Computo delle due ore di lavoro straordinario

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Computo delle due ore di lavoro straordinario

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per opportuna notizia,

1) - ha adito questa Corte lamentando la mancata riliquidazione del trattamento pensionistico, dovuta quale effetto del riconoscimento del diritto alla rideterminazione della base pensionabile “con il computo delle due ore di lavoro straordinario prestato, ai sensi dell’art. 7 del D.P.R. 69/1984”, (come stabilito dal T.A.R. Lazio, con sentenza n. 2740 del 2 novembre 1999).
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SICILIA SENTENZA 291 05/05/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SICILIA SENTENZA 291 2017 PENSIONI 05/05/2017



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SICILIANA

IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Paolo Gargiulo
ha pronunciato la seguente

S E N T E N Z A 291/2017

nel giudizio in materia di pensioni militari iscritto al n. 62062 del registro di segreteria;

INTRODOTTO con ricorso, depositato il 21 ottobre 2014, proposto da O. C. nato a OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. Giuseppe Biondo ed elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avv. Santi Magazzù, in Palermo, via Mario Rutelli, n. 38;

CONTRO:

• l’Istituto Nazionale Previdenza Sociale (I.N.P.S.) - quale successore, per effetto dell’articolo 21, comma 1 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, convertito, con modificazioni, nella legge 22 dicembre 2011, n. 214, dell’Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica (I.N.P.D.A.P.) – rappresentato e difeso dall’avv. Adriana Giovanna Rizzo ed elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura I.N.P.S. di Palermo, in via Laurana, n. 59;

• il Ministero dell’interno;

PER la rideterminazione della pensione privilegiata.

VISTO il ricorso e gli altri documenti di causa;

UDITO, alla pubblica udienza del 20 aprile 2017, con l’assistenza del Segretario sig.ra Caterina Maniscalco, l’avv. Maria Grazia Sparacino, in sostituzione dell’avv. Adriana Giovanna Rizzo, per l’I.N.P.S..

Ritenuto in

F A T T O

La parte ricorrente - ex Assistente Capo della Polizia di Stato, titolare, dapprima, di pensione ordinaria diretta dal 6 febbraio 1984 (decreto del Prefetto di Roma n. 10454 del 14 novembre 1988), poi, dal 6 febbraio 1984 al 5 febbraio 1988, di assegno privilegiato di ottava categoria (decreto del Ministero dell’interno n. 1609 del 22 febbraio 1991) e, infine, dal 6 febbraio 1988 di pensione privilegiata di ottava categoria a vita (decreto del Ministero dell’interno n. 3788 del 20 maggio 1993) - ha adito questa Corte lamentando la mancata riliquidazione del trattamento pensionistico, dovuta quale effetto del riconoscimento del diritto alla rideterminazione della base pensionabile “con il computo delle due ore di lavoro straordinario prestato, ai sensi dell’art. 7 del D.P.R. 69/1984”, (come stabilito dal T.A.R. Lazio, con sentenza n. 2740 del 2 novembre 1999).

La difesa della parte ricorrente, formulata richiesta di nomina di C.T.U. “in caso di contestazione”, chiede, pertanto, il riconoscimento del diritto del suo assistito “ad avere erogata la pensione privilegiata di VIII categoria in aggiunta a quella ordinaria, cosi come integrata giusta sentenza n. 2470 del 2 novembre 1999, resa dal Tar – Regione Lazio, con decorrenza dal riconoscimento del diritto e maggiorata degli interessi e rivalutazione monetaria, come per legge, sino al soddisfo”, con consequenziale condanna dell’Ente previdenziale “a corrispondere al Sig. C.O. la pensione privilegiata” nei termini richiesti; con vittoria di spese, competenze e onorari.

Con memoria depositata il 18 novembre 2016, si è costituito l’I.N.P.S., sostenendo l’inammissibilità del ricorso per difetto di interesse, poiché:

• “Il Ministero dell’Interno con decreto del 10.03.2011 ha riliquidato il trattamento pensionistico di privilegio spettante al ricorrente alla stregua della sentenza del TAR LAZIO n. 2470 del 02.11.1999, rimettendo alla competenza dell'Inpdap - ora Inps – il pagamento della pensione spettante dalla data di collocamento in congedo e dei relativi arretrati”;

• “L’Ente previdenziale con lotto di lavorazione n. 1 del 04.01.2012 ha disposto, a valere sulla rata di Febbraio 2012, il pagamento della pensione di privilegio così come riliquidata dal Ministero, comprensiva di arretrati”.

La difesa dell’I.N.P.S. – dopo aver precisato che “il trattamento pensionistico annuo complessivo percepito da parte ricorrente è di € 20.106,36, importo comprensivo sia della pensione ordinaria sia della pensione privilegiata, pari quest'ultima al 10% dell'importo annuo lordo” – conclude, pertanto, chiedendo che il ricorso sia dichiarato inammissibile per carenza di interesse all’azione, con vittoria di spese e competenze, e opponendosi alla richiesta di C.T.U..

Alla pubblica udienza del 29 novembre 2016, il giudice - rilevato che il ricorso era stato rivolto all’I.N.P.S. e al Ministero dell'interno e che lo stesso era stato, però, notificato solo al primo – ha ordinato alla parte ricorrente di notificare gli atti anche al Ministero dell'interno.

Con memoria depositata il 18 aprile 2017, si è costituito il Ministero dell’interno, ricostruendo l’intera vicenda pensionistica dell’interessato ed evidenziando, in particolare, riguardo all’oggetto della controversia, che <con D.M. n. 472 del 10/03/2011 in adesione al dettato della sentenza del T.A.R. Lazio n. 2470 del 02/11/1999 è stato rideterminato il trattamento privilegiato in godimento con l’inclusione nella base pensionabile dell'importo delle “due ore di straordinario obbligatorio” rapportato all’anno in cui il dipendente è cessato dal servizio>.

Conclude, pertanto, il Ministero dell’interno chiedendo il rigetto del ricorso, “con condanna del ricorrente al pagamento delle spese di giudizio per lite temeraria”.

Alla pubblica udienza del 20 aprile 2017, la difesa dell’I.N.P.S. ha richiamato gli atti.

La causa è stata, quindi, posta in decisione, come da verbale d’udienza.

Considerato in

D I R I T T O

1. I ricorso non può trovare accoglimento, poiché - secondo quanto affermato e documentato dall’I.N.P.S. e dal Ministero dell’interno, come descritto in fatto, e non contestato dal ricorrente - la pretesa qui azionata non era rimasta insoddisfatta.

Quest’ultima, in particolare, secondo quanto emerge dalla lettura dell’atto introduttivo e dai relativi allegati, ha tratto, evidentemente, origine da una mancata comprensione degli atti, per fronteggiare la quale il ricorrente si era rivolto, in via stragiudiziale, alle odierne Amministrazioni resistenti (atto datato 14 luglio 2013), mostrando di conoscere, fra gli altri, il citato decreto ministeriale del 10 marzo 2011, adottato per dare attuazione alla citata decisione del Giudice amministrativo, e chiedendo di “inviare specifica di quanto viene erogato mensilmente per pensione ordinaria, quanto per pensione privilegiata VIII categoria ed, ancora, quanto per rideterminazione della stessa, sulla scorta della Sentenza n. 2470/99, resa dal TAR Regione Lazio” e, “ove la pensione ordinaria non fosse stata integrata con quella privilegiata, così come rivalutata, [di] provvedere alla sua erogazione con decorrenza dalla presentazione della domanda, all’effettivo soddisfo”.

La domanda conoscitiva non ha, però, trovato soddisfazione, atteso che le risposte ricevute – peraltro fornite dal solo Ministero dell’interno (nota del 3 luglio 2012, in risposta a una istanza del 17 marzo precedente; nota del 18 settembre 2013, in risposta al predetto atto del 14 luglio 2013) – hanno, sostanzialmente, offerto all’odierno ricorrente informazioni a lui già note, sicché la predetta situazione di mancata comprensione degli atti è rimasta, di fatto, immutata.

Appare, pertanto, giusto compensare le spese tra le parti.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Siciliana in composizione monocratica, in funzione di Giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando:

1) respinge il ricorso;

2) compensa le spese.

Ai sensi dell’articolo 429, primo comma, c.p.c., fissa il termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.

Manda alla Segreteria per gli adempimenti conseguenti.
Così deciso in Palermo, nella camera di consiglio del 20 aprile 2017.
Il Giudice
F.to Paolo Gargiulo

Depositata in segreteria nei modi di legge
Palermo, 03 maggio 2017


Pubblicata il 5 maggio 2017


IL FUNZIONARIO DI CANCELLERIA
F.to Piera Maria Tiziana Ficalora


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Re: Computo delle due ore di lavoro straordinario

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Appello Min. Int. ACCOLTO
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201705750 - Public 2017-12-06 -

Pubblicato il 06/12/2017


N. 05750/2017REG.PROV.COLL.
N. 07144/2010 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 7144 del 2010, proposto dal Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

contro
i signori Mario Gallo, Alfio Albini, Nicolò Arcodia, Francesco Barile, Fortunato Rosario Bastiano, Cosimo Damiano Bonardi, Angelo Matteo Bubici, Elio Carminati, Giuseppe Corna, Enza De Rui, Barbara Di Maio, Anselmo Marco Felitti, Luca Gabrielli, Luca Gambin, Claudio Gervasoni, Ermes Ghidinelli, Massimo Guareschi, Salvatore Infantino, Valerio Inglese, Alessandro Logrenzi, Vincenzo Locantore, Antonio Marini, Calogero Marotta, Gerardo Del Mastro, Antonio Modesti, Arcangelo Monopoli, Michelangelo Mulliri, Massimo Angelo Nessi, Lucio Noli, Giuseppe Pisano, Matteo Preda, Lauro Resmini, Giuseppe Soave, William Susca, Carmela Tulipano, Paolo Vitali, Massimo Cianfrini, non costituiti in giudizio;

per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - SEZ. STACCATA DI BRESCIA: SEZIONE I, n. 1191/2009, resa tra le parti, concernente il computo n. 2 ore obbligatorie di straordinario fisso nella tredicesima mensilità;


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 21 novembre 2017 il Cons. Gabriele Carlotti e udito, per le parti, l’avvocato dello Stato Attilio Barbieri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO

1.) Il Ministero dell’Interno ha impugnato la sentenza, di estremi specificati in epigrafe, con la quale il T.a.r. per la Lombardia, sezione staccata di Brescia, ha accolto in parte il ricorso proposto in primo grado dagli odierni appellati, tutti appartenenti alla Polizia di Stato (e in servizio presso la Questura di Bergamo all’epoca di proposizione del ricorso originario), onde ottenere l'accertamento e la declaratoria del diritto al computo delle due ore di straordinario obbligatorio prestate ai sensi dell'art. 63 della legge n. 121/1981, dell'art. 7 del d.P.R. n. 69/1984 e dell'art. 1 del d.P.R. n. 234/1988, ai fini della rideterminazione della tredicesima mensilità, del trattamento di fine rapporto e di quiescenza, con riconoscimento anche della rivalutazione monetaria, sulla base degli indici ISTAT, delle maggiori somme spettanti sui singoli ratei considerati, oltre interessi al saggio legale su tali somme.

2.) Con la sentenza appellata, il T.a.r. ha disatteso le preliminari eccezioni, sollevate dal Ministero, in punto di inammissibilità del ricorso originario per difetto di interesse e di difetto di giurisdizione. Nel merito, il Tribunale amministrativo ha respinto l’impugnativa degli interessati per il periodo anteriore al 31 dicembre 1995 (in quanto le due ore di straordinario, fino a quella data, erano espressamente definite come lavoro straordinario) ed ha accolto il ricorso per il periodo successivo, con riferimento al computo della tredicesima mensilità, dell'indennità di buonuscita e del trattamento pensionistico.

Secondo il T.a.r., infatti, a partire dal 31 dicembre 1995, le ore aggiuntive erano state incluse a pieno titolo nella retribuzione tabellare, con dirette conseguenze sulla tredicesima mensilità. Essendo divenute in questo modo elementi tipici della retribuzione, le ore aggiuntive avevano contemporaneamente acquisito la caratteristica necessaria per essere computate nella base pensionabile e ai fini della indennità di buonuscita.

3.) Il Ministero dell’Interno ha proposto i seguenti motivi d’appello:

I.) inammissibilità del ricorso di primo grado, perché non notificato anche all’INPDAP (quale ente debitore della prestazione previdenziale richiesta);

II.) inammissibilità del ricorso di primo grado per difetto di interesse;

III.) difetto della giurisdizione amministrativa;

IV.) infondatezza nel merito del ricorso di primo grado.

4.) Gli appellati non si sono costituiti. Con memoria depositata il 31 ottobre 2017, il Ministero ha ribadito le proprie difese.

5.) All’udienza pubblica del 21 novembre 2017, la causa è stata trattenuta in decisione.

DIRITTO

6.) Per la comprensione delle questioni al centro del contendere, va riferito che i ricorrenti in primo grado richiesero che fossero computate nella tredicesima mensilità e, conseguentemente, nel trattamento di fine rapporto e di quiescenza, due ore aggiuntive obbligatorie, svolte in modo continuativo, qualificate tuttavia sul piano retributivo come prestazioni di lavoro straordinario e, quindi, non computate ai fini della tredicesima mensilità, dell’indennità di buonuscita e del trattamento di quiescenza.

Il T.a.r. ha accolto in parte il ricorso, affermando che, fino al 31 dicembre 1995, le dette ore aggiuntive erano espressamente qualificate come lavoro straordinario e, quindi, non potevano essere computate ai fini degli istituti richiamati dagli interessati; difatti, solo a decorrere dal 31 dicembre 1995, per effetto dell’art. 12, comma 2, del d.P.R. 31 luglio 1995, n. 395, si sarebbe avuta una definitiva strutturazione delle suddette ore nell’orario di lavoro ordinario.

A partire da tale data, pertanto, secondo il T.a.r. le ore aggiuntive in parola divennero utili per il calcolo della tredicesima mensilità; inoltre, essendo state incluse a pieno titolo nella retribuzione tabellare, tali ore aggiuntive divennero altresì computabili, in quanto ormai consistenti in elementi tipici della retribuzione, nella base pensionabile e ai fini dell'indennità di buonuscita.

7.) In via logicamente prioritaria, va esaminata e respinta la sollevata eccezione di difetto della giurisdizione amministrativa, riproposta col primo motivo d’appello.

Ed invero, il Ministero ritiene che la controversia rientrerebbe nell’alveo di cognizione riservato alla Corte dei conti. Sennonché in più occasioni questo Consiglio ha osservato che resta esclusa dalla giurisdizione contabile, in costanza di un rapporto di servizio, la cognizione della materia connessa col rapporto di pubblico impiego, come la determinazione della base pensionabile e dell’indennità di buonuscita (Cons. Stato, sez. VI, 16 settembre 2008, n. 4364; Cons. Stato, sez. IV, 23 febbraio 1998, n. 329; Cons. Stato, sez. VI, 22 ottobre 2002, n. 5805).

8.) Va respinta anche l’altra eccezione di difetto di interesse, formulata con l’atto d’appello.

Sostiene, invero, il Ministero che gli originari ricorrenti avrebbero introdotto in prime cure un’inammissibile azione di accertamento, giacché sorretta da un interesse privo dei caratteri di concretezza e di attualità, atteso che essi potrebbero giungere a non maturare il diritto a pensione.

Il Collegio ritiene che, ricadendo la controversia nell’alveo della giurisdizione amministrativa esclusiva, ben può essere proposta, al fine di superare un’incertezza in ordine alla sussistenza di un diritto, un’azione di accertamento avente ad oggetto la computabilità del c.d. ‘straordinario fisso’ ai fini di altri istituti quali la tredicesima mensilità, l’indennità di buonuscita e il trattamento pensionistico.

9.) Deve essere del pari respinto il motivo d’appello con cui è riproposta l’eccezione di inammissibilità del ricorso di primo grado, per non esser stato evocato in giudizio l’INPDAP. Invero, gli appellati, per come da essi dichiarato, erano in servizio all’epoca della proposizione del ricorso, sicché sarebbe stata superflua l’integrazione del contraddittorio nei confronti dell’ente previdenziale.

10.) Nel merito, l’appello va accolto nei sensi e nei limiti di seguito precisati.

Ed invero, in conformità a una consolidata giurisprudenza amministrativa e contabile, il T.a.r. ha escluso che, fino al 31 dicembre 1995, le ore aggiuntive potessero essere utilmente computate ai fini degli istituti della tredicesima mensilità, dell’indennità di buonuscita e del trattamento di quiescenza.

Correttamente, poi, il T.a.r. ha osservato che, con l'entrata in vigore del d.P.R. n. 395/1995 (artt. 12, comma 2, e 45, comma 2), le due ore di cui si è detto furono assimilate al lavoro ordinario. Sennonché, ad avviso del Collegio, il Tribunale non ha individuato tutte le conseguenze derivanti dalla circostanza che - in forza dell’art. 37, comma 4, dello stesso d.P.R. n. 395/1995 e con la medesima decorrenza del 31 dicembre 1995 - fu incrementata l'indennità mensile pensionabile dell'importo inerente al compenso per prestazione di lavoro straordinario obbligatorio e che, da allora, le prestazioni in parola non furono più compensate a parte, in quanto, per l’appunto, conglobate nella ridetta indennità (Cons. Stato, Sez. VI, 18 maggio 2009, n. 3052) e, pertanto, incluse nel trattamento di quiescenza e nella base di calcolo della tredicesima mensilità.

Da ciò discende che, con riferimento al periodo successivo al 31 dicembre 1995, il T.a.r. non avrebbe potuto condannare l’Amministrazione dell’interno a computare e a compensare separatamente le ore aggiuntive rispetto ai richiamati istituti, dal momento che, una volta rifluito nella predetta indennità pensionabile, tale orario di lavoro è stato sottoposto al regime giuridico previsto per l’intera indennità, che ne escludeva il computo ai fini dell’indennità di buonuscita (posto che l'elenco delle voci retributive da includere nella base contributiva della sunnominata indennità, ai sensi dell'art. 38 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, ha carattere tassativo, come evidenziato dall’Adunanza plenaria di questo Consiglio nella decisione del 17 settembre 1996, n. 19, nonché, tra i molti precedenti, dalle sentenze di questo Consiglio n. 5623/2003 e n. 3059/2009).

11.) Per le ragioni che precedono, l’appello risulta in parte fondato, sicché – in parziale riforma della sentenza impugnata – vanno respinte le pretese degli originari ricorrenti, volte ad ottenere benefici con riferimento al periodo successivo al 31 dicembre 1995.

La sentenza del T.a.r. va invece confermata quanto alla statuizione relativa al periodo anteriore a tale data, fermo restando che i relativi effetti si devono intendere prodotti esclusivamente con riferimento alle descritte situazioni di fatto obiettivamente sussistenti.

Nella particolarità della questione, si ravvisano giustificati motivi per compensare integralmente compensate tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando, accoglie l’appello n. 7144 del 2010 nei limiti e nei sensi precisati in motivazione e, per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado, con riferimento alle pretese degli interessati riguardanti il periodo successivo al 31 dicembre 1995.

Compensa integralmente tra le parti le spese del doppio grado del giudizio.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 21 novembre 2017, con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Gabriele Carlotti, Consigliere, Estensore
Giovanni Pescatore, Consigliere
Solveig Cogliani, Consigliere
Antonella Manzione, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Gabriele Carlotti Luigi Maruotti





IL SEGRETARIO
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