Sent. n. 203/2019
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA,
in composizione monocratica, in persona del consigliere Lucia d’Ambrosio,
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24410 del registro di Segreteria, proposto dal
signor xxxxxxxxxxxx, rappresentato e difeso dall’avv. Alessandro MARIANI (PEC:
alessandromariani@legalmail.it - C.F. n. MRNLSN61L07B354U - Fax
070.301173) presso il cui studio in Cagliari, via G. Zurita n. 7, è
elettivamente domiciliato,
contro I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA
SOCIALE - in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato
e difeso dagli avvocati Stefania SOTGIA e Alessandro DOA.
Uditi, nella pubblica udienza del 26 giugno 2019, l’avv. Alessandro
Mariani per il ricorrente, e l’avv. Stefania Sotgia per l’INPS.
Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa.
Ritenuto in
FATTO
Con ricorso depositato in data 23 ottobre 2018 il ricorrente ha chiesto
l’accertamento del diritto, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto
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dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/73, al ricalcolo, riliquidazione e pagamento
del trattamento pensionistico erogato con attribuzione della percentuale del
44 per cento ai fini del calcolo della base pensionabile.
Il ricorrente premette di essere sottufficiale della Marina Militare,
arruolato in data 5 marzo 1983 e cessato dal servizio, con decorrenza dal 29
settembre 2015, in quanto tale, titolare di trattamento pensionistico
(Iscrizione n. 17373173) erogato dall’Inps (già Inpdap). Non potendo far
valere alla data del 31.12.1995 un’anzianità contributiva pari o superiore a
18 anni, è destinatario del sistema di calcolo pensionistico c.d. “misto”.
Il ricorrente afferma di aver titolo al riconoscimento del diritto
all’applicazione dell’art. 54 T.U. in quanto ha maturato al 31/12/1995
un’anzianità in attività di più di 15 anni e meno di 20 di servizio utile (nello
specifico 15 anni, 7 mesi e 2 giorni). L’INPS ha applicato, invece, ai fini del
calcolo della quota retributiva, la minore aliquota prevista per il personale
civile disciplinata dall’art. 44 del medesimo D.P.R. n. 1092/1973 e non ha
dato riscontro satisfativo alla richiesta di ricalcolo e riliquidazione del
trattamento pensionistico formulata in data 7 marzo 2018.
La difesa del ricorrente afferma che ai sensi del dettato normativo
invocato la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno 15
anni e non più di 20 anni di servizio utile è pari al 44 % della base
pensionabile e per ogni anno superiore al 20° (commi 2 e 6 dell’art. 54
T.U.) la percentuale di cui sopra è aumentata del 1,80%.
Ad avviso del ricorrente, la lettera dell’art. 54 non circoscrive la
propria operatività ai soli soggetti con l’anzianità indicata e non esclude
quelli con maggiore anzianità. Infatti, il personale che prosegue il servizio
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dopo aver maturato i vent’anni deve avere la stessa base pensionabile del
44% aumentata del 1,80% per ogni anno di servizio utile oltre i 20.
Richiama la giurisprudenza della Sezione giurisdizionale Sardegna.
Con il medesimo ricorso il ricorrente chiede l’accertamento del diritto
all’aumento del montante contributivo maturato di un importo pari a 5 volte
la base imponibile dell’ultimo anno di servizio, moltiplicato per l’aliquota
di computo della pensione, previsto dal comma 7 dell’art. 3, del Decreto
Legislativo n. 165 del 1997.
Il ricorrente rappresenta che, in quanto collocato in congedo assoluto
senza transitare nella posizione di ausiliaria, sarebbe destinatario del
disposto di cui al comma 7 dell’art. 3 del D. Lgs. n. 165 del 1997 che
testualmente prevede che il “personale militare delle Forze armate” ove
non “in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella
posizione di ausiliaria il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in
parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 355, il
montante individuale dei contributi è determinato con l’incremento di un
importo pari a 5 volte la base imponibile dell’ultimo anno di servizio
moltiplicata per l’aliquota di computo della pensione”.
Afferma che il trattamento pensionistico in godimento gli è stato
invece calcolato senza applicare quanto previsto dal suddetto comma 7
dell’art. 3 del D.Lgs. n. 165/1997 e che la richiesta avanzata, in data 21
settembre 2018, ai fini del riconoscimento di quanto spettante non ha
ricevuto riscontro positivo e/o satisfattivo.
Richiama la giurisprudenza favorevole alla concessione del beneficio
previsto dal comma 7 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 165/1997 a favore del
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personale militare che non sia transitato nella posizione di ausiliaria in
quanto non in possesso dei requisiti psico-fisici per accedervi o permanervi.
L’INPS si è costituito in giudizio in data 13 giugno 2019, a ministero
degli avvocati Stefania SOTGIA e Alessandro DOA.
Nel merito del primo motivo di ricorso, la difesa dell’Istituto contesta,
che, nel caso de quo, ricorrano i requisiti utili all’applicazione della
normativa di cui all’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973, in quanto il ricorrente
è cessato dal servizio con una anzianità di servizio utile superiore a 20 anni.
Afferma che la previsione dell’art. 54 D.P.R. 1092/1973 sarebbe
destinata ad alleviare i militari che cessino dal servizio con una anzianità
ridotta, ovvero esclusivamente i militari che abbiano espletato almeno 15 e
non più di 20 anni di servizio.
Richiama l’interpretazione della Corte Conti Veneto, sent. n. 46/2018.
Con riguardo al secondo motivo di ricorso, l’INPS sottolinea che il
collocamento in ausiliaria è possibile solo per coloro che abbiano raggiunto i
limiti di età previsti dall’Ordinamento per il collocamento a riposo ed è
destinato a coloro che abbiano la idoneità psico fisica necessaria.
Sostiene che il ricorrente non è destinatario del diritto all’incremento
figurativo previsto dall’art. 3, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del
1997 in quanto dispensato dal servizio per inabilità fisica antecedentemente
al collocamento a riposo per raggiungimento del limite di età
ordinamentale.
Richiama la giurisprudenza contraria al riconoscimento del beneficio
richiesto (Sezione giurisdizionale Veneto, n. 46 del 2018).
Sottolinea che le Sezioni Riunite, con sentenza n. 13/2019/QM/PRES,
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del 6 maggio 2019, hanno dichiarato improcedibile la questione di massima
deferita dal Presidente della Corte dei conti, in quanto le Sezioni
giurisdizionali d’appello hanno esaurito, risolvendoli, tutti i profili sollevati
con la questione di massima, così facendo venir meno la rilevanza dei
problemi interpretativi deferiti. Richiama, in particolare, le sentenze n.
31/2019 della I Sezione centrale d’Appello, e n. 29/2019 della II Sezione
centrale d’Appello che hanno stabilito che il beneficio di cui all’art. 3,
comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 1997 non può trovare
applicazione al caso in cui gli interessati siano cessati dal servizio per
inidoneità permanente al servizio militare senza aver raggiunto i limiti di
età previsti per il collocamento in ausiliaria.
Formula, pertanto, conclusioni di rigetto del ricorso con vittoria di
spese e competenze come per legge.
Considerato in
DIRITTO
1. Per quanto concerne il primo motivo di ricorso, la Sezione è chiamata
a pronunciarsi sull’applicabilità dell’art. 54 D.P.R. n. 1092/1973
nell’ipotesi in cui il ricorrente abbia maturato, alla data del 31 dicembre
1995, un’anzianità in attività di servizio di più di 15 anni e meno di 20 anni
di servizio utile (nello specifico 15 anni, 7 mesi e 2 giorni), sia destinatario
del sistema di calcolo pensionistico c.d. “misto” e sia stato collocato a
riposo quando era in possesso di molto più di 20 anni di servizio utile.
Questa Sezione, chiamata a pronunciarsi sull’applicabilità dell’art. 54
D.P.R. n. 1092/1973 in casi similari, ha adottato decisioni di accoglimento
del ricorso (v. per tutte sentenze n. 2, n. 14, n. 93, e n. 95 del 2018).
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Le pronunce di altre Sezioni sono in parte di segno conforme
all’orientamento più recente di questa Sezione (Sezione giurisdizionale
Calabria, n. 12 del 30 gennaio 2018 e n. 44 del 27 marzo 2018) e in parte di
segno contrario (Sezione giurisdizionale Lombardia, n. 95 del 27 giugno
2017; Sezione giurisdizionale Piemonte, n. 18 del 13 marzo 2018; Sezione
giurisdizionale Veneto, n. 46 del 30 marzo 2018).
La Sezione ritiene di confermare il proprio orientamento favorevole,
espresso sin dalla sentenza n. 2/2018, che ha recentemente trovato avallo
nella sentenza n. 422/2018, emessa dalla Sezione Prima Centrale d’Appello.
La pensione dell’odierno ricorrente è stata liquidata con il cd. sistema
misto, poiché l’interessato, alla data del 31 dicembre 1995, non possedeva
un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni (art. 1, comma 13 legge n.
335/1995).
Il trattamento di quiescenza del ricorrente è stato, pertanto, liquidato
secondo il sistema delle quote di cui al comma 12 dell’art. 1 citato, il quale
prevede che “per i lavoratori iscritti alle forme di previdenza di cui al
comma 6 che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere
un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, la pensione è
determinata dalla somma: a) della quota di pensione corrispondente alle
anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con
riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema
retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta
data; b) della quota di pensione corrispondente al trattamento
pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato
secondo il sistema contributivo”.
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Il problema di quale sia l’aliquota di rendimento applicabile si pone
naturalmente esclusivamente per la quota di cui alla lettera a) della
disposizione citata, ovvero quella calcolata con il sistema retributivo.
La norma citata prevede, in via transitoria, la sopravvivenza, con
riguardo alla prima delle suddette quote, della normativa vigente
precedentemente all’entrata in vigore della legge di riforma del sistema
pensionistico.
Considerato il disposto della norma, al fine di determinare l’aliquota
di rendimento applicabile va fatto riferimento alla normativa vigente alla
data del 31 dicembre 1995. Nel caso di personale militare l’art. 54 del
D.P.R. n. 1092/1973, vigente alla data del 31 dicembre 1995, prevede che
“la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni
e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base
pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente
articolo. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1,80 per cento ogni
anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
Secondo la tesi dell’INPS, la disposizione si applicherebbe
esclusivamente al personale cessato dal servizio con un’anzianità
contributiva compresa tra i quindici e i venti anni di servizio e non
riguarderebbe, pertanto, la posizione del ricorrente, che possedeva, al
momento del collocamento a riposo, un’anzianità superiore a 20 anni. In
realtà la lettera del primo comma dell’art. 54 citato non può che intendersi
nel senso che l’aliquota del 44% vada applicata a coloro che, alla data del
31 dicembre 1995, possiedano un’anzianità contributiva compresa tra i 15 e
i 20 anni; il successivo comma, che prevede che spetti al militare l’aliquota
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dell’1,80% per ogni anno di servizio oltre il ventesimo (e disciplina,
pertanto, l’ipotesi in cui il soggetto cessi dal servizio con anzianità
maggiore di 20 anni), chiarisce che la disposizione del comma 1 non può
considerarsi limitata a coloro che cessino con un massimo di venti anni di
servizio. Viceversa, qualora si accedesse alla tesi dell’INPS, la disposizione
di cui al comma 2 sarebbe priva di senso.
Il ricorso va pertanto accolto.
Sugli arretrati spettanti per effetto dell’accoglimento del primo
motivo di ricorso competono al ricorrente gli accessori, ovvero gli interessi
legali e la rivalutazione monetaria, la seconda per la sola parte
eventualmente eccedente l’importo dei primi, calcolati con decorrenza dalla
scadenza di ciascun rateo di pensione e sino al pagamento degli arretrati
stessi.
2. Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso, la Sezione è
chiamata a pronunciarsi sull’applicabilità dell’incremento figurativo di cui
all’art. 3 comma 7 del d.lgs. n. 165/1997 a personale che all’atto del
collocamento in quiescenza per inidoneità al servizio, non abbia maturato i
requisiti per il transito nell’ausiliaria.
In merito, deve ricordarsi che, sulla questione di diritto in esame, la
Sezione si è costantemente pronunciata in senso favorevole ai ricorrenti,
condividendo la giurisprudenza allora prevalente (v. Sezione giurisdizionale
Sardegna, n. 90/2018, n. 156/2017 e n. 162/2017; Sezione giurisdizionale
Abruzzo, n. 27/2017 e n. 28/2012; Sezione giurisdizionale Molise, n.
53/2017; Sezione giurisdizionale Calabria, n. 350/2017).
Sulla questione di diritto da cui dipende la decisione della causa,
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tuttavia, si sono recentemente pronunciate le Sezioni Riunite di questa
Corte (sentenza n. 13/2019/QM/PRES) dichiarando improcedibile la
questione di massima concernente l’interpretazione dell’art. 3, comma 7,
del d.lgs. 30 aprile 1997, n. 165 in materia di accertamento del diritto alla
rideterminazione della pensione di inabilità in godimento, sollevata con
ordinanza del Presidente della Corte n. 4 del 24 gennaio 2019, in ragione
dell’avvenuto deposito delle sentenze n. 29 del 2019 della II Sezione
centrale giurisdizionale e n. 31 del 2019 della I Sezione centrale
giurisdizionale.
Il giudice d’appello, nelle due pronunce richiamate, ha affermato che
“deve ritenersi che il raggiungimento del limite d’età per la cessazione dal
servizio attivo sia condizione imprescindibile per l’accesso all’ausiliaria,
unitamente alla volontà/disponibilità dell’interessato ad essere richiamato
in servizio che presuppone, evidentemente, la permanenza dell’idoneità
psicofisica all’impiego e “ai servizi dell’ausiliaria” (v. art. 996 COM). Ne
consegue che la cessazione anticipata dal servizio (quindi, prima del
compimento del limite d’età previsto in base al grado rivestito), qualunque
ne sia la causa, impedisce l’accesso all’ausiliaria. Se, viceversa, dopo il
collocamento in ausiliaria sia sopravvenuta una delle cause previste
dall’art. 995 COM (non accettazione dell’impiego, “motivi di salute”,
motivi professionali), il soggetto cessa dalla suddetta posizione e transita
nella riserva, e ciò può verificarsi anche prima della scadenza del periodo
di ausiliaria (v. art. 992 COM). Ebbene, il militare che sia stato riformato
per motivi di salute prima del raggiungimento dell’età pensionabile
prevista per il grado di appartenenza, non può all’evidenza transitare in
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ausiliaria perché privo della condizione essenziale ed imprescindibile,
rectius “esclusiva” ex art. 992 COM, occorrente per l’accesso a tale
posizione. All’interno del suddetto quadro normativo di riferimento va
collocata ed interpretata la disposizione di cui all’art. 3, comma 7 del
decreto legislativo n. 165/1997. L’incremento del montante contributivo ivi
previsto in favore del “personale militare” - categoria di rilievo in
fattispecie - opera, quindi, in favore di coloro che pur avendo raggiunto
l’età pensionabile prevista per il grado di appartenenza, id est per il
transito in ausiliaria, non possano materialmente accedervi per inidoneità
psicofisica, nonché in favore di coloro i quali, già transitati in ausiliaria,
siano divenuti successivamente fisicamente inidonei. Coloro che versano in
tali condizioni potranno, quindi, optare per il beneficio contributivo in
questione, “in alternativa” al collocamento o alla permanenza (a seconda
dei casi) in ausiliaria. Atteso che il cd. moltiplicatore è stato espressamente
configurato dal legislatore come “alternativo all’ausiliaria”, occorre
imprescindibilmente che l’interessato abbia titolo al collocamento in
ausiliaria e, quindi, che sia cessato dal servizio esclusivamente per limiti
d’età (quali previsti per il grado rivestito). L’avente diritto al transito in
ausiliaria potrà scegliere, pertanto, tra il collocamento effettivo in detta
posizione con annesso e conseguente trattamento economico (art. 1864
COM), oppure - in alternativa - avvalersi del beneficio contributivo
previsto dall’art. 3 comma 7 citato (art. 1865 COM)” (cfr. Sezione II, sent.
n. 29 del 2019).
In ragione dell’orientamento assunto dalle Sezioni di Appello, in base
all’interpretazione della ratio dell’istituto dell’ausiliaria, l’incremento del
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montante contributivo in favore del “personale militare” opera
esclusivamente “in alternativa” al collocamento o alla permanenza in
ausiliaria, ovvero esclusivamente a vantaggio di coloro che, pur avendo
raggiunto l’età pensionabile prevista per il grado di appartenenza - essendo
cessati dal servizio per limiti d’età (quali previsti per il grado rivestito) - ed
avendo, quindi, titolo al collocamento in ausiliaria, non possano
materialmente accedere alla posizione di ausiliaria per inidoneità
psicofisica.
Tale interpretazione si pone in evidente contrasto con quella finora
seguita da questa Sezione, che aveva riconosciuto l’operatività
dell’incremento figurativo nei confronti di tutti coloro i quali, dispensati dal
servizio per inabilità fisica prima del raggiungimento dei limiti di età, non
avrebbero potuto optare per l’ausiliaria, né proseguire il servizio medesimo.
Nel rapportare i principi affermati al caso di specie, va osservato che
il ricorrente non è cessato dal servizio per limiti di età, bensì è stato
dispensato dal servizio per inabilità fisica antecedentemente al
collocamento a riposo per raggiungimento del limite di età previsto per il
grado di appartenenza. All’atto della collocazione in quiescenza per
inidoneità al servizio non aveva, pertanto, raggiunto l’età pensionabile
prevista per il grado rivestito e per avere titolo al collocamento in ausiliaria.
Alla luce della giurisprudenza richiamata, anche in ossequio ai
principi di economia processuale e di ragionevole durata del processo
(evitando, per tale via, che si debba necessariamente ricorrere/resistere in
appello), non può essere riconosciuto al ricorrente il diritto ad
avvantaggiarsi del beneficio contributivo previsto dall’art. 3 comma 7 del
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decreto legislativo n. 165/1997.
Il secondo motivo di ricorso va, pertanto, respinto.
3. In ragione del parziale accoglimento del ricorso e dell’esistenza di
precedenti giurisprudenziali di segno contrario, si ritiene sussistano i motivi
per disporre la compensazione delle spese ex art. 31 comma 3, D.lgs. n.
174/2016.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Sardegna,
definitivamente pronunciando, accoglie il primo motivo ricorso e, per
l’effetto, dichiara il diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione
in godimento con applicazione, sulla quota calcolata con il sistema
retributivo, dell’aliquota di rendimento di cui all’art. 54 del d.P.R. n.
1092/1973.
Sugli arretrati spettano gli interessi legali e la rivalutazione monetaria,
quest’ultima limitatamente all’importo eventualmente eccedente quello
dovuto per gli interessi, calcolati con decorrenza dal giorno della
maturazione del diritto e sino al pagamento, ai sensi dell’art. 167 C.G.C.
Respinge il secondo motivo di ricorso.
Spese compensate.
Fissa in trenta giorni il termine per il deposito della sentenza.
Così deciso in Cagliari, il 26 giugno 2019.
IL GIUDICE UNICO
f.to Lucia d’Ambrosio
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Depositata in Segreteria il 2 luglio 2019
Il Dirigente
f.to Giuseppe Mullano
DECRETO
Il Giudice, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del D. L.vo
30 giugno 2003, n. 196,
DISPONE
che a cura della Segreteria venga apposta l’annotazione di cui al comma 3
di detto art. 52 nei riguardi del ricorrente.
IL GIUDICE UNICO
f.to Lucia d’Ambrosio
In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi del
ricorrente.
Il Dirigente
f.to Giuseppe Mullano
Come promesso ecco la mia sentenza ciao a tutti