Avvio del fondo pensionistico complementare

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Folgore77
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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da Folgore77 »

panorama ha scritto: mar giu 16, 2020 10:50 am Mettiamo il caso che l'avvocato deposita il ricorso alla CdC (quindi bisogna tirare fuori i primi soldi) e a Settembre 2020 la Corte di Cassazione dice che è competente il Tar che si fa? Poi bisognerà tirare fuori altri soldi per il TAR.

Identico problema potrebbe essere viceversa.

La sentenza della CdC di Bari che oggi viene tanta cantata, nell'ipotesi che la Corte di Cassazione afferma che la competenza invece è del TAR con un semplice Appello viene subito ribaltata e le persone hanno perso tempo e soldi dati.

Ma poi bisogna vedere da quando "eventualmente" il giudice farà decorrere la data del risarcimento che non potrà mai essere retrodatata al 1996, perché poi si inventeranno la "prescrizione" o che le casse dello Stato sono vuote.

Attenzione e attenzione.
Considerazioni giustissime. Io attenderei la pronuncia della Cassazione, la quale dovrà decidere se è competente il TAR o la CdC.
In ogni caso, sarà una lunga battaglia perché, o in un caso (CdC) o nell'altro (TAR) poi inizierà il solito stucchevole film di appelli/ impugnazioni. E questo proprio perché "le Casse dello Stato sono vuote" (quando devono decidere su ricorsi nei quali abbiamo palesemente ragione).
Io prevedo che finiremo alla CEDU...


panorama
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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da panorama »

Andra ha finire sicuramente come i ricorsi sui blocchi contrattuali, che anche la CEDU, ha dato ragione allo Stato, perché era crisi.
Folgore77
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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da Folgore77 »

Gemgen61 ha scritto: mar giu 16, 2020 12:41 pm La vera questione importante e di reale convenienza è quella relativa ai tempi di cui avrà bisogno la giustizia per decidere.
Se si allungheranno, allora ci potrà essere un'altra puntata delle istanze sulla Legge PINTO, che hanno costituito l'unico vantaggio per alcuni ricorrenti, per non parlare dell'avvocato.
Proprio per questo motivo, mi sto chiedendo se il tempo intercorso dal sollecito del Commissario ad Acta (anno 2014) ad oggi, può essere computato ai fini della richiesta ex Legge Pinto. Si parlerebbe di ulteriori 6 anni di attesa, senza che le parti in causa abbiano ottemperato all'avvio (e conclusione) dell'attività negoziale.
Che poi questo sia l'unico vantaggio per noi ed i legali, a questo punto è anche giusto così!
Del resto, se le cose funzionassero correttamente, avrebbero avviato i fondi 24 anni fa, oppure, dopo 24 anni di mancato avvio, non ci dovrebbe essere alcuna titubanza nel risarcirci per il danno previdenziale cagionato.
naturopata
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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da naturopata »

Risarcimento danni accolto, tuttavia i GUP Reali è solito fare sentenze irrimediabilmente ribaltate in appello. Detto ciò, aspetterei l'appello, visto che probabilmente questa sentenza ora verrà smerciata come oro colato.

Sezione: SEZIONE GIURISDIZIONALE PUGLIA
Esito: SENTENZA
Numero: 207
Anno: 2020
Materia: PENSIONISTICA
Data pubblicazione: 18/05/2020
Codice ecli: ECLI:IT:CONT:2020:207SGPUG
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI Sent 207/2020
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA PUGLIA
In composizione monocratica
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 30956 del registro di segreteria, proposto dal Sig.re XXX ( n. a
XXX il XXX ) – rapp.to e difeso dall’avv. Pierpaolo Petruzzelli e con lui elettivamente
domiciliato presso il suo studio sito in Bari alla via Dante n.33, giusta procura a margine.
contro
I.N.P.S.- Gestione Dipendenti Pubblici;
Ministero della Difesa;
Uditi alla pubblica udienza del 20 dicembre 2019 l’avv. Pierpaolo Petruzzelli, per il
ricorrente, e l’avv. Giuseppe Borrelli, per l’Istituto di Previdenza, i quali si sono riportati
agli scritti depositati.
Visto il ricorso in epigrafe, depositato in data 23 ottobre 2011;
Esaminati gli atti e la documentazione tutta della causa.
Considerato in
FATTO
1.Con ricorso ritualmente depositato e notifcato alle amministrazioni in epigrafe
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indicate, il Sig. XXX, premesso di prestare servizio nelle Forze Armate dal 21.5.1989, alle
dipendenze dell’Aeronautica Militare, chiede, previa eventuale declaratoria di
incostituzionalità della L. 335/1995 in parte qua, il riconoscimento del diritto al sistema
previdenziale retributivo e, in subordine, al sistema previdenziale retributivo fno all’avvio
della previdenza complementare per il personale militare; con la condanna del Ministero
della Difesa e dell’I.N.P.D.A.P. al risarcimento dei danni conseguenti al mancato
tempestivo avvio delle necessarie procedure negoziali. Il tutto con vittoria di spese, diritti
ed onorari.
L’avv. Petruzzelli espone che, a oltre 15 anni dall’entrata in vigore della c.d. Legge Dini ( L.
n.335 del 1995 ), il personale militare è ancora in attesa della istituzione della previdenza
complementare. In particolare, ad essere penalizzato è il personale che ha maturato alla
data del 31.12.1995 una anzianità contributiva non superiore a 18 anni, in quanto la
pensione viene calcolata con il sistema contributivo. Per effetto della mancata o
ritardata previsione di meccanismi di previdenza complementare si determina, dunque,
un danno rilevante per il personale militare.
2.Nella memoria di costituzione, depositata in data 23 febbraio 2016, l’Istituto di
Previdenza ha eccepito che l’art. 1, comma 23, della L. 8.8.1995, n.335 – come
interpretato autenticamente dall’art. 2 del D.L. 28.9.2001, n.355, convertito nella L.
27.11.2001, n.41 – ha previsto che possono optare per il regime contributivo tutti coloro
che possano far valere 15 anni di contribuzione, di cui almeno 5 maturati a partire
dall’1.1.1996. L’art. 2 ha, tuttavia, riconosciuto la validità delle domande presentate,
prima della entrata in vigore del D.L. n.355 cit. ( 1.10.2011), da dipendenti con anzianità
superiore a 18 anni, calcolata alla data del 31.12.1995. Il ricorrente ha presentato
domanda di opzione per il calcolo della pensione con il sistema contributivo che non è
accoglibile per le ragioni di mancato adeguamento normativo della previdenza
complementare. L’I.N.P.S. ha, altresì, eccepito il difetto di legittimazione passiva.
3.1.Il Ministero della Difesa si è costituito in giudizio con memoria pervenuta in
segreteria in data 22 febbraio 2016, eccependo la inammissibilità del ricorso in quanto
l’interessato è in costanza di servizio dal 21.5.1989 e, quindi, per mancanza di
legittimazione ad agire e carenza di interesse.
3.2.Con memoria integrativa pervenuta in segreteria in data 28 novembre 2016, il
Ministero della Difesa ha ribadito l’eccezione di difetto di legittimazione ad agire, in
quanto il ricorrente è privo della titolarità di un interesse concreto in seno al
procedimento, tale da implicare il suo diritto di partecipazione allo stesso, essendo
materia che ai sensi dell’art. 2, comma 1, lett. b), D.Lgs n.195/1995 è riservata alla
contrattazione tra le parti ministeriali e le rappresentanze sindacali. L’interessato è,
quindi, portatore solo di un interesse indiretto in relazione alla entrata in vigore del nuovo
regime pensionistico e contributivo.
Si osserva che la responsabilità di dare avvio alla procedura di concertazione
previdenziale compete al Dipartimento della Funzione Pubblica e in tale quadro il
Governo, a margine del provvedimento di concertazione relativo al biennio 2008-2009,
siglato nel settembre 2010, aveva sottoscritto un impegno fnalizzato ad attivare, in
tempi ragionevolmente contenuti, un tavolo tecnico presso il Dipartimento della
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Funzione Pubblica per dare impulso all’istituzione di forme di previdenza complementare
nell’ambito del Comparto Sicurezza. Il Ministro della Difesa aveva chiesto, con due
missive inviate a febbraio ed a novembre 2010 al Ministro per la Pubblica
Amministrazione e l’Innovazione di attivare all’uopo un tavolo tecnico presso il
Dipartimento della Funzione Pubblica. Pur avendo il Governo accolto, nel mese di
maggio 2012, una mozione, approvata dal Senato, con la quale si impegnava ad avviare
forme pensionistiche complementari per il personale del Comparto Difesa-Sicurezza, in
mancanza delle procedure di negoziazione e concertazione previste dalla legge sopra
richiamata quale strumento per addivenire all’attivazione della “previdenza
complementare”, l’Amministrazione della Difesa non ha alcuna possibilità di procedere in
tal senso.
4.1.Nella memoria autorizzata, depositata in data 11 luglio 2016, l’avv. Petruzzelli ha
replicato alle eccezioni di inammissibilità, sotto il proflo del difetto di interesse e di
legittimazione passiva, richiamando una recente sentenza della Sez. Giur. Lazio del 9
febbraio 2016 ( est. Pres. De Musso ). Nel merito, ha ribadito quanto dedotto nell’atto
introduttivo per quanto concerne la penalizzazione derivante dalla mancata istituzione
dei “ fondi di pensione integrativa” ed ha fatto riferimento alle sentenze 21 marzo 2013
n. 2907/2013 e n.2908/2013 del Tar Lazio – Sede di Roma, con cui il giudice
amministrativo ha dichiarato l’obbligo per le amministrazioni resistenti di concludere,
mediante l’emanazione di un provvedimento espresso, il procedimento amministrativo
volto alla istituzione della previdenza complementare, nominando un commissario ad
acta al quale è stato attribuito il compito “ di attivare i procedimenti negoziali
interessando allo scopo le organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative ed i
Consigli Centrali di rappresentanza, senza tralasciare di difdare il Ministro della Pubblica
Amministrazione e la Semplifcazione ad avviare le procedure di concertazione/
contrattazione per l’intero Comparto Difesa e Sicurezza”. A detta del difensore, in
esecuzione delle pronunce del T.A.R. Lazio-Sede di Roma, il Commissario ad acta ha
portato formalmente a conoscenza delle parti sociali e dei Consigli Centrali di
Rappresentanza delle Forze Armate e delle Forze di Polizia a ordinamento militare l’esito
dei ricorsi giurisdizionali afnchè detti organismi ne tenessero conto nel sollecitare
l’avvio delle procedure di concertazione di cui al D.Lgs. n.195/1995 e all’art. 26, comma
20, L. 448/1998.
4.2.Con memoria autorizzata e depositata in data 24 marzo 2017, il difensore ha meglio
articolato la questione di legittimità costituzionale con riferimento all’art. 1, commi da 6
a 13, della L. 335/1995, per violazione degli artt. 2, 3 e 38 Cost., nella parte in cui
prevede l’introduzione del sistema pensionistico contributivo, in luogo del più favorevole
sistema retributivo. Inoltre, si propone istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di
Giustizia dell’Unione Europea ex art. 267, 3^ comma, TFUE, rilevandosi il contrasto della
normativa italiana ( L.335 del 1995) con gli artt. 2 e 6 della direttiva 2000/78/CE del
27.11.2000, per richiedere se tali norme debbano essere interpretate nel senso che esse
ostano ad una disposizione nazionale ( L. n.335 del 1995), la quale ha creato una
irragionevole disparità di trattamento tra i cittadini lavoratori, non consentendo una
proporzionalità tra pensione e retribuzione goduta nel corso dell’attività lavorativa. Tale
richiesta è stata reiterata nella memoria autorizzata, depositata in data 30 maggio 2019,
In vista della odierna udienza, infne, il difensore, nel ribadire quanto già dedotto, ha
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articolato il capo della domanda relativo al danno subìto dal ricorrente, che, in primo
luogo, deriva dal mancato maggiore sgravio in termini di Irpef e, in secondo luogo, da un
montante meno elevato.
Per quanto concerne la contribuzione del lavoratore optante, nel caso di specie, essendo
il ricorrente dipendente pubblico assunto prima dell’1.1.2001, si conferisce al fondo il 2%
della retribuzione utile al calcolo del TFR e, inoltre, si ha diritto ad un contributo
aggiuntivo pari all’1,5% della retribuzione utile ai fni del calcolo del TFS. Per ciò che
riguarda la contribuzione a carico del datore di lavoro, al ricorrente in ipotesi optante
sono riconosciuti due incentivi all’adesione: in primo luogo, per tutti i fondi negoziali
riservati al settore pubblico, è previsto un contributo obbligatorio pari all’1% della
retribuzione utile ai fni del TFR ed è anche previsto un eventuale bonus una tantum.
Tramite le sentenze 21 marzo 2013 n. 297/2013 e n. 2908/2013 del T.A.R. Lazio, Sede di
Roma, Sezione I bis, i ricorrenti hanno ottenuto il riconoscimento dell’obbligo per le
amministrazioni resistenti di concludere, mediante l’emanazione di un provvedimento
espresso, il procedimento amministrativo relativo alla introduzione della previdenza
complementare nell’ordinamento militare.
5.All’udienza del 30 marzo 2017, la dott.ssa Stella Minetola, in rappresentanza del
Ministero della Difesa, ha eccepito il difetto di legittimazione passiva
dell’amministrazione, rappresentando che, comunque, sulla questione dell’avvio della
previdenza complementare sono in corso incontri al fne di concertare la propria azione
con l’INPS.
All’esito della Camera di consiglio, ritenuto necessario un incontro con il Commissario
ad acta, nella persona del Gen. Roberto Sernicola, al fne acquisire elementi utili ai fni
della defnizione del giudizio in corso, giusta ordinanza n.80/2017 depositata in data 15
giugno 2017, questo Giudice ha acquisito, in data 28 giugno 2017, una nota redatta dallo
stesso, nel quale si fa il punto della attività posta in essere in esecuzione delle predette
sentenze.
Risulta, infatti, che il Commissario ad acta ha provveduto a:
- inviare apposita difda alla Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento della
Funzione Pubblica in persona del Ministro pro-tempore per la Semplifcazione e la
Funzione Pubblica, chiedendo formalmente l’avvio, come prescritto dagli artt. 7, d.lgs. n.
195/1995, e 26, co. 20, l. n. 448/1998, con ogni possibile urgenza determinata dai
giudicati formatisi in materia e, comunque, in occasione della convocazione del primo
tavolo di concertazione/contrattazione, delle procedure per l’introduzione delle forme
pensionistiche complementari nei confronti del personale del Comparto Difesa e
Sicurezza, ai sensi dell’art. 3, d.lgs. n. 124/1993 (norma reiterata dall’art. 3, co. 2, d.lgs. n.
252/2005);
- dare conoscenza dell’esito dei ricorsi giurisdizionali in argomento alle Organizzazioni
Sindacali maggiormente rappresentative, nonché ai Consigli Centrali di Rappresentanza
delle Forze Armate e delle Forze di Polizia a ordinamento militare (al riguardo, consta
una specifca azione di sollecitazione all’avvio della procedura, svolta nel maggio 2015
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dall’Organizzazione Sindacale Autonoma Polizia Penitenziaria);
- dare notizia degli sviluppi in materia di pensione complementare ai Ministeri in cui sono
istituzionalmente inquadrate le Forze di Polizia a ordinamento civile/militare e le Forze
Armate, il cui personale potrà essere destinatario delle norme pattizie attuative delle
forme pensionistiche complementari, eventualmente emanate.
6.Con successiva memoria integrativa, pervenuta in segreteria il 5 settembre 2017, il
Ministero della Difesa ha insistito per la declaratoria di inammissibilità, richiamando
giurisprudenza della Corte dei conti in tal senso ( Sez. Giur. Lombardia, n.81/2017 e
n.99/2017; Sez. Giur. Marche, n.10/2017; Sez, Giur. Piemonte, n.4/2016; Sez. Giur.
Abruzzo, n.10/2016) che hanno dichiarato la carenza di interesse ad agire in riferimento
al capo di domanda concernente il diritto al calcolo del trattamento pensionistico
pubblico, sino alla effettiva attuazione della previdenza complementare, secondo il
criterio c.d. retributivo e rigettato i ricorsi con riferimento alla domanda di risarcimento
dei danni economici conseguenti al mancato tempestivo avvio delle necessarie
procedure per la negoziazione e concertazione del trattamento di fne servizio e/o fne
rapporto e della conseguente istituzione della previdenza complementare, atteso che i
ricorrenti, ancora in attività di servizio, non possono vantare un trattamento
pensionistico attuale, certo e determinato.
All’odierna udienza, la causa è stata trattenuta per la decisione.
Ritenuto in
DIRITTO
L’odierno ricorrente si è rivolto a questa Sezione Giurisdizionale Regionale per chiedere
l’accertamento del diritto a vedersi calcolare il trattamento pensionistico “ che sarà”-
essendo tuttora in servizio - secondo il sistema c.d. retributivo ovvero, in subordine, sino
alla effettiva attuazione della previdenza complementare, previa eventuale dichiarazione
di incostituzionalità delle norme a ciò ostative. Ha chiesto, inoltre, il risarcimento dei
danni derivanti dal mancato avvio delle procedure di negoziazione e concertazione del
trattamento di fne rapporto e della conseguente istituzione della previdenza
complementare.
Deve farsi carico questo Giudice, in via preliminare, della eccezione di inammissibilità
sollevata dal Ministero della Difesa, sotto il proflo della carenza di interesse e di
legittimazione ad agire.
Siffatte eccezioni sono – a loro volta – inammissibili, in quanto la memoria di
costituzione è stata depositata fuori del termine di legge ( dieci giorni) la memoria di
costituzione in giudizio( cfr. art. 15, comma 2 c.g.c.), essendo l’udienza di discussione
del ricorso fssata per il 25 febbraio 2016.
Deve altresì pronunciare come inammissibili le eccezioni sollevate dall’INPS per gli
stessi motivi.
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Valga, comunque, osservare che la Sezione giurisdizionale Abruzzo ( sent. n.40/2017) ha
ritenuto sussistere l’attualità e la concretezza dell’interesse dei ricorrenti.
Nel merito, la domanda è parzialmente fondata, secondo quanto in appresso detto.
Nel merito, è infondata la pretesa al sistema previdenziale retributivo. Del tutto pacifco,
infatti, che non esiste un “ diritto al regime previdenziale “ previgente, in quanto rientra
nella discrezionalità del legislatore modifcare anche in pejus il sistema previdenziale in
vigore. Ed è per tale ragione che deve respingersi l’eccezione di incostituzionalità del
passaggio normativo dal sistema previdenziale retributivo a quello contributivo, sancito
dalla L. n.335/1995.
Deve respingersi, altresì, la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia
dell’Unione Europea, siccome formulata dall’avv. Petruzzelli, in quanto la materia
pensionistica non rientra tra i settori del diritto dell’Unione Europea.
E,’ invece, fondata la domanda risarcitoria relativa alla mancata istituzione della
previdenza complementare.
L’avvio della previdenza complementare, come secondo pilastro del sistema di
previdenza pubblica, è da porre in relazione alla liquidazione delle prime pensioni
calcolate con il sistema contributivo. Evidentemente, la permanenza di tassi di
sostituzione piuttosto bassi per tali tipologie di pensioni - nonostante l’elevazione
dell’età pensionabile - è circostanza che dovrebbe far rifettere sulla necessità di dare
pratica attuazione alla riforma della previdenza complementare, avviata con la L. n.
335/1995 e proseguita con la legge delega n. 243/2004 e con il decreto attuativo n.
252/2005. In particolare, le citate norme si sono occupate dei dipendenti del settore
privato e del personale pubblico c.d. contrattualizzato e hanno istituito una correlazione
tra la contribuzione integrativa e la trasformazione dei trattamenti di fne servizio in TFR.
Gli sviluppi di tali riforme hanno portato all’istituzione di diversi fondi pensione per i
dipendenti del settore privato e del pubblico impiego privatizzato.
Un capitolo a sé è quello, non ancora attuato, della previdenza complementare per il
personale disciplinato dalla legge, tra cui il personale militare e quello delle Forze di
Polizia.
In particolare, l’art. 26, co. 20, L. n. 448/1998 ha riservato espressamente alle procedure
di negoziazione e di concertazione previste dal D.Lgs. n. 195/1995, sia la disciplina del
trattamento di fne rapporto di cui all’art. 2, co. 5-8, L. 335/1995, sia l’istituzione delle
forme pensionistiche complementari ai sensi dell’art. 3, d.lgs. n. 124/1993.
Gli artt. 40 e 67 del D.P.R. n. 254/1999 (recepimento dell’accordo sindacale per le Forze
di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione delle Forze di
polizia ad ordinamento militare) e l’art. 24 del D.P.R. n. 255/1999, con riferimento al
personale delle Forze Armate, hanno precisato, altresì, che le procedure di negoziazione
e di concertazione attivate ai sensi del citato art. 26, co. 20, l. n. 448/1998 sono abilitate
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a defnire la costituzione di uno o più fondi nazionali pensione complementare; la misura
percentuale della quota di contribuzione a carico delle amministrazioni e di quella
dovuta dal lavoratore nonché la retribuzione utile alla determinazione delle quote stesse;
le modalità di trasformazione della buonuscita in trattamento di fne rapporto, le voci
retributive utili per gli accantonamenti del trattamento di fne rapporto, nonché la quota
di trattamento di fne rapporto da destinare a previdenza complementare. Prevedono una
concertazione tra varie amministrazioni, i rappresentanti delle OO.SS. legittimate a
parteciparvi e i rappresentanti del Consiglio centrale di rappresentanza (COCER), mentre
l’iniziativa del procedimento per la concertazione spetta al Ministro per la pubblica
amministrazione e la semplifcazione. Dette procedure si concludono con l’emanazione
di appositi decreti del Presidente della repubblica.
In tale quadro normativo, in giudizi proposti innanzi al giudice amministrativo, alcuni
militari hanno presentato ricorso per ottenere il riconoscimento dell’obbligo per le
Amministrazioni resistenti (Funzione Pubblica e Difesa) di concludere, mediante
l’emanazione di un provvedimento espresso, il procedimento amministrativo relativo
all’instaurazione della pensione complementare.
Con le sentenze n. 2122/2014 e n. 2123/2014, entrambe depositate il 21 febbraio 2014,
il TAR Lazio-Sede di Roma, Sezione Prima-Bis, ha fornito chiarimenti su richiesta del
Commissario ad acta, nel senso di riferire il proprio ordine al contenuto della sentenza
del Consiglio di Stato, Sez. IV, 22 ottobre 2011, n. 56981.
Tale pronuncia ha risolto la questione dibattuta sulla sussistenza di un interesse
concreto, attuale e direttamente tutelabile all’avvio e alla conclusione dei procedimenti
negoziali da parte dei dipendenti pubblici che ne sono destinatari, riconoscendo la
legittimazione in via esclusiva soltanto degli Organismi esponenziali di interessi collettivi
chiamati a partecipare ai predetti procedimenti negoziali.
Pertanto, il Giudice Amministrativo ha ritenuto di poter individuare a carico del
Commissario ad acta “soltanto un onere minimo indispensabile che è quello di attivare i
procedimenti negoziali interessando allo scopo le organizzazioni sindacali maggiormente
rappresentative ed i Consigli Centrali di Rappresentanza, senza tralasciare di difdare il
Ministro della Pubblica Amministrazione e la Semplifcazione ad avviare le procedure di
concertazione/contrattazione per l’intero Comparto Difesa e Sicurezza”.
L’attivazione della previdenza complementare è, dunque, materia riservata alla
concertazione/contrattazione, ai sensi delle richiamate disposizioni degli artt. 26, co. 20,
l. n. 448/1998 e 3, co. 2, d.lgs. n. 252/2005 e, pertanto, si pone il problema della tutela
delle aspettative di coloro che sono ancora in servizio.
Il problema in argomento, a distanza di oltre vent’anni, non è stato ancora risolto.
Lo strumento per compensare le negative ripercussioni economiche che il ricorrente
denuncia di subìre dall’inerzia nell’attuazione della previdenza complementare è
rappresentato dal risarcimento del danno, in quanto la legittima aspettativa della
estensione del regime di previdenza complementare per il comparto pubblico assurge a
situazione giuridica soggettiva meritevole di tutela anche innanzi al Giudice
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monocratico delle pensioni della Corte dei conti
Sotto il proflo della giurisdizione, innanzitutto, l’art. 3 del codice di giustizia contabile
prevede che il principio di effettività è realizzato, nell’ambito della giurisdizione contabile,
mediante la concentrazione di “ogni forma di tutela…dei diritti soggettivi coinvolti”. E’
chiara, quindi, la voluntas legis di attribuire al Giudice monocratico delle pensioni la
giurisdizione in ordine al risarcimento del danno patrimoniale e non patrimoniale.
Sotto il proflo sostanziale, poi, il danno derivante dalla mancata attivazione della
previdenza complementare si confgura, nella specie, come “ danno futuro”, le cui
conseguenze si manifestano non nell’immediato, essendo il ricorrente tuttora in servizio,
bensì all’atto del pensionamento, in quanto il tempestivo avvio dei fondi pensione
avrebbe generato un montante più elevato rispetto al mancato esercizio dell’opzione,
oltre che consentire un risparmio in termini di tassazione IRPEF in virtù di un maggiore
ammontare deducibile ( proflo di danno che, peraltro, esula dal presente giudizio).
Ai fni di quantifcare il danno patrimoniale riferibile al montante accumulato fno a
tutt’oggi, tenuto conto che la durata del giudizio non deve andare a detrimento della
tutela richiesta dal ricorrente, la metodologia più corretta è quella di mettere a confronto
il montante in regime di TFR, ossia in caso di avvio tempestivo del fondo pensione e
contestuale esercizio dell’opzione, con quello in regime di TFS, ossia in caso di mancato
avvio del fondo. Per determinare il montante degli optanti occorre quantifcare, da un
lato, l’ammontare della contribuzione che sarebbe stata apportata al fondo e, dall’altro
lato, i rendimenti che si sarebbero conseguentemente realizzati, avendo a riferimento i
rendimenti del fondo “Espero” in quanto unico fondo negoziale in essere per i dipendenti
pubblici con una serie storica sufcientemente lunga, dal 2007, e, nel periodo anteriore,
la media ponderata dei rendimenti del paniere dei tredici fondi negoziali individuato dal
D.M. Economia e Finanze del 23 dicembre 2005.
La mancata attivazione della previdenza complementare è senz’altro imputabile pro
parte - nella misura del 25% - al Ministero della Difesa, che sarà tenuto a calcolare il
danno patrimoniale subìto dal ricorrente, applicando i criteri sopra indicati, nella misura
percentuale innanzi indicata.
Sussistono giusti motivi per compensare le spese di giudizio, in ragione della
complessità della causa.
P.Q.M.
la Sezione giurisdizionale Puglia, in composizione monocratica, defnitivamente
pronunciando,
ACCOGLIE
il ricorso n° 30956, nei sensi in motivazione.
Spese di giudizio compensate.
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Fissa il termine di gg. 60 per il deposito della sentenza.
Così deciso in Bari, nella Camera di consiglio del venti dicembre duemiladiciannove.
IL GIUDICE
F.to digitalmente ( V.Raeli )
Depositata in Segreteria il 18/05/2020
Il Funzionario di Cancelleria
F.to (dott. Pasquale ARBORE)
Folgore77
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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da Folgore77 »

naturopata ha scritto: lun giu 29, 2020 3:35 pm Risarcimento danni accolto, tuttavia i GUP Reali è solito fare sentenze irrimediabilmente ribaltate in appello. Detto ciò, aspetterei l'appello, visto che probabilmente questa sentenza ora verrà smerciata come oro colato.

Sezione: SEZIONE GIURISDIZIONALE PUGLIA
Esito: SENTENZA
Numero: 207
Anno: 2020
Materia: PENSIONISTICA
Data pubblicazione: 18/05/2020
Codice ecli: ECLI:IT:CONT:2020:207SGPUG
15
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI Sent 207/2020
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA PUGLIA
Buongiorno!!!
Sono d'accordo con te, meglio attendere.
Sia per l'appello dall'esito scontato, sia per le decisioni della Cassazione (a settembre) su "chi" deve decidere!
Il TAR dice CdC. Le CdC dicono che è il Giudice del Lavoro. Il Giudice del Lavoro dice che non è competente!
Vediamo cosa dirà la Cassazione!!!
panorama
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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da panorama »

per notizia,

Ricorso proposto da Avv. MANDOLESI

ecco la tanto attesa sentenza delle SS.RR. della Cassazione su quale competenza ricade il giudizio sulla richiesta di risarcimento dei danni.


Sez. UNITE CIVILE, Sentenza n.22807 del 20/10/2020 (Cass. Civ. Sez. Unite n. 22807/2020), udienza del 22/09/2020, Presidente VIRGILIO BIAGIO Relatore DORONZO ADRIANA

La Cassazione dichiara:

P.Q.M.

La Corte, sezioni unite, cassa la sentenza del Tar del Lazio e dichiara la giurisdizione del Giudice amministrativo, dinanzi al quale rimette le parti anche per le spese del presente giudizio.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite del 22 settembre 2020.

Il consigliere relatore
Dott. Adriana Doronzo
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Girabin
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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da Girabin »

Salve, scusate l'intrommissione. Volevo chiedere un'opinione in merito ad aderire al ricorso patrocinato dall'Avv. Mandolesi. L'eventuale accoglimento di questo può influire in un finale positivo dell'art.54.
gokumark
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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da gokumark »

Civile Sent. Sez. U Num. 22807 Anno 2020
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: DORONZO ADRIANA
Data pubblicazione: 20/10/2020



SENTENZA

sul ricorso 9357-2019 proposto da: COCO MICHELE ARCANGELO, elettivamente domiciliato in ROMA, VIA PAOLO EMILIO 34, presso lo studio dell'avvocato ROBERTO MANDOLESI, che lo rappresenta e difende; - ricorrente -

contro

Civile Sent. Sez. U Num. 22807 Anno 2020
Presidente: VIRGILIO BIAGIO
Relatore: DORONZO ADRIANA
Data pubblicazione: 20/10/2020
Corte di Cassazione - copia non ufficiale
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro tempore, elettivamente
domiciliato in ROMA, VIA CESARE BECCARIA 29, presso lo studio dell'avvocato DARIO MARINUZZI, che lo rappresenta e difende; - controricorrente -

nonché contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI - DIPARTIMENTO DELLA FUNZIONE PUBBLICA, MINISTERO DELL'ECONOMIA;

- intimati -

per la risoluzione del conflitto negativo di giurisdizione tra le sentenza nn. 5814/2015 del TRIBUNALE AMMINISTRATIVO REGIONALE DEL
LAZIO depositata il 21/04/2015 e la n. 433/2018 della CORTE DEI CONTI -SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO - ROMA,
depositata il 28/11/2018.

Udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 22/09/2020 dal Consigliere ADRIANA DORONZO;
udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore Generale RITA SANLORENZO, che ha concluso per la declaratoria
della giurisdizione del giudice amministrativo;
udito l'Avvocato Roberto Mandolesi.

Fatti di causa

1.- Michele Arcangelo Coco, militare in servizio presso il Comando provinciale della Guardia di Finanza dell'Aquila, insieme ad altri
lavoratori dipendenti appartenenti al Comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, ha adito il Tribunale amministrativo regionale del
Lazio - sede di Roma, per chiedere nei confronti delle Amministrazioni convenute (Ministero dell'economia e delle finanze-Guardia di Finanza
e Inpdap, cui è poi subentrato l'Inps) il riconoscimento del suo diritto al trattamento pensionistico spettante secondo il sistema retributivo
vigente prima della riforma introdotta dalla L. 8/8/1995, n. 335.
In via subordinata, ha chiesto l'accertamento della responsabilità delle Amministrazioni per il mancato tempestivo avvio delle procedure
di negoziazione o concertazione riguardanti il trattamento di fine rapporto e la previdenza complementare, con conseguente condanna
al risarcimento dei danni subiti.
1.1.- Con sentenza depositata il 21/4/2015, n. 5814, il Tar ha declinato la sua giurisdizione ritenendo sussistente per entrambe le
domande la giurisdizione della Corte dei conti.
1.2.- Il Giudice amministrativo ha osservato che il diritto era stato invocato sul presupposto, incontestato, che non era stata data
completa attuazione al sistema della previdenza complementare per il pubblico impiego, previsto dalla L. 335/1995, cit.; che, secondo
l'assunto dei ricorrenti, il mancato avvio delle procedure di negoziazione o concertazione per la costituzione della previdenza
complementare (cosiddetto "secondo pilastro") era stato penalizzante per i dipendenti appartenenti alla loro categoria, in quanto la
istituzione della previdenza complementare era destinata a colmare il divario economico derivante dal passaggio dal sistema retributivo a
quello contributivo e finché non fosse stata istituita una forma di previdenza aggiuntiva, essi avevano diritto al calcolo della pensione
secondo il precedente sistema; diversamente opinando, sempre secondo i ricorrenti, tutto l'impianto normativo creato dalla L.
335/1995 doveva ritenersi affetto da illegittimità costituzionale per contrasto con gli artt. 3,36 comma primo, 38 comma secondo, della
Costituzione.
1.3.- Secondo il Tar, seguendo questa prospettazione, la controversia aveva ad oggetto la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza
della pensione, nonché il risarcimento dei danni conseguenti alla mancata istituzione della previdenza complementare, sicché, sulla
base del petitum sostanziale, essa rientrava in materia devoluta alla giurisdizione della Corte dei conti.
2.- Il Coco ha quindi adito la Corte dei conti - sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo che, con sentenza n. 40 del 2017, ha
riconosciuto la sua giurisdizione sulla domanda principale, rigettandola nel merito sul presupposto dell'insussistenza di un rapporto di subordinazione o di collegamento tra il nuovo sistema di calcolo contributivo (o misto) della pensione e l'attivazione delle forme di previdenza complementare di comparto di cui al D.Lgs. 21/4/1993, n. 124, come innovato dalla stessa L. 335/ 1995.
2.1.- Riguardo, invece, alla domanda risarcitoria, il Giudice contabile ha ritenuto - in ragione del collegamento del danno lamentato alla
mancata attivazione del secondo pilastro, sia sotto forma della minor profittabilità degli incentivi fiscali previsti per i fondi, sia per effetto
dell'impossibilità di destinare al fondo pensione il TFR, che in tal modo avrebbe aumentato il montante previdenziale - che essa trovasse la
sua causa petendi nell'ambito della previdenza complementare e, dunque, esulasse dalla gestione del rapporto pensionistico attribuito
alla competenza esclusiva della Corte dei conti. Al riguardo ha precisato che le questioni riguardanti il trattamento di fine servizio, la
cosiddetta buonuscita, sono attribuite alla giurisdizione del giudice competente per il rapporto di lavoro (Cass. Sez.Un. 7/11/2013, n.
25039), che nella specie va individuato, ai sensi dell'art. 17 cod.giust.cont. (d.lgs. 6 agosto 2016 n. 174), nel giudice amministrativo,
al quale solo spetta di valutare se il danno in parola sussista effettivamente e se esso sia da porsi in relazione causale con l'azione
amministrativa o, comunque, con una responsabilità dello Stato.
2.2.- La Corte dei conti-sezione giurisdizionale centrale di appello, con sentenza n. 433/2018, depositata il 28/11/2018, ha confermato
la sentenza della Sezione regionale, anche in punto di giurisdizione sulla domanda risarcitoria.
3.- Con ricorso notificato in data 15/3/2019 il Coco ha proposto ricorso presso questa Corte per conflitto negativo di giurisdizione, ai
sensi dell'art. 362, comma 2, punto 1, cod.proc.civ., e ha chiesto che, sulla domanda risarcitoria formulata nei due giudizi instaurati,
rispettivamente, dinanzi al Tar e, successivamente, dinanzi alla Corte dei conti I sia individuato e dichiarato il giudice fornito di giurisdizione.
3.1.- Al ricorso ha resistito solo l'Inps con tempestivo contro ricorso, con il quale ha chiesto che sia dichiarata in via pregiudiziale
l'inammissibilità del ricorso per carenza di interesse e, in via subordinata, che sia dichiarata la giurisdizione della Corte dei conti in
ordine alle domande pensionistiche e del giudice amministrativo in ordine alle domande relative alla mancata attivazione della
previdenza complementare.
Non hanno invece svolto attività difensiva la Presidenza del Consiglio dei Ministri e il Ministero dell'economia.

In prossimità dell'udienza, il ricorrente ha depositato memoria illustrativa.

Ragioni della decisione

1.- Deve in primo luogo rigettarsi l'eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall'Inps sul presupposto che il ricorrente difetti di
interesse, in quanto egli non sarebbe ancora in possesso dello status di pensionato.
L'eccezione è inammissibile, perché - al di là della veridicità di tale asserzione, contrastata dal Coco nella sua memoria ex art. 378
cod.proc.civ. - la questione del difetto di interesse attiene al merito e non già alla giurisdizione, sicché il suo esame è precluso alla Corte di
Cassazione investita della risoluzione del conflitto.
1.1. Il principio, risalente già a Cass. Sez.Un. 22/12/1999, n. 928, e a Cass. Sez.Un. 6/8/1998, n. 7707, è stato di recente riaffermato da
queste Sezioni Unite: «Il difetto di interesse ad agire per mancanza di lesione costituisce una questione relativa ai presupposti dell'azione, la
cui decisione rientra nei limiti interni della giurisdizione contabile, con la conseguenza che il ricorso per cassazione che prospetti tale vizio
sotto il profilo del difetto di giurisdizione è inammissibile, non riguardando il superamento dei limiti esterni della giurisdizione della
Corte dei conti (Cass. Sez.Un. 4/10/2019, n. 24858; v. pure Cass. Sez. Un., 14/1/2015, n. 475).
2. È bene ribadire che la giurisdizione della Corte dei conti in materia di pensioni (artt. 13 e 62 del R.D. 12 luglio 1934, n. 1214) ha
carattere esclusivo, in quanto affidata al criterio di collegamento costituito dalla materia: in essa sono comprese tutte le controversie
in cui il rapporto pensionistico costituisce elemento identificativo del petitum sostanziale e, quindi, tutte le controversie concernenti la
sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti, nonché, pur in costanza di lavoro, ogni diritto
relativo al rapporto pensionistico (Cass. Sez.Un. 14/11/2018, n.29284; Cass. Sez. Un. 19/6/2017, n. 15057, ed ivi ulteriori
riferimenti giurisprudenziali).
2.1. Deve peraltro aggiungersi che, per radicare la giurisdizione della Corte dei conti, «non è sufficiente la natura largamente previdenziale
della prestazione richiesta, ma occorre altresì che tale prestazione sia dovuta da un ente preposto alla previdenza obbligatoria nell'ambito di
un rapporto (previdenziale, appunto) che trovi fonte esclusiva nella legge e abbia causa, soggetti e contenuto diversi rispetto al rapporto
di lavoro, il quale a sua volta si ponga rispetto al rapporto previdenziale come mero presupposto di fatto e non come momento genetico del diritto alla prestazione» (Cass. Sez. Un. 19/05/2015, n. 10183; Cass. Sez.Un., 12/10/2009, n. 21554; Cass. Sez.Un., 23/04/2008, n. 10464).
2.2. Riguardo alla previdenza integrativa, si è poi affermato che «le controversie promosse da dipendenti in servizio o in quiescenza nei
confronti di enti pubblici non economici diversi dallo Stato ed aventi Ric. 2019 n. 09357 sez. SU - ud. 22-09-2020 per oggetto il trattamento integrativo erogato da tali enti in aggiunta alla pensione, non attenendo ad un rapporto previdenziale autonomo, ma essendo relative a prestazioni che ineriscono strettamente al pregresso rapporto di impiego posto in essere con l'ente datore di lavoro, in quanto corrisposte da un fondo costituito dai medesimi enti pubblici per mezzo dell'accantonamento di una parte della retribuzione ed alimentato anche da contributi dei dipendenti, sono
devolute alla giurisdizione esclusiva del giudice del rapporto di lavoro e, quindi, al giudice amministrativo in via esclusiva o a quello
ordinario» (Cass. Sez. un. 8/6/2011, n. 12462 che richiama Cass. Sez.Un. 30/04/2010, n. 10509; cfr. anche Cass., sez. un., 23/7/2013, n. 17867, e, da ultimo, Cass. Sez.Un., 27/8/2019, n. 21741).
3. La domanda proposta dal Coco - e su cui è sorto il conflitto negativo di giurisdizione da dirimere in questa sede - è volta ad ottenere l'accertamento della responsabilità delle amministrazioni datrici di lavoro per il mancato tempestivo avvio delle procedure di negoziazione o concertazione del trattamento di fine rapporto e della previdenza complementare, nonché la condanna delle stesse al risarcimento dei danni cagionati da tale inadempimento.
3.1. L'attivazione della previdenza complementare è materia riservata alla concertazione-contrattazione, ai sensi delle disposizioni
degli artt. 26, comma 20, L. 23/12/1998, n. 448 e 3, co. 2, D.Lgs. 5/12/2005, n. 252. 'specifico, l'art. 26, comma 20, L. 23/12/1998, n. 448, ha disposto che «Ai fini dell'armonizzazione al regime generale del trattamento di fine rapporto e dell'istituzione di forme di previdenza complementare
dei dipendenti pubblici, le procedure di negoziazione e di concertazione previste dal decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, potranno definire, per il personale ivi contemplato, la disciplina del trattamento di fine rapporto ai sensi dell'articolo 2, commi da 5 a 8, della legge 8 agosto 1995, n. 335, e successive modificazioni, nonché l'istituzione di forme pensionistiche complementari, di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e successive modificazioni».
Le procedure di negoziazione e di concertazione provvedono a definire a) la costituzione di uno o più fondi nazionali di pensione complementare per il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare; b) la misura percentuale della quota di contribuzione a carico delle Amministrazioni e di quella dovuta dal lavoratore, nonché la retribuzione utile alla determinazione delle quote stesse; c) le
modalità di trasformazione della buonuscita in trattamento di fine rapporto, le voci retributive utili per gli accantonamenti del trattamento di fine rapporto, nonché la quota di trattamento di fine rapporto da destinare a previdenza complementare. Destinatario dei fondi pensione è il personale che liberamente aderisce ai fondi stessi.
3.2. E' il cosiddetto «secondo pilastro» del sistema pensionistico, il cui scopo è quello di aggiungersi alla previdenza di base obbligatoria o
cosiddetta di «primo pilastro». Esso ha come obiettivo quello di concorrere ad assicurare al lavoratore, per il futuro, «più elevati livelli
di copertura previdenziali» (così art. 3, comma 1, lett. v) L. delega n. 421/1992), insieme alle prestazioni garantite dal sistema pubblico di
base ed ha trovato compiuta disciplina nel D.Lgs. 5/12/2005, n. 252,cit.
3.3. Si tratta dunque di una prestazione pensionistica, espressamente definita «complementare» rispetto a quella obbligatoria posta a carico
dello Stato, certamente in «collegamento funzionale» con quest'ultima (Corte Cost. 3/10/2019, n. 218, che rinvia a Corte Cost.n. 393/2000 e n. 319/2001), ma da questa sostanzialmente diversa, essendo piuttosto rimessa alla determinazione negoziale in una logica di composizione degli interessi contrapposti delle parti del rapporto di impiego.
4. La controversia in esame involge in via diretta e immediata ilrapporto di impiego e, prioritariamente, gli obblighi del datore di lavoro in merito all'avvio delle necessarie procedure per la negoziazione e concertazione del trattamento di fine servizio e/o fine rapporto, e della conseguente istituzione della previdenza complementare, il cui mancato adempimento è, secondo la prospettazione del ricorrente, fonte di responsabilità contrattuale.
In altri termini, si è in presenza di un'azione risarcitoria, in cui tanto il petitum quanto la causa petendi trovano la loro giustificazione in un
inadempimento contrattuale, esulando così dalla materia strettamente pensionistica.
5. Ciò consente di risolvere il conflitto in favore del giudice del rapporto di lavoro - che, nel caso in esame, è il tribunale amministrativo, essendo pacifico che il rapporto di impiego delricorrente rientra nel regime di diritto pubblico non contrattualizzato - sulla base del seguente principio di diritto: «La domanda avente ad oggetto il risarcimento del danno da mancata attuazione della previdenza complementare per il personale del Comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico, riservata alla concertazionecontrattazione, ai sensi delle disposizioni degli artt. 26, comma 20, L.
23/12/1998, n. 448, e 3, Co. 2, D.Lgs. 5/12/2005, n. 252, è devoluta alla giurisdizione esclusiva del giudice amministrativo, attenendo
all'inadempimento di prestazioni di contenuto solo genericamente previdenziale e strettamente inerenti al rapporto di pubblico impiego,
non già a materia riguardante un riguardante un trattamento pensionistico a carico dello Stato, sicché la relativa controversia esula
dalla giurisdizione della Corte dei conti».
6. L'esistenza di contrasti giurisprudenziali, resa evidente in questa controversia dal conflitto reale negativo tra il giudice contabile e il
tribunale amministrativo regionale, giustifica la compensazione delle spese di questo giudizio.

P.Q.M.

La Corte, sezioni unite, cassa la sentenza del Tar del Lazio e dichiara la giurisdizione del Giudice amministrativo, dinanzi al quale rimette le
parti anche per le spese del presente giudizio.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio delle Sezioni unite del 22 settembre 2020.

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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da Folgore77 »

Non voglio ricordare il "film" di questo ricorso pensioni, durante il quale abbiamo assistito al peggior rimbalzo di responsabilità di sempre (per non decidere)!!!
Tar, Corte dei Conti, Giudice del Lavoro, solleciti del Commissario ad Acta ecc...e sempre un unico filo conduttore: "Avete ragione, ma noi non siamo competenti". Ricordo una sentenza nella quale stabilivano che un ricorrente 'in servizio' non aveva diritto a ricorrere in quanto mancava "l'interesse concreto ed attuale ad agire" e non sarebbe stato possibile quantificare con certezza il danno patito dalla mancata attivazione dei fondi, che, per il militare in servizio sarebbe astrattamente un "danno potenziale". Bene, il legale, quindi, avanzò la causa di un militare già pensionato, avente un interesse attuale e concreto ad agire"...ma il medesimo organo, a quel punto, disse che non era competente a decidere!!!!
Adesso che la Corte di Cassazione ha finalmente stabilito di chi sia la competenza sul risarcimento danni (TAR), credo che sia opportuno arrivare fino in fondo, anche fino alla CEDU se necessario.
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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da gokumark »

Infatti è quello che farò.....ho già dato il mandato all'avvocato.....
Vi terrò informati....
buona giornata
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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da Folgore77 »

Ho già aderito anche io...speriamo bene!
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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da gokumark »

questo è un sunto di quanto riportato sul sito di un noto avvocato ( non so se posso mettere il nome e quindi mi astengo)


RICORSO PENSIONI - RISARCIMENTO DANNI
Mancata costituzione del fondo pensioni di comparto.
Ci siamo!
Le Sezioni Unite della Corte Suprema di Cassazione hanno accolto il mio ricorso (sent. n. 22807/2020) e stabilito che sarà il Tar a decidere il risarcimento danni per la mancata attivazione della previdenza complementare per il personale del comparto sicurezza, difesa e soccorso pubblico.
Siamo dunque arrivati alla fine di un lungo percorso giudiziario iniziato ben undici anni fa, pronti ora ad ottenere il giusto indennizzo per non avere l’Amministrazione predisposto quanto necessario a compensare la riduzione del trattamento pensionistico spettante, per effetto del diverso sistema di calcolo (da “retributivo” a “contributivo”), introdotto con la legge n. 335/1995 (legge Dini).
Il Giudice amministrativo dovrà accertare la responsabilità dell’A. e ritenere provata l’entità del danno richiesto, dopo che su tale domanda giudiziale si è già espresso positivamente il Giudice Unico delle Pensioni di Bari (sent. n. 207/2020), pur avendo egli demandato all’A. militare la quantificazione del danno.
Nel nostro caso, invece, il danno risarcibile è stato calcolato in misura variabile (in ragione della data di arruolamento, dell’età e del grado rivestito) nella perizia tecnico-contabile già depositata in atti.
Al ricorso potranno aderire gli appartenenti alle Forze di polizia (ad ordinamento civile e militare) e alle Forze armate, sia in servizio che in congedo:
- che non possono contare su un’anzianità di servizio, al 31 dicembre 1995, superiore ai 18 anni (compresi i contributi figurativi, da riscatto e/o ricongiunzione), e che quindi si trovano nel sistema c.d. “misto”;
- che avranno calcolata la pensione col sistema c.d. “contributivo puro”, poiché assunti dal 1° gennaio 1996.
panorama
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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da panorama »

CdC Piemonte sentenza n. 29/2021

ricorso inammissibile del ricorrente GdF

1) - Il ricorrente, in pensione dal 2015, non risulta, stando agli atti di causa, avere mai manifestato la volontà, ne’ tantomeno l’interesse, di aderire a forme pensionistiche complementari (l’adesione, come ricordato, è su base volontaria), ad esempio, sollecitandone l’istituzione, come hanno invece fatto altri colleghi, ovvero di optare per la liquidazione del trattamento pensionistico esclusivamente con le regole del sistema contributivo ai sensi dell’art. 1, comma 23 della L. n. 335/1995, cui la previdenza complementare è stata concepita come funzionale.

2) - L’attuale azione giudiziaria, poi, non risulta essere stata preceduta da alcuna istanza in via amministrativa che valga a differenziare e a qualificare la posizione del ricorrente e a soddisfare i richiamati requisiti di ammissibilità e procedibilità.
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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da panorama »

In merito alla sentenza della CdC Piemonte n. 29/2021 da me postata, sicuramente tale discorso avrà effetti NEGATIVI per i ricorsi in atto per il risarcimento dei danni sulla mancata attuazione della pensione complementare. Anche perchè la responsabilità potrebbe essere di tutti, Governo, Sindacati e Rappresentanza Militare e noi tutti.
Quindi quale risarcimento del danno possiamo chiedere allo Stato? Quanti soldi ad uno Stato ormai "bucato" da tutte le parti?
Possiamo solo dire che per una sentenza di 1 grado e 2 grado passeranno circa 8 anni se tutto va bene, per non parlare poi di una sentenza politica.


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panorama
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Re: Avvio del fondo pensionistico complementare

Messaggio da panorama »

Sentenza del Tar Lazio n. 1292 pubblicata in data 01/02/2021 ( ricorso del 2011 )

- inammissibile per ovvie ragioni.

1) - In particolare, la parte pubblica ha controdedotto di aver convocato, prima negli anni 1999/2000 e, successivamente, nel biennio 2005/2006, i previsti tavoli di consultazione tra le amministrazioni interessate e le organizzazioni sindacali rappresentative delle categorie di riferimento che, tuttavia, non sono riusciti a raggiungere un accordo.

2) - Ancora, in occasione dell’emanazione del decreto del Presidente della Repubblica 16 aprile 2009 n. 51 le parti si sono incontrate, arrivando alla sigla di una "pre-intesa" sui contenuti economici inerenti al trattamento economico tra la parte pubblica e le organizzazioni di rappresentanza del personale del comparto, ...........omissis

3) - Alla luce di tali circostanze fattuali, non oggetto di specifica contestazione da parte dei ricorrenti, il ricorso è inammissibile, atteso che il presunto silenzio-inadempimento delle intimate Amministrazioni non si è verificato, viste le iniziative adottate e lo stato dei lavori finalizzati all’adozione dei previsti provvedimenti di concertazione, con la conseguenza che, essendo venuto meno l’interesse sostanziale dei ricorrenti già in epoca precedente alla notificazione del ricorso, lo stesso deve dichiararsi inammissibile (cfr. in senso analogo anche T.A.R. Lazio, sezione I bis, sentenza n. 3995/2010).

N.B.: Alla fine non c'è colpa nè dolo di nessuno e non conviene neanche fare ricorso per il risarcimento dei danni.

E vissero tutti felici e contenti.

Cmq. leggete il tutto nell'allegato.
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