Carabinieri, equipaggio motociclista di perlustrazione

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Carabinieri, equipaggio motociclista di perlustrazione

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Carabinieri, equipaggio motociclista di perlustrazione.

Vedo ma penso che sia la stessa cosa in tutta Italia, città inclusa, in periodo estivo, i colleghi della Radiomobile che effettuano i turni esterni 6/12 , - 12/18, - 18/24 (la notte 0/6 non lo so ma con il vostro intervento potremo scoprirlo).

Apro per tanto questa discussione, affinchè emergono dei giudizi per il tramite vostro che fate servizio di motociclista. Quest’argomento serve per fare un punto della situazione, usi e costumi che variano da località a località, almeno possiamo mettere le nostre esperienze affinchè si migliora in tale “campo singolare” mettendo da parte l’uscita con l’autoradio, altrimenti facciamo confusione.

Quindi la partecipazione è gradita da parte di coloro che ne compongono l’equipaggio patentato per tale servizio.

Ora secondo me, questi dovrebbero uscire solo ed esclusivamente ai fini di rappresentanza o visibilità pubblicitaria o meglio in affiancamento al normale turno di perlustrazione esterno svolto dalla regolare Radiomobile, ma, non ai fini di effettuare servizi di prevenzione/repressione di reati vari.

Dico questo per un semplice ragionamento, poiché vedo che nessuno ha mai sollevato un polverone di dubbio.

Mi spiego meglio:

1) La pattuglia con l’autoradio porta con se i giubbotti antiproiettili da usare entrambi per attuare le soste comandate per il posto di controllo. In questo caso se passa il Comandante o l’ufficiale e vede i 2 colleghi usare i giubbotti non li sanziona/punisce e non fa cazziatoni;

2) La pattuglia dei motociclisti, invece, non porta i giubbotti antiproiettili a seco, poiché ingombranti e non ce posto a bordo, almeno che non si dispone di indossarli prima dell’uscita in servizio e quindi di portarli addosso al corpo per tutto l’intero turno di 6 ore ma ciò sarebbe massacrante e inumano. In questo caso, se passa il Comandante o l’ufficiale e vede i 2 colleghi fare un posto di controllo, chissà perché, non si dice nulla.

3) Come avete notato dal mio racconto, un equipaggio è regolare e uno irregolare. Uno è passibile di punizione e l'altro no.

4) Per chi non lo sa l’uso del giubbotto antiproiettile fa parte della sicurezza sul posto di lavoro ed il datore di lavoro, in questo caso il Comandante della Radiomobile o il Comandante del NORM deve adottare ogni precauzione onde evitare infortuni/lesioni/morti. (legge 626/94 e successive modificazioni e/o integrazioni; D.Lgs. 81/2008).

5) Aggiungo anche che se arriva una richiesta d’intervento per rapina in corso o conflitto a fuoco tra bande, minaccia con arma impugnata da rivale in amore o ad un vicino di casa, o da una persona fuori di mente, è fuori ci sta una pattuglia motociclista, come fa ad intervenire sul posto e potersi difendersi/salvaguardarsi la vita?

6) Come la mettiamo se arriva un ordine dalla Centrale Operativa di mettere in atto subito un Posto di Blocco? Cosa si fa per prima? Si attua il P.B. o si va in caserma per lasciare le motociclette e prendere l’autoradio?

7) Il mio appello viene fatto poiché secondo me la pattuglia motociclista nel caso svolga un servizio perlustrativo non deve mettere in atto nessun Posto di Controllo né intervenire in determinati situazioni di pericolo per i suindicati motivi, proprio per la mancanza dei giubbotti.

8) Spero che qualche collega del Cobar/Coir o Cocer riflettano su tutto ciò ma ancor prima di loro l’attenzione deve farla il Comandante a prescindere dalla sanzione disciplinare o meno.

So che molti non ci pensano a tali situazione di servizio.

Non so se ho dimenticato qualche cosa, in tal caso mi scuso.


panorama
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Re: Carabinieri, equipaggio motociclista di perlustrazione

Messaggio da panorama »

Ad una coppia di colleghi motociclisti, chiedo se hanno mai discusso chi dei 2 deve salvaguardarsi la vita, poiché presumo che 1 tiene il mitra e l’altro il giubbotto antiproiettile, oppure ha tutto 1 mentre l’altro ferma gli automotomezzi.

Ti è mai capitato di discutere (nel senso di fare discussione) col collega chi dei 2 deve salvarsi la vita o meglio proteggersi il corpo e portare la pelle a casa (non una bara funebre) ?

Se per caso ci si trova in bel mezzo ad una sparatoria o un delicato intervento come la mettiamo? Possiamo mai tornare indietro? Chi può giustificarsi se per terra ci rimane qualcuno?

Vogliamo sottovalutare i possibili pericoli?

Ebbene, la vita è una sola.
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Re: Carabinieri, equipaggio motociclista di perlustrazione

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Un collega facente parte esclusivamente di una squadra di motociclisti di città, mi ha detto che, dove lavora lui la coppia porta seco solamente un solo GAP flessibile.

Un altro collega che non fa parte, né di aliquota radiomobile né di motociclista, mi ha detto che nella sua zona quando esce la coppia motociclista esce, in abbinamento al turno di radiomobile, portando seco 2 GAP flessibili. Sarà vero? Non lo so.

Presumo che cmq. delle regole ben precise a livello centrale saranno state diramate ai vari livelli di comando ma forse col passare degli anni queste ……….

In alcuni reparti ci sono motociclette di data ...... e in altre quelli di nuova generazione. Avranno un buon alloggiamento per tutti gli accessori?

Preciso che io non faccio parte del nucleo radiomobile né dei motociclisti ma mi chiedo per puro caso se c’è uniformità in ambito nazionale.

Come si può notare: paese che vai metodi diversi troverai.
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Re: Carabinieri, equipaggio motociclista di perlustrazione

Messaggio da panorama »

da leggere attentamente
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uso giubbotto antiproiettile

Richiesta risarcimento danni.

Ricorso RESPINTO
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1) - Nella notte del 19 maggio 1986, il Brigadiere CC all'epoca dei fatti capo equipaggio del Nucleo Operativo Radiomobile (NOR) della Compagnia Carabinieri rimase coinvolto in un conflitto a fuoco, nel corso del quale venne attinto da un colpo di pistola al petto che gli cagionò gravissime ferite e, in particolare, la ritenzione del proiettile in prossimità della colonna vertebrale.

2) - Quella sera, mentre era impegnato nello svolgimento di un servizio di pattugliamento, insieme al carabiniere scelto, intorno alle ore 01,20 sottoponeva a controllo un autoveicolo Alfa Romeo Alfetta.

3) - Dopo un iniziale tentativo di fuga, l’auto veniva raggiunta e veniva ordinato ai due individui che erano a bordo – tra i quali il pluripregiudicato OMISSIS - di scendere per la rituale identificazione.

4) - Giunto il momento della perquisizione personale, il OMISSIS dapprima si mostrava collaborativo, svuotando le tasche e riponendone il contenuto sul cofano del veicolo dei militari; successivamente, allorché il Carabiniere -OMISSIS- si accingeva a perquisirlo, con una mossa repentina metteva la mano destra dietro la schiena e, tratta una pistola che teneva nascosta nella cintola, esplodeva a bruciapelo un colpo che colpiva lo zigomo del -OMISSIS- e penetrava in pieno petto il brigadiere -OMISSIS-. Questi rispondeva al fuoco con la pistola di ordinanza e i proiettili raggiungevano l’aggressore che decedeva immediatamente.

5) - I successivi esami radiografici e clinici evidenziarono nel -OMISSIS- una “ferita da arma da fuoco OMISSIS”.

6) - A fondamento della domanda risarcitoria, avanzata ai sensi dell’art. 2087 cod. civ., il ricorrente ha formulato due articolate deduzioni.

7) - In primis, ha lamentato di non aver avuto a disposizione, in occasione dell’accaduto, un giubbotto antiproiettile che, se indossato, avrebbe verosimilmente limitato i danni da ferita d'arma da fuoco.

8) - Afferma, in particolare, che "all'epoca in cui si sono svolti i fatti oggetto di giudizio tali giubbotti - che hanno la funzione di proteggere il tronco del corpo da proiettili di arma da fuoco - non venivano dati in dotazione perché da una parte risultavano essere in numero limitatissimo (uno per ogni reparto), dall'altra perché quei pochi esistenti erano vetusti o inidonei, in quanto usurati o di misure inadatte e, dall'altra ancora, perché i superiori neppure si preoccupavano di curare che i propri sottoposti li indossassero durante le operazioni che lo richiedevano.

9) - Accadeva spesso, per esempio, che vi fossero contemporaneamente più posti di blocco o controlli di polizia donde la necessaria esigenza (inevasa) di avere più giubbotti antiproiettile a disposizione di tutti coloro che, esponendosi a pericolo imminente, ne avevano assoluta necessità".

IL TAR scrive:

10) - la parte resistente ha innanzitutto dimostrato, attraverso documenti istituzionali la cui valenza probatoria non è stata in alcun modo confutata da controparte, che il NOR (Nucleo Operativo Radiomobile), nel periodo in cui si verificò lo scontro a fuoco, aveva in dotazione quattro giubbetti antiproiettile del tipo WR.20.CA, assegnati fin dal mese di settembre 1977, le cui descrizione tecnica e modalità d'uso vengono meglio indicate nell'allegato stralcio della pubblicazione ordinaria edita nell'anno 1977 dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri, col titolo "Giubbetti antiproiettile in dotazione ai reparti dell'Arma dei Carabinieri”.

11) - Risulta dunque smentita l’allegazione di parte ricorrente secondo la quale nella Caserma ove prestava servizio “i giubbotti erano in numero limitatissimo (un paio per tutta la Caserma)”.

12) - La difesa erariale del Ministero della Difesa ha inoltre richiamato la dettagliata normativa regolamentare dell'Arma dei Carabinieri che già all'epoca imponeva l'uso dei giubbetti antiproiettile ai militari impegnati nei vari servizi di prevenzione (e dunque anche all'odierno ricorrente, che per di più era il capo equipaggio, dunque il soggetto più alto in grado tra il personale impiegato in servizio di autopattuglia), come risulta dalle circolari singolarmente richiamate a pag. 7 e 8 della memoria difensiva e allora in vigore.

13) - Risulta dunque smentita l’ulteriore affermazione secondo cui sarebbe mancata, da parte dell’amministrazione e dei superiori gerarchici, un’adeguata attività di istruzione dei sottoposti circa la necessità e le modalità d’utilizzo dei dispositivi di protezione, essendo questi direttamente e singolarmente obbligati a farne uso - secondo specifici criteri - in virtù della richiamata normativa regolamentare.

14) - Resta da vagliare l’ulteriore deduzione di parte ricorrente stando alla quale, la sera del 19 maggio 1986, il Brigadiere, nell’accingersi al servizio di pattugliamento, non riuscì a reperire il giubbotto antiproiettile per sé e per il proprio sottoposto.

15) - Sul punto la parte resistente ha documentato che nella notte del 19 maggio 1986 nessun altro poteva avere in dotazione i giubbetti antiproiettile di cui trattasi, poiché in servizio vi era esclusivamente un'autopattuglia - quella dell'odierno ricorrente - con impiego di due militari.

16) - A riprova di ciò è stato depositata copia del memoriale di servizio del NOR della Compagnia Carabinieri, relativo ai giorni 18 e 19 maggio, dal quale risulta che nella fascia oraria 0 - 6 non era attivo alcun altro servizio automontato (come puntualmente rilevato dalla difesa erariale, il turno del Brig. è annotato alla prima pagina del giorno 19, dalle ore 0 alle ore 6: la correzione di quest'ultima cifra con "01,20" sta ad indicare la cessazione del servizio in conseguenza del ricovero in ospedale a seguito di scontro a fuoco).

17) - A fronte di tali circostanziate deduzioni, le argomentazioni di replica e le connesse istanze istruttorie avanzate da parte ricorrente appaiono oltremodo generiche e inconferenti, in quanto non chiariscono con quali modalità fu esperita la ricerca dei dispositivi, dove i militari erano soliti riporli e qual era la prassi dell’ufficio sull’uso e sulla conservazione di tale strumentazione.

N.B.: per completezza e la delicatezza dell'argomento, leggete il tutto qui sotto, avendo io postato qui sopra alcuni brani.

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SENTENZA ,sede di TORINO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201500662 - Public 2015-04-17 -


N. 00662/2015 REG.PROV.COLL.
N. 01440/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1440 del 2011, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. G. S., con domicilio eletto presso il medesimo in Torino, Via Stefano Clemente, 6;

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliato in Torino, corso Stati Uniti, 45;

Dichiarare tenuto e condannare, il Ministero della Difesa in persona del suo Ministro pro tempore al risarcimento di tutti i danni, nessuno escluso, che sono derivati dal predetto infortunio e, precipuamente, del danno biologico (nelle sue componenti di permanente, temporaneo assoluto e parziale, oltre che alla componente psichica), al danno morale e danno esistenziale come quantificati in narrativa il cui calcolo si richiama ed il cui complessivo importo allo stato si quantifica in €. 709.495,20 (settecentonovemilaquattrocentonovantacinque/2) o veriore accertando anche all’esito della richiedenda CTU e/o comunque determinato anche in via equitativa secondo il miglior apprezzamento dell’Ecc.mo Tribunale adito. Condannare, altresì, il resistente al risarcimento di ogni altra voce di danno connessa e direttamente consequenziale all’episodio per cui è giudizio.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visto l'art. 22 D. Lgs. 30.06.2003 n. 196, comma 8;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 aprile 2015 il dott. Giovanni Pescatore e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

1. Nella notte del 19 maggio 1986, il Brigadiere CC -OMISSIS-- all'epoca dei fatti capo equipaggio del Nucleo Operativo Radiomobile (NOR) della Compagnia Carabinieri di -OMISSIS-- rimase coinvolto in un conflitto a fuoco, nel corso del quale venne attinto da un colpo di pistola al petto che gli cagionò gravissime ferite e, in particolare, la ritenzione del proiettile in prossimità della colonna vertebrale.

Quella sera, mentre era impegnato nello svolgimento di un servizio di pattugliamento in -OMISSIS-, insieme al carabiniere scelto -OMISSIS-, intorno alle ore 01,20 sottoponeva a controllo un autoveicolo Alfa Romeo Alfetta. Dopo un iniziale tentativo di fuga, l’auto veniva raggiunta e veniva ordinato ai due individui che erano a bordo – tra i quali il pluripregiudicato OMISSIS - di scendere per la rituale identificazione. Giunto il momento della perquisizione personale, il OMISSIS dapprima si mostrava collaborativo, svuotando le tasche e riponendone il contenuto sul cofano del veicolo dei militari; successivamente, allorché il Carabiniere -OMISSIS- si accingeva a perquisirlo, con una mossa repentina metteva la mano destra dietro la schiena e, tratta una pistola che teneva nascosta nella cintola, esplodeva a bruciapelo un colpo che colpiva lo zigomo del -OMISSIS- e penetrava in pieno petto il brigadiere -OMISSIS-. Questi rispondeva al fuoco con la pistola di ordinanza e i proiettili raggiungevano l’aggressore che decedeva immediatamente.

2. I successivi esami radiografici e clinici evidenziarono nel -OMISSIS- una “ferita da arma da fuoco OMISSIS”.

3. A seguito di quei fatti è stata riconosciuta la "dipendenza da causa di servizio" delle lesioni in argomento e il Brigadiere, riconosciuto ai sensi della legge 13 agosto 1980 n. 466 “vittima del dovere”, è stato giudicato “non idoneo in modo assoluto al smi” e collocato in congedo assoluto per infermità a decorrere dal 26 agosto 1988

Il militare ha inoltre beneficiato di pensione privilegiata ed equo indennizzo.

4. Con ricorso notificato in data 5 dicembre 2011, ha quindi evocato in giudizio il Ministero della Difesa affinché questo T.A.R. - previo accertamento che le lesioni riportate “sono causalmente riconducibili al conflitto a fuoco avvenuto a -OMISSIS- il 19.5.1986; dato atto ed accertato che l'infortunio suddetto è avvenuto per causa di servizio" - gli riconoscesse il ".. risarcimento di tutti i danni, nessuno escluso, che sono derivati dal predetto infortunio e, precipuamente, del danno biologico (nelle sue componenti di permanente, temporaneo assoluto e parziale, oltre che alla componente psichica), del danno morale e danno esistenziale come quantificati in narrativa” per un importo complessivo stimato di € 709.495,20.

5. A fondamento della domanda risarcitoria, avanzata ai sensi dell’art. 2087 cod. civ., il ricorrente ha formulato due articolate deduzioni.

5.1 In primis, ha lamentato di non aver avuto a disposizione, in occasione dell’accaduto, un giubbotto antiproiettile che, se indossato, avrebbe verosimilmente limitato i danni da ferita d'arma da fuoco.

Afferma, in particolare, che "all'epoca in cui si sono svolti i fatti oggetto di giudizio tali giubbotti - che hanno la funzione di proteggere il tronco del corpo da proiettili di arma da fuoco - non venivano dati in dotazione perché da una parte risultavano essere in numero limitatissimo (uno per ogni reparto), dall'altra perché quei pochi esistenti erano vetusti o inidonei, in quanto usurati o di misure inadatte e, dall'altra ancora, perché i superiori neppure si preoccupavano di curare che i propri sottoposti li indossassero durante le operazioni che lo richiedevano. Accadeva spesso, per esempio, che vi fossero contemporaneamente più posti di blocco o controlli di polizia donde la necessaria esigenza (inevasa) di avere più giubbotti antiproiettile a disposizione di tutti coloro che, esponendosi a pericolo imminente, ne avevano assoluta necessità".

Con più specifico riguardo ai fatti oggetto di causa, il ricorrente deduce che la sera del 19 maggio 1986, mentre si accingeva ad effettuare il servizio di pattugliamento in -OMISSIS-, “faceva ricerca del giubbotto antiproiettile per sé e per il proprio sottoposto prima di recarsi sulle strade per il comandato posto di blocco. Ma la ricerca fu vana perché non lo reperì e peraltro i suoi superiori non si adoperarono per fornirglielo. In particolare, il superiore gerarchico né si preoccupò di reperirlo, né impedì, in sua mancanza, che il ricorrente effettuasse il pattugliamento”.

5.2 Con una seconda articolata deduzione il ricorrente lamenta di non avere ricevuto ascolto e adeguata assistenza da parte dei propri superiori, pur avendoli avvertiti dell'estrema pericolosità sociale di alcuni pregiudicati da lui sottoposti a controllo (tra i quali, appunto, il OMISSIS), con riferimento ai quali egli “aveva invocato non solo rinforzi per far fronte alla ramificazione delle attività criminali di codesti soggetti, ma anche specifici e puntuali provvedimenti che di fatto impedissero a costoro di circolare liberamente. E, specificamente, di circolare armati: . . . nessun provvedimento preventivo veniva adottato, né alcun ausilio era fornito dall'Arma, benché addirittura vi fossero richieste in tal senso".

6. L’intimato Ministero della Difesa si è ritualmente costituito in giudizio, eccependo in via preliminare la prescrizione dell’azione di responsabilità contrattuale ex adverso svolta e, nel merito, contestando la fondatezza delle pretese risarcitorie.

7. Il ricorso è stato trattenuto in decisione all’esito dell’udienza pubblica di discussione del 2 aprile 2015.

DIRITTO

1. Preliminarmente va esaminata l’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa della parte resistente.

1.1 A fronte dell’invocata fattispecie di responsabilità contrattuale ex art. 2087 cod. civ., soggetta a prescrizione decennale, il Ministero della Difesa ha rilevato che il termine decennale - avente decorrenza dal 19 maggio 1986 - è stato efficacemente interrotto con le prime due richieste di risarcimento inoltrate al Ministero della Difesa il 6 maggio 1993 e il 19 maggio 1999. All'ultima lettera (del 19 maggio 1999), tuttavia, hanno fatto seguito nel 2009 (precisamente il 2 febbraio ed il 23 aprile) due generiche comunicazioni alle quali non potrebbe ascriversi analoga efficacia interruttiva, stante la generica formulazione ivi contenuta attraverso la quale il procuratore legale scrivente asserisce “di avere ricevuto l’incarico di richiedere al Ministero della Difesa il risarcimento dei danni”.

1.2 Detta locuzione difetterebbe dei caratteri propri della costituzione in mora e della diffida ad adempiere, non recando una chiara e ferma intimazione di pagamento, sicché non risulterebbe idonea ad integrare un efficace atto interruttivo della prescrizione nel previsto termine decennale.

1.3 L’eccezione in esame è valutabile alla luce dell’orientamento giurisprudenziale secondo il quale un atto, per avere efficacia interruttiva della prescrizione, deve contenere, oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), l'esplicitazione di una pretesa e l'intimazione o la richiesta scritta di adempimento, idonea a manifestare l'inequivocabile volontà del titolare del credito di far valere il proprio diritto, nei confronti del soggetto indicato, con l'effetto sostanziale di costituirlo in mora (elemento oggettivo). La giurisprudenza ha inoltre chiarito che quest'ultimo requisito non è soggetto a rigore di forme, all'infuori della scrittura, e, quindi, non richiede l'uso di formule solenni, né l'osservanza di particolari adempimenti, essendo sufficiente che il creditore manifesti chiaramente, con un qualsiasi scritto diretto al debitore e portato comunque a sua conoscenza, la volontà di ottenere dal medesimo il soddisfacimento del proprio diritto (Cass. civ., sez. III, 12 febbraio 2010, n. 3371; Id., sez. I, 16 maggio 2014, n. 10789).

1.4 Alla luce delle richiamate precisazioni, la tesi della difesa erariale non pare condivisibile. In entrambe le lettere in questione (del 2 febbraio e 23 aprile 2009) è infatti chiaramente evincibile una manifestazione della volontà della parte creditrice di ottenere il soddisfacimento del proprio diritto risarcitorio: il legale scrivente dichiara infatti di avere “ricevuto incarico .. di richiedere a codesto Ministero il risarcimento di tutti i danni, nessuno escluso, conseguenti al ferimento da arma da fuoco”.

Oltre alla chiara indicazione del soggetto obbligato (elemento soggettivo), è chiaramente esplicitata la pretesa sostanziale di cui si fa richiesta di adempimento, il suo titolo giuridico (il ferimento da arma da fuoco) e la sua specifica portata oggettiva (il risarcimento di tutti i danni, nessuno escluso).

L’eccezione in esame non può quindi trovare accoglimento.

2. Analogo giudizio di infondatezza va espresso, nel merito, con riguardo alla domanda risarcitoria formulata dal ricorrente.

3. Con riguardo al primo profilo della causa petendi dedotta - riferito alla mancata dotazione di giubbotto antiproiettile che, se indossato, avrebbe verosimilmente limitato i danni da ferita d'arma da fuoco - la parte resistente ha innanzitutto dimostrato, attraverso documenti istituzionali la cui valenza probatoria non è stata in alcun modo confutata da controparte, che il NOR (Nucleo Operativo Radiomobile) di -OMISSIS-, nel periodo in cui si verificò lo scontro a fuoco, aveva in dotazione quattro giubbetti antiproiettile del tipo WR.20.CA, assegnati fin dal mese di settembre 1977 (doc. 17 e 18 fasc. resist.), le cui descrizione tecnica e modalità d'uso vengono meglio indicate nell'allegato stralcio della pubblicazione ordinaria edita nell'anno 1977 dal Comando Generale dell'Arma dei Carabinieri (doc. 22 fasc. resist.), col titolo "Giubbetti antiproiettile in dotazione ai reparti dell'Arma dei Carabinieri”.

3.1 Risulta dunque smentita l’allegazione di parte ricorrente secondo la quale nella Caserma ove il -OMISSIS- prestava servizio “i giubbotti erano in numero limitatissimo (un paio per tutta la Caserma)”.

3.2 La difesa erariale del Ministero della Difesa ha inoltre richiamato la dettagliata normativa regolamentare dell'Arma dei Carabinieri che già all'epoca imponeva l'uso dei giubbetti antiproiettile ai militari impegnati nei vari servizi di prevenzione (e dunque anche all'odierno ricorrente, che per di più era il capo equipaggio, dunque il soggetto più alto in grado tra il personale impiegato in servizio di autopattuglia), come risulta dalle circolari singolarmente richiamate a pag. 7 e 8 della memoria difensiva e allora in vigore.

3.3 Risulta dunque smentita l’ulteriore affermazione secondo cui sarebbe mancata, da parte dell’amministrazione e dei superiori gerarchici, un’adeguata attività di istruzione dei sottoposti circa la necessità e le modalità d’utilizzo dei dispositivi di protezione, essendo questi direttamente e singolarmente obbligati a farne uso - secondo specifici criteri - in virtù della richiamata normativa regolamentare.

3.4 Resta da vagliare l’ulteriore deduzione di parte ricorrente stando alla quale, la sera del 19 maggio 1986, il Brigadiere -OMISSIS-, nell’accingersi al servizio di pattugliamento, non riuscì a reperire il giubbotto antiproiettile per sé e per il proprio sottoposto.

3.5 Sul punto la parte resistente ha documentato che nella notte del 19 maggio 1986 nessun altro poteva avere in dotazione i giubbetti antiproiettile di cui trattasi, poiché in servizio vi era esclusivamente un'autopattuglia - quella dell'odierno ricorrente - con impiego di due militari. A riprova di ciò è stato depositata copia del memoriale di servizio del NOR della Compagnia Carabinieri di -OMISSIS-, relativo ai giorni 18 e 19 maggio, dal quale risulta che nella fascia oraria 0 - 6 non era attivo alcun altro servizio automontato (come puntualmente rilevato dalla difesa erariale, il turno del Brig. -OMISSIS- è annotato alla prima pagina del giorno 19, dalle ore 0 alle ore 6: la correzione di quest'ultima cifra con "01,20" sta ad indicare la cessazione del servizio in conseguenza del ricovero in ospedale a seguito di scontro a fuoco - doc. 23 fasc. resist.).

3.6 A fronte di tali circostanziate deduzioni, le argomentazioni di replica e le connesse istanze istruttorie avanzate da parte ricorrente appaiono oltremodo generiche e inconferenti, in quanto non chiariscono con quali modalità fu esperita la ricerca dei dispositivi, dove i militari erano soliti riporli e qual era la prassi dell’ufficio sull’uso e sulla conservazione di tale strumentazione.

3.7 Dette carenze si traducono in una prospettazione lacunosa del profilo di inadempimento posto a base della domanda: si tratta di carenza rilevante, in quanto, in tema di responsabilità del datore di lavoro per violazione delle disposizioni dell'art. 2087 cod. civ., la parte che subisce l'inadempimento, pur non dovendo dimostrare la colpa dell'altra parte (dato che ai sensi dell'art. 1218 cod. civ. è il debitore/datore di lavoro che deve provare l'impossibilità della prestazione ovvero che la non esatta esecuzione della stessa o comunque il pregiudizio che colpisce la controparte è derivato da causa a lui non imputabile) è comunque soggetta all'onere di allegare e dimostrare l'esistenza del fatto materiale e delle regole di condotta che assume essere state violate, siano queste clausole contrattuali che disciplinano il rapporto, o norme inderogabili di legge, o regole generali di correttezza e buona fede (Cass. civ., sez. lav., 07 novembre 2000, n. 14469). Dunque è onere del lavoratore allegare puntualmente i profili di inadeguatezza della condotta della controparte contrattuale e, quindi, i fatti materiali e giuridici invocati a "causa petendi" del risarcimento, non potendo, d’altra parte, la prova liberatoria posta a carico del datore di lavoro essere estesa ad ogni ipotetica misura di prevenzione, a pena di fare scadere una responsabilità per colpa in una surrettizia responsabilità oggettiva (Cass. civ., sez. Lav., 05 marzo 2002, n. 3162; Id., 11 aprile 2013, n. 8855; Id., 28 agosto 2013, n. 19826).

3.8 Nel caso di specie, come già evidenziato, è mancata una chiara e puntuale deduzione - anche in chiave istruttoria - dei profili di inadeguatezza della prestazione resa dal datore di lavoro, sotto il profilo specifico delle condizioni materiali che avrebbero concretamente impedito al ricorrente di fare uso dei dispositivi di sicurezza, pur essendo questi, in quel frangente, in numero congruo e non in uso ad altri militari.

3.9 Analoga genericità di prospettazione affligge l’ulteriore deduzione secondo cui i giubbetti antiproiettile sarebbero stati usurati, o comunque fuori taglia e inidonei all'uso. Il modello WR.20.CA allora in dotazione al Comando Carabinieri di -OMISSIS-- come meglio descritto nello stralcio di pubblicazione allegato sub doc. 22 fasc. resist. - deve la sua capacità protettiva non certo al tessuto esterno (astrattamente usurabile), bensì all'inserto interno costituito da piastre d'acciaio, che difficilmente possono dirsi usurabili per il fatto di essere state ripetutamente indossate. Si tratta, peraltro, di un modello "monotaglia" standard, dotato di cinghie e cinture regolabili, al fine di adattarlo alle diverse corporature.

Non si comprendono, pertanto, le ragioni – del tutto genericamente enunciate in ricorso – che avrebbero potuto rendere detti giubbotti inidonei all’uso specifico e al fine protettivo al quale erano destinati.
3.10 Per tutte le ragioni esposte e alle luce dei richiamati elementi istruttori, il primo profilo della causa petendi sottesa alla domanda risarcitoria e riferito alla mancata predisposizione di adeguate dotazioni di sicurezza a tutela del lavoratore, appare destituito di concreto fondamento.

4. Le considerazioni poc’anzi esposte sulla lacunosità e genericità del quadro deduttivo si applicano anche alle ulteriori allegazioni, poste a base della domanda risarcitoria, con le quali il ricorrente lamenta l’assenza di sostegno operativo e professionale da parte dei propri superiori, i quali - a suo dire - sarebbero rimasti inerti innanzi alle segnalazioni con le quali, da un lato, li si avvertiva dell'estrema pericolosità sociale di alcuni pregiudicati sottoposti a controllo (tra i quali, appunto, il OMISSIS) e, dall’altro, venivano invocati rinforzi e puntuali provvedimenti preventivi che di fatto ne limitassero le attività criminali e le possibilità di libera circolazione.

4.1 La valutazione di genericità si giustifica in considerazione del fatto che la parte ricorrente non precisa in cosa concretamente sarebbero consistite le obiettive mancanze addebitate all'Amministrazione di appartenenza. Né specifica contenuti e contesto delle segnalazioni e delle richieste rimaste disattese, così come non spiega quali misure idonee avrebbero potuto essere adottate e quali presupposti specifici le avrebbero giustificate, né illustra il nesso logico e causale sussistente tra tali mancanze e la specifica aggressione subita da parte del OMISSIS (causa diretta delle lesioni riportate).

4.2 Risulta dunque vago ed evanescente il quadro degli elementi fattuali posti a fondamento dei dedotti inadempimenti.

Ne consegue la non accoglibilità della domanda risarcitoria, anche se riguardata sotto il profilo della lamentata condizione di abbandono nella quale il militare sarebbe stato posto dall’amministrazione di appartenenza.

5. In conclusione, per tutti i motivi esposti il ricorso deve essere integralmente respinto.

6. La natura dei fatti oggetto di causa giustifica la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima) definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese di lite compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonchè di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque citate nel provvedimento.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 2 aprile 2015 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Ariberto Sabino Limongelli, Primo Referendario
Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 17/04/2015
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Re: Carabinieri, equipaggio motociclista di perlustrazione

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per i colleghi CC
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Capo servizio: G.A.P. e P.C. – P.B.

La circolare nr. 738/66-2-1961 datata 18 novembre 1999 dell’Ufficio Operazioni del Comando Generale, è stata diramata fino a livello Stazione e paritetici:- “Posti di blocco senza l’impiego di “bande chiodate” e posti di controllo”.

Soggiungo, inoltre, che ulteriori disposizioni relative ai compiti del capo servizio ad un posto di controllo li potrete consultare sulla Pubblicazione n. P-11 “Procedimenti d’azione per i militari dell’Arma dei Carabinieri nei servizi d’istituto” dove, nella parte seconda, punto b) è stabilito
che: la responsabilità del servizio è del capo servizio che ha il compito, tra l’altro, di indossare e far indossare ai militari il giubbetto antiproiettile e, durante le ore notturne, il copriberretto e i manicotti rifrangenti o altri manufatti in dotazione che ne esaltino la visibilità”.

N.B.: (il capo servizio ha il compito, tra l'altro, di indossare e far indossare ai militari......)
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Re: Carabinieri, equipaggio motociclista di perlustrazione

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Motociclista - uso del G.A.P.:
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Inoltre rappresento, in generale, che le modalità di svolgimento dei servizi trovano la loro disciplina nel R.G.A. ed in particolare nella "Parte II" denominata Servizio Istituzionale.

Ulteriori specifiche disposizioni sono contenute nella Pubblicazione P-11 “Per uso esclusivo d’Ufficio” Procedimenti d’azione per i militari dell’arma dei carabinieri nei servizi d’Istituto.

Giova precisare che le disposizioni sul servizio – nello specifico - è un atto di comando proprio del responsabile del reparto/servizio che valuta l’attuazione del dispositivo sulla base di molteplici e diversificate situazioni operative, finalizzate anche alla sicurezza dei militari operanti.

Per ogni ulteriore esigenza informativa Vi prego/invito a rivolgervi al vostro Comandante del reparto che costituisce, comunque, l’imprescindibile, naturale interlocutore cui ogni militare è tenuto a rappresentare i problemi concreti che emergono nell’ambito dello svolgimento del servizio.

Con questo ultimo intervento, spero, di aver fatto cosa gradita anche in riferimento del T.U. n. 81/2008 ( o DLgs 81/08 ).
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Re: Carabinieri, equipaggio motociclista di perlustrazione

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La sentenza del Tar Piemonte la trovate più sopra.


Cmq. è stato perso sia il Ricorso al TAR che l'Appello al CdS.

Meditate colleghi, meditate a cosa si va incontro se non vengono usati i G.A.P. e, sono in molti i colleghi che prendono la cosa alla leggera circa l'obbligatorietà.
----------------------------------------------------------------------------------------------------

Il CdS precisa:

1) - Infondate sono tutte le critiche sollevate dall’appellante, suscettibili per il loro tenore di trattazione congiunta, Omissis

2) - poiché la responsabilità del datore di lavoro di cui all’art. 2087 c.c. è di natura contrattuale, ai fini del relativo accertamento,
- ) - incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento,
- ) - mentre grava sul datore di lavoro
– una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze – l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo (Cass. Civ. sez. lav., 15 giugno 2017, n. 14865; Cass. civ. sez. III, 23 maggio 2011, n.11290);

3) - rilevato quindi che l’onere della prova circa la sussistenza del nesso di causalità tra il danno lamentato e la condotta datoriale compete al danneggiato, occorre rilevare che:

4) - OMISSIS dalla lett. A alla lett. E (che potete leggere direttamente in Sentenza qui sotto)

5) - Qui sotto le lett. F, G ed H da leggere:

f) se è vero che l’art. 2087 c.c. pone in capo al datore un preciso obbligo di controllare che il lavoratore, nell'esercizio dell'attività, osservi le prescrizioni datoriali concernenti l’esecuzione della prestazione in condizioni di sicurezza (Cass. civ. sez. lav. 19 febbraio 2018 n. 3978) in ambito militare l’obbligo di sorveglianza datoriale circa l’effettivo uso dei dispositivi di protezione ex art. 2087 c.c. grava sul responsabile del servizio ovverosia il più alto in grado tra i militari impegnati, che nel caso di specie si identificava nello stesso appellante;

g) difatti l’Allegato n. 4, rinvenibile in atti, alla circolare n. 738/58 – 2 – 1961 in data 30 marzo 1981 del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri – II Reparto – SM – Ufficio Operazioni “POSTO DI CONTROLLO”, punto I.3, prevede che il capo servizio “ha il compito di […] indossare e far indossare a tutti i militari il giubbetto antiproiettile, salvo eccezionali circostanze da valutare opportunamente al momento”;

h) non ricorre pertanto la dedotta violazione dell’art. 2087 c.c. non potendosi configurare alcuna omissione da parte dell’amministrazione delle misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dell’appellante.

Rileggi lett. F e G.

N.B.: Buona lettura e meditazione.
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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201803104
– Public 2018-05-24 -


Pubblicato il 24/05/2018

N. 03104/2018 REG. PROV. COLL.
N. 09041/2015 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 9041 del 2015, proposto dal signor -OMISSIS-, rappresentato e difeso dagli avvocati Giuseppe Stramandinoli, Emanuela Surace e Giorgio Antonini, con domicilio eletto presso lo studio del terzo in Roma, via degli Scipioni, n. 268/A;

contro
Ministero della difesa, in persona del Ministro in carica pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

per la riforma
della sentenza del T.a.r. per il Piemonte, Sezione I, n. 662 del 17 aprile 2015, resa inter partes, concernente risarcimento del danno da responsabilità contrattuale dell’amministrazione di appartenenza.


Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 aprile 2018 il Consigliere Giovanni Sabbato e uditi, per le parti rispettivamente rappresentate, gli avvocati Emanuela Surace e l'Avvocato dello Stato Gaetana Natale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor -OMISSIS-, brigadiere dell’Arma dei Carabinieri, ha chiesto, avanti il T.a.r. per Piemonte, Sezione I, il risarcimento del danno biologico e morale nei confronti del Ministero della difesa patito per le conseguenze (“proiettile ritenuto ed irritazione frenica oltre che patologia psichica”) riportate il 19 maggio 1986, alle ore 1,20 circa, a seguito di conflitto a fuoco con un pregiudicato.

2. Il signor -OMISSIS-, che veniva riconosciuto “vittima del dovere”, ha dedotto la natura contrattuale ex art. 2087 c.c. dell’affermata responsabilità dell’amministrazione di appartenenza, evidenziando che questa non aveva messo a disposizione in reparto un numero sufficiente di giubbotti antiproiettile.

4. Costituitasi l’amministrazione erariale, il Tribunale:

a) ha respinto l’eccezione di prescrizione sollevata dalla difesa erariale;
b) ha respinto il ricorso;
c) ha compensato le spese di lite.

4.1. In particolare, il giudice di prime cure, a sostegno della reiezione del ricorso, ha argomentato nei seguenti termini:

- “il NOR di (OMISSIS) nel periodo in cui si verificò lo scontro a fuoco, aveva in dotazione quattro giubbetti antiproiettile del tipo WR.20.CA, assegnati fin dal mese di settembre 1977”;

- “"La difesa Erariale del Ministero della Difesa ha inoltre richiamato la dettagliata normativa regolamentare dell'Arma dei Carabinieri che già all'epoca imponeva l'uso dei giubbotti antiproiettile ai militari impegnati nei vari servizi di prevenzione”;

- “parte resistente ha documentato che nella notte del 19 maggio 1986 nessun altro poteva avere in dotazione i giubbetti antiproiettile di cui trattasi, poiché in servizio vi era esclusivamente un'autopattuglia - quella dell'odierno ricorrente — con impiego di due militari”;

5. Avverso tale pronuncia il signor -OMISSIS- ha interposto appello, lamentando, attraverso tre motivi di gravame (pagine 8 – 25), quanto segue:

I) il Tribunale ha travisato i fatti di causa, atteso che “non corrisponde alla realtà processuale la circostanza secondo cui il ricorrente non abbia contestato quanto contenuto nella relazione del NOR di OMISSIS ex adverso prodotta” dovendosi rilevare che:

Ia) “i giubbotti antiproiettile - asseritamente forniti dall'Arma ma materialmente irreperibili in Caserma e, peggio ancora sulle autovetture di pattuglia - erano comunque in numero insufficiente per garantire l'incolumità dei militari in servizio”;

Ib) il Nucleo Operativo Radiomobile era composto “da circa 20 uomini (per l'esattezza da 17 nel periodo in cui il -OMISSIS- era in servizio)” di tal che il numero dei giubbotti messi a disposizione era assolutamente insufficiente anche in considerazione del numero (4) delle autovetture in servizio esterno con otto militari impegnati;

Ic) il numero insufficiente dei predetti dispositivi di sicurezza si deve ancor di più al fatto che la compagnia dei carabinieri di OMISSIS comprende ben 7 stazioni con un numero di uomini in servizio ben superiore a 45;

Id) i giubbotti in dotazione, oltre che in numero insufficiente, erano “anche usurati e comunque fuori taglia” pregiudicando l’usura della stoffa la tenuta delle placche metalliche di protezione;

II) deve quindi ravvisarsi la violazione dell’art. 2087 del codice civile, per avere l’amministrazione omesso di adottare ogni misura idonea a tutelare l’incolumità del lavoratore, tanto più che questi, quale militare dell’Arma, svolge un’attività intrinsecamente pericolosa e vi è l’obbligo dei superiori di sorvegliare circa l’uso dei dispositivi di sicurezza;

III) il Tribunale non ha altresì considerato che “ogni autovettura di pattuglia avrebbe dovuto avere un proprio equipaggiamento, vale a dire almeno due giubbotti antiproiettile” e che erano rimaste inascoltate le ripetute richieste, rivolte dal -OMISSIS- all’Arma nel periodo precedente al conflitto a fuoco, di adottare misure preventive “nei confronti di alcuni soggetti particolarmente pericolosi, tra cui il proprio futuro aggressore”.

6. In data 25 novembre 2015 si è costituito il Ministero della difesa con atto di mera forma.

7. In prossimità dell’udienza di trattazione dell’appello le parti non hanno presentato difese scritte.

8. Il gravame, discusso alla pubblica udienza dell’8 febbraio 2018, non merita accoglimento.

8.1. Infondate sono tutte le critiche sollevate dall’appellante, suscettibili per il loro tenore di trattazione congiunta, in quanto:

- la notte del 19 maggio 1986 in cui si verificava il conflitto a fuoco, nel turno 0-6, era impegnata in servizio di pattugliamento soltanto un’autoradio, quella a bordo della quale vi era l’appellante, unitamente al carabiniere L. R. (come risulta dal Memoriale di servizio del NOR della Compagnia Carabinieri di OMISSIS per i giorni 18 e 19 maggio 1986), di tal che il numero (cinque) dei giubbotti antiproiettile presenti in caserma (come da nota 409/43-2-1964 del 7 giugno 1986) era in quel contesto temporale sufficiente rispetto al coefficiente (due) del personale in servizio esterno;

- poiché la responsabilità del datore di lavoro di cui all’art. 2087 c.c. è di natura contrattuale, ai fini del relativo accertamento, incombe sul lavoratore che lamenti di aver subito, a causa dell’attività lavorativa svolta, un danno alla salute, l’onere di provare l’esistenza di tale danno, come pure la nocività dell’ambiente di lavoro, nonché il nesso tra l’uno e l’altro elemento, mentre grava sul datore di lavoro – una volta che il lavoratore abbia provato le predette circostanze – l’onere di provare di aver fatto tutto il possibile per evitare il danno ovvero di aver adottato tutte le cautele necessarie per impedire il verificarsi del danno medesimo (Cass. Civ. sez. lav., 15 giugno 2017, n. 14865; Cass. civ. sez. III, 23 maggio 2011, n.11290);

- rilevato quindi che l’onere della prova circa la sussistenza del nesso di causalità tra il danno lamentato e la condotta datoriale compete al danneggiato, occorre rilevare che:

a) non trova riscontro nella documentazione di causa che tali giubbotti erano deteriorati a tal punto da risultare inidonei all’uso cui erano destinati;

b) soltanto per la prima volta in appello si deduce, più in dettaglio, che l’usura del tessuto avrebbe determinato il mancato corretto posizionamento delle piastre in acciaio, così incorrendo l’appellante nella causa di inammissibilità sancita dall’art. 104 c.p.a. (divieto di nova in appello);

c) il rilievo è peraltro articolato in maniera generica in quanto non è dato comprendere come il grado di usura dei giubbotti in dotazione avrebbe concretamente inciso sullo loro funzionalità alla luce della concreta dinamica che ha connotato la condotta delittuosa subita dall’appellante;

d) è meritevole di condivisione quanto osservato dal Tribunale a proposito dell’inerzia dell’amministrazione nel dar seguito alle segnalazioni dell’appellante non essendosi tra l’altro precisato quali idonee misure sarebbero state nella disponibilità dell’Arma e come queste avrebbero concretamente impedito il conflitto a fuoco;

e) non trova alcun riscontro nella disciplina regolamentare quanto affermato dall’appellante circa l’obbligo dell’amministrazione di dotare dei giubbotti antiproiettile le stesse autovetture di servizio;

f) se è vero che l’art. 2087 c.c. pone in capo al datore un preciso obbligo di controllare che il lavoratore, nell'esercizio dell'attività, osservi le prescrizioni datoriali concernenti l’esecuzione della prestazione in condizioni di sicurezza (Cass. civ. sez. lav. 19 febbraio 2018 n. 3978) in ambito militare l’obbligo di sorveglianza datoriale circa l’effettivo uso dei dispositivi di protezione ex art. 2087 c.c. grava sul responsabile del servizio ovverosia il più alto in grado tra i militari impegnati, che nel caso di specie si identificava nello stesso appellante;

g) difatti l’Allegato n. 4, rinvenibile in atti, alla circolare n. 738/58 – 2 – 1961 in data 30 marzo 1981 del Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri – II Reparto – SM – Ufficio Operazioni “POSTO DI CONTROLLO”, punto I.3, prevede che il capo servizio “ha il compito di […] indossare e far indossare a tutti i militari il giubbetto antiproiettile, salvo eccezionali circostanze da valutare opportunamente al momento”;

h) non ricorre pertanto la dedotta violazione dell’art. 2087 c.c. non potendosi configurare alcuna omissione da parte dell’amministrazione delle misure necessarie a tutelare l’integrità fisica dell’appellante.

9. Conclusivamente, l’appello è infondato e deve essere respinto.

10. Il Collegio ritiene sussistano eccezionali motivi, stante la particolarità della vicenda di causa e dei sottesi interessi, per compensare le spese del presente grado di giudizio.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto (R.G. n. 9041/2015), lo respinge.

Spese del presente grado di giudizio compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all’art.22, comma 8 D.lg.s. 196/2003, manda alla Segreteria di procedere, in qualsiasi ipotesi di diffusione del presente provvedimento, all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi dato idoneo a rivelare lo stato di salute delle parti o di persone comunque ivi citate.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 aprile 2018 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere
Daniela Di Carlo, Consigliere
Giovanni Sabbato, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Sabbato Filippo Patroni Griffi





IL SEGRETARIO



In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.
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