ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da naturopata »
Anche la Valle d'Aosta, riconosce il 2,44 ma pare andare verso il no per i -15 coma da sentenza n.4/2021
In conclusione, mentre va recisamente esclusa l’applicabilità dell’articolo 54 DPR n. 1092/73 al personale con meno di 15 anni di anzianità al 31.12.1995, va affermato che “La “quota retributiva “ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolato tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%”.
Da ciò consegue il parziale accoglimento del ricorso.
In conclusione, mentre va recisamente esclusa l’applicabilità dell’articolo 54 DPR n. 1092/73 al personale con meno di 15 anni di anzianità al 31.12.1995, va affermato che “La “quota retributiva “ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolato tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%”.
Da ciò consegue il parziale accoglimento del ricorso.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da domenico69 »
...
domenico69 ha scritto: ↑ven gen 29, 2021 9:46 pmnaturopata ha scritto: ↑ven gen 29, 2021 10:26 am Purtroppo tanti (anche avvocati) avevano detto che l'art.44 oramai non centrava più nulla ed era solo questione di percentuali in SS.RR, puntualmente, nuovamente smentiti. Voglio solo evidenziare che l'art.44 si riferisce ad anni effettivi mentre l'art.54 a anni utili e quindi non sono sovrapponibili perché un 15 effettivo art. 44 prende il 35%, mentre un 15 -1 giorno effettivo art. 54 prenderà il 44%.
Quanto evidenziato è previsto da Legge e non da interpretazioni "pittoresche", per cui fintantoché uno dei due articoli (44 o 54) non viene dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale, tanto è.
Questa al giorno d'oggi, purtroppo, è un'altra distorsione in quanto alla vigenza del DPR 1092/1973 sia per la Polizia di Stato che la Penitenziaria era previsto lo stesso trattamento degli odierni militari e FFPP ad ordinamento militare, che dipendesse da me continuerei ad applicare.Anche il poliziotto civile cui ancora in bontà si riconoscono gli anni utili (come ai militari) prenderà 35%+1,8+1,8+1,8= 40,4 quindi meno del 44%.
Semplicissimo!Dov'è la disparità di trattamento, giuridicamente parlando?
Lo ripeto per l'ennesima volta. Finché uno dei due articoli sopra citati non viene dichiarato illegittimo, per entrambe le categorie, civili e militari, dev'essere applicato lo stesso sistema di calcolo, visto che davanti alla legge si è tutti eguali e la Legge quella è.
Conseguentemente finché l'Inps, per addivenire all'aliquota annua da applicare, utilizza come dividendo il coefficiente minimo previsto per i civili (35%), alla stessa maniera deve utilizzare il relativo coefficiente minimo previsto per i militari (44%); ovviamente usando come divisore i 15 anni minimi previsti per entrambi.
In caso diverso, ossia come sancito dalle Riunite che per i soli militari ha previsto si utilizzino, come divisore, i 18 anni (bontà loro) si è in presenza di una disparità di trattamento, poiché per i civili si utilizzerebbero, arbitrariamente in questo caso, i 15 anni (avantaggiandoli).
P.S. Il comma 9 è inapplicabile perché al 95 non si ha una cessazione per limiti di età, ma è una "cessazione", se così si vuole definire, di un sistema pensionistico, tra l'altro nemmeno imputabile alla volontà di noi tutti sfigati.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da naturopata »
Quanto evidenziato è previsto da Legge e non da interpretazioni "pittoresche", per cui fintantoché uno dei due articoli (44 o 54) non viene dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale, tanto è.
Fuffa.
Dal1996 tutti sono inquadrati sotto la legge 335/95 quindi è più plausibile l'art.44 per tutti.
Lo ripeto per l'ennesima volta. Finché uno dei due articoli sopra citati non viene dichiarato illegittimo, per entrambe le categorie, civili e militari, dev'essere applicato lo stesso sistema di calcolo, visto che davanti alla legge si è tutti eguali e la Legge quella è.
Giusto, su 20 anni limite minimo per la pensione sempre 44/20 fa, ovvero il 2,20 per anno, oppure su 18 avremo 44/18=2,44 e 40.4/18=2.24. Vuol dire che l'INPS ha sbagliato anche l'applicazione dell'art.44, mi sembra ovvio, ma qui non frega niente, è arrivato alle SS.RR. l'art.54 e solo su quello si discute.
Conseguentemente finché l'Inps, per addivenire all'aliquota annua da applicare, utilizza come dividendo il coefficiente minimo previsto per i civili (35%), alla stessa maniera deve utilizzare il relativo coefficiente minimo previsto per i militari (44%); ovviamente usando come divisore i 15 anni minimi previsti per entrambi.
Favole.
In caso diverso, ossia come sancito dalle Riunite che per i soli militari ha previsto si utilizzino, come divisore, i 18 anni (bontà loro) si è in presenza di una disparità di trattamento, poiché per i civili si utilizzerebbero, arbitrariamente in questo caso, i 15 anni (avantaggiandoli).
Se si romperanno le scatole come fatto per l'art.54, sull'art.44, cambieranno in difetto anche l'art.44, non ti preoccupare, ci stanno provando in tutti i modi i PS i penitenziari.........
P.S. Il comma 9 è inapplicabile perché al 95 non si ha una cessazione per limiti di età, ma è una "cessazione", se così si vuole definire, di un sistema pensionistico, tra l'altro nemmeno imputabile alla volontà di noi tutti sfigati.
Favole.
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Fuffa.
Questa al giorno d'oggi, purtroppo, è un'altra distorsione in quanto alla vigenza del DPR 1092/1973 sia per la Polizia di Stato che la Penitenziaria era previsto lo stesso trattamento degli odierni militari e FFPP ad ordinamento militare, che dipendesse da me continuerei ad applicare.Anche il poliziotto civile cui ancora in bontà si riconoscono gli anni utili (come ai militari) prenderà 35%+1,8+1,8+1,8= 40,4 quindi meno del 44%.
Dal1996 tutti sono inquadrati sotto la legge 335/95 quindi è più plausibile l'art.44 per tutti.
Semplicissimo!Dov'è la disparità di trattamento, giuridicamente parlando?
Lo ripeto per l'ennesima volta. Finché uno dei due articoli sopra citati non viene dichiarato illegittimo, per entrambe le categorie, civili e militari, dev'essere applicato lo stesso sistema di calcolo, visto che davanti alla legge si è tutti eguali e la Legge quella è.
Giusto, su 20 anni limite minimo per la pensione sempre 44/20 fa, ovvero il 2,20 per anno, oppure su 18 avremo 44/18=2,44 e 40.4/18=2.24. Vuol dire che l'INPS ha sbagliato anche l'applicazione dell'art.44, mi sembra ovvio, ma qui non frega niente, è arrivato alle SS.RR. l'art.54 e solo su quello si discute.
Conseguentemente finché l'Inps, per addivenire all'aliquota annua da applicare, utilizza come dividendo il coefficiente minimo previsto per i civili (35%), alla stessa maniera deve utilizzare il relativo coefficiente minimo previsto per i militari (44%); ovviamente usando come divisore i 15 anni minimi previsti per entrambi.
Favole.
In caso diverso, ossia come sancito dalle Riunite che per i soli militari ha previsto si utilizzino, come divisore, i 18 anni (bontà loro) si è in presenza di una disparità di trattamento, poiché per i civili si utilizzerebbero, arbitrariamente in questo caso, i 15 anni (avantaggiandoli).
Se si romperanno le scatole come fatto per l'art.54, sull'art.44, cambieranno in difetto anche l'art.44, non ti preoccupare, ci stanno provando in tutti i modi i PS i penitenziari.........
P.S. Il comma 9 è inapplicabile perché al 95 non si ha una cessazione per limiti di età, ma è una "cessazione", se così si vuole definire, di un sistema pensionistico, tra l'altro nemmeno imputabile alla volontà di noi tutti sfigati.
Favole.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da naturopata »
Da leggere:
https://www.studiolegalechessa.com/2021 ... criticita/
Sottolineo che la sentenza n.42 Sicilia che lo studio in questione afferma che abbia riconosciuto i -15 non è corretto perché si tratta di un +15. Allo stato attuale solo la Calabria è per il si, la Sicilia, la Toscana, sembra anche la Lombardia, la Valle d'Aosta, Liguria, Puglia, Emilia Romagna, etc (il Veneto nemmeno lo consideriamo) per il no.
Debacle.
https://www.studiolegalechessa.com/2021 ... criticita/
Sottolineo che la sentenza n.42 Sicilia che lo studio in questione afferma che abbia riconosciuto i -15 non è corretto perché si tratta di un +15. Allo stato attuale solo la Calabria è per il si, la Sicilia, la Toscana, sembra anche la Lombardia, la Valle d'Aosta, Liguria, Puglia, Emilia Romagna, etc (il Veneto nemmeno lo consideriamo) per il no.
Debacle.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da naturopata »
Ancora il Veneto n.24/2021 afferma, limando sempre più:
Tutto ciò premesso, in fatto e in diritto, il ricorso è infondato e va respinto per il complesso delle motivazioni sopra esposte, ripetutamente ribadite da questa Sezione e sostanzialmente condivise dalle Sezioni riunite in sede di giurisdizionale (cit. sent. n. 1/2021), le quali hanno, in modo chiaro e inequivocabile, evidenziato come l’art. 54, c. 1, cit. possa trovare applicazione soltanto al caso dei pensionati “in possesso, all’epoca di definitiva cessazione dal servizio, esclusivamente di un’anzianità di almeno quindici e non più di venti anni” (pag. 31, della cit. sentenza). Caso in cui non rientra il ricorrente il quale, al momento della cessazione dal servizio, vantava un’anzianità di servizio pari a 41 anni, 9 mesi e 10 giorni (nel medesimo senso, cfr. tra le altre, Sez. giur. Veneto, sent. n. 5/2021, n.21/2021; Sez. giur. Lazio, sent. n. 9/2021).
Restano impregiudicate le eventuali altre questioni che non hanno formato oggetto di contraddittorio tra le parti e sulle quali, pertanto, non si è pronunciato questo Giudice.
Tuttavia a me pare che affermi la mancanza del diritto ex art.51, comma 1 a chi al momento del pensionamento superi i 20 anni e quindi di quali altre questioni si può discutere. Cosa vuol dire, a chi spetterebbe il 2,44% allora? A quelli con -15 congedati entro il 1995?
Tutto ciò premesso, in fatto e in diritto, il ricorso è infondato e va respinto per il complesso delle motivazioni sopra esposte, ripetutamente ribadite da questa Sezione e sostanzialmente condivise dalle Sezioni riunite in sede di giurisdizionale (cit. sent. n. 1/2021), le quali hanno, in modo chiaro e inequivocabile, evidenziato come l’art. 54, c. 1, cit. possa trovare applicazione soltanto al caso dei pensionati “in possesso, all’epoca di definitiva cessazione dal servizio, esclusivamente di un’anzianità di almeno quindici e non più di venti anni” (pag. 31, della cit. sentenza). Caso in cui non rientra il ricorrente il quale, al momento della cessazione dal servizio, vantava un’anzianità di servizio pari a 41 anni, 9 mesi e 10 giorni (nel medesimo senso, cfr. tra le altre, Sez. giur. Veneto, sent. n. 5/2021, n.21/2021; Sez. giur. Lazio, sent. n. 9/2021).
Restano impregiudicate le eventuali altre questioni che non hanno formato oggetto di contraddittorio tra le parti e sulle quali, pertanto, non si è pronunciato questo Giudice.
Tuttavia a me pare che affermi la mancanza del diritto ex art.51, comma 1 a chi al momento del pensionamento superi i 20 anni e quindi di quali altre questioni si può discutere. Cosa vuol dire, a chi spetterebbe il 2,44% allora? A quelli con -15 congedati entro il 1995?
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
La CdC Trentino A.A. sezione di Trento con le sentenze n. 3, 4, 5, accoglie parzialmente con + 15, riconosce ai Militari il 2,44% e non il 44%
1) - Per quanto qui occupa, all’esito di una ricostruzione sistematica delle disposizioni del D.P.R. n. 1092/1973, in coerenza con la disciplina transitoria recata dalla riforma previdenziale della legge n. 335/1995, le Sezioni Riunite hanno affermato il seguente principio di diritto:
“La “quota retributiva “ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolato tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%.”
2) - Alla stregua della richiamata decisione, non è quindi corretta la determinazione della pensione spettante al ricorrente effettuata dall’I.N.P.S. con applicazione dell’aliquota del 35% per i primi 15 anni, come previsto dall’art. 44 del D.P.R. n. 1092/1978, che, nel disciplinare il trattamento normale spettante al personale civile dello stato, con il suo primo comma dispone:
“La pensione spettante al personale civile con l'anzianità di quindici anni di servizio effettivo è pari al 35 per cento della base pensionabile; detta percentuale è aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio utile fino a raggiungere il massimo dell'ottanta per cento”; norma, quest’ultima, dichiarata inapplicabile al personale militare dalle Sezioni Riunite con la citata sentenza n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, in ragione del “diverso regime riservato ai due ambiti” (personale civile e personale militare).
1) - Per quanto qui occupa, all’esito di una ricostruzione sistematica delle disposizioni del D.P.R. n. 1092/1973, in coerenza con la disciplina transitoria recata dalla riforma previdenziale della legge n. 335/1995, le Sezioni Riunite hanno affermato il seguente principio di diritto:
“La “quota retributiva “ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolato tenendo conto dell’effettivo numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%.”
2) - Alla stregua della richiamata decisione, non è quindi corretta la determinazione della pensione spettante al ricorrente effettuata dall’I.N.P.S. con applicazione dell’aliquota del 35% per i primi 15 anni, come previsto dall’art. 44 del D.P.R. n. 1092/1978, che, nel disciplinare il trattamento normale spettante al personale civile dello stato, con il suo primo comma dispone:
“La pensione spettante al personale civile con l'anzianità di quindici anni di servizio effettivo è pari al 35 per cento della base pensionabile; detta percentuale è aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio utile fino a raggiungere il massimo dell'ottanta per cento”; norma, quest’ultima, dichiarata inapplicabile al personale militare dalle Sezioni Riunite con la citata sentenza n. 1/2021/QM/PRES-SEZ, in ragione del “diverso regime riservato ai due ambiti” (personale civile e personale militare).
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
promemoria comportamento CdC come Esempio, personale Militare con + 15 e - 15.
CdC Calabria sentenza n. 2, 7, 32 e 33, personale Militare con + 15 anni, conferma il coefficiente del 2,44%,
CdC Calabria n. 22, accoglie il ricorso della vedova del Militare con + 15.
CdC Calabria n. 12, 18, personale Militare con - 15 anni, accoglie.
CdC Puglia n. 17, personale Militare con + 15 anni.
CdC Marche n. 41, 42, 43, 44, 45, 48, 49,50, 51 e 52, personale Militare con + 15.
CdC Basilicata n. 1, 2 e 5, personale Militare con + 15 anni.
CdC Lazio n. 6, 7, 8, 9, 12, 19, 23, 24, 25, 26, personale Militare con + 15 anni.
CdC Sicilia n. 42, 45, 46, 47 e 78 personale Militare con + 15 anni.
CdC Sicilia n. 80 e 81, rigetta i ricorsi del personale con – 15 anni.
CdC Lombardia n. 13, 15, personale Militare con + 15 anni.
CdC Toscana n. 12, 20, 21, 22 e 25 personale Militare con + 15 anni.
CdC Toscana n. 23 e 24 nella persona del Giudice Pia Manni, accoglie personale Militare con – 15 anni.
CdC Toscana n. 11, 13, rigetta il ricorso al personale Militare con – 15 anni.
CdC Piemonte n. 13, 14, 15, 16, 20, 21, (22 misto, con + Accolto e con - Rigettato), 23, 24, (27 misto, con + Accolto e con meno Rigettato), personale Militare con + 15 anni.
CdC Piemonte n. 25, rigetta il ricorso al personale Militare con – 15 anni.
CdC Umbria n. 1, 2, personale Militare con + 15 anni.
N.B.: la stessa CdC con la n. 3 e 4, rigetta i ricorsi, poiché i ricorrenti non hanno dato prova di possedere, al 31 dicembre 1995 un’anzianità di servizio compresa tra i 15 e i 18 anni ( 1 ha segnalato di aver prestato servizio dal 28 gennaio 1983 e l’altro dal 12 gennaio 1983 )
CdC Valle d’Aosta n. 4, 5, 6, 8, personale Militare con + 15 anni.
N.B.; la stessa CdC con la n. 3 Accoglie il ricorso del ricorrente CC. (18 anni e 6 mesi al 31.12.1995, strano però).
CdC Trentino A.A. sezione di Trento n. 3, 4, 5, personale Militare con + 15.
CdC Veneto n. 4, 5, 7, 9, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 19, 21 e 22, rigetta con + 15 anni.
CdC Calabria sentenza n. 2, 7, 32 e 33, personale Militare con + 15 anni, conferma il coefficiente del 2,44%,
CdC Calabria n. 22, accoglie il ricorso della vedova del Militare con + 15.
CdC Calabria n. 12, 18, personale Militare con - 15 anni, accoglie.
CdC Puglia n. 17, personale Militare con + 15 anni.
CdC Marche n. 41, 42, 43, 44, 45, 48, 49,50, 51 e 52, personale Militare con + 15.
CdC Basilicata n. 1, 2 e 5, personale Militare con + 15 anni.
CdC Lazio n. 6, 7, 8, 9, 12, 19, 23, 24, 25, 26, personale Militare con + 15 anni.
CdC Sicilia n. 42, 45, 46, 47 e 78 personale Militare con + 15 anni.
CdC Sicilia n. 80 e 81, rigetta i ricorsi del personale con – 15 anni.
CdC Lombardia n. 13, 15, personale Militare con + 15 anni.
CdC Toscana n. 12, 20, 21, 22 e 25 personale Militare con + 15 anni.
CdC Toscana n. 23 e 24 nella persona del Giudice Pia Manni, accoglie personale Militare con – 15 anni.
CdC Toscana n. 11, 13, rigetta il ricorso al personale Militare con – 15 anni.
CdC Piemonte n. 13, 14, 15, 16, 20, 21, (22 misto, con + Accolto e con - Rigettato), 23, 24, (27 misto, con + Accolto e con meno Rigettato), personale Militare con + 15 anni.
CdC Piemonte n. 25, rigetta il ricorso al personale Militare con – 15 anni.
CdC Umbria n. 1, 2, personale Militare con + 15 anni.
N.B.: la stessa CdC con la n. 3 e 4, rigetta i ricorsi, poiché i ricorrenti non hanno dato prova di possedere, al 31 dicembre 1995 un’anzianità di servizio compresa tra i 15 e i 18 anni ( 1 ha segnalato di aver prestato servizio dal 28 gennaio 1983 e l’altro dal 12 gennaio 1983 )
CdC Valle d’Aosta n. 4, 5, 6, 8, personale Militare con + 15 anni.
N.B.; la stessa CdC con la n. 3 Accoglie il ricorso del ricorrente CC. (18 anni e 6 mesi al 31.12.1995, strano però).
CdC Trentino A.A. sezione di Trento n. 3, 4, 5, personale Militare con + 15.
CdC Veneto n. 4, 5, 7, 9, 11, 12, 13, 14, 15, 16, 19, 21 e 22, rigetta con + 15 anni.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
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SENT.19/2021
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
composta dai magistrati
Andrea LUPI Presidente
Domenico GUZZI Consigliere relatore
Roberto RIZZI Consigliere
Maria Cristina RAZZANO Consigliere
Erika GUERRI Primo Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio sull’appello iscritto al n. 55311 del registro di segreteria, proposto
da:
- Inps, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato
e difeso dagli avv.ti Luigi Caliulo, Lidia Carcavallo, Antonella Patteri,
Sergio Preden, elettivamente domiciliato in Roma, via Cesare
Beccaria, n. 29, presso gli uffici dell’Avvocatura dell’Istituto,
contro
- OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. Guido Chessa,
elettivamente domiciliato in Roma, via Baiamonti, n. 4, presso lo
studio dell’avv. Andrea Lippi,
avverso
la sentenza della Sezione giurisdizionale per la regione Veneto, n. 179/2018
SENT. 19/2021 2
pubblicata in data 25 ottobre 2018.
Visti gli atti del giudizio.
Nell’udienza pubblica del 28 gennaio 2021, con l’assistenza del segretario,
dott.ssa Alessandra Carcani, data per letta la relazione del Consigliere
designato, uditi l’avv. Giuseppina Giannico per l’INPS e l’avv. Mario Bacci,
per delega, in favore dell’appellato.
FATTO
Con l’impugnata sentenza, il giudice monocratico presso la Sezione
giurisdizionale per il Veneto ha accolto il ricorso del sig. OMISSIS, ex Primo
Maresciallo dell’Esercito Italiano, in quiescenza dal 15 dicembre 2016, con
cui aveva lamentato l’erroneità del trattamento pensionistico in godimento.
In particolare aveva contestato il mancato riconoscimento del diritto a vedersi
quantificato l’assegno di pensione in base della percentuale prevista dall’art.
54, comma 1, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, ciò sul presupposto che
alla data del 31 dicembre 1995 aveva maturato una anzianità compresa tra 15
e 20 anni di servizio e tuttavia non superiore, sempre alla suddetta data, ai 18
anni di contribuzione, ragione per cui la sua pensione sarebbe stata soggetta,
come in effetti è stato, al sistema di calcolo c.d. “misto”, dunque suscettibile
dell’aumento percentuale della base di calcolo previsto dalla citata norma.
Come sopra accennato, il primo giudice ha integralmente accolto la domanda,
riconoscendo il diritto alla “riliquidazione della pensione in godimento, con
applicazione, sulla quota calcolata col sistema retributivo, dell’aliquota di
rendimento di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973”.
Con atto d’appello ritualmente proposto, l’Inps ha contestato tale sentenza,
deducendo “violazione e falsa applicazione dell’articolo 54 del DPR
SENT. 19/2021 3
n.1092/1973” per carenza dei presupposti di legge necessari all’attribuzione
del beneficio pensionistico nei termini statuiti in sentenza.
Dopo aver definito assolutamente inconciliabile con il vigente dato normativo
la generalizzata applicazione dell’aliquota di rendimento del 44% fissata dalla
citata disposizione, in quanto riferibile ai soli militari cessati dal servizio
esclusivamente con un’anzianità compresa tra quindici e venti anni, l’Istituto
ha prospettato due differenti soluzioni interpretative.
La prima muove dalla considerazione che l'art. 44 del d.P.R. n. 1092/1973, nel
disciplinare la “misura del trattamento normale” di pensione per tutti i
dipendenti pubblici, sia essi civili che militari, abbia dettato la regola generale
per il conseguimento del beneficio pensionistico con la minima anzianità di
servizio necessaria (15 anni) prevista dall'ordinamento, per cui, posto che al
15° anno di servizio risulterebbe maturato un rendimento pari al 35% della
base pensionabile (con una progressione pari al 2,33% annuo), e che al 20°
anno, ai sensi del primo comma dell'art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, il
rendimento è da ritenersi pari al 44% della base pensionabile, si avrebbe che
nel quinquennio compreso fra i 15 ed i 20 anni l'accrescimento annuale
potrebbe essere determinato solo nella misura dell'l,80% annuo.
La seconda opzione, invece, troverebbe fondamento direttamente nell'art. 54
del d.P.R. n. 1092/1973, in particolare nel comma 9, che nel prevedere “per il
militare che cessa dal servizio permanente o continuativo per raggiungimento
del limite di età, senza aver maturato l’anzianità prevista nel primo comma
dell'art. 52 (15 anni), la pensione è pari al 2,20 per cento della base
pensionabile per ogni anno di servizio utile”, cosicché si potrebbe ritenere
applicabile, sempre secondo l’Istituto appellante, la suddetta aliquota del
SENT. 19/2021 4
2,20% annuo.
In ogni caso, quale che sia la soluzione di diritto che la Sezione d’appello vorrà
perseguire, ad avviso dell’Istituto la sentenza impugnata sarebbe da
considerarsi illegittima e tale da dovere essere “annullata”.
Con memoria depositata il 7 settembre 2020 si è ritualmente costituito il sig.
OMISSIS, chiedendo il rigetto del gravame l’integrale conferma di quanto
deciso in primo grado.
All’odierna udienza, il difensore dell’Istituto previdenziale ha diffusamente
argomentato sia sulla fondatezza dell’unico motivo di gravame, anche alla
luce della recente sentenza n.1/2021/QM del 4 gennaio 2021 delle Sezioni
riunite di questa Corte dei conti, sia sul fatto che l’unica domanda azionata da
controparte sarebbe quella volta ad ottenere il ricalcolo della quota retributiva
mediante applicazione dell’aliquota prevista dal primo comma dell’art. 54 cit.,
sicché, in assenza di un petitum espressamente volto alla riliquidazione del
trattamento mediante l’impiego di uno specifico coefficiente, l’epilogo del
presente giudizio non potrebbe che essere quello di mero annullamento della
sentenza impugnata senza alcuna altra pronuncia nel merito della
riliquidazione dell’assegno.
Il difensore dell’appellato ha, invece, insistito sull’infondatezza dell’appello,
ma anche sulla necessità che il Collegio voglia confermare il decisum, così
disattendendo la soluzione nomofilattica enunciata dalle Sezioni riunite con la
sentenza n. 1/2021/QM.
Considerato in
D I R I T T O
L’appello può trovare parziale accoglimento nei limiti e per le ragioni di
SENT. 19/2021 5
seguito indicate.
Come fatto cenno in narrativa, il trattamento di quiescenza è stato quantificato
con il “sistema misto”, non possedendo l’interessato, alla data del 31 dicembre
1995 un’anzianità contributiva di almeno 18 anni, ragione per cui, per la parte
da calcolarsi col metodo retributivo, la pensione è stata liquidata sulla base del
coefficiente previsto dall’articolo 44 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1093,
nella misura del 35% in luogo del più favorevole 44% contemplato
dall’articolo 54 del medesimo testo legislativo.
Con l’impugnata sentenza, il giudice di prime cure ha, invece, ritenuto
quest’ultima percentuale come quella più in linea col prevalente orientamento
giurisprudenziale, che seppur inizialmente contrastato da pronunce di segno
contrario sia di primo che di secondo grado, aveva poi trovato stabilità grazie
a ripetute, convergenti sentenze di tutte e tre le Sezioni d’appello di questa
Corte dei conti (cfr. Sez. I App. sent. n. 422 del 2018; Sez. II App. sent. n.
205, n. 208, n. 308, n. 310 del 2019; Sez. III App. sent. n. 228, n. 266, n. 267
del 2019).
Nondimeno, la diversità di vedute ha continuato ad animare la giurisprudenza
con pronunce di segno opposto alla generalizzata applicabilità dell’art. 54 cit.,
tra cui le sentenze della Sezione d’appello per la Sicilia n. 40 del 3 agosto 2020
e n. 43 del 17 settembre 2020.
Da qui l’inevitabile intervento richiesto in chiave nomofilattica alle Sezioni
riunite sia dal Presidente della Corte dei conti, con l’ordinanza di deferimento
n. 12/2020 del 12 ottobre 2020, sia dalla Sezione prima centrale d’appello, con
le ordinanze n. 26 e n. 27 del 14 ottobre 2020, su questioni di massima
connesse e così formulate: “a) se il beneficio previsto dall’art. 54, comma 1,
SENT. 19/2021 6
d.P.R. n. 1092 del 1973, spetti o meno al personale militare collocato a riposo
con una anzianità di servizio superiore ai 20 anni; in altri termini - avendo
riguardo alle modalità di calcolo del trattamento di pensione - se la “quota
retributiva “ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi
dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale
militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini
previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra
i 15 ed i 18 anni, debba essere calcolata invariabilmente in misura pari al
44% della base pensionabile in applicazione del ridetto art. 54, oppure se tale
quota debba essere determinata tenendo conto dell'effettivo numero di anni di
anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo
coefficiente per ogni anno utile; b) in caso di ritenuta spettanza del beneficio
di cui all'art. 54 al personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di
anzianità, se la medesima aliquota del 44% sia applicabile anche per la quota
retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31
dicembre 1995, vantavano un anzianità utile inferiore a 15 anni”.
Sul primo dei due quesiti, con la citata sentenza n. 1/2021/QM del 4 gennaio
2021, le Sezioni riunite hanno enunciato il principio di diritto a tenore del
quale “la quota retributiva della pensione da liquidarsi con il sistema
“misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore
del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile
ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità
ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolato tenendo conto dell’effettivo
numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione
del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%”; mentre
SENT. 19/2021 7
sulla seconda questione attinente al fatto se, in caso di risposta affermativa
sulla prima, l’aliquota del 44% dovesse ritenersi applicabile anche per la quota
retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31
dicembre 1995 avessero vantato un’anzianità utile inferiore a 15 anni, se ne è
ritenuto l’assorbimento “con valutazione coerentemente negativa” nella
soluzione data al primo quesito.
A sostegno dell’inapplicabilità generalizzata dell’aliquota del 44% sulla quota
retributiva della pensione, le Sezioni riunite hanno fatto leva, tra l’altro, sul
dato letterale risultante dal combinato disposto dell’art. 52 e dell’art. 54 per i
commi successivi al primo, ovvero sul fatto che con l’art. 52 fosse stato
previsto e disciplinato il “diritto al trattamento normale” di pensione per il
militare che avesse conseguito i requisiti minimi di anzianità individuati in
rapporto alle diverse cause di cessazione dal servizio, da calcolarsi in base al
coefficiente di progressione lineare del 2,20% fissato dal nono comma dell’art.
54, percentuale peraltro supportata dalla “disaggregazione del periodo di
quaranta anni previsto per raggiungere il coefficiente massimo dell’80%”
previsto dal comma 7 dell’articolo in rassegna e limitando il 44% di cui al
primo comma dell’art. 54 al “primo segmento ventennale determinato
dall’ovvio calcolo “2,20% all’anno*20anni=44%” (cfr. sent. n. 1/2021/QM).
Nel caso, invece, di permanenza in servizio oltre il ventesimo anno, il
coefficiente, già comunque giunto al 44% per effetto del comma 2 dell’art. 54,
avrebbe subito un aumento pari al solo 1.80 % ogni anno, mentre per chi si
fosse trovato nelle condizioni di usufruire del sistema retributivo e “fosse
andato in pensione fra il 15° e il 20° anno, sarebbe scattato il “beneficio”
previsto dall’articolo 54, primo comma, con attribuzione del 44% già dal 15°
SENT. 19/2021 8
anno” (cfr. sent. n. 1/2021/QM cit.).
L’opzione interpretativa prescelta è stata, quindi, quella di non ritenere
possibile un’applicazione generalizzata dell’art. 54, comma 1, opzione che,
nel contesto di una interpretazione “costituzionalmente orientata”, non
comportando alcun profilo di irragionevolezza e di violazione del principio di
uguaglianza desumibile dall’art. 3 della Costituzione, secondo le Sezioni
riunite non recherebbe alcun vulnus al principio di proporzionalità delle
pensioni.
Tale soluzione porrebbe altresì al riparo, sempre secondo le Sezioni riunite,
dal rischio di “duplicazione della valorizzazione dei trattamenti” con riguardo
al periodo di servizio compreso fra l’anzianità maturata alla data del 31
dicembre 1995 e quella raggiunta al compimento dei venti anni, eventualità
inopinatamente ben possibile se si desse corso all’univoca applicazione della
percentuale di rivalutazione prevista da comma 1 dell’art. 54 cit., giacché essa
comporterebbe una prima valorizzazione della quota retributiva in relazione
ai primo venti anni di servizio, e una seconda nella quota pensionistica da
calcolarsi col sistema contributivo per gli anni svolti nello stesso periodo e
parimenti confluenti nel montante di calcolo.
Una volta esclusa l’applicabilità della percentuale di rendimento prevista dal
comma 1 dell’art. 54 più volte citato, le Sezioni riunite hanno affrontato il
problema della individuazione dell’aliquota di rendimento valutabile per il
calcolo pensionistico, pervenendo, come si è detto, alla conclusione di ritenere
corretta la percentuale del 2,44%.
A tal fine, dopo aver dato anche conto del recente orientamento
giurisprudenziale favorevole all’applicazione del coefficiente pari al 2,20%
SENT. 19/2021 9
previsto dall’art. 54, comma 9, ed osservato come lo stesso possa rivelarsi
addirittura più restrittivo rispetto a quello del 35% utilizzato in via
amministrativa dallo stesso Istituto previdenziale in applicazione dell’art. 44,
comma 1, le Sezioni riunite - opinando nel senso che a seguito
dell’introduzione del sistema misto di calcolo della pensione previsto dalla
legge n. 335/1995 per coloro che, militari compresi, alla data del 31 dicembre
1995 non avevano ancora maturato almeno 18 anni di servizio, per cui doveva
ritenersi essere venuta meno quell’armonizzazione di sistema delineata dal
d.P.R. 1092 del 1973 per i dipendenti pubblici, sia essi appartenenti alle
categorie civili, che militari dello Stato - onde evitare che, in mancanza di una
puntuale disciplina di raccordo oggettivamente non prevista, l’adattamento fra
i due sistemi succedutisi nel tempo potesse comportare effetti disarmonici e
anche dannose sperequazioni, hanno ritenuto, da un lato, necessario
valorizzare il solo “spartiacque al quale è possibile riconoscere, in termini
generali, rilevanza sotto il profilo normativo, vale a dire l’anzianità di 18 anni
di servizio che la stessa legge 335/1995 ha individuato per tenere distinto il
sistema retributivo da quello contributivo”; dall’altro, che “il coefficiente del
2,20%, che si ricava dividendo per 20 l’aliquota del 44%, raggiungibile (se
non si è andati in pensione prima, per chi poteva farlo secondo il sistema
retributivo puro) al compimento del ventesimo anno di servizio, è solo in
astratto corretto poiché solo in astratto applicabile a ciascuno di quei venti
anni”, giacché appare evidente come in concreto questo coefficiente – “che
oggi serve a valorizzare la quota di servizio da assoggettare al sistema
retributivo per chi rientra nel sistema misto - mai potrà essere applicato a chi,
alla fine del 1995, aveva una anzianità compresa tra i 18 e i 20 anni, poiché
SENT. 19/2021 10
costoro rientrano completamente nel vecchio sistema retributivo”.
Conseguentemente, non potendo trovare applicazione il coefficiente del
2,20% annuo, l’unico correttivo ragionevolmente ricavabile dalla stessa legge
n. 335/1995, è stato dalle Sezioni riunite ottenuto “mettendo a denominatore”
il numero di anni che tale normativa ha fissato per essere assoggettati al
calcolo pensionistico col metodo misto, vale a dire 18 anni meno un giorno,
così ottenendo che “l’aliquota applicabile debba essere pari a 44 diviso 17 +
364/365esimi, cioè 44/17,997 = 2,445 per ogni anno”, con ragionevole
arrotondamento al 2,44% mediante approssimazione al millesimo del risultato
ottenuto, giacché approssimandolo al centesimo, “come si fa ordinariamente,
i due risultati coinciderebbero in 2,44%.”.
Alla luce di quanto sin qui esposto, ritiene il Collegio che la soluzione data
dalla Sezioni riunite alla complessa questione di diritto - apparendo come il
risultato di un approfondito percorso ermeneutico ragionevolmente volto a
determinare la regola di diritto da applicare al caso concreto in un quadro
normativo che vede il concorso di contrastanti discipline tutte parimenti
vigenti e nondimeno in astratto applicabili – non presenti sufficienti margini
di non condivisione tali da poter ex adverso giustificare da parte di questa
Sezione una nuova rimessione dell’ormai annoso problema ex art. 117 c.g.c.
In siffatto contesto, venendo al caso che ne occupa, si deve conseguentemente
affermare che nei confronti dell’odierno appellato, con una anzianità maturata
al 31 dicembre 1995 di 15 anni, mesi 8 e giorni 8 di servizio utile, il
coefficiente di rendimento da applicarsi sulla quota parte della pensione da
calcolarsi con sistema retributivo debba essere quello del 2,44%.
Così concludendo va da sé che deve ritenersi respinta la pretesa dell’Istituto
SENT. 19/2021 11
appellante di sortire una pronuncia di accoglimento del gravame in termini di
mero annullamento della sentenza di prime cure sul presupposto che nel caso
di specie non vi sarebbe stata alcuna specifica domanda del pensionato in
ordine alla esatta determinazione dell’aliquota di rendimento da applicare al
trattamento pensionistico, come a voler prospettare che, diversamente
pronunciando, questo giudice potrebbe incorrere nel vizio di ultrapetizione,
posto che andrebbe ad emettere sentenza su un rapporto pensionistico non
preventivamente delibato in via amministrativa.
In proposito appare utile osservare, in primo luogo, come in base alla
consolidata giurisprudenza, il carattere di esclusività della giurisdizione
pensionistica intestata alla Corte dei conti fa sì che al giudice sia devoluto
l’intero rapporto controverso, con tutti gli elementi che ne fanno parte siccome
identificativi della causa petendi e del petitum, per cui il perimetro entro il
quale tale giurisdizione trova fondamento ed esercizio non può che
comprendere tutte le questioni concernenti la sussistenza del diritto, la misura,
la decorrenza della pensione nonché ogni altra situazione giuridica che possa
incidere sul trattamento di quiescenza (ex plurimis Sezione 1^ d’appello,
sentenze n. 386/2018 e n. 311/2018; Sezione 3^ d’appello, sentenze n.
530/217, n. 6/2018, n. 537/2017, n. 455/2017).
Così opinando, occorre in secondo luogo evidenziare che l’originaria
domanda - per quanto la si possa ritenere semplicemente imperniata
sull’applicazione del coefficiente di rendimento previsto dall’art. 54, comma
1 – era, però, l’espressione di un petitum sostanziale incontrovertibilmente
volto al ricalcolo, vale a dire alla riliquidazione, della pensione, e non vi è
dubbio che attraverso il principio enunciato nella sentenza n. 1/2021/QM, le
SENT. 19/2021 12
Sezioni riunite, dando una diversa interpretazione del medesimo quadro
normativo, sono giunte alla determinazione di una percentuale di ricalcolo da
applicare alla pensione, proprio come richiesto dal pensionato, ancorché non
nella misura dallo stesso pretesa.
Sussistono, pertanto, le condizioni affinché la potestà decisionale del Collegio
comprenda anche la determinazione della percentuale di rendimento annuo,
senza che da ciò si possa adombrare una pronuncia ultrapetita, né tampoco un
eccesso di potere giurisdizionale rispetto alle competenze discrezionali
dell’organo di amministrazione attiva competente sul procedimento
pensionistico.
In conclusione, l’appello merita parziale accoglimento, mentre per ciò che
concerne le spese, la novità dettata dal recente orientamento nomofilattico ne
giustifica l’integrale compensazione ai sensi dell’articolo 31, comma 3, c.g.c.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello,
disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, definitivamente
pronunciando, accoglie parzialmente l’appello e, per l’effetto, in riforma della
sentenza impugnata, riconosce all’appellato dalla data del suo collocamento
in congedo, il diritto alla riliquidazione della pensione in godimento con
applicazione, sulla quota calcolata col sistema retributivo maturata sino al 31
dicembre 1995, di un coefficiente annuo determinato nel 2,44%.
Spese compensate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2021.
L’Estensore Il Presidente
Domenico Guzzi Andrea Lupi
SENT. 19/2021 13
F.to digitalmente F.to digitalmente
Depositato in Segreteria il 2 FEB. 2021
Il Dirigente
Sabina Rago
F.to digitalmente
DECRETO
Il Collegio, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del Decreto
legislativo 30 giugno 2003 n. 196,
DISPONE
che a cura della Segreteria sia apposta l’annotazione di cui al comma 1 di detto
articolo 52, a tutela dei diritti delle parti private,
IL PRESIDENTE
Andrea Lupi
F.to digitalmente
Depositato in Segreteria il 2 FEB. 2021
IL DIRIGENTE
(dott.ssa Sabina Rago)
F.to digitalmente
In esecuzione del provvedimento collegiale ai sensi dell’art. 52 del Decreto
legislativo 30 giugno 2003 n. 196, in caso di diffusione: omettere le generalità
e gli altri dati identificativi delle parti private.
Roma, 2 FEB. 2021
IL DIRIGENTE
(dott.ssa Sabina Rago)
SENT. 19/2021 14
F.to digitalmente
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE D’APPELLO
composta dai magistrati
Andrea LUPI Presidente
Domenico GUZZI Consigliere relatore
Roberto RIZZI Consigliere
Maria Cristina RAZZANO Consigliere
Erika GUERRI Primo Referendario
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nel giudizio sull’appello iscritto al n. 55311 del registro di segreteria, proposto
da:
- Inps, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato
e difeso dagli avv.ti Luigi Caliulo, Lidia Carcavallo, Antonella Patteri,
Sergio Preden, elettivamente domiciliato in Roma, via Cesare
Beccaria, n. 29, presso gli uffici dell’Avvocatura dell’Istituto,
contro
- OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. Guido Chessa,
elettivamente domiciliato in Roma, via Baiamonti, n. 4, presso lo
studio dell’avv. Andrea Lippi,
avverso
la sentenza della Sezione giurisdizionale per la regione Veneto, n. 179/2018
SENT. 19/2021 2
pubblicata in data 25 ottobre 2018.
Visti gli atti del giudizio.
Nell’udienza pubblica del 28 gennaio 2021, con l’assistenza del segretario,
dott.ssa Alessandra Carcani, data per letta la relazione del Consigliere
designato, uditi l’avv. Giuseppina Giannico per l’INPS e l’avv. Mario Bacci,
per delega, in favore dell’appellato.
FATTO
Con l’impugnata sentenza, il giudice monocratico presso la Sezione
giurisdizionale per il Veneto ha accolto il ricorso del sig. OMISSIS, ex Primo
Maresciallo dell’Esercito Italiano, in quiescenza dal 15 dicembre 2016, con
cui aveva lamentato l’erroneità del trattamento pensionistico in godimento.
In particolare aveva contestato il mancato riconoscimento del diritto a vedersi
quantificato l’assegno di pensione in base della percentuale prevista dall’art.
54, comma 1, del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, ciò sul presupposto che
alla data del 31 dicembre 1995 aveva maturato una anzianità compresa tra 15
e 20 anni di servizio e tuttavia non superiore, sempre alla suddetta data, ai 18
anni di contribuzione, ragione per cui la sua pensione sarebbe stata soggetta,
come in effetti è stato, al sistema di calcolo c.d. “misto”, dunque suscettibile
dell’aumento percentuale della base di calcolo previsto dalla citata norma.
Come sopra accennato, il primo giudice ha integralmente accolto la domanda,
riconoscendo il diritto alla “riliquidazione della pensione in godimento, con
applicazione, sulla quota calcolata col sistema retributivo, dell’aliquota di
rendimento di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973”.
Con atto d’appello ritualmente proposto, l’Inps ha contestato tale sentenza,
deducendo “violazione e falsa applicazione dell’articolo 54 del DPR
SENT. 19/2021 3
n.1092/1973” per carenza dei presupposti di legge necessari all’attribuzione
del beneficio pensionistico nei termini statuiti in sentenza.
Dopo aver definito assolutamente inconciliabile con il vigente dato normativo
la generalizzata applicazione dell’aliquota di rendimento del 44% fissata dalla
citata disposizione, in quanto riferibile ai soli militari cessati dal servizio
esclusivamente con un’anzianità compresa tra quindici e venti anni, l’Istituto
ha prospettato due differenti soluzioni interpretative.
La prima muove dalla considerazione che l'art. 44 del d.P.R. n. 1092/1973, nel
disciplinare la “misura del trattamento normale” di pensione per tutti i
dipendenti pubblici, sia essi civili che militari, abbia dettato la regola generale
per il conseguimento del beneficio pensionistico con la minima anzianità di
servizio necessaria (15 anni) prevista dall'ordinamento, per cui, posto che al
15° anno di servizio risulterebbe maturato un rendimento pari al 35% della
base pensionabile (con una progressione pari al 2,33% annuo), e che al 20°
anno, ai sensi del primo comma dell'art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, il
rendimento è da ritenersi pari al 44% della base pensionabile, si avrebbe che
nel quinquennio compreso fra i 15 ed i 20 anni l'accrescimento annuale
potrebbe essere determinato solo nella misura dell'l,80% annuo.
La seconda opzione, invece, troverebbe fondamento direttamente nell'art. 54
del d.P.R. n. 1092/1973, in particolare nel comma 9, che nel prevedere “per il
militare che cessa dal servizio permanente o continuativo per raggiungimento
del limite di età, senza aver maturato l’anzianità prevista nel primo comma
dell'art. 52 (15 anni), la pensione è pari al 2,20 per cento della base
pensionabile per ogni anno di servizio utile”, cosicché si potrebbe ritenere
applicabile, sempre secondo l’Istituto appellante, la suddetta aliquota del
SENT. 19/2021 4
2,20% annuo.
In ogni caso, quale che sia la soluzione di diritto che la Sezione d’appello vorrà
perseguire, ad avviso dell’Istituto la sentenza impugnata sarebbe da
considerarsi illegittima e tale da dovere essere “annullata”.
Con memoria depositata il 7 settembre 2020 si è ritualmente costituito il sig.
OMISSIS, chiedendo il rigetto del gravame l’integrale conferma di quanto
deciso in primo grado.
All’odierna udienza, il difensore dell’Istituto previdenziale ha diffusamente
argomentato sia sulla fondatezza dell’unico motivo di gravame, anche alla
luce della recente sentenza n.1/2021/QM del 4 gennaio 2021 delle Sezioni
riunite di questa Corte dei conti, sia sul fatto che l’unica domanda azionata da
controparte sarebbe quella volta ad ottenere il ricalcolo della quota retributiva
mediante applicazione dell’aliquota prevista dal primo comma dell’art. 54 cit.,
sicché, in assenza di un petitum espressamente volto alla riliquidazione del
trattamento mediante l’impiego di uno specifico coefficiente, l’epilogo del
presente giudizio non potrebbe che essere quello di mero annullamento della
sentenza impugnata senza alcuna altra pronuncia nel merito della
riliquidazione dell’assegno.
Il difensore dell’appellato ha, invece, insistito sull’infondatezza dell’appello,
ma anche sulla necessità che il Collegio voglia confermare il decisum, così
disattendendo la soluzione nomofilattica enunciata dalle Sezioni riunite con la
sentenza n. 1/2021/QM.
Considerato in
D I R I T T O
L’appello può trovare parziale accoglimento nei limiti e per le ragioni di
SENT. 19/2021 5
seguito indicate.
Come fatto cenno in narrativa, il trattamento di quiescenza è stato quantificato
con il “sistema misto”, non possedendo l’interessato, alla data del 31 dicembre
1995 un’anzianità contributiva di almeno 18 anni, ragione per cui, per la parte
da calcolarsi col metodo retributivo, la pensione è stata liquidata sulla base del
coefficiente previsto dall’articolo 44 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1093,
nella misura del 35% in luogo del più favorevole 44% contemplato
dall’articolo 54 del medesimo testo legislativo.
Con l’impugnata sentenza, il giudice di prime cure ha, invece, ritenuto
quest’ultima percentuale come quella più in linea col prevalente orientamento
giurisprudenziale, che seppur inizialmente contrastato da pronunce di segno
contrario sia di primo che di secondo grado, aveva poi trovato stabilità grazie
a ripetute, convergenti sentenze di tutte e tre le Sezioni d’appello di questa
Corte dei conti (cfr. Sez. I App. sent. n. 422 del 2018; Sez. II App. sent. n.
205, n. 208, n. 308, n. 310 del 2019; Sez. III App. sent. n. 228, n. 266, n. 267
del 2019).
Nondimeno, la diversità di vedute ha continuato ad animare la giurisprudenza
con pronunce di segno opposto alla generalizzata applicabilità dell’art. 54 cit.,
tra cui le sentenze della Sezione d’appello per la Sicilia n. 40 del 3 agosto 2020
e n. 43 del 17 settembre 2020.
Da qui l’inevitabile intervento richiesto in chiave nomofilattica alle Sezioni
riunite sia dal Presidente della Corte dei conti, con l’ordinanza di deferimento
n. 12/2020 del 12 ottobre 2020, sia dalla Sezione prima centrale d’appello, con
le ordinanze n. 26 e n. 27 del 14 ottobre 2020, su questioni di massima
connesse e così formulate: “a) se il beneficio previsto dall’art. 54, comma 1,
SENT. 19/2021 6
d.P.R. n. 1092 del 1973, spetti o meno al personale militare collocato a riposo
con una anzianità di servizio superiore ai 20 anni; in altri termini - avendo
riguardo alle modalità di calcolo del trattamento di pensione - se la “quota
retributiva “ della pensione da liquidarsi con il sistema “misto”, ai sensi
dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore del personale
militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile ai fini
previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità ricompresa tra
i 15 ed i 18 anni, debba essere calcolata invariabilmente in misura pari al
44% della base pensionabile in applicazione del ridetto art. 54, oppure se tale
quota debba essere determinata tenendo conto dell'effettivo numero di anni di
anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione del relativo
coefficiente per ogni anno utile; b) in caso di ritenuta spettanza del beneficio
di cui all'art. 54 al personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di
anzianità, se la medesima aliquota del 44% sia applicabile anche per la quota
retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31
dicembre 1995, vantavano un anzianità utile inferiore a 15 anni”.
Sul primo dei due quesiti, con la citata sentenza n. 1/2021/QM del 4 gennaio
2021, le Sezioni riunite hanno enunciato il principio di diritto a tenore del
quale “la quota retributiva della pensione da liquidarsi con il sistema
“misto”, ai sensi dell'articolo 1, comma 12, della legge n. 335/1995, in favore
del personale militare cessato dal servizio con oltre 20 anni di anzianità utile
ai fini previdenziali e che al 31 dicembre 1995 vantava un'anzianità
ricompresa tra i 15 ed i 18 anni, va calcolato tenendo conto dell’effettivo
numero di anni di anzianità maturati al 31 dicembre 1995, con applicazione
del relativo coefficiente per ogni anno utile determinato nel 2,44%”; mentre
SENT. 19/2021 7
sulla seconda questione attinente al fatto se, in caso di risposta affermativa
sulla prima, l’aliquota del 44% dovesse ritenersi applicabile anche per la quota
retributiva della pensione in favore di quei militari che, alla data del 31
dicembre 1995 avessero vantato un’anzianità utile inferiore a 15 anni, se ne è
ritenuto l’assorbimento “con valutazione coerentemente negativa” nella
soluzione data al primo quesito.
A sostegno dell’inapplicabilità generalizzata dell’aliquota del 44% sulla quota
retributiva della pensione, le Sezioni riunite hanno fatto leva, tra l’altro, sul
dato letterale risultante dal combinato disposto dell’art. 52 e dell’art. 54 per i
commi successivi al primo, ovvero sul fatto che con l’art. 52 fosse stato
previsto e disciplinato il “diritto al trattamento normale” di pensione per il
militare che avesse conseguito i requisiti minimi di anzianità individuati in
rapporto alle diverse cause di cessazione dal servizio, da calcolarsi in base al
coefficiente di progressione lineare del 2,20% fissato dal nono comma dell’art.
54, percentuale peraltro supportata dalla “disaggregazione del periodo di
quaranta anni previsto per raggiungere il coefficiente massimo dell’80%”
previsto dal comma 7 dell’articolo in rassegna e limitando il 44% di cui al
primo comma dell’art. 54 al “primo segmento ventennale determinato
dall’ovvio calcolo “2,20% all’anno*20anni=44%” (cfr. sent. n. 1/2021/QM).
Nel caso, invece, di permanenza in servizio oltre il ventesimo anno, il
coefficiente, già comunque giunto al 44% per effetto del comma 2 dell’art. 54,
avrebbe subito un aumento pari al solo 1.80 % ogni anno, mentre per chi si
fosse trovato nelle condizioni di usufruire del sistema retributivo e “fosse
andato in pensione fra il 15° e il 20° anno, sarebbe scattato il “beneficio”
previsto dall’articolo 54, primo comma, con attribuzione del 44% già dal 15°
SENT. 19/2021 8
anno” (cfr. sent. n. 1/2021/QM cit.).
L’opzione interpretativa prescelta è stata, quindi, quella di non ritenere
possibile un’applicazione generalizzata dell’art. 54, comma 1, opzione che,
nel contesto di una interpretazione “costituzionalmente orientata”, non
comportando alcun profilo di irragionevolezza e di violazione del principio di
uguaglianza desumibile dall’art. 3 della Costituzione, secondo le Sezioni
riunite non recherebbe alcun vulnus al principio di proporzionalità delle
pensioni.
Tale soluzione porrebbe altresì al riparo, sempre secondo le Sezioni riunite,
dal rischio di “duplicazione della valorizzazione dei trattamenti” con riguardo
al periodo di servizio compreso fra l’anzianità maturata alla data del 31
dicembre 1995 e quella raggiunta al compimento dei venti anni, eventualità
inopinatamente ben possibile se si desse corso all’univoca applicazione della
percentuale di rivalutazione prevista da comma 1 dell’art. 54 cit., giacché essa
comporterebbe una prima valorizzazione della quota retributiva in relazione
ai primo venti anni di servizio, e una seconda nella quota pensionistica da
calcolarsi col sistema contributivo per gli anni svolti nello stesso periodo e
parimenti confluenti nel montante di calcolo.
Una volta esclusa l’applicabilità della percentuale di rendimento prevista dal
comma 1 dell’art. 54 più volte citato, le Sezioni riunite hanno affrontato il
problema della individuazione dell’aliquota di rendimento valutabile per il
calcolo pensionistico, pervenendo, come si è detto, alla conclusione di ritenere
corretta la percentuale del 2,44%.
A tal fine, dopo aver dato anche conto del recente orientamento
giurisprudenziale favorevole all’applicazione del coefficiente pari al 2,20%
SENT. 19/2021 9
previsto dall’art. 54, comma 9, ed osservato come lo stesso possa rivelarsi
addirittura più restrittivo rispetto a quello del 35% utilizzato in via
amministrativa dallo stesso Istituto previdenziale in applicazione dell’art. 44,
comma 1, le Sezioni riunite - opinando nel senso che a seguito
dell’introduzione del sistema misto di calcolo della pensione previsto dalla
legge n. 335/1995 per coloro che, militari compresi, alla data del 31 dicembre
1995 non avevano ancora maturato almeno 18 anni di servizio, per cui doveva
ritenersi essere venuta meno quell’armonizzazione di sistema delineata dal
d.P.R. 1092 del 1973 per i dipendenti pubblici, sia essi appartenenti alle
categorie civili, che militari dello Stato - onde evitare che, in mancanza di una
puntuale disciplina di raccordo oggettivamente non prevista, l’adattamento fra
i due sistemi succedutisi nel tempo potesse comportare effetti disarmonici e
anche dannose sperequazioni, hanno ritenuto, da un lato, necessario
valorizzare il solo “spartiacque al quale è possibile riconoscere, in termini
generali, rilevanza sotto il profilo normativo, vale a dire l’anzianità di 18 anni
di servizio che la stessa legge 335/1995 ha individuato per tenere distinto il
sistema retributivo da quello contributivo”; dall’altro, che “il coefficiente del
2,20%, che si ricava dividendo per 20 l’aliquota del 44%, raggiungibile (se
non si è andati in pensione prima, per chi poteva farlo secondo il sistema
retributivo puro) al compimento del ventesimo anno di servizio, è solo in
astratto corretto poiché solo in astratto applicabile a ciascuno di quei venti
anni”, giacché appare evidente come in concreto questo coefficiente – “che
oggi serve a valorizzare la quota di servizio da assoggettare al sistema
retributivo per chi rientra nel sistema misto - mai potrà essere applicato a chi,
alla fine del 1995, aveva una anzianità compresa tra i 18 e i 20 anni, poiché
SENT. 19/2021 10
costoro rientrano completamente nel vecchio sistema retributivo”.
Conseguentemente, non potendo trovare applicazione il coefficiente del
2,20% annuo, l’unico correttivo ragionevolmente ricavabile dalla stessa legge
n. 335/1995, è stato dalle Sezioni riunite ottenuto “mettendo a denominatore”
il numero di anni che tale normativa ha fissato per essere assoggettati al
calcolo pensionistico col metodo misto, vale a dire 18 anni meno un giorno,
così ottenendo che “l’aliquota applicabile debba essere pari a 44 diviso 17 +
364/365esimi, cioè 44/17,997 = 2,445 per ogni anno”, con ragionevole
arrotondamento al 2,44% mediante approssimazione al millesimo del risultato
ottenuto, giacché approssimandolo al centesimo, “come si fa ordinariamente,
i due risultati coinciderebbero in 2,44%.”.
Alla luce di quanto sin qui esposto, ritiene il Collegio che la soluzione data
dalla Sezioni riunite alla complessa questione di diritto - apparendo come il
risultato di un approfondito percorso ermeneutico ragionevolmente volto a
determinare la regola di diritto da applicare al caso concreto in un quadro
normativo che vede il concorso di contrastanti discipline tutte parimenti
vigenti e nondimeno in astratto applicabili – non presenti sufficienti margini
di non condivisione tali da poter ex adverso giustificare da parte di questa
Sezione una nuova rimessione dell’ormai annoso problema ex art. 117 c.g.c.
In siffatto contesto, venendo al caso che ne occupa, si deve conseguentemente
affermare che nei confronti dell’odierno appellato, con una anzianità maturata
al 31 dicembre 1995 di 15 anni, mesi 8 e giorni 8 di servizio utile, il
coefficiente di rendimento da applicarsi sulla quota parte della pensione da
calcolarsi con sistema retributivo debba essere quello del 2,44%.
Così concludendo va da sé che deve ritenersi respinta la pretesa dell’Istituto
SENT. 19/2021 11
appellante di sortire una pronuncia di accoglimento del gravame in termini di
mero annullamento della sentenza di prime cure sul presupposto che nel caso
di specie non vi sarebbe stata alcuna specifica domanda del pensionato in
ordine alla esatta determinazione dell’aliquota di rendimento da applicare al
trattamento pensionistico, come a voler prospettare che, diversamente
pronunciando, questo giudice potrebbe incorrere nel vizio di ultrapetizione,
posto che andrebbe ad emettere sentenza su un rapporto pensionistico non
preventivamente delibato in via amministrativa.
In proposito appare utile osservare, in primo luogo, come in base alla
consolidata giurisprudenza, il carattere di esclusività della giurisdizione
pensionistica intestata alla Corte dei conti fa sì che al giudice sia devoluto
l’intero rapporto controverso, con tutti gli elementi che ne fanno parte siccome
identificativi della causa petendi e del petitum, per cui il perimetro entro il
quale tale giurisdizione trova fondamento ed esercizio non può che
comprendere tutte le questioni concernenti la sussistenza del diritto, la misura,
la decorrenza della pensione nonché ogni altra situazione giuridica che possa
incidere sul trattamento di quiescenza (ex plurimis Sezione 1^ d’appello,
sentenze n. 386/2018 e n. 311/2018; Sezione 3^ d’appello, sentenze n.
530/217, n. 6/2018, n. 537/2017, n. 455/2017).
Così opinando, occorre in secondo luogo evidenziare che l’originaria
domanda - per quanto la si possa ritenere semplicemente imperniata
sull’applicazione del coefficiente di rendimento previsto dall’art. 54, comma
1 – era, però, l’espressione di un petitum sostanziale incontrovertibilmente
volto al ricalcolo, vale a dire alla riliquidazione, della pensione, e non vi è
dubbio che attraverso il principio enunciato nella sentenza n. 1/2021/QM, le
SENT. 19/2021 12
Sezioni riunite, dando una diversa interpretazione del medesimo quadro
normativo, sono giunte alla determinazione di una percentuale di ricalcolo da
applicare alla pensione, proprio come richiesto dal pensionato, ancorché non
nella misura dallo stesso pretesa.
Sussistono, pertanto, le condizioni affinché la potestà decisionale del Collegio
comprenda anche la determinazione della percentuale di rendimento annuo,
senza che da ciò si possa adombrare una pronuncia ultrapetita, né tampoco un
eccesso di potere giurisdizionale rispetto alle competenze discrezionali
dell’organo di amministrazione attiva competente sul procedimento
pensionistico.
In conclusione, l’appello merita parziale accoglimento, mentre per ciò che
concerne le spese, la novità dettata dal recente orientamento nomofilattico ne
giustifica l’integrale compensazione ai sensi dell’articolo 31, comma 3, c.g.c.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione seconda giurisdizionale centrale d’appello,
disattesa ogni contraria istanza, deduzione ed eccezione, definitivamente
pronunciando, accoglie parzialmente l’appello e, per l’effetto, in riforma della
sentenza impugnata, riconosce all’appellato dalla data del suo collocamento
in congedo, il diritto alla riliquidazione della pensione in godimento con
applicazione, sulla quota calcolata col sistema retributivo maturata sino al 31
dicembre 1995, di un coefficiente annuo determinato nel 2,44%.
Spese compensate.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 28 gennaio 2021.
L’Estensore Il Presidente
Domenico Guzzi Andrea Lupi
SENT. 19/2021 13
F.to digitalmente F.to digitalmente
Depositato in Segreteria il 2 FEB. 2021
Il Dirigente
Sabina Rago
F.to digitalmente
DECRETO
Il Collegio, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del Decreto
legislativo 30 giugno 2003 n. 196,
DISPONE
che a cura della Segreteria sia apposta l’annotazione di cui al comma 1 di detto
articolo 52, a tutela dei diritti delle parti private,
IL PRESIDENTE
Andrea Lupi
F.to digitalmente
Depositato in Segreteria il 2 FEB. 2021
IL DIRIGENTE
(dott.ssa Sabina Rago)
F.to digitalmente
In esecuzione del provvedimento collegiale ai sensi dell’art. 52 del Decreto
legislativo 30 giugno 2003 n. 196, in caso di diffusione: omettere le generalità
e gli altri dati identificativi delle parti private.
Roma, 2 FEB. 2021
IL DIRIGENTE
(dott.ssa Sabina Rago)
SENT. 19/2021 14
F.to digitalmente
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
1) – La CdC sez. 2^ d’Appello n. 18/2021 Accoglie parzialmente l’appello dell’INPS e riconosce a favore del Militare il 2,44%, in rif. alla CdC Emilia Romagna n. 92/2019 con + 15 anni.
2) - La CdC sez. 2^ d’Appello n. 19/2021 Accoglie parzialmente l’appello dell’INPS e riconosce a favore del in rif. alla CdC Veneto n. 179/2018, con + 15 anni.
3) – La CdC sez. 2^ d’Appello n. 21/2021 Accoglie parzialmente l’appello del ricorrente in rif. alla CdC Veneto n. 145/2019 con + 15 anni.
2) - La CdC sez. 2^ d’Appello n. 19/2021 Accoglie parzialmente l’appello dell’INPS e riconosce a favore del in rif. alla CdC Veneto n. 179/2018, con + 15 anni.
3) – La CdC sez. 2^ d’Appello n. 21/2021 Accoglie parzialmente l’appello del ricorrente in rif. alla CdC Veneto n. 145/2019 con + 15 anni.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Sicuramente a breve uscirà anche la sentenza dell'Appello in Sicilia, forse aspettavano che uscivano prima gli Appelli Centrali di Roma per definire la sentenza?
-
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- Iscritto il: mar mar 07, 2017 10:18 pm
Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83
Messaggio da domenico69 »
panorama ha scritto: ↑mer feb 03, 2021 3:56 pm 1) – La CdC sez. 2^ d’Appello n. 18/2021 Accoglie parzialmente l’appello dell’INPS e riconosce a favore del Militare il 2,44%, in rif. alla CdC Emilia Romagna n. 92/2019 con + 15 anni.
2) - La CdC sez. 2^ d’Appello n. 19/2021 Accoglie parzialmente l’appello dell’INPS e riconosce a favore del in rif. alla CdC Veneto n. 179/2018, con + 15 anni.
3) – La CdC sez. 2^ d’Appello n. 21/2021 Accoglie parzialmente l’appello del ricorrente in rif. alla CdC Veneto n. 145/2019 con + 15 anni.
Non venite a parlare di Giustizia, perché è morta!
Complimenti ai nostri super eroi, prostratisi al nemico solo che ha detto: "buh!"....
La coerenza a quanto pare regna ovunque.
P.S. @naturopata ma quanto stai godendo?!
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