Assegno familiare per genitore convivente con figlia natural

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Assegno familiare per genitore convivente con figlia natural

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Richiesta assegno familiare in favore del genitore convivente con la figlia naturale riconosciuta da entrambi.

Ricorso Straordinario Accolto ed aperta una nuova strada di Diritto per tanti colleghi nella medesima situazione.

Tutto questo grazie al Maggiore.
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Qui sotto alcuni brani.

1) - il Maggiore della Guardia di Finanza ….. chiedeva la corresponsione dell’assegno per il nucleo familiare, relativo al periodo dal 1 luglio 2009 al 30 giugno 2014, a favore della signora ….., genitore convivente con la figlia naturale riconosciuta da entrambi, ai sensi di quanto previsto dalla circolare Inps n. 36 del 2008.

2) - in data 10 novembre 2014, il Maggiore R.. indirizzava al Centro informatico amministrativo nazionale della Guardia di Finanza la richiesta già avanzata con la precedente istanza del 29 maggio 2014.

3) - Con la nota prot. n. 376556/14 in data 29 dicembre 2014 il Centro informatico amministrativo nazionale della Guardia di Finanza comunicava di non poter accogliere la richiesta dell’interessato, in considerazione dei rilievi espressi dal Comando Generale della Guardia di Finanza e dal Ministero dell’economia e delle finanze (Ragioneria Generale dello Stato).

4) - Avverso il citato provvedimento l’interessato proponeva, in data 30 gennaio 2015, ricorso gerarchico dinanzi al Comando Generale della Guardia di Finanza, che, con la determinazione prot. n. 108757/15 in data 15 aprile 2015, lo respingeva, ritenendolo infondato.

5) - Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica indicato in epigrafe il Maggiore C.. R.. ha chiesto l’annullamento della precitata determinazione prot. n. 1087575/15 in data 15 aprile 2015, ritenendola illegittima.

6) - Secondo il ricorrente, infatti, la possibilità, di richiedere il beneficio di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 in favore dell’altro genitore convivente con la figlia naturale riconosciuta sarebbe stata espressamente prevista dall’Inps con la circolare n. 36 del 2008 e confermata dallo stesso Istituto con la successiva circolare n. 104 del 6 agosto 2012, con conseguente erroneità delle motivazioni del diniego formulate dall’Amministrazione.

7) - Né potrebbe ostare all’accoglimento della richiesta del ricorrente la circostanza che la figlia sarebbe nata fuori dal matrimonio, atteso che la legge n. 219 del 2012 ha riconosciuto la piena parificazione dei figli naturali a quelli legittimi.

Il CdS precisa:

8) - Preliminarmente occorre rilevare che la normativa di settore in materia di assegni familiari, di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, non prevede esplicite disposizioni volte a regolamentare la fattispecie in esame: a fronte di tale circostanza quindi, assumono rilievo, nella presente controversia, le determinazioni con cui gli organi a ciò preposti - ovvero l’Inps, la Ragioneria Generale dello Stato e l’Amministrazione di appartenenza dell’interessato - hanno applicato ed interpretato detta normativa.

9) - Ciò posto, la Sezione non può esimersi dal rilevare che i più recenti arresti giurisprudenziali della Corte di Cassazione - superando l’orientamento in precedenza assunto da questo Consiglio di Stato, che aveva rilevato la “natura previdenziale” dell’assegno familiare (Cons. di Stato, Sez. IV, 28 febbraio 2013, n. 1231) - si sono consolidati nel senso di ritenere che il beneficio di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 “ha natura assistenziale”, essendo volto “…ad assicurare una tutela in favore delle famiglie in stato di effettivo bisogno economico ed essendo attribuito in modo differenziato in rapporto al numero dei componenti ed al reddito del nucleo familiare, tenendo conto dell'eventuale esistenza di soggetti colpiti da infermità o difetti fisici o mentali (e, quindi, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro) ovvero di minorenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età…” (Cass. civ., Sez. lavoro, 30 marzo 2015, n. 6351 e 9 febbraio 2018, n. 3214).

10) - Orbene, a parere della Sezione, i rilievi formulati dalla Corte di Cassazione in merito alla natura assistenziale dell’emolumento de quo non possono che trovare applicazione anche nei confronti dei pubblici dipendenti, atteso che la tipologia del rapporto d’impiego da cui trae origine la corresponsione del precitato emolumento (impiego pubblico o privato) non può ritenersi idonea ad incidere sulla natura intrinseca del beneficio, correlata alla finalità assistenziale, cui tende la corresponsione dell’emolumento.

11) - Dalla rilevata natura assistenziale dell’assegno familiare deriva, quindi, che non può trovare condivisione quanto evidenziato nel provvedimento impugnato, nella parte in cui ha stabilito che il destinatario del beneficio “può essere soltanto l’Ufficiale” e che il nucleo familiare da considerare per quantificare l’assegno è “esclusivamente” quello composto dall’Ufficiale, in qualità di titolare del rapporto di pubblico impiego, e dalla figlia, “ancorché convivente con l’altro genitore”.

12) - Infatti, in considerazione della natura assistenziale dell’assegno familiare, quest’ultimo deve essere corrisposto - in conformità peraltro con l’orientamento giurisprudenziale assunto dalla Corte di Cassazione, di cui si è in precedenza detto - nei confronti del genitore affidatario non convivente con l’Ufficiale ed il relativo importo deve essere commisurato al reddito del nucleo familiare composto dal genitore affidatario e dalla figlia convivente, con esclusione del reddito dell’Ufficiale, benché titolare del diritto alla corresponsione, rilevando il reddito di quest'ultimo solo ai fini del diritto all’erogazione della provvidenza.

13) - D’altronde, l’interpretazione dell’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 fatta propria dall’Amministrazione con l’impugnato provvedimento non sembra tenere in adeguata considerazione l’evoluzione della normativa in materia di diritto di famiglia e, sotto altro profilo, integra una disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati.

14) - In altri termini, a fronte della richiesta di parte ricorrente - volta all’applicazione dell’orientamento interpretativo assunto dall’Inps con la citata circolare n. 36 del 2008 - l’Amministrazione avrebbe quantomeno dovuto esplicitare le ragioni in base alle quali intendeva procedere all’utilizzo di criteri difformi rispetto a quelli validi per il settore privato, evidenziando, in via meramente esemplificativa, le ragioni normativo-contrattuali o quelle di pubblico interesse a sostegno della propria determinazione.

15) - Tanto, peraltro, in linea con una interpretazione evolutiva, aggiornata alle mutate dinamiche socio-familiari dell’ultimo quarantennio, dell’art. 21 della legge 19 maggio 1975, n. 151, che sulla base di una lettura costituzionalmente orientata deve ad avviso della Sezione ritenersi suscettibile di applicazione estensiva anche al caso dei genitori naturali ricorrente nella fattispecie, il quale prevede che "il coniuge cui i figli sono affidati ha diritto in ogni caso a percepire gli assegni familiari per i figli, sia che ad essi abbia diritto per un suo rapporto di lavoro, sia che di essi sia titolare l'altro coniuge" (v. peraltro in proposito Cons. St., sez. VI, 19 novembre 2002 n. 6401, a tenore della quale “ ai sensi dell'art. 211 l. 19 maggio 1975 n. 151, la convivenza dei figli con l'uno o con l'altro genitore è stabilita nell'atto di separazione sia essa separazione giudiziale o separazione consensuale omologata e al coniuge ivi identificato, cui è attribuita la qualifica di affidatario, compete il diritto di percepire gli assegni familiari in funzione di un rapporto di lavoro di cui egli stesso sia parte ovvero in funzione del rapporto di lavoro di cui sia parte l'altro coniuge”).

16) - Da quanto esposto deriva, quindi, che il provvedimento impugnato deve ritenersi illegittimo sotto i profili della violazione degli artt. 2 del d.l. n. 69 del 1988 e 21 della legge n. 151del 1975, nonché dell’eccesso di potere per disparità di trattamento, con la conseguenza che detto provvedimento deve essere annullato, con salvezza degli ulteriori atti che l’Amministrazione è tenuta ad adottare, in via conformativa, sull’istanza presentata dal ricorrente.

Cmq. leggete il tutto qui sotto circa la novità di settore.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201801769 - Public 2018-07-09 -

Numero 01769/2018 e data 09/07/2018 Spedizione


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 13 giugno 2018


NUMERO AFFARE 00778/2016

OGGETTO:
Ministero dell’economia e delle finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza.


Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal Maggiore della Guardia di Finanza C.. R.. per l’annullamento della determina n. 108757/15 del 15 aprile 2015, con cui è stata rigettata la sua istanza volta all’erogazione al genitore convivente con il figlio minore dell’assegno per il nucleo familiare di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988.

LA SEZIONE
Vista la nota del 7 aprile 2016, prot. n. 111742, di trasmissione della relazione dell’11 dicembre 2015, pervenuta alla segreteria della Sezione il 22 aprile 2016, con cui il Ministero dell’economia e delle finanze ha chiesto il parere sull’affare in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Claudio Boccia.


Premesso e considerato.

1.- Con l’istanza in data 29 maggio 2014 il Maggiore della Guardia di Finanza C.. R.. chiedeva la corresponsione dell’assegno per il nucleo familiare, relativo al periodo dal 1 luglio 2009 al 30 giugno 2014, a favore della signora L.. B.., genitore convivente con la figlia naturale riconosciuta da entrambi, ai sensi di quanto previsto dalla circolare Inps n. 36 del 2008.

Con la nota prot. n. 253372/14 in data 8 settembre 2014 il Comando Generale della Guardia di Finanza esprimeva parere favorevole all’accoglimento della domanda “previa acquisizione da parte dell’interessato dell’autorizzazione da rilasciare a cura dello stesso istituto previdenziale”.

Con la nota prot. n. 21312 in data 22 ottobre 2014, indirizzata all’interessato, l’Inps precisava che “la richiesta di rilascio del modello ANF 43 di autorizzazione al pagamento dell’ANF da consegnare al datore di lavoro per particolari situazioni nel nucleo familiare del richiedente è previsto esclusivamente per il settore privato (…)” e che “le circolari emanate da questo Istituto non sono destinate ai dipendenti pubblici, per i quali si dovrà fare riferimento alle specifiche circolari emanate dall’amministrazione competente…”.

Conseguentemente, in data 10 novembre 2014, il Maggiore R.. indirizzava al Centro informatico amministrativo nazionale della Guardia di Finanza la richiesta già avanzata con la precedente istanza del 29 maggio 2014.

Con la nota prot. n. 376556/14 in data 29 dicembre 2014 il Centro informatico amministrativo nazionale della Guardia di Finanza comunicava di non poter accogliere la richiesta dell’interessato, in considerazione dei rilievi espressi dal Comando Generale della Guardia di Finanza e dal Ministero dell’economia e delle finanze (Ragioneria Generale dello Stato).

Avverso il citato provvedimento l’interessato proponeva, in data 30 gennaio 2015, ricorso gerarchico dinanzi al Comando Generale della Guardia di Finanza, che, con la determinazione prot. n. 108757/15 in data 15 aprile 2015, lo respingeva, ritenendolo infondato.

Il Capo di Stato Maggiore della Gdf ha in particolare così motivato il diniego:

il destinatario del beneficio può essere solo il dipendente;

il nucleo familiare da considerare ai fini della corresponsione del trattamento di famiglia è esclusivamente quello composto dallo stesso e dalla figlia, ancorché convivente con l’altro genitore;

quest’ultimo non ha diritto all’erogazione dell’assegno in quanto non ricompreso nel nucleo familiare del lavoratore dipendente avente titolo e non titolare di un proprio rapporto di lavoro.

2.- Con il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica indicato in epigrafe il Maggiore C.. R.. ha chiesto l’annullamento della precitata determinazione prot. n. 1087575/15 in data 15 aprile 2015, ritenendola illegittima.

3.- Con la relazione istruttoria in epigrafe il Ministero riferente si è espresso per il rigetto nel merito del ricorso in esame.

4.- Tanto premesso, la Sezione ritiene di essere in possesso di sufficienti elementi istruttori per procedere all’esame della presente controversia.

Con un unico motivo di gravame il ricorrente ha dedotto l’illegittimità del provvedimento impugnato per violazione e falsa applicazione dell’art. 2, commi 1 e 6, del d.l. n. 69 del 2008; violazione e falsa applicazione dell’art. 211 della legge n. 151 del 1975 e dell’art. 9 della legge n. 903 del 1977; eccesso di potere sotto il profilo della manifesta illogicità e dell’irragionevolezza; sviamento di potere per disparità di trattamento; difetto d’istruttoria; contraddittorietà e illogicità della motivazione; nonché ingiustizia manifesta.

Secondo il ricorrente, infatti, la possibilità, di richiedere il beneficio di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 in favore dell’altro genitore convivente con la figlia naturale riconosciuta sarebbe stata espressamente prevista dall’Inps con la circolare n. 36 del 2008 e confermata dallo stesso Istituto con la successiva circolare n. 104 del 6 agosto 2012, con conseguente erroneità delle motivazioni del diniego formulate dall’Amministrazione.

Peraltro, l’istanza formulata dall’interessato, volta inoltre a richiedere che l’assegno familiare sia parametrato sul nucleo familiare composto dall’altro genitore convivente con la figlia, sarebbe anche in linea con le disposizioni normative di settore e, in particolare, con l’art. 2 del d.l. n. 69 del 2008, con l’art. 211 della legge n. 151 del 1975 - in base al quale il coniuge separato cui sono affidati i figli ha in ogni caso diritto a percepire gli assegni familiari - e con l’art. 9 della legge n. 903 del 1977, nella parte in cui dispone che le prestazioni in favore della famiglia “…nel caso di richiesta di entrambi i genitori debbono essere corrisposte al genitore con il quale il figlio convive…”.

Né potrebbe ostare all’accoglimento della richiesta del ricorrente la circostanza che la figlia sarebbe nata fuori dal matrimonio, atteso che la legge n. 219 del 2012 ha riconosciuto la piena parificazione dei figli naturali a quelli legittimi.

Inoltre, la legittimità della richiesta presentata dal ricorrente sarebbe confermata sia dalla “finalità prettamente assistenziale” dell’assegno per il nucleo familiare sia dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione, che ha specificato come il reddito da tenere presente al fine di valutare l’ammontare dell’assegno dovrebbe essere quello “del nucleo familiare composto dal coniuge affidatario e dai figli…” (Cass. Civ., Sez. lavoro, 9 settembre 2003, n. 13200 e 30 marzo 2015, n. 6351).

Infine, l’interpretazione della normativa di settore fatta propria dall’Amministrazione sarebbe difforme rispetto a quella enucleata dall’Inps con le circolari in precedenza richiamate, con conseguente disparità di trattamento tra i dipendenti privati - cui l’Inps riconosce il diritto controverso - ed i dipendenti pubblici, sottoposti all’interpretazione restrittiva fatta propria dall’Amministrazione.

5.- La Sezione ritiene che il ricorso risulti fondato nei termini che seguono.

Preliminarmente occorre rilevare che la normativa di settore in materia di assegni familiari, di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, non prevede esplicite disposizioni volte a regolamentare la fattispecie in esame: a fronte di tale circostanza quindi, assumono rilievo, nella presente controversia, le determinazioni con cui gli organi a ciò preposti - ovvero l’Inps, la Ragioneria Generale dello Stato e l’Amministrazione di appartenenza dell’interessato - hanno applicato ed interpretato detta normativa.

Invero, non risulta contestato in atti che l’Inps riconosca espressamente la possibilità per il genitore non convivente con il dipendente ma convivente con il figlio di quest’ultimo, di richiedere l’assegno familiare di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988, il cui ammontare viene determinato in relazione al reddito del genitore affidatario (non convivente con il lavoratore dipendente) e sulla base della consistenza del nucleo familiare composto dallo stesso affidatario e dal figlio naturale.

Tuttavia, la Sezione non può esimersi dal rilevare che gli orientamenti assunti dall’Inps trovano applicazione - come comunicato dallo stesso Istituto all’odierno ricorrente con la nota prot. n. 21312 in data 22 ottobre 2014 - nei confronti dei lavoratori privati e non anche nei confronti dei dipendenti pubblici, soggetti agli indirizzi interpretativi formulati dall’Amministrazione di appartenenza e dal Ministero dell’economia e delle finanze - Ragioneria Generale dello Stato.

Nella specie l’Amministrazione - in base ai rilievi formulati dagli organi da ultimo citati - ha respinto la domanda formulata dal ricorrente, evidenziando che i commi 1 e 6 dell’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 specificano che i destinatari dell’assegno ivi previsto sono “specificamente i lavoratori dipendenti” e che il nucleo familiare da tenere in considerazione ai fini della quantificazione dell’ammontare dell’assegno è “quello che risulta dalla relazione di parentela con il richiedente, prescindendo da altri parametri come, ad esempio, la convivenza”.

Sulla base di tali osservazioni l’Amministrazione ha, inoltre, rigettato l’istanza di parte ricorrente evidenziando che il destinatario del beneficio “può essere soltanto l’Ufficiale”; che il nucleo familiare da considerare per quantificare l’assegno è “esclusivamente” quello composto dall’Ufficiale, in qualità di titolare del rapporto di pubblico impiego, e dalla figlia, “ancorché convivente con l’altro genitore”; e che quest’ultimo non ha diritto all’erogazione dell’assegno “in quanto non ricompreso nel nucleo familiare dell’Ufficiale né titolare di un proprio rapporto di lavoro”.

Ciò posto, la Sezione non può esimersi dal rilevare che i più recenti arresti giurisprudenziali della Corte di Cassazione - superando l’orientamento in precedenza assunto da questo Consiglio di Stato, che aveva rilevato la “natura previdenziale” dell’assegno familiare (Cons. di Stato, Sez. IV, 28 febbraio 2013, n. 1231) - si sono consolidati nel senso di ritenere che il beneficio di cui all’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 “ha natura assistenziale”, essendo volto “…ad assicurare una tutela in favore delle famiglie in stato di effettivo bisogno economico ed essendo attribuito in modo differenziato in rapporto al numero dei componenti ed al reddito del nucleo familiare, tenendo conto dell'eventuale esistenza di soggetti colpiti da infermità o difetti fisici o mentali (e, quindi, nell'assoluta e permanente impossibilità di dedicarsi ad un proficuo lavoro) ovvero di minorenni che abbiano difficoltà persistenti a svolgere i compiti e le funzioni proprie della loro età…” (Cass. civ., Sez. lavoro, 30 marzo 2015, n. 6351 e 9 febbraio 2018, n. 3214).

Sicchè, ha concluso la Suprema Corte, ai sensi dell'art. 2 cit., commi 2 e 6 il reddito rilevante ai fini dell'ammontare dell'assegno è quello del nucleo familiare composto dal coniuge affidatario e dai figli, con esclusione del coniuge legalmente separato, anche se titolare del diritto alla corresponsione, il cui reddito rileva solo ai fini del diritto all'erogazione della provvidenza. Una volta stabilita la spettanza dell'assegno, l'ammontare viene determinato sulla base del reddito del nucleo familiare dell'altro coniuge affidatario ( Corte di Cassazione, sentenza n. 13200 del 2013 ).

Orbene, a parere della Sezione, i rilievi formulati dalla Corte di Cassazione in merito alla natura assistenziale dell’emolumento de quo non possono che trovare applicazione anche nei confronti dei pubblici dipendenti, atteso che la tipologia del rapporto d’impiego da cui trae origine la corresponsione del precitato emolumento (impiego pubblico o privato) non può ritenersi idonea ad incidere sulla natura intrinseca del beneficio, correlata alla finalità assistenziale, cui tende la corresponsione dell’emolumento.

D’altronde, dovrebbe ritenersi illogica una ricostruzione giuridica in base alla quale l’assegno familiare di cui al citato art. 2 del d.l. n. 69 del 2008, corrisposto con le stesse modalità e sulla base della medesima normativa, fosse qualificato come emolumento di natura assistenziale per i dipendenti privati e come emolumento di natura previdenziale per i dipendenti pubblici.

Dalla rilevata natura assistenziale dell’assegno familiare deriva, quindi, che non può trovare condivisione quanto evidenziato nel provvedimento impugnato, nella parte in cui ha stabilito che il destinatario del beneficio “può essere soltanto l’Ufficiale” e che il nucleo familiare da considerare per quantificare l’assegno è “esclusivamente” quello composto dall’Ufficiale, in qualità di titolare del rapporto di pubblico impiego, e dalla figlia, “ancorché convivente con l’altro genitore”.

Infatti, in considerazione della natura assistenziale dell’assegno familiare, quest’ultimo deve essere corrisposto - in conformità peraltro con l’orientamento giurisprudenziale assunto dalla Corte di Cassazione, di cui si è in precedenza detto - nei confronti del genitore affidatario non convivente con l’Ufficiale ed il relativo importo deve essere commisurato al reddito del nucleo familiare composto dal genitore affidatario e dalla figlia convivente, con esclusione del reddito dell’Ufficiale, benché titolare del diritto alla corresponsione, rilevando il reddito di quest'ultimo solo ai fini del diritto all’erogazione della provvidenza.

D’altronde, l’interpretazione dell’art. 2 del d.l. n. 69 del 1988 fatta propria dall’Amministrazione con l’impugnato provvedimento non sembra tenere in adeguata considerazione l’evoluzione della normativa in materia di diritto di famiglia e, sotto altro profilo, integra una disparità di trattamento tra dipendenti pubblici e privati.

La medesima Amministrazione, infatti, con il citato provvedimento - pur avendo evidenziato le ragioni d’ordine giuridico in base alle quali ha ritenuto di adottare un’interpretazione della normativa di settore difforme rispetto a quella valida per i dipendenti privati - non ha tuttavia fornito idonee motivazioni a sostegno della scelta di applicare ai pubblici dipendenti un regime differenziato rispetto a quello adottato dall’Inps per i lavoratori del settore privato; e ciò nonostante il fatto che non sembrano sussistere particolari differenze tra i lavoratori del settore pubblico e quelli del settore privato sotto lo specifico profilo dei benefici volti a tutelare le famiglie in difficoltà economiche.

In altri termini, a fronte della richiesta di parte ricorrente - volta all’applicazione dell’orientamento interpretativo assunto dall’Inps con la citata circolare n. 36 del 2008 - l’Amministrazione avrebbe quantomeno dovuto esplicitare le ragioni in base alle quali intendeva procedere all’utilizzo di criteri difformi rispetto a quelli validi per il settore privato, evidenziando, in via meramente esemplificativa, le ragioni normativo-contrattuali o quelle di pubblico interesse a sostegno della propria determinazione.

Tanto, peraltro, in linea con una interpretazione evolutiva, aggiornata alle mutate dinamiche socio-familiari dell’ultimo quarantennio, dell’art. 21 della legge 19 maggio 1975, n. 151, che sulla base di una lettura costituzionalmente orientata deve ad avviso della Sezione ritenersi suscettibile di applicazione estensiva anche al caso dei genitori naturali ricorrente nella fattispecie, il quale prevede che "il coniuge cui i figli sono affidati ha diritto in ogni caso a percepire gli assegni familiari per i figli, sia che ad essi abbia diritto per un suo rapporto di lavoro, sia che di essi sia titolare l'altro coniuge" (v. peraltro in proposito Cons. St., sez. VI, 19 novembre 2002 n. 6401, a tenore della quale “ ai sensi dell'art. 211 l. 19 maggio 1975 n. 151, la convivenza dei figli con l'uno o con l'altro genitore è stabilita nell'atto di separazione sia essa separazione giudiziale o separazione consensuale omologata e al coniuge ivi identificato, cui è attribuita la qualifica di affidatario, compete il diritto di percepire gli assegni familiari in funzione di un rapporto di lavoro di cui egli stesso sia parte ovvero in funzione del rapporto di lavoro di cui sia parte l'altro coniuge”).

Da quanto esposto deriva, quindi, che il provvedimento impugnato deve ritenersi illegittimo sotto i profili della violazione degli artt. 2 del d.l. n. 69 del 1988 e 21 della legge n. 151del 1975, nonché dell’eccesso di potere per disparità di trattamento, con la conseguenza che detto provvedimento deve essere annullato, con salvezza degli ulteriori atti che l’Amministrazione è tenuta ad adottare, in via conformativa, sull’istanza presentata dal ricorrente.

6.- Conclusivamente, alla stregua delle suesposte considerazioni, il ricorso risulta fondato e deve, conseguentemente, essere accolto.

P.Q.M.

La Sezione esprime il parere che il ricorso debba essere accolto.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Claudio Boccia Salvatore Cacace




IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà


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