panorama ha scritto:Stiamo andando controcorrente, contro un sistema potente.
Per notizia ai tanti colleghi che danno mandato ai loro avvocati per fare ricorsi per ottenere una causa di servizio.
Leggete qui sotto.
"coxartrosi bilaterale".
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08/01/2013 201300031 Sentenza 4
N. 00031/2013REG.PROV.COLL.
N. 02414/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2414 del 2011, proposto da:
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;
contro
B. V., rappresentato e difeso dall'avv. Alessandro Garlatti, con domicilio eletto presso Cons. Di Stato Segreteria in Roma, p.za Capo di Ferro 13;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE III n. 00277/2011, resa tra le parti, concernente rigetto istanza volta al riconoscimento infermità dipendente da causa di servizio
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Biagio Volta;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 30 ottobre 2012 il Cons. Raffaele Potenza e uditi per le parti gli avvocati Alessandro Garlatti e Giulio Bacosi (avv. St.);
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
1. - Con ricorso al TAR della Lombardia, il sig. B. V. , appuntato scelto dell’arma dei carabinieri, impugnava, chiedendone l’annullamento del decreto n. 21049 del 13.03.2009 del Direttore di amministrazione del Comando Generale dell'Arma dei carabinieri, emesso ai sensi dell’art. 14, comma 1, DPR 461/2001, di rigetto della propria la domanda (presentata in data 08.11.2005) e tesa al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio dell’infermità “grave coxalgia bilaterale” ed alla concessione dell’equo indennizzo per l’infermità, importante coxartrosi bilaterale. Il diniego veniva emesso sulla scorta del parere obbligatorio reso dal Comitato di Verifica reso in data 17 dicembre 2007 che, in contrasto precedente giudizio della Commissione medica ospedaliera, valutava (e successivamente confermava) che l’infermità riscontrata in capo al ricorrente (ovvero “importante coxartrosi bilaterale”) non potesse essere considerata dipendente da causa di servizio, ma patologia “legata a disturbi circolatori meccanici e dismetabolici”.
A sostegno del ricorso, l’interessato deduceva vizi di violazione di legge ed eccesso di potere.
1.1.- Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo, dopo aver disposto CTU, sulla base del suo esito ha accolto il ricorso proposto, disponendo l’annullamento del diniego, dichiarando il diritto al riconoscimento della causa di servizio (precisando la categoria dell’infermità) e condannando l’amministrazione al pagamento delle spese .
2.- Il Ministero della difesa ha tuttavia impugnato la sentenza del TAR, chiedendone l’annullamento alla stregua di mezzi ed argomentazioni riassunti nella sede della loro trattazione in diritto da parte della presente decisione .
2.1.- Si è costituito nel giudizio il ricorrente in primo grado (appellato nel presente giudizio), resistendo al gravame ed esponendo le proprie argomentazioni difensive, che si hanno qui per riportate.
2.2.- Alla pubblica udienza del 30 ottobre 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
1.- La controversia sottoposta alla Sezione dal giudizio in esame verte sulla legittimità di un diniego di riconoscimento di causa di servizio, e sulla spettanza del diritto a detto riconoscimento, dichiarata, dalla sentenza impugnata, sulla base di consulenza tecnica disposta dal giudice di primo grado. Il tema del contendere investe anche profili inerenti ammissibilità e valenza della consulenza tecnica in “subjecta materia”.
2.1- A sostegno dell’appello il Ministero, premesso che la decisione gravata si porrebbe in contrasto con la pacifica giurisprudenza amministrativa sulla discrezionalità e tendenziale insindacabilità dei giudizi resi dagli organi medico-legali, ha dedotto anzitutto che il provvedimento di diniego ha natura vincolata ed è stato emesso al termine di un procedimento nel quale è stato consentito all’interessato di esporre le proprie osservazioni. La censura è infondata.
La natura del potere esercitato costituisce senza dubbio il tema centrale della controversia (punto 2.3.), ma la soluzione di questa questione è indipendente dai profili di partecipazione procedimentale, che peraltro non sembrano venuti in rilievo nel primo grado di giudizio.
2.2.- Anche il secondo motivo rinvenibile nell’atto d’appello, è infondato; esso sostiene che la sostanziale insindacabilità del giudizio reso dagli organi tecnici dell’amministrazione paleserebbe l’illegittimità del ricorso, da parte del giudice di primo grado alla consulenza tecnica d’ufficio; questa inoltre sarebbe stata utilizzata per sopperire ad un totale inadempimento dell’onere probatorio, imposto dalla legge.
Muovendo da quest’ultimo profilo, che argomenta sul difetto probatorio della tesi dell’appellato, il Collegio deve rilevare che comunque il sig. V….. aveva proposto un ricorso che riferiva dell’opposto parere medico della CMO, assolvendo pertanto sostanzialmente all’onere di fornire quantomeno un “principio di prova” delle proprie ragioni, la quale notoriamente può provenire anche da atti o documenti della stessa amministrazione intimata in giudizio.
La presenza di tale elemento, pertanto, consente di fuoriuscire dal consueto ambito dell’insindacabilità del giudizio tecnico, realizzando una fattispecie contenziosa che, sia pure potenzialmente (e diversamente da quanto sostenuto dal Ministero), permette di sottoporre alla valutazione giurisdizionale il giudizio reso dal Comitato di verifica e che ha originato il rigetto del riconoscimento richiesto. In particolare, la consulenza tecnica d’ufficio ( inserita nel sistema processuale dall’art. 16 della legge n. 205/2000) deve ritenersi utilizzabile, in materie tradizionalmente oggetto di discrezionalità tecnica, tutte le volte che sia presente un sufficiente principio di prova indicato dal ricorrente (rinvenibile a maggior ragione nel caso che il medesimo provenga da organi tecnici della amministrazione) tendente a dimostrare i sostenuti vizi che inficerebbero il giudizio reso dall’amministrazione. In altri termini, l’introduzione della consulenza tecnica, in quanto strumento probatorio, non è idonea “ex se” a modificare il quadro dei principi che regola il sindacato del giudice amministrativo nella materia.
2.3.- Venendo al tema centrale sollevato dall’appello, la possibilità di procedere alla CTU non può estendersi, tuttavia, sino a determinare e legittimare una sostituzione del giudice amministrativo alle valutazioni compiute dell’amministrazione (che costituisce in realtà la forma più accentuata di sindacabilità), tramite il proprio Comitato di verifica ; questa è in realtà l’obiezione cardine che l’appello muove alla sentenza impugnata, formulando la terza censura rinvenibile nell’atto e che risulta fondata.
Nell’ordinanza che ha disposto l’incombente il TAR aveva formulato al consulente i seguenti quesiti:
a) “Dica, sulla scorta dell’esame del periziando, della documentazione esibita in giudizio e di quella eventualmente ritenuta necessaria e fornita dai ricorrenti in sede peritale, se il ricorrente (……) sia affetto dalle patologie indicate in ricorso; b) Dica, altresì, se sussista nesso causale in termini di alta probabilità scientifica logico razionale tra l’evento patologico eventualmente riscontrato e le condizioni lavorative dedotte in ricorso e quali risultano dalla documentazione in atti; c) Se, in conseguenza dell’evento dannoso e tenuto conto di eventuali precedenti morbosi del soggetto, ovvero della coesistenza o concorrenza di precedenti morbosi, siano derivati al ricorrente postumi che abbiano ridotto in modo permanente o temporaneo l’idoneità del soggetto a svolgere le comuni attività lavorative e la propria vita di relazione”. ‘E evidente che la risposta del CTU, pienamente collocatasi nell’alveo dei quesiti proposti, ha realizzato un sostituzione piena della funzione del Comitato di verifica, il cui giudizio il giudice di primo grado perviene a ribaltare muovendo da premesse del tutto opposte ai principi regolanti la materia e che pertanto non possono essere condivisi.
Il Tar, dopo aver ampiamente riportato la normativa e la giurisprudenza regolanti la materia, avvia il proprio ragionamento affermando preliminarmente che la tradizionale insindacabilità dei giudizi tecnico-discrezionali (che consente soltanto un sindacato di tipo “debole” sugli stessi), “deve essere revocata in dubbio sulla base di due alternative ragioni: la prima attiene alla natura della posizione soggettiva tutelata”, che essendo di diritto soggettivo collocherebbe la disponibilità della materia nella sola sfera del dipendente; “la seconda prescinde dalla natura della posizione soggettiva tutelata ed attiene al sindacato comunque esercitabile dal giudice amministrativo sugli apprezzamenti tecnici compiuti dalla pubblica amministrazione”. Conclude il primo giudice, dopo articolato e completo riepilogo dell’assetto da esso criticato, affermando che “ La corretta applicazione dei principi tutti sopra esposti comporta che l’opinabilità degli apprezzamenti tecnici medici, cui la norma di sicurezza sociale subordina il conseguimento del beneficio previdenziale invocato in questa sede, non rientra nelle ipotesi in cui è impedita la loro sostituzione con gli accertamenti istruttori compiuti dal giudice”.
Al riguardo il Collegio ritiene di dover chiarire quanto segue.
Anzitutto, a corollario di quanto già evidenziato in termini generali, l’ introduzione della consulenza tecnica nel processo amministrativo non determina necessariamente una diversa definizione della posizione giuridica soggettiva, la quale ben può permanere di interesse legittimo anche se in sede processuale vengano introdotti meccanismi tradizionalmente utilizzati per i diritti soggettivi. Né la natura di diritto soggettivo può essere dedotta dalla presenza nell’ordinamento di un diritto di natura patrimoniale quale l’equo indennizzo ; quest’ultimo (sulla cui sussistenza il giudice amministrativo conosce in sede di giurisdizione esclusiva) e che si rapporta al diverso concetto “soggettivo” di menomazione fisica, sorge infatti solo nel caso di favorevole conclusione del procedimento che lo precede, previo accertamento dell’indispensabile nesso di causalità tra la patologia ed il servizio prestato; ed è noto che a fronte di poteri dell’amministrazione sussistono normalmente solo interessi legittimi, anche perché , nel caso specifico del pubblico impiego, l’amministrazione è la sola responsabile del corretto utilizzo del personale nelle varie forme organizzative del servizi. L’azione di accertamento ( proposta dal ricorrente in primo grado ed accolta) non è quindi proponibile in quanto mirante a riconoscere posizioni giuridiche che non sono di diritto soggettivo, né si basano sull’accadimento di fatti, poiché nessuna di queste caratteristiche riveste il nesso di causalità sul quale l’amministrazione è chiamata ad esprimersi.
Quanto al secondo aspetto, attinente all’intensità del sindacato esercitabile, questo, secondo i primi giudici non potrebbe essere limitato a quello di tipo “debole” e sopra richiamato ma sarebbe di tipo “forte” , estendendosi sino a comprendere la possibilità di sostituzione, criticata dall’appellante. In particolare affermano i primi giudici che “l’opinabilità degli apprezzamenti tecnici medici, cui la norma di sicurezza sociale subordina il conseguimento del beneficio previdenziale invocato in questa sede, non rientra nelle ipotesi in cui è impedita la loro sostituzione con gli accertamenti istruttori compiuti dal giudice”.
Su questo punto, tuttavia, ritiene il Collegio che a sostegno di un sindacato forte non appare sufficiente, sul piano logico, rilevare che i giudizi medici siano “opinabili” ; tale osservazione , infatti, è formulabile anche contro le risultanze mediche opposte dalla parte ricorrente allo scopo di dimostrare la dipendenza da causa di servizio. Né, sul piano giuridico, soccorre la tesi del TAR l’orientamento della Corte costituzionale (v. sentenze n.146/1987 e n.25/1989) in materia di consulenza tecnica nel processo amministrativo, poiché esso si fonda sulla “ratio” di rendere più agevole l’accertamento del fatto controverso. Ed invero la consulenza tecnica sulla dipendenza di causa di servizio trova nella verifica dei fatti avvenuti soltanto il suo presupposto “storico”, richiedendo a completamento l’indispensabile espressione di un “quid pluris” quale la valutazione del nesso causale, che postula il possesso di conoscenze scientifico-mediche. Nel verificare la corretta espressione di quest’ultime, e nei limiti consentiti, il giudice amministrativo può utilizzare la CTU ma unicamente al fine di vagliare non la opinabilità tecnico-scientifica del giudizio di non dipendenza e tanto meno di sostituirsi , ma solo la presenza di gravi elementi di illogicità o anomalie tali che ne richiedano la riformulazione. Nella fattispecie, peraltro (ed a conferma che si tratta di una sostituzione piena dell’azione amministrativa), deve rilevarsi il quesito formulato al CTU, non reca alcuna richiesta di esaminare la validità del giudizio espresso dal Comitato, pur oggetto di impugnazione. Al di fuori di ciò, pertanto, il giudice che pronunzi il diritto al riconoscimento della dipendenza da causa di servizio (v. punto 2 del dispositivo e petitum del ricorso), sulla base della ritenuta “opinabilità” del giudizio impugnato, accoglie un’azione inammissibile sotto il profilo tipologico, sia in quanto non si verte in materia di diritti soggettivi, sia perchè tendente a sostituirsi alle valutazioni dell’amministrazione. Allo stato attuale della legislazione e della giurisprudenza , questo non è possibile in nessuna sede di cognizione, restando l’effettività della tutela che intenda affermare la dipendenza dal servizio, limitata ed affidata alla eventuale sede conformativa dell’azione dell’amministrazione rispetto a quel giudicato che sia pervenuto a dimostrare la sussistenza dei vizi sopra richiamati.
3.- Conclusivamente e sintetizzando, l’appello del Ministero merita accoglimento in quanto :
a) la formale introduzione della consulenza tecnica nel processo amministrativo non autorizza a qualificare come diritto soggettivo la posizione (che permane di interesse legittimo) del dipendente pubblico che richiede il riconoscimento della dipendenza della patologia da causa di servizio; conseguentemente in materia non sono ammissibili azioni di accertamento;
b) l’accertamento del nesso di dipendenza permane soggetto al sindacato del giudice amministrativo esclusivamente in casi di palesi illogicità o errore tecnico o fattuale (il c.d. “sindacato debole”), e al di fuori di tali ipotesi non può pertanto estendersi sino a sostituire le valutazioni di spettanza degli organi tecnici dell’amministrazione;
c) detto sindacato non esclude perciò che , sia pure nei cennati limiti, il giudice amministrativo possa far ricorso alla CTU, a norma dell’art. 67 del c.p.a., la quale deve però investire anche la attendibilità delle ragioni addotte dal Comitato di verifica per negare la dipendenza da causa di servizio.
3.1.- All’accoglimento dell’appello segue la riforma della sentenza impugnata e la definizione del ricorso di primo grado come in motivazione.
4.- Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese di entrambi di gradi di giudizio, attesa la sufficiente complessità delle questioni sollevate e trattate.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe,
accoglie l’appello e per l’effetto, in riforma della sentenza impugnata, dichiara in parte inammissibile il ricorso di primo grado (relativamente all’azione di accertamento) e lo respinge con riguardo all’azione di annullamento.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese di entrambi i gradi di giudizio.
Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 ottobre 2012 , dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta - con l’intervento dei signori:
Anna Leoni, Presidente FF
Fabio Taormina, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/01/2013
purtroppo abbiamo compreso da tempo che fare ricorso ai pareri negativi del Comitato di Verifica C.S. nella maggior parte dei casi è come gettare soldi dalla finestra, poi c'è anche chi non ha reali possibilità economiche per fare ricorso;
io sono stato riformato per coxartrosi bilaterale e nel mese di ottobre 2012 ho ricevuto il parere negativo del C.D.V.C.S., non ho fatto ricorso perchè non ho soldi da buttare....non voglio aggiungere altro!