CC. Ore straordinario prestate in missione all'Estero

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CC. Ore straordinario prestate in missione all'Estero

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Per opportuna conoscenza c'è stata questa sentenza Negativa da parte del Tar Lazio nei confronti di un CC. in missione all'Estero:

N. 04026/2010 REG.SEN.
N. 17943/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 17943 del 2000, proposto dal signor A… A…., rappresentato e difeso dagli avv.ti ……., con domicilio eletto presso …… in Roma, via Archimede …;
contro
la Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;
per l'accertamento,
previa disapplicazione degli atti amministrativi con esso eventualmente contrastanti, del diritto a vedersi retribuire (mediante corresponsione della relativa indennità) le ore di straordinario prestate nello svolgimento di una missione all’estero.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio della p.a.;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 3 marzo 2010, il dott. Franco Angelo Maria De Bernardi e uditi – per le parti – i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Col ricorso in esame, l’interessato (appartenente all’Arma dei Carabinieri) ha chiesto l’accertamento del diritto a vedersi retribuire (mediante corresponsione della relativa indennità) le ore di straordinario (comprensivo anche del lavoro svolto durante le festività: e, comunque, nei giorni previsti per il riposo settimanale) prestate nello svolgimento di una missione all’estero.
All’esito della discussione svoltasi nella pubblica udienza del 3.3.2010, il Collegio – trattenuto il predetto ricorso in decisione – ne constata la sostanziale infondatezza.
Anche a non voler considerare (a tale riguardo) che l’interessato non ha fornito neppure un “principio di prova” atto ad avvalorare (documentalmente) la veridicità delle proprie asserzioni (ed è noto che chi intende far valere giudizialmente un diritto, in ispecie se di natura patrimoniale, ha l’onere – ex art.2697 c.c. – di dimostrare la sussistenza di tutti gli elementi costitutivi di questo), occorre – pur sempre – rilevare
-che non sembra potersi dubitare del fatto che l’A…… abbia beneficiato del trattamento economico previsto (appunto: per le missioni all’estero) dal R.D. 941/26;
-che il legislatore ha recentemente precisato che l’art.1 di tale Testo normativo (le cui disposizioni, in forza del principio di specialità, non possono che prevalere su quelle – incongruamente richiamate dal ricorrente – “di diritto comune”) si interpreta nel senso che un simile trattamento (da considerarsi, a pieno titolo, come “onnicomprensivo”) ha natura accessoria: ed è erogato, tra l’altro (si cita testualmente dall’art.39 vicies semel, comma 39, della legge 23.2.2006 n. 51), “in sostituzione dei compensi per il lavoro straordinario”.
Va, del resto, tenuto presente (a dimostrazione dell’assoluta logicità di una tale linea interpretativa: dalla quale, com’è agevole arguire, il Collegio non può comunque discostarsi)
-che le esigenze che rendono necessario l’invio in missione di un dipendente pubblico (in ispecie se militare) non possono certo esser parametrate sul normale orario di servizio del dipendente stesso e
-che (di regola) le eccedenze orarie che si riscontrano in occasione dello svolgimento di una missione (soprattutto se questa è effettuata all’estero) non sono connesse – a loro volta – con un’attività che presenta le stesse caratteristiche di quella ordinaria. (E sulla necessità – ai fini di cui è causa – di una simile coincidenza, cfr. – “ex multis” – C.d.S., IV, n.2684/06).
Non può, in ogni caso, sottacersi (ad ulteriore, e definitiva, confutazione delle asserzioni attoree)
-che, affinché una prestazione possa esser qualificata come “straordinaria”, occorre la sua preventiva autorizzazione: da rilasciarsi in relazione ad acclarate, e debitamente documentate, esigenze di servizio e
-che l’interessato non ha prodotto, al riguardo, alcun documento che possa ritenersi rispondente ai requisiti richiesti – sul punto – da una più che consolidata giurisprudenza.
E dunque; non risultando (neppure) quali siano stati – nell’ambito della durata complessiva della missione “de qua” – i periodi in cui è stata effettivamente svolta l’attività lavorativa dell’interessato, il ricorso in esame non può – appunto – che esser riconosciuto infondato: e, per ciò stesso, meritevole di reiezione.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
-rigetta il ricorso indicato in epigrafe;
-condanna il proponente al pagamento delle spese del giudizio: che liquida in complessivi 2000 euro:
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 3 marzo 2010, con l'intervento dei Magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Franco Angelo Maria De Bernardi, Consigliere, Estensore
Roberto Proietti, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/03/2010


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Re: CC. Ore straordinario prestate in missione all'Estero

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Sentenza negativa per le ore di straordinario fatte durante la missione estera MSU. Di queste per notizia ce ne sono altre uguali.

N. 10745/2010 REG.SEN.
N. 16511/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 16511 del 2000, proposto da C….. A…. (ed altri Carabinieri), rappresentati e difesi dagli avv.ti S… D.. P… e M…. G…., con domicilio eletto presso ……. in Roma, via Archimede, n….;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero della Difesa, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la declaratoria
del diritto dei ricorrenti a vedersi riconosciute e retribuite le ore di lavoro straordinario svolte nel periodo in cui hanno fatto parte della Multinational Specialized Unit — MSU, nella misura di 18 ore giornaliere eccedenti il normale orario di servizio;
in via meramente subordinata, per la declaratoria
del diritto dei ricorrenti a vedersi riconosciute e retribuite le ore di lavoro straordinario svolte nel periodo in cui hanno fatto parte della Multinational Specialized Unit — MSU, nonché l’indennità di cui all’art. 17, della legge 10.l0.1986 n. 668, per le ore in cui non vi è stato effettivo impiego operativo nella misura massima pari al 100% del compenso stabilito per ogni ora di lavoro straordinario;
per la condanna
dell’Amministrazione al pagamento delle suddette somme, maggiorate degli interessi e della rivalutazione monetaria, come per legge;
nonché, per l’annullamento
degli atti e provvedimenti con cui sono state determinate e liquidate le retribuzioni degli stessi nella parte in cui non prevedono la corresponsione del lavoro straordinario.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Presidenza del Consiglio dei Ministri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 marzo 2010 il dott. Roberto Proietti e uditi per le parti i difensori avv.to S….. D.. P….. per parte ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
I ricorrenti - appartenenti all’Arma dei Carabinieri - sono stati destinati a far parte del contingente italiano (Multinational Specialized Unit — MSU) operante in Kosovo a partire del 7 luglio 1999 con sede principale in Pristina e distaccamenti dislocati in varie località della Regione.
A causa della delicatezza e della drammaticità della situazione, sin
dall’inizio della missione le forze della MSU sono state interessate da una
condizione di massimo allarme. Siffatta espressa condizione di tutela militare è stata adottata direttamente dall’asse militare NATO-KFOR, con la conseguente forzata permanenza presso i rispettivi Comandi e distaccamenti e tassativo divieto della libera uscita.
Tale situazione di allerta e la forzata permanenza presso la base ha comportato che i ricorrenti sono stati impiegati costantemente anche oltre il normale
orario di servizio sia all’interno della base, sia su tutto il territorio di
competenza. Pertanto durante tutto l’arco delle 24 ore i ricorrenti sono stati impiegati in turni di servizi esterno e hanno offerto la totale ed incondizionata disponibilità
all’Amministrazione com’è facilmente rilevabile dai “memoriali del
servizio giornaliero” e dagli “ordini di servizio”.
Tuttavia, agli stessi non è stato corrisposto il compenso per il lavoro straordinario svolto, bensì, semplicemente: - una sommaria indennità giornaliera quantificata in relazione al livello retributivo, non superiore alle 30.000 lire; - l’indennità di servizio notturno pari a circa 3.000 lire.
Pertanto, i ricorrenti hanno proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe.
L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha eccepito il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri ed ha sostenuto l’infondatezza del ricorso chiedendone il rigetto.
All’udienza del 31 marzo 2010 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
1. Preliminarmente, il Collegio accoglie l’eccezione di difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri, proposta dalla Difesa erariale, considerando che il ricorso non attiene ad atti emanati o determinazioni assunte da tale Amministrazione.
2. Ciò posto, va considerato che al fine di sostenere le proprie ragioni, i ricorrenti hanno avanzato le seguenti censure: violazione e falsa applicazione della legge n. 241/90, artt. 1, 3, 7 e ss. anche in relazione agli artt. 2, 3, 32, 36 e 97 della Costituzione; - violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e ss. del R.D.L. n. 692/23; - violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1375, 2087, 2108 e ss. del codice civile; - violazione e falsa applicazione della legge n. 668/86, art. 17; - violazione e falsa applicazione del D.P.R. 16/3/1999 n. 254; - violazione e falsa applicazione della legge n. 121/81, artt. 63 e ss.; - eccesso di potere sotto diversi profili.
In particolare, è stato evidenziato che, l’impiego dei ricorrenti costantemente a disposizione dell’Amministrazione durante tutto l’arco delle 24 ore, non rientra nel concetto di reperibilità, in quanto gli interessati hanno assicurato una presenza e disponibilità totale con impegno assiduo e continuativo durante tutto l’arco della giornata, con sostanziale privazione di qualsiasi possibilità di movimento o di partecipazione alla vita sociale.
Tale impegno è stato compensato dall’Amministrazione con la corresponsione di una indennità giornaliera che al netto ammonta a circa 700.000 lire mensili per ciascun ricorrente, cui deve aggiungersi l’indennità notturna di circa 3.000 lire, in applicazione dell’art. 17 della legge 10 ottobre 1986, n. 121.
Detta conclusione appare errata in quanto la normativa richiamata non appare applicabile al caso di specie perché il servizio svolto non può essere qualificato come “servizio interno di caserma”, trattandosi di servizio in di pronto intervento 24 ore su 24, svolto per espletare compiti propri affidati anche al di fuori della base. Inoltre, anche quando i ricorrenti sono rimasti all’interno della base non sono stati addetti a generici “servizi interni di caserma”.
Non si tratta, in sostanza, di prestazioni occasionali o saltuarie richieste in aggiunta al normale orario di servizio, ma di un impegno straordinario caratterizzato da continuità e assiduità oltre l’orario di lavoro, che ha comportato un logorio fisico e psichico tale da non consentire in alcun modo al ricorrenti né di ricostituire a sufficienza le energie biopsichiche né di partecipare liberamente e pienamente alla vita sociale.
Né si può sostenere la non cumulabilità del lavoro straordinario in questione con il trattamento di missione previsto dai diversi decreti legge che hanno autorizzato la missione, perché tale indennità – prevista e assegnata ai sensi della disciplina contenuta nel R.D. 3 giugno 1926, n. 94 - è attribuita in aggiunta allo stipendio, ovvero alla paga e ad altri assegni a carattere fisso e continuativo, in cui rientrano anche le somme dovute a titolo di straordinario erogate proprio per compensare il lavoro effettuato oltre il normale orario di servizio, indipendentemente dal luogo (sia esso in l’aria ovvero all’Estero) di effettivo svolgimento. Mentre, al contrario, l’indennità di missione è diretta a coprire le maggiori spese che i militari, per il solo fatto di dover risiedere all’estero, sia pure temporaneamente, devono sopportare per le esigenze quotidiane di vita.
Infine, i ricorrenti hanno rilevato come l’interpretazione fornita dall’Amministrazione sembra violare i precetti fondamentali di eguaglianza, buon andamento ed esattezza della retribuzione in relazione alla quantità e qualità della prestazione fornita dal lavoratore, nonché i più elementari principi in tema di interpretazione della disciplina contrattuale oggetto delle disposizioni contenute nel codice civile sopra richiamate.
3. L’Amministrazione resistente ha sostenuto l’infondatezza delle domande avanzate dai ricorrenti osservando che all’epoca dei fatti i militari erano comandati in missione ai sensi del R.D. n. 941/1926 e, quindi, hanno percepito una ‘diaria giornaliera’ che ha coperto l’intero arco della giornata, a prescindere dal numero di ore d’impiego.
A fronte di ciò, il concetto di lavoro straordinario in missione all’estero non è previsto da nessuna disposizione normativa, sicché nulla si può riconoscere a tale titolo ai ricorrenti.
Del resto, per la missione espletata dai ricorrenti, così come per altre missioni analoghe sotto tale profilo, il legislatore ha stabilito la misura del trattamento economico senza fare riferimento a particolari orari di servizio e/o a lavoro straordinario, mentre con la direttiva del 28.6.1996 di Segredifesa e con la circolare 298/01 – BL/1385 del 20.2.1991, l’Amministrazione ha stabilito che le attività in eccedenza rispetto al normale orario di lavoro, espletate dal personale militare inviato in missione all’estero, non danno luogo al compenso per lavoro straordinario, perché il trattamento di missione è da considerare onnicomprensivo.
4. A parere del Collegio, il ricorso è infondato e va respinto per le ragioni di seguito indicate.
I ricorrenti hanno chiesto l’accertamento del diritto a vedersi retribuire le ore di straordinario prestate nello svolgimento di missioni all’estero.
Per loro stessa ammissione, però, gli interessati sono stati destinatari del trattamento economico previsto per le missioni all’estero dal R.D. n. 941/1926 e tale circostanza è stata confermata in giudizio dall’Amministrazione.
Al riguardo, il legislatore ha precisato che l’art. 1 del R.D. n. 941/1926 deve essere interpretato nel senso che un simile trattamento ha natura accessoria ed è erogato, tra l’altro “in sostituzione dei compensi per il lavoro straordinario” (art.39 vicies semel, comma 39, della legge 23.2.2006 n. 51).
Tale disposizione conferma la correttezza dell’operato dell’Amministrazione, la quale, già con la direttiva del 28.6.1996 di Segredifesa e con la circolare 298/01 – BL/1385 del 20.2.1991, aveva stabilito che le attività in eccedenza rispetto al normale orario di lavoro, espletate dal personale militare inviato in missione all’estero, non danno luogo al compenso per lavoro straordinario, perché il trattamento di missione è da considerare onnicomprensivo.
Del resto, le esigenze che rendono necessario l’invio in missione di un dipendente pubblico (anche se militare) non possono essere parametrate sul normale orario di servizio del dipendente stesso, anche perché, normalmente, le eccedenze orarie che possono riscontrarsi in occasione dello svolgimento di una missione (soprattutto se effettuata all’estero) non sono connesse con un’attività che presenta le stesse caratteristiche di quella ordinaria (sulla necessità – ai fini di cui è causa – di una simile coincidenza, cfr. C.d.S., IV, n.2684/06).
Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato e debba essere respinto.
Le oscillazioni giurisprudenziali verificatesi (in passato) “in subjecta materia”, ed il fatto che l’“interpretazione autentica” di cui si è testé fatto cenno sia relativamente recente, inducono a compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione I^ bis:
- dichiara il difetto di legittimazione passiva della Presidenza del Consiglio dei Ministri;
- respinge il ricorso;
- dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;
- ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 marzo 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Roberto Proietti, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: CC. Ore straordinario prestate in missione all'Estero

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ALTRA SENTENZA COME QUELLA DI PRIMA "MSU".
Sentenza negativa per le ore di straordinario fatte durante la missione estera K FOR. Di queste per notizia ce ne sono altre uguali.

N. 10742/2010 REG.SEN.
N. 13931/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 13931 del 2000, proposto
da R…. T….., rappresentato e difeso dall’avv. V… S…. O…., con domicilio eletto presso il difensore in Roma, via Angelo Emo n. …;
e da, F…. G……, ( ed altri Carabinieri) ( e nuovamente altri Carabinieri difesi questa volta da altri legali) rappresentati e difesi dagli avv.ti S….. D… P…. e V….. I….., con domicilio eletto presso L…. D…. M….. in Roma, via Archimede, n…;
contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri e Ministero della Difesa, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per la declaratoria
del diritto dei ricorrenti a vedersi riconosciute e retribuite le ore di lavoro straordinario svolte nel periodo in cui hanno fatto parte della Multinational Brigade West in Kosovo — K FOR — Carabinieri Military Police, nella misura di 18 ore giornaliere eccedenti il normale orario di servizio;
in via meramente subordinata, per la declaratoria
del diritto dei ricorrenti a vedersi riconosciute e retribuite le ore di lavoro straordinario svolte nel periodo in cui hanno fatto parte della Multinational Brigade West in Kosovo — K FOR — Carabinieri Military Police, nonché l’indennità di cui all’art. 17, della legge 10.l0.1986 n. 668, per le ore in cui non vi è stato effettivo impiego operativo nella misura massima pari al 100% del compenso stabilito per ogni ora di lavoro straordinario;
per la condanna
dell’Amministrazione al pagamento delle suddette somme, maggiorate degli interessi e della rivalutazione monetaria, come per legge;
nonché, per l’annullamento
degli atti e provvedimenti con cui sono state determinate e liquidate le retribuzioni degli stessi nella parte in cui non prevedono la corresponsione del lavoro straordinario.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 marzo 2010 il dott. Roberto Proietti e uditi per le parti i difensori avv.to S…. D… P…. per parte ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
I ricorrenti - appartenenti all’Arma dei Carabinieri - sono stati destinati a far parte del contingente italiano (Compagnia CC di M.P.) operante in Kosovo a partire del 14 giugno 1999 con sede principale in Pec. In particolare, alla Compagnia di M.P. sono stati attribuiti delicati compiti di Polizia Giudiziaria ed Ordine Pubblico oltre a quello specifico di Polizia Militare di Pec, Decane, Dakovica, Istok e Klina.
A causa della delicatezza e della drammaticità della situazione, sin
dall’inizio della missione la Compagnia di M.P. è stata interessata da una
condizione di massimo allarme. Siffatta espressa condizione di tutela militare è stata adottata direttamente dall’asse militare NATO-KFOR, con la conseguente forzata permanenza presso i rispettivi Comandi e distaccamenti e tassativo divieto della libera
uscita.
Tale situazione di allerta e la forzata permanenza presso la base ha comportato che i ricorrenti sono stati impiegati costantemente anche oltre il normale
orario di servizio sia all’interno della base, sia su tutto il territorio di
competenza. Pertanto durante tutto l’arco delle 24 ore i ricorrenti sono stati impiegati in turni di servizi esterno e hanno offerto la totale ed incondizionata disponibilità
all’Amministrazione com’è facilmente rilevabile dai “memoriali del
servizio giornaliero” e dagli “ordini di servizio”.
Tuttavia, agli stessi non è stato corrisposto il compenso per il lavoro straordinario svolto, bensì, semplicemente: - una sommaria indennità giornaliera quantificata in relazione al livello retributivo, non superiore alle 30.000 lire; - l’indennità di servizio notturno pari a circa 3.000 lire.
Pertanto, i ricorrenti hanno proposto ricorso dinanzi al TAR del Lazio, avanzando le domande indicate in epigrafe.
L’Amministrazione resistente, costituitasi in giudizio, ha sostenuto l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto il rigetto.
All’udienza del 31 marzo 2010 la causa è stata trattenuta dal Collegio per la decisione.
DIRITTO
1. Al fine di sostenere le proprie ragioni, i ricorrenti hanno avanzato le seguenti censure: violazione e falsa applicazione della legge n. 241/90, artt. 1, 3, 7 e ss. anche in relazione agli artt. 2, 3, 32, 36 e 97 della Costituzione; - violazione e falsa applicazione degli artt. 5 e ss. del R.D.L. n. 692/23; - violazione e falsa applicazione degli artt. 1175, 1375, 2087, 2108 e ss. del codice civile; - violazione e falsa applicazione della legge n. 668/86, art. 17; - violazione e falsa applicazione del D.P.R. 16/3/1999 n. 254; - violazione e falsa applicazione della legge n. 121/81, artt. 63 e ss.; - eccesso di potere sotto diversi profili.
In particolare, è stato evidenziato che, l’impiego dei ricorrenti costantemente a disposizione dell’Amministrazione durante tutto l’arco delle 24 ore, non rientra nel concetto di reperibilità, in quanto gli interessati hanno assicurato una presenza e disponibilità totale con impegno assiduo e continuativo durante tutto l’arco della giornata, con sostanziale privazione di qualsiasi possibilità di movimento o di partecipazione alla vita sociale.
Tale impegno è stato compensato dall’Amministrazione con la corresponsione di una indennità giornaliera che al netto ammonta a circa 700.000 lire mensili per ciascun ricorrente, cui deve aggiungersi l’indennità notturna di circa 3.000 lire, in applicazione dell’art. 17 della legge 10 ottobre 1986, n. 121.
Detta conclusione appare errata in quanto la normativa richiamata non appare applicabile al caso di specie perché il servizio svolto non può essere qualificato come “servizio interno di caserma”, trattandosi di servizio in di pronto intervento 24 ore su 24, svolto per espletare compiti propri affidati dal Comando NATO-KFOR, anche al di fuori della base. Inoltre, anche quando i ricorrenti sono rimasti all’interno della base non sono stati addetti a generici “servizi interni di caserma”.
Non si tratta, in sostanza, di prestazioni occasionali o saltuarie richieste in aggiunta al normale orario di servizio, ma di un impegno straordinario caratterizzato da continuità e assiduità oltre l’orario di lavoro, che ha comportato un logorio fisico e psichico tale da non consentire in alcun modo al ricorrenti né di ricostituire a sufficienza le energie biopsichiche né di partecipare liberamente e pienamente alla vita sociale.
Né si può sostenere la non cumulabilità del lavoro straordinario in questione con il trattamento di missione previsto dai diversi decreti legge che hanno autorizzato la missione (DD.LL. nn. 12/99; 110/99, etc.), perché tale indennità – prevista e assegnata ai sensi della disciplina contenuta nel R.D. 3 giugno 1926, n. 94 - è attribuita in aggiunta allo stipendio, ovvero alla paga e ad altri assegni a carattere fisso e continuativo, in cui rientrano anche le somme dovute a titolo di straordinario erogate proprio per compensare il lavoro effettuato oltre il normale orario di servizio, indipendentemente dal luogo (sia esso in l’aria ovvero all’Estero) di effettivo svolgimento. Mentre, al contrario, l’indennità di missione è diretta a coprire le maggiori spese che i militari, per il solo fatto di dover risiedere all’estero, sia pure temporaneamente, devono sopportare per le esigenze quotidiane di vita.
Infine, i ricorrenti hanno rilevato come l’interpretazione fornita dall’Amministrazione sembra violare i precetti fondamentali di eguaglianza, buon andamento ed esattezza della retribuzione in relazione alla quantità e qualità della prestazione fornita dal lavoratore, nonché i più elementari principi in tema di interpretazione della disciplina contrattuale oggetto delle disposizioni contenute nel codice civile sopra richiamate.
2. L’Amministrazione resistente ha sostenuto l’infondatezza delle domande avanzate dai ricorrenti osservando che all’epoca dei fatti i militari erano comandati in missione ai sensi del R.D. n. 941/1926 e, quindi, hanno percepito una ‘diaria giornaliera’ che ha coperto l’intero arco della giornata, a prescindere dal numero di ore d’impiego.
A fronte di ciò, il concetto di lavoro straordinario in missione all’estero non è previsto da nessuna disposizione normativa, sicché nulla si può riconoscere a tale titolo ai ricorrenti.
Del resto, per la missione espletata dai ricorrenti, così come per altre missioni analoghe sotto tale profilo, il legislatore ha stabilito la misura del trattamento economico senza fare riferimento a particolari orari di servizio e/o a lavoro straordinario, mentre con la direttiva del 28.6.1996 di Segredifesa e con la circolare 298/01 – BL/1385 del 20.2.1991, l’Amministrazione ha stabilito che le attività in eccedenza rispetto al normale orario di lavoro, espletate dal personale militare inviato in missione all’estero, non danno luogo al compenso per lavoro straordinario, perché il trattamento di missione è da considerare onnicomprensivo.
3. A parere del Collegio, il ricorso è infondato e va respinto per le ragioni di seguito indicate.
I ricorrenti hanno chiesto l’accertamento del diritto a vedersi retribuire le ore di straordinario prestate nello svolgimento di missioni all’estero.
Per loro stessa ammissione, però, gli interessati sono stati destinatari del trattamento economico previsto per le missioni all’estero dal R.D. n. 941/1926 e tale circostanza è stata confermata in giudizio dall’Amministrazione.
Al riguardo, il legislatore ha precisato che l’art. 1 del R.D. n. 941/1926 deve essere interpretato nel senso che un simile trattamento ha natura accessoria ed è erogato, tra l’altro “in sostituzione dei compensi per il lavoro straordinario” (art.39 vicies semel, comma 39, della legge 23.2.2006 n. 51).
Tale disposizione conferma la correttezza dell’operato dell’Amministrazione, la quale, già con la direttiva del 28.6.1996 di Segredifesa e con la circolare 298/01 – BL/1385 del 20.2.1991, aveva stabilito che le attività in eccedenza rispetto al normale orario di lavoro, espletate dal personale militare inviato in missione all’estero, non danno luogo al compenso per lavoro straordinario, perché il trattamento di missione è da considerare onnicomprensivo.
Del resto, le esigenze che rendono necessario l’invio in missione di un dipendente pubblico (anche se militare) non possono essere parametrate sul normale orario di servizio del dipendente stesso, anche perché, normalmente, le eccedenze orarie che possono riscontrarsi in occasione dello svolgimento di una missione (soprattutto se effettuata all’estero) non sono connesse con un’attività che presenta le stesse caratteristiche di quella ordinaria (sulla necessità – ai fini di cui è causa – di una simile coincidenza, cfr. C.d.S., IV, n.2684/06).
Alla luce delle considerazioni che precedono il Collegio ritiene che il ricorso sia infondato e debba essere respinto.
Le oscillazioni giurisprudenziali verificatesi (in passato) “in subjecta materia”, ed il fatto che l’“interpretazione autentica” di cui si è testé fatto cenno sia relativamente recente, inducono a compensare tra le parti le spese di lite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sezione I^ bis:
- respinge il ricorso;
- dispone la integrale compensazione delle spese di giudizio fra le parti in causa;
- ordina che la presente sentenza sia eseguita dalla competente Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 marzo 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giuseppe Rotondo, Consigliere
Roberto Proietti, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: CC. Ore straordinario prestate in missione all'Estero

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Per notizia a quanti non lo sanno ancora:
Questa sentenza riguarda l’indennità di missione in Kosovo chiesta da alcuni colleghi CC.
Il Tar lo ha rigettato.

N. 13303/2010 REG.SEN.
N. 16513/2000 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 16513 del 2000, proposto da: V… M….. ed altri (come da allegato elenco), rappresentati e difesi dagli avv.ti S… D… P…. e V…. I….., con domicilio eletto presso ……. in Roma, via Archimede, n…;
contro
Ministero della Difesa e Presidenza del Consiglio dei Ministri, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
PER LA DECLARATORIA
del diritto all’indennità di missione di cui al RD 941/26, come determinata dal DM 30.08.1999, nella misura del 100% e per la conseguente condanna delle amministrazioni resistenti al pagamento della differenza del 20% per tutta la durata della missione per ciascun ricorrente, con interessi e rivalutazione monetaria come per legge.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio delle Amministrazioni intimate;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 31 marzo 2010 il dott. Giuseppe Rotondo e udito l’avv.to S…. D…. P…… per parte ricorrente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame i ricorrenti, appartenenti tutti all’Arma dei carabinieri – dopo aver premesso di avere espletato attività lavorativa in Kosovo - chiedono accertarsi il proprio diritto a vedersi riconosciuta l’indennità di missione di cui al R.D. n. 941/1926 nella misura del 100% per tutta la durata della missione per ciascuno di essi, con interessi e rivalutazione monetaria come per legge, con condanna delle intimate amministrazioni al pagamento della differenza del 20% (10% a partire dal 1 gennaio 2000,così come previsto dall’art. 2 del D.L. 7/1/2000, n. 1), previa sospensione del giudizio e remissione degli atti alla Corte Costituzionale per ivi sentire dichiarare l’illegittimità costituzionale dell’art. 2, c. 1, D.L. n. 12/1999, dell’art. 1, c. 3, D.L. n. 110/1999, dell’art. 2, D.L. n. 180/1999, dell’art. 2, D.L. n. 371/1999 e dell’art. 2, D.L. n. 1/2000 tutti nella parte in cui riducono l’indennità di missione all’80% (90% dal 1/1/2000) agli appartenenti al contingente militare.
Giova premettere il quadro normativo di riferimento.
Il decreto-legge 28 gennaio 1999, n. 12, convertito in legge 29 marzo 1999, n. 77 – recante “Disposizioni urgenti relative a missioni internazionali di pace” – recita all’art. 1:
“1. È autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 1999 e fino al 31 dicembre 1999, la partecipazione di un contingente di 150 unità alla missione in Kosovo di osservatori dell'Organizzazione per la sicurezza e la cooperazione in Europa, in attuazione della risoluzione del Consiglio di sicurezza dell'Organizzazione delle Nazioni Unite n. 1203 del 24 ottobre 1998 (1).
2. È autorizzata, a decorrere dal 1° gennaio 1999 e fino al 31 dicembre 1999, la partecipazione di un contingente di 250 militari da inviare in Macedonia in appoggio alla missione di cui al comma 1”.
I ricorrenti appartengono a quest’ultima categoria di personale (contemplata nel secondo comma).
Il successivo art. 2 della suddetta legge così statuisce al comma 1: “. Al personale di cui all'articolo 1 è attribuito, in aggiunta allo stipendio ovvero alla paga e ad altri assegni a carattere fisso e continuativo, con decorrenza dalla data di entrata nel territorio o nelle acque territoriali della ex Jugoslavia e fino alla data di uscita dagli stessi, e comunque non oltre il 31 dicembre 1999, il trattamento di missione all'estero previsto dal regio decreto 3 giugno 1926, n. 941, e successive modificazioni, con corresponsione dell'indennità di missione, per tutta la durata del periodo, nella misura intera per il personale di cui al medesimo articolo 1, comma 1, e ridotta all'ottanta per cento per il personale di cui all'articolo 1, comma 2. Si applicano in materia di trattamento assicurativo le disposizioni previste dalla legge 18 maggio 1982, n. 301”.
I ricorrenti lamentano la disparità di trattamento tra essi ed il personale di cui al primo comma del menzionato art. 1. Ritengono ingiustificato, irragionevole e, perciò, in contrasto con i parametri della Costituzione il minore trattamento economico ad essi riservato dalla normativa.
In limine, va estromessa dal giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri per difetto di legittimazione passiva.
Nel merito, il ricorso è infondato.
I ricorrenti sono stati inviati in missione con compiti con compiti di “appoggio” agli “osservatori”; ebbene si tratta di funzioni, prerogative e responsabilità comunque diverse rispetto al contingente di personale di cui al primo comma dell’art. 1 sopra citato (ossia gli “osservatori”). Esiste pertanto - al di là del fatto formale che si tratti della medesima località e della stessa finalità di contribuire a ristabilire condizioni di pace - ontologica e funzionale differenza tra le due categorie di personale: l’una, inviata in qualità di “osservatori” con responsabilità operative, relazionali, referenziali ed in certo qual modo anche diplomatiche; l’altra, in “appoggio” ossia con compiti di mera assistenza e di supporto materiale. Una differenza sostanziale che già di per sé fonda una non omogenea situazione di fatto che rende non implausibile la diversità di trattamento.
I ricorrenti, come detto, sono stati inviati in missione con compiti di “appoggio” agli “osservatori; ad essi è stato riconosciuto il rimborso delle spese di vitto ed alloggio a carico dell’amministrazione. Ebbene, quale che sia stata la qualità del vitto e dell’alloggio usufruito o usufruibile in concreto, la sola circostanza che sia stato previsto tale beneficio giustifica, sul piano della astratta ragionevolezza della norma, la riduzione della indennità di missione.
Peraltro, la stessa riduzione dell’indennità, a fronte del rimborso delle spese di vitto e alloggio, è praticata in tutto il comparto del pubblico impiego e risponde ad un esigenza logica, prima ancora che giuridica, non potendosi consentire al suo beneficiario di locupletare lo stesso beneficio sotto voci apparentemente diverse, a fronte di una medesima causale di imputazione del rimborso.
Se poi la stessa riduzione non fosse stata praticata nei confronti degli “osservatori” (eventualmente ammessi, anch’essi, al rimborso delle spese di vitto ed alloggio), tale diversità di disciplina non fonderebbe certo, in questo giudizio, una diseguaglianza costituzionalmente rilevante ex art. 3 della Cost. dovendosi, semmai, sospettare della ragionevolezza della norma in ragione del “privilegio” eventualmente accordato alla categoria degli “osservatori”; ma una tale questione sarebbe irrilevante ai fini del decidere e comunque priva di interesse per i ricorrenti.
Esclusa la manifesta non infondatezza delle norme che regolano la fattispecie, avuto riguardo al profilo della loro non irragionevolezza (art. 3 Cost.) ed imparzialità (art. 97 Cost.), deve pure escludersi il sospetto di illegittimità costituzionale sotto il profilo della dedotta violazione dell’art. 36 Cost..
Non esiste nel nostro ordinamento un principio che imponga all’amministrazione (rectius, al datore di lavoro) di garantire parità di retribuzione e/o di inquadramento a tutti i lavoratori svolgenti le medesime mansioni, posto che l'art. 36 cost. si limita a stabilire il principio di sufficienza ed adeguatezza della retribuzione, prescindendo da ogni comparazione intersoggettiva. Tra l’altro, la proporzionalità ed adeguatezza della retribuzione non sono affatto pregiudicate dalla presenza o meno di indennità accessorie, occasionali e/o saltuarie, figurarsi poi dalla loro misura ed entità, siccome le stesse non incidenti sul trattamento economico fondamentale e non in grado, pertanto, di compromettere l’accesso ai bisogni primari dell’individuo.
Con riguardo ai pretesi benefici relativi ai recupero, compensi, monetizzazione giorni licenza non fruiti il collegio osserva che al trattamento economico del personale militare inviato in missione all’estero per l’espletamento di operazioni internazionali si applicano, per fatto di legge (D.L. n. 110/1999, art. 1, c. 3), le norme ed i principi fondamentali contenuti nel R.D. n. 941/1926 e nella L. n. 642/1961: ebbene, tra i principi fondamentali vi è anche l’omnicomprensività del trattamento economico fissato ad hoc per il personale interessato alla missione.
L’omnicomprensività è stata, altresì, sancita dalle disposizioni emanate in materia sia dallo Stato Maggiore Esercito (circolare 298/01-B1/1385 del 20/2/1991) che da Segredifesa (circolare n. 6522 del 21/6/1995).
La difesa erariale ha anche chiarito, con argomentazioni condivise dal collegio, che la direttiva COI-DO 005/99, previsiva della concessione di 2,5 giorni di riposo recupero per ogni mese di impiego nell’operazione “si inserisce in un quadro di disposizioni speciali proprio della situazione particolare da gestire e tipico dello status militare , quale disciplina di raccordo che concede le garanzie dettate a tutela del dipendente che presta la propria attività nell’ordinaria sede di servizio … Tali norme, finalizzate alla tutela ed al benessere del personale, non possono essere, però, invocate per suffragare un diritto al pagamento del corrispettivo per i giorni di riposo-recupero, anche in virtù del fatto che in via di principio generale la posizione di comandato è del tutto incompatibile con la posizione di “licenza”.
Va soggiunto, con riguardo al postulato pagamento della licenza non fruita, che la monetizzazione del beneficio è consentita nei soli casi previsti dall’art. 7 del DPR n. 394/1995 per le Forze di Polizia e dall’art. 11 del DPR n. 255/1999 per le Forze armate all’atto della cessazione del rapporto di lavoro, vale a dire per casi del tutto diversi e non assimilabili a quello controverso.
In conclusione, per quanto sin qui argomentato, il ricorso non è meritevole di accoglimento e va, pertanto, respinto.
Le spese di giudizio liquidate in dispositivo seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sezione 1^ bis, così decide:
-estromette dal giudizio la Presidenza del Consiglio dei Ministri;
-respinge, nei sensi in motivazione, il ricorso in epigrafe.
Condanna in solido i ricorrenti alla refusione delle spese di giudizio in favore delle amministrazioni evocate in giudizio che liquida in € 10.000,00.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 marzo 2010 con l'intervento dei Magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore
Roberto Proietti, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/05/2010
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Re: CC. Ore straordinario prestate in missione all'Estero

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Riconoscimento del diritto alla corresponsione del trattamento economico spettante per il servizio all'estero.

1)- L'appuntato scelto dell’Arma dei Carabinieri – chiede di percepire il trattamento economico spettante per il servizio all’estero con riferimento al livello retributivo V, posseduto presso l’arma dei Carabinieri ed a percepire l’indennità di servizio all’estero nella misura prevista dal DPR 11 agosto 1991, n. 457.

2)- Tale corrispondenza trova conferma, peraltro, nella tabella degli allineamenti economici tra personale del ministero della Difesa e quello degli Affari Esteri allegata alla legge 27 dicembre 1974, n. 838, ratione temporis vigente.
L’allegato 3 della citata legge prevedeva, infatti, le seguenti corrispondenze:
-appuntato dei Carabinieri/commesso capo;
-carabiniere/commesso.

Per completezza ecco la sentenza del Tar Lazio sulla problematica.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

29/02/2012 201202097 Sentenza 1B

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

N. 02097/2012 REG.PROV.COLL.
N. 04416/1994 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4416 del 1994, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Mario Contaldi, Claudio Dal Piaz, con domicilio eletto presso Mario Contaldi in Roma, via P.G. Da Palestrina, 63;
contro
Ministero della Difesa - Ministero degli Affari Esteri - rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per il riconoscimento del diritto alla corresponsione del trattamento economico spettante per il servizio all'estero.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero degli Affari Esteri;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Con il ricorso in esame, il ricorrente – appuntato scelto dell’Arma dei Carabinieri – chiede accertarsi il proprio diritto a percepire il trattamento economico spettante per il servizio all’estero con riferimento al livello retributivo V, posseduto presso l’arma dei Carabinieri ed a percepire l’indennità di servizio all’estero nella misura prevista dal DPR 11 agosto 1991, n. 457.
Egli premette in fatto che:
-è stato assegnato al Comando Carabinieri presso il Ministero degli Affari Esteri ed utilizzato presso l’Ambasciata d’Italia di Atene dal 14 marzo 1988 al 30 giugno 1992;
-presso l’Arma dei Carabinieri era titolare del trattamento economico corrispondente al V livello;
-la posizione d’impiego è stata individuata come corrispondente alla qualifica di commesso capo dell’amministrazione degli esteri;
-all’atto dell’attribuzione del trattamento economico per il servizio all’estero, l’amministrazione ha provveduto non all’assegnazione al ricorrente dell’importo previsto per il commesso capo, sibbene all’attribuzione dell’importo previsto per il commesso, e cioè per il dipendente inquadrato nel III livello;
-la reformatio in peius è ingiustificata alla luce della legge n. 838/1973, la cui tabella ad essa allegata prevede l’equiparazione dell’appuntato al commesso capo;
-con DPR n. 457/1991, inoltre, è stata determinata una revisione delle tabelle di corrispondenza tra le qualifiche possedute da ciascun impiegato all’interno e le qualifiche del ministero degli Affari Esteri, con ulteriore adeguamento indennitario;
-detto adeguamento non è stato corrisposto al ricorrente, che ha continuato a percepire l’indennità ai sensi del disposto del precedente DPR n. 18/1967.
Sia per l’adeguamento del trattamento indennitario che per l’annullamento del provvedimento negativo, il ricorrente propone l’odierno ricorso deducendo violazione degli artt. 1, 2 e 4 della legge n. 838/1973 con riferimento all’art. 171 del DPR n. 18/1967 nonché con riferimento agli artt. 1 e segg. del DPR n. 457/1991 ed all’art. 3 della legge n. 216/1992.
Si sono costitute le intimate amministrazioni.
L’Avvocatura di Stato ha depositato memoria per conto del Ministero della Difesa (28/10/2011) e documenti per conto del Ministero degli Affari Esteri.
Il ricorrente ha replicato con memoria depositata in data 11 novembre 2011.
All’udienza del 14 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
Il ricorso è fondato nei sensi che seguono.
Come chiarito dalla giurisprudenza amministrativa (con orientamento ormai consolidato), in caso di destinazione all'estero di personale militare ai sensi della legge 27 dicembre 1973 n. 838, gli inquadramenti nei livelli retributivi e le normative di riordino giuridico ed economico di carriera non influiscono sull'indennità di servizio all'estero, che resta determinata - anche in forza di quanto previsto dall'art. 1 comma 38, legge 28 dicembre 1995 n. 549 (norma di interpretazione autentica) - nella misura prevista per il posto/funzione indicato nel provvedimento formale di destinazione all'estero.
Ebbene, consta in fatto che:
-il ricorrente è appuntato scelto, titolare, presso l’amministrazione di appartenenza, del trattamento economico corrispondente al V livello;
-è stato assegnato al Comando Carabinieri presso il Ministero degli Affari Esteri e quivi utilizzato presso l’ambasciata d’Italia di Atene dal 14 marzo 1988 al 30 giugno 1992.;
-all’atto dell’attribuzione del trattamento economico per il servizio all’estero, l’amministrazione gli ha riconosciuto l’importo indennitario previsto per la figura del “commesso”, vale a dire per il dipendente inquadrato nel III livello.
Sennonché, la posizione d’impiego occupata dal ricorrente presso la sede di provenienza (appuntato scelto dell’arma) era stata individuata, dall’amministrazione degli Affari Esteri, come corrispondente alla qualifica di commesso capo (cfr documentazione versata in atti).
Tale corrispondenza trova conferma, peraltro, nella tabella degli allineamenti economici tra personale del ministero della Difesa e quello degli Affari Esteri allegata alla legge 27 dicembre 1974, n. 838, ratione temporis vigente.
L’allegato 3 della citata legge prevedeva, infatti, le seguenti corrispondenze:
-appuntato dei Carabinieri/commesso capo;
-carabiniere/commesso.
L’amministrazione ha attribuito al ricorrente l’importo indennitario corrispondente al terzo livello di commesso anziché quello corrispondente alla qualifica di commesso capo che, anche per allineamento alla figura dell’appuntato, prevede invece la quinta qualifica.
Tali circostanze – posto/funzione di “commesso capo” attribuito presso la sede di assegnazione; attribuzione dell’indennità di servizio all’estero commisurata, invece, al posto/funzione di “commesso” terzo livello, – non hanno trovato confutazione in sede di controdeduzioni da parte della difesa erariale.
Nei sensi di cui sopra e nei rassegnati limiti la domanda attorea è fondata.
Il ricorrente ha anche chiesto sulla sorte capitale costituita dagli importi arretrati dell’indennità di cui trattasi, gli interessi e la rivalutazione monetaria.
L’Avvocatura di Stato, nella memoria conclusiva, sostiene che l’indennità in questione non è soggetta, ove corrisposta in ritardo, alla rivalutazione monetaria ex art. 429 c.p.c. in quanto tale rivalutazione si applica ai soli crediti retributivi e tali non possono essere ritenuti i diversi corrispettivi che, sotto denominazioni diverse, hanno il solo scopo di sopperire agli oneri derivanti dal servizio all’estero.
Per rispondere al petitum, occorre preliminarmente qualificare la natura giuridica dell’indennità in parola, con particolare riguardo al fatto se la medesima possa essere qualificata come una voce retributiva o comunque assimilata ad essa.
La giurisprudenza del giudice amministrativo è da tempo pacificamente attestata nel senso della non assimilabilità, di norma, delle indennità alla retribuzione in considerazione della diversa ratio che caratterizza le due forme di corrispettivo.
Nel caso di specie, il Collegio non ha motivo di discostarsi dal citato indirizzo giurisprudenziale in considerazione del fatto che, mentre la retribuzione è un corrispettivo che tende a remunerare l’attività lavorativa, l’emolumento previsto dall’art. 4 della L. n. 833/1973 non è in correlazione con la stessa ma ha valenza indennitaria del disagio che il dipendente viene a sopportare per lo svolgimento della medesima attività in luogo diverso dalla sede ordinaria di servizio (cfr per tutte C.d.S., sez. IV, 14/6/2001, n. 3155).
Ne consegue, che sugli importi spettanti a titolo di arretrato dell'indennità non percepita vanno calcolati soltanto gli interessi nella misura del tasso legale, ovviamente per ciascun rateo della spettante indennità fino all'effettivo soddisfo.
Non spetta, invece, l'ulteriore maggiorazione per rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c., non potendosi qualificare l’indennità de qua come una “voce” retributiva.
Neppure ha fondamento la (autonoma) pretesa relativa alla revisione del postulato trattamento economico tenendo conto delle "maggiorazioni" previste dal D.P.R. 11 agosto 1991, n. 457, recante "Regolamento per la revisione delle corrispondenze posti-qualifiche all'estero del personale delle qualifiche funzionali dei ruoli del Ministero degli affari esteri".
Il Collegio rileva sul punto – concordando con l’orientamento seguito dal Consiglio di Stato - che la predetta normativa si riferisce esclusivamente al personale appartenente ai ruolo del predetto Ministero, non solo per la formale titolazione del regolamento, ma anche e soprattutto considerando che lo stesso risulta finalizzato a fissare le corrispondenze tra i posti-funzione e le nuove qualifiche funzionali introdotte nel Ministero in parola per effetto della legge n. 312 del 1980, e non può pertanto applicarsi a personale estraneo come, appunto, l'odierno ricorrente.
Quest'ultimo è un militare dell'Arma dei carabinieri, destinato a prestare servizio all'estero presso le rappresentanze diplomatiche ai sensi dell'art. 16, comma 1, della legge 27 dicembre 1973, n. 838.
In base all'art. 4 di quest'ultima legge a tale personale competono lo stipendio e gli altri assegni fissi e continuativi "previsti per l'interno"; ciò comporta, quindi, che detto personale militare non possa essere in alcun modo assimilato agli appartenenti al Ministero degli affari esteri, giustificandosi anche sotto tale profilo la inapplicabilità nei suoi confronti delle succitate disposizioni del D.P.R. n 457 del 1991.
Proprio con riferimento al personale militare, d'altronde, con una ulteriore, specifica norma, di cui all'art. 1, comma 38, della legge 28 dicembre 1995, n. 549, è stato chiarito e ribadito che in caso di destinazione all'estero l'apposita indennità di servizio "resta determinata nella misura prevista per il posto funzione indicato nel provvedimento formale di destinazione all'estero".
In conclusione, il ricorso è fondato solo in parte, nei sensi e limiti di cui sopra.
La parziale fondatezza è giusta causa per disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte, nei sensi e limiti in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere
Giuseppe Rotondo, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE



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Re: CC. Ore straordinario prestate in missione all'Estero

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Ricorso perso.

----------------------------------------
1) - corresponsione delle somme relative alle indennità di presenza notturna e festiva, di lavoro straordinario e di trasferimento.

2) - I ricorrenti richiamano soprattutto il citato art. 51 che prevede per le forze di polizia militare impiegate in turni di servizio tra le 22 e le 6 la corresponsione dell’indennità di presenza notturna e durante le festività principali l’indennità di presenza festiva.
----------------------------------------------------------------------------------------

SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 1B ,numero provv.: 201605533, - Public 2016-05-10 -


N. 05533/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00056/2003 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 56 del 2003, proposto da:
(congruo nr. di ricorrenti – OMISSIS – per questione di spazio), rappresentati e difesi dagli avv.ti Massimiliano Torrisi, Salvatore Torrisi, con domicilio eletto presso l’avv. Massimiliano Torrisi in Roma, Via F. Cesi, 21;

contro
Ministero della Difesa, Comando Generale Arma dei Carabinieri, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento
del provvedimento n. 05/608-141/760 del 22.9.2002 con il quale è stata respinta l’istanza dei ricorrenti tendente ad ottenere la corresponsione delle somme relative alle indennità di presenza notturna e festiva, di lavoro straordinario e di trasferimento.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 marzo 2016 il dott. Nicola D'Angelo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. I ricorrenti, tutti appartenenti all’Arma dei Carabinieri, hanno partecipato al contingente militare in missione nei territori della ex Jugoslavia nel 2001 e 2002 e sono stati impegnati in attività di servizio per periodi superiori alle nomali 36 ore settimanali.

Con il provvedimento indicato in epigrafe il Ministero della Difesa ha respinto la loro richiesta di vedersi riconoscere, per il periodo di servizio all’estero, le somme relative all’indennità di trasferimento, di presenza notturna, festiva e di straordinario.

Con il presente ricorso hanno quindi impugnato tale determinazione, prospettando i seguenti motivi di gravame:

- violazione ed errata interpretazione dell’art. 51 e 54 del DPR n. 254/1999;

I ricorrenti richiamano soprattutto il citato art. 51 che prevede per le forze di polizia militare impiegate in turni di servizio tra le 22 e le 6 la corresponsione dell’indennità di presenza notturna e durante le festività principali l’indennità di presenza festiva.

- violazione ed errata interpretazione dell’art.1, comma 1, e dell’art. 13 della legge n. 86/2001.

Alla luce delle richiamate disposizioni, i ricorrenti sostengono che avrebbero avuto diritto, per il periodo di servizio all’estero, ad un’indennità di trasferimento mensile.

Il Ministero della Difesa si è costituito in giudizio ed ha depositato un’ultima memoria il 13 febbraio 2016.

Con decreto decisorio del 24 luglio 2014, n. 1369/2014 è stata revocata la perenzione del ricorso in precedenza dichiarata.

La causa è stata trattenuta in decisione all’udienza pubblica del 16 marzo 2016.

2. Il ricorso non è fondato.

Il trattamento economico per il personale dell’Arma dei Carabinieri impegnato in missioni all’estero è quello previsto dal R.D. n. 941/1926.

Spetta, in sostanza, a tale personale un’indennità di missione giornaliera che ha carattere omnicomprensivo (cfr. art. 8 R.D. n. 941/1926), che esclude il riconoscimento di ogni altra indennità (notturna festiva e di straordinario).

Quanto poi all’indennità di trasferimento, riconosciuta in occasione del trasferimento ad una sede di servizio distante oltre 10 Km., va rilevato che la stessa spetta qualora si tratti di uno spostamento per un periodo di tempo non prefissato e comunque tale da ritenersi differente da una missione (caso di specie).

In quest’ultima circostanza, invece, come detto, è prevista un’indennità omnicomprensiva di missione oltre al rimborso delle spese per il periodo di tempo necessario allo svolgimento di un’attività di limitato impiego temporaneo.

In particolare, i ricorrenti sono stati inviati in missione per un tempo non superiore ai sei mesi ai sensi del citato R.D. n. 941/1926 e pertanto ad essi spetta solo la corresponsione del trattamento di missione come indicato nell’art. 2 della legge n. 269/1999.

Non vi è stato quindi alcun duraturo cambio di residenza e pertanto non si possono ritenere applicabili le ipotesi di riconoscimento dell’indennità di trasferimento al rientro nel territorio nazionale previste elusivamente nei casi di invio all’estero ai sensi della legge n. 642/61 (presso delegazioni o comandi militari) e della legge n. 838/1973 (presso rappresentanze diplomatiche).

3. Per le ragioni sopra esposte il ricorso va quindi respinto.

Sussistono tuttavia ragioni per compensare tra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 16 marzo 2016 con l'intervento dei magistrati:
Salvatore Mezzacapo, Presidente FF
Nicola D'Angelo, Consigliere, Estensore
Roberto Vitanza, Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: CC. Ore straordinario prestate in missione all'Estero

Messaggio da panorama »

Il CdS accoglie parzialmente l'appello dell'ufficiale dell'E.I.

diritto ad indennità varie per servizio e rientro da missione all’estero.

1) - servizio prestato all’estero presso il Comando NHQSa di Sarajevo (Bosnia) dal 15 settembre 2005 al 30 giugno 2006 (N.B.: oltre i 6 mesi).

2) - ha chiesto, davanti al T.a.r. per il Lazio – Roma, sez. I bis, l’accertamento del diritto all’indennità di trasferimento di cui all'art.1 della 1.n. 86 del 2001, alle indennità di cui all’art. 21 della legge n. 836 del 1973 ed all'art. 12 della legge n. 417 del 1978, a seguito del rientro dalla missione all’estero a Sarajevo, nonché all’indennità di cui agli artt. 1 e ss. della legge n. 642 del 1961 (indennità di lungo servizio all’estero) per il servizio prestato nel corso della suddetta missione e/o del trattamento economico previsto dalla medesima disciplina per il lavoro prestato nei giorni di recupero e riposo, di sabato e festivi, ed i giorni di licenza fruiti e/o maturati.

3) - In esecuzione della presente sentenza il Ministero appellato dovrà quindi provvedere alla esatta quantificazione delle indennità di trasferimento ex art. 1 della legge n. 86 del 2001 e di prima sistemazione ex artt. 21 legge n. 836 del 1973 e 12 legge n. 417 del 1978 (sub 8.2. e 8.4) in uno agli interessi legali ed alla rivalutazione nei limiti di cui all’art. 22, l. 724/94, espressamente richiesti dall’interessato, necessari per attualizzare gli importi al predetto titolo dovuti a far tempo dalla loro maturazione.

4) - In conclusione, l’appello va parzialmente accolto e, per l’effetto, in parziale riforma dell’impugnata sentenza, va accolto il ricorso di primo grado limitatamente al diritto alle indennità di trasferimento e di prima sistemazione.

vedi allegato.
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