Avvocatura. Nel caso in esame poi l'effettività del contraddittorio processuale è da ritenere comunque pienamente assicurata dalla costituzione in giudizio della stessa amministrazione, costituzione alla quale va attribuita quindi senz'altro efficacia sanante, ex art.156 c.p.c., di qualsivoglia vizio afferente la notifica.
Nella specie la questione di merito verte circa le modalità di computo della maggiorazione del 18%, poiché l’Amministrazione ha escluso l’assoggettamento a tale maggiorazione sia dell’assegno funzionale, sia dell’indennità integrativa speciale.
In punto di diritto, per la liquidazione del trattamento di quiescenza del personale di Polizia è bene ricordare che, ai fini della maggiorazione del 18%, occorre di volta in volta verificare se un assegno o un’indennità utili a pensione rientrino tra quelli espressamente indicati nell’art. 53, comma 1, del D.P.R. n. 1092 del 1973.
Ovvero se, come previsto nel comma 2, si tratti di assegno o indennità che – oltre ad essere previsti come pensionabili - abbiano ricevuto dalla legge istitutiva la connotazione espressamente dichiarata di componenti della base pensionabile.
Quanto alla I.I.S., l’operato dell’Amministrazione si appalesa corretto, atteso che secondo un orientamento giurisprudenziale di questa Corte pressoché unanime (cfr. Sezione giurisdizionale Lombardia: n. 302, 27.4.2005; n. 133, 23.2.2006; Sez. Piemonte: n. 305, 21.12.2006; Sez. Campania: n. 1739, 13.7.2007; Sez. Friuli Venezia Giulia: n. 205, 27.5.2008; Sez. Liguria: n. 201, 28.3.2008), l’indennità in questione, pur facendo parte della retribuzione pensionabile nel suo complesso, non va tuttavia considerata come elemento essenziale e costitutivo dello stipendio strettamente inteso e come tale suscettibile dell’incremento del 18% in sede di determinazione del trattamento di quiescenza.
In effetti, ostano al riguardo le disposizioni per gli impiegati civili di cui agli artt. 43 e per i militari di cui all’art.53 del D.P.R. 29.12.1973 n. 1092, ai sensi dei quali il requisito della pensionabilità di un assegno non ne determina automaticamente l’inclusione nella base pensionabile, ai fini dell’aumento del 18% concesso con la legge n. 177 del 1976, ma occorre una specifica ed espressa disposizione di legge.
Le deroghe previste dai citati articoli hanno senz’altro carattere eccezionale, mirando a scongiurare i conseguenti negativi effetti sulla finanza pubblica che avrebbe una opposta disciplina.
Escluso, quindi, che l’indennità integrativa speciale rientri nella base pensionabile per disposizione legislativa, è necessario verificare se essa vi possa rientrare in sede di interpretazione ermeneutica dell’art. 15 della L. n.724/94, che ha espressamente previsto: <<Con decorrenza 1° gennaio 1995, ai soli fini dell’assoggettamento a ritenuta in conto entrate del Ministero del Tesoro, lo stipendio e gli altri assegni pensionabili, con esclusione dell’indennità integrativa speciale di cui alla legge 27 maggio 1959, n. 324…e degli assegni e indennità corrisposti per lo svolgimento di particolari funzioni esclusi dalla base pensionabile, spettanti ai dipendenti aventi diritto al trattamento di quiescenza disciplinato dal T.U. n.1092/1973… sono figurativamente aumentati della percentuale prevista dagli artt. 15, 16 e 22 della legge 29 aprile 1976, n. 177 (comma 1)…In attesa dell’armonizzazione delle basi contributive e pensionabili previste dalle diverse gestioni obbligatorie dei settori pubblico e privato, con decorrenza 1° gennaio 1995, per i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art.1, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29… la pensione spettante viene determinata sulla base degli elementi retributivi assoggettati a contribuzione, ivi compresa l’indennità integrativa speciale, ovvero l’indennità di contingenza, ovvero l’assegno per il costo della vita spettante>> (comma 3).
L’art.15, primo comma, della L. n. 724/1994, dunque prevede che la maggiorazione del 18% si applichi sullo stipendio tabellare, escludendo da detto aumento figurativo l’indennità integrativa speciale. Tale distinzione tra retribuzione pensionabile (comprensiva della IIS come previsto al comma 3 di detto articolo) e retribuzione imponibile (maggiorata figurativamente del 18 % (come statuito dal comma 1, che esclude espressamente l’I.I.S.) è ancora vigente.
Ciò significa che il Legislatore ha considerato la IIS pensionabile, perché parte della retribuzione nel suo complesso, ma non già elemento dello stipendio in senso stretto, soggetto alla maggiorazione del 18%.
La struttura della base pensionabile stabilita da specifiche disposizioni di legge è immodificabile anche qualora, in sede contrattuale, un emolumento venga conglobato in una diversa voce retributiva (proprio come l’Indennità integrativa speciale, che, nonostante abbia perso la connotazione di elemento accessorio, comunque non rientra nella retribuzione imponibile).
Nonostante i contratti collettivi possano, in forza degli artt. 25 e 45, del D. Lgs. n. 165/2001, liberamente individuare le singole componenti della struttura retributiva, essi non possono però poi anche recare modifiche alla disciplina previdenziale, istituendo nuove voci maggiorabili, a fini di quiescenza, del 18% in violazione del principio di riserva di legge (in tal senso: Corte dei Conti Sezioni Riunite in sede di Controllo, 3° Collegio, con la certificazione n. 36/Contr./Cl, in data 17 ottobre 2008, resa sull’ipotesi di accordo concernente il personale della dirigenza sanitaria, professionale, tecnica e amministrativa (area III) e della dirigenza medico veterinaria (area IV) del Servizio Sanitario Nazionale).
Si è ribadito, infatti, che la fonte contrattuale non può costituire strumento elusivo o comunque derogatorio delle tassative disposizioni di legge sul calcolo della pensione (da ultimo, cfr. Sez. Contr. Stato, 01/2009/P e SS.RR. Contr., del 03/CONTR/CL/2010).
Per cui restano oggi vigenti, per i dipendenti dello Stato soltanto le espresse previsioni dettate in applicazione dell’art. 15, della L. n. 177/1976, che non comprendono la voce “indennità integrativa speciale” e tali previsioni legislative non possono subire modifiche ad opera di un contratto collettivo disciplinante il rapporto di lavoro e le retribuzioni spettanti in costanza di attività lavorativa.
In altri termini, l’avvenuto conglobamento dell’IIS nello stipendio tabellare, previsto dalla normativa pattizia, non comporta, quindi, l’automatico assoggettamento del relativo importo all’aumento del 18% previsto dall’art. 15, della legge n.177/1976, giacché tale operazione, in quanto incidente in termini di modifica sostanziale sulle modalità di calcolo del trattamento pensionistico, è rimessa in esclusiva alla legislazione previdenziale, per il suo impatto sulla finanza pubblica, non risultando sufficiente, alle parti del rapporto di pubblico impiego, cambiare il nome alla predetta indennità, commutandolo in stipendio in senso stretto, per ottenerne l’assoggettamento all’aumento figurativo.
La Corte dei Conti, nella deliberazione n. 2/2004/P, di cui all’adunanza del 26 febbraio 2004 sopra citata, ha osservato che <<…dalla lettura combinata dei commi 3 e 4 dell’art. 38 CCNL 5 aprile 2001, non è dato ricavare che l’indennità integrativa speciale sia stata conglobata nello stipendio – la qualcosa avrebbe senz’altro reso riferibile all’emolumento l’aumento del 18% – bensì nel trattamento economico fondamentale, indistintamente considerato. Tale circostanza…induce…la Sezione ad escludere…che l’importo afferente l’indennità integrativa speciale sia assoggettabile all’aumento del 18 per cento…>>.
Nello stesso senso si era già pronunciata anche la stessa ARAN, nella nota n.2278, del 10 giugno 2003, escludendo l’applicazione della maggiorazione figurativa del 18%, sulla quota parte di retribuzione costituita dall’I.I.S. e lo stesso orientamento è stato poi confermato da Corte dei Conti Deliberazione n.6/2005/P, del 21 aprile – 13 maggio 2005.
Aderendo alla giurisprudenza di questa Corte che, come si è detto, è ormai unanime nel ritenere che l’emolumento in questione non sia assoggettabile a maggiorazione, atteso che non costituisce voce stipendiale, né esiste alcuna norma che lo includa espressamente nella base pensionabile per la quale è previsto l’aumento sopra indicato, deve pertanto escludersi l’illegittimità del calcolo effettuato dall’amministrazione convenuta che, anzi, correttamente non ha incluso l’indennità integrativa speciale, nella base pensionabile dei ricorrenti su cui applicare il 18%, scorporandola dallo stipendio in senso stretto.
Per quanto attiene al secondo capo di domanda, l’art. 6 del D.L. 21 settembre 1987 n. 387, convertito in L. 1987 n. 472, ha attribuito dal 1° giugno 1987 al personale dei Corpi di Polizia un assegno funzionale pensionabile articolato in diverse misure in relazione delle varie qualifiche ed anzianità, disponendo anche, al comma 4, che detto assegno “si aggiunge” alla retribuzione individuale di anzianità.
L’art. 1, comma 9, del D.L. n. 379 del 1987 convertito nella L. n. 468 del 1987, parimenti invocato dai ricorrenti, riguarda i sottufficiali delle Forze Armate e dispone: “A decorrere dal 1° giugno 1987 ai sottufficiali che abbiano compiuto 19 anni di servizio è attribuito un assegno funzionale annuo lordo pari a lire 1.200.000; detto importo è elevato a lire 1.800.000 annue lorde al compimento di 29 anni di servizio. I predetti importi non sono cumulabili tra loro, né con i benefici di cui al comma 8, e si aggiungono alla retribuzione individuale di anzianità”.
Com’è noto, in relazione alla liquidazione del trattamento di quiescenza per il personale militare, vige il generale principio consacrato dall’art. 53 del D.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1092, quale sostituito, per le cessazioni dal servizio aventi decorrenza non anteriore al 1° gennaio 1976, dall'art. 16, L. 29 aprile 1976, n. 177, in base al quale la base pensionabile deve computarsi con riferimento all’ultimo stipendio, paga o retribuzione effettivamente percepiti.
Detta disposizione recita: “Ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare, escluso quello indicato nell'articolo 54, penultimo comma, la base pensionabile, costituita dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga e dagli assegni o indennità pensionabili sottoindicati, integralmente percepiti, è aumentata del 18 per cento:….
Agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile”.
Emerge evidente come l’istituzione per legge di un assegno non ne determini automaticamente l'inclusione nella base pensionabile, occorrendo a tal fine una specifica disposizione.
Dai dati normativi esaminati, tuttavia, non si ricava alcuna espressa includibilità, nella base pensionabile, dell'assegno funzionale, pur avendone la relativa normativa previsto la <pensionabilità>.
Né è possibile diversamente opinare sulla scorta della pur allegata natura retributiva dell’emolumento stesso.
A ciò si è pervenuti aderendo all’opzione ermeneutica che considera l’assegno funzionale emolumento accessorio ed addizionale alla ordinaria retribuzione e non elemento che costituisce parte integrante ed essenziale del trattamento stipendiale.
Argomento in senso contrario non pare possa trarsi, dalla lettura del disposto dell’art.4 della L. 1990 n.231, a mente del quale: “Le misure dello assegno funzionale pensionabile di cui all'articolo 1, comma 9, del D.L. 16 settembre 1987, n. 379, convertito, con modificazioni, dalla L. 14 novembre 1987, n. 468, sono rideterminate….
2. Gli importi di cui al comma 1 non sono cumulabili tra loro, né con gli importi ed i benefìci previsti dall'art.5 e si aggiungono alla retribuzione individuale di anzianità”, ove l’espressione “aggiungersi” non necessariamente presuppone un conglobamento interno dell’assegno funzionale rispetto alla r.i.a., posto che anzi il medesimo rimane da questa distinto, ponendovisi accanto, in funzione accessoria e non di assorbimento.
Ciò ha trovato, del resto, conferma nella decisione n. 9/2006/QM, del 5 luglio – 29 settembre 2006, con cui le Sezioni Riunite di questa Corte, nuovamente chiamate a valutare la questione inerente la natura dell’assegno funzionale, hanno precisato che l’assegno funzionale “non va infatti a confluire indistintamente nella retribuzione individuale di anzianità, ma invece si cumula a questa nel confluire nello stipendio di base, senza restare assorbito al suo interno”, mantenendo così una sua autonomia e non essendo includibile nella base pensionabile su cui computare la maggiorazione del 18%.
Si è pertanto concluso che “L’assegno funzionale previsto a favore degli appartenenti alle Forze Armate dall’art. 1, comma 9, del d.l. n.379/1987, convertito nella legge 14 novembre 1987, n.468, nonché l’analogo assegno funzionale previsto a favore degli appartenenti ai Corpi di Polizia dall’art. 6, del d.l. n.387/1987, convertito con modificazioni nella legge n.472/1987, ancorché pensionabili, non sono inclusi nella base pensionabile e quindi non possono usufruire della maggiorazione del 18% in relazione all’art. 53, 1° comma, del T.U. n.1092/1973, come modificato dall’art. 16, della legge n.177/1976”.
La questione inerente la natura stipendiale o meno dell’assegno funzionale è stata peraltro affrontata e risolta in questo senso anche dalle Sezioni Riunite di questa Corte, con sentenza n. 9 del 31.5.2011.
In tale contesto le S.R. hanno osservato che “l’art. 53, come modificato dall’art. 16 della legge n. 177 del 1976, ha trasformato la tradizionale nozione della “base pensionabile” quale coacervo degli emolumenti utili a pensione da prendere a base per il calcolo del trattamento di quiescenza (nozione consacrata nel testo dell’art. 53 anteriore alla modifica del 1976), tanto da non potersi affermare che vi sia ancora – come sostiene la Sezione d’appello siciliana - una perfetta sovrapponibilità tra “retribuzione pensionabile” e “<base pensionabile>”.
“In realtà”, proseguono le Sezioni Riunite, “quella nozione unitaria è stata spezzata in due frammenti, nel senso che la “base pensionabile” è pur sempre l’insieme degli emolumenti “pensionabili” che costituiscono il termine di riferimento per il calcolo della pensione, ma «la base pensionabile … aumentata del 18 per cento» è solo quella costituita dallo stipendio e dagli assegni indicati nel comma 1 dell’art. 53 e da quegli altri assegni pensionabili relativamente ai quali, ai sensi del comma 2, sia espressamente prevista da una disposizione di legge «la valutazione nella base pensionabile»”.
La conclusione della citata recente sentenza delle Sezioni Riunite è stata dunque nel senso che “l'assegno funzionale, previsto per i sottufficiali delle Forze Armate dall'art. 1, comma 9, del decreto legge 16 settembre 1987 n. 379, convertito nella legge 14 novembre 1987 n. 468, (nonché l'analogo assegno funzionale previsto a favore degli appartenenti ai Corpi di Polizia dall'art. 6 del decreto legge 21 settembre 1987, n. 387, convertito con modificazioni nella legge 20 novembre 1987, n. 472), e l'indennità di ausiliaria, di cui all’art. 67 della legge 10 aprile 1954 n. 113 e all'art. 46 della legge 10 maggio 1983 n. 212, non beneficiano della maggiorazione del 18 per cento prevista dall’art 53 del D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, come modificato dall’art. 16 della legge 29 aprile 1976 n. 177”.
Deve pertanto escludersi l’illegittimità del calcolo effettuato dall’amministrazione convenuta che, anzi, correttamente non ha incluso il predetto assegno, nella base pensionabile su cui applicare il 18%, avendo esso natura accessoria e non stipendiale.
I ricorsi, in conclusione, non sono accoglibili nel merito, per quanto sopra esposto.
Sussistono, comunque apprezzabili motivi di giustizia per dichiarare compensate le spese processuali.
P.Q.M.
La Corte dei Conti
Sezione Giurisdizionale per l’Emilia Romagna
Giudice Unico delle Pensioni
definitivamente pronunciando
rigetta i ricorsi riuniti iscritti ai 42797, 42798, 42799, 42800, 42801, 42802, 42803, 42804, 42971, 42972, 42973 e 42974, compensando tra le parti le spese di lite.
Dà atto, inoltre, dell’avvenuta lettura delle ragioni di fatto e di diritto della decisione, in ottemperanza al novellato art. 429 c.p.c., in forma equipollente consistente nel deposito della sentenza in data odierna.
Manda alla Segreteria della Sezione per gli ulteriori adempimenti.
Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio all’esito della pubblica udienza del 31 ottobre 2011.
Il Giudice Unico delle Pensioni
(Dott.ssa Rosalba Di Giulio).
f.to Rosalba Di Giulio
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riconoscimento del diritto ad avere corrisposta l’indennità integrativa speciale nella misura intera sul trattamento di pensione privilegiata tabellare ordinaria spettante sulla base dell’iscrizione della propria infermità alla categoria 8^.

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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SICILIA Sentenza 3648 2011 Pensioni 08-11-2011

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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA
Il Giudice Unico delle Pensioni
Dott. Tommaso BRANCATO
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A N. 3648/2011
sul ricorso in materia di pensione militare iscritto al n° 47464 del registro di segreteria, proposto da S. A. nata a omissis elettivamente domiciliata in Palermo in via Santuario di Cruillas n. 8 presso lo studio dell’avvocato Francesco Tinaglia che la rappresenta e difende contro
• DPT di Palermo.
Visti: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio 1994, n. 20; la legge 21 luglio 2000, n. 205, ed in particolare gli artt. 5 e 9;
Alla pubblica udienza del 7 novembre 2011, con l'assistenza del Segretario, sig.ra Francesca Inzerillo, è presente l’avvocato Francesco Tinaglia per la ricorrente e il dott. Pietro Di Giovanni per l’amministrazione.
Esaminati gli atti ed i documenti della causa.
Ritenuto in
F A T T O
Con l’atto introduttivo del presente giudizio, la parte ricorrente chiedeva il riconoscimento del diritto ad avere corrisposta l’indennità integrativa speciale nella misura intera sul trattamento di pensione privilegiata tabellare ordinaria spettante sulla base dell’iscrizione della propria infermità alla categoria 8^.
La Direzione territoriale dell’economia e finanze di Palermo si costituiva con atto depositato il 30/3/2011, chiedendo il rigetto del ricorso.
Con ordinanza n.omissis depositata il 19/4/2011, questo Giudice disponeva la produzione da parte della stessa ricorrente della certificazione, rilasciata dalla competente Amministrazione in data 28/2/2007, contenente l’analitica indicazione degli importi percepiti a titolo di pensione, rinviando la trattazione del ricorso all’odierna udienza.
Nei termini fissati da questo Giudice, la ricorrente depositava la documentazione richiesta con l’ordinanza istruttoria sopra menzionata.
D I R I T T O
Dagli atti acquisiti al fascicolo processuale risulta che, con decreto n.611 del 10/10/2006 la Direzione Generale delle pensioni militari del Ministero della difesa ha attribuito alla sig.ra S. A. il trattamento privilegiato tabellare ordinario a seguito del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità contratte dall’odierna ricorrente durante la permanenza presso l’VIII Reggimento di Artiglieria terrestre “Pasubio” in Persano (SA).
L’art.10 del decreto legge 29/1/1983,n.17, ha disposto che l’indennità integrativa speciale non venisse più corrisposta in caso di pensionamento anticipato.
Successivamente, l’art.10 del decreto legge 28/2/1986, n.49, convertito con legge 18/4/1986, n.120, ha stabilito che le disposizioni di cui ai primi quattro commi dell’art.10 del sopra menzionato d.l. n.17/1983 non dovessero trovare applicazione nei casi di cessazione anticipata dal servizio per causa di morte o per causa di invalidità derivante da causa di servizio, purché tale invalidità fosse tale da impedire la prosecuzione del rapporto di lavoro.
Nel caso di specie, la ricorrente è stata giudicata non idonea permanentemente al servizio, così come risulta dal verbale della Commissione medica ospedaliera di Palermo del 31/3/2004 ed è stata conseguentemente riformata.
Considerato, pertanto, che la sig.ra S. ha cessato dal servizio per causa d’invalidità e questa invalidità è stata giudicata tale da impedirle la prosecuzione del servizio, alla stessa compete l’indennità integrativa speciale in misura intera.
Dalla certificazione, rilasciata dalla Direzione dei servizi vari di Palermo del Dipartimento provinciale del tesoro, acquisita agli atti a seguito di ordinanza istruttoria n.130/2011, risulta che, nel periodo 1/4/2004 fino al 31/3/2008, è stata corrisposta, per ciascuna mensilità, l’indennità integrativa speciale in misura pari a €.353,78.
Fatta questa premessa, si osserva che l’importo per intero dell’indennità integrativa speciale nel periodo in questione è stato fissato, con variazioni progressive nel tempo, da €.631,27 (anno 2004) fino a €.679,31 (anno 2008).
Pertanto, in base a quello che emerge dagli atti processuali, può affermarsi che la ricorrente ha percepito l’indennità in questione con una indebita decurtazione, in violazione delle disposizioni di legge sopra richiamate.
In conseguenza, il ricorso va accolto, con il riconoscimento del diritto al pagamento delle differenze tra quanto spettante e quanto effettivamente corrisposto a titolo d’indennità integrativa speciale, oltre interessi legali e svalutazione monetaria nella misura di legge, con decorrenza dalle date di maturazione dei singoli ratei.
Alla soccombenza segue la condanna dell’Amministrazione al pagamento delle spese liquidate in €. 450,00.
P.Q.M.
la Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana - in funzione di Giudice unico delle pensioni definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l'effetto, dichiara il diritto della parte ricorrente alla percezione sulla pensione privilegiata tabellare ordinaria dell’indennità integrativa speciale in misura intera.
Condanna l'Amministrazione resistente al pagamento delle somme dovute, con interessi legali e rivalutazione monetaria a termini dell'art. 429, comma 3, c. p. c., tenuto conto dei principi enunciati dalla sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 10/2002/QM del 18 ottobre 2002 sino al soddisfo.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza e si liquidano, in favore della parte ricorrente, in €.450,00 (€. quattrocentocinquanta/00).
Così deciso nella camera di consiglio del 7 novembre 2011.
Il Giudice
F.to dott. Tommaso Brancato

Depositata in segreteria nei modi di legge.
Palermo,08 novembre 2011
Il funzionario amministrativo
F.to omissis
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Anche se la notizia è del 2005 penso che possa interessare a qualcuno.

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Polizia: il diritto alla privilegiata si consegue anche senza inidoneità al servizio
(Corte dei Conti Abruzzo, sentenza 21.9.2005 n° 676)

In tema di concessione della pensione di privilegio al personale militare pubblichiamo l’ennesima sentenza a favore del ricorrente (Polizia di Stato) finalizzata al riconoscimento del trattamento privilegiato. La Corte dei Conti – Sezione giurisdizionale Regionale Abruzzo - conferma un orientamento abbastanza diffuso per il quale il personale militare gode di una più favorevole normativa (art. 67 del T.U. 29 dicembre 1997, n. 1092) rispetto al personale civile in tema di pensione privilegiata. L’art. 67 in precedenza richiamato prevede la concessione della pensione di privilegio “indipendentemente” dal requisito di inidoneità al servizio. (Dott. Ludovico De Grigiis)
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Importante precisazione da parte della Corte dei Conti poiché:

- Il Ministero della Difesa si è costituito in giudizio con memoria depositata il 6 agosto 2010 nella quale ha eccepito pregiudizialmente che il ricorso è “inammissibile” in quanto solleva una questione di dipendenza da servizio di talune infermità che è collegata ad un provvedimento (l’impugnato decreto …./D del 5.11.2007) riguardante la concessione dell’equo indennizzo, materia che appartiene alla giurisdizione del Giudice Amministrativo e non della Corte dei Conti.
Del resto – ha soggiunto il dicastero – l’interessato ha proposto, nei confronti del medesimo provvedimento, altro ricorso avanti al T.A.R.

Per il motivo suindicato il Giudice ha precisato alcune cose:

L’eccezione non è accoglibile.
1)- Emerge infatti con chiarezza, dal contenuto letterale e sostanziale dell’atto introduttivo del giudizio, che il ricorrente, pur chiedendo - con terminologia impropria ad un giudizio pensionistico avanti alla Corte dei Conti – anche l’ “annullamento” del decreto succitato, non ha inteso affatto sollevare nell’odierna causa una questione di equo indennizzo, bensì di diritto alla pensione di privilegio, oggetto decisionale che rientra nell’ambito giurisdizionale di questa Corte ( OMISSIS)

2)- Ma la Corte dei Conti, alla quale nella giurisdizione pensionistica è attribuita cognizione piena ed esclusiva nel merito, può sindacare senza vincoli di sorta, in sede di contenzioso sul diritto a pensione, le determinazioni incidenti sul diritto a pensione contenute in tale decreto ed ancorché lo stesso - come nel caso di specie - sia stato impugnato dall’interessato, per gli aspetti inerenti l’equo indennizzo, anche avanti al T.A.R. del Friuli Venezia Giulia.

3)- Va altresì precisato che le questioni di dipendenza dal servizio delle infermità denunciate dal pubblico dipendente, possono essere riesaminate dalla Corte, per piena autonomia dei rispettivi giudizi, ancorché in ipotesi le stesse, nel contenzioso sul diritto all’equo indennizzo, siano state già esaminate e decise anche in via definitiva dal Giudice Amministrativo preventivamente adito (cfr. Corte Cost. n. 141 del 21.7.1981 in relazione alla disposizione analoga dell’art. 163, secondo comma, del D.P.R. n. 1092/1973, nel testo previgente all’abrogativo art. 5 bis del D.L. 387/1987, conv. L. n. 472/1987).

4)- E va inoltre osservato che la controversia pensionistica avanti alla Corte dei Conti riguarda la spettanza di un diritto e che pertanto alla stessa non possono applicarsi, sia per l’atto impugnato (diniego di pensione) che per l’atto ad esso presupposto (diniego della dipendenza da servizio di una infermità, ancorché contenuto in un provvedimento negatorio dell’equo indennizzo), i limiti propri (e fra questi i termini decadenziali per la proposizione del ricorso) del giudizio di impugnazione dell’atto amministrativo in sede di giurisdizione generale di legittimità (cfr. Corte Cost. cit.; Cass. Sezioni Unite n. 5688 del 17.3.1995).

5)- Va infine rilevato, a conferma della giurisdizione di questo Giudice, che la Corte di Cassazione stabilisce attribuita alla giurisdizione della Corte dei Conti non solo la domanda di accertamento della causa di servizio di una infermità che sia proposta in sede di impugnazione di un provvedimento di diniego della pensione di privilegio, ma anche la controversia di solo accertamento della causa di servizio che sia finalizzata ad una successiva domanda volta, in via amministrativa, al conseguimento della pensione di privilegio (cfr. Cass. Sezioni Unite n. 5467 del 6.3.2009).

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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
FRIULI VENEZIA GIULIA Sentenza 257 2011 Pensioni 13-12-2011

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REPUBBLICA ITALIANA
CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE
PER IL FRIULI VENEZIA GIULIA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consigliere Paolo SIMEON in funzione di Giudice Unico delle Pensioni;
nella pubblica udienza del giorno 13 dicembre 2011, con l'assistenza del Segretario Sig.ra Laura PERES, sentito l’Avv. Enrico CLEOPAZZO per il ricorrente, nessuno presente per il Ministero della Difesa;
visto il ricorso iscritto al n. omissis del registro di Segreteria;
esaminati gli atti ed i documenti tutti di causa;
ha pronunciato la seguente
S E N T E N Z A
sul ricorso iscritto al n. omissis del registro di Segreteria, prodotto dal Sig. R. L., nato il omissis e residente a omissis in omissis, rappresentato e difeso dall'Avv. Enrico CLEOPAZZO del Foro di Pordenone, con domicilio eletto per la causa presso il difensore, nello studio in Maniago, Via Roma n. 35, nei confronti del Ministero della Difesa, per annullamento del decreto del Ministero della Difesa n. …./D del 5.11.2007 e riconoscimento di dipendenza da causa di servizio di denunciate infermità e concessione trattamento di pensionistico di privilegio.
F A T T O
Con atto di gravame nei confronti del Ministero della Difesa depositato il 9 giugno 2010, è ricorso avanti a questa Sezione il Sig. R. L., come sopra rappresentato e difeso, il quale, Luogotenente dei Carabinieri cessato dal s.p.e. e collocato in ausiliaria l’1.1.2002, ha riferito quanto segue.
Con domanda presentata il 22.3.1994 egli chiedeva al Ministero della Difesa il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per la sofferta infermità “ulcera duodenale”.
Con domanda presentata il 16.4.2000 chiedeva riconoscimento della dipendenza da causa di servizio anche per le infermità “colite ulcerosa”, “insufficienza renale” ed “ipoacusia bilaterale”.
Con processo verbale ML/B n. omissis del 18.10.2002 la C.M.O. di Udine giudicava l’ulcera duodenale da riferire all’unico complesso nosologico “gastroduodenite iperemico-erosiva”, infermità già riconosciuta dipendente da causa di servizio ed ascritta a categoria 6^ di Tabella A, riteneva la “rettocolite ulcerosa” e l’ “insufficienza renale” ascrivibili rispettivamente alle categorie 7^ ed 8^ ed infine affermava non ascrivibile ad alcuna classifica la denunciata “ipoacusia bilaterale”.
Quindi il Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, intervenuto con parere obbligatorio e vincolante sulla dipendenza ai sensi del D.P.R. 461 del 2001, esprimeva il 15.11.2006 parere nel quale riteneva di escludere la dipendenza da servizio per le infermità “rettocolite ulcerosa” ed “insufficienza renale” e riconosceva invece tale dipendenza per l’ “ipoacusia bilaterale”.
Il Ministero della Difesa recepiva detto parere con decreto n. …./D del 5.11.2007, notificato il 6.12.2007.
Ciò premesso, il Sig. R. L. - rilevato preliminarmente che la riferita declaratoria di non dipendenza da servizio incide sul riconoscimento della pensione privilegiata ordinaria e che quindi sussiste il suo interesse a ricorrere avverso il succitato decreto n. …./D del 5.11.2007 - ha contestato il giudizio di non dipendenza assunto dall’Amministrazione per le infermità “rettocolite ulcerosa” ed “insufficienza renale”.
Allegando parere medico-legale del Dott. L. B. di Pordenone, il ricorrente ha infatti sostenuto che la “rettocolite ulcerosa” va considerata interdipendente da altre malattie che gli sono state riconosciute ascrivibili da causa di servizio, come la “gastroduodenite iperemico-erosiva”, e che è stata causata anche da fatti di servizio; parimenti ha sostenuto che anche l’ “insufficienza renale” va riferita, in termini concausali, a fatti di servizio.
Ha quindi concluso chiedendo, in annullamento del decreto n. …./D del 5.11.2007 del Ministero della Difesa nella parte in cui esclude la dipendenza da servizio delle infermità “rettocolite ulcerosa” ed “insufficienza renale”, declaratoria che tali patologie sono state contratte per causa di servizio, con riconoscimento del suo diritto alla pensione privilegiata ordinaria nella misura di legge e condanna dell’Amministrazione al risarcimento del danno patito, nella misura ritenuta di giustizia, per l’immotivato illegittimo ritardo “nella definizione della pratica”; con vittoria di spese di lite.
In via istruttoria ha chiesto acquisizione di C.T.U. medico-legale.
Il Ministero della Difesa si è costituito in giudizio con memoria depositata il 6 agosto 2010 nella quale ha eccepito pregiudizialmente che il ricorso è “inammissibile” in quanto solleva una questione di dipendenza da servizio di talune infermità che è collegata ad un provvedimento (l’impugnato decreto …./D del 5.11.2007) riguardante la concessione dell’equo indennizzo, materia che appartiene alla giurisdizione del Giudice Amministrativo e non della Corte dei Conti.
Del resto – ha soggiunto il dicastero – l’interessato ha proposto, nei confronti del medesimo provvedimento, altro ricorso avanti al T.A.R.
L’Amministrazione ha comunque rappresentato, per la dipendenza da servizio delle infermità in questione, di essersi attenuta alle valutazioni espresse dai competenti organici tecnici, opponendosi alla richiesta acquisizione di una C.T.U. medico-legale.
Ha quindi concluso chiedendo il rigetto del gravame con condanna del ricorrente alle spese di lite ex art. 96 c.p.c. e risarcimento dei danni sopportati per l’aggravio amministrativo determinato dalla proposizione di due ricorsi giurisdizionali avverso il medesimo provvedimento.
All’udienza del 18 gennaio 2011 questo Giudice ha rilevato che non risulta documentata in atti una domanda, volta a conseguire la pensione privilegiata, che sia stata presentata dal ricorrente in sede amministrativa prima del ricorso giurisdizionale.
Richiesto di fornire precisazioni in merito, il ricorrente ha depositato, il 9 febbraio 2011, copia della domanda di concessione della pensione privilegiata presentata all’Amministrazione di appartenenza il 5.11.2002.
All’udienza del 15 marzo 2011, nessuno presente per il Ministero della Difesa, è stato sentito per il ricorrente l’Avv. Enrico Cleopazzo, che ha confermato la domanda.
Ad esito dell'udienza questo Giudice, ritenuta la necessità di acquisire, per una adeguata valutazione della fattispecie, ulteriore documentazione e quindi consulenza tecnica in ordine alla questione medico legale alla base della vertenza, ha disposto - come da ordinanza n. 7/11 - che il Ministero della Difesa depositi gli atti del fascicolo amministrativo che non sono ancora stati trasmessi alla Sezione (in particolare: stato di servizio del ricorrente) e che quindi esprima parere medico sul caso la Commissione Medico Legale Regionale di Udine.
Detta Commissione, dopo visita diretta del ricorrente, ha riferito con relazione pervenuta alla Sezione il 2 settembre 2011.
All’udienza del 13 dicembre 2011, nessuno presente per il Ministero della Difesa, è stato sentito l’Avv. Enrico Cleopazzo per il ricorrente che ha confermato deduzioni e conclusioni in atti.
D I R I T T O
Il Ministero della Difesa ha eccepito pregiudizialmente che il ricorso è inammissibile in quanto solleva una questione di dipendenza da servizio di talune infermità che riguarda un provvedimento (il decreto ministeriale n. …./D del 5.11.2007) avente ad oggetto la concessione dell’equo indennizzo, materia che non appartiene alla giurisdizione della Corte dei Conti, bensì del Giudice Amministrativo.
L’eccezione non è accoglibile.
Emerge infatti con chiarezza, dal contenuto letterale e sostanziale dell’atto introduttivo del giudizio, che il ricorrente, pur chiedendo - con terminologia impropria ad un giudizio pensionistico avanti alla Corte dei Conti – anche l’ “annullamento” del decreto succitato, non ha inteso affatto sollevare nell’odierna causa una questione di equo indennizzo, bensì di diritto alla pensione di privilegio, oggetto decisionale che rientra nell’ambito giurisdizionale di questa Corte (a pag. 1 è chiesto l’annullamento del decreto n. …./D solo “nella parte in cui esclude, anche ai fini della concessione della pensione privilegiata ordinaria, la dipendenza da causa di servizio della infermità ...”; nelle conclusioni a pag. 8 si chiede riconoscimento del “diritto del ricorrente alla concessione della pensione privilegiata ordinaria nella misura di legge”; è stata depositata - all. 7 - l’istanza di concessione della pensione privilegiata presentata nell’anno 2002 al Ministero della Difesa).
Il riferimento e la contestazione del decreto n. …./D del 2007 del Ministero della Difesa, che nega la concessione dell’equo indennizzo, risulta quindi dovuto solo al fatto di essere, tale provvedimento, conseguente ad un parere di non dipendenza da servizio di talune infermità che, reso dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio ai sensi del D.P.R. 29.10.2001 n. 461, è accertamento e parere definitivo anche ai fini della concessione del trattamento pensionistico di privilegio (art. 12 D.P.R. cit.).
Ma la Corte dei Conti, alla quale nella giurisdizione pensionistica è attribuita cognizione piena ed esclusiva nel merito, può sindacare senza vincoli di sorta, in sede di contenzioso sul diritto a pensione, le determinazioni incidenti sul diritto a pensione contenute in tale decreto ed ancorché lo stesso - come nel caso di specie - sia stato impugnato dall’interessato, per gli aspetti inerenti l’equo indennizzo, anche avanti al T.A.R. del Friuli Venezia Giulia.
Va altresì precisato che le questioni di dipendenza dal servizio delle infermità denunciate dal pubblico dipendente, possono essere riesaminate dalla Corte, per piena autonomia dei rispettivi giudizi, ancorché in ipotesi le stesse, nel contenzioso sul diritto all’equo indennizzo, siano state già esaminate e decise anche in via definitiva dal Giudice Amministrativo preventivamente adito (cfr. Corte Cost. n. 141 del 21.7.1981 in relazione alla disposizione analoga dell’art. 163, secondo comma, del D.P.R. n. 1092/1973, nel testo previgente all’abrogativo art. 5 bis del D.L. 387/1987, conv. L. n. 472/1987).
E va inoltre osservato che la controversia pensionistica avanti alla Corte dei Conti riguarda la spettanza di un diritto e che pertanto alla stessa non possono applicarsi, sia per l’atto impugnato (diniego di pensione) che per l’atto ad esso presupposto (diniego della dipendenza da servizio di una infermità, ancorché contenuto in un provvedimento negatorio dell’equo indennizzo), i limiti propri (e fra questi i termini decadenziali per la proposizione del ricorso) del giudizio di impugnazione dell’atto amministrativo in sede di giurisdizione generale di legittimità (cfr. Corte Cost. cit.; Cass. Sezioni Unite n. 5688 del 17.3.1995).
Va infine rilevato, a conferma della giurisdizione di questo Giudice, che la Corte di Cassazione stabilisce attribuita alla giurisdizione della Corte dei Conti non solo la domanda di accertamento della causa di servizio di una infermità che sia proposta in sede di impugnazione di un provvedimento di diniego della pensione di privilegio, ma anche la controversia di solo accertamento della causa di servizio che sia finalizzata ad una successiva domanda volta, in via amministrativa, al conseguimento della pensione di privilegio (cfr. Cass. Sezioni Unite n. 5467 del 6.3.2009).
Rigettate quindi tutte le preliminari eccezioni avanzate dal Ministero della Difesa e passando all’esame del merito del ricorso, questo Giudice osserva che il Sig. R. L., Mar. Magg. dell’Arma dei Carabinieri cessato dal s.p.e. e collocato in ausiliaria l’1.1.2002, ha chiesto che sia accertato e dichiarato in giudizio - a fini della concessione della pensione privilegiata – che le denunciate infermità “rettocolite ulcerosa” ed “insufficienza renale”, diversamente da quanto assunto dall’Amministrazione della Difesa nel succitato provvedimento n. …./D del 2007, siano dichiarate dipendenti dal servizio prestato nell’Arma.
Con ordinanza n. 7/11 all’udienza del 15 marzo 2011 questo Giudice ha quindi chiesto alla Commissione Medico Legale Regionale di Udine di esprimere motivato parere, previa visita diretta del ricorrente, su tale questione medico-legale, che ha sintetizzato nei seguenti quesiti: (1) quale era la diagnosi da porsi al Sig. R. L. alla data della visita collegiale del 18.10.2002 (verbale ML/B n. …) avanti alla C.M.O. di Udine, di riferimento ai fini del presente giudizio, per le infermità indicate in atti come (1) “rettocolite ulcerosa” e (2) “insufficienza renale”; (2) se tali infermità erano da ritenersi dipendenti, in termini di causa o di concausa efficiente e determinante, da fatti del servizio prestato dal nominato nell’Arma dei Carabinieri; (3) in ipotesi di affermata dipendenza, relativa classifica a fini pensionistici.
L’incaricata Commissione ha riferito affermando, a conclusione delle proprie analisi, che alla data della visita collegiale del 18.10.2002 avanti alla C.M.O. di Udine la corretta diagnosi da porsi al sig. R. L. era quella di “rettocolite ulcerosa” e “insufficienza renale”; che - a tale data - tali infermità non erano da ritenersi dipendenti da causa o concausa del servizio prestato, ma che, relativamente alla infermità “rettocolite ulcerosa”, era da assumersi l’interdipendenza della stessa con la precedente “gastroduodenite iperemico – erosiva” già giudicata di incontestata dipendenza da causa di servizio; pertanto era da considerarsi infermità produttiva, congiuntamente con quest’ultima, di un unico complesso morboso meritevole di ascrizione tabellare unitaria in sesta categoria pensionistica di tabella A, a vita.
La Commissione ha rilevato infatti, per tale ultima sua determinazione, che l'infermità “rettocolite ulcerosa” è insorta sul medesimo apparato, quello digerente, già menomato dalla “gastroduodenite iperemico erosiva”, con conseguente sussistenza di un legame di interdipendenza - secondo il significato proprio del termine esplicitato nei criteri valutativi di legge (cfr. criteri per l’applicazione delle Tabelle A e B, “lett. m” aggiunta da art. 2 L. 8.8.1991 n. 261) - e necessità di valutazione unitaria e complessiva del danno anatomo - funzionale.
Esaminati gli atti, ritiene questo Giudice condivisibili e da recepirsi in decisione le conclusioni dell'incaricata Commissione (le cui argomentazioni sono da intendersi qui integralmente richiamate), che appaiono pertinenti - anche con riguardo alla classifica a fini pensionistici - alle obiettività del caso.
La domanda del ricorrente va quindi accolta riconoscendo che il ricorrente ha diritto alla pensione di privilegio.
Non può tuttavia addivenirsi, allo stato degli atti, ad un riconoscimento della misura della pensione di privilegio di spettanza del Sig. R. L., in quanto la domanda di concessione della pensione prodotta all’Amministrazione della Difesa (dd. 5.11.2002; all. 7 depositato in causa) enumera una serie di infermità (14) non per tutte delle quali emerge in atti una determinazione positiva o negativa di dipendenza assunta dal Comitato di Verifica per le Cause di Servizio, esclusivamente competente ex D.P.R. 29.10.2001 n. 461 (anche quando si siano già espresse le C.M.O. territoriali; cfr. Cons. Stato Sez. III^, parere al Ministero della Difesa n. 1401/03 del 6.5.2003) ed altresì una oggettivazione in atto introduttivo del presente giudizio.
Pertanto nella presente causa, riconosciuto in termini generali il diritto alla pensione di privilegio, deve solo disporsi il rigetto della domanda del ricorrente per la richiesta di riconoscimento della causa di servizio per l’infermità “insufficienza renale” e l’accoglimento parziale della domanda, nei termini sopra precisati di una ascrizione a categoria VI^ congiuntamente alla infermità “gastroduodenite iperemico erosiva”, per la richiesta di riconoscimento della causa di servizio per l’infermità “rettocolite ulcerosa”, rimettendo gli atti all’Amministrazione quanto ad una complessiva valutazione, a fini pensionistici, di tutto il complessivo quadro patologico denunciato dal ricorrente.
In ragione dell’accoglimento solo parziale della domanda, vanno integralmente compensate tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
il Giudice Unico delle Pensioni, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, definitivamente pronunciando:
1) accoglie, nei termini parziali di cui a motivazione, il ricorso prodotto dal Sig. R. L. nei confronti del Ministero della Difesa e, mentre rigetta la domanda del ricorrente per quanto riguarda la dipendenza da causa di servizio dell’infermità “insufficienza renale”, dichiara che l’infermità “rettocolite ulcerosa” è da ritenersi interdipendente con la precedente infermità “gastroduodenite iperemico – erosiva” già giudicata dipendente da causa di servizio e che la stessa è produttiva, congiuntamente con tale infermità, di un unico complesso morboso meritevole di ascrizione tabellare in VI^ (sesta) categoria pensionistica di Tabella A, a vita;
2) riconosce che il ricorrente ha diritto alla pensione di privilegio;
3) rimette gli atti all’Amministrazione della Difesa quanto a determinazione della misura del trattamento pensionistico privilegiato di spettanza, da determinarsi previa valutazione del complessivo quadro morboso denunciato dal ricorrente;
4) compensa le spese di lite.
Così deciso in Trieste nell'udienza del giorno 13 dicembre 2011.
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
f.to Paolo SIMEON
Depositata in Segreteria il 13 dicembre 2011.
IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Corte dei Conti PUGLIA su Diritto alla pensione privilegiata per SCLEROSI A PLACCHE.

- Ex militare, congedato per fine ferma il 31 dicembre 1974.

- L’Amministrazione della difesa ha respinto la richiesta , formulata nel 1982, di trattamento pensionistico privilegiato diretto in relazione alla infermità “ sclerosi a placche “, diagnosticata soltanto nel 1982.

- L’Amministrazione ha negato il beneficio pensionistico nel rilievo del decorso del termine di 5 anni dalla cessazione dal servizio avvenuta il 31.12.1974 e che, pertanto, il richiedente è decaduto dal diritto a pensione privilegiata ai sensi dell’art. 169 del D.p.r. 1092/1972;

- La Corte costituzionale, con la sentenza n. 323/2008, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 169 d.p.r.. n. 1092/1973, nella parte in cui non prevede che, allorché la malattia insorga dopo i cinque anni dalla cessazione dal servizio, il termine quinquennale di decadenza per l'inoltro della domanda di accertamento della dipendenza delle infermità o delle lesioni contratte, ai fini dell'ammissibilità della domanda di trattamento privilegiato, decorra dalla manifestazione della malattia stessa. affermando che in materia di prescrizione dei danni lungolatenti, con specifico riferimento alla pensione privilegiata, il dies a quo va individuato dal giorno della manifestazione della malattia e non dal giorno della sua causazione.

- Il ricorrente ha prestato servizio per oltre sei anni nella Marina Militare e che ai disagi insiti in un servizio prestato su unità navali si aggiunge, nel caso specifico, un lungo periodo di imbarco su sommergibili, per cui è noto quanto siano stressogene le condizioni ambientali.

- Ci sono state le considerazioni svolte dal c.t.p. del ricorrente, docente di “ medicina legale militare “.

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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
PUGLIA Sentenza 981 2011 Pensioni 13-09-2011


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI Sent. 981 /2011
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PUGLIA
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
( art. 5 L. 205/2000 )

ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso, iscritto al n. 10092 del registro di segreteria, proposto dal Sig.re X Antonio ( n. a Napoli il …….. ); rapp.to e difeso dall’avv. Michele Giangregorio , giusta mandato ad litem;

CONTRO
MINISTERO DELLA DIFESA;

AVVERSO
Decreto n. 56 in data 18.3.1985

PER L’ACCERTAMENTO
del diritto alla pensione privilegiata;

Udito alla pubblica udienza del 1° luglio l’avv. Michele Giangregorio , il quale ha concluso per l’accoglimento del ricorso;
Visto il ricorso, in epigrafe indicato;
Vista l’istanza di prosecuzione del giudizio innanzi a questa sezione giurisdizionale regionale;
Viste le memorie dell’avv. Michele Giangregorio, depositate in data 29 gennaio 2008, 10 novembre 2008 e 23 giugno 2011;
Vista la memoria del Ministero della Difesa, in data 18 gennaio 2008;
Esaminata la documentazione tutta della causa;
Considerato che il ricorrente, ex militare, congedato per fine ferma il 31 dicembre 1974 ha impugnato il decreto in epigrafe indicato con il quale l’Amministrazione della difesa ha respinto la richiesta , formulata nel 1982, di trattamento pensionistico privilegiato diretto in relazione alla infermità “ sclerosi a placche “, diagnosticata soltanto nel 1982 presso l’Ospedale Civile “ Pellegrini “ di Napoli e confermata dalla Commissione Sanitaria Provinciale Invalidi Civili di Napoli, nel febbraio 1984;
Rilevato che l’Amministrazione ha negato il beneficio pensionistico nel rilievo del decorso del termine di 5 anni dalla cessazione dal servizio avvenuta il 31.12.1974 e che, pertanto, il richiedente è decaduto dal diritto a pensione privilegiata ai sensi dell’art. 169 del D.p.r. 1092/1972;
Ritenuto che la Corte costituzionale, con la sentenza n. 323/2008, ha dichiarato l’illegittimità costituzionale dell’art. 169 d.p.r.. n. 1092/1973, nella parte in cui non prevede che, allorché la malattia insorga dopo i cinque anni dalla cessazione dal servizio, il termine quinquennale di decadenza per l'inoltro della domanda di accertamento della dipendenza delle infermità o delle lesioni contratte, ai fini dell'ammissibilità della domanda di trattamento privilegiato, decorra dalla manifestazione della malattia stessa. affermando che in materia di prescrizione dei danni lungolatenti, con specifico riferimento alla pensione privilegiata, il dies a quo va individuato dal giorno della manifestazione della malattia e non dal giorno della sua causazione.
Ritenuto che il Collegio medico legale, nominato nella fase contenziosa, ha espresso il parere che “…vista la particolarità dell’affezione di cui trattasi…non è da escludere sic et simpliciter l’insorgenza del quadro anatomo-clinico in oggetto durante il servizio militare svolto e l’esistenza di un nesso di causalità “, giudicando ascrivibile l’infermità alla VI categoria, tab. A, a datare dalla domanda, a vita ( v. relazione scritta depositata il 22 aprile 2011 );
Rilevato che il Sig.re X ha prestato servizio per oltre sei anni nella Marina Militare e che ai disagi insiti in un servizio prestato su unità navali si aggiunge, nel caso specifico, un lungo periodo di imbarco su sommergibili, per cui è noto quanto siano stressogene le condizioni ambientali;
Ritenuto, pertanto, che si appalesano convincenti le argomentazioni formulate dal Collegio medico legale in ordine alla verosimile riconducibilità della infermità al servizio svolto, anche alla luce delle considerazioni svolte dal c.t.p. del ricorrente ( Prof. Dott. Michele Campanelli, docente di “ medicina legale militare “ ) , che non hanno trovato smentita da parte dell’amministrazione convenuta in giudizio, e , inoltre, che la Corte di Cassazione ha statuito che se il giudice aderisce alle conclusioni del perito l’obbligo di motivazione, in mancanza di specifiche contestazioni, è assolto in maniera sufficiente con il richiamo alla perizia ( cfr. Cass. civ. n. 3492 del 2002 );
Ritenuto, tuttavia, di doversi discostare dalla categoria proposta, in quanto sebbene non ricorrano allo stato le condizioni per concedere la pensione di 1^ categoria, si reputa equa la 4^ categoria, in applicazione della voce 13) di cui alla tabella A, allegata al D.p.r. n° 1092/1973, sulla base del criterio dell’equivalenza previsto dall’art. 11, comma 4, d.p.r. cit., dappoichè la sclerosi a placche è una malattia infiammatoria cronica demielinizzante che colpisce il sistema nervoso;
Ritenuto, pertanto, doversi riconoscere il diritto del Sig.re X Antonio al trattamento pensionistico privilegiato di 4^ categoria, tab. A, l.v., non potendo trovare accoglimento l’eccezione di prescrizione sollevata dalla Amministrazione, in quanto il ricorso è stato proposto tempestivamente;
Ritenuto, dunque, che il Ministero della Difesa deve essere condannato al pagamento dei ratei pensionistici, nelle misure di legge e con decorrenza dalla data del domanda ( 1982 );
Ritenuto, altresì, spettanti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, con decorrenza dalla stessa data del diritto principale, alle condizioni di legge.
Sussistendo gravi ed eccezionali ragioni per compensare le spese di giudizio, in considerazione della complessità tecnica della controversia.
P.Q.M.
la Corte dei conti, sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando
ACCOGLIE
il ricorso n° 10092 e, per lo effetto, condanna il Ministero della Difesa al pagamento, in favore del ricorrente, della pensione privilegiata di 4^ categoria, tab. A, l.v., con decorrenza dal 1982, oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, se dovuta, alle condizioni di legge..
Spese di giudizio compensate.
Così deciso in Bari, nella Camera di Consiglio dell’uno luglio duemuilaundici.
IL GIUDICE
F.to ( V. Raeli )

Depositata in Segreteria il 13/09/2011
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Avviso ai colleghi in pensione:
Anche i ricorsi alla Corte dei Conti trascorso un certo periodo di tempo vanno conseguentemente dichiarati perenti ai sensi dell’art. 9, comma 2, della legge 21.7.2000 n. 205.
Ecco una delle centinaia sentenze passate per le mie mani.

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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
PUGLIA Sentenza 228 2012 Pensioni 25-01-2012

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI Sent. 228/2012
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA PUGLIA
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

ha pronunciato nella pubblica udienza dell’11 gennaio 2012, dandone lettura del dispositivo, la seguente

SENTENZA

nel giudizio iscritto al n. 25938/PM del registro di segreteria
proposto da X X, nato a X(LE) il X X e ivi residente alla via X X , rappresentato e difeso, giusta procura speciale a margine del ricorso, dall’avv. Antonio Castello, presso il cui studio è elettivamente domiciliato alla v. D. Alighieri n. 51 in Magliano (LE)
contro Ministero della Difesa – Comando Generale Arma Carabinieri
avverso il mancato riconoscimento della pensione privilegiata per causa di servizio nella misura di Tab. A ctg. 6 per l’infermità “OMISSIS”
per il riconoscimento della pensione come sopra
VISTO il ricorso depositato il 13.9.2005;
ALL’ODIERNA UDIENZA, come da relativo verbale, nessuno comparso per le parti;
ESAMINATI gli atti e i documenti tutti della causa;
FATTO E DIRITTO
Con ricorso depositato il 13.9.2005 X X, meglio in epigrafe generalizzato, avversava il mancato riconoscimento della pensione privilegiata per causa di servizio nella misura di Tab. A ctg. 6 per l’infermità “OMISSIS”, al fine di vedersi riconoscere il citato trattamento pensionistico.
All’odierna udienza, il cui avviso è stato ritualmente notificato al ricorrente nel domicilio eletto (come da relata C. App. Lecce Uff. giud. Mario Pistilli in data 13.9.2011 acquisito al prot. 0020400-26/09/2011-SG_PUG-T20-A), nessuno è per egli comparso né risulta essere stato prodotto alcunché, non manifestando pertanto il ricorrente interesse alla decisione. Quanto al Ministero della Difesa, nella nota trasmessa per l’odierna udienza acquisita al prot. 0022362-20/10/2011-SG_PUG-T20-A, lo stesso non ha manifestato uno specifico interesse alla decisione.
Il ricorso va conseguentemente dichiarato perento ai sensi dell’art. 9, comma 2, della legge 21.7.2000 n. 205. Ai sensi dell’art. 310 c.p.c. non vi è luogo a pronunzia sulle spese.
P.Q.M.
la Corte dei conti - Sezione giurisdizionale regionale per la Puglia, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, dichiara perento il ricorso iscritto al n. 25938/PM. Nulla per le spese.
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio dell’undici gennaio duemiladodici.
IL GIUDICE
F.to Primo Ref. Daniela Morgante
Depositata in Segreteria il 25/01/2012
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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AMIANTO nei locali alloggio marinai a bordo della Nave Moto Officina Costiera (MOC).

Questa sentenza della Corte dei Conti sez. Toscana riguarda i benefici per l'esposizione all'amianto ed è stato chiamato in giudizio il Ministero della Difesa in quanto ex Amministrazione di appartenenza, l’INPDAP in qualità di Ente previdenziale e l’INAIL, onde ottenere la supervalutazione dei periodi di servizio prestati dall’interessato.

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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TOSCANA Sentenza 45 2012 Pensioni 26-01-2012

SENTENZA N. 45/2012

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA
in composizione monocratica nella persona del GIUDICE UNICO Cons.Carlo GRECO ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso, iscritto al n.57108/PC del registro di Segreteria, proposto da T. B. nato a “omissis” rappresentato e difeso dall’Avv. Sergio LALLI del Foro di Carrara con studio in via S.Martino n.13, avverso la mancata applicazione dei benefici ex art.13, comma 8, della Legge n.257/92.
Alla pubblica udienza del 30 novembre 2011, con l'assistenza del segretario Lina PELLINO, udito l’Avv.Ilaria UNGARI all’uopo delegato per la parte ricorrente, l’Avv.Marisa PETRILLO per l’INAIL e la D.ssa Rosa CAIRA per l’INPDAP, non comparsa l’Amministrazione della Difesa;
Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa;
Visto il decreto legge 15 novembre 1993 n.453 convertito in legge 14 gennaio 1994 n.19;
Visto il decreto legge 23 ottobre 1996 n.543 convertito in legge 20 dicembre 1996 n.639;
Vista la legge 21 luglio 2000 n.205;
Ritenuto in

FATTO

Con il ricorso in epigrafe parte attrice ha convenuto in giudizio il Ministero della Difesa in quanto ex Amministrazione di appartenenza, l’INPDAP in qualità di Ente previdenziale e l’INAIL, onde ottenere la supervalutazione dei periodi di servizio prestati dall’interessato, oggetto di esposizione all'amianto.
In particolare, con richiamo alla motivazioni già espresse nell’ordinanza n.1/2011 resa all’udienza del 15 dicembre 2010, preso atto della mancata pronuncia sul punto di causa da parte dell’INAIL, è stata disposta la nomina di un CTU onde appurare l’esposizione o meno, durante l'attività lavorativa, alle fibre di amianto per i periodi:
a) 21 luglio 1986 – 31 dicembre 1996;
b) 1°gennaio 1997 – 18 giugno 2007.
Al riguardo, mentre l’INAIL ha provveduto alla nomina del proprio consulente, la parte ricorrente non ha ritenuto di avvalersi di tale facoltà, rimettendosi all’esito della perizia d’ufficio.
In esecuzione a quanto sopra il CTU nominato ha rassegnato proprio atto peritale accogliendo le richieste di parte per il periodo sub a).
Alla discussione orale mentre la parte ricorrente si è richiamata al tenore della perizia, l’INAIL ha depositato un proprio elaborato tecnico e l’INPDAP ha chiesto di essere sollevata da ogni onere di giustizia.
Considerato in

DIRITTO

Nel merito della pretesa questo Giudice, nel prendere atto della indagine tecnica espletata dal CTU Ing. S. P., ritiene che l’interessato abbia subito esposizioni all’amianto oltre i limiti di legge, per il periodo lavorativo sub. a).
Al riguardo non si ritengono fondate le argomentazioni contrarie introdotte dall’INAIL in quanto trattasi sostanzialmente delle stesse argomentazioni già sottoposte all’esame del CTU (cfr. all. 16 atto peritale P.) e confutate dalla stesso (cfr. pagg. 24-26) a cui è stato allegato l’esito di un accertamento eseguito nei locali alloggio marinai a bordo della Nave Moto Officina Costiera (MOC) 1204 il 31 ottobre 1996, il cui esito dovrebbe retrodatarsi al 31 dicembre 1992.
In realtà la bonifica della nave citata, dai documenti trasmessi dalla Direzione Arsenale M.M. (all. 14 atto peritale) sembra avvenuta non prima dell’anno 1997 ed esattamente dal 7 gennaio 1997 con la rimozione di kg 11.040 di materiale contenente amianto (all. 12 atto di citazione) nel periodo marzo – agosto 1997.
Per le considerazioni che precedono, con ampio riferimento alle argomentazioni di cui sopra, il ricorso si appalesa fondato e, come tale, va accolto ordinando all’INPDAP competente per territorio la supervalutazione di legge dei servizi resi con esposizione all’amianto.
L’esito del presente giudizio comporta, diversamente da quanto eccepito dall’INPDAP, l’addebito delle spese di consulenza in quanto, considerata l’INAIL come mera struttura tecnica di supporto all’INPDAP, gli oneri della vicenda, non costituendo omissioni contributive a carico dell’ex datore di lavoro, non possono che ricadere sull’Istituto previdenziale ed indirettamente sulla collettività (leggasi finanza statale).
Sussistono, invece, motivi apprezzabili per dichiarare compensate le spese di giustizia.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Toscana - definitivamente pronunciando accoglie il ricorso in esame, proposto da T. B. e, per l’effetto, ordina all’INPDAP di procedere alla supervalutazione di legge dei periodi di esposizione all’amianto accertati dal CTU:
a) 21 luglio 1986 – 31 dicembre 1996;
Dispone di porre definitivamente a carico dell’INPDAP il compenso dovuto al Consulente tecnico d’ufficio, di cui ad apposito decreto di liquidazione in data odierna.
Spese di giustizia compensate.
Così deciso in Firenze previa lettura del dispositivo, ai sensi e per gli effetti del primo comma dell’art. 429 c.p.c., nella pubblica udienza del 30 novembre 2011.
IL GIUDICE UNICO
F.TO Carlo Greco

Depositata in Segreteria il 26 gennaio 2012
IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA
F.TO PAOLA ALTINI
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Sono molte le sentenze NEGATIVE emesse da parte della Corte dei Conti nei confronti degli appartenenti alle Forze Armate e di Polizia circa la maggiorazione del 18% sulll’assegno funzionale.
Per tutti posto una recente sentenza che ha rigettato il ricorso.

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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
PUGLIA Sentenza 267 2012 Pensioni 15-02-2012


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PUGLIA

IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Dott. Alfio Vecchio ha pronunciato la seguente

SENTENZA N° 267/2012
nel giudizio di pensione, iscritto al n.20036 del registro di segreteria, promosso
ad istanza di
X ALVARO
X FILIPPO
X FRANCESCO
X DOMENICO
nei confronti di
MINISTERO DELLA DIFESA, COMANDO GENERALE DELL’ARMA DEI CARABINIERI

MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELE FINANZE

INPS (ex INPDAP)

VISTI: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19, la legge 14 gennaio 1994, n. 20 e la legge 21 luglio 2000, n. 205;
VISTI il ricorso e gli altri atti e documenti di causa;

FATTO
I ricorrenti ex sottoufficiali delle Forze Armate e di Polizia, hanno impugnato il provvedimento di liquidazione della pensione ed hanno chiesto l’accertamento del diritto a vedersi computare nella determinazione della base pensionabile, con la maggiorazione del 18% ex art. 53 del D.P.R. 29.12.1973 n. 1092, l’ assegno funzionale, previsto dall’art. 1, comma 9, della Legge n. 468 del 1987, convertito con modificazioni dalla legge n. 468 del 14.11.1987, nella misura spettante all’atto del collocamento in quiescenza con conseguente riliquidazione della pensione dalla data di cessazione dal servizio, con il pagamento delle differenze a tal titolo dovute con rivalutazione monetaria ed interessi legali sui singoli ratei scaduti, con vittoria di spese.
Il Comando generale dell’arma dei Carabinieri depositata il 28 dicembre 2001 chiedeva il rigetto del ricorso in quanto l’ assegno funzionale, previsto dall’art. 1, comma 9, della Legge n. 468 del 1987, si somma alla retribuzione individuale di anzianità e non si ingloba con essa.

DIRITTO
Il ricorso è privo di giuridico fondamento.
Al riguardo, va, in primo luogo, chiarito che l’art. 16 della legge n. 177/1976, che ha sostituito, per le cessazioni dal servizio aventi decorrenza non anteriore al 1° gennaio 1976, l’art. 53 D.P.R. 1092/1973, dopo aver previsto, al 1° comma, che, ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare, la base pensionabile, costituita dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga e dagli assegni e dalle indennità pensionabili previsti dallo stesso comma (lettere a, b e c), integralmente percepiti, è aumentata del 18%, ha disposto, al 2° comma, che “…agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile…”.
Il successivo art. 18 (rubricato “ufficiali in ausiliaria”) ha, poi, previsto che, nei confronti degli ufficiali che, a decorrere dal 1° gennaio 1976, vengono collocati nelle posizioni di stato di cui all'articolo 55 del D.P.R. 29.12.1973 n. 1092, la riliquidazione della pensione ivi prevista si effettua secondo le disposizioni sulla base pensionabile di cui all’articolo 16 della stessa legge.
Condizione imprescindibile ai fini della maggiorazione del 18% di un assegno o di un’indennità accessoria, è, dunque, che si tratti di uno di quelli elencati nel 1° comma dell’art. 53 del D.P.R. n. 1092/1973 (come modificato dall’art. 16 della legge n. 177/1976), ovvero che sia altrimenti prevista esplicitamente la sua inclusione nella base pensionabile.
E poiché, né l'art. 53, 1° comma del D.P.R. n. 1092/1973, né nessun’altra norma, prevede l’inclusione nella base pensionabile dell’ assegno funzionale di cui all’art. 1, 9° comma del D.L. 16.9.1987 n. 379, convertito in legge 14.11.1987 n. 468 e all’art. 6 del D.L. 21.9.1987, convertito in legge 20 novembre 1987 n. 472, deve escludersi che l’ assegno stesso sia soggetto alla maggiorazione del 18%.
Né, a tali fini, assume rilievo, com’è del tutto evidente, la circostanza che tale assegno sia qualificato “…pensionabile…”, dall’art. 4, 1° comma, della legge n. 231/1990.
Ed infatti, se è pur vero che lo stipendio e gli altri assegni o indennità che, espressamente contemplati dalla legge come tali, compongono la “…base pensionabile…” sono nel contempo “…assegni pensionabili…”, non è vero l’inverso, in quanto non tutti gli assegni pensionabili entrano a far parte della base pensionabile.
In tal senso, peraltro, si è assestata l’ormai univoca e costante giurisprudenza delle Sezioni giurisdizionali centrali di appello di questa Corte, secondo cui solo gli emolumenti retributivi che siano espressamente inseriti dal Legislatore tra le componenti della base pensionabile (ai sensi dell’art. 53 del d.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, come modificato dall’art. 16 della legge n. 177 del 1976) possono godere del beneficio della maggiorazione del 18% ai fini pensionistici, mentre tutti gli altri assegni od indennità, ancorché di natura retributiva e pensionabili, non possono beneficiare della predetta maggiorazione (cfr. Corte dei Conti, Sez. App. II, sent. n. 203 del 27 marzo 2009 e n. 281 del 30 giugno 2008; Sez. App. I, sent. n. 495/2007; Sez. App. II, sentenze nn. 93/2007, 301/06, 288/06, 314/03).
In definitiva, dunque, il ricorso è da rigettare.
Non vi è prova di spese sostenute dall’Amministrazione per la difesa nel presente giudizio.

PQM
La Corte dei Conti - Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia in composizione monocratica, in funzione di Giudice Unico delle Pensioni, definitivamente pronunciando, rigetta il ricorso di cui in epigrafe .
Nulla per le spese
Così deciso in Bari, nella camera di consiglio del 15 febbraio 2012.

Il Giudice
F.to Alfio Vecchio
Depositata in Segreteria il 15/02/2012
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Revoca del diritto a pensione a seguito di perdita del grado.

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1)- Cessazione dal servizio permanente per infermità e collocamento in congedo assoluto avvenuto in data 27/1/2003;

2)- Veniva corrisposto trattamento pensionistico provvisorio;

3)- A seguito della sentenza di condanna in data 11/2/2004 del Tribunale Militare di Torino, la Commissione di disciplina riteneva l'interessato “non meritevole di conservare il grado”;

4)- Il Ministero della Difesa disponeva la perdita di grado per rimozione per motivi disciplinari ai sensi dell’art. 60 n. 6 della legge 31 luglio 1954, n. 599, facendo decorrere l’efficacia della sanzione irrogata dalla data del collocamento in congedo – 28/1/2003 -;

5)- Con successivo decreto Il Ministero della Difesa, n...del 4 febbraio 2005, rilevata la mancata indicazione nel decreto n. …. degli articoli n. 61 e 37 della legge n. 599/1954, si provvedeva alla correzione degli errori materiali dello stesso decreto n. …, disponendo l’applicazione della sanzione della perdita di grado ai sensi dell’art. 60, n. 6 e del combinato disposto degli articoli 61 e 37 della legge 31 luglio 1954, n. 599.

6)- Con il decreto n. … datato 23 marzo 2005, il Ministero della Difesa disponeva la correzione del precedente decreto n. …. nel senso che la sanzione della perdita di grado per rimozione per motivi disciplinari, ai sensi agli art. 60, n. 6 e del combinato disposto degli artt. 61 e 37 della legge n. 599/1954, è stata disposta dal 27 gennaio 2003.

7)- I suddetti decreti venivano impugnati davanti al TAR Liguria.

8)- A seguito dei predetti provvedimenti, il Comando Regione Carabinieri Liguria e il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri ritenevano che, avendo l’interessato alla data dell’ultimo giorno di servizio (26/1/2003) un’anzianità di anni 30, mesi 1 e giorni 2, l’applicazione della sanzione della perdita di grado dalla data del congedo, avesse determinato la mancata maturazione dei requisiti stabiliti dalla legge 449/1997, ovvero dall’art. 6 del D. Lgs. 165/1997 come modificato dall’art. 59, comma 12 della stessa legge n. 449, per l’affermazione del diritto alla pensione normale.
9)- Con nota prot. n. …. del 10/5/2006, l’I.N.P.D.A.P. sede di Genova comunicava al Signor OMISSIS l’avvio del procedimento di accertamento di indebito pari ad € 62.411,38 a seguito della revoca del diritto a pensione dall’1/9/2003.

La Corte dei Conti sez. Liguaria ha precisato:

1)- Questa Sezione, con la sentenza n. 268 in data 23/4/2008, ha rigettato la domanda di pensione del sig. OMISSIS. La pronuncia non è stata né sospesa né travolta in sede di appello.

2)- L’interessato è cessato dal servizio a decorrere dal 27/1/2003, con un’anzianità di anni 30, mesi 1 e giorni 2, inferiore a quella prescritta dal regime pensionistico di riferimento per la maturazione del diritto a pensione. (legge 449/1997, ovvero art. 6 del D. Lgs. 165/1997 come modificato dall’art. 59, comma 12 della stessa legge n. 449).

3)- Per quanto riguarda il decreto n….. in data 22/4/2010 del Ministero della Difesa di reintegrazione nel grado di Maresciallo, si osserva che detto provvedimento non ha determinato alcun cambiamento nella situazione di fatto e di diritto rilevante ai fini della qualificazione della causa di cessazione dal servizio del ricorrente. L’Amministrazione, infatti, nel disporre detta integrazione ha espressamente statuito che il provvedimento di reintegrazione “non importa la revoca del decreto ministeriale n. …/III-//2004 del 24/12/2004 di “perdita di grado”.

4)- Né il provvedimento disciplinare della perdita di grado risulta essere stato annullato nel giudizio amministrativo proposto dall’interessato davanti al TAR, giudizio, questo, ancora pendente, secondo quanto dichiarato dal difensore del ricorrente nella camera di consiglio del 28/9/2011.

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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LIGURIA Sentenza 14 2012 Pensioni 10-01-2012

Sent. 14/2012
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LIGURIA

Il Giudice Unico Consigliere Maria Riolo

ha pronunciato la seguente

SENTENZA
nel giudizio pensionistico iscritto al n. 19052 del registro di Segreteria, proposto da OMISSIS , nato il omissis a omissis, elettivamente domiciliato in Genova, Via OMISSIS presso lo studio dell’Avv. OMISSIS, che lo rappresenta e difende, contro il Ministero della Difesa, il Comando Regione Carabinieri Liguria, e contro l’I.N.P.D.A.P. sede di Genova, ora I.N.P.S. (ex art. 21 del D.L. 6 dicembre 2011 n. 201, convertito dalla legge 22 dicembre 2011 n. 214).
Udito, nella pubblica udienza del 10 gennaio 2012, il difensore del ricorrente Avv. OMISSIS; nessuno è comparso per le amministrazioni.
Ritenuto in

FATTO
Il Ministero della Difesa, con decreto n. ……. del 30/9/2003, disponeva, a decorrere dal 27/1/2003, la cessazione dal servizio permanente per infermità del Signor OMISSIS , Maresciallo Aiutante S. UPS CC, ed il suo collocamento in congedo assoluto.
Tale provvedimento veniva adottato in conformità del parere della C.M.O. di Torino in data 27/1/2003.
Al predetto veniva corrisposto trattamento pensionistico provvisorio.
A seguito della sentenza di condanna in data 11/2/2004 del Tribunale Militare di Torino, la Commissione di disciplina riteneva il OMISSIS “non meritevole di conservare il grado”.
Con decreto n. …./III-7/2004 datato 24 dicembre 2004, il Ministero della Difesa disponeva nei confronti del OMISSIS la perdita di grado per rimozione per motivi disciplinari ai sensi dell’art. 60 n. 6 della legge 31 luglio 1954, n. 599, facendo decorrere l’efficacia della sanzione irrogata dalla data del collocamento in congedo – 28/1/2003 -.
Con successivo decreto del Ministero della Difesa, n. … del 4 febbraio 2005, rilevata la mancata indicazione nel decreto n. …. degli articoli n. 61 e 37 della legge n. 599/1954, si provvedeva alla correzione degli errori materiali dello stesso decreto n. …, disponendo l’applicazione della sanzione della perdita di grado ai sensi dell’art. 60, n. 6 e del combinato disposto degli articoli 61 e 37 della legge 31 luglio 1954, n. 599.
Con il decreto n. …/III-7/2005 datato 23 marzo 2005, il Ministero della Difesa disponeva la correzione del precedente decreto n. …. nel senso che la sanzione della perdita di grado per rimozione per motivi disciplinari, ai sensi agli art. 60, n. 6 e del combinato disposto degli artt. 61 e 37 della legge n. 599/1954, è stata disposta dal 27 gennaio 2003.
I suddetti decreti venivano impugnati davanti al TAR Liguria.
A seguito dei predetti provvedimenti, il Comando Regione Carabinieri Liguria e il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, rispettivamente nota n. … del 21/2/2006, nota del 15/3/2006, ritenevano che, avendo l’interessato alla data dell’ultimo giorno di servizio (26/1/2003) un’anzianità di anni 30, mesi 1 e giorni 2, l’applicazione della sanzione della perdita di grado dalla data del congedo, avesse determinato la mancata maturazione dei requisiti stabiliti dalla legge 449/1997, ovvero dall’art. 6 del D. Lgs. 165/1997 come modificato dall’art. 59, comma 12 della stessa legge n. 449, per l’affermazione del diritto alla pensione normale.
Con nota prot. n. …. del 10/5/2006, l’I.N.P.D.A.P. sede di Genova comunicava al Signor OMISSIS l’avvio del procedimento di accertamento di indebito pari ad € 62.411,38 a seguito della revoca del diritto a pensione dall’1/9/2003.
Gli Avvocati OMISSIS, rappresentanti del signor OMISSIS , proponevano ricorso (n. 17429) davanti a questa Corte per chiedere l’annullamento della determinazione del Comando Regione Carabinieri Liguria datata 24/3/2006, con la quale veniva comunicata all’I.N.P.D.A.P. l’insussistenza del diritto a pensione del ricorrente, e l’annullamento del provvedimento con il quale l’I.N.P.D.A.P. aveva sospeso il pagamento della pensione nei confronti del ricorrente.
Il giudizio si concludeva con la sentenza di questa Sezione Giurisdizionale n. 268 del 23/4/2008, con cui veniva respinta la domanda di riconoscimento del diritto al trattamento di quiescenza del Sig. OMISSIS .
Con il ricorso ora in discussione, proposto in data 18/2/2011, l’Avv. OMISSIS, ha dedotto che:
- avverso la predetta sentenza n. 268/2008 è stato proposto appello;
- il Sig. OMISSIS. ha ottenuto la riabilitazione dalle condanne subite;
- con domanda in data 18/6/2010 l’interessato ha chiesto al Comando Regione Carabinieri Liguria e all’I.N.P.D.A.P. sede di Genova la liquidazione della pensione n. OMISSIS con decorrenza dal 23/4/2010, ossia dal primo giorno successivo alla data di efficacia del provvedimento di reintegro nel grado;
- con lo stesso atto le predette amministrazioni sono state diffidate ai sensi dell’art. 63, u.c., R.D. n. 1214 del 12/7/1934, con riserva di impugnare l’eventuale silenzio rifiuto;
- il provvedimento di cessazione dal servizio per perdita di grado, considerato ostativo al diritto a pensione, è venuto meno per effetto del provvedimento di reintegrazione nel grado;
- il ricorrente ha diritto alla pensione in forza della cessazione dal servizio per infermità;
- il ricorrente intende coltivare l’impugnazione avverso la sentenza n. 268/2008, per conseguire il ripristino della pensione ora per allora con annullamento del provvedimento di recupero a carico del ricorrente.
In via cautelare, la difesa chiedeva che venisse disposta la riattivazione del trattamento pensionistico in ragione della grave situazione economica in cui si è trovato il OMISSIS per essere stato privato della pensione.
Con memoria depositata il 25/7/2011, l’Avv. OMISSIS, adducendo che dalla reintegrazione nel grado deriverebbe il fatto che il ricorrente non sia più in servizio solo per la sua accertata inidoneità fisica, ha insistito per il riconoscimento del diritto a pensione ex art. 1 comma 32 l. 335/1995, dal 22/4/2010 o in subordine dal 1/7/2010 (primo giorno successivo alla domanda), richiamando anche la sent. della Sez. Lombardia n. 657 del 9/10/2008.
Il difensore, ai fini delle spese, ha richiamato il D.L. n. 98/2011, convertito in legge 111/2011, che ha aggiunto il comma 35 quinques al D.L. 4/7/3006 convertito nella legge 248/2006, dichiarando che il valore della presente causa è di € 50.000.
In data 30/5/2011 si è costituito in giudizio il Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri, Centro Nazionale Amministrativo, Ufficio contenzioso, che, dopo aver fatto presente che il ricorrente con provvedimento del 22/4/2010 ha conseguito la reintegrazione nel grado di Maresciallo, ha dedotto che su ricorso identico a quello in esame è stata emessa la sentenza di questa Sezione n. 268/2008 e che l’Amministrazione non è a conoscenza di eventuale giudizio di appello proposto avverso la stessa sentenza e che, per quanto riguarda la riabilitazione dalle condanne subite, frapposta dal ricorrente, il Ministero della Difesa non risulta che abbia annullato il provvedimento della perdita di grado.
Con memoria prodotta il 22/9/2011, si è costituito in giudizio l’I.N.P.D.A.P., che, previo richiamo alla sentenza di questa Sezione n. 268/2008, in via principale, ha chiesto l’estromissione dalla causa nella considerazione che la questione dedotta in giudizio riguardi il Ministero della Difesa, amministrazione competente al conferimento della pensione nei confronti del ricorrente.
In qualità di ordinatore secondario, l’I.N.P.D.A.P. ha esposto di non aver ricevuto alcuna comunicazione circa l’effettiva riabilitazione del ricorrente, né alcun decreto del Ministero della Difesa che abbia autorizzato la riattivazione della pensione.
Nella camera di consiglio del 28 settembre 2011, il difensore del ricorrente, su richiesta del giudice, dichiarava che il giudizio davanti al TAR, proposto dal OMISSIS avverso i provvedimenti che hanno applicato la sanzione della perdita del grado, era ancora pendente.
Con ordinanza n. 165/2011, questo giudice respingeva l’istanza cautelare del ricorrente.
Con memoria depositata il 28/12/2011, l’Avv. OMISSIS in primo luogo ha fatto presente che l’appello proposto avverso la sentenza n. 268/2008 sarà trattato all’udienza del 23/5/2012, e, in caso di accoglimento del gravame il ricorrente conseguirebbe il diritto a pensione dalla data di cessazione dal servizio.
Quanto al presente ricorso, ha sostenuto che l’intervenuta riabilitazione, che ha efficacia ex nunc, fa rivivere, dalla data della riabilitazione stessa, il provvedimento di cessazione dal servizio per inabilità, da cui conseguirebbe il diritto a pensione del ricorrente.
La difesa ha insistito sull’accoglimento del ricorso con riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dal 23/4/2010, ossia dal primo giorno successivo alla data del provvedimento che ha disposto la reintegrazione nel grado di Maresciallo.
All’odierna pubblica udienza il difensore, nel ribadire la richiesta di accoglimento del ricorso, ha sostenuto che la sentenza già emessa non crea alcuna preclusione nel presente giudizio, avendo, quest’ultimo, ad oggetto il riconoscimento del diritto a pensione per effetto e a decorrere dal nuovo provvedimento emesso dall’Amministrazione di reintegrazione nel grado.
Dopo la trattazione, il giudizio è stato definito con sentenza, con gli adempimenti di cui all’art. 429 c.p.c., nel testo risultante dall’art. 53, c. 2, del D.L. 25 giugno 2008 n. 112, convertito nella legge 6 agosto 2008 n. 133.
Considerato in

DIRITTO
Il ricorrente, cessato dal servizio dal 27/1/2003, chiede il riconoscimento del diritto a pensione a decorrere dal 23/4/2010, primo giorno successivo alla data di efficacia del provvedimento di reintegrazione nel grado di Maresciallo.
Questa Sezione, con la sentenza n. 268 in data 23/4/2008, ha rigettato la domanda di pensione del sig. OMISSIS. La pronuncia non è stata né sospesa né travolta in sede di appello.
L’Amministrazione costituitasi nel presente giudizio ha comunicato di non essere a conoscenza dell’avvenuta impugnazione della predetta sentenza, mentre il difensore del ricorrente ha dichiarato che l’interessato ha proposto appello e che il giudizio, si dovrà tenere in data 23/5/2012.
Per una più chiara esposizione della fattispecie di cui è causa è necessario richiamare alcuni punti della motivazione della suddetta sentenza.
L’interessato è cessato dal servizio a decorrere dal 27/1/2003, con un’anzianità di anni 30, mesi 1 e giorni 2, inferiore a quella prescritta dal regime pensionistico di riferimento per la maturazione del diritto a pensione. (legge 449/1997, ovvero art. 6 del D. Lgs. 165/1997 come modificato dall’art. 59, comma 12 della stessa legge n. 449).
Tuttavia allo stesso è stato inizialmente conferito trattamento pensionistico sulla base dell’art. 1, comma 32 della legge n. 335/1995 (“Le previgenti disposizioni in materia di requisiti di accesso e di decorrenza dei trattamenti pensionistici di anzianità continuano a trovare applicazione: nei casi di cessazione dal servizio per invalidità derivanti o meno da cause di servizio”) e in considerazione del fatto che nei confronti del ricorrente il Ministero della Difesa aveva emesso decreto di collocamento in congedo assoluto per infermità.
Sennonché, in seguito alla sentenza penale di condanna intervenuta l’11/2/2004, l’Amministrazione ha applicato la sanzione della perdita di grado e rimozione per motivi disciplinari, alla quale ha fatto seguito la sospensione del trattamento pensionistico, perché, dovendosi ritenere il ricorrente cessato per motivi disciplinari, non sarebbe stata più applicabile, ai fini dell’anzianità minima richiesta per la cessazione dal servizio, la disposizione di cui all’art. 1, comma 32 della legge n. 335/1995, bensì la normativa del nuovo regime pensionistico, in riferimento alla quale l’interessato non possedeva né l’anzianità di servizio né quella anagrafica prescritte dalla legge per il conseguimento del diritto a pensione (art. 6, comma 1 del D.Lgs. n. 165/1997 e art. 59, comma 12 lett. b), della legge n. 449/1997).
Con la richiamata sentenza n. 268/2008, questa Sezione ha respinto la domanda di pensione perché, come ritenuto dall’Amministrazione, a seguito del provvedimento disciplinare della perdita di grado (sul quale ovviamente la Corte dei conti non ha giurisdizione), il ricorrente doveva, per effetto dell’art. 37 della legge 31 luglio 1954 n. 599 (“Qualora il procedimento si concluda con una sentenza o con un giudizio di Commissione di disciplina che importi la perdita del grado, la cessazione del sottufficiale dal servizio permanente si considera avvenuta, ad ogni effetto, per tale causa e con la medesima decorrenza con la quale era stata disposta.”), ritenersi cessato dal servizio per perdita di grado e, come tale, non poteva usufruire, ai fini dell’anzianità necessaria per il conseguimento del diritto a pensione, della normativa di favore, prevista per i soggetti cessati dal servizio per invalidità, di cui all’art. 1, comma 32, della legge 335/1995.
Tanto premesso, il ricorso in esame ripropone nuovamente la domanda di riconoscimento del diritto a pensione del ricorrente con un profilo di diversificazione rispetto alla precedente, rappresentato dalla decorrenza della pensione, nel senso che l’interessato chiede la liquidazione del trattamento di quiescenza non a decorrere dalla data di cessazione dal servizio (2003), ma a decorrere dal 2010, ritenendo che la sentenza già emessa sia preclusiva del conferimento della pensione limitatamente al periodo anteriore alla data del provvedimento di reintegrazione nel grado, intervenuto il 22/4/2010.
Orbene, ad avviso di questo giudice, la valutazione della sussistenza dei presupposti di fatto e di diritto richiesti dalla legge per il riconoscimento del diritto a pensione non può che essere effettuata con riferimento alla data di cessazione dal servizio (2003) dell’interessato, valutazione, questa, già operata in senso negativo con la sentenza n. 268/2008.
Per quanto riguarda il decreto n….. in data 22/4/2010 del Ministero della Difesa di reintegrazione nel grado di Maresciallo, si osserva che detto provvedimento non ha determinato alcun cambiamento nella situazione di fatto e di diritto rilevante ai fini della qualificazione della causa di cessazione dal servizio del ricorrente. L’Amministrazione, infatti, nel disporre detta integrazione ha espressamente statuito che il provvedimento di reintegrazione “non importa la revoca del decreto ministeriale n. …/III-//2004 del 24/12/2004 di “perdita di grado”.
Né il provvedimento disciplinare della perdita di grado risulta essere stato annullato nel giudizio amministrativo proposto dall’interessato davanti al TAR, giudizio, questo, ancora pendente, secondo quanto dichiarato dal difensore del ricorrente nella camera di consiglio del 28/9/2011.
Per le considerazioni svolte la domanda di conferimento della pensione a decorrere dal 22/4/2010 non può essere accolta.
Quanto alle spese, questo giudice ritiene che, stante la complessità della fattispecie, sussistano i presupposti di cui all’art. 92 c.p.c., per procedere alla compensazione delle stesse.

P.Q.M.
La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale regionale per la Liguria, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando
RESPINGE
Il ricorso n. 19052, proposto da OMISSIS .
Spese compensate
Visto l’art. 429 c.p.c nel testo risultante dall’art. 53, c. 2, del D.L. 25 giugno 2008 n. 112, convertito nella legge 6 agosto 2008 n. 133, il giudice contestualmente alla lettura del dispositivo, deposita la sentenza.
Così deciso in Genova il 10 gennaio 2012.
IL GIUDICE
(Maria Riolo)
Depositata in udienza il 10/1/2012
Il Segretario
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