ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da naturopata »

Undogan1 ha scritto: lun apr 22, 2019 11:06 am Cari colleghi l'appello del 7 marzo 2019 riguarda personalmente la.mia persona,cmq la mia sentenza non e stata impugnata da INPS ma bensì dal ministero della difesa nel nome dell'arma dei carabinieri in quanto condannati in primo grado entrambi, l'INPS a chiesto solo la sospensiva dell'attuazione della sentenza di 1°grado che nell'udienza del 6 dicembre 2018 gli e stata accordata dal giudice, dovremmo essere in dirittura di arrivo,l mio Legale mi rassicura che è tutto ok sei Aspetta solo la.pubblicazione della sentenza speriamo bene.vi aggiorno se sono in possesso di notizie ufficiali.
Che sia l'INPS o il Ministero della Difesa cambia poco, tuttavia ottenere una sospensiva, di regola, non è mai positivo per un ricorrente, tra l'altro da chi non ha impugnato direttamente il capo della sentenza, anche se con una richiesta di sospensiva, si richiede implicitamente di accogliere l'appello anche se proposto dal Ministero. Vediamo, questa notizia della sospensiva è nuova.


naturopata
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da naturopata »

panorama ha scritto: lun apr 22, 2019 10:10 am Non vorrei pensare a male ma, ho il sospetto che, anche l'art. 54 verrà affrontato dalle Sezioni Riunite per un taglio netto relativo alle discordanze tra le varie CdC regionali.
In tutta onestà, fossi io un ricorrente in primo grado, la eleverei già io la questione di massima alle SS.RR. E' inutile dire che dovrebbero già farlo gli avvocati, ma si blocca il contenzioso. D'altronde anche per il moltiplicatore è stato un giudice di I° a elevare la questione di massima, non certo gli avvocati.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da panorama »

Cari colleghi tutti, aprite gli occhi a non fare commettere questi errori ai vostri Avvocati, perché rischiate.

Ecco cosa prevedono le nuove norme:

1) - il ricorrente, su richiesta del Giudice, ha confermato che il ricorso, con relativo decreto di fissazione d’udienza, non è stato notificato nei confronti delle Amministrazioni resistenti.

IL GIUDICE scrive e dichiara quanto segue:

2) - In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità del presente ricorso per violazione dell’art. 155 d.lgs 174/2016, applicabile ratione temporis all’odierno giudizio, siccome introdotto in epoca successiva all’entrata in vigore dello stesso decreto (7.10.2016).

3) - Nello specifico, il comma 5 del predetto art.155 statuisce espressamente che “Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, è notificato al convenuto, a cura dell’attore, entro 10 giorni dalla data di comunicazione del decreto”.

4) - Il successivo comma 6 del medesimo art. 155 prevede che “Tra la data di notificazione al convenuto e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di 30 giorni”.

5) - Nondimeno, nella fattispecie all’esame, il ricorrente, così come confermato dallo stesso all’odierna udienza, non ha provveduto a notificare, nei confronti dell’INPS, il ricorso, assieme al decreto di fissazione d’udienza, nel rispetto delle modalità e termini previsti dalle disposizioni sopra richiamate.

6) - Trattandosi di notifica inesistente, non possono trovare applicazione i rimedi previsti, per la nullità della notifica, dall’art. 155, comma 8, d.lgs n. 174/2016 (in termini, Corte Conti, Sez. giur. Sardegna, 30 gennaio 2017, n. 9).

7) - In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, va dichiarata l’inammissibilità del presente ricorso (in termini analoghi, tra le altre, Corte Conti, Sez. giur. Toscana, 24 luglio 2018, n. 205; id. Sez. giur. Veneto, 17 gennaio 2018, n. 5).

N.B.: rileggi i punti n. 3, 4 e 5.

Qui sotto una delle diverse sentenze che DICHIARA il ricorso INAMMISSIBILE - ( che in parole povere significa SUPPOSTA PER TE ).

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Sezione SEZIONE GIURISDIZIONALE TOSCANA Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA

Anno 2019 Numero 135 Pubblicazione 01/04/2019

Sent. 135/2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA
In composizione monocratica nella persona del Consigliere, dott. Nicola Ruggiero, in funzione di Giudice unico delle pensioni, ha pronunciato la
seguente
0. SENTENZA

1. Nel giudizio iscritto al n. 61233 del registro di Segreteria, introdotto con ricorso depositato in data 13 dicembre 2018 e proposto dal Sig. A.. Luigi, nato a OMISSIS il OMISSIS (C.F.: OMISSIS), residente in OMISSIS, via ……;

contro
-MINISTERO DELLA DIFESA -Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri-Centro Nazionale Amministrativo- Servizio Trattamento Economico;

-INPS, in persona del suo legale rappresentante pro-tempore, sede prov.le di Arezzo;

per il
riconoscimento del diritto del ricorrente, ai sensi dell’art. 54 del D.P.R. n. 1092/73, al ricalcolo, riliquidazione e pagamento del trattamento pensionistico erogato, con l’attribuzione della percentuale del 44%, con decorrenza dalla data di collocamento in quiescenza;

Visto l’atto introduttivo del giudizio;
Visti gli altri atti e documenti di causa;
Udito nella pubblica udienza del 21 febbraio 2019, celebrata con l’assistenza del Segretario ed alla presenza del ricorrente, dott.ssa Paola Altini, l’Avv. Antonella Micheli per l’INPS, non comparso il Ministero della Difesa;

Ritenuto in
FATTO

1. Con il ricorso in epigrafe, il ricorrente, già carabiniere collocato in quiescenza a domanda il 3 agosto 2017, titolare di trattamento pensionistico liquidato con il sistema misto, a decorrere dal 4 agosto 2017, ha chiesto il riconoscimento del diritto, ai sensi dell’art. 54 del D.P.R. n. 1092/73, al ricalcolo, riliquidazione e pagamento del trattamento pensionistico erogato, con l’attribuzione della percentuale del 44%, con decorrenza dalla data di collocamento in quiescenza.

2. L’INPS si è costituito in giudizio con memoria depositata l’8 febbraio 2019, eccependo, in via preliminare, l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 155 d.lgs n. 174/206, per mancata notifica dello stesso (e del decreto di fissazione d’udienza).

Nel merito, ha chiesto il rigetto del ricorso.

3. Alla pubblica udienza del 21 febbraio 2019, il ricorrente, su richiesta del Giudice, ha confermato che il ricorso, con relativo decreto di fissazione d’udienza, non è stato notificato nei confronti delle Amministrazioni resistenti.

L’Avv. Antonella Micheli ha ribadito l’eccezione d’inammissibilità del ricorso.

Nel merito, ha insistito per il rigetto del gravame.

Il giudizio è passato, dunque, in decisione, con lettura del dispositivo in udienza.

Considerato in
DIRITTO

1. In via preliminare, va dichiarata l’inammissibilità del presente ricorso per violazione dell’art. 155 d.lgs 174/2016, applicabile ratione temporis all’odierno giudizio, siccome introdotto in epoca successiva all’entrata in vigore dello stesso decreto (7.10.2016).

Nello specifico, il comma 5 del predetto art.155 statuisce espressamente che “Il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, è notificato al convenuto, a cura dell’attore, entro dieci giorni dalla data di comunicazione del decreto”.

Il successivo comma 6 del medesimo art. 155 prevede che “Tra la data di notificazione al convenuto e quella dell’udienza di discussione deve intercorrere un termine non minore di trenta giorni”.

Nondimeno, nella fattispecie all’esame, il ricorrente, così come confermato dallo stesso all’odierna udienza, non ha provveduto a notificare, nei confronti dell’INPS, il ricorso, assieme al decreto di fissazione d’udienza, nel rispetto delle modalità e termini previsti dalle disposizioni sopra richiamate.

Viene, dunque, in rilievo una notifica inesistente, che ha precluso la corretta instaurazione del contraddittorio processuale, impedendo alla controparte di questo giudizio di difendersi ed al giudice di statuire sulla domanda proposta in questa sede (artt. 24 e 111 Cost.; art. 101 c.p.c., espressamente richiamato dall’art. 7, comma 2, d.lgs n. 174/2016).

Trattandosi di notifica inesistente, non possono trovare applicazione i rimedi previsti, per la nullità della notifica, dall’art. 155, comma 8, d.lgs n. 174/2016 (in termini, Corte Conti, Sez. giur. Sardegna, 30 gennaio 2017, n. 9).

In conclusione, alla luce di tutto quanto sopra esposto, va dichiarata l’inammissibilità del presente ricorso (in termini analoghi, tra le altre, Corte Conti, Sez. giur. Toscana, 24 luglio 2018, n. 205; id. Sez. giur. Veneto, 17 gennaio 2018, n. 5).

Nondimeno, la natura della decisione assunta giustifica la compensazione integrale delle spese di giudizio.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Toscana, in composizione monocratica di giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando, dichiara il ricorso inammissibile.

Spese compensate.

Così deciso in Firenze, nella camera di consiglio del 25 ottobre 2018.
IL GIUDICE
f.to dott. Nicola RUGGIERO

Depositato in Segreteria 01/04/2019

Il Direttore della Segreteria
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da panorama »

Il Giudice Gerardo DE MARCO della CdC Abruzzo, boccia i ricorsi per art. 54 e 3 (vds. pure sentenza n. 10/2019 qui precedentemente allegata).

Per completezza posto la sentenza n. 6/2019 che tratta 2 ricorsi riuniti per lo stesso ricorrente, relativi all'art. 54 e 3.

1) - “arruolato Carabiniere dal 22.01.1983, cessato dal servizio con diritto al trattamento pensionistico dal 10.10.2011”

Leggete qui sotto
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Sezione SEZIONE GIURISDIZIONALE ABRUZZO Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA

Anno 2019 Numero 6 Pubblicazione 06/03/2019

Sent. 6/2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
la Corte dei Conti
Sezione giurisdizionale per la regione Abruzzo
in composizione monocratica nella persona del magistrato Gerardo de Marco, quale giudice unico delle pensioni ai sensi dell’art. 151 del codice della giustizia contabile, di cui al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174,

in esito all’udienza pubblica del 18 settembre 2018

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nei giudizi riuniti iscritti in data 30.03.2018 ai nn. 19846 e 19847 del Registro di Segreteria,

sui ricorsi
proposti dal signor OMISSIS, difeso dall’ Avv. Christian TURACCHIO (TRCCRS74L01C32K) del Foro di Chieti

contro
I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (C.F. 80078750587) quale successore ex lege dell'INPDAP ai sensi dell'art. 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Paolo Aquilone (QLN PLA 64T06 A462U), Carmine Barone (BRN CMN 67H29 G141M) e Armando Gambino (GMB RND 67B03 G482U) della propria Avvocatura.

FATTO

1. Con l’atto introduttivo del giudizio n. 19846, per quanto qui precipuamente interessa, il ricorrente riferisce di essere “militare dispensato dal servizio per fisica inabilità in data 10.10.11” e che pertanto “risulta escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria ex art. 992 del D.LGS 66/2010”.

Egli chiede di poter “ottenere il ricalcolo della pensione a decorrere dal 10.10.2011 con applicazione del beneficio compensativo di cui al 7° comma dell'art 3 del D. Lgs. 165/1997, nonché il recupero di tutte le somme non corrisposte, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi maturati e maturandi”, secondo il principio di diritto riconosciuto in alcuni precedenti giurisprudenziali (Sez. Abruzzo, sent. 27 del 7 marzo 2017).

Rassegna, pertanto, le conclusioni seguenti:

“Voglia l'Ecc.ma Corte adita, contrariis reiectis, in accoglimento del presente ricorso: Condannare I.N.P.S. (…) per quanto di competenza al ricalcolo della pensione a decorrere dal 10.10.2011 con applicazione del beneficio compensativo di cui al 7 comma dell'art 3 del D.Lgs. 165/1997 nonché il recupero di tutte le somme non corrisposte, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi maturati e maturandi a tutt'oggi oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, con tutti i conseguenziali effetti; Con vittoria di spese ed onorari di giudizio”.

2. Si è costituito l’INPS con memoria del 28 agosto 2018, eccependo in estrema sintesi che:

- la richiesta di ricostituzione della pensione è pervenuta oltre il termine triennale di cui agli artt. 204, lett. b) e 205 del “Testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato” approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092;

- la domanda è inammissibile in quanto il ricorrente non è affatto “escluso” dal regime dell’ausiliaria ma, più semplicemente, è cessato dal servizio senza aver maturato il requisito utile a pensione e quindi al collocamento in ausiliaria;

- per le stesse ragioni la domanda è, altresì, infondata perché il beneficio invocato dal ricorrente opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell’interessato, ma nel caso di specie il ricorrente non era nelle condizioni di poter esercitare alcuna opzione non avendo raggiunto l’età utile per l’accesso all’ausiliaria;

- sotto altro profilo, l’interpretazione dell’amministrazione rende coerente il trattamento previsto per le forze di polizia ad ordinamento civile e militare, richiedendo per entrambe (e non solo per le prime) il raggiungimento del limite di età; ciò è confermato da numerose pronunce giurisprudenziali (tra cui si citano: Liguria, n. 128 del 2018; Veneto, n. 46 del 2018; Calabria, n. 44/2018; Emilia-Romagna, n. 20/2018);

- in via subordinata, ai fini del computo del beneficio, chiede di applicare l’art. 191 del citato testo unico n. 1092 del 1973 e di computare gli eventuali oneri accessori secondo la legislazione vigente al momento di maturazione del diritto.

L’INPS ha, quindi, rassegnato le consequenziali conclusioni anche ai fini delle statuizioni sulle spese.

3. Con l’atto introduttivo del giudizio n. 19847, per quanto qui precipuamente interessa, il ricorrente riferisce di essere “arruolato Carabiniere a far data dal 22.01.1983, cessato dal servizio con diritto al trattamento pensionistico dal 10.10.2011” e di essersi “visto attribuire le aliquote pensionabili previste dall'art.44 del T.U. (personale civile) e non già dall'art. 54 (personale militare)”.

Invoca l’applicazione dell’art. 54 nella parte in cui esso “attribuisce al personale militare che abbia maturato almeno 15 anni di servizio utile a pensione e non più di 20 la percentuale del 44% della base pensionabile”, prevedendo altresì che “nel caso in cui il personale militare cessi dal servizio per raggiunti limiti di età senza aver raggiunto i 15 anni di servizio utile, la percentuale di pensione è pari al 2,2% della base pensionabile per ogni anno utile”. Quest’ultima disciplina andrebbe, a suo avviso, computata ai fini del calcolo dell’aliquota riferibile alla sua pensione, per la parte liquidata col sistema retributivo, laddove invece l’INPS gli ha riconosciuto invece un coefficiente di rendimento complessivo di appena lo 0,35584 a fronte di un’anzianità totale maturata, ai fini della pensione retributiva, pari ad anni 18 e mesi 1.

Rassegna, pertanto, le conclusioni seguenti:

“Voglia l'Ecc.ma Corte adita, contrariis reiectis, in accoglimento del presente ricorso: Dichiarare la illegittimità e, comunque, l’infondatezza del provvedimento di riliquidazione pensione (…) dell'INPS di Chieti [nella parte in] cui non prevede l'attribuzione dell'aliquota pensionabile del 44% totale; Condannare I.N.P.S. (…) per quanto di competenza al ricalcolo della pensione a decorrere dal 10.10.2011 a tutt'oggi oltre interessi legali e rivalutazione monetaria, con tutti i conseguenziali effetti; Con vittoria di spese ed onorari di giudizio”.

4. Si è costituito l’INPS con memoria del 28 agosto 2018 eccependo in estrema sintesi che:

- la richiesta di ricostituzione della pensione è pervenuta oltre il termine triennale di cui agli artt. 204, lett. b) e 205 del “Testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato” approvato con d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092;

- la norma invocata dal ricorrente costituiva una salvaguardia per quei soggetti dispensati dal servizio, con anzianità inferiore ai 20 anni di servizio utile, emanata al fine di garantire una pensione commisurata almeno al 44,00 per cento della base pensionabile;

- il ricorrente è stato dispensato dal servizio con un'anzianità comprensiva di maggiorazioni pari ad anni 33 e mesi 6, di cui 11 anni e 10 mesi maturati fino alla data del 31/12/1992, cui corrisponde un'aliquota di rendimento pari allo 0,27611; alla data del 31/12/1995, l’interessato ha maturato un'anzianità di servizio pari a 15 anni e 5 mesi, cui corrisponde un'aliquota percentuale dello 0,35584;

- per i dipendenti militari l’aliquota era fissata nel 35% al raggiungimento del quindicesimo anno di servizio, e poi si incrementava dell’1,8% annuo fino a raggiungere il massimo dell’80% con 40 anni di servizio utile a pensione. Il beneficio per loro previsto consisteva nel conferire, comunque, un’anzianità convenzionale di 20 anni a chi fosse cessato tra il quindicesimo e il ventesimo anno (ed infatti il 44% corrisponde a 35% + 1,8% x 5);

- nel caso del ricorrente, egli è cessato con un’anzianità non compresa tra 15 e 20 anni, bensì pari a 33 anni e 6 mesi, sicché non può beneficiare (ai soli fini del computo delle prime due quote di pensione, cioè della sola parte retributiva) dell’aliquota agevolata del 44%.

L’INPS ha quindi rassegnato le seguenti conclusioni:

“In via principale, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, rigettare il ricorso proposto in ogni sua domanda, poiché infondato in fatto e in diritto.

In via subordinata nella negata ipotesi di accoglimento della domanda ritenere la decorrenza dell'eventuale beneficio fissata al primo giorno successivo alla domanda (01.03.2018).

Il tutto con ogni statuizione in ordine alle spese e compensi di giudizio”.

3. All’udienza pubblica del 18 Settembre 2018 sono intervenuti, come da verbale, l’Avv. Aleandro Equizi (su delega) per il ricorrente e l’Avv. Paolo Aquilone per l’INPS.

Il Giudice ha disposto la riunione delle due cause per evidente connessione soggettiva e oggettiva (trattandosi di due diverse domande proposte dallo stesso ricorrente avverso l’INPS e riguardanti lo stesso provvedimento di liquidazione della pensione).

In esito all’udienza, la causa è stata decisa dando lettura del solo dispositivo, con riserva di deposito delle motivazioni nei successivi sessanta giorni ex art. 167 del Codice della giustizia contabile.

DIRITTO

I. Le due cause sono riunite per evidenti motivi di connessione (lo stesso ricorrente contesta lo stesso provvedimento di pensione, sotto due diversi profili).

II. Può soprassedersi dall’esame dell’eccezione preliminare di inammissibilità del ricorso (trattandosi di pensione liquidata da oltre tre anni e, secondo l’INPS, consolidatasi), in relazione al principio dell'assorbimento improprio riferito al criterio della “ragione più liquida”, di elaborazione giurisprudenziale (cfr., ex aliis, già Cass. n. 17219/12; Cass. n. 7663/12; Cass. n. 11356/06; Cass., 4773/01; da ultimo, v. SS.UU., sent. 9936 dell'8 maggio 2014), essendo comunque infondati nel merito entrambi i ricorsi riuniti secondo quanto di seguito esposto.

III. Quanto al ricorso iscritto al n. 19846, la pretesa del ricorrente si basa su un equivoco interpretativo nella lettura del citato articolo 3, comma 7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165.

IV. Invero, la disposizione in parola ha stabilito che “Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato”.

E’ appena il caso di ricordare che il personale di cui all’articolo 1 è il “personale militare delle Forze armate, compresa l'Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza”, nonché il “personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco”.

Ai fini della corretta interpretazione della norma non può prescindersi dalla considerazione del contesto in cui essa è collocata, cioè a dire, l’armonizzazione del trattamento pensionistico del personale militare delle Forze armate compresi: l'Arma dei carabinieri, il Corpo della guardia di finanza, il personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e il Corpo nazionale dei vigili del fuoco.

In quest’ottica di armonizzazione dei trattamenti, il comma 7 in esame ha previsto sostanzialmente tre interventi:

I) l’introduzione di una misura compensativa per il personale “escluso dall’applicazione dell’istituto dell’ausiliaria”, cioè per il personale per il quale l’ausiliaria non è affatto prevista (vedasi le forze di polizia ad ordinamento civile per le quali, a differenza di quelle ad ordinamento militare, non è appunto contemplata l’ausiliaria);

II) l’estensione della stessa misura compensativa per quel personale che, pur potendo in teoria essere collocato in ausiliaria, di fatto non poteva accedere o permanere in quello status per inidoneità psico-fisica;

III) l’introduzione dell’opzione alternativa per il personale militare che, a domanda, preferisse beneficiare della stessa misura compensativa prevista per il personale escluso dall’ausiliaria anziché essere collocato nell’ausiliaria stessa.

Tenendo a mente la natura perequativa dell’intervento val notare che sia per il personale escluso dall’ausiliaria (ad es. Polizia di Stato e Vigili del Fuoco) sia per quello che dell’ausiliaria potrebbe fruire (ad es. Guardia di Finanza e Carabinieri), il beneficio compensativo sopra indicato sub I) e sub III) è stato previsto solo in favore di coloro i quali abbiano raggiunto i limiti di età ovvero l’anzianità previsti dai rispettivi ordinamenti.

Semplificando, ad esempio: la Polizia di Stato e i Vigili del Fuoco, giunti ai limiti di età previsti dal proprio ordinamento, non hanno la possibilità di essere collocati in ausiliaria e quindi ricevono un incremento contributivo a compensazione dell’assenza di questa possibilità, prevista invece per i militari; i militari, per i quali l’ausiliaria è invece prevista, una volta raggiunto il requisito per l’accesso all’ausiliaria stessa, hanno la possibilità di optare, in alternativa ad essa, per lo stesso incremento contributivo al pari di quanto previsto per il personale ad ordinamento “civile”.

Ciò che rileva è che tanto per gli uni (in via principale) quanto per gli altri (in via opzionale) è, comunque, richiesto il raggiungimento dei requisiti di anzianità previsti per la cessazione dal servizio: o l’ausiliaria o, in luogo di essa, l’incremento contributivo.

In quest’ottica di coerenza deve essere correttamente inquadrato anche il beneficio dinanzi indicato sub II) cioè la concessione della stessa misura compensativa anche in favore di coloro i quali, pur avendo già raggiunto la soglia dell’ausiliaria (o che già vi si trovano), non hanno concretamente la possibilità di accedervi (o di permanervi ulteriormente) per mancanza dell’idoneità psico-fisica.

Significativo appare, in tal senso, il riferimento testuale al possesso dei requisiti “per accedere” all’ausiliaria: non può ignorarsi, in proposito, che proprio all’atto dell’accesso all’ausiliaria il militare viene sottoposto ad una apposita visita medica di idoneità e che detto stato di idoneità deve permanere per tutta la durata dell’ausiliaria stessa.

La misura legislativa in discussione completa, dunque, il quadro di armonizzazione e perequazione dei trattamenti delle diverse forze di polizia, prevedendo in estrema sintesi che, tanto per gli uni, quanto per gli altri, una volta raggiunti i limiti per il collocamento a riposo, chi ne avrebbe la possibilità ha diritto di optare per lo svolgimento dell’ausiliaria oppure per un incremento contributivo grosso modo equipollente oppure, per chi non avesse (di fatto o di diritto) questa possibilità di opzione (perché non idoneo all’accesso o alla permanenza in ausiliaria o perché inquadrato in una forza di polizia ad ordinamento civile per la quale non è prevista l’ausiliaria), sarebbe possibile comunque beneficiare dell’incremento contributivo.

E’ così introdotta la possibilità di “monetizzare” il periodo di ausiliaria in favore di quanti siano giunti ai limiti di età a tal fine previsti e in sostituzione dell’ausiliaria stessa (in tema, cfr. C. cost., ord. 387/02).

Tirando le fila del ragionamento:
a) ragioni di armonizzazione tra personale ad ordinamento civile (senza ausiliaria, cioè “esclusi” dalla stessa) e militare (per i quali è invece prevista l’ausiliaria) hanno reso necessario prevedere anche in favore dei primi, una volta raggiunti i limiti di età, un incremento contributivo compensativo dell’impossibilità di essere collocati in ausiliaria;
b) a questo punto, posto che i primi potevano beneficiare dell’incremento contributivo compensativo pur senza svolgere l’ausiliaria, solo al raggiungimento dei limiti di età, si è reso necessario concedere lo stesso beneficio anche in favore dei militari i quali, pur raggiungendo il limite di età, non potessero però di fatto svolgere (o completare) il periodo di ausiliaria perché giudicati inidonei alla visita medica di accesso (o successivamente);
c) le stesse ragioni di armonizzazione, una volta previsto che le forze di polizia ad ordinamento civile e i militari non idonei potessero beneficiare dell’incremento contributivo solo per effetto del raggiungimento dei limiti di età, hanno imposto logicamente di prevedere anche per i militari idonei all’ausiliaria la possibilità di optare per l’incremento contributivo in luogo dell’ausiliaria stessa, come avverrebbe se fossero ad ordinamento civile o giudicati non idonei.

Una diversa lettura, pur accolta in alcune pronunce giurisprudenziali che danno una lettura estensiva della lettera della disposizione, finirebbe per creare una irragionevole disparità di trattamento tra il personale delle forze di polizia ad ordinamento civile (per le quali il beneficio compensativo sarebbe previsto, testualmente, solo al raggiungimento dei limiti di età) e il personale militare (per il quale il beneficio compensativo sarebbe invece previsto, immotivatamente, anche in caso di prematura cessazione dal servizio per riforma per motivi di salute).

L’interpretazione dell’amministrazione, qui accolta, ha trovato conferma anche nelle recenti modifiche all’art. 1865 codice dell’ordinamento militare, apportate con l’art. 10, comma 1, lett. aa) del decreto legislativo 29 maggio 2017, n. 94, contribuendo ad eliminare nel codice un’imprecisione legislativa e con essa la fonte testuale dell’equivoco. Ed infatti, nella rubrica dell’art. 1865, le parole «escluso dall'ausiliaria» sono state sostituite con «alternativo all'istituto dell'ausiliaria» mentre nel corpo dell’articolo sono state soppresse le parole «escluso dall'istituto dell'ausiliaria di cui all'articolo 992».

Sicché è oggi reso palese che la norma non riguarda il personale “escluso dall’ausiliaria” (che, comunque, non era e non è quello militare) bensì il “trattamento di quiescenza (…) alternativo all’istituto dell’ausiliaria” (cioè il trattamento di coloro che, giunti all’ausiliaria, optino per il beneficio contributivo alternativo oppure siano giudicati inidonei in esito alla visita medica di “accesso”; lo stesso è a dirsi per coloro i quali abbiano già fatto accesso all’ausiliaria ma non abbiano potuto permanervi per sopravvenuta inidoneità).

In termini analoghi, merita richiamare alcune recentissime sentenze della Corte dei conti (cfr. Lombardia, sent. 99 dell’11 maggio 2018; Emilia-Romagna, sent. 132 del 9 luglio 2018; Puglia, sent. 573 del 17 luglio 2018), alle cui motivazioni può farsi rinvio in quanto pienamente condivise e fatte proprie da questo Giudice, anche in punto di richiamo degli articoli 992, 995 e 996 del Codice dell’ordinamento militare.

V. Quanto al ricorso iscritto al n. 19847, la pretesa del ricorrente si basa su un ulteriore equivoco interpretativo nella lettura delle disposizioni di settore.

E’ corretta l’impostazione efficacemente esposta nella memoria dell’INPS, secondo cui il citato art. 54 del testo unico n. 1092 del 1973 non altera il meccanismo di calcolo delle aliquote proprio del personale civile (di cui all’art. 44) limitandosi a prevedere un ulteriore beneficio in favore di coloro che, per avventura, fossero cessati con un’anzianità inferiore a 20 anni di servizio, ma superiore a 15, abbuonando loro in sostanza l’anzianità mancante dai 15 ai 20 anni.

Come argomentato nella memoria dell’INPS, in particolare:

- fino a 15 anni si matura il 2,33% annuo, pervenendo al 35% con 15 anni. Dal quindicesimo l'aliquota si riduce al 1,8%. Ne consegue che, al ventesimo anno di servizio, l'aliquota complessiva è pari al 44% (35% + 9% derivante da 1,80% x 5);

- dopo il ventesimo anno l'aliquota è sempre l'1,8% sino al conseguimento dell'80% al quarantesimo anno (che, tuttavia, per i militari era più veloce trattandosi di servizio utile e non effettivo, ove il servizio utile era contraddistinto dalle maggiorazioni);

- tale aliquota variava per le categorie di soggetti con limiti ordinamentali inferiori, sempre al fine di garantire che raggiungessero la fine carriera con l'80% della base pensionabile;

- il comma 1 dell'art. 54, quindi, non creava nuove aliquote annuali di calcolo, bensì si limitava a fornire un bonus a coloro che cessassero con anzianità compresa tra 15 e 20 anni di servizio; bonus variabile, chiaramente, in base all'anzianità superiore a 15 anni e fino a 20; per cui, ad esempio, chi cessava con 16 anni aveva un bonus di 1,8% x 4 anni, chi cessava a 17 anni un bonus di 1,8%, e così via; superati i 20 anni, tale bonus non aveva più alcun senso di esistere posto che il soggetto si ritrovava nel caso ordinario (2,33% sino al quindicesimo anno per raggiungere quota 35%; 1,8% per gli anni successivi al quindicesimo, fino a raggiungere quota 44% al ventesimo anno e proseguendo così oltre il ventesimo).

Ciò posto, non può ignorarsi che il ricorrente non è affatto cessato con una anzianità compresa tra i quindici e i venti anni essendo, invece, egli cessato con una anzianità complessivamente superiore a 33 anni e non avendo, perciò, diritto al bonus in parola. Egli, dunque, non ha maturato “solo” un’anzianità inferiore a venti anni, ma superiore a quindici, tale da fargli meritare l’agevolazione in parola (cioè l’arrotondamento a venti, a fini dell’aliquota pensionistica) ma ha maturato un’anzianità di 33 e più anni, per cui ricade nel caso di cui al comma 2 dello stesso articolo 54.

In altri termini, il beneficio di cui all’art. 54, comma 1, non può valere ai fini della ripartizione tra quota retributiva e contributiva di pensione, essendo previsto ai soli fini della più favorevole liquidazione della pensione per il caso particolare di cessazione del dipendente con anzianità complessiva compresa tra 15 e 20 anni (e non è questo il caso, come incontestato).

Diversamente ragionando, il militare verrebbe a lucrare due volte di una parte della stessa anzianità di servizio, vale a dire della differenza tra venti anni e l’anzianità maturata al 31.12.1995, in quanto questa parte di anzianità stessa gli varrebbe - non essendo egli cessato - tanto ai fini della quota retributiva quanto anche ai fini della quota contributiva di pensione. Così, ad esempio, tra due militari che avessero al congedo la stessa anzianità complessiva di 40 anni, quello più giovane, che avesse maturato solo 15 anni al 31.12.1995 riceverebbe una pensione superiore rispetto a quello che avesse maturato 20 anni alla stessa data, in quanto solo il primo, con minor anzianità a quella data, beneficerebbe del bonus di 5 anni, che invece il secondo non avrebbe, senza dire che il primo avrebbe la quota contributiva di 25 anni contro i 20 del secondo. Ma è evidente che questo sarebbe un paradosso, perché si applicherebbe appunto un beneficio previsto per i militari che cessano dal servizio con poca anzianità a quelli che, invece, non cessano affatto dal servizio, ma semplicemente passano dal regime retributivo a quello contributivo.

In aggiunta a ciò non può ignorarsi un ulteriore argomento normativo.

Segnatamente, deve ricordarsi che l'art. 17, comma 1, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, ha esteso ai dipendenti pubblici (con effetto dal 1 gennaio 1995) l'aliquota di rendimento del 2% annuo già vigente ai fini della determinazione della misura della pensione dell'assicurazione generale obbligatoria dei lavoratori dipendenti. Quest’ultima aliquota di rendimento armonizzata, pari per l’appunto al 2% per ogni anno di contribuzione, prescinde dall'anzianità di servizio e dalla categoria di pubblico impiego cui appartiene il lavoratore. Essa, peraltro, è applicabile solo in peius, a mente della clausola di salvaguardia recata dall’art. 2, comma 19, della legge 8 agosto 1995, n. 335 secondo cui “l'applicazione delle disposizioni in materia di aliquote di rendimento previste dal comma 1 dell'articolo 17 della legge 23 dicembre 1994, n. 724, non può comportare un trattamento superiore a quello che sarebbe spettato in base all'applicazione delle aliquote di rendimento previste dalla normativa vigente”.

Ora, poiché il ricorrente vantava al 31.12.1995 un’anzianità di 15 anni e 5 mesi, è evidente che egli è inciso dalla disciplina in parola, applicabile dall’inizio del 1995 (allorché possedeva una anzianità di 14 anni e 5 mesi, inferiore a 15 anni), e che la disciplina previgente può continuare ad applicarsi solo nella misura in cui essa sia deteriore (o sia comunque interpretata come tale) rispetto a quella di nuova introduzione (cioè all’aliquota armonizzata del 2% annuo, indistintamente).

VI. I ricorsi, in definitiva, non possono essere accolti.

VII. La novità delle questioni, tuttora risolta in maniera non univoca dalla giurisprudenza, induce a disporre la compensazione delle spese di lite.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dei Conti, Sezione giurisdizionale per la regione Abruzzo, con pronuncia definitiva
previa riunione dei giudizi in epigrafe

RESPINGE

I ricorsi e compensa le spese.

Ai sensi dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, va disposta, per il caso di diffusione della presente sentenza, l’omissione delle generalità e dei dati identificativi del ricorrente, ravvisando questo Giudice l’opportunità di tutelare d’ufficio la relativa riservatezza e dignità, in relazione ai contenuti della controversia e alla presenza, nel testo del provvedimento, di dati idonei a rivelarne lo stato di salute.

Così deciso in L'Aquila, il 18 settembre 2018.

Il Giudice
f.to Gerardo de Marco


Depositata in Segreteria il 06/05/2019


Il Direttore della Segreteria
f.to Dott.ssa Antonella Lanzi
* * *
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente, ai sensi dell’articolo 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, recante il “Codice in materia di protezione dei dati personali”.
L'Aquila, 06/03/2019
Il Direttore della Segreteria
(Dott.ssa Antonella Lanzi)
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da panorama »

La presente sentenza allegata della CdC VENETO n. 55/2019 del 16/04/2019, richiama anche quella della CdC ABRUZZO n. 10/2019, postata da Cristino63 il 18/03/2019 e che si trova quì alla pag. 123.

In questa allegata leggiamo:

1) - Per tutto quanto sopra esposto, parte ricorrente ha rassegnato le seguenti conclusioni: 1) Accertare e dichiarare il diritto del ricorrente alla riliquidazione, sin dalla decorrenza del 07/03/2012, della pensione in godimento, innanzitutto con corretta attribuzione dei servizi utili riferiti al periodo dal 20/09/1987 al 31/12/1995, pari ad anni 10 e mesi 2;
2) Omissis
3) Omissis
4) Omissis
5) in subordine, in caso di non accoglimento del ricalcolo pensionistico ai sensi dell’art. 54 D.P.R. 1092/1973, si voglia comunque riconoscere il diritto del ricorrente alla riliquidazione, sin dalla decorrenza del 07/03/2012, della pensione in godimento, previa corretta attribuzione dei servizi utili riferiti al periodo dal 20/09/1987 al 31/12/1995, pari ad anni 10 e mesi 2, da cui, anche volendo procedere al calcolo dei coefficienti di rendimento secondo l’errata applicazione di legge effettuata dall’INPS, discernono diverse aliquote di rendimento e, di conseguenza, un maggiore importo pensionistico (€ 19.233,99 anziché € 17.376,31 come calcolato dall’Inps) secondo il seguente prospetto: OMISSIS

2)- A seguito del deposito (13.11.2018) e della successiva notifica (30.11.2018) del ricorso, in data 14.12.2018 perveniva al sig. L. una comunicazione Inps contenente il nuovo decreto di pensione, atto omissis, che annullava e sostituiva quello precedente omissis.

3) - Il nuovo decreto, oltre a conferire il privilegio sulla pensione, riconosceva il precedente errore di calcolo circa il computo del servizio utile che, dai precedenti anni 8 e mesi 3, veniva portato ad anni 10 e mesi 2, come eccepito da questa difesa. Di conseguenza, anche l’importo della pensione veniva innalzato da € 17.376,31 ad € 19.175,01, pressoché corrispondente all’importo rivendicato dal ricorrente.

4) - Tale importo della pensione è quello scaturente dall’applicazione (sulla quota “retributiva”) dell’aliquota del 35% ex art 44 dPR 1092/73.

5) - Avendo quindi l’Inps provveduto all’esatto ricalcolo del servizio utile, con pedissequa rideterminazione dell’importo della pensione, il patrocinio, sul punto, e a parziale modifica delle conclusioni rassegnate nel ricorso, ha chiesto:
1) dichiararsi cessata la materia del contendere in ordine al ricalcolo del periodo di servizio utile al 31.12.1995, riconosciuto dall’Inps come pari ad anni 10 e mesi 2,
2) Omissis
3) Omissis

OMISSIS

6) - Nel merito, l’INPS ha chiesto che venga dichiarata la cessata materia del contendere circa la domanda volta al computo dei servizi utili a pensione, avendo l’Istituto provveduto alla corretta attribuzione dei periodi di servizio, con determinazione di novembre 2018, comunicata all’interessato mediante lettera tramite sistema Postel, per ragioni tecniche applicata sulla rata pensionistica di febbraio 2019, con corresponsione di arretrati sin dalla decorrenza originaria del trattamento, calcolati nella misura complessiva di € 14.527,28.

7) - Quanto alle ulteriori conclusioni di parte ricorrente, l’INPS ha chiesto che il ricorso venga respinto per infondatezza della domanda volta alla riliquidazione della pensione ex art 54 del DPR 1092/73.

N.B.: Infatti, la CdC ha rigettato il ricorso per l’art. 54.


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naturopata
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da naturopata »

Undogan1 ha scritto: lun apr 22, 2019 6:40 pm Caro naturopata,tra la decisione della.sospensiva e il giudizio di merito sono due cose completamente diverse,il giudice d'appello deve decidere sul criterio dell'articolo 54 della legge 1092 /73 che non ci e stato concesso al momento del congedo e calcolato erroneamente al 35%,vedi sentenza d'appello Art 54 decisa in 1^sezione (ribaltata la decisione di 1°grado). cmq stiamo aspettando il tuo parere e sempre diacordante,sei di un pessimismo nei confronti dei colleghi.
Certo che il merito e la sospensiva sono due cose diverse, ma la sospensiva viene concessa in questo caso:

Art.169, commi 4 e 5 Codice Di Giustizia Contabile:

4. Le sentenze che pronunciano condanna a favore dell'amministrazione sono provvisoriamente esecutive.
5. Il giudice di appello può disporre con ordinanza non impugnabile che l'esecuzione sia sospesa in tutto o in parte quando ricorrono gravi motivi.

Ora nel tuo caso qual è questo grave motivo per sospendere la sentenza (richiesta pervenuta da chi non ha appellato la sentenza) e rinviare il merito, tra l'altro a soli tre mesi dall'udienza di dicembre? Perché non decidere subito, senza sospendere la sentenza?

Questi sono dati concreti, di chi conosce la materia, non centra nulla il pessimismo, come neanche l'ottimismo del ricorrente.
Stap

Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da Stap »

Ecco la sentenza della cdc Marche.
M sento di dare un consiglio. Ho visto che alcuni colleghi, dopo aver vinto, come me, il ricorso in primo grado, hanno intimato ed ottenuto dall’Inps Il pagamento degli arretrati e l’adeguamento della pensione. Io aspetterei L’appello cosa che l’INPS fa nel 99% dei casi. Perché se dovesse vincere l’appello quei soldi andranno restituiti .........e con gli interessi.
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giò61
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da giò61 »

Di sicuro sarà stato indicato più volte nei post del forum .... Quanto tempo ha L'INPS per fare appello nei confronti dei ricorrenti che hanno vinto l'istanza di I° relativamente all'articolo 54 ??

Ringrazio anticipatamente per la risposta.

Buona giornata a tutti.
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da naturopata »

giò61 ha scritto: ven apr 26, 2019 10:29 am Di sicuro sarà stato indicato più volte nei post del forum .... Quanto tempo ha L'INPS per fare appello nei confronti dei ricorrenti che hanno vinto l'istanza di I° relativamente all'articolo 54 ??

Ringrazio anticipatamente per la risposta.

Buona giornata a tutti.
Se la Sentenza viene notificata, 60gg. dalla notifica salvo sospensione feriale, se non notificata, 13 mesi (compreso il mese di agosto per sospensione feriale).
giò61
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da giò61 »

Grazie naturopata per le celere risposta.
panorama
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da panorama »

CdC Toscana n. 161/2019 del 29/04/2019 Accolto

1) - il ricorrente, carabiniere arruolato in data 6.10.1982 e con un servizio utile pari, alla data del 31.12.1995, ad anni 15, mesi 9 e giorni 9

2) - la correttezza di tale impostazione è stata da ultimo riconosciuta dalla Sez. I Giur. d’Appello con la sentenza n. 422/2018, depositata l’8 novembre 2018, all’esito di un articolato ed approfondito percorso argomentativo, da ritenersi qui integralmente richiamato.

3) - Ciò induce a dare continuità all’orientamento giurisprudenziale favorevole all’accoglimento della pretesa del ricorrente.
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panorama
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da panorama »

CdC Toscana n. 159/2019 del 29/04/2019 Accolto
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panorama
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da panorama »

Ci sono anche queste altre 2, sempre Accolte dalla Toscana

Sezione SEZIONE GIURISDIZIONALE TOSCANA Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA
Anno 2019 Numero 158 Pubblicazione 29/04/2019

1) - parte ricorrente, Carabiniere in quiescenza dal 31 gennaio 2018, con anni 42 di anzianità di servizio, ha chiesto il riconoscimento del proprio diritto alla rideterminazione del trattamento di quiescenza, già calcolato con il c.d. “sistema misto”.

2) - Più in dettaglio, il ricorrente alla data del 31 dicembre 1995 ha maturato un’anzianità di servizio pari a 17 anni, mesi 8

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Sezione SEZIONE GIURISDIZIONALE TOSCANA Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA
Anno 2019 Numero 160 Pubblicazione 29/04/2019

1) - parte ricorrente, Carabiniere in quiescenza dal 11 ottobre 2016, con anni 40 e mesi 9 di anzianità di servizio, ha chiesto il riconoscimento del proprio diritto alla rideterminazione del trattamento di quiescenza, già calcolato con il c.d. “sistema misto”.

2) - Più in dettaglio, il ricorrente alla data del 31 dicembre 1995 ha maturato un’anzianità di servizio pari a 17 anni, mesi 7 e 1 giorno
mimì
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da mimì »

Anche la Corte dei Conti della Basilicata ha sposato la nostra tesi con la sentenza n. 17 del 07.05.2019.
panorama
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da panorama »

CdC Basilicata n. 17/2019 del 7 maggio 2019. Accolto.

1) - Il ricorrente ha svolto le mansioni di Luogotenente della Guardia di Finanza fino alla data del 23.1.2018, data in cui lo stesso Sig. xxx è cessato dal servizio.

2) - arruolato nella Guardia di Finanza a far data dal 18.10.1983 (più servizio militare dal 4.1.1980 al 31.12.1980);

La CdC precisa:

3) - Tale applicazione normativa, non solo appare errata tout court, ma la stessa ha comportato e comporta mensilmente un’evidente penalizzazione per gli appartenenti al personale militare che abbiano maturato almeno 15 anni di servizio utile e che, in ragione di ciò, dovrebbero beneficiare dell’applicazione dell’aliquota al 44% anziché al 35%.
-) - Sul punto sono intervenute molteplici sentenze della Corte dei Conti (tra cui, Corte dei Conti della Sardegna, con la sentenza n. 2/2018 e la Corte dei Conti della Puglia, con la recentissima sentenza n. 468/2018) le quali hanno adottato un orientamento favorevole in relazione all’applicazione dell’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973,
- ) - con conseguente riconoscimento dell’aliquota al 44%, in ordine al trattamento pensionistico dei militari in regime misto arruolati all’inizio degli anni ’80;
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