Articolo 20 d.p.r. n. 737/1981;
Art. 6 D.P.R. 170/07;
Il Tar di Milano ha precisato:
1)- La questione se al dipendente appartenente all’amministrazione della Pubblica sicurezza, nominato difensore in un procedimento di disciplinare a carico di altro dipendente, spetti o meno il trattamento di missione, è stata già affrontata dal T.A.R. Reggio Calabria, sez. I, 5 maggio 2010 n. 465, con argomenti che Collegio condivide e fa propri.
2)- In particolare, non è condivisibile il cuore del ragionamento svolto dalla difesa erariale, alla cui stregua lo svolgimento dell’attività difensiva non potrebbe essere assimilato all’assolvimento di una pubblica funzione, poiché la difesa avanti i consigli provinciali di disciplina, a differenza del processo penale, sarebbe una mera facoltà dell’inquisito nel suo esclusivo interesse e non una garanzia posta nell’interesse generale.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 01244/2012 REG.PROV.COLL.
N. 01019/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 1019 del 2010, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. Giovanbattista Cefalì, con domicilio eletto presso l’avv.to Carlo Cioppa in Milano, via Morosini n. 39;
contro
MINISTERO DELL’INTERNO - QUESTURA DI MILANO, rappresentato e difeso dall’Avvocatura dello Stato, presso i cui uffici è domiciliato ex lege in Milano, via Freguglia n. 1;
per l’accertamento
della illegittimità dell’azione amministrativa posta in essere dall'Ufficio Amministrativo Contabile della Questura di Milano volta al recupero forzoso delle somme corrisposte all'odierno ricorrente a titolo di trattamento di missione; nonché l’accertamento della illegittimità delle trattenute effettuate sullo stipendio del ricorrente, con conseguente condanna alla restituzione delle somme già detratte dallo stipendio;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del MINISTERO DELL’INTERNO;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Il ricorrente, agente scelto della polizia di Stato in servizio presso la questura di OMISSIS, nell’agosto del 2005 è stato nominato difensore, ai sensi dell’articolo 20 d.p.r. n. 737/1981, nell’ambito di un procedimento disciplinare instaurato nei confronti di un collega in servizio presso la Questura di Cosenza.
Con riguardo alle riunioni tenutesi innanzi al Consiglio Provinciale di Disciplina di Cosenza, volte per l’appunto alla trattazione del citato procedimento disciplinare, il ricorrente aveva in un primo momento ricevuto l’autorizzazione al rimborso delle spese sostenute a titolo di trattamento di missione (disciplinato dall’art. 6 D.P.R. 170/07). Per contro, successivamente, in data 27 marzo 2006, l’ufficio contabile della Questura di Milano aveva richiesto all’istante la restituzione delle predette somme motivando che, a seguito di quesito formulato al Ministero dell’Interno, era emerso che siffatto trattamento economico non dovesse competere e, pertanto, doveva ritenersi erroneamente corrisposto. Con missiva del 30 giugno 2009, il medesimo ufficio contabile ha informato il ricorrente che l’amministrazione avrebbe provveduto al recupero della somma di € ……., a mezzo di 15 trattenute mensili sullo stipendio per un importo pari ad € ……. cadauna; a decorrere dal mese di agosto 2009, veniva effettivamente avviato il procedimento di recupero forzoso.
1.1. Con ricorso depositato il 7 maggio 2010, il ricorrente adiva il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia chiedendo l’accertamento della illegittimità dell’azione amministrativa volta al recupero forzoso delle somme corrispostegli a titolo di trattamento di missione, con conseguente condanna dell’amministrazione alla restituzione delle somme già detratte dallo stipendio.
Con ordinanza del 21 maggio 2010, il Tribunale, ha rigettato la domanda cautelare, ritenendo insussistente l’irreparabilità del pregiudizio.
Il Ministero dell’Interno ha controdedotto con memoria per l’infondatezza del ricorso.
Il ricorrente ha insistito con memorie.
Sul contraddittorio così istauratosi, la causa è stata discussa e decisa con sentenza definitiva all’odierna udienza, nelle forme semplificate di cui all’art. 74 c.p.a.
2. La questione se al dipendente appartenente all’amministrazione della Pubblica sicurezza, nominato difensore in un procedimento di disciplinare a carico di altro dipendente, spetti o meno il trattamento di missione, è stata già affrontata dal T.A.R. Reggio Calabria, sez. I, 5 maggio 2010 n. 465, con argomenti che Collegio condivide e fa propri.
2.1. In particolare, non è condivisibile il cuore del ragionamento svolto dalla difesa erariale, alla cui stregua lo svolgimento dell’attività difensiva non potrebbe essere assimilato all’assolvimento di una pubblica funzione, poiché la difesa avanti i consigli provinciali di disciplina, a differenza del processo penale, sarebbe una mera facoltà dell’inquisito nel suo esclusivo interesse e non una garanzia posta nell’interesse generale.
2.2. In senso contrario, a favore della soluzione ammissiva è dirimente la circostanza per la quale, nell’ordinamento della Polizia di Stato, l’incolpato può farsi assistere esclusivamente da un appartenente alla medesima amministrazione (cfr. art. 20, comma 2, D.P.R. 25 ottobre 1981 n. 737); tale peculiare scelta normativa è stata ritenuta dal Giudice delle Leggi conforme a Costituzione in quanto giustificata dalla considerazione della funzione svolta, ovvero la tutela dell’ordine pubblico (cfr. Corte Cost., sentenza 30 maggio 2008 n. 182). Orbene, proprio il fatto che la speciale normativa in esame sia dettata e si giustifichi per il particolare assetto ordinamentale della Polizia di Stato e in considerazione dell’esigenza di tutela dell’ordine pubblico, fa sì che il compito svolto dal dipendente-difensore non sia più riconducibile al solo interesse personale dell'incolpato, ma miri alla salvaguardia dell'interesse generale e complessivo dell’amministrazione; e, pertanto, debba farsi rientrare tra le attività di servizio in vista delle quali l’art. 6 D.P.R. n. 170/70 destina l’emolumento per cui è causa.
3. Le spese di lite seguono la soccombenza come di norma.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
ACCOGLIE il ricorso e, per l’effetto, annulla il provvedimento indicato in epigrafe;
ACCERTA l’illegittimità della pretesa di ripetizione patrimoniale avanzata della p.a. con l’atto impugnato; CONDANNA l’amministrazione resistente alla restituzione delle somme già trattenute forzosamente dallo stipendio del ricorrente;
CONDANNA l’amministrazione resistente al pagamento delle spese di lite in favore del ricorrente che si liquida in € 1.400,00, oltre IVA e CPA come per legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 12 aprile 2012 con l’intervento dei magistrati:
Domenico Giordano, Presidente
Stefano Celeste Cozzi, Primo Referendario
Dario Simeoli, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/04/2012
Attività difensiva al collega e trattamento di missione
Re: Attività difensiva al collega e trattamento di missione
Messaggio da finalmente »
Cari amici della Polizia,ho letto il nuovo regolamento relativo all'accesso per la pensione del comparto seicurezza- Bene v'immaginate che a 63 anni un poliziotto corre appresso ad un ladro,con una mano impugna la psitola e con l'altra il catedere con la borsetta delle urine .
















Re: Attività difensiva al collega e trattamento di missione
Polizia di Stato
trattamento di missione (a carico dell’amministrazione) per le eventuali trasferte inerenti a quella attività.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Il CdS da ragione all'Amm.ne e ribalta la sentenza del Tar di Milano di cui sopra affermando che:
1) - il Collegio osserva che dall’insieme di queste disposizioni emerge che l’attività del difensore, nel procedimento disciplinare, risponde solamente all’interesse dell’inquisito, tanto è vero che questi può liberamente decidere se avvalersene o meno.
2) - Allo stesso modo, è da ritenere che il collega richiesto dall’inquisito di fungere da difensore sia libero di accettare o meno l’incarico.
3) - In nessun caso i diritti del difensore designato (e correlativamente quelli dell’inquisito che lo ha designato) possono giungere sino al punto di mettere a carico dell’amministrazione, sotto il titolo di trattamento di missione, il costo della trasferta eventualmente necessaria.
Per completezza leggete il tutto qui sotto.
----------------------------------------------------------------------------------
SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201503314
- Public 2015-07-03 -
N. 03314/2015REG.PROV.COLL.
N. 05442/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5442 del 2012, proposto da:
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Luigia Lazzaro, Giovambattista Cefalì, con domicilio eletto presso Luigia Lazzaro in Roma, Via G. Pierluigi Da Palestrina, 19;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE III n. 01244/2012, resa tra le parti, concernente recupero forzoso somme corrisposte
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti l’avvocato Lazzaro e l’avvocato dello Stato Agnese Soldani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellato, già ricorrente in primo grado, è dipendente della Polizia di Stato. Nel 2005, mentre era in servizio presso la Questura di OMISSIS, ha avuto occasione di svolgere le funzioni di difensore di un collega assoggettato a procedimento disciplinare presso la Questura di Cosenza.
Il presente contenzioso – giunto ora in appello dopo una sentenza del T.A.R. Lombardia favorevole all’interessato – si concentra sulla questione se un dipendente della P.S., che funge da difensore di un collega in un procedimento disciplinare, abbia diritto al trattamento di missione (a carico dell’amministrazione) per le eventuali trasferte inerenti a quella attività.
Nel caso in esame, in un primo tempo l’amministrazione ha aderito alla richiesta dell’interessato corrispondendogli quanto spettante a titolo di missione. Successivamente l’amministrazione ha ritenuto che invece il trattamento di missione non sia dovuto in casi del genere; e, mediante trattenute sullo stipendio, ha recuperato quanto aveva corrisposto all’interessato.
E’ seguìto il ricorso dell’agente al T.A.R. Lombardia, che ha accolto il ricorso condannando l’amministrazione a rimborsare l’interessato. L’amministrazione ha proposto appello davanti a questo Consiglio.
2. L’appello è fondato.
Nel procedimento disciplinare del personale della Polizia di Stato (d.P.R. n. 737/1981) l’intervento di un difensore non è obbligatorio, anzi non è neppure previsto, salvo che relativamente alla discussione davanti al consiglio (provinciale o centrale) di disciplina. Tale discussione peraltro ha luogo solo nei procedimenti concernenti le mancanze più gravi e rappresenta solo una fase intermedia del procedimento. Ma anche in questa ipotesi la presenza di un difensore è facoltativa, a scelta dell’inquisito. Così l’art. 20, comma secondo, del citato d.P.R.: «Il segretario... notifica per iscritto all'inquisito che dovrà presentarsi al consiglio di disciplina..... avvertendolo che ha facoltà.... di farsi assistere da un difensore appartenente all'Amministrazione della pubblica sicurezza...».
Il comma successivo dispone: «Il difensore, se lo richiede, ha facoltà di prendere visione degli atti prima della data della riunione e di chiederne copia; lo stesso non può intervenire alle sedute degli organi collegiali senza l'assenso dell'interessato». Ulteriori passi dello stesso articolo menzionano la presenza del difensore ed il suo intervento nella discussione orale, sempre con espressioni che ne sottolineano il carattere facoltativo, a discrezione dell’inquisito.
Si può aggiungere che queste disposizioni hanno superato il vaglio della Corte costituzionale, davanti alla quale era stato denunciato come una lesione del diritto di difesa il fatto che all’inquisito venga concesso di farsi difendere solo da un altro appartenente alla P.S., e non da un avvocato.
In proposito, la Corte costituzionale ha osservato: «Premesso che il diritto di difesa non ha una applicazione piena, nell'ambito dei procedimenti amministrativi, non può essere considerata manifestamente irragionevole la decisione del legislatore di consentire che l'accusato ricorra ad un difensore, ma di limitare, in considerazione della funzione svolta (tutela dell'ordine pubblico), la sua scelta ai dipendenti della stessa amministrazione, sicché la mancata previsione, nella norma censurata, della possibilità di nominare quale difensore un avvocato - anche se il legislatore potrebbe nella sua discrezionalità prevederla seguendo un modello di più elevata garanzia - non viola né il diritto di difesa, né il principio di ragionevolezza, considerato che la stessa norma consente all'inquisito di partecipare al procedimento e di difendere le proprie ragioni».
3. Ciò posto, il Collegio osserva che dall’insieme di queste disposizioni emerge che l’attività del difensore, nel procedimento disciplinare, risponde solamente all’interesse dell’inquisito, tanto è vero che questi può liberamente decidere se avvalersene o meno.
Allo stesso modo, è da ritenere che il collega richiesto dall’inquisito di fungere da difensore sia libero di accettare o meno l’incarico.
Non si tratta dunque di una sorta di munus publicum, ossia di una funzione istituzionale di garanzia nell’interesse pubblico alla corretta e imparziale applicazione della legge, come si potrebbe forse dire se – analogamente al processo penale - la presenza di un difensore fosse obbligatoria, a pena di nullità del procedimento, anche contro la volontà dell’inquisito.
Nondimeno, una volta che la normativa consente all’inquisito di farsi assistere da un difensore scelto liberamente fra il personale della stessa amministrazione, è intuitivo che l’amministrazione non può ostacolare il difensore nell’esercizio delle sue funzioni e quindi deve accordargli i permessi necessari per assentarsi dal servizio nel momento in cui deve esplicare la sua attività. Si potrà discutere se egli debba essere considerato in servizio oppure assente giustificato con obbligo di recupero dell’assenza, ma non è questa la materia del contendere nel presente giudizio. In nessun caso i diritti del difensore designato (e correlativamente quelli dell’inquisito che lo ha designato) possono giungere sino al punto di mettere a carico dell’amministrazione, sotto il titolo di trattamento di missione, il costo della trasferta eventualmente necessaria.
4. In conclusione, l’appello dell’amministrazione deve essere accolto. Le spese dei due gradi possono essere compensate, per ragioni di equità.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l’appello e in riforma della sentenza appellata rigetta il ricorso di primo grado. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/07/2015
trattamento di missione (a carico dell’amministrazione) per le eventuali trasferte inerenti a quella attività.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Il CdS da ragione all'Amm.ne e ribalta la sentenza del Tar di Milano di cui sopra affermando che:
1) - il Collegio osserva che dall’insieme di queste disposizioni emerge che l’attività del difensore, nel procedimento disciplinare, risponde solamente all’interesse dell’inquisito, tanto è vero che questi può liberamente decidere se avvalersene o meno.
2) - Allo stesso modo, è da ritenere che il collega richiesto dall’inquisito di fungere da difensore sia libero di accettare o meno l’incarico.
3) - In nessun caso i diritti del difensore designato (e correlativamente quelli dell’inquisito che lo ha designato) possono giungere sino al punto di mettere a carico dell’amministrazione, sotto il titolo di trattamento di missione, il costo della trasferta eventualmente necessaria.
Per completezza leggete il tutto qui sotto.
----------------------------------------------------------------------------------
SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 3 ,numero provv.: 201503314
- Public 2015-07-03 -
N. 03314/2015REG.PROV.COLL.
N. 05442/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 5442 del 2012, proposto da:
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, Via dei Portoghesi, 12;
contro
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Luigia Lazzaro, Giovambattista Cefalì, con domicilio eletto presso Luigia Lazzaro in Roma, Via G. Pierluigi Da Palestrina, 19;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. LOMBARDIA - MILANO: SEZIONE III n. 01244/2012, resa tra le parti, concernente recupero forzoso somme corrisposte
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di OMISSIS;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 2 luglio 2015 il Pres. Pier Giorgio Lignani e uditi per le parti l’avvocato Lazzaro e l’avvocato dello Stato Agnese Soldani;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. L’appellato, già ricorrente in primo grado, è dipendente della Polizia di Stato. Nel 2005, mentre era in servizio presso la Questura di OMISSIS, ha avuto occasione di svolgere le funzioni di difensore di un collega assoggettato a procedimento disciplinare presso la Questura di Cosenza.
Il presente contenzioso – giunto ora in appello dopo una sentenza del T.A.R. Lombardia favorevole all’interessato – si concentra sulla questione se un dipendente della P.S., che funge da difensore di un collega in un procedimento disciplinare, abbia diritto al trattamento di missione (a carico dell’amministrazione) per le eventuali trasferte inerenti a quella attività.
Nel caso in esame, in un primo tempo l’amministrazione ha aderito alla richiesta dell’interessato corrispondendogli quanto spettante a titolo di missione. Successivamente l’amministrazione ha ritenuto che invece il trattamento di missione non sia dovuto in casi del genere; e, mediante trattenute sullo stipendio, ha recuperato quanto aveva corrisposto all’interessato.
E’ seguìto il ricorso dell’agente al T.A.R. Lombardia, che ha accolto il ricorso condannando l’amministrazione a rimborsare l’interessato. L’amministrazione ha proposto appello davanti a questo Consiglio.
2. L’appello è fondato.
Nel procedimento disciplinare del personale della Polizia di Stato (d.P.R. n. 737/1981) l’intervento di un difensore non è obbligatorio, anzi non è neppure previsto, salvo che relativamente alla discussione davanti al consiglio (provinciale o centrale) di disciplina. Tale discussione peraltro ha luogo solo nei procedimenti concernenti le mancanze più gravi e rappresenta solo una fase intermedia del procedimento. Ma anche in questa ipotesi la presenza di un difensore è facoltativa, a scelta dell’inquisito. Così l’art. 20, comma secondo, del citato d.P.R.: «Il segretario... notifica per iscritto all'inquisito che dovrà presentarsi al consiglio di disciplina..... avvertendolo che ha facoltà.... di farsi assistere da un difensore appartenente all'Amministrazione della pubblica sicurezza...».
Il comma successivo dispone: «Il difensore, se lo richiede, ha facoltà di prendere visione degli atti prima della data della riunione e di chiederne copia; lo stesso non può intervenire alle sedute degli organi collegiali senza l'assenso dell'interessato». Ulteriori passi dello stesso articolo menzionano la presenza del difensore ed il suo intervento nella discussione orale, sempre con espressioni che ne sottolineano il carattere facoltativo, a discrezione dell’inquisito.
Si può aggiungere che queste disposizioni hanno superato il vaglio della Corte costituzionale, davanti alla quale era stato denunciato come una lesione del diritto di difesa il fatto che all’inquisito venga concesso di farsi difendere solo da un altro appartenente alla P.S., e non da un avvocato.
In proposito, la Corte costituzionale ha osservato: «Premesso che il diritto di difesa non ha una applicazione piena, nell'ambito dei procedimenti amministrativi, non può essere considerata manifestamente irragionevole la decisione del legislatore di consentire che l'accusato ricorra ad un difensore, ma di limitare, in considerazione della funzione svolta (tutela dell'ordine pubblico), la sua scelta ai dipendenti della stessa amministrazione, sicché la mancata previsione, nella norma censurata, della possibilità di nominare quale difensore un avvocato - anche se il legislatore potrebbe nella sua discrezionalità prevederla seguendo un modello di più elevata garanzia - non viola né il diritto di difesa, né il principio di ragionevolezza, considerato che la stessa norma consente all'inquisito di partecipare al procedimento e di difendere le proprie ragioni».
3. Ciò posto, il Collegio osserva che dall’insieme di queste disposizioni emerge che l’attività del difensore, nel procedimento disciplinare, risponde solamente all’interesse dell’inquisito, tanto è vero che questi può liberamente decidere se avvalersene o meno.
Allo stesso modo, è da ritenere che il collega richiesto dall’inquisito di fungere da difensore sia libero di accettare o meno l’incarico.
Non si tratta dunque di una sorta di munus publicum, ossia di una funzione istituzionale di garanzia nell’interesse pubblico alla corretta e imparziale applicazione della legge, come si potrebbe forse dire se – analogamente al processo penale - la presenza di un difensore fosse obbligatoria, a pena di nullità del procedimento, anche contro la volontà dell’inquisito.
Nondimeno, una volta che la normativa consente all’inquisito di farsi assistere da un difensore scelto liberamente fra il personale della stessa amministrazione, è intuitivo che l’amministrazione non può ostacolare il difensore nell’esercizio delle sue funzioni e quindi deve accordargli i permessi necessari per assentarsi dal servizio nel momento in cui deve esplicare la sua attività. Si potrà discutere se egli debba essere considerato in servizio oppure assente giustificato con obbligo di recupero dell’assenza, ma non è questa la materia del contendere nel presente giudizio. In nessun caso i diritti del difensore designato (e correlativamente quelli dell’inquisito che lo ha designato) possono giungere sino al punto di mettere a carico dell’amministrazione, sotto il titolo di trattamento di missione, il costo della trasferta eventualmente necessaria.
4. In conclusione, l’appello dell’amministrazione deve essere accolto. Le spese dei due gradi possono essere compensate, per ragioni di equità.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie l’appello e in riforma della sentenza appellata rigetta il ricorso di primo grado. Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 2 luglio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Bruno Rosario Polito, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere
Alessandro Palanza, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/07/2015
Vai a
- GENERALE
- ↳ Annunci e Regole importanti
- CONSULENZA LEGALE PER I MILITARI E LE FORZE DI POLIZIA
- ↳ L'Avv. Giorgio Carta risponde
- CONSULENZA LEGALE SU CONTENZIOSI CIVILI
- ↳ L'Avv. Giovanni Carta risponde
- PREVIDENZA SOCIALE
- ↳ CALCOLI PENSIONISTICI
- ↳ ASPETTATIVA - CAUSE DI SERVIZIO - EQUO INDENNIZZO - PENSIONE PRIVILEGIATA ORDINARIA E TABELLARE
- ↳ VITTIME DEL TERRORISMO, DOVERE E CRIMINALITÀ
- ↳ ISTRUZIONI PER LA CONCESSIONE DELLA SPECIALE ELARGIZIONE PREVISTA PER LE VITTIME DEL SERVIZIO
- SALUTE E BENESSERE FORZE ARMATE E FORZE DI POLIZIA
- ↳ Psicologia
- ↳ La Dott.ssa Alessandra D'Alessio risponde
- LEXETICA - ASSISTENZA LEGALE E MEDICO LEGALE
- ↳ IL LEGALE RISPONDE
- ↳ IL MEDICO LEGALE RISPONDE
- FORZE DI POLIZIA
- ↳ CARABINIERI
- ↳ POLIZIA DI STATO
- ↳ News Polizia di Stato
- ↳ GUARDIA DI FINANZA
- ↳ POLIZIA PENITENZIARIA
- ↳ Attività di Polizia Giudiziaria
- MILITARI
- ↳ ESERCITO
- ↳ MARINA
- ↳ AERONAUTICA
- ↳ CAPITANERIE DI PORTO - GUARDIA COSTIERA
- ↳ DONNE MILITARI
- ↳ UFFICIALI
- ↳ MARESCIALLI
- ↳ SERGENTI
- ↳ VSP
- ↳ VFP
- Trasferimenti all'Estero
- ↳ Tunisia
- ↳ Tenerife - Canarie
- DIPARTIMENTO VIGILI DEL FUOCO
- ↳ CORPO NAZIONALE VIGILI DEL FUOCO
- IMPIEGO CIVILE
- GUARDIE PARTICOLARI GIURATE