Sono un ex carabiniere transitato quest’anno nei ruoli civili presso la Marina Militare (quindi rimanendo dipendente Ministero della Difesa seppur diversa amministrazione).
Prima del susseguirsi di fatti che hanno portato al congedo per inidoneità fisiche e reintegrabile nei ruoli civili, quando ero ancora in servizio sono stato vittima di furto di identità Facebook con la quale sarebbero state pubblicate a mio nome frasi ingiuriose riferite al settore dirigente militare. Di queste presunte frasi ne trovai traccia, fui esortato dal comandante provinciale a cancellarle ma allo stesso tempo che avrebbero causato provvedimenti disciplinari (contraddizione), non trovando traccia di queste affermazioni, almeno sul mio account, all’esorto di cancellare quanto pubblicato, mi trovo costretto ed eliminare l’account, o meglio sospenderlo, dove Facebook Inc. lascia tempo sei mesi per riattivarlo prima della cancellazione definitiva, ma che prima di procedere pubblico un post dove dichiaro che il mio profilo era stato oggetto di furto di identità e che in procinto di chiuderlo, non mi ritenevo responsabile da quel momento in poi di eventuali affermazioni a mio nome successive a quel giorno.
Vengo chiamato dopo trenta giorni a conferire con una commissione interna al mio comando provinciale, dove finalmente predo visione di queste presunte frasi, ma sotto forma di fotocopie in bianco e nero tratte da un altrettanto presunto schermo di un generico cellulare Android, dove per un occhio esperto si notava un coraggioso tentativo di fotomontaggio, ma senza mai prendere visione degli eventuali screenshot originali, oppure un eventuale “permalink” di esse che Facebook assegna a post e commenti e tranquillamente reperibili ad ognuno di essi. Alle domande e risposte che si susseguivano tra me e la commissione, non prendevo visione di nulla di quanto veniva scritto sul computer, tantomeno mi venne fatto firmare alcun verbale “sit” su quanto dichiarato.
A questo punto in via cautelativa espongo denuncia contro ignoti nella stessa caserma di dove facevo servizio (pessimo errore da parte mia), con l’avvertimento anticipato del Maresciallo, comandante della stazione, che nel caso di infondatezza avrei subito ritorsioni penali...quindi a mio avviso già prevenuto.
Dopo alcuni mesi nei quali chiedo al maresciallo eventuali risvolti a riguardo, questi mi risponde sempre con esito negativo, dove io poi gli chiedo se avesse bisogno che riattivassi il vecchio account per facilitargli ulteriori indagini, ma egli mi risponde che non era necessario. Fatto sta pero’ che alcuni mesi dopo mi viene notificata una denuncia penale per “falso reato”, che, oltre ad una demotivazione professionale e personale, sono costretto a nominare un legale, quindi fare appello ai propri risparmi in una condizione economica già poco felice in quanto divorziato. Il legale mi mostra il fascicolo dove si evince la totale assenza di una benché minima prova tecnica certa che associ me a quelle frasi, ma una attenta costruzione di una mia immagine negativa e quasi sovversiva sui social network, addirittura traendo pubblicazioni e fatti pregressi risalenti anche cinque anni prima dal quale si nota nulla più che qualche mia foto in divisa ma senza riferimenti a luogo e sede, o una mia polemica da privato cittadino per un disservizio municipale, definendomi quindi “molto attivo sui social”. Lo stesso maresciallo che mi aveva esortato a non sporgere denuncia ed autore di quella nei miei confronti, scrive al Procuratore della Repubblica che Facebook Inc. non ha rilasciato informazioni in merito utili (Facebook è americana e se ne infischia di dare informazioni private, fosse anche il Papa), ma aggiunge la sua considerazione personale, tale “è palese che il militare abbia esposto denuncia contro ignoti per non incorrere a provvedimento disciplinare”. Quindi altro che indagini efficienti, imparziali e concrete.
Il mio legale vista la situazione e le intenzioni dei superiori tramite il fascicolo, mi consiglia vivamente di ricorrere alla “MESSA IN PROVA”, con la finalità di estinguere il reato, come se non fosse mai avvenuto, senza nulla iscritto nel casellare giudiziario, evitando quindi processo dibattimentale ed eventuali rincari da parte dei superiori.
La messa in prova è stata svolta nella totale serenità presso un ente pubblico, durante il periodo in aspettativa per il transito ai ruoli civili. Successivamente vengo chiamato dalla nuova amministrazione per il nuovo contratto e iniziando il lavoro, ma dopo qualche mese già mi arriva l’avviso di contestazione e addebito riferito a quella causa, sospesa in attesa di pronuncia da parte del Tribunale in merito.
Il Tribunale emette la sentenza con estinzione del reato per conclusione positiva della messa in prova, quindi, il procedimento disciplinare da parte di Persociv riprende e vengo convocato al contraddittorio che si terrà tra un mese.
Leggendo vari forum ho letto di colleghi che hanno avuto la messa in prova e che nonostante l’esito positivo, sono stati sanzionati se non addirittura destituiti.
E’ pur vero che molti di essi hanno commesso reati come furto o accesso SDI non autorizzato, forse viene considerato anche il tipo di reato commesso, nel mio caso nulla di quanto sopra, se non addirittura una ritorsione per essersi cautelati da un altrettanto reato ai propri danni come furto di identità costruito ad mo’ di complotto, di cui ancora oggi non riesco a darne una ragione di tanta ostilità e cattiveria.
Ora qualcuno saprebbe dirmi o indicarmi cosa potrebbe succedere, se nel caso rischio addirittura il licenziamento anche se nel regolamento del personale civile del Ministero della Difesa non ve ne sarebbero i presupposti, sebbene l’estinzione del reato?
Grazie per eventuali risposte e scusate se mi sono dilungato ma era per rendere chiaro il contesto addietro.
