Concorso in Polizia di Stato. Donne e tatuaggi sul corpo
Re: Concorso in Polizia di Stato. Donne e tatuaggi sul corpo
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1) - risarcimento del danno subito per il mancato percepimento delle retribuzioni dal 31 dicembre 2009 al 20 gennaio 2012 in qualità di agente della Polizia di Stato, il tutto causato dalla illegittima esclusione dal concorso per 907 posti di Allievi agenti della Polizia di Stato ...... .... con condanna del Ministero dell’Interno al pagamento di tutto quanto dovuto, oltre interessi legali, ed alla regolarizzazione della posizione del ricorrente anche ai fini previdenziali e assistenziali.
2) - è stato escluso dal concorso in applicazione della disposizione recata dall’art. 2 quarto comma del bando di concorso, secondo cui “i candidati non possono presentare domanda di partecipazione ad altri concorsi indetti per le carriere iniziali delle altre Forze di Polizia ad ordinamento civile e militare e del Corpo militare della Croce Rossa, pena l’esclusione dal concorso”, in quanto aveva presentato domanda di partecipazione al concorso indetto dall’Arma dei Carabinieri.
Per completezza vi invito ha leggere il tutto qui sotto per comprendere tutta la vicenda.
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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1T ,numero provv.: 201508831, - Public 2015-07-02 -
N. 08831/2015 REG.PROV.COLL.
N. 08769/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Ter)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8769 del 2013, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Francesco Vecchione, con domicilio eletto presso Angela Gemma in Roma, Via Sabotino, 22;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
della nota prot. 333-D/1032 del 5/6/2013 del Ministero dell’Interno di conferimento della qualifica di agente e del decreto del Capo della Polizia – Direttore Generale della Pubblica Sicurezza del 26/3/2013 con il quale il ricorrente è stato nominato al termine del periodo di prova, agente della Polizia di Stato a decorrere, ai fini giuridici dal 28 dicembre 2010 ed economici dal giorno di effettiva assunzione in servizio presso la scuola, notificato il 18/6/2013, nonché di ogni altro atto lesivo dei suoi diritti;
nonché per l’accertamento
del diritto del ricorrente al risarcimento del danno subito per il mancato percepimento delle retribuzioni dal 31 dicembre 2009 al 20 gennaio 2012 in qualità di agente della Polizia di Stato, il tutto causato dalla illegittima esclusione dal concorso per 907 posti di Allievi agenti della Polizia di Stato pubblicato sulla G.U., 4^ Serie Speciale, n. 93 del 28 novembre 2008, accertata definitivamente dalla sentenza del T.A.R. Lazio – Sez. I Ter n. 9548 del 5/12/2011 (di cui i provvedimenti impugnati costituiscono non corretta esecuzione) con condanna del Ministero dell’Interno al pagamento di tutto quanto dovuto, oltre interessi legali, ed alla regolarizzazione della posizione del ricorrente anche ai fini previdenziali e assistenziali.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 maggio 2015 la dott.ssa Stefania Santoleri e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente ha presentato domanda di partecipazione al concorso per 907 posti di Allievi agenti della Polizia di Stato indetto con bando pubblico pubblicato sulla G.U., 4^ Serie Speciale, n. 93 del 28/11/2008 (successivamente elevati a 1078 posti), concorso riservato ai volontari in ferma prefissata di un anno ovvero in rafferma annuale in servizio o in congedo.
Con provvedimento del 9 dicembre 2009 è stato escluso dal concorso in applicazione della disposizione recata dall’art. 2 quarto comma del bando di concorso, secondo cui “i candidati non possono presentare domanda di partecipazione ad altri concorsi indetti per le carriere iniziali delle altre Forze di Polizia ad ordinamento civile e militare e del Corpo militare della Croce Rossa, pena l’esclusione dal concorso”, in quanto aveva presentato domanda di partecipazione al concorso indetto dall’Arma dei Carabinieri.
Avverso il proprio provvedimento di esclusione ha proposto ricorso dinanzi a questo Tribunale rilevando che dal concorso indetto dall’Arma dei Carabinieri era stato escluso con provvedimento del 29/5/2008, e dunque ben sette mesi prima della presentazione della domanda di partecipazione al concorso indetto dal Ministero dell’Interno per il reclutamento degli Allievi agenti di Polizia, e che la disposizione del bando doveva intendersi come diretta ad impedire la partecipazione ad entrambe le selezioni, circostanza che non poteva ricorrere nel caso di specie, essendo stato escluso dall’altro concorso.
Con sentenza n. 9548 del 5 dicembre 2011 – non appellata – il T.A.R. Lazio Sez. I Ter, ha accolto il ricorso disponendo l’annullamento del suo provvedimento di esclusione dal concorso.
Il Ministero dell’Interno, nel dare esecuzione alla sentenza del Tribunale, ha valutato i suoi titoli come previsto nell’art. 11 del bando di concorso, e lo ha collocato tra gli idonei vincitori del concorso, ammettendolo al corso di formazione per Allievi agenti di Polizia.
Con decreto del Capo della Polizia del 26 marzo 2013, è stato nominato agente della Polizia di Stato a decorrere, ai fini giuridici, dal giorno 28 dicembre 2010, data di conclusione del 177° corso Allievi Agenti, al quale avrebbe partecipato se non fosse stato escluso dalla procedura concorsuale; la decorrenza economica è stata riferita alla data di effettiva assunzione in servizio presso la Scuola Allievi Agenti di Alessandria.
Con istanza del 13 maggio 2013 il ricorrente ha chiesto al Ministero dell’Interno di provvedere a dare corretta esecuzione alla sentenza del T.A.R. Lazio, disponendo la retrodatazione della sua nomina sia ai fini giuridici che economici.
Con nota del 5 giugno 2013 il Ministero dell’Interno ha comunicato alla Questura di OMISSIS, ove presta servizio, il contenuto del provvedimento del Capo della Polizia del 26 marzo 2013.
A sua volta, la Questura di OMISSIS gli ha comunicato il contenuto dell’atto.
Con il ricorso in epigrafe, ha impugnato i suddetti provvedimenti deducendo i seguenti motivi di impugnazione:
__1. Violazione di legge, violazione dell’art. 21 septies della L. 241/90 e succ. mod. e integr. – Violazione del giudicato di cui alla sentenza del T.A.R. Lazio n. 9548/2011 – Violazione dei principi generali in materia di pubblici concorsi – Violazione del giusto procedimento amministrativo – Difetto di istruttoria – Eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità grave e manifesta – Arbitrarietà – Violazione del principio di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa in relazione agli artt. 3 e 97 Cost. – Sviamento.
Lamenta il ricorrente l’illegittimità dell’atto di nomina nella parte in cui ha fissato la decorrenza giuridica alla data del 28/12/2010, anziché a quella del 31/12/2009, data di approvazione della graduatoria finale del concorso: rileva, infatti, che qualora non fosse stato escluso dal concorso, avrebbe ottenuto la decorrenza giuridica da quella data.
Deduce poi l’illegittimità dell’atto nella parte in cui stabilisce la decorrenza economica dal giorno dell’effettiva assunzione in servizio presso la scuola.
__2. Violazione di legge – Violazione dell’art. 3 della L. 241/90 – Violazione degli artt. 3 e 97 Cost. – Violazione dei principi generali in materia di pubblici concorsi e del giusto procedimento amministrativo – Difetto assoluto di istruttoria – Eccesso di potere sotto il profilo dell’illogicità grave e manifesta – Eccesso di potere per falsità dei presupposti – Arbitrarietà – Violazione del principio di imparzialità e buon andamento dell’azione amministrativa in relazione agli artt. 3 e 97 Cost.
Rileva il ricorrente che nel caso di specie ricorrerebbero tutti i presupposti previsti dall’art. 2043 c.c. per il riconoscimento del diritto al risarcimento del danno, in quanto la P.A. lo ha illegittimamente escluso dal concorso, non rilevando la diversa tempistica di presentazione delle due domande, l’una diretta all’Arma dei Carabinieri e l’altra alla Polizia di Stato. Ricorrerebbe nel caso di specie la colpa della P.A. non sussistendo i presupposti per il riconoscimento dell’errore scusabile; il danno consisterebbe nella perdita delle retribuzioni che gli sarebbero state corrisposte ove non fosse stato escluso dal concorso (e cioè dalla data della mancata assunzione a quella dell’effettivo collocamento in servizio, con esclusione della parte variabile della retribuzione relativa alle funzioni e con esclusione di quanto, a qualsiasi titolo, percepito nel medesimo periodo per attività lavorative).
A questo proposito precisa di aver conseguito per l’attività lavorativa nel periodo in questione la somma complessiva di € 7.372,53 depositando i CUD degli anni 2011 e 2012.
Quantifica il danno complessivo in € 32.500,00 (pari alla retribuzione che avrebbe conseguito ove fosse stato tempestivamente assunto in servizio, e dunque relativa al periodo dal 31/12/2009 al 20/1/2012) al quale deve essere sottratto l’importo di € 7.372,53 conseguito ad altro titolo, e conclude rilevando di vantare un credito residuo di € 25.127,47.
Chiede poi il riconoscimento del danno morale ed esistenziale subito, da liquidarsi in via equitativa, essendo rimasto nel biennio 2010 – 2012 in uno stato di precarietà.
Chiede la regolarizzazione della sua posizione contributiva e previdenziale con riferimento al periodo 31/12/2009 – 20/1/2012 in qualità prima di allievo agente, e poi di agente di Polizia, ed infine, chiede la rivalutazione monetaria e gli interessi compensativi al tasso legale, questi ultimi nella parte eccedente il danno da svalutazione.
Conclude, quindi, chiedendo l’accoglimento del ricorso ed il risarcimento del danno nei termini in precedenza indicati.
L’Amministrazione intimata si è costituita in giudizio rilevando che l’Amministrazione avrebbe dato corretta attuazione alla decisione del Tribunale, e che il provvedimento di nomina ad Agente della Polizia di Stato sarebbe corretto sia nella parte in cui stabilisce la decorrenza giuridica, che in quella in cui dispone la decorrenza economica.
Il decreto di nomina ad agente della Polizia di Stato si consegue alla fine del corso di formazione e al ricorrente è stata riconosciuta la medesima decorrenza giuridica assegnata a tutti gli altri vincitori dello stesso concorso, che avevano immediatamente frequentato il corso di formazione.
La pretesa del ricorrente a vedersi riconosciuta la decorrenza giuridica alla data del 31 dicembre 2009 sarebbe destituita di fondamento, perché a quella data avrebbe potuto conseguire la nomina ad Allievo Agente della Polizia di Stato, da lui non richiesta in quanto da essa non consegue alcun beneficio.
Con riferimento alla domanda risarcitoria, l’Avvocatura erariale ha eccepito la sua inammissibilità essendo stata già proposta nel ricorso giurisdizionale avverso il provvedimento di esclusione: le due azioni avrebbero in comune i soggetti, il petitum e la causa petendi.
Nel merito ha rilevato che mancherebbe la colpa della P.A., tanto che l’operato dell’Amministrazione è stato ritenuto corretto in sede cautelare; inoltre il ricorrente non avrebbe comunicato al Ministero di essere stato escluso dal concorso bandito dall’Arma dei Carabinieri, il che avrebbe consentito all’Amministrazione dell’Interno di comprendere che era venuta meno la circostanza che l’art. 16 c. 2 della L. 224/06 mira ad evitare.
La violazione degli obblighi informativi gravanti sul ricorrente avrebbe assunto efficacia determinante sia nel provvedimento annullato dal Tribunale che nelle conseguenze da esso derivate, tanto da escludere la colpevolezza della condotta della P.A.
Non sarebbe configurabile la colpa della P.A. neppure sotto il profilo del difetto di istruttoria, in quanto l’Arma dei Carabinieri avrebbe trasmesso l’elenco di coloro che avevano presentato la domanda di partecipazione al concorso, senza precisare che il ricorrente era stato escluso dalla selezione fin dal maggio 2008: infine, il ricorrente avrebbe concorso nella produzione del danno non appellando l’ordinanza cautelare di rigetto della sua domanda di sospensione dell’esecuzione del provvedimento di esclusione dal concorso.
Richiama, infine, la giurisprudenza che in casi similari ha liquidato il 50% di quanto l’istante avrebbe percepito per lo svolgimento delle mansioni di Agente di Polizia, ove immesso tempestivamente in ruolo.
In prossimità dell’udienza di discussione il ricorrente ha depositato una memoria ed una memoria di replica.
All’udienza pubblica del 14 maggio 2015 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Con il presente ricorso il ricorrente ha impugnato il provvedimento con il quale il Ministero dell’Interno, nel dare attuazione al giudicato formatosi sulla sentenza n. 9548 del 5/12/2011, che ha disposto l’annullamento della sua esclusione dal concorso per allievo agente della Polizia di Stato, ha disposto la sua nomina nella qualifica di agente della Polizia di Stato (dopo il superamento del corso di formazione per allievi agenti), con decorrenza giuridica dal 28 dicembre 2010 ed economica dal 20 gennaio 2012.
Con lo stesso ricorso ha proposto anche la domanda risarcitoria con la quale ha chiesto la condanna del Ministero dell’Interno alla corresponsione delle retribuzioni relative al periodo 31 dicembre 2009 – 20 gennaio 2012 durante il quale egli non ha potuto prestare servizio a causa dell’illegittima esclusione dal concorso (con detrazione delle somme percepite nello stesso periodo a titolo lavorativo da parte di altri datori di lavoro).
Ha chiesto anche la liquidazione del danno esistenziale e la corresponsione degli interessi legali e della rivalutazione monetaria sulle somme spettanti.
Preliminarmente deve essere esaminato il ricorso impugnatorio, convertibile all’occorrenza – secondo l’espressa richiesta del ricorrente - anche in ricorso per l’esecuzione del giudicato.
Il provvedimento del Capo della Polizia di nomina del ricorrente in qualità di agente della Polizia di Stato, datato 26 marzo 2013, è immune dai vizi dedotti.
La decorrenza giuridica del provvedimento, infatti, è la stessa attribuita a tutti gli altri vincitori del concorso al quale il ricorrente ha partecipato e che hanno frequentato il 177° Corso Allievi Agenti al quale egli avrebbe partecipato ove non fosse stato escluso.
Il provvedimento di nomina, infatti, si riferisce alla qualifica di agente di Polizia di Stato, che si consegue dopo il superamento del corso di formazione.
La data del 31 dicembre 2009 rivendicata dal ricorrente, si riferisce all’acquisito della qualifica di allievo agente della Polizia di Stato (che si acquisisce dopo il superamento del concorso e l’avvio al corso di formazione), periodo nel quale il vincitore del concorso non ha ancora assunto la qualifica di agente.
Correttamente, dunque, il Ministero nel provvedimento impugnato, nel decretare la sua nomina ad agente della Polizia di Stato, ha fatto riferimento alla data di completamento del corso di formazione, quando detta qualifica si acquisisce, riferendosi – però - non alla data di completamento del corso al quale egli ha concretamente partecipato, ma facendo retroagire la nomina ai fini giuridici alla data di completamento del corso al quale egli avrebbe dovuto partecipare, se non fosse stato escluso dal concorso.
Ne consegue che il provvedimento di nomina si appalesa corretto, ribadendosi che alla data del 31 dicembre 2009 il ricorrente avrebbe potuto conseguire la sola nomina ad allievo agente della Polizia di Stato, qualifica mantenuta durante tutta la durata del corso di formazione.
Per quanto concerne, invece, la decorrenza economica, è sufficiente rilevare che secondo la costante giurisprudenza (cfr., ex multis, C.d.S., sez. V, 23 marzo 2009, n. 1752), ai fini del diritto alla retrodatazione della decorrenza economica del rapporto di pubblico impiego occorre distinguere tra illegittima interruzione del rapporto in atto e illegittima mancata costituzione ex novo del rapporto stesso, riconoscendo solo nella prima ipotesi una piena reintegrazione giuridica ed economica del dipendente (pur se con alcune attenuazioni) mentre la mancata costituzione del rapporto non dà comunque diritto alla retribuzione in quanto la fictio iuris della retrodatazione non può far considerare come avvenuta la prestazione del servizio cui l'ordinamento ricollega il diritto alla retribuzione, ma può porsi eventualmente solo come presupposto per un'azione per danni patrimoniali (cfr. Cons. Giust. Amm. Sic., Sent., 29-02-2012, n. 234).
Vige, infatti, nel pubblico impiego il principio della corrispettività delle prestazioni, e dunque non può essere erogata la retribuzione a fronte di una prestazione lavorativa non eseguita.
La pretesa economica avanzata dal ricorrente può essere quindi esaminata sotto specie di domanda risarcitoria, regolarmente proposta con il medesimo ricorso.
A questo proposito occorre preventivamente esaminare l’eccezione di inammissibilità dell’azione sollevata dalla difesa erariale.
L’eccezione è infondata in quanto non ricorrono i presupposti dell’identità del petitum e della causa petendi. Dalla disamina della sentenza emerge che nel ricorso avverso il provvedimento di esclusione dal concorso il ricorrente aveva chiesto il risarcimento del danno per perdita di chance, mentre nel caso di specie la domanda risarcitoria è diretta ad ottenere il ristoro del danno economico conseguente alla tardiva assunzione in servizio: il ricorrente, infatti, ha chiesto la condanna del Ministero a corrispondergli le retribuzioni che avrebbe percepito ove fosse stato ammesso tempestivamente alla frequenza del corso per allievi agenti, ed avesse quindi iniziato a prestare servizio – dopo il superamento del corso – unitamente agli altri vincitori del concorso.
Si tratta, evidentemente, di pretese diverse, fondate su differenti presupposti, il che implica l’infondatezza dell’eccezione di inammissibilità dell’azione risarcitoria.
Passando alla disamina della domanda risarcitoria, ritiene il Collegio di dover ribadire il principio costantemente affermato dalla giurisprudenza, secondo il quale la mera illegittimità dell'attività provvedimentale non può costituire presupposto sufficiente per l'attribuzione della tutela risarcitoria, ove non accompagnato dalla dimostrazione della sussistenza dell'elemento psicologico dell'illecito sub specie (quantomeno) della colpa: ai fini dell'ammissibilità della domanda di risarcimento del danno a carico della Pubblica amministrazione, non è sufficiente il solo annullamento del provvedimento lesivo, ma è altresì necessaria la prova del danno subito e la sussistenza dell'elemento soggettivo del dolo ovvero della colpa.
Si deve quindi verificare se l'adozione e l'esecuzione dell'atto impugnato sia avvenuta in violazione delle regole di imparzialità, correttezza e buona fede alle quali l'esercizio della funzione deve costantemente ispirarsi, con la conseguenza che il giudice amministrativo può affermare la responsabilità dell'amministrazione per danni conseguenti a un atto illegittimo quando la violazione risulti grave e commessa in un contesto di circostanze di fatto e in un quadro di riferimento normativo e giuridico tali da palesare la negligenza e l'imperizia dell'organo nell'assunzione del provvedimento viziato, e negarla quando l'indagine presupposta conduca al riconoscimento dell'errore scusabile per la sussistenza di contrasti giudiziari, per l'incertezza del quadro normativo di riferimento o per la complessità della situazione di fatto (cfr., tra le tante, Cons. Stato Sez. III, 15/7/2011, n. 4333; Cons. Stato Sez. V, 14/09/2012, n. 4894, Cons. Stato Sez. IV 7 gennaio 2013, n. 23).
Quanto al profilo (generale) dell'ascrizione della colpa, secondo la prevalente giurisprudenza del Consiglio di Stato, al privato danneggiato da un provvedimento amministrativo illegittimo non è richiesto un particolare impegno probatorio per dimostrare la colpa dell' Amministrazione, potendo egli limitarsi ad allegare l'illegittimità dell'atto e dovendosi fare applicazione, al fine della prova dell'elemento soggettivo, delle regole di comune esperienza e della presunzione semplice di cui all'art. 2727 c.c.; e a questo punto spetta all' Amministrazione dimostrare, se del caso, di essere incorsa in un errore (cfr. tra le tante Cons. Stato Sez. V, n. 4527 del 2009 e n. 3815 del 2011; Sez. IV, n. 5761 del 2012; Cons. Stato Sez. V n. 5846 del 2012).
Nella fattispecie, la difesa erariale ha dedotto nella propria memoria che la responsabilità della P.A. per danni a privati conseguenti ad un atto illegittimo può escludersi in caso di errore scusabile riconducibile a “contrasti giurisprudenziali sull’interpretazione di una norma, una formulazione incerta di norme da poco entrate in vigore una rilevante complessità del fatto ovvero una illegittimità derivante da una successiva dichiarazione di incostituzionalità della norma applicata” (Cons. Stato, Sez. VI 5/3/2015 n. 1099 con riferimento ad una controversia avente ad oggetto il risarcimento dei danni derivanti da tardiva assunzione).
Ha poi rilevato che secondo il ricorrente, la colpa della P.A. ricorrerebbe in quanto l’Amministrazione avrebbe agito con negligenza o imperizia ed in violazione delle norme di correttezza e buona amministrazione, non avendo rilevato la diversa tempistica di presentazione delle domande di concorso indirizzate l’una all’Arma dei Carabinieri e l’altra alla Polizia di Stato: ove l’Amministrazione non si fosse limitata ad un formale e superficiale esame del fascicolo si sarebbe resa conto che non vi erano ostacoli alla sua ammissione, essendo stato escluso nell’altro concorso.
Sotto questo aspetto l’Avvocatura erariale ha quindi rilevato che l’operato dell’Amministrazione è stato ritenuto corretto in sede cautelare e che non vi è stata alcuna carenza istruttoria, in quanto il Ministero dell’Interno ha dato applicazione testuale al bando di concorso; inoltre ha acquisito anche informazioni presso l’Arma dei Carabinieri che però non le ha comunicato che il ricorrente era stato escluso dal concorso.
Ha poi rilevato che anche per il ricorrente ricorrevano gli obblighi di diligenza e buona fede, avendo presentato due domande nello stesso anno presso due corpi diversi: avrebbe dovuto quindi informare l’Amministrazione della sua esclusione dall’altro concorso.
La violazione degli obblighi informativi – unitamente agli altri elementi – escluderebbe la colposità della condotta dell’Amministrazione.
La violazione degli obblighi informativi rileverebbe comunque ai fini della graduazione della responsabilità della P.A. ai sensi dell’art. 1227 c. 1 c.c., come pure avrebbe rilievo la circostanza della mancata impugnazione dell’ordinanza di rigetto della domanda cautelare avverso il suo provvedimento di esclusione.
La tesi dell’Amministrazione diretta a sostenere l’insussistenza della colpa non può essere condivisa.
Innanzitutto non ricorre nel caso di specie alcuna delle circostanze riportate dalla difesa erariale, tali da costituire errore scusabile idoneo ad escludere la colposità della condotta della P.A., come delineate dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato richiamata nella memoria (cfr. decisione della Sez. VI 5/3/2015 n. 1099 ).
Non idoneo ad escludere la colposità della condotta è anche l’esito del giudizio cautelare, la cui decisione viene assunta dopo una cognizione sommaria, come pure il dato testuale del bando di concorso, essendo chiaramente evincibile la ratio della norma che è quella di non consentire la partecipazione contemporanea ad entrambi i concorsi; quanto alla comunicazione resa dall’Arma dei Carabinieri, nella quale si comunicava il solo elenco di coloro i quali avevano presentato la domanda di partecipazione al concorso, non specificando se poi fossero stati esclusi dalla selezione, è agevole replicare che la comunicazione resa dall’altra Amministrazione dipende dal tenore della richiesta: se il Ministero dell’Interno avesse chiesto non soltanto il nominativo di coloro i quali avevano presentato domanda di partecipazione al concorso, ma anche di precisare se alcuni di essi fossero stati esclusi, l’Amministrazione avrebbe avuto immediata cognizione della particolare condizione del ricorrente.
Quanto alla violazione degli obblighi di informazione da parte del ricorrente, ai quali era tenuto nel rispetto dei principi di diligenza, correttezza e buona fede, non può costituire secondo il Collegio una violazione tale da comportare l’esonero da responsabilità da parte della P.A., ma al più può integrare un elemento idoneo ad incidere sull’entità del risarcimento, non essendo il danno completamente imputabile alla P.A., ma avendovi concorso il danneggiato con la propria condotta omissiva; allo stesso modo può rilevare l’omessa impugnazione dell’ordinanza cautelare.
Inoltre, condivide il Collegio il principio espresso in giurisprudenza secondo cui, in sede di quantificazione per equivalente del danno in ipotesi di omessa o ritardata assunzione, questo non si identifica nella mancata erogazione della retribuzione e della contribuzione, elementi che comporterebbero una vera e propria restitutio in integrum e che possono rilevare soltanto sotto il profilo, estraneo al presente giudizio, della responsabilità contrattuale, occorrendo invece, caso per caso, individuare l’entità dei pregiudizi di tipo patrimoniale e non patrimoniale che trovino causa nella condotta del datore di lavoro (cfr. Cons. Stato Sez. III 30/7/2013 n. 4020).
Ne consegue che, il danno risarcibile per effetto della ritardata assunzione, tenuto anche conto dell’incidenza della condotta tenuta dal ricorrente nella causazione del danno, oltre che della colpa della P.A., deve essere liquidato equitativamente, in applicazione del combinato disposto degli artt. 2056 c. 1 e 2 e 1226 c.c., in una somma pari al 50% delle retribuzioni che sarebbero state corrisposte al ricorrente in caso di mancata esclusione dal concorso, e quindi nel periodo 31 dicembre 2009 – 20 gennaio 2012, detraendo quanto percepito nello stesso periodo dal ricorrente per attività lavorative; al riconoscimento delle spettanze retributive si ricollega l’obbligo dell’Amministrazione di provvedere alla regolarizzazione della posizione contributiva e previdenziale nei limiti sopra indicati.
Su dette somme devono essere computati sia la rivalutazione monetaria che gli interessi compensativi al tasso legale, questi ultimi in misura eccedente il danno da svalutazione, da calcolarsi a partire dalla data di pubblicazione della sentenza.
Infine, non può essere accolta la domanda diretta ad ottenere il risarcimento del danno esistenziale.
Secondo la giurisprudenza, ai fini del risarcimento del danno esistenziale ex art. 2059 c.c. il pretium doloris del concorrente illegittimamente escluso e poi assunto in ritardo, può trovare spazio, solo in presenza di comprovati profondi turbamenti della psiche del concorrente causati da danni o comportamenti dell'amministrazione, che nel caso di specie non risultano provati.
Inoltre, la giurisprudenza ha precisato che, stante i limiti di risarcibilità, ai sensi dell’art. 2059 c.c., la tardiva immissione nei ruoli della polizia di Stato non ha comportato l’ablazione di un diritto della persona costituzionalmente garantivo, identificabile nel diritto al lavoro, né risulta provato – neppure per presunzioni – che il ritardo nell’assunzione abbia alterato il normale svolgimento della sua esistenza all’interno della compagine familiare e nell’ambiente lavorativo (Cons. Stato Sez. III 4 giugno 2013 n. 3049).
In conclusione, per i suesposti motivi, il ricorso impugnatorio deve essere respinto mentre deve essere accolta in parte la domanda risarcitoria, nei termini indicati in motivazione.
Le spese seguono la soccombenza, anche se parziale, e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Ter)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
così dispone:
-- respinge la domanda di annullamento ed accoglie in parte, nei termini indicati in motivazione, la domanda risarcitoria;
-- condanna l’Amministrazione resistente al pagamento delle spese processuali che quantifica in complessivi € 1.500,00 (millecinquecento/00) oltre accessori di legge, da corrispondere al difensore del ricorrente, dichiaratosi antistatario.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 maggio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Savo Amodio, Presidente
Stefania Santoleri, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/07/2015
Re: Concorso in Polizia di Stato. Donne e tatuaggi sul corpo
PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201601728 - Public 2016-07-27-
"arruolamento di volontari in ferma prefissata di 1 anno – VFP1 – nell’Aeronautica Militare".
Il Ministero della Difesa con apposita relazione ha riferito sulla vicenda, rilevando l’assoluta genericità delle argomentazioni proposte e, comunque, l’infondatezza del gravame, atteso che il candidato non aveva prodotto, nella domanda di partecipazione al concorso, il giudizio conseguito nel diploma d’istruzione secondaria di I° grado, indispensabile per la predisposizione della graduatoria di merito del concorso.
Aggiunge che la lex specialis vincolava l’Amministrazione ad emettere un provvedimento di esclusione, non essendo prevista alcuna deroga al riguardo.
In ordine alle questioni poste, si ritiene di condividere le argomentazioni sviluppate dal Ministero, in quanto le disposizioni del bando di concorso, effettivamente, non consentivano deroghe e/o eccezioni all’obbligo non soltanto di dichiarazione del diploma conseguito, ma anche di indicazione del giudizio conseguito alle scuole medie, che aveva valore anche ai fini della costruzione della graduatoria.
Ne discende che il ricorso, in quanto infondato, deve essere respinto.
P.Q.M.
Esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Sergio Fina Luigi Carbone
IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà
Re: Concorso in Polizia di Stato. Donne e tatuaggi sul corpo
OMISSIS
Premesso e considerato.
Il ricorrente si è gravato avverso il provvedimento di esclusione dalla procedura di reclutamento di cui in oggetto.
In particolare, -OMISSIS-, il medesimo veniva giudicato non idoneo per “marcata cifosi dorsale accertata radiologicamente”.
Avverso tale provvedimento, -OMISSIS-, l’interessato ha proposto il ricorso straordinario in argomento, -OMISSIS-, con cui ne ha chiesto l’annullamento per violazione di legge e del principio di buona amministrazione, nonché per eccesso di potere.
La relazione è stata inviata al ricorrente, senza che pervenisse notizia di repliche o controdeduzioni.
Il ricorso non può essere accolto.
La situazione patologica purtroppo diagnosticata in ordine all’interessato (trattandosi di cifosi dorsale tra 55° e 60°) ha comportato, inevitabilmente, l’attribuzione del coefficiente LS4 ai sensi del cod. 217 della Direttiva tecnica per il profilo sanitario dei soggetti idonei al servizio militare, emanata dalla Direzione generale della sanità militare -OMISSIS-.
Il bando di concorso chiariva, senza margini di dubbio alcuno, che sarebbero stati giudicati idonei i concorrenti con coefficiente fino a 1-2.
Il provvedimento contestato, dunque, concordemente alle conclusioni dell’Amministrazione riferente, risulta essere stato adottato doverosamente e in piena legittimità dalla preposta Commissione medica, eseguiti gli accertamenti specialistici di rito stabiliti dall’avviso di reclutamento.
Il ricorso, in definitiva, dati anche i ben ristretti limiti di sindacabilità consentiti all’odierno Giudice, deve essere respinto, con assorbimento della connessa istanza cautelare.
P.Q.M.
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