Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

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panorama
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Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

Messaggio da panorama »

Strisce blu, nessuna multa per soste oltre le ore pagate


Nessuna multa per chi prolunga la sosta sulle strisce blu oltre l’orario per il quale ha regolarmente pagato.

Lo ha precisato il sottosegretario del Ministero dei Trasporti Umberto Del Basso De Caro rispondendo a un’interrogazione parlamentare:
il pagamento in misura insufficiente non costituisce “violazione di una norma di comportamento”, ma configura solo “inadempienza contrattuale” che implica il semplice saldo della tariffa non corrisposta.

Il Codacons chiede di annullate le multe date negli ultimi 60 giorni, ossia quelle che l’automobilista può ancora far annullare con ricorso.

Per l’associazione di consumatori il Ministero deve spiegare che fine fanno le multe nulle date negli ultimi 60 giorni, ossia quelle che l’automobilista può ancora far annullare presentando ricorso al prefetto o al giudice di pace e che fine fanno i soldi indebitamente incassati dai comuni in tutti questi anni.

Per il Codacons tutte le multe comminate negli ultimi 60 giorni vanno annullate d’ufficio dai Comuni che le hanno emesse, altrimenti potrebbero essere ipotizzati i reati di abuso ed omissioni di atti d’ufficio.

L’associazione, che sta già presentando centinaia di ricorsi per conto degli automobilisti multati, sta studiando anche la possibilità di un’azione collettiva per il recupero delle somme già versate.

Nella risposta all’interrogazione di ieri, il sottosegretario ha precisato che per recuperare il saldo della tariffa non corrisposta, le amministrazioni locali possono affidare al gestore del servizio le azioni necessarie al recupero delle evasioni tariffarie e dei mancati pagamenti, ivi compresi il rimborso delle spese e le penali, da stabilire con apposito regolamento comunale.

Per il Codacons il Ministero ha il dovere d’ufficio di emanare apposita circolare per disciplinare come recuperare queste somme e non può lasciare ad ogni Comune totale libertà su come agire, altrimenti avremmo l’anarchia e gli abusi.

Se, infatti, i Comuni stabilissero nei loro regolamenti di far rientrare dalla finestra, sotto forma di rimborso spese e penali, gli stessi importi previsti per le multe (ad es. i 25 euro) è evidente che sarebbero regolamenti illegittimi, impugnabili.

Per l’associazione, in caso di ticket scaduto, i vigili devono mettere sul cruscotto un avviso con bollettino postale, indicando un importo esattamente pari alla differenza tra il ticket pagato e quello da pagare.

Solo se il consumatore non paga in tempo utile ed il Comune è costretto a notificare l’inadempienza, allora potranno essere addebitate le spese di notifica.

Per queste ragioni il Codacons chiede di essere sentito in rappresentanza dei cittadini, sia dal Ministero dei Trasporti, per emanare l’apposita circolare, sia dai Comuni per la stesura dei regolamenti.


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Antonio_1961
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Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

Messaggio da Antonio_1961 »

Quindi è opportuno eliminare la sosta ad orario ed istituire solo quelle giornaliere.
panorama
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Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

Messaggio da panorama »

Danno biologico, personalizzazione, motivazione, liquidazione e tabelle
Suprema Corte di Cassazione III Sezione Civile
Sentenza del 19 dicembre 2013 - 6 marzo 2014, n. 5243

In materia di danno biologico,la Cassazione, con la sentenza che si riporta di seguito, ha chiarito che "l'insufficienza della motivazione, allora, e' data non solo dalla mancata indicazione circa le tabelle applicate ed i parametri adottati per la relativa elaborazione ed applicazione, ma anche dalla mancata effettiva considerazione - eventualmente anche al fine di disattenderne le conclusioni - delle risultanze processuali indicate dal ricorrente come idonee ad un'adeguata e reale personalizzazione, tale cioe' da caratterizzare la liquidazione del danno come riferibile a quel determinato soggetto leso, e non ad altro, pur avente la stessa eta' e la stessa percentuale di invalidita'."

Come affermato nella sentenza a Sezioni Unite su cui la Corte d'Appello di Palermo ha fondato la decisione impugnata, "il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, essendo compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli. Pertanto, in tema di liquidazione del danno per la lesione del diritto alla salute, nei diversi aspetti o voci di cui tale unitaria categoria si compendia, l'applicazione dei criteri di valutazione equitativa, rimessa alla prudente discrezionalita' del giudice, deve consentirne la maggiore approssimazione possibile all'integrale risarcimento, anche attraverso la ed. personalizzazione del danno (Cass., Sez. Un., n. 26972/08). Questa Corte e' pervenuta a ritenere valido criterio di riferimento ai fini della valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., le tabelle per la liquidazione del danno biologico elaborate dal Tribunale di Milano, laddove la fattispecie concreta non presenti circostanze che richiedano la relativa variazione in aumento o in diminuzione, anche per le lesioni derivanti dalla circolazione stradale, che abbiano determinato una percentuale di invalidita' superiore al 10% (Cass. n. 12408/11)".

Inoltre, conclude la Corte, "onde valutare nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche, patite dal soggetto leso e pervenire al ristoro del danno nella sua interezza, il giudice, se ed in quanto vengano addotte circostanze che richiedano la variazione della liquidazione tabellare in aumento o in diminuzione, di queste dovra' tenere conto al fine di escludere od ammettere la personalizzazione, esplicitando in motivazione se e come abbia considerato tutte tali circostanze (cfr. Cass. n. 9231/13)."
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Testo della sentenza

Sentenza - Danno biologico, motivazione, liquidazione e tabelle
Suprema Corte di Cassazione III Sezione Civile
Sentenza del 19 dicembre 2013 - 6 marzo 2014, n. 5243
Presidente Petti – Relatore Barreca


Svolgimento del processo

1.- Con la decisione ora impugnata, pubblicata il 3 giugno 2009, la Corte d'Appello di Palermo ha accolto parzialmente l'appello proposto dalla societa' Nuova Tirrena s.p.a. nei confronti di P.B. , nonche' di P.V. ed M.E. , questi ultimi in proprio e nella qualita' di genitori esercenti la potesta' sui figli P.D. e G. , avverso la sentenza del Tribunale di Termini Imerese - sezione distaccata di Cefalu' del 13/14 novembre 2008.

Con questa sentenza il Tribunale, ritenuta la responsabilita' esclusiva del convenuto Cu.Eu. , assicurato per la r.c.a. con la Nuova Tirrena s.p.a., per l'incidente stradale occorso al minore P.B. mentre era alla guida del proprio motociclo, aveva condannato i convenuti, in solido, a corrispondere a P.B. la residua somma di Euro 95.305,23 (Euro 145.305,23 - Euro 50.000,00, gia' corrisposti a titolo di provvisionale), oltre interessi e rivalutazione monetaria, nonche' al pagamento della somma di Euro 26.000,00 in favore di P.V. ed M.E. e della somma di Euro 10.000,00 ciascuno in favore di P.D. e G. , oltre interessi e rivalutazione monetaria, con condanna dei convenuti anche alle spese di lite.

2.- Proposto appello da parte della societa' assicuratrice e costituiti in appello gli originari attori, nella contumacia del Cu. , la Corte d'Appello ha, in parziale riforma della sentenza di primo grado, rideterminato la misura del danno da invalidita' permanente in capo a P.B. , riducendola dal 24% ritenuta dal Tribunale al 18% ed ha rideterminato la liquidazione del danno corrispondente nella somma di Euro 42.786,47 in valori attuali, cui ha aggiunto la somma gia' liquidata per l'inabilita' temporanea, ottenendo l'importo di Euro 45.520,37; in considerazione delle componenti non patrimoniali del danno biologico, e' pervenuta alla liquidazione di Euro 55.520,37, in valori attuali, cui ha aggiunto l'importo di Euro 1.412,55 per spese mediche gia' sostenute, liquidando percio' in favore di P.B. la somma complessiva di Euro 56.932,92, al pagamento della quale ha condannato il Cu. e la societa' Nuova Tirrena, detratti gli acconti gia' corrisposti da quest'ultima. Ha escluso il riconoscimento dell'importo di Euro 7.000,00 effettuato dal Tribunale, a titolo di spese mediche future, nei confronti di P.B. , ed ha altresi' escluso la sussistenza di qualsivoglia danno ed. riflesso risarcibile in favore dei congiunti di quest'ultimo, riformando su entrambi i punti la sentenza di primo grado, in particolare rigettando le domande di P.V. ed M.E. in proprio e quali genitori esercenti la potesta' sui figli minori P.D. e G. . Ha compensato per meta' le spese del primo grado ed ha condannato gli appellati al pagamento delle spese del secondo grado.

3.- Avverso la sentenza P.B. , nonche' P.V. f) I ed M.E. , questi ultimi in proprio e quali genitori esercenti la potesta' sui figli minori P.D. e G. , propongono ricorso affidato a quattro motivi, illustrati da memoria.

La Groupama Assicurazioni SpA, gia' Nuova Tirrena SpA, si difende con controricorso.


L'altro intimato non si difende.

Motivi della decisione

1.- Il ricorso e' soggetto, quanto alla formulazione dei motivi, al regime dell'art. 366 bis cod. proc. civ. (inserito dall'art. 6 del decreto legislativo 2 febbraio 2006 n. 40, ed abrogato dall'art. 47, comma 1, lett. d, della legge 18 giugno 2009 n. 69), applicabile in considerazione della data di pubblicazione della sentenza impugnata (3 giugno 2009).

Col primo motivo di ricorso si deduce “violazione e falsa applicazione dell'art. 116 c.p.c. Motivazione insufficiente e contraddittoria - illogicita' manifesta', al fine di censurare il rigetto, da parte della Corte d'Appello, della richiesta di rinnovazione della CTU e di denunciare il relativo vizio di motivazione della sentenza, nonche' il vizio di motivazione concernente la quantificazione del danno da invalidita' permanente nella misura del 18% ed il mancato riconoscimento delle spese mediche future per l'importo, riconosciuto, invece, dal Tribunale, di Euro 7.000,00, per intervento di chirurgia estetica al volto.

1.2.- Col secondo motivo di ricorso si deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 2059 cod. civ. e 115 c.p.c. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa punti decisivi della controversia', al fine di censurare la liquidazione del danno non patrimoniale in favore di P.B. , effettuata dalla Corte d'Appello in dichiarata applicazione della sentenza a S.U. n. 26972 dell'11 novembre 2008.

1.3.- Col terzo motivo di ricorso si deduce “violazione e falsa applicazione degli artt. 2059 cod. civ. e 115 c.p.c. Omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa il mancato riconoscimento dei danni riflessi in favor dei congiunti del danneggiato', al fine di censurare tale mancato riconoscimento nei confronti dei genitori e dei fratelli minori di P.B. .

2.- Quanto ai dedotti vizi di violazione di legge, l'illustrazione di tutti e tre i motivi manca del tutto dei quesiti di diritto richiesti, a pena di inammissibilita', dall'art. 366 bis, parte prima, cod. proc. civ., nei casi previsti dall'art. 360, primo comma, numeri 1), 2), 3) e 4).

Pertanto, tutti e tre i motivi sono inammissibili per la parte in cui si riferiscono ai vizi dell'art. 360, comma primo, n. 3 cod. proc. civ..

2.1.- Analogamente si deve concludere con riferimento alla denuncia dei vizi di motivazione ai sensi dell'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., cosi' come formulata col primo e col terzo motivo.

Infatti, malgrado entrambi questi motivi facciano espresso riferimento alla norma da ultimo citata ed al vizio di omessa, insufficiente e contraddittoria motivazione circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio, nessuno dei due contiene il momento di sintesi richiesto dall'art. 366 bis, seconda parte, cod. proc. civ., cosi' come interpretato dalla giurisprudenza di questa Corte, che qui si ribadisce (cfr. Cass. S.U. n. 20603/07, secondo cui, in tema di formulazione dei motivi del ricorso per cassazione avverso i provvedimenti pubblicati dopo l'entrata in vigore del d.lgs. 2 febbraio 2006, n. 40 ed impugnati per omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione, poiche' secondo l'art. 366 bis cod. proc. civ., introdotto dalla riforma, nel caso previsto dall'art. 360 n. 5 cod. proc. civ., l'illustrazione di ciascun motivo deve contenere, a pena di inammissibilita', la chiara indicazione del fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume omessa o contraddittoria, ovvero le ragioni per le quali la dedotta insufficienza della motivazione la renda inidonea a giustificare la decisione, la relativa censura deve contenere, un momento di sintesi -omologo del quesito di diritto - che ne circoscriva puntualmente i limiti, in maniera da non ingenerare incertezze in sede di formulazione del ricorso e di valutazione della sua ammissibilita'; nello stesso senso, tra le altre, Cass. n. 24255/11).

I motivi primo e terzo sono percio' inammissibili anche nella parte in cui denunciano il vizio ex art. 360 n. 5 cod. proc. civ..

3.- Il Collegio ritiene, invece, che sia ammissibile il secondo motivo, limitatamente alla parte in cui denuncia il vizio di motivazione concernente la liquidazione del danno non patrimoniale in favore di P.B. .

L'indicazione dei criteri di determinazione del danno non patrimoniale come fatto controverso in relazione al quale la motivazione si assume insufficiente e le ragioni di questa insufficienza si trovano sintetizzate alla pagina 20 del ricorso, nella quale e' contenuto un valido momento di sintesi, ai sensi della giurisprudenza da ultimo richiamata, volto a circoscrivere il vizio denunciato nella mancanza di considerazione, da parte del giudice di merito, delle “diverse componenti del pregiudizio non suscettibili di valutazione economica che hanno inciso - e incideranno - nella vita del giovane P.B. ...' che ha portato “a conclusioni disancorate dagli atti di causa, oltre che dalle circostanze del caso concreto'.

Il momento di sintesi delle ragioni della dedotta insufficienza della motivazione rende ammissibile il motivo di ricorso e conclude efficacemente l’illustrazione del vizio, contenuta nelle pagine precedenti (da pagina 13 a pagina 20).

3.1.- Nell'illustrare il motivo, il ricorrente rileva che le tabelle in concreto utilizzate per la quantificazione del danno biologico non costituirebbero un meccanismo efficace per l'integrale ristoro dei danni, nel caso di specie, perche' elaborate in modo da non ricomprendere la valutazione della componente costituita dalla sofferenza soggettiva che si accompagna alla lesione della salute, e che va comunque ristorata, alla stregua della giurisprudenza di legittimita'.

Rileva, in particolare, che la Corte d'Appello, per ristorare il danno non patrimoniale unitariamente considerato, ha incrementato l'importo risultante dalla liquidazione ed. tabellare (senza peraltro specificare di quali tabelle si sia avvalsa), ma tale incremento, quantificato complessivamente in Euro 10.000,00, sarebbe il risultato di una valutazione del tutto illogica ed inadeguata, comunque non personalizzata, perche' compiuta senza tenere conto delle condizioni soggettive del danneggiato, quali emergenti dalla CTU, oltre che dalle CTP, e dagli esami specialistici di natura psicologica effettuati presso l'apposito servizio pubblico. Il ricorrente, dopo aver esposto le risultanze istruttorie che sarebbero state trascurate, malgrado l'affermazione contenuta in sentenza di voler personalizzare la liquidazione, ha concluso osservando che, pur ritenendo non sussistente un'autonomia nominale delle corrispondenti voci di danno, tutte le componenti di danno non patrimoniale (ed in particolare i pregiudizi diversi da quelli “prettamente fisici o psichici in senso patologico') dovrebbero trovare adeguato riconoscimento, in sede risarcitoria, mentre questo risultato non troverebbe alcun riscontro nella motivazione della sentenza impugnata.

4.- Il motivo e' fondato e va accolto nei limiti di cui appresso.

Come affermato nella sentenza a Sezioni Unite su cui la Corte d'Appello di Palermo ha fondato la decisione impugnata, il risarcimento del danno alla persona deve essere integrale, essendo compito del giudice accertare l'effettiva consistenza del pregiudizio allegato, a prescindere dal nome attribuitogli. Pertanto, in tema di liquidazione del danno per la lesione del diritto alla salute, nei diversi aspetti o voci di cui tale unitaria categoria si compendia, l'applicazione dei criteri di valutazione equitativa, rimessa alla prudente discrezionalita' del giudice, deve consentirne la maggiore approssimazione possibile all'integrale risarcimento, anche attraverso la ed. personalizzazione del danno (Cass., Sez. Un., n. 26972/08). Questa Corte e' pervenuta a ritenere valido criterio di riferimento ai fini della valutazione equitativa ex art. 1226 c.c., le tabelle per la liquidazione del danno biologico elaborate dal Tribunale di Milano, laddove la fattispecie concreta non presenti circostanze che richiedano la relativa variazione in aumento o in diminuzione, anche per le lesioni derivanti dalla circolazione stradale, che abbiano determinato una percentuale di invalidita' superiore al 10% (Cass. n. 12408/11), come nel caso di specie.

Sebbene col ricorso non venga fatta valere come vizio di violazione di legge l'applicazione di tabelle diverse da quelle elaborate dal Tribunale di Milano (cfr. Cass. n. 12408/11, per l'ammissibilita' della doglianza solo nel caso in cui la questione sia stata posta nel giudizio di merito), ne' si lamenti - se non con la memoria ex art. 378 cod. proc. civ. (che certo non puo' colmare le lacune del ricorso) - l'incongruita' della motivazione per non aver dato conto della preferenza assegnata ad una liquidazione che, avuto riguardo alle circostanze del caso concreto, risulti sproporzionata in difetto rispetto a quella cui si perverrebbe mediante l'adozione dei parametri esibiti dalle c.d. tabelle di Milano (cfr. Cass. n. 14402/11, per la possibile rilevanza di tale vizio), tuttavia il Collegio ritiene che colga nel segno il secondo motivo di ricorso laddove reputa incongrua la motivazione basata sulla liquidazione tabellare del danno biologico, perche' ottenuta con l'impiego di tabelle delle quali la Corte non ha reso nota la provenienza (e, quindi, nemmeno controllabili i criteri di elaborazione) e comunque elaborate in modo da non considerare tutte le componenti non patrimoniali di questa tipologia di danno, tanto da rendere necessario un incremento, la cui quantificazione non appare adeguatamente supportata dalle risultanze processuali.

Detta incongruita' consegue proprio alle ragioni per le quali questa Corte ha ritenuto di preferire come parametro di riferimento per la liquidazione equitativa del danno biologico le tabelle milanesi. Tra queste ragioni, oltre alla "vocazione nazionale" evidenziata dal gia' richiamato precedente n. 12408/11, vi e' soprattutto quella data dal fatto che le "Tabelle per la liquidazione del danno non patrimoniale derivante da lesione all'integrita' psico - fisica" del Tribunale di Milano sono state rielaborate all'esito delle pronunzie delle Sezioni Unite del 2008. In particolare, esse hanno determinato il valore finale del punto utile al calcolo del danno biologico da invalidita' permanente, procedendo ad un aumento dell'originario punto tabellare in modo da includervi la componente gia' qualificata in termini di “danno morale', che si usava liquidare separatamente (nei sistemi tabellari antecedenti la pronuncia n. 26972 /08) con operazione che le Sezioni Unite hanno ritenuto non piu' praticabile. L'affermazione delle Sezioni Unite secondo cui siffatta componente rientra nell'area del danno biologico, del quale, ogni sofferenza fisica o psichica per sua natura intrinseca costituisce componente, non puo' certo essere intesa nel senso che di essa non si debba (piu') tenere conto a fini risarcitori.

Giova precisare che si intende qui prescindere dalla questione della natura di tale componente dell'unitaria categoria del danno biologico e dalla possibilita' di continuare ad utilizzare il sintagma "danno morale" a soli fini descrittivi, per indicare le sofferenze, di carattere, appunto, morale (vale a dire il dolore intimo o turbamento dell'animo), non coincidenti con il dolore fisico, su base organica, e con gli aspetti piu' propriamente dinamico-relazionali del danno alla salute (e con le relative conseguenze, anche di ordine esistenziale, dovute all'incidenza sulle attivita' vitali della lesione permanente dell'integrita' psico-fisica). Questi ultimi, infatti, sono gia' considerati nel concetto omnicomprensivo del danno biologico, inteso anche come danno estetico e danno alla vita di relazione, e suscettibile di accertamento medico-legale; quindi, sono gia' presi a base della determinazione del grado di invalidita' permanente, risultante dall'applicazione del bare'me.

Si intende piuttosto sottolineare che, esclusa la praticabilita' della liquidazione separata di danno biologico e danno morale, si deve pervenire ad una liquidazione unitaria che tenga conto anche di questa peculiare componente a connotazione soggettiva.

Uno dei modi possibili per pervenire, necessariamente sempre in via equitativa, a questa liquidazione unitaria e' 1'adozione di tabelle che includano nel punto base la relativa considerazione, dando percio' per presunta - quindi, in media, generalizzata, secondo l'id quod plerumque accidit - l'esistenza di un tale tipo di pregiudizio, pur se non accertabile per via medico-legale, operando percio' non sulla percentuale di invalidita', bensi' con aumento equitativo della corrispondente liquidazione. Si tratta, come detto, di una presunzione, accettabile quanto meno per le invalidita' superiori al 10%, rispetto alle quali puo' reputarsi "normale" che vi siano profili prettamente soggettivi di ansia, preoccupazione, turbamento, dispiacere, collegati al pregiudizio a fisico, salvo prova contraria, che puo' essere, a sua volta, anche presuntiva.

Cosi' opinando, la liquidazione c.d. tabellare ben puo' considerare anche la componente prettamente soggettiva data dalla sofferenza morale conseguente alla lesione della salute, sia pure in una dimensione, per cosi' dire, standardizzata, come risulta essere stato fatto con le tabelle elaborate dal Tribunale di Milano, alla stregua delle esplicazioni fornite in occasione della loro diffusione.

Consegue a quanto fin qui detto che, applicando il valore c.d. tabellare del punto, vale a dire il valore medio, pur se comprensivo della componente di pregiudizio soggettivo di cui si e' fin qui detto, non si ha ancora la vera e propria personalizzazione del danno.

Onde valutare nella loro effettiva consistenza le sofferenze fisiche e psichiche, patite dal soggetto leso e pervenire al ristoro del danno nella sua interezza, il giudice, se ed in quanto vengano addotte circostanze che richiedano la variazione della liquidazione tabellare in aumento o in diminuzione, di queste dovra' tenere conto al fine di escludere od ammettere la personalizzazione, esplicitando in motivazione se e come abbia considerato tutte tali circostanze (cfr. Cass. n. 9231/13).

4.1.- Nel caso di specie, va detto che la Corte d'Appello ha dichiarato di liquidare il danno biologico “sulla base del c.d. criterio tabellare', senza specificare a quali tabelle abbia fatto riferimento (ne' quindi consentire di comprendere quali fossero i criteri della loro elaborazione e la data di riferimento per il calcolo del punto tabellare). Gia' sotto questo profilo la motivazione e' carente, poiche' la sentenza non afferma che si tratti delle tabelle allora in uso presso la Corte d'Appello di Palermo (cfr. Cass. n. 16237/05, n. 13130/06, n. 22287/09).

Il tenore della motivazione e' tale peraltro da indurre a ritenere che le tabelle in concreto utilizzate fossero state elaborate in modo da non ricomprendere nel calcolo tutte le componenti non patrimoniali del danno da lesione dell'integrita' psico-fisica, alla stregua di quanto detto sopra, tanto che la stessa Corte territoriale ha ritenuto di dover apportare un aumento alla somma ottenuta con la liquidazione tabellare “ai fini della liquidazione, a favore di P.B. , dell'unica ed onnicomprensiva voce di danno non patrimoniale'.

Nel compiere tale operazione ha, peraltro, dichiarato di voler personalizzare il danno, tenuto conto delle circostanze del caso concreto, ma queste sono state molto genericamente individuate nelle conseguenze estetiche “sia pure modeste, sull'armonia del volto, con il correlato disagio psichico', nell''incidenza negativa sulla futura vita di relazione del P. (tenuto anche conto della giovane eta' di quest'ultimo - 17 anni - all'epoca del sinistro), nella “sofferenza soggettiva', cagionata dal reato ai suoi danni.

Cosi' operando, la Corte territoriale non ha dato conto in motivazione di avere effettuato una vera e propria personalizzazione del danno non patrimoniale, ma, come evidenziato nella memoria depositata dalla parte ricorrente ai sensi dell'art. 378 cod. proc. civ., si e' limitata a considerare le componenti non patrimoniali del danno biologico che ha ritenuto non comprese nella liquidazione tabellare, rapportandole a dati di portata generale, prescindendo da quanto specificamente addotto dal danneggiato.

L'insufficienza della motivazione, allora, e' data non solo dalla mancata indicazione circa le tabelle applicate ed i parametri adottati per la relativa elaborazione ed applicazione, ma anche dalla mancata effettiva considerazione - eventualmente anche al fine di disattenderne le conclusioni - delle risultanze processuali indicate dal ricorrente come idonee ad un'adeguata e reale personalizzazione, tale cioe' da caratterizzare la liquidazione del danno come riferibile a quel determinato soggetto leso, e non ad altro, pur avente la stessa eta' e la stessa percentuale di invalidita'.

In conclusione, il ricorso va accolto limitatamente al secondo motivo e limitatamente al denunciato vizio di motivazione. La sentenza impugnata va cassata e le parti vanno rimesse alla Corte d'Appello di Palermo in diversa composizione, perche' provveda ad un nuovo esame di merito alla luce dei principi esposti, quanto all'individuazione delle tabelle di liquidazione del danno biologico da invalidita' permanente applicabili ed alla personalizzazione di tale liquidazione nei confronti di P.B. , ferma restando la determinazione nel 18% del grado di invalidita' permanente.

Resta assorbito il quarto motivo di ricorso, concernente la regolamentazione delle spese contenuta nella sentenza cassata.

Va rimessa al giudice di rinvio anche la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.

P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibili il primo ed il terzo motivo di ricorso; accoglie il secondo motivo, nei limiti specificati in motivazione; assorbito il quarto, cassa e rinvia alla Corte d'Appello di Palermo in diversa composizione, anche per la decisione sulle spese del giudizio di cassazione.
panorama
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Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

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Multe stradali, CGUE annulla direttiva su scambio transfrontaliero informazioni


Stop alla direttiva UE sullo scambio transfrontaliero di informazioni sulle multe stradali.

Gli effetti della direttiva sono mantenuti per il termine massimo di un anno.

E’ quanto si legge nella sentenza odierna della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, che annulla la direttiva 2011/82, proposta dalla Commissione UE a marzo 2008 con lo scopo di facilitare lo scambio di informazioni relative a determinati infrazioni stradali nonché all’esecuzione transfrontaliera delle sanzioni collegate a queste ultime.

Questa proposta era basata sulla competenza dell’UE in materia di sicurezza dei trasporti; il 25 ottobre 2011 il Parlamento e il Consiglio hanno adottato la direttiva 2011/82, stabilendo tuttavia come fondamento giuridico la competenza dell’Unione nell’ambito della cooperazione di polizia.

Ma la Commissione stessa ha proposto un ricorso di annullamento dinanzi alla Corte, ritenendo che la direttiva fosse stata adottata su un fondamento giuridico errato.

La direttiva istituisce, tra gli Stati membri, una procedura di scambio di informazioni relative ad 8 infrazioni stradali (eccesso di velocità, mancato uso della cintura di sicurezza, mancato arresto davanti a un semaforo rosso, guida in stato di ebbrezza, guida sotto l’influsso di sostanze stupefacenti, mancato uso del casco protettivo, circolazione su una corsia vietata e uso indebito di telefono cellulare durante la guida).

Gli Stati membri possono così accedere, in altri Stati membri, ai dati nazionali sull’immatricolazione dei veicoli in modo da individuare la persona responsabile dell’infrazione.

Nella sua odierna sentenza la Corte ricorda che occorre esaminare finalità e contenuto della direttiva per determinare se questa potesse essere validamente adottata sul fondamento della cooperazione di polizia.

Rispetto alla finalità, la Corte conclude che lo scopo principale della direttiva è il miglioramento della sicurezza stradale.

Rispetto al contenuto, la Corte dichiara che il sistema di scambio di informazioni tra le autorità competenti degli Stati membri costituisce lo strumento mediante il quale quest’ultima persegue lo scopo di migliorare la sicurezza stradale.

Infatti, misure dirette a migliorare la sicurezza stradale rientrano nella politica dei trasporti.

Dunque sia per quanto concerne la sua finalità sia il suo contenuto, la direttiva costituisce una misura atta a migliorare la sicurezza dei trasporti: la direttiva, pertanto, doveva essere adottata su tale fondamento.

La Corte dedice quindi di annullare la direttiva considerando, però, che l’annullamento senza un mantenimento dei suoi effetti potrebbe avere conseguenze negative sulla realizzazione della politica dell’UE in materia di trasporti.

La Corte tiene conto del fatto che il termine per il recepimento della direttiva nel diritto nazionale è scaduto il 7 novembre 2013 e, per la certezza del diritto, ne verranno mantenuti gli effetti sino all’entrata in vigore, entro un termine ragionevole che non può eccedere un anno a partire dalla data di pronuncia della sentenza, di una nuova direttiva basata sul fondamento giuridico appropriato (ossia, la sicurezza dei trasporti).

La Corte precisa inoltre che la direttiva non si ricollega direttamente agli scopi della cooperazione di polizia, in quanto questi ultimi mirano allo sviluppo di una politica comune in materia di asilo, immigrazione e controllo delle frontiere esterne, da un lato, nonché alla prevenzione della criminalità, del razzismo e della xenofobia, dall’altro.
Marco0064

Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

Messaggio da Marco0064 »

per mettere un casco piu' che altro per la sicurezza bisogna fare tutte queste sentenze.. chi non so lo vuole mettere se cade si arrangia.. io lo consiglio
panorama
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Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

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aggiungo questa bella notizia che non sapevo e che ho trovato oggi.

incidenti stradali / posta elettronica certificata

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Incidenti e multe: sì all'accesso gratuito tramite PEC agli atti della Polizia
Circolare Ministero Interno 02.09.2011 n° 7138

Sarà possibile chiedere agli organi di Polizia copia elettronica (in formato pdf) degli atti relativi agli incidenti stradali e agli illeciti amministrativi attraverso la posta elettronica certificata.

Lo chiarisce la circolare 2 settembre 2011, n. 7138 con la quale il Ministero dell'Interno segnala che per tale modalità non è prevista l'imposta di bollo.

Il provvedimento è emanato al fine di ottenere da entrambe le parti (cittadino e Uffici di Polizia) un notevole risparmio in termini di tempo, una riduzione dei costi senza compromettere la sicurezza e la garanzia di certificazione della spedizione, della consegna e del contenuto degli atti.

Gli Uffici e i Reparti dipendenti, ricevuta la richiesta tramite PEC, verificheranno la legittimazione del richiedente e che l'incidente non abbia assunto rilevanza penale (mortale o con lesioni per le quali è stata sporta querela), caso nel quale la richiesta dovrà essere corredata anche del nulla osta da parte dell' Autorità Giudiziaria. Se la richiesta proviene da soggetti terzi rispetto all'evento infortunistico (avvocati, investigatori privati, ecc.), la stessa dovrà essere corredata da delega rilasciata dall'interessato e dalla copia di un suo documento d'identità. Sussistendo le condizioni di legge per il rilascio della copia degli atti, l'ufficio che custodisce il fascicolo del sinistro provvederà ad elaborare un file in formato PDF contenente gli atti scannerizzati, per l'invio con PEC al soggetto richiedente.
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Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

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Circolare Prot. n. 8326 del 9 aprile 2014. "Nuova procedura di rinnovo di validità della patente di guida."

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Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

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Multe autovelox nulle: leggi l’ultima sentenza della Cassazione

Svolta epocale nell’interpretazione del codice della strada per quanto riguarda le multe per eccesso dei velocità comminate grazie all’Autovelox.

La Corte di Cassazione con ordinanza n.11018/14 del 20 maggio 2014 ha definitivamente stabilito che l’infrazione è nulla se il segnale del limite di velocità non viene ripetuto dopo l’incrocio. In poche parole, se in una strada viene imposto un limite di velocità con un apposito segnale e lo stesso limite non si ripete dopo ogni incrocio, lo stesso segnale non ha più valore.

Quindi, se un automobilista trova prima un limite di velocità, poi attraversa un incrocio e infine incappa in un autovelox, l’eventuale sanzione che gli sarà recapitata non avrà validità.

La Cassazione si è pronunciata dopo che un signore calabrese aveva presentato un esposto proprio a causa di una multa che gli era stata comminata per un eccesso di velocità, accertata con l’autovelox.

La Corte ha accolto il suo ricorso, sentenziando che: “Va infatti ritenuto che la mancanza della ripetizione del segnale poteva indurre il conducente a credere che la riduzione del limite di velocità disposta prima dell’intersezione fosse venuta meno, giacché il coordinamento tra l’art. 119 e l’art. 104 del Regolamento è da formulare nel senso che il limite di velocità imposto da un segnale cessi, per effetto del segnale di fine del limite, solo se ci si trova in presenza di un tratto di strada continuo”.
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Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

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Multa a disabile / CONTRASSEGNO INVALIDI
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MULTA a DISABILE - Per Cass. ord. 16500 del 18.7.2014 il CONTRASSEGNO INVALIDI non esime dal rispetto delle regole stradali al fine di evitare INTRALCIO e PERICOLO


di Paolo M. Storani - Con l'ordinanza n. 16500 del 18 luglio 2014 la Suprema Corte di Cassazione, Sez. VI, Sottosezione II, Pres. Bruno Bianchini, Rel. Antonino Scalisi, ribadisce l'orientamento già espresso nel 2012 con le pronunce 168 e (Sez. VI, Pres. Stefano Petitti - Rel. Milena Falaschi, presente nel Collegio dell'ordinanza in commento) e 2490 (Sez. II, Pres. Massimo Oddo - Rel. Luigi Piccialli, estensore della proposta di definizione in disamina): anche le persone detentrici del contrassegno relativo ai veicoli al servizio delle persone disabili debbono rispettare i divieti di circolazione e di sosta direttamente riconducibili alla legge o ai regolamenti integrativi aventi carattere di generalità.

LIA Law In Action propone qui di seguito il testo integrale della motivazione del provvedimento che ha riguardato il Comune di Verona, già segnalato da Luigi Del Giudice su Studio Cataldi del 25 luglio 2014.

Il ricorso del contravventore è stato respinto.

Buona lettura!
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Rilevato che il Consigliere designato, dott. L. Piccialli, ha depositato ai sensi dell'art. 380 bis cod. proc. civ., la seguente proposta di definizione del giudizio: "Il ricorso, cui non ha resistito il Comune intimato, è affidato a sette motivi, nessuno dei quali, ad avviso del relatore, merita accoglimento. I primi due, rispettivamente deducenti violazione e falsa applicazione della L. n. 689 del 1981, art. 14 e degli artt. 156 e 160 c.p. e, sostenendo che la notificazione sarebbe stata inesistente e dunque non sanabile, restano superati dal costante indirizzo della giurisprudenza di questa Corte, secondo cui sussiste inesistenza, e non semplice nullità, sanabile ex art. 156 c.p.c. dalla costituzione in giudizio della parte destinataria della notificazione, soltanto quando manchi del tutto ogni relazione, di luogo o di persona, riferibili al destinatario, nelle modalità con le quali l'adempimento notificatorio sia stato in concreto eseguito (v., tra le altre, nn. 6470 e 17023 del 2011). Nella specie non si nega la circostanza che la busta contenente una copia del verbale (peraltro già preceduto da preavviso lasciato sul cruscotto dell'auto in sosta), reperita dalla moglie dell'opponente (di cui non è stata contestata la convivenza) nella cassetta postale (evidentemente presso la residenza risultante dall'intestazione del veicolo), sia comunque pervenuta al F., che ha potuto tempestivamente impugnare, ex art. 204 bis C.d.S., l'atto.

Quand'anche fossero stati omessi altri adempimenti (che non si precisano), non hanno errato i giudici di merito nel considerare in ogni caso raggiunto ex art. 156 c.p.c. lo scopo dell'atto, in cospetto di una notifica non inesistente, ma al più nulla per incompletezza.

Il terzo motivo (viol. art. 345 c.p.c.) censura la ritenuta novità della doglianza relativa alla non completa conformità tra la copia notifica del verbale e quella prodotta in giudizio dal Comune, con riferimento alla circostanza dell'esposizione del contrassegno per invalidi. Il motivo è tuttavia inammissibile, per genericità e difetto d'interesse, non precisando quale sarebbe stata la rilevanza della circostanza de qua, in un contesto in cui, come chiarito dalla giurisprudenza di questa Corte (v. nn. 168 e 2490 del 2012), il titolare di tale contrassegno (o per lui il conducente del veicolo), non sarebbe stato comunque autorizzato a violare disposizioni sulla circolazione dei veicoli finalizzate ad evitare intralcio o pericolo, con connessa sussistenza in re ipsa degli stessi nelle relative inosservanze.

Il quarto motivo, con il quale si censura per violazione o falsa applicazione dell'art. 2697 c.c., dell'art. 115 c.p.c. e D.Lgs. n. 285 del 1992, art. 57 l'assunta mancanza di prova che lo spazio lasciato libero fosse di almeno un metro, confutando la valenza probatoria privilegiata del verbale, si risolve in una inammissibile censura in fatto, peraltro anche priva di autosufficienza (laddove non riporta il testo del verbale), avverso un accertamento che i giudici di merito hanno compiuto sulla scorta non solo delle risultanze dell'atto impugnatola anche della testimonianza della moglie dell'opponente.

Il quinto motivo, con il quale si ribadisce, deducendo violazione dell'art. 113 c.p.c., la violazione delle "norme a tutela degli utenti deboli", ancora non precisa (stante il non autosufficiente richiamo ad "alcune norme" che sarebbero state indicate nella comparsa conclusionale) quali siano tali norme e quale la concreta incidenza nel caso specifico.

Il richiamato principio iura novit curia non esime, invero, il ricorrente dal dare un contenuto specifico, quanto meno precisando la ritenuta portata precettiva o esimente delle norme genericamente richiamate; peraltro, ove le stesse siano quelle previste dal D.P.R. n. 509 del 199, valga il precedente richiamo alla giurisprudenza di legittimità, secondo cui l'art. 11, comma 1 cit. D.P.R. non esime i titolari dei permessi di sosta dall'osservanza delle regole stradali imposte al fine di evitare intralcio o pericolo per la circolazione.
Il sesto motivo, deducente violazione dell'art. 12 c.p.c., per omesso esame del motivo di appello concernente la rinuncia del Comune ad avvalersi dell'avviso di ricevimento postale della notifica, contro il quale l'opponente aveva preannunciato querela di falso, resta assorbito dalla reiezione dei primi due motivi, con i quali si è ritenuta corretta la decisione impugnata, nella parte in cui ha ritenuto sanato ogni eventuale vizio della notificazione del verbale, a seguito della ricezione, comunque avvenuta, di una copia dello stesso e del tempestivo esercizio della facoltà di opposizione. Non miglior sorte merita, infine, il settimo ed ultimo motivo, censurante per violazione dell'art. 91 c.p.c., u.c., per eccessività in relazione al valore della controversia, la liquidazione delle spese, dal giudice di secondo grado quantificate in Euro 1.000, in quanto l'invocata modifica additiva del citato articolo, disposta con D.L. n. 212 del 2011, conv. in L. n. 10 del 2012, non è applicabile ai giudizi di appello, nei quali non è ammessa, a differenza che in quelli di primo grado svolgentisi davanti al G.d.P. di cui al richiamato art. 82 c.p.c., comma 1, la difesa personale delle parti.

Si propone conclusivamente la reiezione del ricorso. Tale relazione veniva comunicata al difensore del ricorrente.

Il Collegio, letta le memoria del ricorrente, condivide argomenti e proposte contenute nella relazione ex art. 380 bis c.p.c., rilevando, altresì, che le osservazioni espresse dal ricorrente con la memoria depositata in prossimità della camera di consiglio non consentono di superare le argomentazioni di cui alla relazione.

Va qui ribadito: a) che la notificazione è inesistente quando sia stata effettuata in un luogo o con riguardo ad una persona che non presentino alcun riferimento con il destinatario dell'atto, risultando a costui del tutto estranei, mentre è affetta da nullità (sanabile con effetto "ex tunc" attraverso la costituzione del convenuto, ovvero attraverso la rinnovazione della notifica cui la parte istante provveda spontaneamente o in esecuzione dell'ordine impartito dal giudice), quando, pur eseguita mediante consegna a persona o in luogo diversi da quello stabilito dalla legge, un simile collegamento risulti tuttavia ravvisabile, così da rendere possibile che l'atto, pervenuto a persona non del tutto estranea al processo, giunga a conoscenza del destinatario (oltre Cass. già citata cfr.

Cass. 25350 del 02/12/2009). Ora nel caso in esame come è stato già evidenziato: "quand'anche fossero stati omessi altri adempimenti (che non si precisano), non hanno errato i giudici di merito nel considerare in ogni caso raggiunto ex art. 156 c.p.c. lo scopo dell'atto, in cospetto di una notifica non inesistente, ma al più nulla per incompletezza", b) - come è opinione pacifica in dottrina e nella giurisprudenza anche di questa Corte - il verbale di accertamento ha natura giuridica di atto ricognitivo, consistente in una dichiarazione della pubblica amministrazione caratterizzata da una particolare certezza legale privilegiata, cioè, dal fatto che il verbale fa piena prova dei fatti in esso attestati dal pubblico ufficiale fino a sentenza dichiarativa di falso a seguito di apposita querela.

D'altra parte, e comune, la sentenza impugnata - come già è stato evidenziato ha avuto modo di chiarire adeguatamente che agli atti del processo vi era documentazione più che adeguata a dimostrare il presupposto della contestazione oggetto del giudizio, c) va altresì ribadito che l'utilizzo degli autoveicoli per il trasporto delle persone invalide, in possesso dello specifico contrassegno, non esime dal rispetto dei divieti imposti dall'art. 158 C.d.S., per la presunzione, accordata dal legislatore, nel caso delle specifiche violazioni previste da detta norma, di intralcio e pericolo per la circolazione che non è derogata dal D.P.R. 24 luglio 1996, n. 503, art. 11, comma 1. In definitiva il ricorso va rigettato; non occorre provvedere alla liquidazione delle spese del presente giudizio di cassazione dato che il Comune di Verona intimato, in questa sede, non ha svolto attività giudiziale.
panorama
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Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

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Responsabilità civile, CGUE: copre ogni incidente causato dall’uso normale


La definizione della nozione di «veicolo» ai sensi della direttiva 72/166 (la quale prevede che ogni Stato membro adotti tutte le misure necessarie affinché la responsabilità civile relativa alla circolazione dei veicoli che stazionano abitualmente nel suo territorio sia coperta da un’assicurazione) prescinde dall’uso attuale o potenziale del veicolo di cui trattasi.

Pertanto, il fatto che un trattore, eventualmente munito di un rimorchio, possa, in determinate circostanze, essere utilizzato come macchina agricola non ha alcuna incidenza sulla constatazione che un tale veicolo risponde a detta nozione di «veicolo».

E’ quanto specifica una sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità Europee chiamata ad esprimersi dalla Corte suprema slovacca in merito ad un incidente causato da un trattore utilizzato non come mezzo di trasporto ma come macchina di lavoro o da traino.

Questa circostanza aveva giustificato il rifiuto da parte della compagnia di assicurazione a riconoscere i danni causati al cittadino.

Quanto, poi, alla questione se la manovra di un trattore nel cortile di una casa colonica per immettere in un fienile il rimorchio ad esso agganciato debba essere compresa o no nella nozione di «circolazione dei veicoli», la Corte rileva che tale nozione non può essere nella disponibilità dei singoli Stati membri.

Secondo la Corte non si può ritenere che il legislatore dell’Unione abbia voluto escludere dalla tutela le persone lese da un incidente causato da un veicolo in occasione del suo uso, purché uso conforme alla funzione abituale del veicolo medesimo.
giosa
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Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

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Casco x ciclisti? ma cè ancora chi sta dietro a ste cose con la crisi di fame che cè in giro. Bo fate un po voi.
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Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

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Se tu caschi a terra con la bici poiché sei stato tamponato o preso di striscio e sei senza casco o perché cadi a terra per altre cause, cosa subisce alla tua testa?
E' forse d'acciaio, ecc.ecc.?
Non subisce nessun danno?
giosa
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Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

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Via, casco obbligatorio anche per far le scale!
panorama
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Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

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revoca della "patente di guida"

interessante il concetto.
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Tar Lecce:

1) - Il ricorrente ha impugnato il provvedimento con cui la Prefettura di Lecce ha disposto la revoca della patente di guida sulla base della sentenza irrevocabile del Tribunale di Lecce di condanna ai sensi dell’art. 73 d.P.R. 309/1990.

2) - Il ricorso è inammissibile per difetto di giurisdizione.

3) - L’art. 120 codice della strada stabilisce, al comma 1, che “Non possono conseguire la patente di guida … le persone condannate per i reati di cui agli articoli 73 e 74 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 … ”,
- mentre per il comma 2, “Fermo restando quanto previsto dall'articolo 75, comma 1, lettera a), del citato testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica n. 309 del 1990, se le condizioni soggettive indicate al primo periodo del comma 1 del presente articolo intervengono in data successiva al rilascio, il prefetto provvede alla revoca della patente di guida”.

4)- Infine, per il comma 3, “la persona destinataria del provvedimento di revoca di cui al comma 2 non può conseguire una nuova patente di guida prima che siano trascorsi almeno tre anni”.

5) - Pertanto, alla stregua delle disposizioni che precedono emerge in tutta evidenza che la revoca costituisce un atto dovuto in presenza di una misura in corso di efficacia (Cons. St., sez. VI, 21 settembre 2010, n. 7015), e quindi l’Amministrazione non esercita alcun potere discrezionale, né sulla possibilità o meno di irrogazione, né sulla durata della sospensione, atteso che la legge stabilisce in via generale che, sussistendo le condizioni richieste, la revoca deve essere disposta e deve avere la durata di tre anni. In sostanza la revoca è un atto dovuto in presenza di misure in corso di efficacia e l’Amministrazione è tenuta ad adottarla una volta che i presupposti richiesti dall’articolo citato siano stati riscontarti.

6) - L’assenza di qualsivoglia discrezionalità nel provvedimento irrogativo della sanzione accessoria di cui ai commi 4 e 5, radica senza ombra di dubbio la giurisdizione del giudice ordinario ai fini dell’opposizione, trattandosi di atto vincolato potenzialmente lesivo di posizioni di diritto soggettivo.

7) - La Cassazione ha precisato che la giurisdizione, ai fini del riparto tra giudice ordinario e giudice amministrativo, in linea generale si determina in relazione al carattere paritario o autoritativo del rapporto intercorrente fra privato e pubblica amministrazione, tenendo conto della effettiva natura della situazione soggettiva della quale si chiede la tutela, ossia della intrinseca natura della posizione dedotta in giudizio ed individuabile con riguardo ai fatti allegati ed al rapporto giuridico del quale detti fatti costituiscono manifestazione. Con la conseguenza che, ove il privato, al di fuori dei casi di giurisdizione esclusiva, deduca la lesione di un diritto soggettivo, in relazione a un rapporto riguardo al quale alla p.a. non è attribuito dalla legge alcun potere autoritativo ed alcuna discrezionalità, agendo essa in posizione paritaria, sussiste la giurisdizione del giudice ordinario (Cass. Sez. Un. 27 ottobre 2008, n. 25769, Cass. Sez. Un., 16 maggio 2008, n. 12378).

8) - Pertanto, “in sintonia con quanto ritenutosi per similari interventi sulla patente di guida (sospensivi od ablativi) a seconda che siano vincolati a circostanze prestabilite o passino attraverso valutazioni discrezionali degli organi amministrativi (cfr., per le rispettive ipotesi, Cass. s.u. 27 aprile 2005 n. 8693, nonché Cass. s.u. 29 aprile 2003 n. 6630 e 20 maggio 2003 n. 7898), si deve affermare che la domanda rivolta a denunciare l'illegittimità del provvedimento di revoca della patente di guida, reso dal prefetto a carico di persona sottoposta alla misura di prevenzione della sorveglianza speciale, si ricollega ad un diritto soggettivo, e di conseguenza, in difetto di deroghe ai comuni canoni sul riparto della giurisdizione, spetta alla cognizione del Giudice ordinario (al quale compete, nell'eventualità del fondamento della denuncia, di tutelare il diritto stesso disapplicando l'atto lesivo) Detto provvedimento prefettizio di revoca della patente in dipendenza di misure di prevenzione non esprime quindi esercizio di discrezionalità amministrativa, cioè di potere idoneo a degradare la posizione di diritto soggettivo della persona abilitata alla guida, ma è un atto dovuto, nel concorso delle condizioni all'uopo stabilite dalla norma (caratteristica ritenuta anche nella citata pronuncia della Corte costituzionale n. 427 del 2000, e del resto non contestata dal ricorrente)” (Cass. sez. un., 6 febbraio 2006, n. 2446).

9) - In base a queste considerazioni, il ricorso deve essere dichiarato inammissibile per difetto di giurisdizione del giudice amministrativo e la cognizione della controversia è, quindi, riservata al giudice ordinario.

N.B.: rileggi il punto n. 4.
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Re: Casco per ciclisti: nessun obbligo dal nuovo CdS

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Multe arrivate dopo 90 gg, Altroconsumo: ecco come fare ricorso


Se la multa arriva 90 giorni dopo la data dell’infrazione è possibile contestarla.

Una vecchia regola che torna attuale visto il caso eclatante di Milano, dove il Comune ha multato quasi 300mila vetture per eccesso di velocità (grazie all’autovelox).

E i numeri sembrano destinati a crescere perché sono riferiti a un lasso di tempo di 50 giorni. In molti casi la sanzione viene inviata oltre il termine dei 90 giorni previsti dal Codice della Strada.

Perché il Comune ha deciso di calcolare il termine dal giorno in cui la foto viene visionata dai funzionari, anziché dal giorno dell’accertamento fotografico.

Altroconsumo contesta quest’interpretazione della legge e spiega come fare ricorso.

“Sostenere, come sta facendo il Comune di Milano, che i 90 giorni decorrono da una data successiva a quella della violazione, è illegittimo – spiega l’Associazione – Anche perché, se così fosse, non si capisce a cosa serva il termine dei 90 giorni previsti dalla legge, che a questo punto sarebbe completamente nelle mani della pubblica amministrazione.

Si tratta di una grave scorrettezza nei confronti dei cittadini, perché in tanti pagheranno convinti che non ci sia niente di irregolare.

Altroconsumo precisa che l’unico caso in cui si può fare eccezione è quando sono necessari ulteriori accertamenti per individuare il proprietario (per esempio se l’auto è intestata a una società di leasing, è stata venduta o il proprietario ha cambiato residenza): solo in questo caso i 90 giorni decorrono dall’accertamento.

Ecco come fare ricorso.

Chi ha ricevuto una notifica dopo 90 giorni rispetto alla data di infrazione, può contestarla la lettera messa a disposizione dall’Associazione.

Ci si può rivolgere al giudice di pace entro 30 giorni dalla notifica del verbale o, in alternativa, al prefetto entro 60 giorni.

In entrambi i casi non è necessario rivolgersi a un avvocato.

•Se si sceglie la strada del giudice di pace, il ricorso deve essere presentato, a mano o tramite raccomandata a/r, al giudice del luogo in cui è stata commessa la violazione del codice della strada.

Al ricorso è necessario allegare il proprio codice fiscale, il verbale di contravvenzione e eventuale documentazione aggiuntiva per sostenere le richieste.

Contrariamente a quanto avviene con il prefetto, scegliendo la strada del giudice di pace bisognerà pagare un contributo fisso di 43 euro (per ricorsi fino a 1.033 euro).

•Al prefetto si ricorre generalmente per i cosiddetti “vizi di forma”, vale a dire per gli errori di forma che non richiedono una valutazione concreta del caso (notifica arrivata dopo il termine previsto dalla legge, dati anagrafici del proprietario che non corrispondono a quelli della contravvenzione…).

In questo caso il ricorso è gratuito e va presentato entro 60 giorni dalla notifica del verbale, in carta semplice, a mano o tramite raccomandata a/r al comando di polizia municipale o in prefettura.

Se il prefetto respinge il ricorso, la multa da pagare sarà almeno doppia rispetto a quella iniziale. In questo caso, si potrà poi presentare ricorso al giudice di pace contro il provvedimento del prefetto.
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