Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

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salvo 63
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Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

Messaggio da salvo 63 »

Gentili colleghi buongiorno, vi informo che oggi mi è stato notificato il diniego a riguardo gli i benefici di cui agli artt. 117 e 120 con la motivazione che il verbale della C.M.O che attesta l’ottava categoria della tabella A per aggravamento è avvenuto nel 2012 non in costanza di servizio, in quanto sono andato via nel 2011.
In buona sostanza anche se il riconoscimento risale in costanza di servizio la stessa cosa doveva essere per il verbale, comunque mi sto informando sulle possibilità di un ricorso.
salvo 63


gino59
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Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

Messaggio da gino59 »

salvo 63 ha scritto:Gentili colleghi buongiorno, vi informo che oggi mi è stato notificato il diniego a riguardo gli i benefici di cui agli artt. 117 e 120 con la motivazione che il verbale della C.M.O che attesta l’ottava categoria della tabella A per aggravamento è avvenuto nel 2012 non in costanza di servizio, in quanto sono andato via nel 2011.
In buona sostanza anche se il riconoscimento risale in costanza di servizio la stessa cosa doveva essere per il verbale, comunque mi sto informando sulle possibilità di un ricorso.
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=======================Idem,anche io.....attendo risposta da un legale=====================
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STANCHISSIMO
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Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

Messaggio da STANCHISSIMO »

Speriamo bene, io credo che sia il CVCS provi a gabbare qualcuno.
Ciao.

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salvo 63
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Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

Messaggio da salvo 63 »

STANCHISSIMO ha scritto:Speriamo bene, io credo che sia il CVCS provi a gabbare qualcuno.
Ciao.

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non mi risulta che il cvcs esprima un parere sui benefici economici degli art 117 e 120 per quanto mi riguarda non mi sono stati riconosciuti perchè sia la dipendenza da causa di servizio che l'ascrizione a categoria devono essere in costanza di servio.
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Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

Messaggio da gino59 »

salvo 63 ha scritto:
STANCHISSIMO ha scritto:Speriamo bene, io credo che sia il CVCS provi a gabbare qualcuno.
Ciao.

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non mi risulta che il cvcs esprima un parere sui benefici economici degli art 117 e 120 per quanto mi riguarda non mi sono stati riconosciuti perchè sia la dipendenza da causa di servizio che l'ascrizione a categoria devono essere in costanza di servio.
salvo 63
==============================================================================================La mia iscrizione a tabella è stata il giorno della riforma e il riconoscimento dopo 7 mesi.- Ciaooooo
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Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

Messaggio da salvo 63 »

gino59 ha scritto:
salvo 63 ha scritto:
STANCHISSIMO ha scritto:Speriamo bene, io credo che sia il CVCS provi a gabbare qualcuno.
Ciao.

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non mi risulta che il cvcs esprima un parere sui benefici economici degli art 117 e 120 per quanto mi riguarda non mi sono stati riconosciuti perchè sia la dipendenza da causa di servizio che l'ascrizione a categoria devono essere in costanza di servio.
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gino nel mio caso è stato nel 2012 in occasione di classificazione per la pensione privilegiata ordinaria che già percepisco,comunque mi hanno contestato soltanto il verbale che non è avvenuto in costanza di servizio,vedremo cosa si può fare ciaoo
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Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

Messaggio da aeronatica »

Egregi signori un saluto a tutti.
I benefici previsti dagli artt. 117 e 120 R.D. sono stati abrogati e sostituiti dall'art. 1801 del c.o.m. che ha fatto propria la predetta normativa.
Già qualche anno fa ho pubblicato su questo sito mia sentenza del T.A.R. di Milano che aveva risolto medesima identica questione prospettata ancora oggi.
La risposta dell'amministrazione all'istanza di riconoscimento ex art. 1801, reiettiva dei benefici richiesti è stata annullata dal T.A.R. che ha richiamato sua precedente analoga sentenza in conformità di parere reso dal C.D.S. su ulteriore petitum proposto.
Ritengo che non vi possano più essere dubbi nel merito.
L'amministrazione riscontra le istanze formulando propri pareri e determinazioni di convenienza che quando opportunamente impugnate e contestate con eccezioni ad hoc vengono cassate ed annullate in sede giurisdizionale sancendo i diritti del richiedente.
Preciso, peraltro, che secondo me (ma anche secondo il decreto che l'amministrazione ha emesso nel caso di specie) i benefici economici spettano (con interessi economici) a decorrere dalla data di proposizione dell'istanza di riconoscimento della dipendenza da causa di servizio (NON dalla data di istanza riconoscimento benefici ex art. 1801 c.o.m.!!) dato che ai sensi del codice civile la realizzazione della condizione ai quali gli stessi benefici erano subordinati comporta la decorrenza degli effetti alla data di realizzazione della condizione subordinata.
Ritrascrivo di seguito la sentenza che ho ottenuto dal T.A.R. di Milano e resto a disposizione per ogni ulteriore chiarimento porgendo cordiali saluti.

N. 01950/2013 REG.PROV.COLL.
N. 00919/2013 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 919 del 2013, proposto da:
Manlio Davide Mario Ferrario, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Zaccaglino nel cui studio in Milano, via Fontana, n. 18 è elettivamente domiciliato
contro
Ministero della Difesa, con l'Avvocatura Distrettuale dello Stato presso il cui ufficio in Milano, via Freguglia n. 1 è ex lege domiciliato
per l'annullamento
del provvedimento protocollo n.0463145 di data 19.12.2012 emesso dal Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare - IV Reparto, 10a Divisione, 2a Sezione e di tutti gli atti e provvedimenti presupposti, conseguenti e susseguenti.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero Della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 luglio 2013 il dott. Raffaello Gisondi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Il ricorrente, militare affetto da infermità invalidante riconosciuta dipendente da causa di servizio, ha richiesto all’Amministrazione di appartenenza il riconoscimento dei benefici economici previsti dall’art. 1801 del D.lgs. 66/2010 e dalla L. 359/1950.
Il Ministero della difesa, con il provvedimento impugnato, ha, tuttavia, rigettato la domanda. sostenendo che i richiesti benefici spetterebbero solo ai militari che sono ancora in forza al momento del riconoscimento della dipendenza della invalidità da causa di servizio, mentre il Maresciallo Ferrario, alla data del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio della propria infermità (avvenuto con decreto 3589/C del 14/09/2010), era già stato collocato in congedo.
L’interessato contesta la legittimità del predetto provvedimento, poiché, a suo dire, le agevolazioni richieste avrebbero quale unico presupposto il fatto che la menomazione invalidante sia stata causata dal servizio prestato.
Il ricorso è fondato.
In ordine al problema se i benefici economici e giuridici, che l’ordinamento riconnette all’accertamento della dipendenza da causa di servizio, presuppongano o meno che il decreto di riconoscimento sia adottato in costanza di rapporto di lavoro questo Tribunale si è già pronunciato con la sentenza della Sezione n. 1979 del 2012.
Ivi si è rilevato che, seppure la questione risulti controversa in giurisprudenza, appare maggiormente aderente ai principi di ragionevolezza e uguaglianza l’orientamento meno restrittivo (fatto proprio da ultimo dal Consiglio di Stato, Sez. I parere n. 1399 del 2009).

Infatti, l’essere o meno ancora in forza al momento del decreto di riconoscimento della causa di servizio costituisce una circostanza meramente accidentale che in nessun modo influisce sulla ratio che sta alla base della previsione legislativa tesa a premiare coloro che a causa del servizio prestato a favore della collettività, abbiano visto irreversibilmente (e spesso gravemente) compromesso il proprio stato di salute.
E’ quindi del tutto irrilevante, a tali fini, il momento in cui si conclude il procedimento volto ad accertare le cause della infermità, essendo solo il suo esito l’unico presupposto rilevante ai fini della concessione dei benefici previsti dall’ordinamento.
A voler diversamente opinare si dovrebbe ammettere che l’attribuzione dei predetti benefici possa dipendere da eventi e circostanze del tutto accidentali ed indipendenti dalla stessa volontà dell’infermo, come, peraltro, è accaduto nel caso di specie nel quale il ricorrente ha inoltrato la domanda di riconoscimento prima di essere posto in congedo (circostanza incontroversa) ed l’ha ottenuto, senza sua colpa, solo dopo la cessazione del suo rapporto di servizio.
Il ricorso va, dunque, accolto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia, Sezione I, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato. Condanna l’Amministrazione resistente alla refusione delle spese di lite che liquida in € 3.000,00, oltre IVA e c.p.a.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 10 luglio 2013 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Mariuzzo, Presidente
Raffaello Gisondi, Primo Referendario, Estensore
Angelo Fanizza, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 25/07/2013
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)


SUCCESSIVA SENTENZA VERTENTE PROPRIO SULLA DATA DI DECORRENZA DEI BENEFICI


N. 02547/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00444/2014 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 444 del 2014, proposto da:
Manlio Davide Mario Ferrario, rappresentato e difeso dall'avv. Giuseppe Zaccaglino, con domicilio eletto presso il suo studio in Milano, via Fontana 18
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, presso i cui Uffici è domiciliato in Milano, via Freguglia, 1
per l'annullamento
del provvedimento prot. n.0296392 del 4.11.2013 emesso dal Ministero della Difesa, Direzione Generale per il Personale Militare - IV Reparto, 9^ Divisione, nella parte in cui il beneficio è stato riconosciuto con effetto dalla data del 12 giugno 20013
e di tutti gli atti e provvedimenti presupposti, conseguenti e susseguenti.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 8 ottobre 2014 il dott. Roberto Lombardi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Con ricorso depositato in data 3 febbraio 2014 il sig. Ferrario, Maresciallo alle dipendenze dell’Aeronautica Militare, con ultima sede di servizio effettivo presso il Centro Meteorologico Regionale di Milano, chiedeva l’annullamento del provvedimento di diniego di cui in epigrafe, deducendone l’illegittimità per travisamento dei presupposti, in quanto l’amministrazione avrebbe errato sulla data di decorrenza del beneficio accordato ex art. 1801 del D.lgs. n. 66/2010.
Si costituiva l’amministrazione, che resisteva con atto di stile al ricorso, e la Sezione, in sede di trattazione della domanda cautelare, rinviava al merito per una sollecita definizione del giudizio, chiedendo contestualmente chiarimenti al Ministero della Difesa sul mancato riferimento, nel provvedimento impugnato, all’istanza inoltrata dal ricorrente in data 31 gennaio 2002.
In ottemperanza all’ordinanza del Collegio, l’amministrazione depositava una relazione nella quale precisava che il riferimento all’istanza del 12 giugno 2003 doveva intendersi riferita al processo verbale emesso in pari data, dando atto altresì di avere seguito la prassi secondo cui il diritto ai benefici di cui agli artt. 117 e 120 del regio decreto n. 3458 del 1928 (attualmente previsti dall’art. 1801 del d.lgs. n. 66 del 2010) sorgerebbero soltanto per effetto dell’accertamento medico, che riconosce la sussistenza della patologia.
La causa veniva infine decisa alla pubblica udienza dell’8 ottobre 2014.
Il ricorrente e l’amministrazione concordano sulla ricostruzione fattuale e giuridica dei termini generali dell’odierno contenzioso, seppure il Ministero, per inciso, abbia evidenziato di non avere agli atti l’istanza del sig. Ferrario.
Sotto questo profilo, peraltro, il ricorrente ha dimostrato in giudizio di avere ottenuto l’avvio del procedimento amministrativo teso a ottenere l’equo indennizzo in discussione proprio con la formale richiesta protocollata dall’amministrazione in data 2 febbraio 2002.
Il punto sul quale divergono le considerazioni di dipendente e datore di lavoro è sull’interpretazione del dato normativo, ai fini della decorrenza degli effetti del beneficio richiesto.
L’art. 1801 del D.lgs. 66/2010 (norma da ritenersi applicabile ratione temporis alla fattispecie in esame, in quanto attributiva ora per allora del beneficio già ottenuto) statuisce che “al personale dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare che, in costanza di rapporto di impiego, ha ottenuto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per infermità ascrivibile a una delle categorie indicate nella tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, compete una sola volta, nel valore massimo, un beneficio stipendiale, non riassorbibile e non rivalutabile, pari al:
a) 2,50 per cento dello stipendio per infermità dalla I alla VI categoria;
b) 1,25 per cento dello stipendio per infermità dalla VII alla VIII categoria”.
La norma in questione non precisa da quale momento la maggiorazione sullo stipendio debba essere calcolata, anche se sembra individuare, quale unica data certa sotto questo profilo utilizzabile, e in considerazione del suo presupposto applicativo (ottenimento del riconoscimento della dipendenza da causa di servizio), la data del processo verbale medico a mezzo del quale è stato accertato il nesso di causalità tra condotta di servizio ed insorgenza dell’evento dannoso.
Ritiene peraltro il Collegio di dovere aderire all’orientamento espresso dal Consiglio di Stato con la sentenza n. 1881 del 2011, secondo cui la data utile ai fini di valutazione (e conseguente decorrenza del riconoscimento) dei presupposti del beneficio in esame debba essere quella della domanda per il riconoscimento della causa di servizio, e non la data di riconoscimento di esso.
Supportano tale conclusione le seguenti argomentazioni.
In primo luogo, sarebbe contraria al principio fondamentale del “buon andamento” dell’azione amministrativa (art. 97 Cost.; cfr., altresì, l’attuale testo dell’art. 1 della L. 7 agosto 1990 n. 241) un’interpretazione della norma che ancorasse alla data del processo verbale medico la decorrenza degli effetti patrimoniali, poiché rimetterebbe, in definitiva, alla mera volontà dell’amministrazione la fissazione di tale decorrenza.
E’, infatti, lo stesso datore di lavoro pubblico ad istruire la pratica volta al riconoscimento medico della causa di servizio e ogni ritardo nei tempi procedimentali (ma perfino il formale, ma non celere rispetto di essi) si ritorcerebbe contro il soggetto in attesa del beneficio.
Nel caso affrontato dalla sentenza del Consiglio di Stato su richiamata, un processo verbale medico stilato dopo il congedo del richiedente (ma a seguito di una domanda formulata in costanza di servizio) avrebbe avuto come effetto, seguendo l’interpretazione che fa decorrere gli effetti del beneficio dalla data dell’accertamento del nesso di causalità, la perdita del beneficio stesso.
In secondo luogo, risulta corretto far coincidere la data di insorgenza del credito connesso alla maggiorazione stipendiale invocata, con la data di presentazione della domanda amministrativa, in relazione al fatto che trattasi di un diritto patrimoniale condizionato ex lege alla verificazione dei suoi presupposti, con effetti che devono dunque retroagire, in caso di accertamento della causa di servizio con esito positivo, al momento della richiesta patrimoniale.
Il ricorso del sig. Ferrario va dunque accolto, con conseguente accertamento del suo diritto ad ottenere la decorrenza degli effetti del beneficio di cui all’art. 1801 del d.lgs. n. 66/2010 fin dalla ricezione da parte dell’amministrazione della relativa domanda.
Le spese del giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione I)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei termini di cui in motivazione.
Condanna l’amministrazione resistente alla rifusione delle spese processuali sostenute dal ricorrente, che liquida in complessivi € 2.000,00, oltre accessori di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 8 ottobre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Francesco Mariuzzo, Presidente
Dario Simeoli, Primo Referendario
Roberto Lombardi, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/10/2014
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)




ULTERIORE SENTENZA DEL CDS IV SEZIONE IN MATERIA DI ART. 1801

Poiché, esclusa la necessità che l’invalidità sia riconosciuta durante il servizio, sussistono gli altri requisiti richiesti dalla legge (ciò non è contestato), ne discende che il signor OMISSIS ha diritto di vedersi riconosciuto il beneficio che la legge gli accorda, secondo i termini e le modalità previsti dalla legge medesima.
salvo 63
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Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

Messaggio da salvo 63 »

intanto grazie per quello che hai postato e ne prendo atto.
fino a quando certi funzionari non pagheranno di tasca loro, noi dobbiamo necessariamente ricorrere, e loro possono passarsi tutti i piaceri che vogliono,ora da buon padri di famiglia "che non sono" non avrebbero fatto prima a rivedere la legge?
salvo 63
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Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

Messaggio da aeronatica »

Egr. Salvo 63, concordo pienamente con quanto da te scritto.
Richiamando il riferimento da te espresso, certo è noto che l'art. 1176 del c.c. indica che "Nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia" ma, si sa, si potrebbe incontrare quale giovane dirigente che non è ancora padre ed allora potrebbe non sentirsi ricompreso da detto precetto ed allora sarebbe il caso di ricordare che ancor più bello è l'art. 1175 c.c. che precisa, anche per chi non fosse ancora padre, quanto segue:
"Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza [1227, 1337, 1338, 1339, 1358, 1366, 1375, 1391, 1460, 1746 1, 1759, 1805 1, 1914, 2598, n. 3; 88 c.p.c.] (2).
Note
(1) Art. così modificato ex art. 3, comma 2, d.lgs.lgt. 14 settembre 1944, n. 287.
(2) L'articolo fa riferimento al concetto di correttezza, a cui può affiancarsi quello di buona fede in senso oggettivo, cioè il dovere di comportarsi con lealtà ed onestà. Entrambi i concetti sono generici, privi di contenuto specifico, che deve ssere loro attribuito dal giudice in sede di definizione dei casi concreti a lui sottoposti. Da tali clausole derivano: per il debitore il dovere di eseguire tutte quelle prestazioni strumentali o accessorie necessarie a soddisfare in maniera completa l'interesse del creditore; per il creditore il dovere alla cooperazione con il debitore, al fine di evitare che l'adempimento sia per quest'ultimo eccessivamente o inutilmente oneroso."
Or bene ciò vale anche per chi non ha trasferito i propri geni in una generazione futura...... ma.... finchè non pagheranno di tasca propria...hai ragione nelle tue affermazioni.

Ribadisco però che non è da cambiare la legge (competenza del mitico potere legislativo politico sul quale per mio conto è meglio non profferir parola) la legge è corretta ma è sbagliata l'applicazione che ne viene fatta da rampanti dirigenti che emettono decreti.....che come già detto......se impugnati correttamente vengono cassati ed annullati.
In ogni caso.....allora dove è finito l'obbligo e l'adempimento indicato dall'ultima frase del 1175 (?)....che dispone per il creditore..."(...) il dovere alla cooperazione con il debitore,al fine di evitare che l'adempimento sia per quest'ultimo eccessivamente o inutilmente oneroso.(...)".
Secondo me bisognerà iniziare, dopo aver ottenuto la sentenza di annullamento dell'atto reiettivo procedere ad una nuova causa per danni nei confronti dell'amministrazione/dirigente responsabile ove si richiede, quanto meno, il danno patrimoniale consistito nella perdita economica della corresponsione all'avvocato della parcella emessa per gli onorari di causa che spesso ....e ciò in conformità con i parametri delle tariffe forensi vigenti per legge a cui il legale è obbligato attenersi ... che spesso sono maggiori di quelle eventualmente ....e solo eventualmente...liquidate dal giudice ed addirittura spessissimo sono maggiori dell'utilità stessa della causa.....perchè, è bene non dimenticare, come nel caso in argomento si inizia una causa ....ove mediamente solo il contributo unificato da versare è pari a 325 euro se si possiede un reddito dichiarato di 34.107,72 euro....esclusa parcella professionale per vedersi riconosciuti magari.....quando va bene 30 euro mensili di aumento......ma , l'alternativa è stare zitti e subire!!!!!!!!
il "gioco" può valere la "candela" se si considera oltre alla vittoria di principio e morale se si considerano gli anni in arretrato sugli emolumenti spettanti....sempre mediamente...dalla data dell'istanza di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio fino a guella dell'effettivo soddisfo....compreso di interessi e rivalutazione monetaria....ed al fatto che il tutto finisce nel computo del monte contributivo che si trasforma in qualche euro in più di pensione ordinaria e pensione privilegiata fino alla fine della nostara esistenza.
Certo quasi niente per chi ha redditi milionari ma sostanze uili in altri casi degni di giustizia e rispetto.
Sono stato tacciato di agire in causa per questioni B A G A T E L L A R I ......ma chi mi deve dare anche un solo euro....me lo deve dare (!) a maggior ragione se il creditore è lo stato che agisce pignorandomi la vita se quell'euro glielo devo per caso io!
Purtroppo, secondo me, la questio si prospetta nei termini sopra esposti considerando che viviamo, apparentemente, ancora in uno stato di diritto (fin troppo) garantista ma che siamo dei signori rispetto a quelle nazioni ove, quando risulti scomodo, alla sera esisti ed al mattino non ti trovano più (e nessuno neanche ti cerca).
Un saluto a tutti.
salvo 63
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Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

Messaggio da salvo 63 »

aeronatica ha scritto:Egr. Salvo 63, concordo pienamente con quanto da te scritto.
Richiamando il riferimento da te espresso, certo è noto che l'art. 1176 del c.c. indica che "Nell'adempiere l'obbligazione il debitore deve usare la diligenza del buon padre di famiglia" ma, si sa, si potrebbe incontrare quale giovane dirigente che non è ancora padre ed allora potrebbe non sentirsi ricompreso da detto precetto ed allora sarebbe il caso di ricordare che ancor più bello è l'art. 1175 c.c. che precisa, anche per chi non fosse ancora padre, quanto segue:
"Il debitore e il creditore devono comportarsi secondo le regole della correttezza [1227, 1337, 1338, 1339, 1358, 1366, 1375, 1391, 1460, 1746 1, 1759, 1805 1, 1914, 2598, n. 3; 88 c.p.c.] (2).
Note
(1) Art. così modificato ex art. 3, comma 2, d.lgs.lgt. 14 settembre 1944, n. 287.
(2) L'articolo fa riferimento al concetto di correttezza, a cui può affiancarsi quello di buona fede in senso oggettivo, cioè il dovere di comportarsi con lealtà ed onestà. Entrambi i concetti sono generici, privi di contenuto specifico, che deve ssere loro attribuito dal giudice in sede di definizione dei casi concreti a lui sottoposti. Da tali clausole derivano: per il debitore il dovere di eseguire tutte quelle prestazioni strumentali o accessorie necessarie a soddisfare in maniera completa l'interesse del creditore; per il creditore il dovere alla cooperazione con il debitore, al fine di evitare che l'adempimento sia per quest'ultimo eccessivamente o inutilmente oneroso."
Or bene ciò vale anche per chi non ha trasferito i propri geni in una generazione futura...... ma.... finchè non pagheranno di tasca propria...hai ragione nelle tue affermazioni.

Ribadisco però che non è da cambiare la legge (competenza del mitico potere legislativo politico sul quale per mio conto è meglio non profferir parola) la legge è corretta ma è sbagliata l'applicazione che ne viene fatta da rampanti dirigenti che emettono decreti.....che come già detto......se impugnati correttamente vengono cassati ed annullati.
In ogni caso.....allora dove è finito l'obbligo e l'adempimento indicato dall'ultima frase del 1175 (?)....che dispone per il creditore..."(...) il dovere alla cooperazione con il debitore,al fine di evitare che l'adempimento sia per quest'ultimo eccessivamente o inutilmente oneroso.(...)".
Secondo me bisognerà iniziare, dopo aver ottenuto la sentenza di annullamento dell'atto reiettivo procedere ad una nuova causa per danni nei confronti dell'amministrazione/dirigente responsabile ove si richiede, quanto meno, il danno patrimoniale consistito nella perdita economica della corresponsione all'avvocato della parcella emessa per gli onorari di causa che spesso ....e ciò in conformità con i parametri delle tariffe forensi vigenti per legge a cui il legale è obbligato attenersi ... che spesso sono maggiori di quelle eventualmente ....e solo eventualmente...liquidate dal giudice ed addirittura spessissimo sono maggiori dell'utilità stessa della causa.....perchè, è bene non dimenticare, come nel caso in argomento si inizia una causa ....ove mediamente solo il contributo unificato da versare è pari a 325 euro se si possiede un reddito dichiarato di 34.107,72 euro....esclusa parcella professionale per vedersi riconosciuti magari.....quando va bene 30 euro mensili di aumento......ma , l'alternativa è stare zitti e subire!!!!!!!!
il "gioco" può valere la "candela" se si considera oltre alla vittoria di principio e morale se si considerano gli anni in arretrato sugli emolumenti spettanti....sempre mediamente...dalla data dell'istanza di riconoscimento di dipendenza da causa di servizio fino a guella dell'effettivo soddisfo....compreso di interessi e rivalutazione monetaria....ed al fatto che il tutto finisce nel computo del monte contributivo che si trasforma in qualche euro in più di pensione ordinaria e pensione privilegiata fino alla fine della nostara esistenza.
Certo quasi niente per chi ha redditi milionari ma sostanze uili in altri casi degni di giustizia e rispetto.
Sono stato tacciato di agire in causa per questioni B A G A T E L L A R I ......ma chi mi deve dare anche un solo euro....me lo deve dare (!) a maggior ragione se il creditore è lo stato che agisce pignorandomi la vita se quell'euro glielo devo per caso io!
Purtroppo, secondo me, la questio si prospetta nei termini sopra esposti considerando che viviamo, apparentemente, ancora in uno stato di diritto (fin troppo) garantista ma che siamo dei signori rispetto a quelle nazioni ove, quando risulti scomodo, alla sera esisti ed al mattino non ti trovano più (e nessuno neanche ti cerca).
Un saluto a tutti.
Condivido i tuoi principi ,purtroppo tutto ruota intorno ai soldi nel senso di convenienza tanto è vero che se oggi non viene riconosciuto niente non è un caso si deve fare cassa come meglio si crede, e tante volte se si lascia perdere è proprio perché il gioco non vale la candela , giusto per portare un esempio io non sapevo che per le cause di servizio non riconosciute si può ricorrere alla Corte dei Conti chiedendo specificamente l’estensione della pronuncia sulla dipendenza quale presupposto del diritto a pensione privilegiata sicuramente più conveniente del Tar o Consiglio di Stato con molta probabilità di successo.
Ma ribadisco fino a quando i responsabili dell’istruttoria i Funzionari sbagliano volutamente consapevoli che male che vada per loro paga sempre lo Stato cioè noi nulla cambia, se invece appurato lo sbaglio la Stato farebbe una rivalsa a questi signori addebitandogli le spese con l’intimazione “stai più attento altrimenti vai a casa” la musica sarebbe un’altra, e gli incentivi e le promozioni avrebbero un senso.
Un cordiale saluto salvo 63
antoniope
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Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

Messaggio da antoniope »

In merito ai benefici di cui agli ex artt.117 e 120 che prendo sullo stipendio circa 18 euro lordi, nel 2008, la CMO mi riconobbe un aggravamento di una causa di servizio, precedentemente N.C., ascrivendola alla categoria 8^ max. Visto che non era passata dal CdV, la mia amm.ne l'ha inviata alla stessa per il definitivo parere. Dopo circa 6 anni, nel 2014, il C.d.V. non ha riconosciuto l'aggravamento (sinusite). Nel frattempo, la mia Legione, avendo visto che all'epoca la CMO mi ha riconosciuto l'aggravamento (appunto 8^ max) senza che io facessi nessuna domanda, ha inviato sia a me che al CNA una lettera per l'attribuzione di detti benefici senza aspettare il responso del C.d.V.. Ora che l'aggravamento mi è stato rigettato (2014) non dovrei più percepire tali emolumenti, ma sullo statino me li trovo a tutt'oggi.
La mia domanda: se il CNA si accorge che non mi spettano più, può richiedere indietro quanto sinora da me percepito??
Ho letto che dopo 10 anni non bisogna restituire nulla all'amministrazione poichè va in prescrizione, vi risulta??
Sopporta con coraggio i momenti negativi perché non saranno eterni (anonimo)
panorama
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Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

Messaggio da panorama »

Il Tar Lazio Accoglie il ricorso del Col.

1) - per l’accertamento del diritto alla corresponsione, sul trattamento di attività e sull’indennità di buonuscita, di maggiori emolumenti per due anni aggiuntivi di servizio, riconosciuti ai sensi dell’art. 117 del r.d. n. 3458/1929, e quindi per la condanna del MEF al pagamento delle relative differenze retributive e di indennità di fine rapporto maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria.

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SENTENZA ,sede di ROMA ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201607927 - Public 2016-07-11 -


N. 07927/2016 REG.PROV.COLL.
N. 03434/2016 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 3434 del 2016, proposto da:
P. G., rappresentato e difeso dagli avv.ti Paolo Bonaiuti e Domenico Bonaiuti, con domicilio eletto presso lo studio dei difensori, in Roma, Via Riccardo Grazioli Lante, 16;

contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze, Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi ope legis dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12;

per l’esecuzione
del giudicato formatosi a seguito di sentenza n. 9646/2013 del Tribunale amministrativo regionale per il Lazio, sez. II, del 23.10.2013, depositata in Segreteria il 12.11.2013, non notificata.


Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visti l’atto di costituzione in giudizio dell’amministrazione intimata;
Visti gli atti tutti di causa;
Relatore alla camera di consiglio del giorno 1 giugno 2016 il Cons. Silvia Martino;
Uditi gli avv.ti, di cui al verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:


FATTO e DIRITTO

1. Con sentenza n. 9646 del 23.10.2013, la Sezione ha accolto il ricorso proposto dal colonnello P. G. per l’accertamento del diritto alla corresponsione, sul trattamento di attività e sull’indennità di buonuscita, di maggiori emolumenti per due anni aggiuntivi di servizio, riconosciuti ai sensi dell’art. 117 del r.d. n. 3458/1929, e quindi per la condanna del MEF al pagamento delle relative differenze retributive e di indennità di fine rapporto maggiorate di interessi e rivalutazione monetaria.

In particolare, ha osservato quanto segue.

“La questione di diritto posta dal ricorrente è stata già più volte affrontata sia dal Consiglio di Stato che da questo Tribunale amministrativo, ed è stata risolta nel senso che il beneficio previsto dall’art. 117 del R.D. n. 3458 del 1928 non è riassorbibile con la successiva progressione economica (cfr. ad esempio, Cons. St., sez. IV, sentenza n. 1241 del 31 ottobre 1997, sia pure con riferimento alla progressione economica di cui all’art. 2, della l. n. 425 del 1984; cfr., anche, con riferimento agli Ufficiali dell’Esercito, la sentenza n. 10439 del 7.10.2004, del TAR Lazio, Sezione I^ bis).

Gli artt. 117 e 120 del R.D. 3458/28, di cui è invocata l’applicazione, hanno introdotto la concessione dell’abbreviazione di due, o di un anno, dell’anzianità di servizio, agli effetti della determinazione dello stipendio, in favore dei mutilati o invalidi di guerra, in relazione ad infermità ascritte alle differenti categorie di cui alla tabella annessa al decreto luogotenenziale 20 maggio 1917, n. 876, ovvero di cui agli artt. 100 e 101 del regio decreto 21 febbraio 1895, n. 70.

Con legge 15 luglio 1950, n. 539, i benefici spettanti, secondo le vigenti disposizioni, ai mutilati ed agli invalidi di guerra, nonché ai congiunti dei caduti in guerra, si applicano anche ai mutilati ed invalidi per servizio ed ai congiunti dei caduti per servizio.

Agli effetti della legge 539/50 si considerano mutilati od invalidi per servizio coloro che alle dirette dipendenze dello Stato e degli enti locali territoriali e istituzionali, hanno contratto, in servizio e per causa di servizio militare o civile, debitamente riconosciuta, mutilazioni od infermità ascrivibili ad una delle categorie di cui alla tabella A, annessa alla legge 19 febbraio 1942, n. 137.

Quanto all’oggetto dell’equiparazione di cui all’art. 1, della legge in esame, è fuor di dubbio che essa riguardi anche tutte le pregresse norme, purché vigenti, tra cui dunque anche quelle di cui al R.D. 3458/1928.

Le invocate norme, relative all’abbreviazione dell’anzianità di servizio per gli scatti di stipendio, indicano quale presupposto l’avvenuto riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità, nonché l’ascrivibilità delle stesse ad una delle categorie ivi indicate.

Ed invero, dallo stesso dato testuale di cui all’art. 117, R.D. 3458/1928, si evince che nell’ambito di beneficiari dell’abbreviazione temporale agli effetti della determinazione stipendiale sono compresi tanto gli ufficiali in servizio permanente quanto quelli delle categorie in congedo.

Pertanto il diritto all’anticipazione delle progressioni stipendiali sorge dal momento in cui si è verificata la condizione giuridica prevista dalla legge, senza che possano essere poste limitazioni al riguardo, in ragione della costanza in servizio o meno del dipendente, dovendo essere ricondotta la realizzazione della fattispecie all’unico presupposto giuridico richiesto.

Va poi considerato che la norma che ha previsto il beneficio de quo, consistente in sostanza in una abbreviazione di carriera, non produce direttamente essa stessa un beneficio economico, derivando gli eventuali incrementi remunerativi dalla disciplina generale sul trattamento economico.

A tanto consegue che l'’abbreviazione, involgendo i criteri di determinazione della carriera economica, quale risultante per il dipendente pubblico interessato della disciplina generale integrata con la norma agevolativa, non può dare origine a dislivelli retributivi suscettibili di “riassorbimento”.

Sul piano sostanziale va ancora considerato che l'agevolazione di cui al più volte richiamato art. 117 del R.D. n. 3458 del 1928 si ricollega ad una situazione soggettiva di pregiudizio avente carattere permanente, quale lo stato di invalidità per causa di guerra o di servizio, per cui la temporaneità della erogazione, cui consegue l’assorbimento nei successivi miglioramenti retributivi, si porrebbe in contraddizione con il fine, in senso lato indennitario, perseguito dal legislatore.

Nessun ostacolo può infine derivare, nella fattispecie, dall’art. 118, R.D. 3458/1928, il quale dispone che l’erogazione del beneficio può essere concessa una sola volta nella carriera di appartenenza, con la conseguenza che nei confronti di coloro ai quali l’attribuzione era stata accordata in applicazione di una interpretazione più restrittiva delle norme, con il riassorbimento del beneficio al momento del conseguimento di un grado superiore, ovvero all’atto della maturazione di un aumento periodico stipendiale, la riconsiderazione dello stesso secondo il più recente indirizzo applicativo costituirebbe una non consentita reiterazione del beneficio.

Ed invero, anche nel caso di specie, come in quelli già affrontati dalla giurisprudenza richiamata, la domanda avanzata dal ricorrente non risulta finalizzata ad una reiterazione dello stesso in ordine ad un diverso fatto costitutivo del diritto, bensì ad una diversa valutazione degli effetti che il beneficio avrebbe dovuto comportare in ordine al trattamento economico, e che invece non ha avuto siccome riassorbito nel tempo.

In altri termini, la richiesta del ricorrente attiene alla ricostruzione della carriera economica in applicazione della corretta modalità di godimento del beneficio, pacificamente spettante e già attribuito, senza considerarne l’assorbimento verificatosi nel tempo, con ogni effetto in ordine al trattamento stipendiale già in godimento, ed al successivo trattamento di quiescenza.”.

Sulla scorta di tali argomentazioni, la Sezione ha quindi affermato “l’obbligo delle amministrazioni intimate di rideterminare il trattamento economico del ricorrente (ivi compresa l’indennità di buonuscita) alla luce dei sopra indicati principi e secondo la posizione rappresentata dal G.. nell’istanza del 23.12.1997.

Sulle somme eventualmente risultanti quali crediti di lavoro saranno dovuti gli interessi legali e la rivalutazione monetaria fino al soddisfo, non cumulabili, peraltro, in relazione alle somme maturate dal 1° gennaio 1995, in ragione del divieto di cumulo disposto dall’art. 16, 6° comma, legge 412/1991 e dall’art. 22, 36° comma, legge 724/1994.”.

Riferisce ora il Col. G.. che l’amministrazione non ha correttamente eseguito la sentenza che si è testé riportata, in quanto ha fatto applicazione di disposizioni sopravvenute all’art. 117 del R.D. n. 3458 del 1928, ovvero gli artt. 1801 e 2159 del d.lgs n. 66/2010, i quali, tuttavia, regolano un beneficio nuovo e diverso da quello in esame, in considerazione del fatto che, con l’art. 70 del d.lgs. n. 112 del 2008, gli artt. 117 e 120 del regio decreto del 1928 sono stati abrogati.

Nel caso in esame, però l’art. 117 testé citato, rimasto in vigore fino al 31.12.2008, costituisce l’unica disciplina applicabile.

Il beneficio de quo consiste in una abbreviazione di carriera, che non produce essa stessa direttamente un beneficio economico, derivando gli incrementi remunerativi dalla disciplina generale sul trattamento economico.

Pertanto – data per acquisita la corresponsione dell’importo riferito al periodo 1.7.1979 – 31.12.1980 - parte ricorrente ritiene che, secondo la normativa all’epoca vigente, debbano essergli erogati gli ulteriori e dovuti trattamenti stipendiali, di quiescenza e di buonuscita come di seguito indicato:

- dall’1/01/1981 al 30/09/1982, ulteriore scatto convenzionale del 2,50% determinato sul trattamento economico relativo al grado posseduto;

- dall’1.10.1982 al 31.12.1983 (data di passaggio al trattamento economico dirigenziale di cui al terzo comma dell’art. 1, della l. 17 aprile 1984, n. 79), maggiorazione di ulteriore scatto convenzionale del 2,50 determinato sul trattamento economico relativo alla posizione economica del colonnello;

- dall’1/01/1984 al 30/09/1984, progressione di una ulteriore classe aggiuntiva di stipendio del 6% sul trattamento economico dirigenziale;

- dall’1.10.1984 al 30.09.1990, ad ogni scadenza biennale, progressione di ulteriori classi aggiuntive di stipendio del 6% sul trattamento economico dirigenziale;

- dal 1° ottobre 1990 al 17 dicembre 1996 (data di collocamento in congedo), ad ogni scadenza, biennale progressione di una ulteriore classe aggiuntiva del 6% sul trattamento economico dirigenziale (generale di brigata);

- dal 18 dicembre 1996, trattamento pensionistico e di buonuscita calcolato sulla base del trattamento economico del generale di brigata, classe 4^.

Ha domandato, inoltre, che le amministrazioni intimate vengano condannate al pagamento delle somme spettanti a titolo di rivalutazione ed interessi maturati dopo il passaggio in giudicato della sentenza, nonché alle c.d. “astreintes” per ogni violazione o inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzione del giudicato.

Il MEF e il Comando Generale della Guardia di Finanza, si sono costituiti, per resistere, con comparsa di stile.

Il ricorso è stato assunto in decisione alla camera di consiglio del 1° giugno 2016.

2. In primo luogo, rileva il Collegio che non è stata contestata dalla resistente amministrazione (art. 64, comma 2, c.p.a.) l’affermazione del ricorrente secondo cui, nel dare esecuzione alla sentenza in epigrafe, essa abbia applicato l’art. 1801 del Codice dell’ordinamento militare, il quale dispone che “Al personale dell'Esercito italiano, della Marina militare e dell'Aeronautica militare che, in costanza di rapporto di impiego, ha ottenuto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio per infermità ascrivibile a una delle categorie indicate nella tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915, compete una sola volta, nel valore massimo, un beneficio stipendiale, non riassorbibile e non rivalutabile, pari al:

a) 2,50 per cento dello stipendio per infermità dalla I alla VI categoria;

b) 1,25 per cento dello stipendio per infermità dalla VII alla VIII categoria.”.

La norma in questione, però, è entrata in vigore solo nel 2010, mentre la fattispecie per cui è causa è disciplinata, ratione temporis, dall’art. 117 del R.D. n. 3458 del 1928.

E’ quindi sulla scorta di tale disposizione che l’amministrazione deve provvedere a ricostruire il trattamento economico del Col. G.., dall’1.1.1981, fino alla data di collocamento a riposo, oltre che a rideterminare l’indennità di buonuscita.

Al riguardo, va poi evidenziato che l’abbreviazione di carriera di cui art. 117 cit. - come affermato nella sentenza n. 9646/2013 - “non produce direttamente essa stessa un beneficio economico, derivando gli eventuali incrementi remunerativi dalla disciplina generale sul trattamento economico”.

Essa comporta quindi una maggiorazione temporale dell’anzianità di servizio che segue tutta la carriera retributiva successiva al riconoscimento del beneficio e che deve essere tenuta presente ad ogni modifica stipendiale determinata da progressioni di grado, aumenti contrattuali, etc..

Ciò posto, il ricorso merita accoglimento, dovendo per l’effetto ordinarsi alle intimate amministrazioni di provvedere correttamente alla ricostruzione economica della carriera del col. G.. e a rideterminare, di conseguenza, anche l’indennità di buonuscita, come prescritto dalla sentenza n. 9646/2013.

All’uopo, appare congruo il termine di giorni sessanta, decorrenti dalla comunicazione e/o notificazione, se anteriore, della presente pronuncia.

Come già prescritto dalla sentenza n. 9646/2013, sulle somme ancora dovute al ricorrente debbono essere calcolati interessi legali e la rivalutazione monetaria, tenendo tuttavia presente la decorrenza del divieto di cumulo previsto dalle leggi n. 412/1991 e n. 724/del 1994.

La Sezione si riserva, nel caso in cui il termine di cui sopra decorra inutilmente, di nominare un commissario ad acta.

Per il momento, non appare equa la concessione di astreintes, in quanto l’amministrazione si è comunque tempestivamente attivata, sia pure in maniera non integralmente satisfattiva.

Le spese, seguono come di regola la soccombenza e si liquidano in dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, sede di Roma, sez. II^, definitivamente pronunciando sul ricorso, di cui in epigrafe, ordina alle amministrazioni intimate di dare esecuzione alla sentenza n. 9646/2013, nei sensi di cui in motivazione, nel termine di giorni sessanta dalla comunicazione e/o notificazione della presente pronuncia.

Condanna le amministrazioni soccombenti alla rifusione delle spese di giudizio che liquida, complessivamente, in euro 1.000,00 (mille/00), oltre gli accessori, se dovuti, come per legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 1 giugno 2016 con l'intervento dei magistrati:
Antonino Savo Amodio, Presidente
Silvia Martino, Consigliere, Estensore
Roberto Caponigro, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 11/07/2016
panorama
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Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

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ACCOLTO

art. 1801 del d.lgs. n. 66/2010, con conseguente riliquidazione della pensione;
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1) - data del congedo: 8 dicembre 1962

2) - verbale della CMO di Catanzaro del 27 aprile 1963

3) - Successivamente, a seguito dell’accertamento dell’infermità ......., con provvedimento del 20 luglio 1963

4) - Ancora, in esito al verbale della CMO ... del 16 dicembre 1974, stante il riconosciuto aggravamento delle condizioni di salute, gli veniva attribuito il trattamento pensionistico di 6^ cat. tab. A.

5) - In ragione di ciò e del fatto che l’infermità era stata riconosciuta “in costanza di servizio”, il sig. M. richiedeva la corresponsione dei benefici economici previsti dall’art. 1801 del d.lgs. n. 66/2010, con conseguente riliquidazione della pensione e con nota del 22 luglio 2016, verificata l’esistenza dei requisiti di legge, il Ministero della Difesa avrebbe riconosciuto i benefici economici oggetto di causa, riconoscimento a cui, però, non veniva dato corso con la effettiva riliquidazione del trattamento pensionistico.

6) - Il Ministero della Difesa, dedotta anch’esso la prescrizione quinquennale, ha sostenuto che, in realtà, il riconoscimento delle patologie non è avvenuto in costanza di servizio, giacché ... era stato posto in congedo per fine rafferma già a partire dall’8 dicembre 1962 e che ciò era avvenuto a domanda dell’interessato, mentre le infermità per le quali lo stesso ha chiesto il beneficio in questione sono state riscontrate e riconosciute dipendenti dal servizio dopo il suo congedo e precisamente il 27 aprile 1963 con verbale della CMO di Catanzaro, verbale con il quale veniva anche espresso un giudizio di non idoneità illimitata al servizio militare.

LA CORTE DEI CONTI precisa:

7) - Ciò chiarito, nel merito si osserva che l’infermità di cui trattasi era stata SI giudicata dipendente dal servizio, ma come in precedenza evidenziato tale accertamento è di fatto avvenuto dopo l’8 dicembre 1962, giorno in cui il ... era stato posto in congedo a domanda.

8) - Ed è proprio in ragione di ciò che, con nota-provvedimento del Comando Regione Carabinieri Calabria dell’8 maggio 2007, l’Amministrazione militare ha respinto la domanda che l’interessato aveva presentato il 13 settembre 2002, diniego evidentemente confermato anche a fronte delle ulteriori richieste formulate il 30 maggio 2012 e il 10 agosto 2012.

9) - Pur stando così le cose, questo giudice ritiene che il ricorso sia nondimeno meritevole di accoglimento per quanto di ragione.

10) - Il presupposto per godere del beneficio, dunque, è che l'invalidità in questione sia stata contratta in servizio e per causa di servizio: elementi pacifici nella fattispecie.

11) - Il Consiglio di Stato ha precisato sul punto che, se è vero che in passato un filone giurisprudenziale aveva accolto la prospettazione del Ministero sul presupposto del carattere costitutivo dell'accertamento compiuto dalla commissione medica, tuttavia il predetto orientamento va disatteso posto che lo stesso “… in disparte le circolari richiamate dall'Amministrazione, che non possono certo derogare a quanto disposto da una fonte primaria - subordina il beneficio a un requisito ulteriore, non previsto dalla legge (la quale solo pone l'ovvia condizione che l'invalidità sia "debitamente riconosciuta"), contraddice senza chiara motivazione a evidenti esigenze di solidarietà e si pone in contrasto con l'interpretazione resa a suo tempo dalla Commissione speciale dello stesso Consiglio di Stato, richiamata dalla difesa dell'appellato”; ha quindi ritenuto, il giudice amministrativo, insussistente la necessità che “l’invalidità sia accertata durante il servizio” (Cons. St., IV, n. 3468/2013).

12) - L’orientamento formatosi sul punto anche ad opera della giurisprudenza contabile ha, infatti, puntualizzato che “…trattandosi di maggiorazioni stipendiali, ossia di incrementi che operano direttamente sullo stipendio - il momento genetico del diritto (e la relativa decorrenza) va collocato nel periodo di espletamento del servizio e non in quello di quiescenza e che - essendo il beneficio concedibile d’ufficio - la relativa domanda è ammissibile anche se presentata dal dipendente in stato di quiescenza, purché il riconoscimento della malattia invalidante sia avvenuto in attività di servizio” (ex plurimis Corte dei conti, Sez. Sicilia, n. 204/2015).

13) - Si deve dunque coerentemente affermare che una cosa è il “riconoscimento” della patologia e il momento in cui ciò avviene, altro è quello in cui il dipendente ha contratto l’infermità per causa di servizio, posto che deve essere quest’ultimo il profilo da considerare rilevante ai fini del decidere.

14) - Tanto puntualizzato, dovendo dunque il giudice valorizzare, come si diceva, non il momento in cui la patologia dipendente da servizio è stata accertata ma quello in cui è stata contratta, il problema è conseguentemente quello di verificare se alla data del congedo, dunque all’ultimo giorno utile di servizio, il P. M. fosse o meno affetto dalle infermità in questione.

N.B.: leggete tutto il resto qui sotto, anche ai fini della prescrizione economica quinquennale.
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CALABRIA SENTENZA 77 04/04/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
CALABRIA SENTENZA 77 2017 PENSIONI 04/04/2017



R E P U B BL I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA

IL GIUDICE DELLE PENSIONI
Cons. Domenico GUZZI


ha pronunciato la seguente
SENTENZA n. 77/2017


Sul il ricorso in materia di pensioni militari 21184 del registro di Segreteria, proposto da P. M., nato a Omissis l’Omissis, rappresentato e difeso dall’avv. Adriano Grisolia, presso il cui studio ha eletto domicilio in Omissis, viale Pio X n. 63, contro:

- Ministero della Difesa – Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri in persona del Ministro pro-tempore con domicilio presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Catanzaro;

- INPS – Direzione Provinciale di Catanzaro in persona del Presidente e legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso congiuntamente e disgiuntamente dall’avv. Giacinto Greco e dall’avv. Francesco Muscari Tomaioli, elettivamente domiciliato in Catanzaro, via F. Acri 81;

per l’accertamento, in via principale, del diritto alla corresponsione dei benefici economici previsti dall’art. 1801 del d.lgs. n. 66/2010, con conseguente riliquidazione della pensione; in via subordinata, per l’ottenimento dei benefici economici previsti dagli artt. 117 e 120 del R.D. 3458 del 31 dicembre 1928, anche in questo caso con conseguente riliquidazione della pensione in godimento.


Vista la legge 21 luglio 2000, n.205;
Visto il decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174;
Visti gli atti e i documenti di causa;
Uditi alla pubblica udienza del 3 aprile 2017 l’avv. Adriano Grisolia per il ricorrente e l’avv. Giacinto Greco per l’INPS.


FATTO

Con il ricorso in atti, il sig. P. M. espone di aver prestato servizio nell’Arma dei Carabinieri ed evidenzia che con il verbale n. 18 del 27 aprile 1963, la CMO di Catanzaro lo dichiarava permanentemente non idoneo in quanto affetto da “gastrite ulcerosa”, patologia riconosciuta dipendente da causa di servizio ed ascritta alla tab. A, cat. 8^ con decorrenza 8 dicembre 1962.

Successivamente, a seguito dell’accertamento dell’infermità “duodenite bulbare con lieve dilicocolon e colite”, con provvedimento del 20 luglio 1963 veniva collocato in congedo assoluto per infermità da causa di servizio con decorrenza 8 dicembre 1962.

Ancora, in esito al verbale della CMO di Catanzaro, n. 1974 del 16 dicembre 1974, stante il riconosciuto aggravamento delle condizioni di salute, gli veniva attribuito il trattamento pensionistico di 6^ cat. tab. A.
In ragione di ciò e del fatto che l’infermità era stata riconosciuta “in costanza di servizio”, il sig. M. richiedeva la corresponsione dei benefici economici previsti dall’art. 1801 del d.lgs. n. 66/2010, con conseguente riliquidazione della pensione e con nota del 22 luglio 2016, verificata l’esistenza dei requisiti di legge, il Ministero della Difesa avrebbe riconosciuto i benefici economici oggetto di causa, riconoscimento a cui, però, non veniva dato corso con la effettiva riliquidazione del trattamento pensionistico.

Da qui l’interposto gravame con il quale il ricorrente appunto chiede sia accertato il diritto al riconoscimento dei miglioramenti economici di cui all’art. 1801 del D.lgs. n. 66/2010 con conseguente riliquidazione della pensione o, in via subordinata, che gli venga riconosciuto il diritto alla corresponsione dei benefici previsti dagli artt. 117 e 120 del R.D. 3458 del 31 dicembre 1928, anche in questo caso con riliquidazione del trattamento pensionistico in godimento.

Si sono costituiti tanto l’INPS, quanto il Ministero della Difesa.

Il primo per eccepire, in via preliminare, il proprio difetto di legittimazione passiva e per chiedere di essere estromesso dal giudizio; nel merito, dedotta la prescrizione anteriormente al 9 dicembre 2011, per dedurre l’infondatezza del ricorso e per chiedere che sia integralmente respinto.

Il Ministero della Difesa, dedotta anch’esso la prescrizione quinquennale, ha sostenuto che, in realtà, il riconoscimento delle patologie non è avvenuto in costanza di servizio, giacché il P. M. era stato posto in congedo per fine rafferma già a partire dall’8 dicembre 1962 e che ciò era avvenuto a domanda dell’interessato, mentre le infermità per le quali lo stesso ha chiesto il beneficio in questione sono state riscontrate e riconosciute dipendenti dal servizio dopo il suo congedo e precisamente il 27 aprile 1963 con verbale della CMO di Catanzaro, verbale con il quale veniva anche espresso un giudizio di non idoneità illimitata al servizio militare.

In udienza le parti intervenute hanno insistito, ciascuna per quanto di competenza, per l’accoglimento delle conclusioni precisate nei rispettivi atti costitutivi.

Considerato in
D I R I T T O

La questione sottoposta alla cognizione di questo Giudice attiene all’accertamento del diritto ai benefici previsti dagli artt. 117, 120 del R.D. n. 3458 del 1928 e correlata l. n. 539/1950, in relazione alla patologia che hanno interessato l’apparato gastro-duodenale del P. M., patologie giudicate causalmente dipendenti dall’attività di servizio prestata nell’Arma dei Carabinieri fino all’8 dicembre 1962, data in cui lo stesso è stato collocato in congedo per fine ferma.

Dalla documentazione in atti risulta che il giudizio di dipendenza delle patologie dal servizio prestato, è stato formulato dalla CMO di Catanzaro con il processo verbale n. 18 del 27 aprile 1963.

Ciò detto, va in via preliminare puntualizzato che, in virtù delle richiamate disposizioni (artt. 117 e 120 del R.D. n. 3458 del 1928), nonché dell’art. 1 della legge n. 539 del 1950, spetta agli invalidi per servizio l’abbreviazione dell’anzianità necessaria per la maturazione degli aumenti periodici di stipendio di due anni o di un anno, a seconda che l’invalidità sia ascritta alle prime sei oppure alle ultime due categorie della Tabella A allegata al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915.

Successivamente, con il venir meno del meccanismo di progressione economica fondato sulle classi e sugli scatti biennali (si veda il decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1987, n. 150) a partire dall’1 gennaio 1987, e la loro sostituzione con la retribuzione individuale di anzianità, il nuovo sistema retributivo ha posto il problema del permanere della possibilità di applicare il beneficio per cui è causa.

A tal proposito va chiarito che il beneficio in questione si concretizza ora nell’attribuzione di una somma pari al 2,50% del valore iniziale della retribuzione del livello posseduto dall’invalido con infermità ascritta alle prime sei categorie, o nella concessione di una somma pari all’1,25% agli invalidi ascritti alle ultime due categorie, secondo quanto recepito dall’art.1801, d.lgs. n.66/2010.

Ciò chiarito, nel merito si osserva che l’infermità di cui trattasi era stata sì giudicata dipendente dal servizio, ma come in precedenza evidenziato tale accertamento è di fatto avvenuto dopo l’8 dicembre 1962, giorno in cui il P. M. era stato posto in congedo a domanda.

Ed è proprio in ragione di ciò che, con nota-provvedimento del Comando Regione Carabinieri Calabria dell’8 maggio 2007, l’Amministrazione militare ha respinto la domanda che l’interessato aveva presentato il 13 settembre 2002, diniego evidentemente confermato anche a fronte delle ulteriori richieste formulate il 30 maggio 2012 e il 10 agosto 2012.

Pur stando così le cose, questo giudice ritiene che il ricorso sia nondimeno meritevole di accoglimento per quanto di ragione.

Come sopra accennato, l’art. 1 della l. n. 539/1950 estende i benefici di cui agli artt. 117 e 120 del regio decreto 3458/1928, prevedendo che “i benefici spettanti, secondo le vigenti disposizioni, ai mutilati ed agli invalidi di guerra , nonché ai congiunti dei caduti in guerra , si applicano anche ai mutilati ed invalidi per servizio ed ai congiunti dei caduti per servizio"; secondo il successivo art. 3 "agli effetti della presente legge si considerano mutilati od invalidi per servizio coloro che, alle dirette dipendenze dello Stato e degli enti locali territoriali e istituzionali, hanno contratto, in servizio e per causa di servizio militare o civile, debitamente riconosciuta, mutilazioni od infermità ascrivibili ad una delle categorie di cui alla tabella A, annessa alla legge 19 febbraio 1942, n. 137".

Il presupposto per godere del beneficio, dunque, è che l'invalidità in questione sia stata contratta in servizio e per causa di servizio: elementi pacifici nella fattispecie.

Recentemente parte della giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di dichiarare l’illegittimità dei provvedimenti con i quali l’Amministrazione ha ritenuto di interpretare i predetti requisiti ricomprendendovi anche quello di essere l'accertamento avvenuto in costanza di servizio (Cons. St., IV, n. 3468/2013; id. n. 1881/2011).

Il Consiglio di Stato ha precisato sul punto che, se è vero che in passato un filone giurisprudenziale aveva accolto la prospettazione del Ministero sul presupposto del carattere costitutivo dell'accertamento compiuto dalla commissione medica, tuttavia il predetto orientamento va disatteso posto che lo stesso “… in disparte le circolari richiamate dall'Amministrazione, che non possono certo derogare a quanto disposto da una fonte primaria - subordina il beneficio a un requisito ulteriore, non previsto dalla legge (la quale solo pone l'ovvia condizione che l'invalidità sia "debitamente riconosciuta"), contraddice senza chiara motivazione a evidenti esigenze di solidarietà e si pone in contrasto con l'interpretazione resa a suo tempo dalla Commissione speciale dello stesso Consiglio di Stato, richiamata dalla difesa dell'appellato”; ha quindi ritenuto, il giudice amministrativo, insussistente la necessità che “l’invalidità sia accertata durante il servizio” (Cons. St., IV, n. 3468/2013).

L’orientamento formatosi sul punto anche ad opera della giurisprudenza contabile ha, infatti, puntualizzato che “…trattandosi di maggiorazioni stipendiali, ossia di incrementi che operano direttamente sullo stipendio - il momento genetico del diritto (e la relativa decorrenza) va collocato nel periodo di espletamento del servizio e non in quello di quiescenza e che - essendo il beneficio concedibile d’ufficio - la relativa domanda è ammissibile anche se presentata dal dipendente in stato di quiescenza, purché il riconoscimento della malattia invalidante sia avvenuto in attività di servizio” (ex plurimis Corte dei conti, Sez. Sicilia, n. 204/2015).

Si deve dunque coerentemente affermare che una cosa è il “riconoscimento” della patologia e il momento in cui ciò avviene, altro è quello in cui il dipendente ha contratto l’infermità per causa di servizio, posto che deve essere quest’ultimo il profilo da considerare rilevante ai fini del decidere.

Così opinando e prima di ogni altra definitiva considerazione, occorre però chiarire che nessun rilievo può essere attribuito, come invece mostra di fare il ricorrente, alla data del 20 luglio 1963 per avvalorare la tesi della costanza del servizio oltre l’8 dicembre 1962, primo perché quella è la data di rilascio del foglio di congedo assoluto che non necessariamente deve essere coincidente con la decorrenza giuridica della cessazione dal servizio, e secondo perché, infatti, dallo stesso foglio chiaramente si evince che, nel caso in esame, il congedo ha avuto decorrenza dall’8 dicembre 1962, un congedo “assoluto” per infermità da causa di servizio.

Il documento che al riguardo fa testo è, invece, il “Foglio matricolare caratteristico”, dal quale infatti si evince che il congedo è avvenuto l’8 dicembre 1962, ancorché per fine periodo di rafferma e a domanda.

Tanto puntualizzato, dovendo dunque il giudice valorizzare, come si diceva, non il momento in cui la patologia dipendente da servizio è stata accertata ma quello in cui è stata contratta, il problema è conseguentemente quello di verificare se alla data del congedo, dunque all’ultimo giorno utile di servizio, il P. M. fosse o meno affetto dalle infermità in questione.

Ebbene, sul punto non si può che fare riferimento alla documentazione in atti e, segnatamente, al verbale della CMO di Catanzaro del 27 aprile 1963, da quale, infatti, emerge che il P. M., inidoneo permanentemente al servizio militare incondizionato, era tale per infermità dipendente dal servizio alla “data del congedo: 8 dicembre 1962”.

Alla luce di tali rilievi, questo giudice ritiene quindi sussistenti i presupposti per l’attribuzione del beneficio richiesto ai fini pensionistici (di cui agli artt. agli artt. 117 e 120 del R.D. n. 3458/1928 e correlata l. n. 539/1950 attualmente recepiti dall’art.1801, D.Lgs. n.66/2010) e conseguentemente non può che concludere con il riconoscimento del diritto del ricorrente ad ottenere la riliquidazione della pensione con il computo dei predetti vantaggi economici.

Tuttavia, riguardo alla decorrenza economica, si deve accogliere l’eccezione di prescrizione sollevata dall’amministrazione resistente.

In proposito occorre rilevare che, in aderenza alla consolidata giurisprudenza di questa Corte (cfr per tutte Sez. App. III, sent. 17/2015), mentre il diritto a pensione è imprescrittibile ex se e può essere fatto valere in ogni tempo, sono soggetti a prescrizione quinquennale i ratei di pensione e le differenze arretrate degli emolumenti pensionistici. Sul punto, è sufficiente richiamare la sentenza n. 234/2008 con la quale la Corte Costituzionale ha respinto la questione di costituzionalità dell’art. 2 del R.D.L. 19 gennaio 1939, n. 295 (e successive integrazioni e modificazioni), sottoposta al suo vaglio, confermando sostanzialmente che la prescrizione ivi prevista ha durata quinquennale (cfr. SS.RR., sentenza n. 16/2003/QM) - anche in ipotesi di crediti non ancora posti in riscossione - a decorrere dal giorno in cui il diritto stesso può essere fatto valere (art. 2 del R.D.L. n. 295/1939 come modificato dall’art. 2 della legge 7 agosto 1985, n. 428 ).

Con riferimento alla vicenda in esame, va considerato che parte ricorrente ha formulato istanza intesa ad ottenere la valorizzazione degli indicati benefici con nota del 13 settembre 2002, alla quale, come detto, l’amministrazione ha opponeva diniego con provvedimento dell’8 maggio 2007.

A quest’ultimo, però, il ricorrente non faceva seguire alcuna altra iniziativa a tutela del proprio diritto, almeno fino al 30 maggio del 2012 con apposita nota di richiesta inviata dalla “Fedelisima” in suo nome.

Del ricevimento di tale nota da parte dell’amministrazione intimata non vi è però prova in atti, così come non è provato il ricevimento di una successiva richiesta formulata il 10 agosto 2012.

La prova, invece, si ha per la richiesta inoltrata via posta certificata dal legale de ricorrente il 12 luglio 2016, per cui è a quest’ultima data che occorre necessariamente fare riferimento per la individuazione di un atto utile ai fini prescrizionali.

In conclusione sul punto, si deve quindi concretamente dichiarare la prescrizione di tutti i ratei maturati e non goduti alla data dell’11 luglio 2011.

Quanto alla regolamentazione delle spese, in relazione al disposto del novellato art. 92 c.p.c. e tenuto conto dei non univoci orientamenti giurisprudenziali sulla questione si reputano sussistenti i presupposti per la compensazione delle spese di giudizio.

P. Q. M.

Il Giudice delle pensioni presso la sezione Giurisdizionale per la Regione Calabria, definitivamente pronunciando,

A C C O G L I E

Il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, riconosce il diritto del signor P. M. ad ottenere, con decorrenza 12 luglio 2011 la rideterminazione del trattamento di quiescenza in godimento con inclusione, nella base pensionabile, del beneficio di cui agli artt. 117 e 120 del R.D. 31 dicembre 1928 n. 3458 in relazione alla l. 15 luglio 1950 n. 539 ed alla corresponsione dei ratei arretrati, maggiorati di rivalutazione monetaria e interessi legali, da liquidarsi secondo i principi di cui alla sentenza 10/QM/2002 delle SS.RR. della Corte dei conti, a far data dalla scadenza dei singoli ratei di spettanza sino all’effettivo soddisfo.

Dispone l’estromissione dell’Istituto previdenziale.

Spese compensate
Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Catanzaro all’udienza del 3 aprile 2017

IL GIUDICE
f.to Domenico Guzzi


Depositata in Segreteria il 03/04/2017



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Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

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Accolto.
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1) - Il ricorrente, in data 22.9.2007, veniva riconosciuto affetto da una lombosciatalgia destra con ernia discale L2-L3 e, quindi, in data 28.9.2007, inoltrava domanda per il riconoscimento della causa di servizio e dell’equo indennizzo.

2) - La CMO di Padova, con verbale modello BL/B n. ACMO II079313 del 10.6.2008, riconosceva il ricorrente affetto da “lombosciatalgia destra con ernia discale L2-L3”, ascrivendo la patologia all’8^ categoria della Tabella A.

3) - Il Ministero dell’Interno - ........., con relazione del 9.2.2012, provvedeva a chiedere al competente Comitato di Verifica per le Cause di Servizio il necessario parere in ordine alla dipendenza da causa di servizio della predetta patologia.

4) - Detto Comitato, con il parere n. 6362 del 15.10.2012, ometteva di esprimersi proprio sull’unica patologia ascritta a categoria.

5) - Pertanto, con nota ministeriale del 21.5.2015, veniva richiesto il riesame della pratica e solo in data 28.9.2015, il Comitato di Verifica emetteva il parere n. 13480/2015, con cui riconosceva la detta patologia come dipendente da causa di servizio.

6) - In data 27.1.2016, veniva notificato al ricorrente il decreto ......., con il quale il Ministero dell’Interno, conformandosi al predetto parere, riconosceva l’infermità: “lombosciatalgia destra con ernia discale L2-L3”, da cui è affetto il ricorrente, dipendente da causa di servizio.

7) - In data 9.5.2016, il ricorrente, quindi, chiedeva al Ministero dell’Interno – ......... l’incremento stipendiale vitalizio dell’1,25%, di cui alla legge n. 539 del 1950.

8) - L’istanza, con nota ministeriale del 21.9.2016, veniva inoltrata al Compartimento di Polizia Ferroviaria per OMISSIS, che, in data 11.10.2016, chiedeva chiarimenti al predetto Servizio in ordine all’applicazione dei suddetti benefici.

9) - Il Servizio, con nota del 14.11.2016, forniva i richiesti chiarimenti.

10) - In data 21.12.2016, con provvedimento notificato il 22.12.2016, il Compartimento Polizia Ferroviaria per OMISSIS chiudeva il procedimento negando al ricorrente i benefici richiesti, facendo proprie le conclusioni del Servizio, di cui alla nota 14.11.2016.

11) - Con memoria depositata in data 30.1.2017, si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno, che, dopo aver ricostruito i fatti di causa, eccepiva il difetto di giurisdizione di questa Corte.

12) - Secondo la resistente, riguardando la domanda il beneficio economico stipendiale attribuibile al personale che, in attività di servizio, abbia ottenuto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità sofferte, competente sarebbe il TAR.

13) - Con memoria depositata in data 6.3.2017, si costituiva in giudizio l’Avvocatura distrettuale dello Stato per il Ministero dell’Interno eccependo la prescrizione del diritto del ricorrente, ex art. 2956 c.c., che prevede la prescrizione triennale dei diritti del prestatore di lavoro, richiamando nel merito la relazione del Compartimento della Polizia Ferroviaria e concludendo per il rigetto del ricorso perché prescritto e, comunque, infondato.

LA CORTE DEI CONTI precisa:

14) - Preliminarmente, va respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione di questa Corte sollevata dal Ministero convenuto.

15) - La giurisprudenza non è altrettanto univoca nella individuazione del giudice competente in materia, essendo – per alcuni versi – affermato che il riconoscimento dei benefici, pur avendo riflessi pensionistici, attiene esclusivamente alla progressione stipendiale, mentre - per altri versi - essendo stata valorizzata la valutabilità di tali benefici ai fini pensionistici, con l’effetto - rispettivamente - di negare (cfr., tra l’altro, Sez. I, n. 180 del 2009) ovvero di affermare la giurisdizione della Corte dei conti (così Sez. II, n. 435 del 2010 e n. 166 del 2014).

16) - Tanto premesso, la controversia all’esame appartiene alla cognizione della Corte dei Conti, considerato che, per come interpretata la domanda da questo Giudice, nel caso di specie, è in discussione la spettanza o meno dei benefici previsti dalla predetta normativa ai soli fini della determinazione della base pensionabile e, quindi, ai soli fini pensionistici, senza cioè che la questione abbia una qualche incidenza sul rapporto di servizio (Corte dei Conti, Sez. II d’Appello, sent. n. 1064 del 28.12.2016; Sez. Giur. Sicilia, sent. n. 865 del 25.11.2016; Sez. Giur. Piemonte, sent. n. 10 dell’8.2.2016).

17) - Questo è quanto si verifica nel caso di specie, tenuto conto che il riconoscimento dei benefici di cui trattasi è stato richiesto dal ricorrente in data successiva alla cessazione dal servizio e ai fini della riliquidazione del trattamento pensionistico (Corte dei conti, Sez. Giur. Sicilia, n. 222/2015; Corte dei conti, Sez. Giur. Abruzzo, n. 564/2010, Corte dei conti, Sez. Giur. Puglia n. 1323/2013).

18) - Va, pertanto, affermata la giurisdizione della Corte dei conti.

19) - Per quanto premesso, non rilevano in sé i vizi del procedimento che ha condotto al diniego del beneficio richiesto o del provvedimento di diniego, ma piuttosto andrà valutato se il ricorrente sia effettivamente titolare del diritto vantato (Corte dei Conti, Sez. II d’Appello, sent. n. 1063 del 28.12.2015).

20) - Nel caso di specie, pertanto, per ragioni di economia processuale, anche se la formalizzazione del provvedimento del diniego del beneficio è intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso, atteso che comunque l’orientamento in tal senso era già stato comunicato al ricorrente dal Ministero, questo Giudice potrà e dovrà valutare della spettanza dei predetti benefici ai soli fini della riliquidazione del trattamento pensionistico, così come richiesto nel ricorso e precisato nella memoria integrativa del 23.12.2016.

21) - Le censure prospettate dal ricorrente in relazione al predetto diniego appaiono fondate in quanto il Ministero risulta aver erroneamente connesso l’erogazione dei benefici richiesti alla data del provvedimento conclusivo del procedimento di accertamento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio ovvero del decreto dirigenziale che, uniformandosi al parere del Comitato di Verifica, sancisce la dipendenza di quest’ultima infermità da causa di servizio, mentre la stessa avrebbe dovuto essere riconosciuta con decorrenza dalla data della domanda di accertamento della dipendenza da causa di servizio della patologia, proposta in costanza di servizio, nel 2007.

22) - Il presupposto per godere del beneficio, dunque, è che l'invalidità in questione sia stata contratta in servizio e per causa di servizio: (N.B. leggi direttamente in sentenza qui sotto)

23) - In ordine all’ipotesi in cui il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio sia intervenuto successivamente alla collocazione in congedo dell’interessato, ancorché la domanda di riconoscimento della causa di servizio sia stata presentata in data anteriore, il Giudice Amministrativo ha chiarito che " (N.B. leggi direttamente in sentenza qui sotto)

24) - In relazione a tale profilo, anche il Giudice contabile ha avuto modo di affermare che “ (N.B. leggi direttamente qui sotto in sentenza)

25) - Nella fattispecie, pertanto, la circostanza dell’avvenuto accertamento definitivo in epoca successiva al collocamento in congedo del nesso di dipendenza dell’infermità con il servizio - riconducibile alla tempistica del procedimento amministrativo, iniziato nel 2007 e concluso solo nel 2015, per cause tutte imputabili all’Amministrazione - non può in alcun modo riverberarsi sulla decorrenza degli effetti del predetto accertamento, che deve farsi risalire alla data della domanda o, al più, alla data del riconoscimento della malattia invalidante, intervenuto all’atto della visita medico legale presso il CMO nel 2008.

N.B.: leggi il punto n. 22.

N.B.: leggete il tutto qui sotto per meglio comprendere i motivi dell'accoglimento.
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VENETO SENTENZA 37 14/03/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
VENETO SENTENZA 37 2017 PENSIONI 14/03/2017


N°37/2017


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL VENETO

IL GIUDICE UNICO PER LE PENSIONI
Dott.ssa Giuseppina Mignemi ha pronunciato la seguente
SENTENZA N°

nel giudizio di pensione, iscritto al n. 30306/PC del registro di segreteria, promosso
ad istanza di

L. G. E., c.f.: OMISSIS, nato a OMISSIS, il OMISSIS e residente a OMISSIS;

contro
- MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro pro-tempore, con sede in Roma, Palazzo del Viminale, rappresentato e difeso dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Venezia e presso la stessa elettivamente domiciliato in Venezia, San Marco n. 63 ;

- POLIZIA DI STATO – COMPARTIMENTO DI POLIZIA FERROVIARIA PER OMISSIS, in persona del legale rappresentante pro-tempore con sede a Verona, Viale Piave n. 12/A;

VISTI gli atti e documenti di causa;
UDITE, all’udienza del 14.3.2017, le parti presenti per come risulta dal verbale di udienza;

FATTO

L. G. E. è stato dipendente della Polizia di Stato dal 1981 sino al collocamento a riposo in data 19.3.2013.

Il ricorrente, in data 22.9.2007, veniva riconosciuto affetto da una lombosciatalgia destra con ernia discale L2-L3 e, quindi, in data 28.9.2007, inoltrava domanda per il riconoscimento della causa di servizio e dell’equo indennizzo.

La CMO di Padova, con verbale modello BL/B n. ACMO II079313 del 10.6.2008, riconosceva il ricorrente affetto da “lombosciatalgia destra con ernia discale L2-L3”, ascrivendo la patologia all’8^ categoria della Tabella A.

Il Ministero dell’Interno - Dipartimento della Pubblica Sicurezza - Direzione Centrale per le Risorse Umane - Servizio Trattamento di Pensione e Previdenza, con relazione del 9.2.2012, provvedeva a chiedere al competente Comitato di Verifica per le Cause di Servizio il necessario parere in ordine alla dipendenza da causa di servizio della predetta patologia.

Detto Comitato, con il parere n. 6362 del 15.10.2012, ometteva di esprimersi proprio sull’unica patologia ascritta a categoria.

Pertanto, con nota ministeriale del 21.5.2015, veniva richiesto il riesame della pratica e solo in data 28.9.2015, il Comitato di Verifica emetteva il parere n. 13480/2015, con cui riconosceva la detta patologia come dipendente da causa di servizio.

In data 27.1.2016, veniva notificato al ricorrente il decreto n. 2720/15-R del 28.10.2015, con il quale il Ministero dell’Interno, conformandosi al predetto parere, riconosceva l’infermità: “lombosciatalgia destra con ernia discale L2-L3”, da cui è affetto il ricorrente, dipendente da causa di servizio.

In data 9.5.2016, il ricorrente, quindi, chiedeva al Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza- Direzione Centrale per le Risorse Umane – Servizio Trattamento di Pensione e Previdenza l’incremento stipendiale vitalizio dell’1,25%, di cui alla legge n. 539 del 1950.

L’istanza, con nota ministeriale del 21.9.2016, veniva inoltrata al Compartimento di Polizia Ferroviaria per OMISSIS, che, in data 11.10.2016, chiedeva chiarimenti al predetto Servizio in ordine all’applicazione dei suddetti benefici.

Il Servizio, con nota del 14.11.2016, forniva i richiesti chiarimenti.

In data 21.12.2016, con provvedimento notificato il 22.12.2016, il Compartimento Polizia Ferroviaria per OMISSIS. chiudeva il procedimento negando al ricorrente i benefici richiesti, facendo proprie le conclusioni del Servizio, di cui alla nota 14.11.2016.

Con atto depositato in data 5.12.2016, L. G. E. proponeva ricorso innanzi a questa Corte rassegnando le seguenti conclusioni: “Voglia l’Ecc.ma Corte adita respingere tutte le eccezioni contrarie, in accoglimento del presente ricorso:

• Annullare il provvedimento del Ministero dell'Interno r. 333/H/15758/B del 14/11/2016 col quale è stato negato il beneficio dell'incremento stipendiale dell'1,25 di cui alla legge nr. 539/1950 (all. A)

• Dichiarare il decreto ministeriale 2720/15-R del 28/10/2015 (all. B) emesso tardivamente rispetto ai termini di conclusione del procedimento

• Per i motivi in fatto e in diritto sopra indicati, dichiarare il diritto del ricorrente all’attribuzione dei benefici di cui alla legge 539/50 e successive modifiche ed integrazioni dalla data del verbale della Commissione Medica Ospedaliera di Padova emesso in data 10.06.2008, per l’effetto dichiarare il riconoscimento del diritto del ricorrente ad ottenere la rideterminazione del trattamento di pensione in godimento mediante l’attribuzione dei benefici di cui alla legge 539/50 per infermità dipendente da causa di servizio (attribuzione di uno scatto stipendiale nella misura dell’1,25% essendo stato riscontrato affetto da infermità riconoscibile dipendente da causa di servizio e ascritta alla 8^ categ.)

• Riconoscere ogni altro diritto pensionistico direttamente dipendente all’infermità riconosciuta dipendente da causa di servizio con decorrenza dalla data di collocamento a riposo

• Condannare l’Amministrazione alla corresponsione delle somme arretrati relative ai ratei di uno scatto stipendiale nella misura del 1,25 e delle somme relative ai ratei di pensione arretrati sino alla data di collocamento a riposo, oltre alla maggiore somma tra interessi legali e rivalutazione monetaria alla data di maturazione del credito al saldo.”.

Con memoria integrativa depositata in data 23.12.2016, il ricorrente rappresentava quanto segue: “Dopo l'emanazione del provvedimento del Ministero dell'Interno impugnato con ricorso depositato in data 05.12.2016, in data 22.12.2016 è intervenuto un ulteriore provvedimento di rigetto da parte del Compartimento Polizia Ferroviaria per OMISSIS ove l'istanza dei benefici di cui alla legge 539/50 era stata presentata .

Tale ultimo provvedimento è stato emanato dopo un iter amministrativo farraginoso le cui sequenze vengono qui di seguito rappresentate.

La richiesta dei benefici di cui alla legge 539/50 era stata inoltrata all'Amministrazione locale di Verona ove il ricorrente prestava servizio, la quale con nota 2.12/2464 del 7.06.2016 informava il richiedente che l'istanza era stata inoltrata al competente ufficio del Ministero dell'Interno per le opportune determinazioni ( atto depositato con ricorso)

Il 21.09.2016 con nota 333/H/15758/B, il Ministero dell'Interno, con le testuale espressione : <<[... ] ciò premesso, trattandosi di richiesta che ha riflessi sul trattamento in attività di servizio, si trasmette copia della stessa per l'esame e le determinazioni di competenza>> restituisce all'amministrazione locale la suddetta richiesta informandola delle proprie competenze e quindi di esprimere le dovute determinazioni ( atto già depositato con ricorso)

L'espressione dianzi scritta non veniva compresa dall'Ufficio della Polizia di Stato di Verona che a sua volta richiedeva all'amministrazione centrale ulteriori chiarimenti con nota 2.12/5039 del 11.10.2016 .( atto già depositato con ricorso)

Considerato che le note dianzi scritte erano state inviate anche all'attore per conoscenza, il medesimo interveniva a difesa dei propri diritti con nota del 13.10.2016.( all.6B)

In data 14.11.2016 il Ministero dell'Interno con nota 333/H115578/B forniva il preteso chiarimento e, contestualmente rappresentava all'attore che l'attribuzione dei benefici non poteva essere concessa.

Il tenore di quest'ultima nota Ministeriale appariva conclusiva sia per i tempi verbali adottati sia perché concludeva con una espressione di diniego diretta all'attore e infine perché non veniva ulteriormente ribadito l'invito rivolto all'amministrazione locale di procedere alle determinazioni di competenza.

Quanto sopra rappresentato ha indotto il ricorrente a dedurre che il provvedimento del Ministero dell'Interno era definitivo anche in ragione dell'eccessivo tempo trascorso dalla domanda (giorni 189) e inoltre perché dopo tale provvedimento è susseguito un lungo periodo di silenzio da parte dell' amministrazione locale.

Per quanto sopra, l'attore in data 05.12.2016 depositava presso Codesta Cancelleria il ricorso avverso il provvedimento di diniego dei benefici di cui alla legge 539/50.

In data 07.12.2016 il Compartimento di Polizia Ferroviaria di OMISSIS notificava al ricorrente una comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza ( alI. 1B).

(…) Il nuovo provvedimento emesso dopo 227 giorni dalla presentazione della domanda, ha carattere meramente confermativo rispetto al precedente atto impugnato -perché adottato sulla medesima valutazione degli stessi elementi, quindi privo di nuova istruttoria e privo di nuovi elementi lesivi.

Esso, dunque, non è suscettibile di 'autonoma' impugnazione e gli elementi rappresentati nei motivi in diritto posti alla base del ricorso valgono anche per il nuovo provvedimento di rigetto.

Premesso quanto sopra, il ricorrente

CONCLUDE

Voglia Codesta Ecc.ma Corte annullare il provvedimento di rigetto N.2.12/6963 emesso in data 22.12.2016 dal Compartimento Polizia Ferroviaria per OMISSIS per i motivi in diritto già esposti in ricorso e per ogni altro motivo che verrà dedotto da quanto sopra rappresentato.”.

Con nota depositata in data 12.1.2017, il Compartimento di Polizia Ferroviaria per OMISSIS precisava, tra l’altro, che la nota n. 333/H/15758/B del 14.11.2016 del Ministero dell’Interno, impugnata dal ricorrente, non era il provvedimento di diniego del beneficio, ma solo un parere reso al Compartimento di Polizia Ferroviaria innanzi detto, organo competente per la emanazione dello stesso, che provvedeva a formalizzare il predetto diniego con decreto del dirigente del 21.12.2016, notificato al ricorrente il 22.12.2016.

Con memoria depositata in data 30.1.2017, si costituiva in giudizio il Ministero dell’Interno, che, dopo aver ricostruito i fatti di causa, eccepiva il difetto di giurisdizione di questa Corte.

Secondo la resistente, riguardando la domanda il beneficio economico stipendiale attribuibile al personale che, in attività di servizio, abbia ottenuto il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio delle infermità sofferte, competente sarebbe il TAR.

Nel merito, il Ministero ribadiva la legittimità del provvedimento e la conformità dello stesso all’orientamento espresso in materia dalla Presidenza del Consiglio e dal Ministero dell’Economia e delle Finanze.

Concludeva il Ministero chiedendo in via principale l’inammissibilità del ricorso per difetto di giurisdizione ed in via subordinata, il rigetto, con compensazione delle spese di giudizio.

Con memoria depositata in data 6.3.2017, si costituiva in giudizio l’Avvocatura distrettuale dello Stato per il Ministero dell’Interno eccependo la prescrizione del diritto del ricorrente, ex art. 2956 c.c., che prevede la prescrizione triennale dei diritti del prestatore di lavoro, richiamando nel merito la relazione del Compartimento della Polizia Ferroviaria e concludendo per il rigetto del ricorso perché prescritto e, comunque, infondato. Con vittoria di spese.

All’udienza del 14.3.2017, la causa passava in decisione.

DIRITTO

La questione sottoposta alla cognizione di questo Giudice attiene all’accertamento dell’asserita spettanza, in capo al ricorrente, dei benefici previsti dalla legge n. 539 del 1950, in relazione alla patologia “lombosciatalgia destra con ernia discale L2-L3”, giudicata causalmente connessa all’attività di servizio L. G. E., ai soli fini della riliquidazione della pensione.

Preliminarmente, va respinta l’eccezione di difetto di giurisdizione di questa Corte sollevata dal Ministero convenuto.

Al riguardo si deve premettere che, in virtù dell’art. 1 della legge n. 539 del 1950, spetta agli invalidi per servizio (equiparati a tal fine agli invalidi di guerra) l’abbreviazione dell’anzianità di servizio necessaria per la maturazione degli aumenti periodici di stipendio di due anni o di un anno, a seconda che l’invalidità sia ascritta alle prime sei oppure alle ultime due categorie della Tabella A.

Secondo ormai pacifica giurisprudenza, il beneficio si traduce nell’applicazione alla base retributiva della ragione percentuale del 2,50% (per infermità ascrivibili dalla prima alla sesta) o dell’1,25% (per infermità ascrivibili alla settima e all’ottava categoria) (Corte dei Conti, Sez. II d’Appello, sent. n. 1064 del 28.12.2016).

La giurisprudenza non è altrettanto univoca nella individuazione del giudice competente in materia, essendo – per alcuni versi – affermato che il riconoscimento dei benefici, pur avendo riflessi pensionistici, attiene esclusivamente alla progressione stipendiale, mentre - per altri versi - essendo stata valorizzata la valutabilità di tali benefici ai fini pensionistici, con l’effetto - rispettivamente - di negare (cfr., tra l’altro, Sez. I, n. 180 del 2009) ovvero di affermare la giurisdizione della Corte dei conti (così Sez. II, n. 435 del 2010 e n. 166 del 2014).

Tanto premesso, la controversia all’esame appartiene alla cognizione della Corte dei Conti, considerato che, per come interpretata la domanda da questo Giudice, nel caso di specie, è in discussione la spettanza o meno dei benefici previsti dalla predetta normativa ai soli fini della determinazione della base pensionabile e, quindi, ai soli fini pensionistici, senza cioè che la questione abbia una qualche incidenza sul rapporto di servizio (Corte dei Conti, Sez. II d’Appello, sent. n. 1064 del 28.12.2016; Sez. Giur. Sicilia, sent. n. 865 del 25.11.2016; Sez. Giur. Piemonte, sent. n. 10 dell’8.2.2016).

Giova sul punto rammentare l’orientamento costantemente espresso dal Giudice regolatore della giurisdizione, secondo cui la giurisdizione della Corte dei Conti in materia di pensioni attiene - a norma degli artt. 13 e 62 del R.D. n. 1214 del 1934 - al contenuto dei provvedimenti che concedono, rifiutano o riducono la pensione, ledendo il diritto dell’ex dipendente in ordine all’an ed al quantum di essa, ed ha quindi per oggetto ogni questione relativa agli elementi formativi del diritto alla pensione e alle condizioni che determinano il diritto stesso in relazione all’ammontare e alla durata dell’assegno pensionistico, ancorché la decisione implichi un’indagine sul contenuto degli atti amministrativi attributivi dell’assegno, non influendo tale indagine sul pregresso rapporto di lavoro ma solo sul trattamento pensionistico; con la conseguenza che sussiste la giurisdizione della Corte dei Conti allorché non si controverta sulla legittimità di provvedimenti che incidono sul rapporto di servizio, ma soltanto della determinazione della pensione in applicazione di benefici economici che andrebbero concessi ai soli fini pensionistici (cfr. Cass. SS.UU. n. 12722 del 2005 e n. 12 del 2007 e giurisprudenza ivi richiamata).

Questo è quanto si verifica nel caso di specie, tenuto conto che il riconoscimento dei benefici di cui trattasi è stato richiesto dal ricorrente in data successiva alla cessazione dal servizio e ai fini della riliquidazione del trattamento pensionistico (Corte dei conti, Sez. Giur. Sicilia, n. 222/2015; Corte dei conti, Sez. Giur. Abruzzo, n. 564/2010, Corte dei conti, Sez. Giur. Puglia n. 1323/2013).

Va, pertanto, affermata la giurisdizione della Corte dei conti.

Ancora, preliminarmente, va chiarito che il giudizio pensionistico innanzi alla Corte dei Conti non ha struttura impugnatoria e non è preordinato all’annullamento degli atti adottati dalla Pubblica Amministrazione, in relazione al rapporto dedotto in giudizio.

Esso si sostanzia, piuttosto, in una cognizione piena sul rapporto pensionistico dedotto in giudizio, nel cui ambito questo Giudice è munito di giurisdizione esclusiva, in quanto tale estesa a tutte le questioni inerenti l’an e il quantum della pensione, rimanendo esclusa ogni incidenza in merito ad eventuali vizi di legittimità di atti amministrativi.

Per quanto premesso, non rilevano in sé i vizi del procedimento che ha condotto al diniego del beneficio richiesto o del provvedimento di diniego, ma piuttosto andrà valutato se il ricorrente sia effettivamente titolare del diritto vantato (Corte dei Conti, Sez. II d’Appello, sent. n. 1063 del 28.12.2015).

Nel caso di specie, pertanto, per ragioni di economia processuale, anche se la formalizzazione del provvedimento del diniego del beneficio è intervenuta successivamente alla proposizione del ricorso, atteso che comunque l’orientamento in tal senso era già stato comunicato al ricorrente dal Ministero, questo Giudice potrà e dovrà valutare della spettanza dei predetti benefici ai soli fini della riliquidazione del trattamento pensionistico, così come richiesto nel ricorso e precisato nella memoria integrativa del 23.12.2016.

Nel merito, il ricorso deve essere accolto.

In base agli artt. 117 e 120 del R.D. n. 3458 del 1928, nonché dell’art. 1 della legge n. 539 del 1950, spetta agli invalidi per servizio (equiparati a tal fine agli invalidi di guerra) l’abbreviazione dell’anzianità di servizio necessaria per la maturazione degli aumenti periodici di stipendio di due anni o di un anno, a seconda che l’invalidità sia ascritta alle prime sei oppure alle ultime due categorie della Tabella A, allegata al decreto del Presidente della Repubblica 23 dicembre 1978, n. 915.

Il beneficio in parola si traduceva, quindi, originariamente, in un’abbreviazione del tempo necessario alla maturazione del successivo aumento stipendiale. Successivamente, con il venir meno del meccanismo di progressione economica fondato sulle classi e sugli scatti biennali (cfr. decreto del Presidente della Repubblica 10 aprile 1987, n. 150 con soppressione a decorrere dal 1 gennaio 1987) e la sostituzione con la retribuzione individuale di anzianità, il nuovo sistema retributivo ha posto il problema del permanere della possibilità di applicare il beneficio per cui è causa.

La consolidata giurisprudenza (sulla base dell’indirizzo fornito dal Consiglio di Stato) ha chiarito che il beneficio in questione si concretizza ora nell’attribuzione di una somma pari al 2,50% del valore iniziale della retribuzione del livello posseduto dall’invalido con infermità ascritta alle prime sei categorie, o nella concessione di una somma pari all’1,25% agli invalidi ascritti alle ultime due categorie (secondo quanto anche recepito dall’art.1801, d.lgs. n. 66/2010).

Le censure prospettate dal ricorrente in relazione al predetto diniego appaiono fondate in quanto il Ministero risulta aver erroneamente connesso l’erogazione dei benefici richiesti alla data del provvedimento conclusivo del procedimento di accertamento della dipendenza dell’infermità da causa di servizio ovvero del decreto dirigenziale che, uniformandosi al parere del Comitato di Verifica, sancisce la dipendenza di quest’ultima infermità da causa di servizio, mentre la stessa avrebbe dovuto essere riconosciuta con decorrenza dalla data della domanda di accertamento della dipendenza da causa di servizio della patologia, proposta in costanza di servizio, nel 2007.

Come sopra accennato, l’art. 1 della l. n. 539/1950 estende i benefici di cui agli artt. 117 e 120 del Regio Decreto n. 3458/1928 prevedendo che “i benefici spettanti, secondo le vigenti disposizioni, ai mutilati ed agli invalidi di guerra, nonché ai congiunti dei caduti in guerra, si applicano anche ai mutilati ed invalidi per servizio ed ai congiunti dei caduti per servizio”.

A norma del successivo art. 3, "agli effetti della presente legge si considerano mutilati od invalidi per servizio coloro che, alle dirette dipendenze dello Stato e degli enti locali territoriali e istituzionali, hanno contratto, in servizio e per causa di servizio militare o civile, debitamente riconosciuta, mutilazioni od infermità ascrivibili ad una delle categorie di cui alla tabella A, annessa alla legge 19 febbraio 1942, n. 137".

Il presupposto per godere del beneficio, dunque, è che l'invalidità in questione sia stata contratta in servizio e per causa di servizio: elementi pacifici nella fattispecie. Recentemente parte della giurisprudenza amministrativa ha avuto modo di dichiarare l’illegittimità dei provvedimenti con i quali l’Amministrazione ha ritenuto di interpretare i predetti requisiti normativamente individuati considerandovi ricompreso anche quello di essere l'accertamento avvenuto in costanza di servizio (Cons. St., IV, n. 3468/2013; id. n. 1881/2011).

Il Consiglio di Stato ha precisato sul punto che, se è vero che in passato un filone giurisprudenziale aveva accolto la prospettazione del Ministero sul presupposto del carattere costitutivo dell'accertamento compiuto dalla commissione medica, tuttavia il predetto orientamento va disatteso posto che lo stesso “… in disparte le circolari richiamate dall'Amministrazione, che non possono certo derogare quanto disposto da una fonte primaria - subordina il beneficio a un requisito ulteriore, non previsto dalla legge (la quale solo pone l'ovvia condizione che l'invalidità sia "debitamente riconosciuta"), contraddice senza chiara motivazione a evidenti esigenze di solidarietà e si pone in contrasto con l'interpretazione resa a suo tempo dalla Commissione speciale dello stesso Consiglio di Stato, (…)”; ha quindi ritenuto insussistente la necessità che “l’invalidità sia accertata durante il servizio” (Cons. St., IV, n. 3468/2013).

In ordine all’ipotesi in cui il riconoscimento della dipendenza da causa di servizio sia intervenuto successivamente alla collocazione in congedo dell’interessato, ancorché la domanda di riconoscimento della causa di servizio sia stata presentata in data anteriore, il Giudice Amministrativo ha chiarito che “ …a differenza di quanto affermato dal Ministero della Difesa gli effetti del provvedimento del Comitato di verifica per le cause di servizio non possono che retroagire alla data considerata nella domanda dell’interessato, da intendersi a sua volta quale atto interruttivo della prescrizione dei diritti patrimoniali anzidetti, vincolando in tal modo l’Amministrazione medesima alla conseguente ricostruzione della posizione retributiva e, conseguentemente, pensionistica dell’interessato medesimo” (Cons. St., IV, 1881/2011), aggiungendo, altresì, che l'Amministrazione “non può - ora - legittimamente invocare a supporto del provvedimento di diniego dei benefici medesimi il tempo impiegato per istruire e decidere la domanda di riconoscimento della causa di servizio: tempo - tra l'altro - eclatantemente maggiore rispetto ai termini - sia pure non perentori - fissati per la conclusione del relativo procedimento e che, nondimeno, dovrebbe in via del tutto illogica, e in ben evidente contrasto rispetto al principio fondamentale del "buon andamento" dell'azione amministrativa (art. 97 Cost.; cfr., altresì, l'attuale testo dell'art. 1 della L. 7 agosto 1990 n. 241), ritorcersi addirittura a discapito del presentatore della domanda” (Cons. St., IV, n. 1881/2011).

In relazione a tale profilo, anche il Giudice contabile ha avuto modo di affermare che “…certamente la contestualità del verbale della CMO rispetto al rapporto di servizio non può essere considerata condicio sine qua non nel caso di domande presentate in costanza del rapporto di servizio” (Corte dei conti, Sez. per la Regione Siciliana, n. 1539/2010), osservando, altresì, che “…rigettare l’istanza del ricorrente perché la constatazione della dipendenza da causa di servizio della infermità di cui lo stesso era affetto è avvenuta dopo la cessazione dal servizio, sebbene il procedimento sia stato tempestivamente attivato, significherebbe addossare ingiustamente al privato cittadino le inerzie ed il mal funzionamento della Pubblica Amministrazione” (Corte dei conti, Sez. per la Regione Siciliana, n. 1539/2010; Corte dei conti, Sez. Giur. Sicilia, sent. n. 222/2015 e sent. n. 867 del 25.11.2016 ).

Nella fattispecie, pertanto, la circostanza dell’avvenuto accertamento definitivo in epoca successiva al collocamento in congedo del nesso di dipendenza dell’infermità con il servizio - riconducibile alla tempistica del procedimento amministrativo, iniziato nel 2007 e concluso solo nel 2015, per cause tutte imputabili all’Amministrazione - non può in alcun modo riverberarsi sulla decorrenza degli effetti del predetto accertamento, che deve farsi risalire alla data della domanda o, al più, alla data del riconoscimento della malattia invalidante, intervenuto all’atto della visita medico legale presso il CMO nel 2008.

Possono quindi ritenersi soddisfatti i presupposti per il riconoscimento del beneficio, di cui alla l. n. 539 / 1950, richiesto ai fini pensionistici.

La giurisprudenza formatasi in materia ha sul punto statuito che “…trattandosi di maggiorazioni stipendiali , ossia di incrementi che operano direttamente sullo stipendio - il momento genetico del diritto (e la relativa decorrenza) va collocato nel periodo di espletamento del servizio e non in quello di quiescenza e che - essendo il beneficio concedibile d’ufficio - la relativa domanda è ammissibile anche se presentata dal dipendente in stato di quiescenza, purché il riconoscimento della malattia invalidante sia avvenuto in attività di servizio” (ex plurimis Corte dei conti, Sez. Sicilia, n. 204/2015, che richiama il parere n. 452/1999 reso dalla Commissione speciale pubblico impiego del Consiglio di Stato).

Non può accogliersi, poi, l’eccezione di prescrizione sollevata dall’Avvocatura dello Stato, atteso che, per un verso, solo in data 27.1.2016, veniva notificato al ricorrente il decreto n. 2720/15-R del 28.10.2015, con il quale il Ministero dell’Interno, conformandosi al predetto parere, riconosceva l’infermità: “lombosciatalgia destra con ernia discale L2-L3”, da cui è affetto il ricorrente, dipendente da causa di servizio (presupposto per il riconoscimento dei benefici richiesti) e già in data 9.5.2016, il ricorrente chiedeva al Ministero dell’Interno – Dipartimento della Pubblica Sicurezza- Direzione Centrale per le Risorse Umane – Servizio Trattamento di Pensione e Previdenza l’incremento stipendiale vitalizio dell’1,25%, di cui alla legge n. 539 del 1950.

Laddove, per quanto innanzi già chiarito, peraltro, “gli effetti del provvedimento del Comitato di verifica per le cause di servizio non possono che retroagire alla data considerata nella domanda dell’interessato, da intendersi a sua volta quale atto interruttivo della prescrizione dei diritti patrimoniali anzidetti, vincolando in tal modo l’Amministrazione medesima alla conseguente ricostruzione della posizione retributiva e, conseguentemente, pensionistica dell’interessato medesimo” (Cons. St., IV, 1881/2011).

Conclusivamente, deve essere quindi riconosciuto il diritto del ricorrente ad ottenere la riliquidazione della pensione con il computo del predetto beneficio richiesto, con pagamento delle competenze arretrate, maggiorate di interessi legali e rivalutazione monetaria sino al soddisfo, secondo i principi di cui alla sentenza delle Sezioni Riunite della Corte dei conti, n. 10/QM/2002.

La complessità della materia e l’orientamento giurisprudenziale non uniforme giustificano la integrale compensazione delle spese.

P.Q.M.

La Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale Regionale per il Veneto, in composizione monocratica con funzioni di Giudice Unico per le Pensioni, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso e, per l’effetto, riconosce il diritto di L. G. E. ad ottenere la rideterminazione del trattamento di quiescenza in godimento con inclusione, nella base pensionabile, del beneficio di cui alla l. 15 luglio 1950 n. 539 ed alla corresponsione delle quote dei ratei arretrati, maggiorate di rivalutazione monetaria e interessi legali, da liquidarsi secondo i principi di cui alla sentenza 10/QM/2002 delle SS.RR. della Corte dei conti, a far data dalla scadenza dei singoli ratei di spettanza sino all’effettivo soddisfo.

Spese compensate.

Così deciso in Venezia, 14.3.2017

IL GIUDICE
F.to Dott.ssa Giuseppina Mignemi


Il G.U.P. ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 n. 196, avente ad oggetto “Codice in materia di protezione di dati personali”
Dispone
Che a cura della Segreteria venga apposta l’annotazione di cui al comma 3 di detto art. 52 nei riguardi del ricorrente e se esistenti del dante causa e degli aventi causa.
Il Giudice Unico delle Pensioni
F.to Dott.ssa Giuseppina Mignemi


Depositata in Segreteria il 14/03/2017

Il Funzionario preposto
F.to Nadia Tonolo

In esecuzione del provvedimento del G.U.P. ai sensi dell’art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione, omettere le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa.

Venezia, 14/03/2017

Il Funzionario preposto
F.to Nadia Tonolo
Sempreme064
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Iscritto il: mar ago 26, 2014 3:01 pm

Re: Benefici economici di cui agli arrt. 117 e 120.

Messaggio da Sempreme064 »

Si percepiscono i benefici art 117 e 120 quando sei in pensione? Sulla base delle risposte positive in quanto mi risulta di si..ci sarà seguito..
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