Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Sezione: LOMBARDIA
Esito: SENTENZA
Numero: 108
Anno: 2018
Materia: PENSIONI
Data pubblicazione: 17/05/2018
SENT. N. 108/2018
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA LOMBARDIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Primo Referendario dott.ssa Giuseppina Veccia,
all'udienza pubblica del 20 marzo 2018,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio di pensione, iscritto al n.28469 promosso da C. G. (C.F.Omissis),
nata a Omissis (BA) il Omissis e residente in Lodi (MI) alla Omissis
contro
- MINISTERO DELLA DIFESA – DIPARTIMENTO MILITARE DI MEDICINA
LEGALE DI MILANO – in persona del Direttore pro tempore;
- ISTITUTO NAZIONALE PREVIDENZA SOCIALE – sede territoriale di Lodi,
in persona del Dirigente pro tempore;
per
- l’accertamento del diritto alla concessione della pensione privilegiata da
durare a vita dalla data di congedo ai sensi e per gli effetti dell'art 67, D.P.R.
n. 1092/1973;
VISTI i documenti e gli atti di causa,
Premesso in
FATTO
Con il ricorso in esame la sig.ra C. G., già dipendente della Guardia di
Finanza, posta in congedo assoluto dalla C.M.O. 1^ di Milano con verbale
Mod. BL/B_N n.523 del 31 marzo 2014 per infermità riconosciuta dipendente
da causa di servizio con parere del Ministero Economia e Finanze/DCSTProt.
n. 0124824/2014 del 07/08/2014, ha rinunciato alla facoltà di transitare
agli impieghi civili ex art. 923, comma 1, lettera m-bis, D. Lgs. n.66/2010 e
optato per la concessione della pensione privilegiata ordinaria che le è stata
concessa sotto forma di assegno rinnovabile per quattro annualità, di 5^
categoria Tab. “A” dalla C.M.O. 1^ di Milano, con verbale Mod. BL/B_N
n.2129 del 18 dicembre 2014 che confermava quanto già riportato nel verbale
di riforma del 31 marzo 2014.
Riferisce la sig.ra C. G. nel suo ricorso introduttivo che, a fronte di apposita
istanza di concessione di assegno rinnovabile privilegiato, presentata alla
sede territoriale dell'INPS di Lodi, le veniva liquidato, per contro, una
pensione di inabilità assoluta, ex art. 2, comma 12, Legge n.335/1995.
Previo esperimento di ricorso al Comitato di Vigilanza della Gestione INPS in
data 7 ottobre 2015, rimasto senza riscontro, l'interessata ha, dunque, adìto
questa Corte per ottenere il riconoscimento di una pensione privilegiata
ordinaria vitalizia, con migliore classifica tabellare in luogo della assegnata 5^
categoria Tab. “A” annessa al D.P.R. 30 dicembre 1981, n.384, nonché un
diverso ammontare del trattamento pensionistico rispetto a quanto liquidatole
dall'Ufficio INPS di Lodi in applicazione dell'art. 2, comma 12, legge 335/1995
che - si evidenzia nel ricorso - oltre ad applicare una disciplina del tutto
inconferente alla propria fattispecie - l'avrebbe privata dei benefici di cui agli
art. 117 e 120, R.D. n. 3458/1928 e dell'aumento di cui all'art 3, comma 7, D.
Lgs., n. 165/1997, dei quali chiede, invece, il riconoscimento.
Con memoria depositata all'udienza del 3 maggio 2016, si è costituito l'INPS
rappresentando che con atto n. LO012015826525 del 06/08/2015, notificato
all’interessata in data 6/10/2015, l’Istituto ha conferito a parte ricorrente, per
l’infermità “Reazione ansioso depressiva” ascritta alla Tab. A – 5^ cgtsuscettibile
di miglioramento – la pensione diretta di privilegio di 5^ cgt.,
calcolata in un sistema contributivo con le modalità di calcolo di cui all’art.9
del D.M. n. 187/1997, sotto forma di assegno di quattro anni rinnovabile.
L'istituto ha, in breve, ribadito la correttezza del proprio operare, vincolato al
parere espresso dalla Commissione Medica Ospedaliera n. 523 del
31/03/2014.
Con ordinanza n. 44/2016, questa Sezione conferiva incarico all’Ufficio
Medico Legale del Ministero della Salute – Dir. Gen. Prestazioni sanitarie e
medico -legali - perché quest’ultimo si pronunciasse, previo esame della
documentazione agli atti e visita diretta dell’interessata, sulla patologia
sofferta dalla ricorrente e sulla corretta ascrizione di detta patologia alle
categorie di cui alla tab. "A” annessa al D.P.R. 30 dicembre 1981, n.384.
In data 21 settembre 2016 perveniva a questa Sezione nota-segnalazione,
della ricorrente indirizzata altresì al Ministero della Salute - Ufficio Medico
Legale e, per conoscenza, al Ministro del predetto Dicastero, al Ministro della
Difesa ed all'Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri, con la quale la
ricorrente lamentava il non corretto svolgimento delle operazioni peritali e la
mancata condizione di terzietà con riguardo ad uno dei componenti il Collegio
medico - legale all'uopo costituitosi presso l'UML del Ministero della Salute.
Con ordinanza n.137/2016, questo Giudice delle pensioni disponeva il rinnovo
dell'accertamento istruttorio di cui alla citata ordinanza n.44/2016
incaricandone la “Fondazione IRCCS Cà Granda Ospedale Maggiore
Policlinico”.
La struttura incaricata comunicava, con nota a mezzo PEC del 22 dicembre
2016, la composizione del Collegio medico-legale all'uopo predisposto, nelle
persone del dott. Gianluigi Maria Tacchini - Vice Direttore del Dipartimento di
Neuroscienze e salute mentale della Fondazione stessa e della dott.ssa
Ombretta Campari, iscritta all'albo dei consulenti medici legali del Tribunale di
Milano ed in rapporto di convenzione con la Fondazione.
All'udienza del 7 febbraio 2017 i componenti il Collegio medico-legale
accettavano l'incarico, prestavano giuramento nelle formule dell'art. 193 c.p.c
rilasciando dichiarazione di insussistenza di cause di incompatibilità ed
indicavano l'inizio delle operazioni peritali alla data del 22 febbraio 2017.
La struttura tecnica incaricata depositava in data 18 ottobre 2017 la richiesta
relazione dalla quale risulta che la sig.ra C. G. è affetta da "Disturbo
dell'Adattamento Cronico con Ansia e Umore depresso Misti (codice F43.22
secondo ICD9, codice 309.28 secondo DSM-IV-TR)", patologia ritenuta, per
natura ed entità, ascrivibile alla Categoria IV della Tabella A annessa al
D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 384.
Unitamente al parere i Componenti del Collegio medico-legale incaricato -
dott. Tacchini e dott.ssa Campari - depositavano altresì istanza di liquidazione
del proprio compenso.
Con memoria depositata in data 19 ottobre 2017, la ricorrente aderiva
all’accertamento dell'infermità sofferta ed alla classificazione di cui alla citata
relazione tecnica prodotta dalla Fondazione ICCRS Cà Granda, Ospedale
Maggiore Policlinico di Milano e formulava le proprie conclusioni, confermate
nella successiva memoria del 19 febbraio 2018, circa le modalità di
liquidazione del trattamento pensionistico invocato.
Con sentenza-ordinanza n.173/2017, questo Giudice Unico delle pensioni,
non definitivamente pronunciando, ha accolto la domanda di riconoscimento
di trattamento pensionistico privilegiato a vita di IV cat. tab. "A" in favore della
ricorrente C. G. ed ha ordinato all’INPS di depositare prospetto di calcolo e
relazione esplicativa del trattamento pensionistico privilegiato spettante alla
ricorrente, assegnando altresì termine alla parte ricorrente per il deposito di
eventuale memoria integrativa di replica e con precisazione delle conclusioni.
L’INPS ha depositato la predetta relazione in data 12 febbraio 2018.
Parte ricorrente ha depositato memoria conclusiva e di controdeduzione in
data 19 febbraio 2018 - ulteriormente sostenuta con le argomentazioni
formulate nella nota depositata il giorno 9 marzo 2018 - nella quale ha
chiesto che le siano riconosciuti i seguenti emolumenti:
1) P.P.O. da durare a vita di IV" CTG. Tab. “A” giuridicamente dalla data del
congedo del 31 marzo 2014 per “Disturbo dell’Adattamento Cronico con
Ansia e Umore depresso Misti” (codice ICD9 F43.22, codice DSM-IV-TR
309.28), calcolata sul parametro previsto per il grado di Appuntato, a mente
dell’art. 67, commi 1" e 2" e dell’art. 53 su base percentualistica con regime
retributivo, con decorrenza economica 29 marzo 2015;
2) il diritto a che i sei scatti paga vengano incrementati del 18% in quanto si
tratterebbe di emolumento avente natura stipendiale, “che, oltre ad essere
incluso nella base pensionabile deve altresì beneficiare dell’aumento del
18%”;
3) diritto a che i benefici stipendiali ai sensi degli articoli 117 e 120 del Regio
Decreto n.3458/1928 siano inseriti anche nel calcolo dei sei scatti paga per
l’incremento del 15% ai fini della liquidazione del trattamento complessivo di
pensione;
4) il diritto di cui all’art.21 della Legge 3 agosto 1961, n. 833, ovvero una
indennità speciale annua lorda non riversibile di lire cinquantamila (€ 25,82);
5) il diritto al riconoscimento del beneficio, di cui all'art. 3, comma 7, D. Lgs.
n.165/1997;
6) il diritto alla corresponsione a far data dal 29 marzo 2015, degli arretrati e
della maggior somma tra gli interessi e la rivalutazione monetaria ex art. 429
c.p.c.;
7) la refusione delle spese documentate pari ad euro 2.500,00 e delle
competenze di lite, da determinare in modo forfettario, “tenendo conto del
complessivo comportamento dell’INPS, anche quale responsabilità aggravata
per lite temeraria per malafede ai sensi dell’art. 96, comma 3, c.p.c. così
come modificato e integrato dall’art. 45 della legge n. 69 del 2009”.
All’udienza del 20 marzo 2018 la causa è stata discussa ed è passata in
decisione.
Al termine dell’udienza pubblica e della camera di consiglio il giudice ha dato
lettura del dispositivo e delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento
della decisione, ai sensi dell’art.167 del c.g.c.
Ritenuto in
DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di seguito indicati.
In ordine alla prima pretesa della ricorrente, già oggetto della sentenzaordinanza
n.173/2017 di questa Sezione giurisdizionale, è riconosciuto
il diritto alla pensione privilegiata ordinaria a vita di 4^ ctg. Tab "A" annessa al
D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 384 per l’infermità “Disturbo dell'Adattamento
Cronico con Ansia e Umore depresso Misti” quale indicata nella relazione
psichiatrica del dott. Favaretti riportata a stralcio nell’istanza - prodotta su
carta intestata Guardia di Finanza Compagnia Lodi, a firma diretta della
stessa e prot. G.di F del 9 aprile 2014 - ai fini di una migliore ascrivibilità a
categoria tabellare rispetto a quanto indicato nel verbale della C.M.O. 1" di
Milano , Mod. BL/B_N n.523 del 31 marzo 2014.
Sempre con riguardo alla prima pretesa, atteso che la ricorrente si è arruolata
in data 4 ottobre 2004 ed è stata posta in congedo assoluto dalla C.M.O. 1^
di Milano con verbale del 31 marzo 2014, il trattamento pensionistico deve
essere calcolato secondo il regime interamente contributivo di cui alla legge
n.335/95, non potendo trovare applicazione nel caso concreto, le fattispecie
previste rispettivamente al comma 12 (c.d. sistema misto) ed al comma 13
(c.d. sistema interamente retributivo) di cui all’art.1 della citata L. n.335/95.
Né, come vorrebbe la ricorrente, le pensioni privilegiate ordinarie sono
sottratte all’applicazione della predetta riforma pensionistica. In tal senso
conforme è la giurisprudenza di questa Corte (cfr., ex multis, Sez. Lombardia
n.95/2017).
Circa le modalità di calcolo, in assenza di espressa previsione legislativa che
disciplini, nell’ambito del regime contributivo, il trattamento pensionistico
privilegiato dei dipendenti privi di anzianità assicurativa e assunti dopo il 31
dicembre 1995, si ritiene corretto far riferimento, ai soli fini delle modalità di
calcolo, alle norme in materia di pensione di inabilità di cui alla legge n.222/84
e ss. mm, comprese le più favorevoli integrazioni recate dalla legge n.335/95.
L’applicazione del sistema interamente contributivo assorbe la trattazione
dell’ulteriore pretesa volta a dar rilievo, ai fini della determinazione del
trattamento pensionistico, all’intervenuta nomina della ricorrente, in data
successiva al congedo, al grado di “appuntato” ed al corrispondente
trattamento stipendiale del quale, peraltro, non risulta mai provata l’effettiva
attribuzione in favore della medesima ricorrente.
Le medesime ragioni – di assoggettamento al regime contributivo - portano
all’assorbimento della domanda di applicazione del beneficio di cui all'art. 4,
del Dlgs 165/1997 attribuito al personale delle Forze Armate e delle forze di
polizia ad ordinamento militare o civile (attribuzione di sei aumenti periodici in
aggiunta alla base pensionabile) che, nel caso di specie, opera quale mero
incremento figurativo pari al 15% dello stipendio su cui applicare la misura
ordinaria della contribuzione.
Circa le richieste ex artt.117 e 120 del R.D. n.3458/1928 ed ex art.21 della L.
n.833/1961, il diritto a detti benefici, spettanti alla ricorrente, è stato
riconosciuto nel corso del presente giudizio dall’Amministrazione resistente
(Pag.10 memoria INPS depositata il 12 febbraio 2018).
Con riguardo alla richiesta del beneficio di cui all’art.3, comma 7, D.lgs.
n.165/1997, il ricorso non merita accoglimento, avuto riguardo alla disciplina
normativa dell’ausiliaria, non applicabile al caso di specie.
Sul punto si richiama quanto statuito, su
analoga fattispecie, con sentenza n.99/2018 di questa Sezione la cui
motivazione, per la parte qui di interesse, è di seguito riportata.
“Ai fini di un corretto inquadramento normativo della questione posta qui
all’esame, giova premettere che la previsione di cui si invoca l’applicazione si
inserisce nel decreto legislativo intitolato “Attuazione delle deleghe conferite
dall’art. 2 comma 23 della legge 8° agosto 1995 n. 335 e dall’art. 1, commi 97
lett. g) e 99 della legge 23.12.1996 n. 662, in materia di armonizzazione al
regime previdenziale generale dei trattamenti pensionistici del personale
militare, delle Forze di Polizia e del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco,
nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego” il cui
articolo 1 prevede: “1.Le disposizioni di cui al presente titolo armonizzano ai
princìpi ispiratori della legge 8 agosto 1995, n. 335, il trattamento
pensionistico del personale militare delle Forze armate, compresa l'Arma dei
carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, nonché del personale delle
Forze di polizia ad ordinamento civile e del Corpo nazionale dei vigili del
fuoco”.
All’articolo 3, comma 7, come modificato dall’art.10, comma 2, D.lgs.
n.94/2017, il medesimo testo normativo stabilisce che:“Per il personale di cui
all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal
servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall'ordinamento di
appartenenza e per il personale militare che non sia in possesso dei requisiti
psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui
trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema
contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, il montante individuale dei
contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base
imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo
della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare
e per il personale delle Forze armate il predetto incremento opera in
alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato.”.
Ora, mentre non vi è alcun dubbio che con il primo periodo il legislatore abbia
inteso compensare il personale escluso dall’istituto dell’ausiliaria (Forze di
polizia ad ordinamento “civile”) accordando ad esso il beneficio in questione
al raggiungimento dei limiti di età previsti dai rispettivi ordinamenti, non
altrettanto piana è la lettura del secondo periodo con il quale, nella pretesa
del ricorrente, il legislatore avrebbe attribuito il beneficio del montante
contributivo altresì a tutto il personale militare che, indipendentemente dal
raggiungimento dei limiti di età, non sia in possesso dei requisiti psico-fisici
per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria ed il cui trattamento di
pensione sia liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla
L. n.335/95.
Siffatta interpretazione, pure sostenuta da alcune pronunce di questa Corte
richiamate da parte ricorrente, non è, tuttavia, condivisibile alla luce di una
lettura sistematica della norma in questione, all’interno della disciplina
dell’ausiliaria quale, ora, dettata dal Codice dell’ordinamento militare, d.lgs.
n.66/2010.
Prevede, infatti, l’art.992 (Collocamento in ausiliaria), al comma 1, che “Il
collocamento in ausiliaria del personale militare avviene esclusivamente a
seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età previsto
per il grado rivestito o a domanda, ai sensi dell'articolo 909, comma 4.”
L’art. 995 (Cessazione dell'ausiliaria) prevede che, al termine del periodo
di cinque anni, il militare è collocato nella riserva o in congedo assoluto, a
seconda dell'età e della idoneità. La cessazione, tuttavia, può essere anche
anticipata, per il personale che non accetta l'impiego o revoca l'accettazione
degli impieghi assegnati per due volte (comma 1) ovvero per motivi di salute,
come espressamente previsto dal comma 4 dello stesso art.995 che così
dispone: “4. Il militare in ausiliaria può essere collocato nella riserva, anche
prima dello scadere del periodo anzidetto, per motivi di salute, previ
accertamenti sanitari.”
Inoltre l’art. 996 (Transito in ausiliaria dalla riserva) prevede: ”1. Il militare che,
all'atto della cessazione dal servizio permanente per raggiunto limite di età, è
stato collocato nella riserva perché non idoneo ai servizi dell'ausiliaria, se
entro il periodo di tempo indicato dall'articolo 992 riacquista l'idoneità ai
servizi dell'ausiliaria, può, a domanda, essere iscritto in tale categoria.
2. Il periodo trascorso dall'ufficiale nella riserva è computato ai fini della
durata massima di permanenza nell'ausiliaria.”
Le norme appena citate, dunque, consentono di fornire una lettura logica e
coerente della concessione del beneficio in parola, all’interno dell’istituto
dell’ausiliaria, in armonia con la ratio dell’istituto e con i motivi di un
trattamento economico particolare.
Prevede, infatti l’art. 1864 (Trattamento di quiescenza del personale in
ausiliaria): ”1. Per il personale la cui pensione è liquidata in tutto o in parte
con il sistema contributivo, il trattamento pensionistico da attribuire all'atto del
collocamento in ausiliaria viene determinato applicando il coefficiente di
trasformazione indicato nella tabella A allegata alla legge 8 agosto 1995, n.
335, come periodicamente rideterminato ai sensi dell'articolo 1, comma 11
della stessa legge. Al termine del periodo di permanenza in tale posizione, il
trattamento pensionistico viene rideterminato applicando il coefficiente di
trasformazione corrispondente all'età di cessazione dall'ausiliaria.”
Ed il successivo art. 1865 (Trattamento di quiescenza del personale
alternativo all'istituto dell'ausiliaria ) così dispone: ”1.Per il personale militare
si applica l'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165.”
In conclusione, il collocamento in ausiliaria consente a chi ha raggiunto i limiti
di età per il servizio attivo di essere iscritto negli appositi ruoli dell'ausiliaria,
da pubblicare annualmente nella Gazzetta Ufficiale, dando modo alle
pubbliche amministrazioni statali e territoriali, limitatamente alla copertura
delle forze in organico, di avanzare formale richiesta al competente Ministero
per l'utilizzo del suddetto personale, nell'ambito della provincia di residenza e
in incarichi adeguati al ruolo e al grado rivestito.
Ed a fronte di tale disponibilità manifestata con apposita dichiarazione scritta,
il personale collocato in ausiliaria ha diritto alla corresponsione dell'apposita
indennità.
Ove non è possibile corrispondere tale indennità o perché trattasi di
dipendenti per i quali l’ordinamento non prevede l’ausiliaria, o perché, pur
essendo prevista, il dipendente non abbia i requisiti psico-fisici per accedervi
o permanervi, il legislatore ha previsto, a compensazione, il beneficio del
montante contributivo di cui all’art.3, comma 7, del d.lgs. n.165/97.
Ma, come prima esposto, tale compensazione, per il personale militare, non
può riguardare dipendenti del tutto esclusi dall’istituto dell’ausiliaria, per non
avere raggiunto i limiti di età ma solo coloro che, pur avendovi - sotto tale
profilo - diritto, non hanno potuto accedervi, come nell’ipotesi disciplinata
all’art.996 (“Il militare che, all'atto della cessazione dal servizio permanente
per raggiunto limite di età, è stato collocato nella riserva perché non idoneo ai
servizi dell'ausiliaria….”) o permanervi, come nell’ipotesi di cui al citato
art.995, comma 4 (“Il militare in ausiliaria può essere collocato nella riserva,
anche prima dello scadere del periodo anzidetto, per motivi di salute, previ
accertamenti sanitari.”).
Esclusivamente a tali categorie, dunque, nell’ambito del personale ad
ordinamento militare, il legislatore ha inteso rivolgersi con l’attribuzione del
beneficio in parola.
Un’applicazione oltremodo estensiva come quella voluta dal ricorrente,
sarebbe oltre che sperequativa rispetto al personale delle forze dell’ordine ad
ordinamento civile che, invece può godere di tale beneficio solo al
raggiungimento dei limiti di età, altresì irrazionale, perché andrebbe a
cumulare detto beneficio con i particolari trattamenti pensionistici già previsti a
favore di coloro che cessano anticipatamente dal servizio per inidoneità
dipendente o meno da causa di servizio.
In una parola, il beneficio di cui all’art.3, comma 7, non è stato voluto dal
legislatore per indennizzare coloro che, nell’ambito del personale militare, non
hanno potuto fruire dell’ausiliaria perché cessati dal servizio prima del
raggiungimento dei limiti di età, bensì coloro che pur avendone diritto, non
hanno potuto, per motivi di salute, rientravi e percepire la corrispondente
indennità.”
Pertanto, per quanto sopra esposto, non può trovare applicazione al caso di
specie - in cui la ricorrente è cessata dal servizio senza aver raggiunto i limiti
di età previsti per il collocamento in ausiliaria - il beneficio dell'articolo 3,
comma 7 del D.Lvo 30 aprile 1997, n° 165.
In conclusione, il ricorso è parzialmente accolto nei termini fin qui esposti.
Sul trattamento pensionistico privilegiato, da attribuirsi alla ricorrente dalla
data della domanda - 9 aprile 2014 - adeguato agli indici ISTAT secondo
legge, spettano altresì gli interessi legali e la rivalutazione monetaria ex art.
429 c.p.c., da calcolarsi dalla scadenza dei singoli ratei fino al soddisfo,
secondo i criteri di cumulo parziale indicati nelle decisioni n. 10/Q.M./2002 e
n. 6/Q.M./2008 delle Sezioni Riunite della Corte dei conti (cfr., ex multis,
Corte conti, Prima Sezione Giurisdizionale Centrale d’Appello, n. 63/2017).
Si dà obbligo all’Amministrazione competente di provvedere alla liquidazione
del trattamento pensionistico nei termini sopra precisati.
Per la particolarità delle circostanze lavorative - come rappresentate dalla
medesima ricorrente (cfr. in particolare all.7 al ricorso introduttivo) - che
hanno dato causa - come riconosciuto dal parere reso in sede di riesame dal
Comitato di verifica delle cause di servizio nell’adunanza n.216/2014 del
14.07.2014 (all.19 del ricorso introduttivo) - all’infermità - la cui gravità è stata
accertata con parere reso dalla Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale
Maggiore Policlinico di Milano in data 18 ottobre 2017 - per la quale è stato
conferito alla ricorrente trattamento pensionistico privilegiato a carico dello
Stato, si dispone, a cura della Segreteria, la trasmissione della presente
sentenza alla Procura regionale presso questa Sezione giurisdizionale per la
valutazione di eventuali profili di responsabilità amministrativa a carico
dell’Amministrazione di appartenenza.
Non vi è luogo a provvedere sulle spese di giudizio, in relazione al principio di
gratuità posto, per le cause previdenziali, dall’art. 10 della legge 11 agosto
1973, n. 533; principio al quale la giurisprudenza di questa Corte attribuisce
carattere di generalità (ex multis, Corte dei Conti, Sez. I d’App., sent. n. 76 del
10.2.2016).
Riguardo, invece, alle spese legali, tenuto conto dell’esito di parziale
accoglimento del ricorso e non sussistendo alcuna ipotesi di “responsabilità
aggravata per lite temeraria per malafede ai sensi dell’art. 96, comma 3,
c.p.c.” a carico dell’INPS, ravvisata dalla ricorrente, si dispone la
compensazione delle spese.
Resta definitivamente a carico del Ministero della Difesa il compenso per le
operazioni peritali espletate dalla Fondazione IRCCS Ca' Granda Ospedale
Maggiore Policlinico di Milano, nelle persone del dott. Gianluigi Maria Tacchini
e della dott.ssa Ombretta Campari, come provvisoriamente disposto con la
sentenza-ordinanza di questa Sezione n.173/2017.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia, in
funzione monocratica con funzione di Giudice Unico delle Pensioni,
definitivamente pronunciando, disattesa ogni contraria istanza, eccezione e
deduzione,
ACCOGLIE PARZIALMENTE
Il ricorso proposto da C. G. ed iscritto al n. 28469 del Registro di Segreteria e,
per l’effetto:
- è riconosciuto il diritto della ricorrente al godimento di pensione privilegiata
ordinaria vitalizia di IV categoria, tab.”A”, dalla data della domanda;
- il trattamento pensionistico è corrisposto ai sensi della L.n.335/95;
- sono riconosciuti i benefici stipendiali ex artt.117-120 R.D. n.3458/28 e
l’indennità speciale annua lorda ex art.21, L.833/61.
- non è riconosciuto il beneficio ex art.3, co.7, D.lgs.165/97 per le ragioni
esposte in motivazione;
- si intendono assorbite le altre domande.
Spese compensate in ragione del parziale accoglimento del ricorso.
Si fissa in 60 giorni il termine per il deposito della sentenza.
Si dispone la trasmissione della presente sentenza alla Procura erariale per
eventuali profili di responsabilità amministrativa a carico dell’Amministrazione
di appartenenza.
Si dispone sia apposta dicitura ex art.52 D.lgs. 196/2003.
Manda alla Segreteria della Sezione per gli ulteriori adempimenti.
Così deciso in Milano, nella camera di consiglio, all’esito della pubblica
udienza del 20 marzo 2018.
IL GIUDICE
Giuseppina Veccia
Deposito in Segreteria il 17/05/2018


mimmone

Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da mimmone »

Salve gentilemente qualcuno sei fa delucidazioni in merito:da gennaio ca sn titolare di ppo sesta catega vita .nel verbale cmo e quindi anche nella.richiest di ppo ho incluso una b che avevo riconosciuta x due anni.domanda mi dovevano pagare anche la.b a parte della priv. X due anni ?o e'giusto come da determina dell insp solo.la.priiviliguata di sest?grazie
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antoniomlg
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da antoniomlg »

mimmone ha scritto:Salve gentilemente qualcuno sei fa delucidazioni in merito:da gennaio ca sn titolare di ppo sesta catega vita .nel verbale cmo e quindi anche nella.richiest di ppo ho incluso una b che avevo riconosciuta x due anni.domanda mi dovevano pagare anche la.b a parte della priv. X due anni ?o e'giusto come da determina dell insp solo.la.priiviliguata di sest?grazie
in teoria così come è posta la domanda ti spetta la PPo a vita di 6^ categoria,
più il cumulo per 2 anni della tabella B, (la quale equivale alla 8^ categoria).
-----
ho scritto in teoria in quanto il discorso è valido solo se la 6^ categoria cui dici di aver diritto
a vita , è un a6^ categoria piena( cioè autonoma), se invece alla 6^ categoria si è arrivati per
+cumulo di altre categorie,
allora in questo caso bisogna simulare un calcolo facendo il cumulo da capo.
-------------
preciso che ogni volta che si aggiunge una nuova categoria,
si deve fare il nuovo calcolo di cumulo
iniziando dalla più bassa.... ed aggiungendo alla fine la piu grave.
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angri62
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da angri62 »

antoniomlg ha scritto:
mimmone ha scritto:Salve gentilemente qualcuno sei fa delucidazioni in merito:da gennaio ca sn titolare di ppo sesta catega vita .nel verbale cmo e quindi anche nella.richiest di ppo ho incluso una b che avevo riconosciuta x due anni.domanda mi dovevano pagare anche la.b a parte della priv. X due anni ?o e'giusto come da determina dell insp solo.la.priiviliguata di sest?grazie
in teoria così come è posta la domanda ti spetta la PPo a vita di 6^ categoria,
più il cumulo per 2 anni della tabella B, (la quale equivale alla 8^ categoria).
-----
ho scritto in teoria in quanto il discorso è valido solo se la 6^ categoria cui dici di aver diritto
a vita , è un a6^ categoria piena( cioè autonoma), se invece alla 6^ categoria si è arrivati per
+cumulo di altre categorie,
allora in questo caso bisogna simulare un calcolo facendo il cumulo da capo.
-------------
preciso che ogni volta che si aggiunge una nuova categoria,
si deve fare il nuovo calcolo di cumulo
iniziando dalla più bassa.... ed aggiungendo alla fine la piu grave.
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===la categoria B credo non si cumula con le A è giusto che venga risarcita in annualità di un decimo come un ottava A
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da antoniomlg »

la tabella B per x annualità, corrisponde alla 8^ categoria per x annualità.
viene erogata in aggiunta alla ppo assegnata a vita solo se cumulando
alla categoria assegnata a vita una ulteriore tabella 8 (virtuale).
-----------
io personalmente ho una 3^ categoria (per cumulo) a vita
+ una tabella b per 2 annualità.
---------------
scomponendo il mio cumulo ed inserendo una ulteriore 8^ (virtuale)
rimango sempre ad una 3^ categoria per cumulo

quindi non spetta....
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da angri62 »

antoniomlg ha scritto:la tabella B per x annualità, corrisponde alla 8^ categoria per x annualità.
viene erogata in aggiunta alla ppo assegnata a vita solo se cumulando
alla categoria assegnata a vita una ulteriore tabella 8 (virtuale).
-----------
io personalmente ho una 3^ categoria (per cumulo) a vita
+ una tabella b per 2 annualità.
---------------
scomponendo il mio cumulo ed inserendo una ulteriore 8^ (virtuale)
rimango sempre ad una 3^ categoria per cumulo

quindi non spetta....
===la B non ti è stata cumulata per la categoria ma solo per il calcolo dell'indennizzo. (credo)
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da antoniomlg »

sabaglierò.....

eppure
sono stato alla sede inps di competenza e mi è stato spiegato cosi...

mi sono rivolto ad un avvocato specializzato ed ha confermato
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da gino59 »

antoniomlg ha scritto:sabaglierò.....

eppure
sono stato alla sede inps di competenza e mi è stato spiegato cosi...

mi sono rivolto ad un avvocato specializzato ed ha confermato
====================Per me la tab. "B" viene liquidata solo se si ha solo questa===============
https://www.pensionioggi.it/dizionario/ ... ivilegiata" onclick="window.open(this.href);return false;
mimmone

Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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angri62 ha scritto:
antoniomlg ha scritto:
mimmone ha scritto:Salve gentilemente qualcuno sei fa delucidazioni in merito:da gennaio ca sn titolare di ppo sesta catega vita .nel verbale cmo e quindi anche nella.richiest di ppo ho incluso una b che avevo riconosciuta x due anni.domanda mi dovevano pagare anche la.b a parte della priv. X due anni ?o e'giusto come da determina dell insp solo.la.priiviliguata di sest?grazie
in teoria così come è posta la domanda ti spetta la PPo a vita di 6^ categoria,
più il cumulo per 2 anni della tabella B, (la quale equivale alla 8^ categoria).
-----
ho scritto in teoria in quanto il discorso è valido solo se la 6^ categoria cui dici di aver diritto
a vita , è un a6^ categoria piena( cioè autonoma), se invece alla 6^ categoria si è arrivati per
+cumulo di altre categorie,
allora in questo caso bisogna simulare un calcolo facendo il cumulo da capo.
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preciso che ogni volta che si aggiunge una nuova categoria,
si deve fare il nuovo calcolo di cumulo
iniziando dalla più bassa.... ed aggiungendo alla fine la piu grave.
---------------------------
===la categoria B credo non si cumula con le A è giusto che venga risarcita in annualità di un decimo come un ottava A
Si avevo 2 settime e hanno cululato una sesta a vita pero'la.b e'per un mod c apparte e quando mi e arrivata la.ppo hanno fatto meta dell equendinnezzio e con gkinareetrati di due anni sn andato quasi pari..ma.la.b e 'scritta nella determina ma.nn pagata ..perche ad un collegha mi ha fattbvedere la sua determina e la.b gline stata pagata e tra parentisi vi era l.importo x tre anni ...io sn andato a inpdap a.far presente questo ma.nn mi hann ne detto si ne no ora vorrei fare ricorso ?anche se sn passati i due mesi da gennaio si puuo'fare ancora a.chi allamcorte deinconti?grazie
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da Highlander »

gino59 ha scritto:
antoniomlg ha scritto:sabaglierò.....

eppure
sono stato alla sede inps di competenza e mi è stato spiegato cosi...

mi sono rivolto ad un avvocato specializzato ed ha confermato
====================Per me la tab. "B" viene liquidata solo se si ha solo questa===============
https://www.pensionioggi.it/dizionario/ ... ivilegiata" onclick="window.open(this.href);return false;
Esatto. Viene assorbito dalla 6°. Nella nota amministrativa verrà scritto.
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da naturopata »

Errore incredibile dell'amministrazione.

Pubblicato il 26/06/2018
N. 01361/2018 REG.PROV.COLL.

N. 03516/1997 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia

sezione staccata di Catania (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3516 del 1997, proposto da Terebinto Angelo, rappresentato e difeso dagli avvocati Giovanni Monforte, Pietro Intilisano, domiciliato ex art. 25 c.p.a presso la Segreteria del Tar, in Catania, via Istituto Sacro Cuore n. 22;


contro

Comando Generale Guardia di Finanza, 12^ Legione Guardia di Finanza di Messina, in persona dei rispettivi legali rappresentanti pro tempore, rappresentati e difesi dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catania, domiciliata ex lege in Catania, via Vecchia Ognina, 149;


per l'annullamento

del provvedimento n. 22910/P del 17.3.1997 del Comandante della 12 ^ Legione della Guardia di Finanza con il quale vengono accettate le dimissioni del ricorrente, nonché del provvedimento n. 225851/P del 30.6.1997 del Capo Ufficio del 1^ reparto Ufficio Personale con il quale viene rigettata l’istanza per l'annullamento d'ufficio del provvedimento di collocamento a riposo.



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio del Comando Generale Guardia di Finanza e di 12^ Legione Guardia di Finanza di Messina;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nell'udienza smaltimento del giorno 10 maggio 2018 il dott. Francesco Mulieri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

1. - Con il ricorso in epigrafe, il Sig. Terebinto Angelo, in servizio 1 ottobre 1973 nel Corpo della Guardia di Finanza, esponeva che:

- in data 13 marzo 1997 interpellava l’ufficio pensioni della Legione della Guardia di Finanza di Messina chiedendo se sussistessero i requisiti per poter richiedere il collocamento a riposo con diritto a pensione;

- in pari data, ricevendo risposta positiva dal predetto ufficio, presentava la relativa domanda;

- dai conteggi effettuati dall’ufficio pensioni di Messina risultava un’anzianità di servizio effettiva di anni 23, mesi 5 e giorni 26 che, sommata ai mesi riscattati, gli conferiva un’anzianità utile pari ad anni 29, mesi 3 e giorni 26;

- a tale periodo l’ufficio pensioni aggiungeva il periodo di servizio militare prestato pari a mesi 3, giorni 20 e, pertanto, riteneva raggiunto il requisito minimo di anni 30 (approssimato per eccesso) di anzianità contributiva per il conseguimento del diritto a pensione;

- conseguentemente, il Comandante della 12^ Legione della Guardia di Finanza di Messina, con provvedimento n. 22910/P del 17 marzo 1997, accoglieva formalmente l’istanza di dimissioni con diritto a pensione del ricorrente che veniva, quindi, posto in congedo il 26 marzo 1997;

- passati due mesi senza ricevere la pensione, in data 26 maggio 1997, recatosi presso il Comando Legione della Guardia di Finanza di Messina, apprendeva che, per un errore commesso dall’ufficio pensioni nel calcolo dell’anzianità di servizio utile, per soli tre mesi di servizio mancanti, non avrebbe mai ricevuto il trattamento di pensione;

- presentava dunque immediatamente al predetto Comando un’istanza volta ad ottenere l’immediata riammissione in servizio per il periodo necessario ad ottenere l’anzianità di servizio utile per il diritto a pensione (circa tre mesi).

Seguiva il provvedimento n. 225851/P del 30 giugno 1996 del Comando Generale della Guardia di Finanza, con il quale “pur considerando la particolare situazione di disagio, si rappresentava che nessun intervento in suo favore era possibile in quanto: 1) l’istituto della riammissione in servizio di cui all’art. 68 del D.Lgt. 12 maggio 1995 n° 199 è applicabile ai soli militari del corpo in congedo che non abbiano superato il 35º anno di età; 2) allo stato non esistono altri strumenti giuridici che consentano il reincorporamento del sottufficiale”.

Del suddetto provvedimento nonché del sopra citato provvedimento n. 22910/P del 17 marzo 1997 (di accoglimento dell’istanza di dimissioni con diritto a pensione) il ricorrente chiedeva l’annullamento, previa sospensione degli effetti, per “Violazione di legge. Eccesso di potere; vizi del consenso. Difetto ed insufficiente motivazione. Errore scusabile”.

2. - Si costituiva in giudizio l’Amministrazione intimata.

3. - Con ordinanza del 28 luglio 1997 n. 2083 l’istanza cautelare del ricorrente veniva accolta “sino al maturare del periodo di servizio utile a consentire al ricorrente il trattamento economico di quiescenza”.

4. In vista dell’udienza di merito, l’Avvocatura dello Stato ha depositato documenti.

5. - All’udienza pubblica del 10 maggio 2018, il ricorso è stato trattenuto in decisione.

6. – Ciò premesso in punto di fatto, il Collegio rileva che, dalla documentazione depositata in data 26 marzo 2018 dalla difesa erariale, si evince che il ricorrente, in esecuzione dell’ordinanza cautelare n. 2083/1997, è stato riammesso in servizio ed è stato posto in congedo (in data 30 ottobre 1997) al raggiungimento della massima anzianità contributiva prevista per il diritto al trattamento di quiescenza.

Tale attività non costituisce espressione di un rinnovato apprezzamento della situazione del ricorrente ma è puramente esecutiva dell’ordinanza cautelare adottata da questo Tar e tale da non sopravvivere, perciò, alla decisione conclusiva del giudizio.

Ne consegue che non può essere dichiarata la cessazione della materia del contendere giacché l’adozione non spontanea dell’atto con cui l’Amministrazione ha dato esecuzione alla sospensiva non produce la revoca dei precedenti provvedimenti impugnati ed ha una rilevanza solo provvisoria, in attesa che la sentenza di merito accerti se il provvedimento sospeso sia o meno legittimo (cfr., da ultimo, TAR Catania, sez. I, 28/03/2018 n. 659).

7. - Il Collegio, pertanto, passa a verificare la legittimità dei provvedimenti impugnati in relazione ai quali ritiene di confermare quanto già statuito in sede cautelare sulla scorta della documentazione in atti (v. in particolare l’attestazione di servizio datata 22.07.1997 del periodo di servizio utile al ricorrente per il trattamento economico di quiescenza).

Ed infatti, nel caso di specie, non è contestato che:

1) il ricorrente ha presentato istanza di collocamento a riposo subordinandola espressamente al conseguimento del diritto alla pensione (istanza assunta al protocollo della Brigata Mediterranea di Milazzo al n. 442/P del 13 marzo 1997);

2) il Comando Brigata ha immediatamente con radiomessaggio n° 442/P comunicato alla 12^ Legione di Messina la presentazione della domanda di congedo con diritto a pensione a decorrere dal 27 marzo 1997;

3) in data 17 marzo 1997, il Comandante della 12^ Legione della Guardia di Finanza di Messina, con provvedimento n. 22910/P, ha disposto il collocamento in congedo con decorrenza 27 marzo 1997, specificando espressamente che la predetta nota prot. 22910/P costituiva accettazione formale della domanda di collocamento in congedo prodotta dall’interessato.

Ne consegue che, come dedotto dalla difesa di parte ricorrente, a seguito di tale comunicazione, nei confronti del ricorrente si è formata una legittima aspettativa al conseguimento della pensione.

Sul punto il Collegio ritiene di condividere l’indirizzo interpretativo, seguito dalla giurisprudenza amministrativa in casi analoghi, secondo cui “Una volta accertata la carenza del requisito del dipendente ad ottenere il trattamento pensionistico con i benefici combattentistici di cui alla l. 24 maggio 1970 n. 336, l’Amministrazione è tenuta ad annullare con effetto "ex tunc" il provvedimento di collocamento a riposo in accoglimento della domanda del dipendente stesso di riassunzione in servizio” (T.A.R. Lazio Sez. II, 11-01-1995, n. 34).

Deve pertanto essere rilevata la illegittimità sia del provvedimento della 12^ Legione della Guardia di Finanza di collocamento in congedo, senza previa valutazione dell'effettivo conseguimento del diritto a pensione, sia del seguente provvedimento del Comando Generale di diniego della riammissione in servizio i quali si pongono in contrasto coi principi in materia di pensioni (cfr. artt. 145 e 149 T.U. 29 dicembre 1973 n. 1092) che impongono all’Amministrazione l’accertamento tempestivo delle posizioni pensionistiche degli impiegati dello Stato allo scopo di accelerare la liquidazione del trattamento di quiescenza e, anzi, di renderlo contemporaneo al collocamento a riposo.

8. - Alla luce delle suesposte considerazioni, il ricorso deve essere accolto.

9. - Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia sezione staccata di Catania (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto annulla i provvedimenti impugnati.

Condanna la resistente Amministrazione al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente che si liquidano in € 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre accessori.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Catania nella camera di consiglio del giorno 10 maggio 2018 con l'intervento dei magistrati:




Daniele Burzichelli, Presidente

Dauno Trebastoni, Consigliere

Francesco Mulieri, Referendario, Estensore







L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Mulieri
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

Messaggio da naturopata »

Sezione: SEZIONI RIUNITE
Esito: SENTENZA
Numero: 21
Anno: 2018
Materia: PENSIONI
Data pubblicazione: 02/07/2018
Sentenza n. 21/2018/QM
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE
composta dai signori magistrati:
Mario PISCHEDDA Presidente
Tommaso BRANCATO Consigliere
Domenico GUZZI Consigliere
Elena TOMASSINI Consigliere relatore
Luisa de PETRIS Consigliere
Chiara VETRO Consigliere
Maria Rita MICCI Consigliere
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Nel giudizio iscritto al n. 602/SR/QM del registro di Segreteria delle Sezioni
Riunite, ai sensi degli artt. 11 e 114 e seguenti del codice di giustizia
contabile, promosso con ordinanza n. 013/2018 del 20 febbraio 2018,
depositata l'11 aprile 2018, della I Sezione giurisdizionale centrale d'Appello,
nell’ambito del giudizio n. 51891 del Ruolo Generale Appelli, proposto dal
Ministero della Difesa, avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale
regionale per il Friuli Venezia Giulia n. 2/2016, depositata il 19 gennaio 2016,
contro B., assistito e difeso dall' Avvocato Carlo Borello ed elettivamente
domiciliato presso il suo studio in Roma, via San Tommaso D'Aquino n. 116,
giusta procura speciale allegata alla memoria di costituzione nel presente
giudizio.
Vista l'ordinanza del Presidente della Corte dei conti con la quale è stata
determinata la composizione delle Sezioni Riunite;
Visti i decreti presidenziali n.42 del 20 aprile 2018,di composizione del
Collegio, n. 43 in data 23 aprile 2018, di fissazione dell'udienza en. 53, del 10
maggio 2018, di nomina del relatore;
Vista l'ordinanza n. 13/2018, depositata l'11 aprile 2018, della I Sezione
giurisdizionale centrale di Appello e tutti gli atti e documenti di causa;
Uditi, all'udienza del 6 giugno 2018, con l'assistenza della Segretaria, signora
Adele Mei, il relatore Consigliere Elena Tomassini, i dr. Alfredo Venditti e
Michele Grisolia per il Ministero della Difesa, l'Avv. Carlo Borello per il sig. B.
G. e il Vice Procuratore Generale Antongiulio Martina.
Ritenuto in
FATTO
Con l'ordinanza indicata in epigrafe la I Sezione giurisdizionale d'Appello di
questa Corte dei conti ha deferito a queste Sezioni Riunite la seguente
Questione di Massima:
“Se ai militari che hanno prestato servizio per conto dell'ONU in zone di
intervento, spettino, ai fini pensionistici, i benefici combattentistici di cui al
combinato disposto dell'articolo unico della legge n. 1746/1962, dell'art. 18 del
d.p.r. n. 1092 del 1973 e dell'art. 3 della legge 390/1950”.
La questione di massima è stata sollevata nel giudizio di appello, proposto dal
Ministero della Difesa, avverso la sentenza n. 2 del 2016 della Sezione
giurisdizionale regionale del Friuli Venezia Giulia.
Il Giudice di primo grado, in parziale accoglimento del ricorso del sig. B. G.,
ufficiale dell'Esercito in quiescenza, dopo aver declinato la propria
giurisdizione per quanto riguarda l'indennità di buonuscita, pure oggetto della
pretesa, in favore del Giudice amministrativo, ha dichiarato l’avvenuto
decorso del termine prescrizionale quinquennale dei ratei antecedenti il primo
atto interruttivo.
Nel merito, ha riconosciuto il diritto del ricorrente, ai fini pensionistici e
previdenziali, ai benefici combattentistici e, in particolare, alla
supervalutazione dei periodi di servizio svolti in missioni all'estero, per conto
dell'ONU, in zone d'intervento ricomprese nell'elenco allegato alle apposite
determinazioni dello Stato Maggiore della Difesa.
Per la decisione impugnata, l’interprete non può arbitrariamente restringere il
perimetro applicativo dell’art. unico della legge n. 1746 del 1962 ai soli
benefici stipendiali, in assenza di un’espressa previsione in tal senso.
Il Ministero della Difesa, con l’appello, ha denunciato, quali motivi di diritto,
l’erronea e falsa applicazione dell’art. unico della legge n. 1746 del 1962 e
dell’art. 18, comma 1, del d.P.R. n. 1092del 1973, nonché dell’art. 3 della
legge n. 390 del 1950. L’Amministrazione ha dedotto che le missioni svolte
per conto dell'ONU non possono essere valorizzate ai fini pensionistici, non
essendo qualificabili come “campagne di guerra”. Ha, quindi, chiesto la
riforma della decisione impugnata con il conseguente diniego dei benefici
richiesti.
Il Giudice di appello, con l’ordinanza di rimessione, ha dato atto dell’esistenza
di un contrasto orizzontale, sia in primo che in secondo grado, in analoghe
fattispecie.
Il remittente ha dedotto che per una parte della giurisprudenza (Sezione I
centr. App., sentenze nn. 552/2015 e 230/2016, Sez. Giur. Veneto n.
172/2016 Sezione giur. Puglia nn. 160 e 377 del 2016, sez. Emilia Romagna
n. 113 del 2016, Sez. Giur. Lazio n. 388 del 2014) il servizio prestato dai
militari impegnati per conto dell'ONU in zone di intervento non è meritevole
dei predetti benefici, perché la legge n. 390 del 1950 individua tassativamente
il periodo temporale di svolgimento delle campagne di guerra (11 giugno
1940-8 maggio 1945), oltre ad indicare le modalità del relativo computo.
Secondo la richiamata giurisprudenza, sotto altro profilo, il servizio prestato
per conto dell'ONU non sarebbe, neppure, ontologicamente assimilabile alle
“campagne di guerra”, trattandosi di missioni “di pace”. Per il riconoscimento
del computo delle campagne di guerra ai fini dei benefici pensionistici,
dunque, occorrerebbe il riconoscimento formale da parte del Ministero della
Difesa, con iscrizione nei documenti caratteristici dei militari, che, quindi,
presupporrebbe obbligatoriamente la sussistenza dello “stato di guerra”,
formalmente dichiarato ai sensi della Carta costituzionale.
Per altra parte della giurisprudenza, definita maggioritaria dalla Sezione
remittente, il chiaro disposto della legge 11 dicembre 1962, n. 1746, invece,
consente l’equiparazione del servizio prestato dal militare “in zone di
intervento per conto dell'ONU” al servizio di guerra; per effetto dell’estensione
operata dalla legge n. 1746 del 1962, dunque, i benefici combattentistici di
ogni natura (non solo stipendiali, ma anche pensionistici) spettano al
personale in questione (Sezione I Centr. App., n. 845 del 2013, Sez. Giur.
Piemonte, n. 234/2009, Sez. Giur. Sardegna, n. 325 del 2015, Sez. Giur.
Puglia n. 456/2015, Sez. Giur. Emilia Romagna n. 78 del 2015, sez. Giur.
Valle d'Aosta n. 1 del 2010, sez. Giur. Friuli Venezia Giulia n. 242/2011).
L’ordinanza ha dato anche atto dell'intervento, nel periodo intercorso tra il
deposito della sentenza di primo grado e l'impugnazione, della sentenza della
Corte costituzionale n. 240 del 2016, che ha dichiarato non fondata la
questione di legittimità costituzionale della legge n. 1746 del 1962, nella parte
in cui esclude i benefici in questione a favore dei militari impegnati in missioni
per conto dell'ONU, pur non ritenendo abrogata la citata norma.
Tuttavia, stante la natura “interpretativa di rigetto” della decisione, non
vincolante erga omnes, per il Giudice remittente essa non può ritenersi utile a
dirimere, in via definitiva, l’indicato contrasto e, di conseguenza, ha chiesto a
queste Sezioni riunite di esprimersi sulla questione di massima prima
enunciata.
Nel presente giudizio si sono costituiti la Procura Generale in data 23 maggio
2018, la parte appellata, signor B. G., rappresentato e difeso dall'Avv. Carlo
Borello, il 24 maggio 2018 e il Ministero della difesa, con memoria depositata
il 28 maggio 2018, rappresentato e difeso dal Direttore generale, Dr.ssa
Maura Paolotti e/o da un suo delegato.
La Procura Generale, dopo aver ricostruito la vicenda, ha preliminarmente
dato atto, ai fini dello scrutinio di ammissibilità della questione, della
sussistenza di un contrasto giurisprudenziale orizzontale in secondo grado,
tale da richiedere la pronuncia delle Sezioni adite in punto di diritto.
Ha negato, invece, la rilevanza della questione dedotta. Secondo il
Requirente, infatti, l'appellato ha svolto servizi per conto di una forza
multinazionale – IFOR – Inplementation Force a comando NATO – NAC –
North Atlantic Council, subentrata alla Forza multinazionale dell'ONU
(UNIPRO-FOR – United Nations Protection Force) con funzioni di peace
keeping, nonché per conto della Forza multinazionale SFOR – Stabilization
Force – a comando NATO. Entrambe le missioni di pace, autorizzate
dall'ONU, sono peraltro ricomprese nell'elenco di cui alla determinazione del
Capo di Stato Maggiore della Difesa in data 10 maggio 2013 e altresì coperte
dal d.l. 1 luglio 1996, n. 346, convertito in legge, con modificazioni, dall'art. 1,
comma 1, della legge n. 428 del 1996 e dall'art. 4-bis del d.l. 31.01.1997, n.
12.
Dunque, tutte le operazioni svolte dall’appellato non sarebbero qualificabili
come operazioni di “polizia internazionale dell'ONU”, previste dall'art. 53 dello
Statuto della suddetta Organizzazione. Detta disposizione normativa, infatti,
distingue nettamente le azioni coercitive esercitate dall'ONU sotto la sua
direzione da quelle – come nella specie – subordinate alla mera
autorizzazione dell'Organizzazione internazionale e condotte sotto la
direzione del Consiglio Atlantico.
È, quindi, da escludere la sussistenza del necessario presupposto dello
svolgimento del servizio “per conto dell'ONU” e pertanto da disapplicare, in
quanto illegittima, ai sensi dell'art. 5 della legge n. 2248/1865, all. E, la
determinazione dello Stato Maggiore della Difesa che ha ricompreso nelle
zone di intervento dell'ONU – ai sensi della legge n. 1746 del 1962 – le
suddette operazioni.
In via subordinata, il Requirente ha chiesto di dare alla formulata questione di
massima una soluzione negativa, sulla base delle approfondite esegesi e
interpretazione della normativa di riferimento (art. 18 del d.P.R. n. 1092 del
1973, art. 3 della legge n. 390 del 1953 e art. 1868 del d. lgs. n. 66 del 2010
(Codice dell'ordinamento Militare).
Il riconoscimento di un periodo di servizio come “campagna di guerra” deve,
infatti, essere stabilito da un'apposita previsione normativa, che, nella specie,
manca, poiché le campagne di guerra sono state individuate esclusivamente
– in base ad appositi provvedimenti legislativi – in relazione a conflitti specifici
(prima guerra mondiale, guerra di Etiopia, guerra di Spagna e seconda guerra
mondiale), che quindi costituiscono, in assenza di successivi interventi del
legislatore, un numerus clausus.
La normativa citata dal remittente, secondo il Requirente, non è dunque
risolutiva ai fini ermeneutici: infatti, l'art. 3 della legge n. 390 del 1950 si limita
a disciplinare i requisiti di ordine temporale per il riconoscimento, come
campagne di guerra, dei periodi di partecipazione al secondo conflitto
mondiale, mentre l'articolo unico della legge n. 1746 del 1962 stabilisce
l’estensione dei benefici previsti per i “combattenti” al personale militare che
abbia prestato o presti servizio in zone di intervento.
Ha evidenziato, poi, la Procura che, per l'art. 18 del d.P.R. n. 1092 del 1973,
l'aumento di valutazione del servizio riguarda esclusivamente i periodi,
debitamente computati, delle campagne di guerra “riconosciute ai sensi delle
disposizioni vigenti in materia”. Per i benefici combattentistici è prevista,
invece, altra disciplina, di cui all'art. 1 della legge n. 336 del 1970 e alla legge
n. 824 del 1971. Quest'ultima norma, peraltro, esclude espressamente
l'applicabilità dei benefici combattentistici al personale di cui alla legge
n. 1746 del 1962.
Trattandosi di norme di stretta interpretazione, non sarebbe neppure possibile
utilizzare l’analogia per riconoscere i benefici anche al personale militare
impegnato nelle operazioni per conto dell'ONU. Infatti, le missioni svolte per
tale Organizzazione internazionale sono dirette al mantenimento della pace,
quindi, svolte in assenza della dichiarazione dello stato di guerra, subordinata
alla deliberazione delle Camere, su proposta del Presidente della Repubblica,
a norma degli artt. 78 e 87 della Costituzione.
La soluzione propugnata, secondo la Procura Generale, troverebbe, poi,
ulteriore conforto nella giurisprudenza amministrativa di vertice e, da ultimo,
nella sentenza della Corte Costituzionale n. 240 del 2016, che ha dichiarato
non fondata la questione di legittimità costituzionale sollevata, con riferimento
all'articolo unico della legge n. 1746 del 1962, dal T.A.R. del Friuli Venezia
Giulia.
La Consulta ha, infatti, sottolineato la distinzione tra le campagne di guerra e
le missioni ONU; in tale contesto, i partecipanti a tali ultime operazioni sono
contemplati da alcune disposizioni speciali, come l'art. 2, comma 3, del d.P.R.
n. 1092 del 1973, che hanno esteso loro le provvidenze riservate ai
partecipanti alle campagne di guerra. È stato, altresì, preso atto del mutato
quadro normativo dopo l’approvazione della legge n. 1746 del 1962, in
ragione del quale sono stati graduati gli emolumenti aggiuntivi e le indennità
attribuiti non in maniera generalizzata, ma tenendo conto dello specifico
teatro operativo e degli obiettivi della singola missione.
Nel valorizzare la citata pronuncia, ancorché di rigetto e non vincolante erga
omnes, il Requirente ha evidenziato che, a differenza da quanto ritenuto dal
Giudice di primae curae, la disposizione di cui all'art. unico della legge n.
1746 del 1962, oltre a spiegare effetti sul trattamento di attività in termini di
anticipata progressione economica - ai sensi degli artt. 7 e 9 del R.D.L. n.
1427 del 1922 - sul trattamento degli ufficiali con qualifica dirigenziale, dà
diritto, per i suddetti militari, alla maggiorazione del trattamento pensionistico
per gli ex combattenti ai sensi dell'art. 6 della legge n. 140 del 1985.
Conclusivamente, la Procura Generale ha chiesto di dichiarare
l'inammissibilità della questione per difetto di rilevanza e, in via subordinata,
di dare soluzione negativa al quesito.
Si è costituito, anche nel presente giudizio, l'appellato B. G., con l’Avv.
Borello.
Dopo aver ricostruito la normativa di riferimento, ha sostenuto che, ai sensi
dell'art. 18 del d.P.R. n. 1092 del 1973 e dell'articolo unico della legge n. 1746
del 1962 i benefici – non solo retributivi, ma anche pensionistici di
supervalutazione del servizio prestato – si riferiscono alle “campagne di
guerra”. Tra esse rientrerebbero, a suo avviso, anche le missioni svolte per
conto dell'ONU nelle zone di intervento, individuate ogni due anni dallo Stato
maggiore della Difesa.
Nel richiamare la giurisprudenza amministrativa favorevole, ha altresì
sottolineato che la decisione del Consiglio di Stato n. 5172 del 2014, di segno
contrario, offre un'interpretazione contrastante con l'art. 3 della Costituzione.
Deve quindi ritenersi, per evitare un evidente vulnus al principio di
eguaglianza tra i vari destinatari dei benefici combattentistici, che rientrino
nella platea degli aventi diritto i militari, anche di qualifica non dirigenziale,
che abbiano svolto servizio per conto dell'ONU nell'ambito delle zone di
operazioni, individuate dallo Stato Maggiore della Difesa.
Ha concluso, pertanto, per la soluzione della proposta questione di massima
nel senso del riconoscimento, per i militari che hanno prestato servizio per
conto dell'ONU in zone di intervento, dei benefici combattentistici di cui al
combinato disposto dell'articolo unico della legge n. 1746/1962, dell'articolo
18 del d.P.R. n. 1092 del 1973 e dell'art. 3 della legge n. 390 del 1950, con
vittoria di spese, onorari e rimborso forfettario delle spese.
Il Ministero della Difesa, con memoria depositata lo scorso 28 maggio,
ha eccepito, preliminarmente, l’assenza di un contrasto giurisprudenziale
orizzontale tra le Sezioni di Appello. Infatti, alla decisione favorevole
all’interpretazione estensiva dell’articolo unico della legge n. 1746 del 1962,
citata dal remittente, hanno fatto seguito numerose pronunce di secondo
grado di segno contrario. Di conseguenza, attesa l’inesistenza di un contrasto
nella giurisprudenza di vertice, che si è attestata per la soluzione negativa,
non è sufficiente una pronuncia, rimasta isolata, a configurare il presupposto
necessario per la rimessione della questione in sede di Q.M..
L’interpretazione data alla questione dalla Corte costituzionale, poi, ha
escluso che la mancata estensione dei benefici previsti per i combattenti nelle
campagne di guerra ai partecipanti alle missioni svolte per conto dell’ONU sia
in contrasto con l’art. 3 della Costituzione.
Il conflitto con l’art. 11 della Carta fondamentale, ad avviso
dell’Amministrazione, sarebbe, invece, rinvenibile nel caso in cui i benefici
fossero riconosciuti, in assenza, per di più, del necessario presupposto della
dichiarazione dello stato di guerra, deliberata dai competenti organi.
Dunque, poiché il servizio svolto sotto l’egida dell’ONU è volto a ristabilire la
pace, mancherebbero i presupposti per il riconoscimento degli aumenti
previsti esclusivamente per le campagne di guerra.
Di conseguenza, il Ministero ha concluso perché queste Sezioni Riunite diano
una soluzione negativa alla questione di massima proposta.
All'udienza del 6 giugno 2018 il dr. Grisolia, presente, unitamente al dr.
Venditti, per il Ministero della Difesa, pur dando atto della sussistenza di
un’ulteriore pronuncia della Sezione I di appello favorevole al riconoscimento
dei benefici, ha dedotto che il contrasto è, al più, sussistente all’interno della
Sezione I centrale e non costituisce presupposto giustificativo della questione
di massima proposta, con conseguente inammissibilità. Ha, poi, ribadito, a
sostegno della soluzione negativa del quesito proposto, l’autorevolezza
ermeneutica della sentenza della Corte costituzionale n. 240 del 2016, della
decisione del Consiglio di Stato, nonché il contrasto con le norme
costituzionali che presuppongono la necessaria deliberazione dello stato di
guerra per la sussistenza delle relative campagne.
Nel merito, ha negato l’estensione dei benefici di supervalutazione del
servizio svolto per conto dell’ONU, trattandosi di operazioni di stabilizzazione
della pace e al di fuori dall’ambito delle campagne di guerra. Accedendo alla
soluzione positiva, peraltro, si porrebbe un problema della duplice
considerazione del servizio reso ai medesimi fini, essendo già previste norme
che considerano ulteriori benefici per detti servizi, ai sensi dell’art. 59, comma
1, lett. a) della legge n. 449 del 1997 che stabilisce il limite massimo in cinque
anni. Ha, dunque, chiesto al Collegio di dare soluzione negativa alla
questione.
Ha preso, poi, la parola il dr. Venditti, il quale ha ribadito l’insussistenza delle
condizioni per una supervalutazione dei servizi svolti per conto dell’ONU,
richiamando la giurisprudenza del Consiglio di Stato, intervenuta
sull’indennità di buonuscita, e la decisione della Corte costituzionale; ha poi
sostenuto, alla luce della legge n. 449 del 1997, l’impossibilità di superare i
cinque anni di supervalutazione del servizio. Conclusivamente, ha chiesto di
dichiarare l’inammissibilità della questione e, e nel merito, di dare al quesito
una soluzione negativa.
L’avv. Borello, per l’appellato, si è riportato alla memoria depositata,
chiedendo, invece, di dare al quesito una soluzione favorevole al
riconoscimento dei benefici.
Il V.P.G. Martina ha richiamato i propri scritti, ribadendo la sussistenza di un
contrasto giurisprudenziale in secondo grado, anche a seguito della decisione
del 2017 della I Sezione Centrale e, di conseguenza, l’ammissibilità della
deferita questione sotto questo profilo.
Ne ha sostenuto, invece, l’irrilevanza, perché le missioni svolte dall’appellato
sono missioni NATO e non “per conto dell’ONU”.
Ha concluso, in ordine al merito, per una soluzione negativa della questione,
mancando i presupposti per il riconoscimento delle campagne di guerra, in
assenza di un’equiparazione di dette missioni. In virtù della natura
eccezionale dell’istituto della supervalutazione dei servizi, non ne è possibile
un’interpretazione analogica al di fuori dei casi espressamente previsti dal
legislatore, in disparte la necessaria risoluzione di problemi pratici, poiché per
ogni conflitto è stata prevista un’apposita disciplina legislativa.
Ha, poi, precisato, che, contrariamente a quanto ritenuto da alcune pronunce,
vi è un’apposita disposizione per coloro che non hanno titolo ai benefici
combattentistici, con conseguente maggiorazione pensionistica; quindi,
l’argomentazione cardine di molte decisioni favorevoli è destituita di
fondamento.
Ha, quindi, concluso in via preliminare per una dichiarazione di inammissibilità
della questione per irrilevanza e, in via subordinata e nel merito, ha chiesto
che alla stessa venga data soluzione negativa.
La causa è stata, quindi, rimessa in decisione.
DIRITTO
1. Le Sezioni Riunite devono preliminarmente valutare se il quesito sottoposto
alla loro attenzione sia ammissibile e rilevante.
1.1 Circa il primo profilo, va innanzitutto valutata l’eccezione sollevata dal
Ministero della Difesa, che ha negato la sussistenza di un contrasto
orizzontale in secondo grado.
L’attuale disciplina in materia dei requisiti per la proposizione delle questioni
di massima a queste Sezioni Riunite, di cui agli artt. 114 e seguenti del codice
di giustizia contabile, dispone testualmente, al primo comma, che “Le Sezioni
giurisdizionali di appello possono deferire alle sezioni riunite in sede
giurisdizionale la soluzione di questioni di massima, d’ufficio o anche a
seguito di istanza formulata dal procuratore generale o da ciascuna delle parti
del giudizio di impugnazione”. La sussistenza di indirizzi interpretativi o
applicativi difformi è, invece, prevista al comma terzo del citato articolo, che
riguarda la legittimazione del Presidente della Corte dei conti e del
Procuratore generale a deferire la risoluzione di questioni di massima o di
“questioni di diritto”.
La norma del C.g.c. segue la precedente disciplina dell’art. 1, comma 7, del
d.l. n. 453 del 15.11.1993, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 19 del
14.01.1994, come integrato dal II comma dell’art. 42 della legge 18 giugno
2009, n 69.
1.2 Alla luce dell’esame della disciplina attualmente vigente deve, quindi,
escludersi che, secondo un’interpretazione strettamente letterale del testo
normativo, sia prevista, ai fini del deferimento della questione di massima in
grado di appello, la sussistenza di contrasti giurisprudenziali; tale condizione
era, invece, espressamente contemplata dall’art. 4 della legge n. 161 del
21.03.1953 (“Modificazioni al testo unico delle leggi sulla Corte dei conti”).
La giurisprudenza formatasi anche sotto la vigenza della disciplina
precedente all’entrata in vigore del codice odierno, tuttavia, che, come sopra
riportato, analogamente a quella attuale, non prevedeva la sussistenza del
contrasto, aveva sempre ribadito la possibilità di deferire la risoluzione della
questione di massima nel caso di un contrasto orizzontale tra sezioni di
appello; esse svolgono infatti “un primo essenziale ruolo nomofilattico di
armonizzazione e di consolidamento interpretativo del diritto vivente” (Sezioni
Riunite, n. 10/Q.M./2011; n. 1/Q.M./2010 e n. 8/Q.M./2010).
Anche di recente, comunque, pur dandosi atto della mancanza di un’espressa
previsione normativa, si è ribadita la necessità di intervento delle Sezioni
Riunite sia nel caso di un contrasto orizzontale in appello, sia nel caso di
“difficoltà interpretative di particolare rilevanza per la necessità di risolvere un
punto di diritto specificamente controverso” (cfr. Sezioni riunite, n.
2/2018/Q.M.).
Deve, quindi ritenersi che anche se il legislatore non ha previsto expressis
verbis la sussistenza di un contrasto orizzontale in secondo grado, detta
condizione costituisca un elemento imprescindibile per la proposizione delle
questioni di massima alle Sezioni Riunite; diversamente opinando, il comma 1
dell’art. 114 c.g.c. sarebbe privo di ogni contenuto. Il contrasto, infatti, non fa
altro che evidenziare quella che è, poi, il presupposto previsto dal comma 3
dell’art. 114, ossia la difficoltà interpretativa della questione.
1.3 Venendo all’esame della questione proposta, contrariamente a quanto
eccepito dal Ministero della Difesa, sussiste, effettivamente, un contrasto
orizzontale in secondo grado, tale da evidenziare un’evidente difficoltà
interpretativa della normativa richiamata e che impone una soluzione
uniforme, “al fine di evitare inammissibili differenziazioni tra vicende
processuali identiche” (Sezioni riunite, n. 4/2010/Q.M.; Id., 13/2011/Q.M.; Id.
n. 2/2018, cit.).
Le sentenze ricordate nell'ordinanza di rimessione (Sez. I centrale di Appello
nn. 552/2015 e 230/2016, ma anche la sentenza 941 del 2017 della Sezione
II Centrale di appello per l'esclusione dei benefici pensionistici; in senso
contrario, non solo la sentenza n. 845 del 2013 della Sezione I Centrale di
Appello, che quindi non è rimasta affatto isolata, ma anche la più recente n.
518 del 2017, del medesimo Giudice) interpretano in maniera opposta la
normativa di cui all'art. 1 unico della legge n. 1746 del 1962, l'art. 18 del
d.P.R. n. 1092 del 1973 e l'art. 3 della legge n. 390 del 1950, richiamati
nell'ordinanza di rimessione.
Il contrasto, sussistente in primo grado, e di cui alle numerose sentenze pure
menzionate nell’ordinanza di rimessione, non è stato, dunque, composto dalle
sezioni di II grado, che svolgono il ricordato ruolo di “armonizzazione e di
consolidamento interpretativo del diritto vivente” (Sezioni riunite,
nn. 1/2010/Q.M.; Id. n. 10/2011/Q.M., cit.)
1.4 Una parte della giurisprudenza di appello – e di primo grado – nega
l'applicabilità dei benefici della supervalutazione del servizio ai militari
impegnati “per conto dell'ONU” in zone di intervento, sulla base di un duplice
ordine di ragioni. Secondo tale orientamento, infatti, la legge n. 390 del 1950
individua tassativamente il periodo temporale entro il quale deve svolgersi la
“campagna di guerra” il cui solo svolgimento dà diritto alla supervalutazione
del servizio ai fini pensionistici. Alla luce della ricordata normativa, il periodo
di svolgimento delle campagne di guerra deve collocarsi, necessariamente,
nell’arco temporale tra il 1940-1945, periodo della II Guerra mondiale, ovvero
negli altri periodi indicati dalla legislazione vigente in materia, che richiama i
vari conflitti che hanno interessato l'Italia nel secolo scorso.
In secondo luogo, i servizi svolti per conto dell'ONU non sarebbero
“campagne di guerra”, difettandone, ontologicamente, la natura; le missioni
compiute per l'Organizzazione internazionale sono infatti volte a ristabilire la
pace e l'ordine nelle regioni interessate e non costituiscono atti di belligeranza
dell’Italia, in difetto, per giunta, della deliberazione dello stato di guerra
previsto dai competenti Organi costituzionali.
Seguendo tale percorso logico-interpretativo, va ricordata, per tutte, la
decisione n. 230 del 2016 della I Sezione Centrale di Appello, per la quale “
Nell’ordinamento non esiste una normativa che preveda espressamente il
riconoscimento dei benefici previsti per le campagne di guerra in favore del
personale in servizio per conto dell’ONU, espresso riconoscimento
necessario in quanto detto servizio consiste in missioni “di pace” e quindi non
rientra nelle fattispecie di impiego che danno titolo all’attribuzione delle
campagne di guerra”; da tale affermazione discende il corollario che detto
riconoscimento “non può avvenire in base ad una mera determinazione
amministrativa, svincolata dalla sussistenza dello stato di guerra formalmente
dichiarato”.
Per altra parte delle Sezioni di Appello, tra cui pronunce della stessa I
Sezione, invece, nonché per numerose Corti territoriali, il chiaro disposto
dell'art. unico della legge n. 1746 del 1962 depone per la sicura estensibilità
dei benefici combattentistici (sia retributivi, che pensionistici) ai militari che
svolgono il servizio in zone di intervento per conto dell'ONU.
Anche in questo caso va ricordata, exempli gratia, la decisione n. 845/2013/A
della Sezione Prima Giurisdizionale centrale di Appello, per la quale “E’ del
tutto evidente che l’estensione dei benefici combattentistici ai militari
impegnati nelle missioni ONU ha la sua fonte nel chiaro disposto della legge
11 dicembre 1962, n. 1746, e per il quale il servizio prestato dal militare in
zone d’intervento per conto dell’ONU…è da ritenersi equiparato, agli effetti
pensionistici, al servizio di guerra”.
1.5 Deve inoltre evidenziarsi che la questione è stata oggetto di intervento
anche del Giudice Amministrativo, ovviamente nell’ambito retributivo, sia in
primo che in secondo grado, nonché del Consiglio di Stato in sede consultiva,
adito dalle Amministrazioni interessate.
Anche davanti al G.A. si sono evidenziate opposte soluzioni, in primo e in
secondo grado, sopite con la pronuncia del Consiglio di Stato n. 5172/2014,
che ha negato i benefici degli incrementi stipendiali di cui agli artt. 9 e 7 del
r.d. 27 ottobre 1922, n. 1427 ai militari – personale non dirigenziale - che
hanno svolto missioni per conto dell’ONU, mentre i dubbi palesatisi
nell'ambito amministrativo hanno dato luogo a interpretazioni contrastanti
delle amministrazioni interessate. Sono agli atti del giudizio, prodotte dal
Ministero appellante, numerose note della Direzione Generale per il
Personale Militare Difesa che evidenziano sia le differenti soluzioni offerte
dalla stessa Amministrazione (note del 7 aprile 2009, del 24 maggio 2010, del
15 marzo 2011), sia del Ministero dell’Economia e delle Finanze.
Anche l’INPDAP, con la nota operativa in data 17 marzo 2008, ha impartito
istruzioni per il calcolo della supervalutazione dei periodi oggetto di servizio
svolto per conto dell’ONU in zona di intervento, dando, quindi, per scontata
l’attribuzione dei benefici.
Le difficoltà sopra evidenziate hanno condotto, quindi, alle richieste di parere
al Consiglio di Stato, nella materia della determinazione dello stipendio del
personale interessato, in varie occasioni, che hanno condotto a numerose
pronunce, pure prodotte agli atti, di segno negativo.
Infine, è stata proposta anche l'interrogazione parlamentare n. 3-01197, di cui
al resoconto sommario degli atti del Senato n. 93 in data 22 ottobre 2014,
volta a chiarire la platea dei beneficiari.
1.6 Si tratta, quindi, a tutta evidenza, di una questione ermeneutica di
particolare complessità alla luce delle norme intervenute in subjecta materia,
tra loro confliggenti e non coordinate, e dell'evoluzione – ben indicata nelle
conclusioni della Procura Generale – delle modalità di intervento dell'ONU e
delle altre forze internazionali nel teatro post bellico delle regioni interessate
dai numerosi conflitti susseguitisi, senza sosta, dalla conclusione della II
Guerra mondiale.
Deve, quindi, ritenersi l’ammissibilità del quesito sotto il duplice profilo del
contrasto giurisprudenziale e delle difficoltà ermeneutiche della normativa.
2. In ordine alla rilevanza nel giudizio a quo, presupposto pacificamente
richiesto dalla legge e ben delineato da queste Sezioni riunite nelle decisioni
nn. 1/QM/1994, 5/98/QM, 26/99/QM, 7/2001/QM, 6/2003/QM, 8/2006/QM,
17/2011/QM, 2/2017/Q.M., anche a tale aspetto deve darsi risposta positiva.
Contrariamente a quanto dedotto dalla Procura Generale, infatti, la
risoluzione del quesito è decisiva per stabilire se l'appellato abbia o meno
diritto ai benefici di cui si verte.
Infatti, il Ministero della Difesa appellante non ha contestato, neppure nel
corso dell’udienza davanti a queste Sezioni, lo svolgimento del servizio “per
conto dell'ONU”, né si è mai dubitato, nel giudizio di primo grado o in quello di
appello, che l'appellato rientri – in punto di fatto - nell'ambito di applicazione
dell'art. unico della legge n. 1746 del 1962.
Il Ministero appellante, infatti, pur contestando l'interpretazione e applicazione
degli artt. 1 della legge n. 1746 del 1962, 18, comma 1, del d.P.R. n. 1092 del
1973 e. 3 della legge n. 390 del 1950 offerta dal giudice di primo grado, non
ha mai posto in dubbio che l'appellato abbia prestato servizio “per conto
dell'ONU” o in “zona di intervento ONU”; ha unicamente dedotto, nell'atto di
gravame, che detti servizi non rientrano ontologicamente nel genus
“campagne di guerra” sottolineandone la natura di “peace keeping” e
l’assenza di una formale dichiarazione di guerra da parte dello Stato Italiano
ai sensi del dettato costituzionale.
2.1 L'approfondita ricostruzione contenuta nella memoria della Procura
Generale, per la quale il sig. B. non ha svolto servizi “per conto dell'ONU”, ma
missioni per Organizzazioni internazionali interforze semplicemente
“autorizzate” dall'ONU, se pur condivisibile in astratto, non costituisce, quindi,
punto controverso nel giudizio a quo, né è rilevabile di ufficio dal Giudice di
appello, ai sensi degli artt. 193 e 195 c.g.c.
Conseguentemente, deve ritenersi questione non contestata tra le parti che il
sig. B. abbia svolto servizi “per conto” dell'ONU; e, dunque, è rilevante, ai fini
della decisione sull'impugnazione proposta dal Ministero della Difesa, la
risoluzione della questione di massima all’esame del Collegio.
3. Venendo, poi, al merito del presente giudizio, il quesito presuppone, a tutta
evidenza, l'esame della normativa di riferimento.
3.1 L'art. unico della legge n. 1746 dell'11 dicembre del 1962 (“Estensione al
personale militare, in servizio per conto dell'ONU in zone di intervento, dei
benefici combattentistici”) stabilisce che “Al personale militare che, per conto
dell'ONU, abbia prestato o presti servizio in zone di intervento, sono estesi i
benefici previsti dalle norme in favore dei combattenti. Le zone di intervento
sono indicate con apposite disposizioni dello Stato Maggiore della Difesa”.
In primo luogo, quindi, per espressa previsione legislativa, i richiedenti i
benefici devono rientrare nelle categorie di coloro che hanno prestato o
prestano servizio “per conto dell'ONU”, locuzione che, forse chiara all'epoca
di promulgazione della legge n. 14746 del 1962, presenta attualmente la
risoluzione di questioni complesse, come approfonditamente illustrato dalla
Procura Generale, alla luce della molteplicità delle tipologie di intervento delle
varie Forze internazionali “di pace” nello scenario mondiale; infatti, nelle
disposizioni dello Stato Maggiore del Ministero della Difesa vengono incluse
operazioni di diversa natura, come, per esempio, quelle svolte dall'appellato,
svolte da forze multinazionali subentrate alla gestione dell'ONU (IFOR,
UNPROFOR, SFOR, KFOR) a conduzione e comando unificato -NATO o
NAC oppure UE - EUROFOR - e autorizzate dal Consiglio di sicurezza con
apposite risoluzioni. La questione, come detto innanzi, non è peraltro oggetto
della presente questione di massima perché nel giudizio a quo non è
contestato lo svolgimento di operazioni “per conto dell'ONU”.
3.2 Viene quindi all'esame la seconda parte della norma, che “estende” a detti
militari i “benefici” previsti “dalle norme in favore dei combattenti”. La lettera
della norma quindi è chiara, in primo luogo, nel non identificare i militari come
“combattenti” o “ex combattenti” ma nel prevedere unicamente l'”estensione”
ad essi dei benefici previsti per i combattenti.
Peraltro, in contraddizione con l’art. unico della legge in commento, l'art. 5,
comma 2, della legge n. 824 del 1971, successivamente intervenuta, esclude
espressamente i benefici combattentistici, di cui agli artt. 1 e 2 della legge
n. 336 del 1970, “al personale di cui alla legge 11 dicembre 1962, n. 1746”.
Stante l’inequivoca disposizione normativa testé menzionata, dunque, occorre
individuare altre possibili disposizioni favorevoli alla luce della normativa,
anche sopravvenuta, di riferimento e verificarne poi la concreta applicazione
ai militari che svolgono o hanno svolto operazioni “per conto dell'ONU”.
3.3 L'ordinanza di rimessione circoscrive i “benefici combattentistici” al
combinato disposto dell'art. unico della legge in commento, dell'art. 18 del
d.P.R. n. 1092 del 1973 e dell'art. 3 della legge n. 390 del 1950.
Restano, quindi, al di fuori del perimetro della questione di massima in
disamina altre disposizioni favorevoli, che pacificamente ricomprendono tra i
destinatari i militari impegnati in operazioni di intervento “per conto dell'ONU”
nelle zone individuate dal Ministero della Difesa, e cioè la pensione, assegno
o indennità di guerra di cui all'art. 2, comma 3, del d.P.R. n. 915 del 1978 o
l'aumento figurativo del servizio prestato sulla costa in tempo di guerra (oltre,
ovviamente, ai benefici retributivi, al di fuori della giurisdizione della Corte dei
conti).
Viene, dunque, in rilievo l'art. 18, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973,
per il quale “il servizio computabile è aumentato di un anno per ogni
campagna di guerra riconosciuta ai sensi delle disposizioni vigenti in materia”.
Trattasi, quindi, di aumento figurativo del servizio, rapportato ad ogni
campagna di guerra. Tale ultimo concetto è, poi, delineato “ai sensi delle
disposizioni vigenti in materia”.
3.4 A tale ultimo riguardo, l'art. 3 della legge 24 aprile 1950, n. 390 (“Computo
delle campagne di guerra 1940-1945”), pure richiamata nell'ordinanza di
rimessione, circoscrive le “campagne di guerra”, sostanzialmente, al periodo
di belligeranza dell’allora Regno d’Italia durante la seconda guerra mondiale
(1940-1945), fermo rimanendo il periodo minimo di servizio, anche non
continuativo, previsto nel periodo successivo. Le ulteriori disposizioni di legge
utili a delimitare il perimetro del concetto di “campagna di guerra” sono poi il
d. lgt. n. 1207 del 1916, il R.d. n. 1496 del 1938 il R.d. n. 1452 del 1942 per il
periodo 1936/1939 che riguardano specifici eventi bellici (I guerra mondiale,
guerra di Etiopia, guerra di Spagna).
Deve, quindi, ritenersi che sono computabili come servizi valutabili, ai fini
dell’aumento figurativo del servizio ai fini pensionistici, le campagne di guerra
individuate da dette disposizioni legislative e secondo il computo previsto
dall’art. 18 del T.U. degli impiegati civili e militari dello Stato.
3.5 Così delineato il quadro normativo di riferimento, va notato che il
legislatore, che pure successivamente ha emanato il Codice dell'ordinamento
militare di cui al D. lgs. n. 66 del 2010, nulla ha previsto in ordine alle missioni
operative svolte da militari per conto dell'ONU nelle zone di intervento
individuate da provvedimenti dello S.M.I.; detto articolo si limita a richiamare,
con una sorta di interpretazione “circolare”, il citato art. 18 del T.U. in materia
di pensioni civili e militari, che a sua volta richiama il concetto di “campagna di
guerra”.
Deve quindi escludersi che vi siano disposizioni vigenti nella specifica materia
dei servizi svolti “per conto dell'ONU” che prevedano espressamente una
supervalutazione del tempo impiegato dai militari nelle missioni.
3.6 Va, quindi, ulteriormente valutato, ai fini interpretativi della complessa
materia, se i servizi prestati nelle missioni ONU nelle zone di intervento siano
assimilabili alle campagne di guerra.
Quale indispensabile ausilio ermeneutico il Collegio non può, ovviamente,
non tener conto della recente decisione n. 240 del 2016 della Corte
costituzionale, sul giudizio di legittimità vertente sull’ articolo unico della legge
n. 1746 del 1962.
La Consulta, al riguardo, sulla base della ricostruzione del quadro normativo
di riferimento, ha sottolineato le profonde, ontologiche differenze tra le
campagne di guerra, così come identificate dal legislatore, e le missioni svolte
per conto dell'ONU o delle altre organizzazioni internazionali.
Pur non negando la rischiosità e la gravosità di detti ultimi servizi, il Giudice
delle Leggi ha delineato un netto spartiacque tra le campagne belliche e
quelle svolte, in tempo di pace, dai militari nei suddetti servizi svolti all’estero.
Ha poi sottolineato che, nel vigente quadro normativo, i militari de quibus non
rimangono certamente privi di adeguata considerazione dei gravosi servizi
prestati nelle zone di intervento, che indubbiamente li pongono in una
posizione ben diversa rispetto al personale che svolge l’usuale servizio
all’interno del territorio dello Stato; in considerazione di tale rilevante profilo,
essi, infatti, hanno diritto alla pensione, assegno o indennità di guerra ai sensi
dell'art. 2, comma 3, del d.P.R. n. 915 del 1978, con evidenti superiori
vantaggi, anche di carattere fiscale, rispetto ai corrispondenti benefici militari.
Tuttavia, proprio in considerazione della profonda differenza tra le campagne
di guerra e le missioni ONU, ha ricordato la Consulta che, per queste ultime, il
legislatore ha individuato varie ed ulteriori modalità di compensazione,
soprattutto di carattere retributivo, per il servizio prestato, in ragione del
particolare contesto e delle zone teatro dell'intervento, di volta in volta
differente e oggetto, pertanto, di apposite previsioni legislative ed
amministrative (determinazioni dello Stato maggiore della Difesa).
3.7 La Corte, la cui autorevole interpretazione queste Sezioni Riunite
intendono seguire, ha altresì fugato ogni dubbio in ordine a possibili contrasti
con il principio di eguaglianza delle norme che dispongono differenti
trattamenti pensionistici, esaminando, quindi, i benefici riservati ai soli, veri,
combattenti.
In tale contesto ha definitivamente chiarito che detti particolari benefici di
supervalutazione dal servizio spettano esclusivamente a coloro che hanno
svolto le “campagne di guerra” come sopra delineate e circoscritte dal
legislatore, il quale, tra l’altro, ha già espressamente escluso la spettanza, per
i militari che svolgono missioni per conto dell’ONU, dei benefici previsti dagli
artt. 1 e 2 della legge n. 336 del 1970 in favore degli “ex combattenti”.
Infatti, e condivisibilmente, ha sottolineato la diversità di posizione tra il
soggetto arruolato in tempo di guerra, in base a provvedimenti autoritativi e
con un ingaggio poco più che simbolico (il “soldo”) rispetto a coloro che
scelgono volontariamente di partecipare a missioni internazionali, con
aumenti retributivi e stipendiali.
3.8 Da ultimo, e non per ultimo, non va sottaciuta la più volte ricordata e
ribadita diversità ontologica tra le missioni svolte per conto dell'ONU e le
campagne di guerra.
Al di là, infatti, dell'assenza di una dichiarazione formale dello Stato di guerra
di cui all'art. 87 della Costituzione, previa conforme deliberazione delle
Camere (ai sensi dell'art. 78) è evidente che i militari inquadrati nei
contingenti ONU hanno funzioni del tutto diverse rispetto ai soldati
belligeranti, volte a ristabilire la pace e la democrazia nei paesi teatro di
precedenti e sanguinosi conflitti, anche se, ovviamente, anch’essi, a causa
dell’instabilità politica di tali regioni, possono incorrere in gravi rischi per
l'incolumità individuale.
3.9 Deve, quindi, convenirsi con la Consulta nel senso che la normativa in
materia di missioni ONU si è evoluta nel tempo rispetto all'iniziale previsione
della legge n. 1746 del 1962, senza che il legislatore abbia equiparato le
operazioni, con espressi provvedimenti, alle campagne di guerra, concetto
che, quindi, rimane circoscritto, con i relativi benefici di supervalutazione del
servizio, unicamente ai conflitti del secolo scorso.
4. E in questo senso, deve darsi soluzione al proposto quesito: “Ai militari che
hanno prestato servizio per conto dell'ONU in zone di intervento non
spettano, ai fini pensionistici, i benefici di cui al combinato disposto dell'art.
unico della legge n. 1746 del 1962, dell'art. 18 del d.P.R. n. 1092 del 1973 e
dell'art. 3 della legge n. 390 del 1950 ossia della supervalutazione dei servizi
prestati nelle campagne di guerra”.
Per quanto riguarda il regime delle spese del presente giudizio, esse
troveranno disciplina da parte del Giudice remittente, cui si rinviano gli atti per
la definizione del giudizio di merito.
PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONI RIUNITE IN SEDE GIURISDIZIONALE
sul quesito proposto dalla I Sezione giurisdizionale di Appello della Corte dei
conti, con ordinanza n. 13/2018 del 20/02-11/04/2018, così decide:
Dichiara l'ammissibilità e la rilevanza del quesito e enuncia il presente
principio di diritto:
“Ai militari che hanno prestato servizio per conto dell'ONU in zone di
intervento non spettano, ai fini pensionistici, i benefici previsti dalle norme in
favore dei combattenti che abbiano partecipato alle campagne di guerra,
individuate dalle disposizioni vigenti in materia”.
Spese al definitivo.
Dispone il rinvio al giudice remittente.
Così deciso in Roma, all'esito della camera di consiglio del 6 giugno 2018.
IL GIUDICE ESTENSORE IL PRESIDENTE
(Elena TOMASSINI) (Mario PISCHEDDA)
Depositato in Segreteria in data2 luglio 2018
Il Direttore della Segreteria
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Ricorso Accolto presso la CdC Calabria, inoltre, il ricorrente è stato bravissimo, in quanto si è rappresentato in proprio


La Corte precisa:

1) - Nel merito il ricorso può decidersi sulla scorta della previsione dell’art.167, comma 4 del C.G.C. con il riferimento ad una fattispecie del tutto analoga, decisa con sentenza n. 391/2017 della Sezione II^ d’Appello di questa Corte dei conti.

2) - La fattispecie coincide con quella di cui all’odierno ricorso in quanto:

- ) Al momento del collocamento in quiescenza il F. M. era già sottoposto a procedimento penale poi conclusosi con sentenza di prescrizione;

- ) la sanzione della destituzione è stata irrogata solo a seguito di procedimento disciplinare iniziato dopo il collocamento in pensione per inidoneità.

3) - A questo punto in applicazione del surriferito principio di diritto affermato nel richiamato precedente giurisprudenziale il ricorso va accolto, con conseguente statuizione del diritto del ricorrente a conservare il trattamento pensionistico già riconosciutogli. Non è luogo a provvedere sulle spese poiché il ricorrente non si è avvalso di patrocinio tecnico.
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Sezione CALABRIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI Anno 2018 Numero 291 Pubblicazione 17/10/2018


R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Cons. Quirino Lorelli

Ha pronunciato la seguente
SENTENZA N.291/2018

sul ricorso in materia di pensioni civili, iscritto al n. 21671 del registro di segreteria, proposto da proposto da
F. M., nato a Omissis, l’Omissis, ricorrente in proprio

nei confronti
Ministero dell’Interno e Prefettura di Cosenza, in persona del l.r.p.t., costituito con memoria depositata il 9-7-2018

I.n.p.s., in persona del legale rapp.te p.t., rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Teresa Pugliano, Giacinto Greco e Francesco Muscari Tomaioli, costituito con memoria depositata l’8-6-2018
esaminati gli atti e documenti tutti del fascicolo processuale;

uditi all’udienza del 10 settembre 2018, l’avv.to G. Greco per l’INPS ed il dott. Mazzei per la Prefettura di Cosenza

F A T T O

Con atto introduttivo del presente giudizio, depositato il 16-5-2018, il sig. F. M., già dipendente della Polizia di Stato, chiedeva

- l'annullamento, del provvedimento nr. …… emesso dal Prefetto di Cosenza il …..-2014 (nella parte in cui si prevede la revoca della pensione qualora il procedimento penale e/o disciplinare al quale era sottoposto, si sarebbe definito con una condanna e/o con la sanzione della destituzione) e del provvedimento nr. ….. emesso il ……-2016 dal Dirigente l'Ufficio Servizio Contabilità e Gestione Finanziaria della Prefettura di Cosenza., nonché ogni altro atto o provvedimento connesso, presupposto o conseguente e, conseguentemente, accertando il pieno diritto del F. M. al trattamento pensionistico per il servizio prestato nel Corpo delle Guardie di P.S. prima e nella Polizia di Stato poi e calcolato alla data del 12-4-2014;

- in conseguenza e per l'effetto disporre a carico del competente ufficio INPS il pagamento in proprio favore dei ratei pensionistici maturati e maturandi dal mese di maggio 2016, oltre interessi, (maggiorazioni, con particolare riferimento al computo degli anni trascorsi illegittimamente in sospensione ossia dal ..-7-2010 al ..-4-2014 ovvero, quanto minimo, alla metà, giusto art. 8 DPR 1092/73) e rivalutazione del dovuto al saldo.

Precisava il ricorrente di essere stato posto in quiescenza a far data dal ..-4-2014, per dimissioni volontarie, giusta provvedimento n. …. emesso in data …-2-2014 dalla Prefettura di Cosenza e di avere appreso successivamente che a suo carico era stato aperto un procedimento per la sospensione o revoca del trattamento pensionistico stante la avvenuta destituzione, con effetto retroattivo al …-7-2010.

Lamenta quindi l'impossibilità di valutare a fini previdenziali un provvedimento disciplinare, posto che nessuna efficacia potrebbe esplicare un provvedimento di natura disciplinare ai fini previdenziali;

rappresenta anche come la sospensione o revoca della pensione dovuta alla decorrenza retroattiva del provvedimento disciplinare della destituzione, sia arbitraria alla luce dell'art. 7 del D.P.R. 25 ottobre 1981 n.737 e come in tema di decorrenza ai fini pensionistici, (e non solo) non potrebbe essere applicato il principio della retroattività anche alla luce della sentenza nr.48/1971, della Corte Costituzionale.

Si è costituito in giudizio l’INPS con memoria depositata l’8-6-2018 chiedendo in via preliminare di dichiarare l'infondatezza del ricorso e, comunque, di rigettarlo, poiché infondato in fatto e in diritto; in via subordinata, nella negata ipotesi di accoglimento della domanda ritenere la decorrenza dell'eventuale beneficio fissata al primo giorno del mese successivo alla domanda, il tutto con vittoria di spese e competenze. Secondo l’INPS il diritto al trattamento pensionistico ordinario di inabilità, medio tempore erogato a far data dal ..-4-2014, maturato in pendenza di azione disciplinare non costituirebbe un diritto cristallizzato ed intangibile, posto che la cessazione dal servizio si considera avvenuta ad ogni effetto alla data del ..-7-2010 e che l'Amministrazione datoriale, nel disporre la sospensione cautelare aveva posto esplicita riserva di adottare provvedimenti, anche e soprattutto di carattere disciplinare a carico del Sig. M., con effetti che sarebbero maturati a conclusione della vicenda penale. Il periodo di sospensione cautelare sofferto dal …-7-2010 all'…-4-2014 non sarebbe valido né ai fini giuridici né a quelli di quiescenza, assistenza e previdenza, con conseguente mutamento del titolo e della data di cessazione dal servizio, per cui alla data del …-7-2010 il ricorrente non aveva maturato il prescritto requisito anagrafico dei 53 anni per il conseguimento del diritto a pensione di anzianità, stante l'assenza, alla data di cessazione stabilita dal provvedimento di destituzione, del congiunto requisito anagrafico e dell'anzianità contributiva.

In data 10-7-2018 il ricorrente depositava una “memoria aggiuntiva e rettifica”, con annessa nuova documentazione, nella quale fosse riconosciuto il proprio diritto al ripristino della pensione ordinaria di anzianità, con conseguente rilascio dei ratei non percepiti, maturati e maturandi dal mese di maggio 2016 oltre agli interessi di legge e gli fosse riconosciuto il titolo di privilegio sulla pensione ordinaria, a decorrere dal …-4-2014, con conseguente erogazione della percentuale spettante nonché degli interessi di legge. Precisava al riguardo di avere richiesto la pensione ordinaria e privilegiata, attraverso il Patronato INCA CGIL il 28-4-2014 (assunta al protocollo INPS.2500.28/04/2014.0089046), all’esito del verbale nr. 2137 della C.M.O. di Bari in data 1.10.1991 con il quale era stato riscontrato affetto da " OMISSIS", patologia giudicata come "SI" dipendente da causa di servizio ed ascritta alla 7^ categoria, tabella A; tale infermità sarebbe stata ratificata dal Comitato per le pensioni privilegiate con parere n. 29976/93 in data 25/11/1993. ma non vi si sarebbe mai dato corso.

In data 11-7-2018 perveniva il fascicolo amministrativo relativo al ricorrente in uno ad una memoria del Ministero dell’Interno, datata 9-7-2018, da valersi presumibilmente quale memoria di costituzione nella quale si ricostruivano i termini della vicenda, rappresentandosi come il decreto di destituzione del 23-11-2015 fosse stato impugnato innanzi il Giudice amministrativo con esiti sfavorevoli al ricorrente e come all’esito della definitività di tale decreto il decreto di concessione della pensione non producesse più effetti, onde il dipendente risultava cessato per destituzione dal …-7-2010 e non per dimissioni volontarie dalla successiva data del …-4-2014.

All’udienza di discussione della causa del 23-7-2018 il ricorrente depositava una memoria illustrativa alla quale si opponevano le Amministrazioni resistenti che eccepivano anche come la memoria del 10-7-2018 contenesse una domanda nuova relativa alla pensione privilegiata, ma non gli era stata preventivamente notificata. A questo punto il G.U. delle pensioni, rilevato che il ricorrente era in giudizio personalmente e senza assistenza tecnica ammetteva le memorie del ricorrente ed assegnava alle parti un termine fino a 5 giorni prima dell’udienza di rinvio per il deposito di note difensive in merito alla nuova domanda proposta dal ricorrente, rinviando la causa all’udienza del 10-9-2018.

Il 30-8-2018 il ricorrente depositava documentazione.

Il 5-9-2018 la Prefettura di Cosenza depositava una memoria integrativa del Ministero dell’Interno nella quale, in ordine alla domanda di pensione privilegiata, si dubitava della esistenza dei requisiti, rappresentando come l’INPS in data 9-5-2018 avesse richiesto alla C.M.O. di Messina di disporre nuovi accertamenti sanitari al fine di accertare l’ascrivibilità delle infermità riconosciute dipendenti da causa di servizio e come già con d.m. del 27-11-2017, inviato il 27-11-2017 alla Questura di Cosenza fosse però già stata respinta l’istanza di aggravamento ai fini dell’equo indennizzo.

Il 6-9-2018 l’INPS ha depositato note integrative autorizzate chiedendo che la nuova domanda di pensione privilegiata venisse dichiarata inammissibile e comunque infondata ed, in subordine, che la decorrenza venisse fissata solo al primo giorno del mese successivo la presentazione della domanda; nel merito insiste nelle proprie precedenti richieste di rigetto della domanda di riassegnazione della pensione.

Il 7-9-2019 il ricorrente ha depositato una ulteriore memoria nella quale segnala di aver ricevuto in pari data una notifica di provvedimento inerente la sua domanda di aggravamento e/o pensione, insistendo comunque nelle proprie richieste per come proposte.

All’udienza di discussione del 10 settembre 2018, l’avv. Greco per l’INPS ed il dott. Mazzei per la Prefettura di Cosenza hanno insistito nella propria eccezione di inammissibilità della domanda di pensione privilegiata, sia per essere la stessa stata formulata solo con la memoria aggiuntiva anziché nel ricorso introduttivol sia perché il relativo procedimento sarebbe ancora in itinere, sia, infine, perché mancherebbe un provvedimento amministrativo espresso di diniego; nel merito insistono nelle rispettive difese ed eccezioni e chiedono che il ricorso sia reietto.

D I R I T T O

1. In via preliminare va esaminata l’eccezione inerente la domanda di concessione della pensione privilegiata, introdotta con la memoria del 10-7-2018, circostanza non contestata, né contestabile, stante il tenore del ricorso introduttivo. Sul punto comunque, ancor prima della verifica della ritualità della domanda introduttiva, vale quanto risulta dalla produzione documentale del Ministero e dal contenuto della memoria finale dell’INPS per le quali il relativo procedimento di concessione non si sarebbe ancora concluso, mancando, peraltro un provvedimento espresso; tale circostanza è stata ribadita verbalmente all’udienza di discussione dai difensori delle amministrazioni resistenti.

La circostanza rende inammissibile la richiesta avanzata sul punto dal ricorrente, stante la preclusione di cui all’art.153, lett. b) del C.G.C. per la quale non può proporsi una domanda sulla quale non si sia provveduto in sede amministrativa ovvero per la quale non sia trascorso il termine di legge dalla notificazione all’amministrazione di un formale atto di diffida a provvedere.

Nella fattispecie quindi, in disparte l’eccezione di novità della domanda, vi è che la stessa è, allo stato, inammissibile ancorché il deposito della memoria del 10-7-2018 varrà quale formale notifica della diffida all’INPS ed al Ministero dell’Interno ai sensi di cui alla norma, con la conseguenza che, decorsi i novanta giorni da quella data senza che sia intervenuto un provvedimento favorevole ovvero in presenza di un provvedimento di diniego espresso, l’odierno ricorrente rimane facultato alla presentazione di un nuovo ricorso giurisdizionale a questa Corte dei conti, finalizzato ad ottenere la pensione privilegiata.

Quanto poi agli esiti della domanda di aggravamento, dei cui esiti negativi il ricorrente avrebbe avuto notizia solo in data 7-9-2018, varrà la previsione di cui alla lettera c) del richiamato art.153 del C.G.C., secondo cui il ricorso è inammissibile se si ricorra avverso provvedimenti che definiscono domande di aggravamento in conformità a giudizi delle commissioni mediche pensionistiche di guerra accettati dall'interessato, ovvero confermati dalla commissione medica superiore, e il ricorso non risulti documentato da perizia medica o certificazione rilasciata da strutture sanitarie pubbliche successivamente alla domanda di aggravamento o nei sei mesi antecedenti.

*

2. Nel merito il ricorso può decidersi sulla scorta della previsione dell’art.167, comma 4 del C.G.C. con il riferimento ad una fattispecie del tutto analoga, decisa con sentenza n. 391/2017 della Sezione II^ d’Appello di questa Corte dei conti.

Risulta nel caso di specie che la data di avvio del procedimento disciplinare ai danni del ricorrente risalga al 2014 - come accertato dalla sentenza del Consiglio di Stato, n. 6171/2017, prodotta agli atti di causa - mentre la contestazione dei fatti ascrittigli risale al 20-5-2015.

Ebbene a prescindere da ogni questione inerente la retrodatazione degli effetti del provvedimento disciplinare, vi è che “1) al momento del collocamento in pensione per inidoneità al servizio (nel 2006) il sig. D.G. era già sottoposto a un procedimento penale, il cui esito non ha, però, comportato la perdita del grado;

2) la sanzione della perdita del grado è stata irrogata solo a seguito di procedimento disciplinare iniziato dopo il collocamento in pensione per inidoneità;

3) non rileva il secondo procedimento penale, che ha comportato l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, in quanto trattasi di procedimento iniziato dopo il collocamento a riposo per inidoneità.

In sostanza, diversamente da quanto dedotto dal Ministero …, la perdita del grado non può nella specie retroagire al momento del collocamento a riposo per inidoneità, essendo stata irrogata a seguito di un procedimento disciplinare che non era pendente alla data in cui l’appellante è cessato dal servizio ad altro titolo; né tale effetto retroattivo può essere ricollegato al secondo procedimento penale, trattandosi anche in questo caso di procedimento iniziato successivamente alla cessazione dal servizio”.

La fattispecie coincide con quella di cui all’odierno ricorso in quanto:

1) Al momento del collocamento in quiescenza il F. M. era già sottoposto a procedimento penale poi conclusosi con sentenza di prescrizione;

2) la sanzione della destituzione è stata irrogata solo a seguito di procedimento disciplinare iniziato dopo il collocamento in pensione per inidoneità.

A questo punto in applicazione del surriferito principio di diritto affermato nel richiamato precedente giurisprudenziale il ricorso va accolto, con conseguente statuizione del diritto del ricorrente a conservare il trattamento pensionistico già riconosciutogli. Non è luogo a provvedere sulle spese poiché il ricorrente non si è avvalso di patrocinio tecnico.

P. Q. M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, Giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso per come proposto e statuisce il diritto al ripristino del trattamento pensionistico già in godimento, con condanna dell’I.N.P.S. alla corresponsione dei ratei maturati e non corrisposti, maggiorati degli interessi legali su ciascuno di essi decorrenti dal di del dovuto e fino al soddisfo. Nulla per le spese.

Così deciso in Catanzaro alla pubblica udienza del 10 settembre 2018.

Il giudice unico
f.to Quirino Lorelli


Depositata in segreteria il 17/10/2018


Il responsabile delle segreterie pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni
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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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CdC Veneto del 22/10/2018, Accolto

1) - su domanda, il trattamento in causa veniva riliquidato conferendo alla medesima la pensione speciale di 1^ categoria da 22/10/75 a 21/10/78 e, con decorrenza 22/10/78, la pensione privilegiata di reversibilità. Con decreto OMISSIS il trattamento veniva riliquidato in applicazione dell'art. 3 L. 59/1991.

2) - La questione di merito sottoposta a questo Giudice inerisce l’indebito sorto dal conguaglio tra pensione provvisoria e definitiva.


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Re: Corte dei Conti, varie loc., per problemi pensionistici

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Ricorso Accolto in Appello

- diniego di pensione privilegiata tabellare

1) - Più specificatamente, il giudice di primo grado ha ritenuto che l’asserito accertamento contenuto nel biglietto d’uscita dell’Ospedale Militare di Udine del 5 novembre 1974 con la formula “allo stato degli atti l’infermità non dipende da causa di servizio”, non integrasse l’insorgenza del diritto pensionistico per difetto di accertamento della dipendenza dal servizio, per cui il ricorrente era incorso nella decadenza di cui all’art. 169 del d.p.r. 1092/1973.

2) - l’interessato non è incorso in alcuna decadenza perché il giudizio medico-legale è stato espresso sia con invio in Osservazione del Comando Servizio Sanitario del C.A.R. di Ferrara in data 27.10.1973 che con accertamento negativo riportato nel biglietto d’uscita dell’O.M. di Udine del 4.11.1974.

La CdC d'Appello precisa:

3) - Se, infatti, secondo la prevalente giurisprudenza di questa Corte, il ricovero ospedaliero subìto dal dipendente durante il servizio assume valore quale momento di constatazione di infermità o lesione, l’accertamento o meno della dipendenza da causa di servizio dell’infermità stessa (idoneo a determinare, pertanto, interruzione della decadenza al diritto di richiedere la pensione privilegiata ordinaria – tabellare), è prodotto soltanto da un giudizio medico–legale rilasciato “allo stato degli atti”, in quanto scaturente da un pregresso procedimento di acquisizione di elementi oggettivamente e significativamente rilevanti. Detta interpretazione è stata validata dalle Sezioni Riunite di questa Corte, nella sentenza n. 8/2001/QM, del 31.10.2001 (ed anche nella sentenza n. 83-C/1989, richiamata in SS.RR. n. 4/2003/QM), che interpellate sul fatto se in assenza di tempestiva istanza dell’interessato, la decadenza di cui all’art. 169 del T.U. n. 1092 del 1973, debba “…ritenersi evitata solo qualora l’Amministrazione abbia autonomamente accertato, anche negativamente, la dipendenza della malattia dal servizio ad esito di un procedimento a ciò finalizzato, o se a tal fine sia viceversa sufficiente una qualsiasi pronuncia di un organo medico – legale, anche se incidentalmente emessa in un procedimento diverso (visita di rassegna, ricovero ospedaliero, etc.)”, hanno dichiarato che “…non si verifica la decadenza di cui all’art. 169 del T.U. n. 1092 del 1973 in ipotesi di intervenuta constatazione, ancorché negativa ed anche con formula allo stato degli atti, sulla dipendenza di una malattia da causa di servizio effettuata da organi pubblici tecnici medico – legali in sede di valutazione della malattia a fini incidenti sul rapporto di impiego o di servizio” (da ultimo I Sez. n. 194/2018, questa Sezione nn. 544 e 383/2018, e III Sez. 343, 302, 186 e 84/2018).
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Sezione SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA
Anno 2019 Numero 94 Pubblicazione 28/03/2019

SENT. 94/2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO

composta dai magistrati
Luciano CALAMARO Presidente
Piero Carlo FLOREANI Consigliere
Antonio BUCCARELLI Consigliere relatore
Roberto RIZZI Consigliere
Luisa de PETRIS Consigliere

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nel giudizio sull’appello iscritto al n. 53148 del registro di segreteria, proposto da:
- F. C. (omissis),
rappresentato e difeso dall’avv. Paolo Bonaiuti e dall’avv. Susanna Chiabotto, ed elettivamente domiciliato in Roma alla via Riccardo Grazioli Lante n. 16, con atto notificato il 16.1.2018 e depositato il 29.1.2018,

contro
- Ministero della Difesa, Direzione Generale della Previdenza Militare e della Leva, rappresentato in proprio e domiciliato in Roma al viale dell’Esercito n. 186,

avverso
e per la riforma della sentenza della Sezione giurisdizionale per la Calabria n. 37 del 6.2.2017 di cui al giudizio iscritto al n. 21140 del registro di segreteria.

Visti gli atti del giudizio.
Uditi, all’udienza pubblica del 4.12.2018, il relatore, l’avv. Massimo Silvestri per delega degli avv.ti Paolo Bonaiuti e Susanna Chiabotto e la dott.ssa Stella Minetola per il Ministero della Difesa.

FATTO

Con la sentenza impugnata la Sezione giurisdizionale in epigrafe ha respinto il ricorso del sig. F. C. avverso il provvedimento del Ministero della Difesa n. 34838 del 22.11.2016 di diniego di pensione privilegiata tabellare per “esiti di OMISSIS”.

Più specificatamente, il giudice di primo grado ha ritenuto che l’asserito accertamento contenuto nel biglietto d’uscita dell’Ospedale Militare di Udine del 5 novembre 1974 con la formula “allo stato degli atti l’infermità non dipende da causa di servizio”, non integrasse l’insorgenza del diritto pensionistico per difetto di accertamento della dipendenza dal servizio, per cui il ricorrente era incorso nella decadenza di cui all’art. 169 del d.p.r. 1092/1973.

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Avverso tale decisione propone appello il C. che deduce l’omessa o apparente motivazione su un punto dirimente della controversia costituente questione di fatto ex art. 169 del d.p.r. 1092/1973, rilevando che l’interessato non è incorso in alcuna decadenza perché il giudizio medico-legale è stato espresso sia con invio in Osservazione del Comando Servizio Sanitario del C.A.R. di Ferrara in data 27.10.1973 che con accertamento negativo riportato nel biglietto d’uscita dell’O.M. di Udine del 4.11.1974.

Rileva, inoltre, che detto accertamento corrisponde alle ipotesi di cui alle sentenze delle Sezioni Riunite della Corte dei conti n. 8/2001/QM e n. 4/2003/QM che affermano la rilevanza medico-legale delle constatazioni rese “allo stato degli atti”, ancorché negative, in quanto qualificate e rilevanti e riconducibili oggettivamente e soggettivamente ad una valutazione sanitaria.

Chiede, quindi, l’appellante che, in riforma della sentenza di primo grado, la domanda di pensione venga considerata tempestiva, disponendo il rinvio degli atti al Ministero della Difesa per la valutazione di merito o, in subordine, al primo giudice.

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Con atto di costituzione depositato il 16.11.2018, il Ministero della Difesa si è costituito chiedendo il rigetto del ricorso in appello in quanto la dichiarazione di non dipendenza della malattia da causa di servizio non risulta conforme al modello richiesto dalle richiamate sentenze delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, per cui, nel caso, risulta intervenuta la decadenza prevista dall’art. 169 del d.p.r. 1092/1973.

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All’udienza pubblica le parti si sono riportate agli scritti.

DIRITTO

L’appello deve essere accolto e il giudizio rimesso per la valutazione nel merito al giudice di primo grado.

La sentenza impugnata, infatti, incorre in una motivazione contraddittoria laddove afferma non esservi stata domanda nel termine dei cinque anni dal congedo di accertamento della dipendenza dell’infermità dal servizio prestato, ed al contempo riferisce di una “dichiarata non dipendenza da causa di servizio della infermità per la quale il F.C. venne congedato, espressa nel biglietto d’uscita dell’Ospedale Militare”.

Se, infatti, secondo la prevalente giurisprudenza di questa Corte, il ricovero ospedaliero subìto dal dipendente durante il servizio assume valore quale momento di constatazione di infermità o lesione, l’accertamento o meno della dipendenza da causa di servizio dell’infermità stessa (idoneo a determinare, pertanto, interruzione della decadenza al diritto di richiedere la pensione privilegiata ordinaria – tabellare), è prodotto soltanto da un giudizio medico–legale rilasciato “allo stato degli atti”, in quanto scaturente da un pregresso procedimento di acquisizione di elementi oggettivamente e significativamente rilevanti. Detta interpretazione è stata validata dalle Sezioni Riunite di questa Corte, nella sentenza n. 8/2001/QM, del 31.10.2001 (ed anche nella sentenza n. 83-C/1989, richiamata in SS.RR. n. 4/2003/QM), che interpellate sul fatto se in assenza di tempestiva istanza dell’interessato, la decadenza di cui all’art. 169 del T.U. n. 1092 del 1973, debba “…ritenersi evitata solo qualora l’Amministrazione abbia autonomamente accertato, anche negativamente, la dipendenza della malattia dal servizio ad esito di un procedimento a ciò finalizzato, o se a tal fine sia viceversa sufficiente una qualsiasi pronuncia di un organo medico – legale, anche se incidentalmente emessa in un procedimento diverso (visita di rassegna, ricovero ospedaliero, etc.)”, hanno dichiarato che “…non si verifica la decadenza di cui all’art. 169 del T.U. n. 1092 del 1973 in ipotesi di intervenuta constatazione, ancorché negativa ed anche con formula allo stato degli atti, sulla dipendenza di una malattia da causa di servizio effettuata da organi pubblici tecnici medico – legali in sede di valutazione della malattia a fini incidenti sul rapporto di impiego o di servizio” (da ultimo I Sez. n. 194/2018, questa Sezione nn. 544 e 383/2018, e III Sez. 343, 302, 186 e 84/2018).

Poiché, quindi, nel caso, detto accertamento si rinviene nel biglietto d’uscita dell’O.M. di Udine, il giudizio deve essere rimesso al primo giudice ai sensi dell’art. 199, comma 2, c.g.c., venendo in rilievo la questione di fatto concernente il diritto a pensione privilegiata del sig. C. in ordine alla quale il predetto giudice non si è pronunciato.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Seconda Sezione giurisdizionale centrale d’appello, disattesa ogni contraria istanza, azione, deduzione ed eccezione, definitivamente pronunciando, accoglie l’appello e, per l’effetto, annulla la sentenza in epigrafe e dispone il rinvio al primo giudice in diversa composizione per la prosecuzione nel merito ed anche per la statuizione sulle spese del presente grado di appello.

Così deciso in Roma, nella Camera di consiglio del 4 dicembre 2018 e del 31 gennaio 2019.
l’estensore il presidente
Antonio Buccarelli Luciano Calamaro
F.to Antonio Buccarelli F.to Luciano Calamaro


Depositato in Segreteria il 28 MAR. 2019


Il Dirigente
Dott.ssa Sabina Rago
F.to Sabina Rago


DECRETO
Il Collegio, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del Decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196,
DISPONE
che a cura della Segreteria sia apposta l’annotazione di cui al comma 1 di detto articolo 52, a tutela dei diritti delle parti private,
IL PRESIDENTE
Pres. Luciano Calamaro
F.to Luciano Calamaro
Depositato in Segreteria il 28 MAR. 2019
IL DIRIGENTE
(dott.ssa Sabina Rago)
F.to Sabina Rago
In esecuzione del provvedimento collegiale ai sensi dell’art. 52 del Decreto legislativo 30 giugno 2003 n. 196, in caso di diffusione: omettere le generalità e gli altri dati identificativi delle parti private.
Roma, 28 MAR. 2019
IL DIRIGENTE
Sabina Rago
F.to Sabina Rago
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