Re: CARABINIERA CON LE PALLE
Inviato: gio ott 30, 2014 12:56 pm
da panorama
Capo V
Diritti sociali
Sezione I
Tutela della maternità e della paternità
Art. 1493 Estensione della normativa per il personale della Pubblica Amministrazione
1. Al personale militare femminile e maschile si applica, tenendo conto del particolare stato rivestito, la normativa vigente per il personale delle pubbliche amministrazioni in materia di maternità e paternità, nonché le disposizioni dettate dai provvedimenti di concertazione.
2. Il personale femminile in ferma prefissata in stato di gravidanza, se non può essere impiegato in attività compatibili con tale stato, è collocato in licenza straordinaria a decorrere dalla data di presentazione all'ente di appartenenza della certificazione medica attestante lo stato di gravidanza e fino all'inizio del periodo di licenza di maternità. Il periodo di licenza straordinaria non è computato nel limite massimo previsto per le licenze straordinarie.
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Art. 1494 Disposizioni particolari
1. Fatto salvo il divieto di adibire al lavoro le donne nei periodi previsti dagli articoli 16 e 17, comma 1, del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, durante il periodo di gravidanza e fino a sette mesi successivi al parto il personale militare femminile non può svolgere incarichi pericolosi, faticosi, insalubri, secondo quanto disposto da decreti adottati, sentito il Comitato consultivo del Capo di stato maggiore della difesa e del Comandante generale del Corpo della Guardia di finanza per l’inserimento del personale militare volontario femminile nelle Forze armate e nel Corpo della Guardia di finanza, dal Ministro della difesa, di concerto con i Ministri del lavoro e delle politiche sociali e per le pari opportunità per il personale delle
Forze armate, nonché con il Ministro delle infrastrutture e dei trasporti per il personale delle capitanerie di porto, e dal Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro del lavoro e delle politiche sociali e per le pari opportunità per il personale del Corpo della Guardia di finanza.
2. Il personale femminile che frequenta i corsi regolari delle accademie, delle scuole e i corsi di formazione iniziale degli istituti e delle scuole delle Forze armate e del Corpo della Guardia di finanza, nonché il personale femminile volontario in fase di addestramento e specializzazione iniziale, è posto in licenza straordinaria per maternità a decorrere dalla presentazione all’amministrazione della certificazione attestante lo stato di gravidanza, fino all’inizio del periodo di congedo per maternità di cui all’ articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Il periodo di assenza dal servizio trascorso in licenza straordinaria per maternità non è computato nel limite massimo previsto per le licenze straordinarie.
3. Il personale militare femminile che frequenta i corsi regolari delle accademie, delle scuole e i corsi di formazione iniziale degli istituti e delle scuole delle Forze armate e del Corpo della Guardia di finanza, posto in licenza straordinaria per maternità ai sensi del comma 2, può chiedere di proseguire il periodo formativo con esenzione da qualsiasi attività fisica, fino all’inizio del periodo di congedo di maternità di cui all’ articolo 16 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. L’accoglimento della domanda è disposto dal comandante di corpo, in relazione agli obiettivi didattici da conseguire e previo parere del dirigente del servizio sanitario dell’istituto di formazione.
4. La licenza straordinaria per maternità di cui al comma 2 è assimilata ai casi di estensione del divieto di adibire le donne al lavoro previsti dall’ articolo 17, comma 2, lettera c), del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Al personale militare femminile, nel predetto periodo di assenza, è attribuito il trattamento economico di cui all’ articolo 22 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, ovvero, se più favorevole, quello stabilito dai provvedimenti indicati dall’ articolo 2, commi 1 e 2, del decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195.
5. Il personale militare femminile appartenente alle Forze armate e al Corpo della Guardia di finanza che, ai sensi degli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151, non può frequentare i corsi previsti dalle relative normative di settore, è rinviato al primo corso utile successivo e, se lo supera con esito favorevole, assume l’anzianità relativa al corso originario di appartenenza.
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Art. 1495 Effetti sullo stato giuridico
1. Le assenze dal servizio per motivi connessi allo stato di maternità, disciplinate dal presente capo, non pregiudicano la posizione di stato giuridico del personale in servizio permanente delle Forze armate e del Corpo della Guardia di finanza, fatto salvo quanto previsto dal comma 2.
2. I periodi di congedo di maternità, previsti dagli articoli 16 e 17 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151 sono validi a tutti gli effetti ai fini dell’anzianità di servizio. Gli stessi periodi sono computabili ai fini della progressione di carriera, salva la necessità dell’effettivo compimento nonché del completamento degli obblighi di comando, di attribuzioni specifiche, di servizio presso enti o reparti e di imbarco, previsti dalla normativa vigente.
3. Il personale militare che si assenta dal servizio per congedo parentale e per la malattia del figlio è posto in licenza straordinaria, rispettivamente, per congedo parentale e per malattia del figlio, equiparata a tutti gli effetti a quanto previsto dagli articoli 32 e 47 del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151. Il periodo trascorso in tale licenza è computabile, ai fini della progressione di carriera, nei limiti previsti relativamente al periodo massimo di assenza che determina la fine del servizio.
Re: CARABINIERA CON LE PALLE
Inviato: lun mar 18, 2019 5:30 pm
da panorama
giusto per la problematica della gravidanza anche se la ricorrente non è un militare
Ricorso Accolto
Il Tar precisa:
1) - Da ultimo si evidenzia, per completezza, come non possa essere tenuta in alcun conto la difesa provinciale che si appunta sull’affermazione secondo la quale, alla lettura del mansionario relativo alla figura del referente -OMISSIS-, emergerebbe che l’attività in concreto svolta dalla ricorrente sarebbe di coordinamento, programmazione, controllo, ma non di presenza nei laboratori riabilitativi, sicché non sarebbe definibile come attività di “assistenza e cura” degli infermi e non rientrerebbe perciò tra i lavori vietati ai sensi dell’allegato A, -OMISSIS-, D. Lgs. n. 151/2001.
2) - Le considerazioni sin qui esposte sono sufficienti al Collegio per ritenere che la valutazione effettuata dall’Amministrazione resistente non sia supportata da adeguata istruttoria né sorretta da criteri di logicità e ragionevolezza e che il provvedimento impugnato violi la normativa in materia, così come lamentato dalla ricorrente.
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SENTENZA BREVE sede di BOLZANO, sezione SEZIONE 1, numero provv.: 201900057,
Pubblicato il 04/03/2019
N. 00057/2019 REG. PROV. COLL.
N. 00017/2019 REG. RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa
Sezione Autonoma di Bolzano
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale -OMISSIS- del -OMISSIS-, proposto da
-OMISSIS-, rappresentata e difesa dagli avvocati Paola Andreasi e Roberto Nahum, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto nel loro studio, in Merano, Via Mainardo, n. 52;
contro
Provincia Autonoma di Bolzano, in persona del Presidente in carica, rappresentata e difesa dagli avvocati Renate von Guggenberg, Cristina Bernardi, Lukas Plancker e Laura Fadanelli, con domicilio eletto presso la propria Avvocatura, in Bolzano, Piazza Silvius Magnago, n. 1;
per l'annullamento
previa concessione di una misura cautelare
del provvedimento di data -OMISSIS- del Direttore dell'Ispettorato del Lavoro della Provincia Autonoma di Bolzano avente ad oggetto il mancato accoglimento della domanda di astensione posticipata dal lavoro ai sensi dell'art. -OMISSIS-, c.2, D.Lgs. 26.03.2001 n.151 e di qualsiasi atto presupposto, connesso e comunque consequenziale idoneo a incidere sfavorevolmente sulla posizione giuridica della ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista la memoria di costituzione in giudizio della Provincia Autonoma di Bolzano;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno -OMISSIS- -OMISSIS- la dott.ssa Alda Dellantonio e uditi per le parti i difensori R. Nahum per la ricorrente e C. Bernardi per la Provincia Autonoma di Bolzano;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm..
1. La ricorrente lavora dal -OMISSIS-, in qualità di impiegata con mansioni di referente -OMISSIS- presso la struttura del -OMISSIS-. Si tratta di un centro di -OMISSIS- che offre altresì servizi di comunità alloggio e -OMISSIS-.
2. Con istanza del -OMISSIS- -OMISSIS- datrice di lavoro aveva chiesto all’Ispettorato del Lavoro di Bolzano che venisse disposta l’interdizione dal lavoro della lavoratrice fino a sette mesi dopo il parto come previsto dall’art. -OMISSIS-, comma 2, lett. b) e c), del D. Lgs. n. 151/2001.
Dichiarava a tal fine di avere effettuato la valutazione dei rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici madri, come previsto dall’art. 11 del D. Lgs. 151/2001, i cui esiti evidenziavano che la lavoratrice era adibita a lavori pregiudizievoli alla salute della donna e del bambino secondo l’art. 7 del medesimo D. Lgs., ed era esposta, in particolare, a -OMISSIS- e a -OMISSIS-. Precisava altresì di avere concluso che per motivi organizzativi o produttivi non era possibile la modifica delle condizioni di lavoro, né la lavoratrice poteva essere adibita ad altre mansioni confacenti ai sensi degli artt. 7 e -OMISSIS- del D. Lgs. n. 151/2001.
3. L’Ispettorato, che pure, in considerazione delle stesse mansioni svolte dalla lavoratrice e sulla base della medesima valutazione del rischio, aveva disposto, con provvedimento -OMISSIS-, l’interdizione dal lavoro a decorrere dal -OMISSIS- sino al periodo di interdizione obbligatoria (art. 16, D. Lgs. n. 151/2001), ha invece rigettato l’istanza di interdizione “post partum” con la seguente motivazione che si riporta testualmente: “In particolare ricordo che l’art. 6 del decreto legislativo 151/2001 prescrive, per il datore di lavoro, l’attuazione di misure preventive per la tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici durante la gravidanza e fino a sette mesi di età del bambino. Laddove la valutazione dei rischi evidenzi dei pericoli, la prima opzione è la modifica delle condizioni di lavoro e, se ciò non fosse risolutivo, deve essere attuata secondo l’articolo 7, comma 3, l’adibizione ad altre mansioni per il periodo per il quale è previsto il divieto.
Nel caso specifico le mansioni di -OMISSIS- devono essere rese confacenti, tenuto conto che il -OMISSIS- persiste su tutto il personale addetto alla cura e all’assistenza, ma non sul feto, ormai bambino sicuro a casa, mentre il -OMISSIS- non meglio documentato -OMISSIS- a questo Ispettorato del lavoro, dev’essere eliminato o contenuto tramite la -OMISSIS-, di utilizzazione di dispositivi di protezione collettiva (confinamento delle sorgenti d’inquinamento) ed individuale (guanti di lavoro), ovvero con l’esonero da mansioni che ne comportino l’esposizione.
Per il periodo successivo al parto, in ogni caso, la lavoratrice ha facoltà di utilizzare altre causali di assenza, come il congedo parentale, ferie o altri tipi di congedo, ove spettanti”.
4. La ricorrente impugna dunque il citato provvedimento di cui, previa concessione di una misura cautelare, chiede l’annullamento sulla scorta di un unico articolato motivo, nel quale lamenta la violazione e la falsa applicazione degli artt. 6, 7 e -OMISSIS-, comma 2, lett. b) e c), nonché dell’allegato A del D. Lgs. n. 151/2001, la motivazione carente e contraddittoria e l’eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento ed erronea valutazione dei fatti.
5. Si è costituita l’Amministrazione che ha eccepito preliminarmente l’inammissibilità del gravame per mancata notifica al -OMISSIS- datrice di lavoro della ricorrente, autrice dell’istanza di disposizione dell’interdizione “post partum” e notificataria del provvedimento di rigetto, al pari dell’odierna ricorrente.
Nel merito la difesa provinciale sostiene che un’analisi del mansionario rivelerebbe come i compiti attribuiti alla ricorrente siano sostanzialmente di supervisione, organizzazione, coordinamento e progettualità delle -OMISSIS- e, non implicando, se non saltuariamente, -OMISSIS-, non la esporrebbero al denunciato “-OMISSIS-”, che comunque potrebbe essere eliminato con confacenti misure di adeguamento delle condizioni di lavoro o con l’esonero da determinate attività o con l’adibizione ad altre mansioni. Quella svolta dalla ricorrente non sarebbe pertanto qualificabile come “-OMISSIS-” ai sensi dell’allegato A, -OMISSIS-, del D. Lgs. n. 151/2001. Essendo dunque il -OMISSIS- molto tenue e il -OMISSIS- prospettato assai generico prevarrebbe, secondo la difesa provinciale l’obbligo a carico del datore di lavoro di adottare misure di adeguamento delle condizioni di lavoro, sicché correttamente sarebbe stata rigettata l’istanza a che l’Ispettorato del lavoro disponesse l’astensione posticipata ex art. -OMISSIS-, lett. b) e c) del citato decreto legislativo.
6. All’udienza fissata per la trattazione della domanda di tutela cautelare la Presidente ha avvisato le parti della possibilità che il giudizio fosse definito con sentenza in forma semplificata ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm.. Indi, sentite le parti, il ricorso è stato trattenuto per essere deciso.
Esso è ammissibile e fondato.
7. Quanto all’ammissibilità del gravame è sufficiente rilevare come la -OMISSIS-, di cui la ricorrente è dipendente, non assume, nel presente giudizio, la veste di controinteressata, non coltivando all’evidenza interesse legittimo alcuno al mantenimento della situazione messa in forse dal ricorso avversario. Essa, in quanto autrice dell’istanza oggetto dell’impugnato rigetto, condivide semmai il medesimo interesse della ricorrente all’eliminazione di quest’ultimo.
Si tratta dunque di una cointeressata, in relazione alla quale non sussisteva, a carico della ricorrente, alcun obbligo di notifica del ricorso.
8. Passando allo scrutinio dell’articolata censura formulata dalla ricorrente è utile un breve richiamo del quadro normativo, in cui s’inserisce la vicenda che ne occupa.
8.1. Il D. Lgs. n. 151/2001 costituisce il testo unico in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità, a norma dell’art. 15 della legge 8 marzo 2000, n. 53.
L’art. 6 del capo II di detto decreto recita: “ Il presente capo prescrive misure per la tutela della sicurezza e della salute delle lavoratrici durante il periodo di gravidanza e fino ai sette mesi di età del figlio …”.
Il successivo art. 7, al primo comma, dispone: “È vietato adibire le lavoratrici … ai lavori pericolosi, faticosi e insalubri. I lavori pericolosi, faticosi e insalubri sono indicati dall’art. 5 del decreto del Presidente della Repubblica 25 novembre 1976, n. 1026, riportato nell’allegato A del presente testo unico.”
I commi 3, 4, 5 e 6 recitano: “3. La lavoratrice è addetta ad altre mansioni per il periodo per il quale è previsto il divieto. 4. La lavoratrice è, altresì, spostata ad altre mansioni nei casi in cui i servizi ispettivi del Ministero del lavoro, d’ufficio o su istanza della lavoratrice, accertino che le condizioni di lavoro o ambientali sono pregiudizievoli alla salute della donna. 5. La lavoratrice adibita a mansioni inferiori a quelle abituali conserva la retribuzione corrispondente alle mansioni precedentemente svolte, nonché la qualifica originale. … 6. Quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, il servizio ispettivo del Ministero del lavoro, competente per territorio, può disporre l’interdizione dal lavoro per tutto il periodo di cui al presente capo, in attuazione di quanto previsto dall’articolo -OMISSIS-”.
L’art. -OMISSIS-, comma 2, recita: “la Direzione territoriale del lavoro e la ASL dispongono, secondo quanto previsto dai commi 3 e 4, l’interdizione dal lavoro delle lavoratrici in stato di gravidanza fino … ai periodi di astensione di cui all’art. 7, comma 6 … per uno o più periodi, la cui durata sarà determinata dalla Direzione territoriale del lavoro o dalla ASL per i seguenti motivi: a) …; b) quando le condizioni di lavoro o ambientali siano ritenute pregiudizievoli alla salute della donna o del bambino; c) quando la lavoratrice non possa essere spostata ad altre mansioni, secondo quanto previsto dagli articoli 7 e 12”.
Il successivo comma 4 precisa: “L’astensione dal lavoro di cui alle lettere b) e c) del comma 2 è disposta dalla Direzione territoriale del lavoro, d’ufficio o su istanza della lavoratrice, qualora nel corso della propria attività di vigilanza emerga l’esistenza delle condizioni che danno luogo all’astensione medesima.”
L’allegato A, al richiamato D. Lgs. n. 151/2001, elenca alla lettera L), tra i lavori faticosi pericolosi e insalubri, vietati ai sensi dell’art. 7, “-OMISSIS-: durante la gestazione e per sette mesi dopo il parto”.
Come questo Tribunale ha già avuto modo di chiarire (sentenza n. -OMISSIS-/2010) “lo scopo del legislatore attraverso la normativa in materia è quello di proteggere la lavoratrice madre nel periodo della gravidanza e del puerperio, sottraendola da lavori usuranti, sia fisicamente che psichicamente, senza che debba soffrirne un gravoso pregiudizio economico: in tale logica rientra il divieto di adibirla ad assistenza e cura in reparti per -OMISSIS-, poiché il contatto con tali pazienti può rendere il lavoro faticoso ed insalubre, anche se non necessariamente pericoloso (vedi ancora: CdS. Sez. VI 24.3.2003, n. 1499)”.
L’esigenza di tutela della madre anche nel periodo del puerperio e dell’allattamento trova la sua evidente ragione fondante nell’essenzialità, per il neonato, della funzione parentale svolta dalla madre in tale periodo.
8.2. Richiamate le disposizioni di rilievo nel caso che ne occupa, è opportuno precisare che non v’è questione tra le parti circa il fatto che la “-OMISSIS-”, presso la quale la ricorrente presta la propria attività lavorativa alle dipendenze della -OMISSIS-, costituisca un centro di -OMISSIS-, ossia una struttura per -OMISSIS-, del tutto assimilabile a un reparto per -OMISSIS- ai sensi dalla citata lettera L) dell’allegato A al D. Lgs. n. 151/2001, come peraltro già riconosciuto da un precedente specifico di questo T.R.G.A. (sentenza n. -OMISSIS-/2010).
8.3. Ciò chiarito, dai documenti versati in atti risulta che la ricorrente riveste la qualifica di “-OMISSIS-” e che svolge effettivamente le relative mansioni; che, secondo la valutazione dei rischi per la salute delle lavoratrici gestanti, puerpere o in periodo di allattamento fino a sette mesi dopo il parto, eseguita ai sensi dell’art. 11 del D. Lgs. n. 151/2001), per il gruppo “5. -OMISSIS-”, sono vietati, sia in gravidanza che nel periodo di puerperio/allattamento, i “lavori di assistenza e cura (-OMISSIS-)” e l’”esposizione a sostanze o prodotti chimici”; che i fattori di rischio cui sono esposte le lavoratrici che ricoprono la qualifica in questione sono “-OMISSIS-” e “-OMISSIS-”; che il medesimo documento di valutazione dei rischi indica per il -OMISSIS- “Referente tecnico/coordinatori dei laboratori/addetto ai laboratori” un giudizio di non compatibilità delle mansioni svolte e, quale obbligo a carico del datore di lavoro, quello di adottare le misure necessarie ad evitare l’esposizione della lavoratrice al rischio individuato, o, ove per ragioni organizzative o produttive ciò non fosse possibile, di adibire la lavoratrice ad altre mansioni per il periodo previsto, oppure ancora, ove nemmeno questa seconda soluzione fosse percorribile, di richiedere alla competente Direzione territoriale del lavoro di disporre l’interdizione dal lavoro per tutto il periodo.
Sempre dalla documentazione prodotta dalle parti risulta che il datore di lavoro, dichiarato espressamente che per ragioni legate all’organizzazione e alla produzione non gli era possibile adeguare le condizioni di lavoro della ricorrente né adibirla ad altre mansioni, ha chiesto, una prima volta per il periodo della gravidanza, poi per il periodo di sette mesi dopo il parto, che l’Ispettorato del lavoro disponesse l’astensione dal lavoro della signora -OMISSIS-. L’Ispettorato, sulla base del medesimo documento di valutazione dei rischi, ha disposto l’astensione dal lavoro per il periodo di gravidanza, fino al periodo di astensione obbligatoria (doc. 7 della ricorrente), ma ha negato, con la motivazione che s’è sopra riportata, quella “post partum”.
8.4. Ebbene, a fronte della descritta situazione, è palesemente carente, illogica e superficiale, è va perciò senz’altro censurata, la motivazione del provvedimento gravato. Essa, infatti, omettendo qualsiasi riferimento alla pur dichiarata impossibilità del datore di lavoro di modificare le condizioni di lavoro della ricorrente o, in alternativa, di adibirla ad altre mansioni, e nonostante essa, gli impone senz’altro di rendere “confacenti” (così nel provvedimento) “-OMISSIS- -OMISSIS-, senza nulla motivare circa la dichiarata impossibilità.
È da sottolineare come l’Amministrazione non disconosca la sussistenza del -OMISSIS-, in virtù del quale aveva pure in precedenza disposto l’astensione dal lavoro della ricorrente nel periodo della gravidanza, ma, disattendendo la sopra evidenziata ratio normativa di tutela della madre anche nella fase del puerperio, in quanto momento di fondamentale importanza per il neonato, discostandosi dal documento di valutazione del rischio, ne neghi di fatto la rilevanza, affermando che “il feto, ormai bambino (è) sicuro a casa”.
Si tratta invero di un’interpretazione del sistema normativo che non merita d’essere condivisa, poiché priva di fondamento e lesiva della ratio a esso sottesa, che, si ripete, è quella di tutelare la madre anche nel periodo di puerperio/allattamento, attesa la centralità della sua funzione parentale in detto periodo.
Va inoltre evidenziato che, laddove l’Ispettorato del lavoro, come pare dal silenzio serbato sul punto, avesse ritenuto non credibile, non provata o insufficiente la dichiarazione del datore di lavoro sull’impossibilità di modificare le condizioni di lavoro della lavoratrice o di adibirla ad altre mansioni, non poteva semplicemente omettere qualunque considerazione al riguardo, come di fatto verificatosi, ma avrebbe dovuto condurre una puntuale istruttoria, come questo Tribunale ha già avuto modo di chiarire nella più volte richiamata sentenza n. -OMISSIS-/2010: “…
l’Amministrazione resistente, ai sensi delle previsioni di cui all’art. 6, 7 e -OMISSIS- del D.Lgs. 20.3.2001, n. 151, considerata la lettera L) dell’art. 5 del D.P.R. 25.11.1976, n. 1026 (contenuto nell’all. A al D.Lgs. n. 151/2001), avrebbe dovuto verificare se la dichiarazione del -OMISSIS- sociale … di impossibilità di spostare la dipendente ad altre mansioni (diverse quindi dall’assistenza e cura ai pazienti psichiatrici) rispondesse al vero ed in tal caso sarebbe stata tenuta alla concessione del prolungamento dell’aspettativa post partum”.
Anche riguardo al -OMISSIS- è evidente il denunciato difetto di un’istruttoria puntuale a supporto della prescrizione dell’Ispettorato di adottare -OMISSIS- o misure di adeguamento delle condizioni di lavoro, o, ancora, di spostare la lavoratrice ad altra mansione, pur a fronte dell’impossibilità dichiarata dal datore di lavoro.
8.5. Da ultimo si evidenzia, per completezza, come non possa essere tenuta in alcun conto la difesa provinciale che si appunta sull’affermazione secondo la quale, alla lettura del mansionario relativo alla figura del referente -OMISSIS-, emergerebbe che l’attività in concreto svolta dalla ricorrente sarebbe di coordinamento, programmazione, controllo, ma non di presenza nei laboratori riabilitativi, sicché non sarebbe definibile come attività di “assistenza e cura” degli infermi e non rientrerebbe perciò tra i lavori vietati ai sensi dell’allegato A, -OMISSIS-, D. Lgs. n. 151/2001.
Si tratta all’evidenza di un’inammissibile motivazione postuma, atteso che nel provvedimento gravato non v’è traccia di tale argomento a fondamento del rigetto dell’istanza.
Le considerazioni sin qui esposte sono sufficienti al Collegio per ritenere che la valutazione effettuata dall’Amministrazione resistente non sia supportata da adeguata istruttoria né sorretta da criteri di logicità e ragionevolezza e che il provvedimento impugnato violi la normativa in materia, così come lamentato dalla ricorrente.
Assorbita ogni altra questione qui non espressamente trattata perché non significativa ai fini della definizione del giudizio, il ricorso è da dichiararsi fondato e dev’essere di conseguenza accolto, con carico delle spese di lite sull’Amministrazione resistente, nella misura liquidata nel dispositivo che segue.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa - Sezione Autonoma di Bolzano, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente a rifondere alla ricorrente le spese di lite che liquida in € 2.500,00 oltre agli accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare -OMISSIS-.
Così deciso in Bolzano nella camera di consiglio del giorno -OMISSIS- -OMISSIS- con l'intervento dei magistrati:
Edith Engl, Presidente
Alda Dellantonio, Consigliere, Estensore
Sarre Pirrone, Consigliere
Michele Menestrina, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Alda Dellantonio Edith Engl
IL SEGRETARIO
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi dei soggetti interessati nei termini indicati.