ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

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avt8
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da avt8 »

antoniope ha scritto:Ma nei ricorsi vinti, l'inps ha effettuato il ricalcolo della pensione?? Perchè io ancora non ho sentito nessuno in merito........ le sentenze vinte sono di primo grado e possono essere impugnate.

Quello che scrivono ne messaggi xxxxxxxxxxx sono tutte bufale, smentite dall'Inps- Non mi risulta che fino adesso qualcuno ha avuto il ricalcolo della pensione di cui al'art.54 che da due anni andate avanti- a dire che vi compete-Per adesso tutte negative su detto art.54-
ì'Inps ha risposto negativamente a tutti i sindacati delle forze di polizia, cosi anche a quelle organizzazioni miitari cocer ecc.ecc.


antoniope
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da antoniope »

avt8 ha scritto:
antoniope ha scritto:Ma nei ricorsi vinti, l'inps ha effettuato il ricalcolo della pensione?? Perchè io ancora non ho sentito nessuno in merito........ le sentenze vinte sono di primo grado e possono essere impugnate.

Quello che scrivono ne messaggi xxxxxxxxxxx sono tutte bufale, smentite dall'Inps- Non mi risulta che fino adesso qualcuno ha avuto il ricalcolo della pensione di cui al'art.54 che da due anni andate avanti- a dire che vi compete-Per adesso tutte negative su detto art.54-
ì'Inps ha risposto negativamente a tutti i sindacati delle forze di polizia, cosi anche a quelle organizzazioni miitari cocer ecc.ecc.
Per quanto riguarda xxxxxxxxxxx ti dò ragione....le notizie che mette sul sito bisogna prenderle con le pinze........da qualche parte ho letto che l'inps non farà di propria inziativa nessun ricalcolo sui ricorsi vinti alle C.d.C.
Sopporta con coraggio i momenti negativi perché non saranno eterni (anonimo)
JESSICA1995
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da JESSICA1995 »

Be' se l'Inps davanti ad una sentenza esecutiva dei giudici contabili non darà corso al ricalcolo pensionistico credo che qualcuno risponderà Alla Procura della Repubblica, tranne che questa è La Repubblica delle banane.
Highlander
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da Highlander »

JESSICA1995 ha scritto:Be' se l'Inps davanti ad una sentenza esecutiva dei giudici contabili non darà corso al ricalcolo pensionistico credo che qualcuno risponderà Alla Procura della Repubblica, tranne che questa è La Repubblica delle banane.
l'INPS può cmq andare in appello....
JESSICA1995
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da JESSICA1995 »

Io ho precisato alla fine dell'iter giudiziario in caso di sentenza favorevole l'Inps deve dare esecuzione alla stessa, con buona rassegnazione a pagare.
JESSICA1995
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da JESSICA1995 »

Preciso esecutiva quindi non più impugnabile.
lando63

Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da lando63 »

Sono ritornati gli pseudo giuristi!!! Un tempo affermavano che il beneficio in argomento non spettava, oggi, dinanzi a sentenze positive emesse dalle varie CdC, sostengono che l'INPS non darà corso al pagamento delle spettanze. Mah!...vedremo.
Highlander
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da Highlander »

avt8 ha scritto:
antoniope ha scritto:Ma nei ricorsi vinti, l'inps ha effettuato il ricalcolo della pensione?? Perchè io ancora non ho sentito nessuno in merito........ le sentenze vinte sono di primo grado e possono essere impugnate.

Quello che scrivono ne messaggi xxxxxxxxxxx sono tutte bufale, smentite dall'Inps- Non mi risulta che fino adesso qualcuno ha avuto il ricalcolo della pensione di cui al'art.54 che da due anni andate avanti- a dire che vi compete-Per adesso tutte negative su detto art.54-
ì'Inps ha risposto negativamente a tutti i sindacati delle forze di polizia, cosi anche a quelle organizzazioni miitari cocer ecc.ecc.
Questo poiché ad oggi le sentenze non sono definitive.
Lino60

Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da Lino60 »

Paolino58 ha scritto:
Lino60 ha scritto:Buongiorno a tutti,
Mi trovo nella situazione di più 15 anni al 31.12.95 e sarò in pensione il prossimo 1 aprile 2018 con il sistema misto.
Non è che qualcuno è in possesso di un facsimile dell'istanza per il ricalcolo che si dovvrebbe inviare all'INPS prima di procedere con l'eventuale ricorso?
Ringrazio in anticipo per l'auito!
Visto che a brevissimo sei in congedo con diritto a pensione, sei sicuro che sul sito dell'INPS non sia già presente la determinazione (SM007) della tua pensione? Di solito è presente almeno 30gg prima del congedo (anche prima). Dovrebbe essere già presente anche il primo cedolino (di solito lo definiscono acconto). La determinazione la puoi trovare nel servizio la "tua cassetta postale on-line" e il cedolino nel servizio "cedolino pensione e servizi collegati".
Saluti
No Paolino58 non è presente ancora niente sul sito dell'inps e la mia pratica risulta anche in lavorazione.
panorama
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da panorama »

La Corte dei Conti Veneto ha rigettato un nuovo ricorso in relazione all'art. all’art. 3, comma 7, D.Lgs. n. 165/1997 e all'art. 54.

Come al solito si fa un passo avanti e uno indietro.
panorama
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da panorama »

Come già detto sopra è tutto negativo

VENETO SENTENZA 46 30/03/2018
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
VENETO SENTENZA 46 2018 PENSIONI 30/03/2018
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N°46/2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL VENETO
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI

Nella pubblica udienza del 24 gennaio 2018 ha pronunciato la seguente
SENTENZA

Nel giudizio iscritto al n. 30420 del registro di segreteria, proposto con ricorso da C. P., nato il OMISSIS a OMISSIS e residente a OMISSIS, c.f. OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Vitelli, con studio in Teramo, Via Fonte Regina n. 23, presso il quale ha eletto domicilio

Contro
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, rappresentato e difeso dall’Avv. Filippo Doni, con domicilio eletto presso l’Avvocatura dell’INPS di Venezia, Dorsoduro 3500/d;

Per l’attribuzione dell’incremento figurativo di cui all’art. 3, comma 7, D.Lgs. n. 165/1997 e per il riconoscimento dell’aliquota di rendimento del 44% in ordine pro rata alla quota fino alla data del 31.12.1995, con la ripartizione nella misura del 34,20% per la quota A) e del 9,80% per la quota B), con conseguente rideterminazione del trattamento pensionistico privilegiato e pagamento degli arretrati in tal modo maturati;

ESAMINATI il ricorso ed i documenti con esso depositati in causa nonché gli atti e i documenti di costituzione dell’I.N.P.S., nonché gli ulteriori acquisiti in corso di causa;

Sentiti all’odierna udienza i difensori delle parti come da verbale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 13 luglio 2017 ed iscritto al n. 30420 del registro di segreteria, il ricorrente, premesso di essere stato M.llo Capo della Guardia di Finanza e di essere in congedo assoluto per infermità dal 23 settembre 2011 con attribuzione di trattamento pensionistico privilegiato di VII cat. Tab. A in regime misto, lamenta l’illegittimità della determinazione n. OMISSIS emessa dalla sede INPS di Rovigo in data 30 giungo 2015, con la quale veniva liquidato il trattamento definitivo di pensione privilegiata.

In particolare il ricorrente lamenta che il trattamento pensionistico riconosciutogli era stato calcolato senza l’incremento figurativo previsto dall’art. 3, comma 7, del D.Lgs. 165/1997 –che, con riferimento al calcolo della pensione con sistema c.d. “misto”, prevede ai militari in congedo che sono esclusi dall’ausiliaria l’incremento del montante contributivo relativo alla c.d. quota C) pari a 5 volte quello dell’ultimo anno di servizio - nonostante l’espresso richiamo alla citata norma da parte dell’art. 1865 del D.Lgs. n. 66 del 2010, applicabile anche al personale della Guardia di Finanza.

La disposizione, sostiene il ricorrente, trova applicazione in ogni caso in cui il personale sia escluso dall’accesso all’ausiliaria, anche allorchè, come nel proprio caso, tale esclusione non dipenda dal raggiungimento dei limiti d’età ma da causa esterna, essendo egli stato costretto ad abbandonare il servizio per motivi di salute, da ciò derivando la forzata rinuncia ai vantaggi della posizione dell’ausiliaria.

A sostegno della propria tesi il ricorrente ha richiamato talune pronunce di Sezioni regionali della Corte dei Conti (in particolare, Sez. Abruzzo n. 28/2012 e 27/2017).

In secondo luogo il ricorrente lamenta l’applicazione dell’aliquota di rendimento del 36,95% ai sensi dell’art. 44 del D.P.R. 1092/1973 –relativa agli impiegati civili dello Stato- anziché di quella del 44%, applicabile ex art. 54 del medesimo D.P.R. al personale militare.

Secondo il ricorrente la norma da ultimo citata, che prevede l’applicazione dell’aliquota di rendimento del 44% al trattamento pensionistico del personale militare che ha maturato (al 31.12.1995) un’anzianità contributiva maggiore di 15 anni ma non superiore a 20, si attaglia al proprio caso avendo egli maturato, alla data del 31.12.1995, 16 anni e 1 mese di servizio utile.

Ai fini del computo delle quote A) e B) del trattamento pensionistico, quindi, l’aliquota di rendimento applicabile avrebbe dovuto essere quella del 44%, suddivisa (secondo un criterio di proporzionalità alla durata del servizio) nel 34,20% per il servizio reso fino al 31.12.1992 e nel 9,80% per il servizio reso dal 1.1.1993 al 31.12.1995.

Con atto di memoria depositata il 17 novembre 2017 si è costituita in giudizio l’INPS, eccependo in primo luogo l’intervenuta decadenza ex art. 204, lett. b) e 205 del D.P.R. n.1092 del 1973.

I motivi di ricorso attengono, infatti, al calcolo del trattamento pensionistico “normale”, liquidato in via definitiva e comunicato al ricorrente in data 1.2.2012: la richiesta di rettifica dell’errore di calcolo è intervenuta oltre il triennio previsto dal combinato disposto delle surrichiamate disposizioni, incorrendo quindi il ricorrente nella prevista decadenza.

In via tuzioristica la resistente ha comunque osservato, con riferimento alla prima domanda di parte ricorrente, che, ferma restando la carenza di legittimazione passiva dell’INPS, l’incremento figurativo invocato non trova applicazione, avendo il ricorrente già beneficiato del trattamento di privilegio.

Con riferimento alla seconda domanda, la resistente ha contestato l’interpretazione dell’art. 54 D.P.R. 1092/1973 prospettata dal ricorrente, rappresentando che la norma trova applicazione esclusivamente al personale che, all’atto della cessazione dal servizio (e non al 31.12.1995), avesse maturato un servizio utile non inferiore a 15 e non superiore a 20 anni, circostanza che nel caso in esame non si dà, avendo il ricorrente maturato, all’atto della cessazione dal servizio, un servizio utile di 34 anni e 8 mesi.

All’udienza del 30 novembre 2017 a seguito della discussione, il G.U.P. ordinava all’INPS la produzione in giudizio dei fascicoli integrali relativi ai trattamenti pensionistici entro il 4 gennaio 2018 e ha rinviato all’odierna udienza la discussione, assegnando alle parti termine fino a 5 giorni prima per memorie.

In data 17 gennaio 2018 parte ricorrente depositava memoria con la quale contestava l’eccepita decadenza triennale, e ribadiva i motivi di ricorso già formulati, riportando giurisprudenza di Sezioni territoriali di questa Corte nelle more intervenuta (in particolare, Sez. Sardegna n. 162 e 156/2017, Sez. Calabria n. 350/2017 e Sez. Sardegna n. 2/2018).

All’odierna udienza le parti, dopo articolata discussione, hanno concluso come in atti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Entrambi i motivi di ricorso sono infondati.

1. Quanto all’applicazione del coefficiente di valutazione, per le quote A e B della pensione, di cui al primo comma dell’art. 54 del D.P.R. 1092/73.

Il ricorrente ritiene di aver diritto all’applicazione di tale disposizione avendo maturato al 31 dicembre 1995 (data alla quale cessa la liquidazione della pensione con il sistema retributivo) anni 16 e mesi 1 di servizio utile, e quindi un servizio superiore a 15 anni ma inferiore a 20 come richiesto dalla norma per l’applicazione dell’aliquota del 44%, ma che nel calcolo della propria pensione sarebbe stato applicato un coefficiente inferiore, pari al 36,95% per cento, previsto dall’art. 44 del D.P.R. 1092/1973 per gli impiegati civili dello Stato che avessero maturato un pari servizio.

Secondo il ricorrente il fatto che, ai sensi del sopravvenuto D.lgs. n. 503/1992 (art. 13), il servizio prestato fino al 31.12.1995 debba essere suddiviso in due periodi (appunto, uno fino al 31.12.1992 e uno successivo all’entrata in vigore della norma, dal 1.1.93 e fino al 31.12.1995, quest’ultimo in virtù delle successive novelle) non potrebbe valere ad escludere l’applicazione della norma, poiché tale suddivisione, se incide unicamente sulla determinazione delle basi pensionabili, non comporta modificazioni sull’aliquota di rendimento applicabile, che resterebbe –appunto- quella prevista dal citato art. 54, la cui perdurante vigenza sarebbe dimostrata anche dall’espresso richiamo contenuto nel nuovo Codice dell’ordinamento militare (D.lgs. n. 66/2010, art. 1867).

A tale ricostruzione ermeneutica l’INPS ha contrapposto una diversa e più restrittiva interpretazione dell’art. 54 citato, la cui applicabilità troverebbe luogo esclusivamente nei casi in cui all’atto della cessazione dal servizio il personale militare destinatario della norma si trovasse nella situazione da quest’ultima descritta, e, cioè, aver maturato un’anzianità superiore a 15 anni e non superiore a 20 anni di servizio utile.

Entrambe le prospettazioni espresse dalle parti in giudizio trovano riscontro nelle pronunce, di diverso segno, delle Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti e si riportano a due distinte interpretazioni della disposizione.

La prima, di carattere estensivo e sostenuta con il ricorso, trae dalla disposizione una norma di carattere generale per i militari che abbiano maturato più di quindici anni, fermo restando che, superati i venti, essi cumulano tale beneficio con gli ulteriori aumenti annuali previsti dai commi seguenti (dell’1,80 o dell’3,60 per cento per cento, a seconda della qualifica, per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo, come ricordato anche dal ricorrente negli atti di causa).

La seconda, aderente al testo letterale, limita l’applicazione del più favorevole (rispetto agli altri dipendenti pubblici) coefficiente di rendimento ivi previsto (44 per cento) ai militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici ma non più di venti anni di servizio, trovando la disposizione la sua ratio in quelle situazioni in cui il militare, per motivi indipendenti dalla sua volontà (limiti di età, inabilità, ecc.), non abbia potuto maturare un’anzianità superiore.

Questo Giudice ritiene di prestare adesione al secondo orientamento interpretativo per le seguenti ragioni di natura ermeneutica e sistematica.

In primo luogo, come già evidenziato (e ricordato dalla resistente nelle proprie difese), tale interpretazione risponde ai criteri ermeneutici delle preleggi, risultando non solo maggiormente aderente al dato letterale, ma soprattutto tenendo conto del fatto che la norma è da considerarsi speciale ed attributiva di un trattamento di favore e, in quanto tale, da interpretarsi in senso restrittivo. A tal riguardo sovviene la ratio della disposizione, introdotta, va ricordato, allorchè vigeva il sistema retributivo puro, con funzione perequativa per quei militari che, per motivi indipendenti dalla propria volontà, fossero costretti ad abbandonare il servizio non avendo raggiunto i vent’anni di servizio.

In secondo luogo, se si aderisse alla prima interpretazione, si porrebbe (come in effetti lo stesso ricorrente si pone) il problema del riparto della aliquota di rendimento tra i periodi maturati al 31.12.1992 (per i quali si applica alla base pensionabile pari all’ultima retribuzione), e quelli maturati successivamente e fino al 31.12.1995 (per i quali si applica alla base pensionabile pari alla media degli ultimi dieci anni): alcuna disposizione positiva indica l’eventuale (quanto insussistente) criterio di riparto, risultando qualsivoglia indicazione del tutto arbitraria e priva di riferimento normativo.

Dunque, l’art. 54, primo comma del D.P.R. 1092/1973 trova applicazione esclusivamente allorchè il congedato avesse maturato, all’atto del congedo, almeno 15 anni e non più di vent’anni di servizio utile, caso che non si attaglia alla situazione del ricorrente, che è stato collocato in congedo con una anzianità complessiva maturata al congedo superiore a 20 anni (34 anni e 8 mesi).

La domanda pertanto non può trovare accoglimento.

2. Sul riconoscimento dei benefici figurativi di cui all’articolo 3, comma 7, del D.Lgs 165/1997.

Quanto alla ritenuta applicabilità al caso di cui si tratta dell’aumento figurativo del montante contributivo di cui all’art. 3, comma 7, del D.Lgs. 165/97 va rappresentato che la disposizione, espressamente richiamata dall’art. 1865 C.O.M. ed applicabile al personale escluso dall’istituto dell’ausiliaria di cui all’art. 992 C.O.M., deve trovare coordinamento con le altre disposizioni del medesimo codice, tra cui appunto quella dell’attribuzione della pensione di privilegio.

Orbene, l’accesso all’istituto dell’ausiliaria (che comporta non solo l’applicazione della relativa indennità per il periodo, ma anche il ricalcolo, al termine del periodo medesimo, del trattamento pensionistico tenendo conto, appunto, della suddetta indennità) avviene unicamente a seguito di cessazione dal servizio per raggiunti limiti d’età o a domanda nei casi di cui all’art. 909/4 C.O.M..

Dunque la disposizione di cui si invoca l’applicazione, laddove fa riferimento al personale che per carenza dei requisiti psico-fisici non può accedere all’istituto dell’ausiliaria, non può che far riferimento al personale che al raggiungimento dei limiti d’età non sia in possesso di tali requisiti, tant’è che essa si applica non solo ai fini dell’accesso, ma anche della permanenza in ausiliaria.

Se, infatti, è ben vero che coloro i quali siano dispensati dal servizio per inabilità assoluta sono di per sé esclusi dall’ausiliaria, è altrettanto vero che il trattamento pensionistico loro riservato (appunto, quello di privilegio e/o di inabilità) attribuisce di per sé a tale categoria di soggetti un vantaggio economico (e/o temporale ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico) volto a compensare, appunto, lo svantaggio derivante dall’impossibilità di prestare ulteriormente servizio fino al raggiungimento del limite d’età e conseguire il diritto alla pensione.

Seguendo l’opzione ermeneutica proposta dal ricorrente porterebbe a riconoscere, quindi, la cumulabilità di tale beneficio con quello di cui al citato art. 3, comma 7, D. lgs 165/97 sulla base del medesimo presupposto di fatto e, quindi, con una non consentita interpretazione estensiva della disposizione –che, va sottolineato, è norma speciale di favore-, possibile unicamente con espressa previsione di legge (come è dimostrato dalla recente novella del medesimo art. 3, comma 7, di cui al D.L. 94 del 2017).

Il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto con un'età anagrafica di 46 anni e 7 mesi ed un servizio utile a pensione di 34 anni e 8 mesi, quindi, senza aver maturato nessun requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, pertanto, nessuna "esclusione " dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D.Lvo 30 aprile 1997, n° 165 può trovare applicazione nel caso di specie.

La domanda pertanto non può trovare accoglimento.

3. Quanto alle spese, ritiene questo Giudicante che la novità della questione possa giustificare, ex art. 31, comma 3,D.Lgs 174/2016 l’integrale compensazione delle spese.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da C. P. iscritto al numero 30420 del registro di segreteria, ogni diversa domanda od eccezione respinta,

-respinge il ricorso;

-spese compensate.

Così deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio all’esito della pubblica udienza del 24 gennaio 2018.
Il Giudice Unico delle Pensioni
F.to Primo Ref. Daniela Alberghini


Il G.U.P., ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del D.Lgs 196/03, dispone che, a cura della Segreteria della Sezione, venga apposta l’annotazione di cui al co 3 del medesimo art. 52 nei riguardi del ricorrente.
Il G.U.P.
F.to Primo Ref. Daniela Alberghini


Depositata in Segreteria il 30/03/2018


Il Funzionario Preposto
F.to Nadia Tonolo

In esecuzione del provvedimento del G.U.P. ai sensi dell’art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione, omettere le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa.
Venezia, 30/03/2018
Il Funzionario preposto
F.to Nadia Tonolo
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

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La Corte dei Conti Calabria accoglie il ricorso per l'art. 54 e lo rigetta per l'art. 3.
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1) - L’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, com’è noto prevede per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello disciplinato per il personale civile dall’art. 44 dello stesso testo unico, stabilendo che ..........

2) - Nel caso di specie, è indubbio che all’atto del pensionamento il sig. V. A. avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia secondo l’Istituto controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare applicazione.

La Corte precisa:

Ecco alcuni brani.

3) - Questo giudice è di contrario avviso.
- Sul punto, risulta evidente la commistione che l’INPS erroneamente compie tra ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt’altro che omologabili.

4) - L’art. 54 detta, come lo stesso INPS peraltro riconosce, una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio.

5) - Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all’art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna.

6) - La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, se è vero come è vero che, come sopra evidenziato, il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.

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CALABRIA SENTENZA 44 27/03/2018
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
CALABRIA SENTENZA 44 2018 PENSIONI 27/03/2018
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R E P U BB L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE DELLE PENSIONI
CONS. DOMENICO GUZZI

ha pronunziato la seguente
SENTENZA N.44/2018

Sul il ricorso in materia di pensioni civili n. 21600 del registro di Segreteria, proposto da
- V. A., nato a Omissis il Omissis, rappresentato e difeso dall’avv. Santo Delfino, presso il cui studio in Villa San Giovanni, via Zanotti Bianco n. 33, ha eletto domicilio,

contro
- l’INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – Direzione di Reggio Calabria, in persona del suo Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti Giacinto Greco e Francesco Muscari Tomaioli, con i quali ha eletto domicilio in Catanzaro, via F. Acri n. 81, presso la sede dell’Avvocatura INPS territoriale.

Uditi all’udienza del 23 marzo 2018 l’avv. Santo Delfino per il ricorrente e il dott. Francesco Vecchio per l’INPS.

FATTO

Con l’interposto gravame, il sig. V. A. agisce avverso la determinazione atto n. RC012016850884 del 07.07.2017 con la quale l'INPS sede di Reggio Calabria - gestione ex lnpdap - ha quantificato il trattamento di quiescenza iscritto al n. 1749025.

A tal fine rappresenta di essersi arruolato nel Corpo della Guardia di Finanza in data 29 settembre 1989 e, dopo circa 32 anni di servizio (nel grado di maresciallo aiutante), di essere stato posto in congedo assoluto dal 5.05.2016, a seguito di sopravvenuta inidoneità psico-fisica.

In conseguenza di ciò, il trattamento di pensione avrebbe dovuto essergli liquidato con l’applicazione dei benefici di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, anziché, come fatto dall’amministrazione previdenziale, facendo applicazione del sistema di calcolo di cui all’art. 44 dello stesso testo unico.

Il ricorrente chiede, inoltre, il rimborso degli arretrati maturati per l'applicazione dei benefici previsti dall'articolo 3, del D.Lgs n° 165/1997, sul presupposto che, cessato dal servizio per inidoneità assoluta, è stato escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria ex art. 992 del D.L.gs n° 66/2010.

Con memoria depositata il 22 febbraio 2018, l’INPS si è ritualmente costituito per contestare la domanda attrice, in quanto infondata in fatto e in diritto, e per chiedere che la stessa sia integralmente respinta.

In udienza, le parti intervenute hanno insistito, ciascuna per quanto di rispettiva competenza, per l’accoglimento delle conclusioni rispettivamente rassegnate in atti.

Considerato
D I R I T T O

Come evidenziato in narrativa, il ricorso comprende due capi di domanda.

Con il primo, il ricorrente chiede che il suo trattamento pensionistico ordinario gli venga liquidato secondo il sistema di calcolo previsto dall’art. 54 del d. P.R. n. 1092 del 1973.

Il secondo capo di domanda fa, invece, riferimento all’asserito diritto di conseguire i benefici derivanti dall’applicazione dell’art. 3 del D.lgs. n. 165/1997.

Orbene, ritiene questo giudice che il ricorso possa essere accolto parzialmente e solo con riguardo al primo capo di domanda per le ragioni di seguito esposte.

I. L’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, com’è noto prevede per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello disciplinato per il personale civile dall’art. 44 dello stesso testo unico, stabilendo che “1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile 2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.

Nel caso di specie, è indubbio che all’atto del pensionamento il sig. V. A. avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia secondo l’Istituto controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare applicazione.

Ritiene al riguardo l’INPS che l'art. 54 non avrebbe innovato l’ordinario meccanismo delle aliquote di rendimento previsto dall’art. 44 citato, essendosi limitato ad “attribuire un ulteriore beneficio ristretto a coloro cessati con 15 anni ma non ancora 20”.

Dal suo punto di vista, in pratica sarebbe sufficiente “porre mente al meccanismo delle aliquote percentuali. Fino a 15 anni si matura il 2,33% annuo, pervenendo al 35% con 15 anni. Dal 15esimo l'aliquota si riduce al 1,8%. Ne consegue che, al 20 anno di servizio, l'aliquota complessiva è pari al 44% (35% + 9% derivante da 1,80% x 5). Dopo il 20esimo anno l'aliquota è sempre 1,8% sino al conseguimento dell'80% al 40esimo anno (che, tuttavia, per i militari era più veloce trattandosi di servizio utile e non effettivo, ove il servizio utile era contraddistinto dalle maggiorazioni)”.

In concreto, dunque, il “comma 1 dell'art. 54, quindi, non creava nuove aliquote annuali di calcolo, bensì si limitava a fornire un bonus a coloro che cessassero con anzianità compresa tra 15 e 20 anni di servizio.

Bonus variabile, chiaramente, in base all'anzianità superiore a 15 fino a 20. Per cui, chi cessava con 16 anni aveva un bonus di 1,8% x 4 anni, chi cessava a 17 anni un bonus di 1,8%, e così via”.

In definitiva, dunque, sembrerebbe che l’art. 54, comma 1, possa trovare applicazione per il solo personale militare che all’atto della cessazione del servizio non avesse ancora superato il 20° anno di servizio utile, mentre per coloro che lo avevano superato nessuna differenziazione si sarebbe potuta configura con il restante personale dello Stato.

Questo giudice è di contrario avviso.

Sul punto, risulta evidente la commistione che l’INPS erroneamente compie tra ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt’altro che omologabili.

L’art. 54 detta, come lo stesso INPS peraltro riconosce, una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio.

Non è pertanto corretto sostenere, come fa invece l’INPS (sopra se ne è dato conto) che fino “a 15 anni si matura il 2,33% annuo, pervenendo al 35% con 15 anni. Dal 15esimo l'aliquota si riduce al 1,8%. Ne consegue che, al 20 anno di servizio, l'aliquota complessiva è pari al 44% (35% + 9% derivante da 1,80% x 5).

Dopo il 20esimo anno l'aliquota è sempre 1'1,8% sino al conseguimento dell'80%......”, giacché così opinando non si coglie ciò che il chiaro tenore letterale della disposizione non può che portare a cogliere e cioè che il 44 per cento della base pensionabile spetta al militare che cessi avendo compiuto 15 anni, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e così fino al 20° anno di servizio utile.

In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo fatto dall’INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se per il personale civile l’aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni in conformità all’art.44, comma 1, per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe avuto ragion d’essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio che, come già osservato, non è contemplato dall’art. 44, comma 1.

Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all’1,80 per cento per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere dall’interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il comma 2 “aumentata”, di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione pari al 45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1 anno), fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all’80 per cento della base pensionabile previsto anche per il personale militare dal comma 7 dell’art. 54 citato analogamente a quanto stabilito dall’art. 44, comma 1, per il personale civile.

Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D.Lgs. n. 503/1992 e consolidatosi con la nota legge n. 335 dell’8 agosto 1995, sistema che ha, infatti, notoriamente previsto come la pensione dovesse essere determinata in parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A" corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo” la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente decreto".

Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all’art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna.

La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, se è vero come è vero che, come sopra evidenziato, il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.

II. In merito alla richiesta di applicazione del beneficio compensativo di cui all'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo n° 165/1997, con ogni ulteriore diritto a favore del ricorrente compreso il riconoscimento, la liquidazione e pagamento degli arretrati, degli interessi e la rivalutazione monetaria come per legge dal dovuto al soddisfo, il ricorse deve essere invece respinto.

Il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto con un'età anagrafica di 51 anni 1 mese e 3 giorni ed un servizio utile a pensione di 35 anni e 7 mesi, quindi, senza aver maturato nessun requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, pertanto, nessuna "esclusione " dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D.Lvo 30 aprile 1997, n° 165 può trovare applicazione nel caso di specie.

L’ art. 3 del DLgs n. 165/1997, in attuazione della delega conferita ai sensi dell’ art. 1, commi 97, lettera g), e 99, della legge 662/96 (legge finanziaria 1997), ha infatti introdotto rilevanti modifiche alla normativa riguardante la posizione di ausiliaria, sotto il profilo delle modalità di accesso, dei limiti di permanenza e dell’importo dell’indennità, prevedendo che in essa possa essere collocato il personale militare delle Forze Armate, compresa l'Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza giudicato idoneo a seguito di accertamento sanitario e a tale personale compete, e stabilendo che in aggiunta al trattamento pensionistico, a detto personale compete un’indennità pari all’80% della differenza tra la pensione percepita e la retribuzione spettante al pari grado in servizio.

Ora, i fini del presente giudizio e per risolvere la questione di diritto posta dal ricorrente, non si può che denotare come, a proposito delle modalità di accesso, il citato art. 3, comma 1, abbia in buona sostanza escluso dalla possibilità di poter transitare in ausiliaria il personale militare che sia cessato dal servizio non per raggiunti limiti di età ma per inidoneità al servizio di istituto.

Il ricorrente, come detto, è stato dispensato dal servizio attivo per inidoneità, sicché lo stesso non vantava il requisito soggettivo per il collocamento in ausiliaria e, dunque, per il conseguimento degli effetti economici per come preteso in domanda.

Il ricorso va in conclusione parzialmente accolto, mentre per ciò che concerne le spese, la complessità delle questioni trattate induce a

disporne la compensazione integrale tra le parti in causa.

P.Q.M.

La Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Calabria,
ACCOGLIE

Il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, riconosce al ricorrente il diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione dell’aliquota di rendimento di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 sulla parte dell’assegno calcolata con il sistema retributivo.

Sui maggiori ratei spettano, inoltre, gli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria con decorrenza dalla data di scadenza di ciascun rateo e sino al pagamento.

RESPINGE
Il ricorso per i restanti capi di domanda.

Spese compensate.

Manda alla Segreteria di provvedere agli adempimenti di rito.
Così deciso in Catanzaro il 23 marzo 2018
IL GIUDICE
f.to Domenico Guzzi


Depositata in Segreteria il 26/03/2018


Il Responsabile della Segreteria Pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da mimì »

Salve a tutti, voglio darvi una buona notizia: la Corte dei Conti Calabria ha emesso altre 2 sentenze favorevoli all'applicazione dell'art. 54 e precisamente la n. 45 e la n. 46. Buona giornata a tutti.
Ares
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da Ares »

Il mondo militare non va avanti per quelli come te. Ma quali bufale, ma gli articoli li leggi? E li capisci?

Ci sono sentenze positive in Sardegna e Calabria....il resto e tutti quelli che la pensano come te....lasciamo perdere

https://xxxxxxxxxxx.it/ricorso-pensioni- ... e-i-conti/
panorama
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Re: ATTENZIONE, L'INPS DEVE RIFARE I CALCOLI ARRUOLATI 81/83

Messaggio da panorama »

Corte dei Conti Calabria Accoglie ( anche art. 3 )

applicazione dell’art.54,
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1) - Tenente Colonnello dell’Esercito Italiano, in congedo assoluto (per infermità) dal 30-5-2017, beneficiario di pensione ordinaria di inabilità

2) - Rappresenta ..... l’INPS come alla data del 31/12/1992 il ricorrente vantava un'anzianità di servizio inferiore ai 15 anni stabiliti dal primo comma dell'articolo 54 ...... ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 44%, rientrando invece, nel disposto dettato dal penultimo comma dello stesso articolo 54.

3) - Il ricorrente risultava infatti cessato dal rapporto di lavoro a far data dal 30/05/2017 con un'anzianità complessiva di servizio utile a pensione pari a 39 anni e 2 mesi, di cui:
- ) - 12 anni e 3 mesi maturati alla data del 31/12/1992,
- ) - 15 anni e 3 mesi maturati alla data del 31/12/1995,
la pensione spettante non può essere ritenuta quella maturata con un'anzianità contributiva di almeno quindici anni e non più di venti e rapportata ad un'aliquota di rendimento del 44%, atteso che il disposto dettato dall'articolo 54 ..... è chiaramente riferito alla pensione spettante al militare e non già alla quota di pensione determinata con il sistema retributivo.

La Corte dei Conti, spiega:

4) - Venendo alla seconda questione introdotta con il ricorso e cioè alla richiesta di piena applicazione della previsione di cui all’art.54 del D.P.R. n.1092/1973, in luogo dell’applicazione della disposizione di cui all’art.44 del medesimo D.P.R. osserva in via pregiudiziale questo Giudicante che tale ultima disposizione non può in alcun caso trovare applicazione al personale militare, cui appartiene l’odierno ricorrente, trattandosi di disposizione espressamente ricompresa nel Titolo III, rubricato “Trattamento di quiescenza normale”, Capo I, rubricato “Personale civile”, mentre, correttamente, l’invocato art.54 rientra nel Capo II, rubricato “Personale militare”.

5) - Ad ogni buon fine sul punto non ritiene questo Giudicante di doversi discostare dalle considerazioni e motivazioni espressa da questa Sezione nelle sentenze n.12, 43 e 44 del 2018.

N.B.: leggete il tutto qui sotto.
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Sezione CALABRIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 45 Pubblicazione 19/04/2018
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R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Cons. Quirino Lorelli

Ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 45 /2018

sul ricorso in materia di pensioni militari, iscritto al n.21614 del registro di segreteria, proposto da R. P., nato a omissis, il Omissis, rappresentato e difeso dall’avv. Pietro Paolo Tucci

C O N T R O
Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica e rappresentante legale p.t., costituito con memoria depositata il 29/3/2018

I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Teresa Pugliano, Giacinto Greco e Francesco Muscari Tomaioli, giusta memoria depositata il 15/3/2018;

uditi all’udienza del 13 aprile 2018, l’avv.to Pietro Paolo Tucci per il ricorrente e l’avv. Francesco Muscari Tomaioli per l’INPS, il cap. Francesco Ferrise per il Ministero della Difesa, esperito il tentativo di conciliazione come da verbale di udienza

F A T T O

Con atto introduttivo del presente giudizio, depositato il 9/2/2018, il sig. R. P., chiede che sia accertato e dichiarato il proprio diritto alla rideterminazione del trattamento pensionistico, previa applicazione del beneficio di cui all'art. 3, co. 7, d.lgs n. 165/97 e quello alla rideterminazione del trattamento previdenziale con l’applicazione dell’art.54, comma 1 del T.U. N.1092/1973, con conseguente statuizione in ordine al ricalcolo del trattamento pensionistico ed accertamento del diritto a percepire le somme maturate e maturande a titolo di incremento figurativo ex art. 3, co. 7, d. lgs n. 165/97, con decorrenza dal 31/5/2017, o d altra data ritenuta di giustizia e/o di equità, oltre interessi e rivalutazione monetaria come per legge, fino all'effettivo soddisfo.

Precisa il ricorrente di essere tenente colonnello dell’Esercito Italiano, in congedo assoluto (per infermità) dal 30-5-2017, beneficiario di pensione ordinaria di inabilità INPS n. 17473571 e di avere presentato in data 18/11/2017 istanza di liquidazione dell'incremento figurativo di cui all'art. 3, comma 7, D. Lgs n. 165/1997; tuttavia sia l’Amministrazione di appartenenza che l’INPS, con distinte note, rispettivamente, del novembre 2017 e del gennaio 2018, avrebbero respinto detta istanza, onde i relativi provvedimenti vengono impugnati per il riconoscimento del beneficio. Ricorda ancora il ricorrente di avere presentato in data 25-1-2018 una richiesta all’INPS di ricalcolo del proprio trattamento pensionistico in applicazione dell’art.54 del T.U. 1092/1973, essendogli invece stata applicata, giusta la previsione dell’art.44 del suddetto T.U., una aliquota pensionabile conteggiata del 35,250%, anziché quella del 44% da lui invocata.

Con memoria depositata il 15/3/2018 si è costituito in giudizio l’INPS, eccependo l'inammissibilità della pretesa rideterminazione del trattamento pensionistico previa applicazione del beneficio di cui all'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n.165, posto che il ricorrente, sarebbe cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto, con un servizio utile a pensione di 39 anni e 2 mesi, di cui solo 12 anni e 3 mesi maturati fino alla data del 31-12-1992, quindi, senza aver maturato il requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, onde nessuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n° 165 potrebbe trovare applicazione nel caso di specie.

Rappresenta ancora l’INPS come alla data del 31/12/1992 il ricorrente vantava un'anzianità di servizio inferiore ai quindici anni stabiliti dal primo comma dell'articolo 54 del DPR 29 dicembre 1973, n° 1092 ai fini dell'applicazione dell'aliquota del 44%, rientrando invece, nel disposto dettato dal penultimo comma dello stesso articolo 54.

Il ricorrente risultava infatti cessato dal rapporto di lavoro a far data dal 30/05/2017 con un'anzianità complessiva di servizio utile a pensione pari a 39 anni e 2 mesi, di cui: 12 anni e 3 mesi maturati alla data del 31/12/1992, 15 anni e 3 mesi maturati alla data del 31/12/1995, la pensione spettante non può essere ritenuta quella maturata con un'anzianità contributiva di almeno quindici anni e non più di venti e rapportata ad un'aliquota di rendimento del 44%, atteso che il disposto dettato dall'articolo 54 del D.P.R. 1092/1973 è chiaramente riferito alla pensione spettante al militare e non già alla quota di pensione determinata con il sistema retributivo. Si ritiene che la quota di pensione determinata con il sistema retributivo data dalla somma di due quote (quota "A" per le anzianità maturate fino alla data del 31/12/1992 e quota "B" per le anzianità contributive maturate entro la data del 31/12/1995) non possa essere valorizzata con un rendimento fisso ed invariabile del 44 per cento anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15esimo anno per il personale militare, posto che si verrebbe ad avere un rendimento annuo del 2,93 fino al 15esimo anno di servizio ed un rendimento pari allo zero per l'anzianità maturata dal 15esimo anno al 20esimo anno,

Con memoria depositata il 29-3-2018 si è costituito in giudizio il Centro Unico Stipendiale dell’Esercito, chiedendo il rigetto del ricorso sotto ambedue i profili. In particolare quanto al beneficio di cui al D. Lgs. n.165/1997, emergerebbe la volontà del legislatore di circoscriverne l'applicazione alle sole ipotesi di cessazione dal servizio di personale che, pur avendo maturato il diritto all'ausiliaria (per aver raggiunto il limite di età ordinamentale per essere collocato in quiescenza ovvero perché ricompreso nelle aliquote di militari da collocare in aspettativa per riduzione quadri), ne sia rimasto successivamente escluso per sopravvenuta perdita dell'idoneità fisica e non anche, in senso generalizzato, al personale che sia stato dispensato dal servizio anzitempo per perdita dell'idoneità al servizio militare incondizionato (ovvero riformato).

Quanto invece all’aliquota percentuale di pensionabilità di cui all'articolo 54, comma 1, del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, trattandosi di modalità di calcolo della pensione operata in via esclusiva dall'INPS, nel cui procedimento non è mai intervenuta l'Amministrazione Militare, si ritiene di non dover esprimere alcuna considerazione in merito.

All’udienza di discussione del 13/4/2018, esperito il tentativo conciliativo, come da verbale, i procuratori delle parti si sono riportati alle rispettive domande e difese; il cap. Ferrise per il Ministero della Difesa ha eccepito come non potrebbe applicarsi la norma sull’ausiliaria in quanto il ricorrente è stato dispensato per riforma prima dell’entrata in vigore della modifica all’art.1865 del Codice dell’Ordinamento Militare apportata dal D. Lgs. n.94/2017.

D I R I T T O

1) In via pregiudiziale va esaminata l’eccezione di inapplicabilità al caso di specie delle disposizioni in materia di ausiliaria di cui all’art. 1865 C.O.M. al caso di specie in quanto le relative modifiche alla norma sarebbero state apportate dal D. Lgs. n. 94/2017 entrato in vigore dopo la dispensa dal servizio del ricorrente.

L’eccezione è infondata.

L’art. 1865 C.O.M. nel testo precedente alla modifica del 2017 testualmente stabiliva che “1. Per il personale militare escluso dall'istituto dell'ausiliaria di cui all'articolo 992, si applica l'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165”, ma la norma invocata dal ricorrente è esattamente quella colà indicata e cioè l’art.3, comma 7 del D. Lgs. n.165/1997, onde l’eccezione non appare calzante, né conferente, posto pure che la nuova formulazione del predetto art.1865, dopo la novella del 2017, è la seguente: “1. Per il personale militare ((...)) si applica l'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165”.

Nel caso di specie il ricorrente alla data di quiescenza risultava ex lege escluso dall’ausiliaria non avendone, per come meglio precisato in appresso, i requisiti e con la conseguenza che egli invoca con il ricorso esattamente l’applicazione del beneficio indicato nell’art.1865 C.O.M.

*

2) Nel merito la prima questione che va analizzata è la fondatezza alla pretesa della applicazione dei benefici della c.d. ausiliaria anche al personale militare collocato in quiescenza prima del raggiungimento del limite anagrafico di età, sulla base di una accertata inidoneità a qualunque servizio (nell’ordinamento militare la c.d. riforma).

L’ausiliaria è una categoria del congedo che interessa il solo personale militare che, dopo la cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età, previsto per il grado rivestito, manifesta la propria disponibilità ad essere chiamato nuovamente in servizio per lo svolgimento di attività in favore dell’amministrazione di appartenenza o di altre pubbliche amministrazioni statali e territoriali. L’ausiliaria è stata oggetto di recenti modifiche ad opera di interventi legislativi che si succeduti dal 2012 ad oggi (non ultima la legge di Stabilità del 2015); attualmente è prevista e disciplinata dagli articoli da 992 a 996 e dagli articoli 1864, 1870, 1871, 1876 del Codice dell’Ordinamento Militare (C.O.M., D. Lgs. n. 66/2010).

L’art. 992 del C.O.M. così dispone:

“1. Il collocamento in ausiliaria del personale militare avviene esclusivamente a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età previsto per il grado rivestito o a domanda, ai sensi dell'articolo 909, comma 4.

2. Il personale militare permane in ausiliaria per un periodo di 5 anni.

3. All'atto della cessazione dal servizio, il personale è iscritto in appositi ruoli dell'ausiliaria, da pubblicare annualmente nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana con indicazione della categoria, del ruolo di appartenenza, nonché del grado rivestito. Le pubbliche amministrazioni statali e territoriali, limitatamente alla copertura delle forze in organico, possono avanzare formale richiesta al competente Ministero per l'utilizzo del suddetto personale, nell'ambito della provincia di residenza e in incarichi adeguati al ruolo e al grado rivestito.

4. Ai fini della corresponsione dell'indennità di ausiliaria, il personale, all'atto della cessazione dal servizio, manifesta, con apposita dichiarazione scritta, la propria disponibilità all'impiego presso l'amministrazione di appartenenza e le altre pubbliche amministrazioni.”.

In base all’attuale normativa, per essere collocati in ausiliaria occorre:

1) Appartenere al personale militare.

2) Aver cessato dal servizio per raggiunto limite di età.

3) Aver presentato domanda, all’atto della cessazione dal servizio e nei termini prescritti, manifestando per iscritto la disponibilità al richiamo.

4) Il possesso dell’idoneità psico-fisica, che consenta al militare di svolgere l’attività di impiego presso le amministrazioni pubbliche che ne facciano richiesta.

Durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti contrattuali con l’amministrazione militare, pena l’immediato passaggio nella categoria riserva, e perdita del relativo trattamento economico.

Il militare collocato in ausiliaria, percepisce una indennità in aggiunta al trattamento di quiescenza e, al termine del predetto periodo, ha diritto a vedersi liquidato un nuovo trattamento di quiescenza che è comprensivo anche del periodo di permanenza in ausiliaria.

L’indennità annua lorda percepita dal militare in ausiliaria è attualmente pari al 50% della differenza tra il trattamento di quiescenza percepito e il trattamento economico spettante nel tempo al pari grado in servizio dello stesso ruolo e con anzianità di servizio corrispondente a quella effettivamente posseduta dal militare all’atto del collocamento in ausiliaria.

L’art.3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n. 165, stabilisce che:

“7. Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n.335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato.”

Nel caso di specie il ricorrente alla data di collocamento in quiescenza non risultava in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria in quanto gli è stata attribuita la pensione ordinaria di inabilità, giusta provvedimento di conferimento dell’INPS e considerato che egli era cessato dal servizio, per come si evince dal tenore del provvedimento di concessione anzidetto, per invalidità assoluta e permanente a qualsiasi proficuo lavoro.

Quanto ai militari inquadrati nei ruoli in ausiliaria, la categoria comprende, ai sensi dell'art. 886 C.O.M., "il personale militare che, essendovi transitato nei casi previsti, ha manifestato all'atto del collocamento nella predetta posizione la propria disponibilità a prestare servizio nell'ambito del comune o della provincia di residenza presso l'amministrazione di appartenenza o altra amministrazione".

Il personale collocato in ausiliaria ex art. 992 C.O.M., è soggetto a possibili richiami in servizio ex art. 993 C.O.M. ed è soggetto agli obblighi di cui all'art. 994 C.O.M.

L'esame della suddetta disciplina, evidenzia dunque come il militare collocato in congedo assoluto per infermità non possa esser collocato in ausiliaria, considerata la sua assoluta inidoneità al servizio e dunque l'impossibilità di assolvere agli obblighi di servizio cui sono soggetti i militari in ausiliaria.

Questa Corte dei conti, in una recente decisione, ha ricordato come il legislatore abbia riconosciuto l'incremento del montante contributivo sia al "personale di cui all'art. 1 escluso dall'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età", che "al personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria", categoria quest'ultima nella quale evidentemente rientra l'ufficiale ricorrente, dichiarato non idoneo permanentemente al servizio d'istituto ex art. 929 del C.O.M. e, dunque, impossibilitato a prestare i conseguenti (pur delimitati ed eventuali) servizi d'Istituto e dunque ad accedere all'istituto dell'ausiliaria.

Ovviamente, considerate le ragioni dell'impossibilità normativo/oggettiva di collocamento del militare in ausiliaria, neppure può propriamente ipotizzarsi l'esercizio di un'opzione da parte dell'interessato, in quanto raggiunto da un provvedimento cogente di collocamento in congedo assoluto per inidoneità assoluta e permanente al servizio (cfr. Corte dei conti, Sez. giurisd. Molise, n.53/2017).

In questo senso l’I.N.P.S. nel proprio messaggio del 10 dicembre 2013 n. 20238, recante “Articolo 3, comma 7 del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 165 - Precisazioni in merito alle modalità applicative.”, non esclude, per come invece si pretenderebbe, una interpretazione letterale della norma, limitandosi a prevedere che “Al fine di superare ogni eventuale dubbio interpretativo in merito alle voci ricomprese nella base imponibile su cui calcolare la maggiorazione di cui alla disposizione in esame si rappresenta che la stessa corrisponde alla retribuzione contributiva percepita alla cessazione annualizzata, comprensiva della 13° mensilità, delle competenze accessorie per la parte eccedente il 18% e, qualora spettanti, degli scatti di cui all'articolo 4 del decreto legislativo n. 165/1997.

Si precisa inoltre che, qualora non vi sia eccedenza o non vi sia trattamento accessorio, la base imponibile deve comunque tener conto della parte della retribuzione maggiorabile del 18%.”.

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2. Venendo alla seconda questione introdotta con il ricorso e cioè alla richiesta di piena applicazione della previsione di cui all’art.54 del D.P.R. n.1092/1973, in luogo dell’applicazione della disposizione di cui all’art.44 del medesimo D.P.R. osserva in via pregiudiziale questo Giudicante che tale ultima disposizione non può in alcun caso trovare applicazione al personale militare, cui appartiene l’odierno ricorrente, trattandosi di disposizione espressamente ricompresa nel Titolo III, rubricato “Trattamento di quiescenza normale”, Capo I, rubricato “Personale civile”, mentre, correttamente, l’invocato art.54 rientra nel Capo II, rubricato “Personale militare”.

Ad ogni buon fine sul punto non ritiene questo Giudicante di doversi discostare dalle considerazioni e motivazioni espressa da questa Sezione nelle sentenze n.12, 43 e 44 del 2018.

L’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, prevede per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello disciplinato per il personale civile dall’art. 44 dello stesso testo unico, stabilendo che

“1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile

2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.

Nel caso di specie, è indubbio che all’atto del pensionamento il ricorrente avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia secondo l’Istituto controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare applicazione. Ritiene al riguardo l’INPS che l'art.54 non avrebbe innovato l’ordinario meccanismo delle aliquote di rendimento previsto dall’art. 44 citato, essendosi limitato ad attribuire un ulteriore beneficio ristretto a coloro cessati con 15 anni ma non ancora 20. Quindi secondo l’Istituto previdenziale sembrerebbe che l’art. 54, comma 1, possa trovare applicazione per il solo personale militare che all’atto della cessazione del servizio non avesse ancora superato il 20° anno di servizio utile, mentre per coloro che lo avevano superato nessuna differenziazione si sarebbe potuta configura con il restante personale dello Stato.

Ritiene però questo Giudicante che l’INPS erroneamente parifica ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt’altro che omologabili.

L’art.54 detta – come già ricordato - una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e così fino al 20° anno di servizio utile.

In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo fatto dall’INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se per il personale civile l’aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni in conformità all’art.44, comma 1, per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe avuto ragion d’essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio che, come già osservato, non è contemplato dall’art. 44, comma 1.

Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all’1,80% per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere dall’interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il comma 2 “aumentata”, di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione pari al 45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1 anno), fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all’80 per cento della base pensionabile previsto anche per il personale militare dal comma 7 dell’art. 54 citato analogamente a quanto stabilito dall’art. 44, comma 1, per il personale civile.

Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D. Lgs. n. 503/1992 e consolidatosi con la Legge n. 335/1995.

Tale sistema ha previsto come la pensione dovesse essere determinata in parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A" corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo” la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente decreto".

Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all’art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna. La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, posto che il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.

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3) In conclusione il ricorso risulta meritevole di accoglimento, con conseguente condanna dell'Amministrazione al ricalcolo del trattamento pensionistico facendo applicazione dei benefici in questione, nonché alla corresponsione degli arretrati sui ratei pensionistici già percepiti.

Sulle somme arretrate dovute spettano, in adesione ai criteri posti dalle Sezioni Riunite con la sentenza n.10/2002/QM, interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale, cumulativamente, nel senso però di una solo possibile integrazione degli interessi di legge ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi (c.d. principio del cumulo parziale).

Le spese di lite possono essere compensate in ragione della novità delle questioni dedotte e della assenza di un unitario orientamento di questa Corte dei conti.

P. Q. M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, Giudice unico delle pensioni, definitivamente pronunciando

1) accoglie la domanda attorea, riconoscendo il diritto del ricorrente alla rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione dei benefici calcolati per come indicato in parte motiva ed a far data dalla presentazione della domanda amministrativa;

2) Condanna altresì le parti convenute, ciascuno secondo le proprie competenze, alla corresponsione dei conseguenti arretrati sui ratei pensionistici già percepiti, maggiorati di interessi legali e rivalutazione monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale, cumulativamente, nel senso di una solo possibile integrazione degli interessi di legge ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi. Spese compensate.

Così deciso in Catanzaro alla pubblica udienza del 13 aprile 2018.

Il giudice unico
Fto Quirino Lorelli


Depositata in segreteria il 18/04/2018


Il responsabile delle segreterie pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni
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