assegno alimentare periodo sospensione
assegno alimentare periodo sospensione
Buongiorno a tutti) ... Polizia di stato. sarò molto grato a chiunque possa darmi informazioni e risposte rispetto alla possibilità che quanto percepito durante un periodo di sospensione cautelare obbligatoria e -o facoltativa ( ovvero il cosidetto assegno alimentare pari al 50%-) possa in caso di condanna ed eventuale destituzione essere richiesto "indietro", ovvero da restituire all'amm.ne.
Ho avuto assicurazioni da legali e non riguardo la specificità giuridica di tali importi che non rivestono carattere di retribuzione ma servono a sopravvivere di fatto e che in tale stato , fra l'altro non si possa effettuare alcuna altra attività lavorativa.
grazie per i chiarimenti.
Ho avuto assicurazioni da legali e non riguardo la specificità giuridica di tali importi che non rivestono carattere di retribuzione ma servono a sopravvivere di fatto e che in tale stato , fra l'altro non si possa effettuare alcuna altra attività lavorativa.
grazie per i chiarimenti.
Re: assegno alimentare periodo sospensione
Ciao..e grazie...appunto come già mi era stato riferito...ora però ieri un altro collega ora destituito..pare abbia un contenzioso con il ministero riguardo la restituzione di tali assegni..ma certo dovrei sentire di cosa si tratta esattamente.... chiaro che questa notizia per quanto approssimativa mi ha impensierito.
insomma mi confermate che tale assegno ad oggi è appunto irripetibile dunque senza possibilità alcuna da parte dell' amm.ne qualunque sia l'esito penale e la motivazione dell'eventuale destituzione?.
logico che davanti a a tale possibilità ..cambierebbe tutto. ho cercato anche eventuali sentenze tar o consiglio di stato sull'argomento ..ma nulla.
insomma mi confermate che tale assegno ad oggi è appunto irripetibile dunque senza possibilità alcuna da parte dell' amm.ne qualunque sia l'esito penale e la motivazione dell'eventuale destituzione?.
logico che davanti a a tale possibilità ..cambierebbe tutto. ho cercato anche eventuali sentenze tar o consiglio di stato sull'argomento ..ma nulla.
Re: assegno alimentare periodo sospensione
somme corrisposte a titolo di assegno alimentare.
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SENTENZA ,sede di NAPOLI ,sezione SEZIONE 6 ,numero provv.: 201501518 - Public 2015-03-12 -
N. 01518/2015 REG.PROV.COLL.
N. 07067/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7067 del 2006, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso, dall'avv. Enzo Napolano, con il quale elettivamente domicilia in Napoli, presso lo studio Gentile, alla via Andrea d’Isernia n. 8;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la quale domicilia in Napoli, alla via Diaz n. 11;
per l'annullamento
a) del decreto del 28 giugno 2006 emesso dal Capo della Polizia – Direttore della Pubblica Sicurezza – nella parte in cui:
- si dispone il recupero delle somme corrisposte a titolo di assegno alimentare dal 21 marzo 1992 al 15 aprile 1993 (periodo di custodia OMISSIS) e dal 24 settembre 1998 al 20 luglio 1999;
- si dichiara il servizio prestato dal 24 settembre 1998 al 21 luglio 1999 non valido né ai fini giuridici né a quelli di quiescenza e previdenza;
e, per l’accertamento del diritto del ricorrente:
- alla irripetibilità delle somme corrisposte dalla p.a. nei periodi indicati sub a);
- al riconoscimento ai fini giuridici, di quiescenza e previdenza del periodo dal 21 marzo 1997 al 24 settembre 1998 (rectius dal 24 settembre 1998 al 21 luglio 1999);
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2015 la dott.ssa Paola Palmarini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe il ricorrente, OMISSIS della Polizia di Stato non più in servizio, ha impugnato il decreto del 28 giugno 2006 nella parte in cui il Ministero dell’interno:
- ha disposto il recupero delle somme corrisposte a titolo di assegno alimentare dal 21 marzo 1992 al 15 aprile 1993 e dal 24 settembre 1998 al 20 luglio 1999;
- non ha riconosciuto né ai fini giuridici né a quelli di quiescenza e previdenza il periodo di servizio prestato dal 24 settembre 1998 al 21 luglio 1999.
A sostegno del gravame il ricorrente ha dedotto varie censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
Si è costituito per resistere al ricorso a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato il Ministero dell’interno che ha eccepito in rito l’incompetenza territoriale del giudice adito e l’inammissibilità del gravame per omessa impugnazione del decreto del 10 dicembre 2004.
Con memorie depositate in data 4 febbraio 2015 le parti hanno insistito nelle rispettive posizioni.
Alla pubblica udienza del 25 febbraio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, deve essere respinta l’eccezione di incompetenza territoriale di questo giudice in favore della “competenza esclusiva del T.A.R. OMISSIS” (nella cui circoscrizione prestava servizio il dipendente) sollevata dall’Avvocatura distrettuale dello Stato con la memoria da ultimo depositata.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 5/2011) ha, infatti, chiarito che la nuova disciplina della competenza territoriale prevista dal c. p. a., ivi compresi i modi di rilevabilità dell'incompetenza di cui all'art. 15 c. p. a., è applicabile solo ai processi instaurati sotto la vigenza del nuovo codice, e cioè a decorrere dalla data della sua entrata in vigore (16 settembre 2010), dovendosi intendere "instaurati" i ricorsi per i quali a tale data sia intervenuta la prima notifica alle controparti con cui si realizza la proposizione del ricorso.
Chiarita la non applicabilità alla fattispecie delle disposizioni del c.p.a. l’eccezione deve essere respinta in quanto non sono stati rispettati i termini e le forme per la proposizione dell’istanza di regolamento di competenza previsti dalla disciplina previgente.
Venendo al merito, per risolvere la controversia occorre ripercorrere le tappe della complessa vicenda amministrativa di cui è causa:
- a decorrere dal 21 marzo 1992 fino al 21 marzo 1997 il ricorrente, OMISSIS della Polizia di Stato è stato sospeso cautelarmente dal servizio;
- in particolare, dal 21 marzo 1992 al 15 aprile 1993 è stato sospeso (decreto del Questore di OMISSIS del 21 marzo 1992) perché tratto in OMISSIS;
- a decorrere dal 24 settembre 1998 l’interessato è stato nuovamente sospeso in via cautelare dal servizio per gravi motivi disciplinari ai sensi dell’art. 92 del D.P.R. n. 3/1957 anche per effetto della sentenza penale di condanna, divenuta definitiva in data 8 aprile 1998, alla pena di 2 anni e 2 mesi di reclusione con interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena;
- con decreto del 18 maggio 1999 l’amministrazione lo ha destituito dal servizio a decorrere dal 24 settembre 1998; con il medesimo decreto sono state dichiarate irripetibili le somme corrisposte a titolo di assegno alimentare per il periodo 21 marzo 1992 – 20 marzo 1997 e 24 settembre 1998 fino alla data di notifica del decreto di destituzione (notifica avvenuta in data 25 giugno 1999);
- il ricorrente è stato dispensato dal servizio per inabilità fisica il 22 luglio 1999;
- con sentenza del T.A.R. Lazio n. …./2003 il decreto di destituzione del 18 maggio 1999 è stato annullato e il ricorrente è stato riammesso in servizio (fino alla cessazione dello stesso avvenuta in data 22 luglio 1999);
- con decreto del 2004 in esecuzione della sentenza del T.A.R. Lazio è stato annullato il decreto di destituzione ed è stato chiarito che:
a) il periodo dall’8 aprile 1998 (data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza di condanna) al 23 settembre 1998 (giorno antecedente la decorrenza della sospensione cautelare dal servizio ex art. 92 del D.P.R. n. 3/1957) deve essere considerato “servizio di fatto” stante l’operatività della pena della interdizione dai pubblici uffici;
b) al periodo di sospensione cautelare per gravi motivi disciplinari (24 settembre 1998 – 21 luglio 1999 data della dispensa dal servizio per fisica inabilità) stante la sentenza di annullamento del T.A.R. e l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici si deve sostituire la sospensione della qualifica ex art. 98 del D.P.R. n. 3/1957;
c) la sospensione cautelare dal servizio disposta con decreto del Questore di OMISSIS del 21 marzo 1992 è commutata in sospensione dalla qualifica;
d) deve essere recuperato l’assegno alimentare corrisposto nel periodo di custodia cautelare in carcere (21 marzo 1992 – 15 aprile 1993, periodo da considerare come espiazione della pena principale di 2 anni e 2 mesi di carcere) e nel periodo 24 settembre 1998 – 21 luglio 1999 (coincidente con quello della interdizione dai pubblici uffici);
- il Consiglio di Stato con la decisione n. …/2006 ha riformato la sentenza del T.A.R. Lazio confermando il decreto di destituzione;
- con provvedimento del 28 giugno 2006 impugnato l’amministrazione ha decretato che:
a) la destituzione del 24 settembre 1998 disposta con il decreto del 18 maggio 1999 torna a spiegare i propri effetti;
b) il periodo di servizio prestato dal 21 marzo 1992 al 21 marzo 1997 e dal 24 settembre 1998 al 21 luglio 1999 non è valido né ai fini giuridici né a quelli di quiescenza e previdenza;
c) le somme corrisposte a titolo di assegno alimentare dal 21 marzo 1992 al 15 aprile 1993 (periodo di custodia OMISSIS) e dal 24 settembre 1998 al 20 luglio 1999 (periodo di interdizione dai pubblici uffici) devono essere recuperate.
Il ricorrente con il presente gravame chiede che:
1) gli venga riconosciuto ai fini giuridici nonchè di quiescenza e previdenza il periodo 24 settembre 1998 – 21 luglio 1999;
2) vengano dichiarate irripetibili le somme corrisposte a titolo di assegno alimentare nel periodo dal 21 marzo 1992 al 15 aprile 1993 (periodo di custodia OMISSIS) e dal 24 settembre 1998 al 21 luglio 1999.
Il ricorso quanto alla prima domanda deve essere respinto.
Il ricorrente, infatti, è stato destituito dal servizio con decreto del 18 maggio 1999 con decorrenza 24 settembre 1998 (provvedimento confermato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. …/2006), pertanto il periodo successivo a tale ultima data non poteva essere computato né ai fini giuridici né ai fini di quiescenza e previdenza (sulla natura costitutiva del provvedimento di destituzione anche se avente decorrenza retroattiva – cfr. C.d.S., 7 maggio 2010, n. 2681). Del resto sul punto il ricorrente si limita a dedurre il difetto di motivazione del provvedimento del 2006 senza indicare le ragioni per le quali gli spetterebbe l’invocato riconoscimento giuridico.
Il ricorso è in parte fondato con riferimento alla seconda questione.
Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione della difesa erariale di inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del decreto del 22 dicembre 2004 con il quale è stato disposto il recupero dell’assegno alimentare per il periodo in questione.
Fondata al riguardo l’obiezione del ricorrente secondo la quale nella fattispecie la domanda è volta all’accertamento di un diritto (la conservazione dell’assegno alimentare) e, pertanto, la relativa azione non è soggetta a termini di decadenza bensì di prescrizione.
Quanto al merito della questione, deve, anzitutto, essere respinta la censura con la quale parte ricorrente lamenta la violazione del proprio affidamento alla conservazione dell’assegno alimentare ingenerato dal decreto del 1999 (che aveva inizialmente dichiarato irripetibili le relative somme corrisposte) e il mancato rispetto delle disposizioni dettate in materia di autotutela dall’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 (l’amministrazione, in particolare, nel 2004 e nel 2006 avrebbe riconsiderato la decisione assunta nel 1999, determinandosi a recuperare dette somme senza procedere alla comunicazione di avvio del procedimento, senza dare conto del tempo trascorso e degli interessi del destinatario).
Per costante giurisprudenza il recupero di somme indebitamente corrisposte dalla P.A. a propri dipendenti ha natura di atto dovuto non rinunciabile perché espressione di funzione vincolata; ne consegue la natura paritetica e non autoritativa del rapporto in concreto intercorso e la consistenza del diritto soggettivo dell'amministrazione di ripetere la somma a fronte dell'obbligo specifico di restituzione della stessa da parte di chi l'ha indebitamente percepita, con conseguente mancanza dell'obbligo dell'amministrazione di motivare sull'interesse pubblico sotteso al disposto recupero. La buona fede del debitore in questa materia, rileva elusivamente in ordine alle modalità del recupero, al fine di non incidere in modo eccessivamente oneroso sulle esigenze di vita del dipendente (da ultimo, questo Tribunale n. 14/2015).
Ciò premesso il ricorso deve essere in parte accolto.
Ai sensi dell’art. 82 del D.P.R. n. 3 del 1957 all’impiegato sospeso dal servizio è concesso un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio, oltre agli assegni per carichi di famiglia.
La giurisprudenza ha ripetutamente sottolineato che detto assegno alimentare non ha natura retributiva, in quanto non rappresenta il corrispettivo dell'attività lavorativa svolta (C.d.S., sez. VI, 3 novembre 1982, n. 532), bensì assistenziale, in quanto è volto ad assicurare il solo minimo sostentamento dell'impiegato e della sua famiglia, ed ha altresì carattere temporaneo, in quanto limitato al periodo di efficacia della sospensione dal servizio (C.d.S., sez. VI, 3 giugno 2002, n. 3081; C.d.S., sez. IV, 27 aprile 1993, n. 485; 24 gennaio 1990, n. 37).
Sulla base delle disposizioni citate, non vi è dubbio che tale assegno spettava al ricorrente per il periodo 21 marzo 1992 – 15 aprile 1993 tempo nel quale era sospeso cautelarmente dal servizio (a causa della adozione nei suoi confronti di una misura cautelare OMISSIS), non essendo ancora stato adottato in quel tempo alcun provvedimento definitivo di carattere disciplinare (la destituzione è stata disposta in un momento successivo). In proposito, la circostanza che successivamente sia intervenuta la condanna definitiva alla pena per due anni e due mesi di reclusione (con conseguente calcolo del periodo di custodia cautelare OMISSIS) non muta la natura del periodo di sospensione dal servizio sofferto.
Più complessa si presenta la questione per il periodo 24 settembre 1998 – 21 luglio 1999.
Deve, in primo luogo, osservarsi che il decreto del giugno 2006 qui gravato ha ripristinato, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. …/2006, gli effetti del decreto del 18 maggio 1999 con il quale era stata disposta la destituzione dal servizio del dipendente a decorrere dal 24 settembre 1998. Sulla base del provvedimento del 2006 deve ritenersi quindi superato quanto disposto nel dicembre 2004 (tale atto, infatti, era stato adottato sul presupposto della sentenza del TAR Lazio del 2003 che aveva annullato la destituzione dal servizio del 1999 e con il medesimo l’amministrazione si era riservata di riesaminare la posizione del dipendente all’esito del giudizio davanti al Consiglio di Stato, riesame avvenuto appunto nel 2006).
In secondo luogo, deve ribadirsi che alla reviviscenza del decreto del 18.5.1999 si è accompagnata l’introduzione di significative modifiche: ed, invero, con il decreto del 18 maggio 1999, nell’evidenziare che il dipendente era stato sospeso cautelarmente dal servizio a decorrere dal 24 settembre 1998 e nel disporre la destituzione dal servizio a decorrere dalla medesima data, l’amministrazione aveva originariamente considerato irripetibili le somme corrisposte a titolo di assegno alimentare da quella data fino alla notifica del decreto (avvenuta il 25 giugno 1999). Tale determinazione è stata, sul punto, successivamente modificata con il decreto del 2006 qui impugnato, che, come già sopra evidenziato, ha disposto il recupero delle somme corrisposte a titolo di assegno alimentare dal 21 marzo 1992 al 15 aprile 1993 (periodo di custodia OMISSIS) e dal 24 settembre 1998 al 20 luglio 1999 (periodo di interdizione dai pubblici uffici).
Orbene, a tal riguardo ritiene il Collegio che la prima statuizione (id est decreto del 18 maggio 1999) sia in linea con i principi giuridici che governano siffatta materia, evincibili dalla giurisprudenza oramai consolidata del Consiglio di Stato. Quest’ultimo (n. 1781/2010), in ragione della natura assistenziale e non retributiva dell’assegno alimentare ha precisato che le somme erogate a tale titolo al dipendente sospeso dal servizio non sono ripetibili in caso di intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro con decorrenza coincidente con la data della sospensione (C.d.S. IV, 23 novembre 1988, n. 890; 27 aprile 1993, n. 485; 24 gennaio 1990, n. 37; sez. VI, 12 febbraio 2001, n. 625). La VI Sezione del Consiglio di Stato (decisione 2 maggio 2006, n. 2441), esaminando nuovamente la questione, ha ulteriormente chiarito che "...l'assegno alimentare erogato al pubblico dipendente nel periodo di sospensione cautelare dall'impiego non è recuperabile in caso di intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro con decorrenza coincidente con la data di sospensione, riferendosi la previsione dell'articolo 97, comma 1, del T.U. 10 gennaio 1957, n. 3...al caso di revoca della sospensione cautelare con diritto del dipendente alla "restitutio in integrum" ed essendo tale disposizione insuscettibile di applicazione in via analogica all'ipotesi, del tutto diversa, in cui il rapporto di servizio non abbia a proseguire...È evidente che la deduzione dell'assegno alimentare di cui all'art. 97, comma 1, ultima parte, citato, trova giustificazione nell'esigenza che al ripristino della situazione economica dell'impiegato prosciolto, nell'ambito di un rapporto di servizio che prosegue e viene "ricostruito", non si accompagni un arricchimento rispetto al trattamento percepibile in dipendenza della prestazione di lavoro..."
La retroattività del provvedimento di destituzione infatti non è di per sé idoneo a far venire meno il diritto dell'interessato ad ottenere la liquidazione dell'assegno alimentare di cui all'articolo 82 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, per il periodo in cui si è effettivamente protratta la sola sospensione dal servizio.
Sulla scorta di tale giurisprudenza deve ritenersi spettante l’assegno alimentare corrisposto per il periodo in questione (24 settembre 1998 – 25 giugno 1999) con la conseguente illegittimità del recupero effettuato.
Per il periodo successivo al 25 giugno 1999 il ricorrente non aveva più diritto alla corresponsione di nessuna somma in quanto a partire dalla notifica del provvedimento del 18 maggio 1999 la sospensione dal servizio (misura a carattere cautelare e non sanzionatoria – cfr. Ad. Plen n. 2/2002 – che dà diritto proprio per tale natura all’assegno alimentare) è cessata in quanto sostituita da un provvedimento di carattere definitivo.
Infondata al riguardo l’eccezione di prescrizione formulata da parte ricorrente in quanto anche a non voler considerare l’atto interruttivo del 2004 al momento della richiesta di restituzione del 2006 non era ancora decorsa la prescrizione decennale. Va, infatti, ricordato che, l'azione di recupero di somme indebitamente corrisposte al pubblico dipendente da parte della pubblica amministrazione è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c., e non a quella quinquennale prevista dall'art. 2948, c.c., non potendosi far rientrare tale fattispecie fra le ipotesi espressamente contemplate in quest'ultima norma" (C.S. Sez VI n. 3503 del 26/6/2013; Cons. Stato, Sez. VI, 20 settembre 2012, n. 4989).
In conclusione, il ricorso deve essere accolto limitatamente alla domanda relativa all’accertamento del diritto alla conservazione dell’assegno alimentare per i periodi 21 marzo 1992 – 15 aprile 1993, 24 settembre 1998 – 25 giugno 1999, con conseguente annullamento in parte qua del provvedimento impugnato.
La soccombenza reciproca e l’obiettiva complessità della controversia giustificano la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l'effetto, nei limiti suddetti, annulla il provvedimento impugnato, con conseguente riconoscimento del diritto del ricorrente alla conservazione dell’assegno alimentare per il periodo di sospensione cautelare dal servizio nei limiti e nei termini precisati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Maiello, Presidente FF
Renata Emma Ianigro, Consigliere
Paola Palmarini, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/03/2015
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SENTENZA ,sede di NAPOLI ,sezione SEZIONE 6 ,numero provv.: 201501518 - Public 2015-03-12 -
N. 01518/2015 REG.PROV.COLL.
N. 07067/2006 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 7067 del 2006, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso, dall'avv. Enzo Napolano, con il quale elettivamente domicilia in Napoli, presso lo studio Gentile, alla via Andrea d’Isernia n. 8;
contro
Ministero dell'Interno, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Napoli, presso la quale domicilia in Napoli, alla via Diaz n. 11;
per l'annullamento
a) del decreto del 28 giugno 2006 emesso dal Capo della Polizia – Direttore della Pubblica Sicurezza – nella parte in cui:
- si dispone il recupero delle somme corrisposte a titolo di assegno alimentare dal 21 marzo 1992 al 15 aprile 1993 (periodo di custodia OMISSIS) e dal 24 settembre 1998 al 20 luglio 1999;
- si dichiara il servizio prestato dal 24 settembre 1998 al 21 luglio 1999 non valido né ai fini giuridici né a quelli di quiescenza e previdenza;
e, per l’accertamento del diritto del ricorrente:
- alla irripetibilità delle somme corrisposte dalla p.a. nei periodi indicati sub a);
- al riconoscimento ai fini giuridici, di quiescenza e previdenza del periodo dal 21 marzo 1997 al 24 settembre 1998 (rectius dal 24 settembre 1998 al 21 luglio 1999);
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 25 febbraio 2015 la dott.ssa Paola Palmarini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Con il ricorso in epigrafe il ricorrente, OMISSIS della Polizia di Stato non più in servizio, ha impugnato il decreto del 28 giugno 2006 nella parte in cui il Ministero dell’interno:
- ha disposto il recupero delle somme corrisposte a titolo di assegno alimentare dal 21 marzo 1992 al 15 aprile 1993 e dal 24 settembre 1998 al 20 luglio 1999;
- non ha riconosciuto né ai fini giuridici né a quelli di quiescenza e previdenza il periodo di servizio prestato dal 24 settembre 1998 al 21 luglio 1999.
A sostegno del gravame il ricorrente ha dedotto varie censure di violazione di legge ed eccesso di potere.
Si è costituito per resistere al ricorso a mezzo dell’Avvocatura distrettuale dello Stato il Ministero dell’interno che ha eccepito in rito l’incompetenza territoriale del giudice adito e l’inammissibilità del gravame per omessa impugnazione del decreto del 10 dicembre 2004.
Con memorie depositate in data 4 febbraio 2015 le parti hanno insistito nelle rispettive posizioni.
Alla pubblica udienza del 25 febbraio 2015 la causa è stata trattenuta in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente, deve essere respinta l’eccezione di incompetenza territoriale di questo giudice in favore della “competenza esclusiva del T.A.R. OMISSIS” (nella cui circoscrizione prestava servizio il dipendente) sollevata dall’Avvocatura distrettuale dello Stato con la memoria da ultimo depositata.
L’Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato (n. 5/2011) ha, infatti, chiarito che la nuova disciplina della competenza territoriale prevista dal c. p. a., ivi compresi i modi di rilevabilità dell'incompetenza di cui all'art. 15 c. p. a., è applicabile solo ai processi instaurati sotto la vigenza del nuovo codice, e cioè a decorrere dalla data della sua entrata in vigore (16 settembre 2010), dovendosi intendere "instaurati" i ricorsi per i quali a tale data sia intervenuta la prima notifica alle controparti con cui si realizza la proposizione del ricorso.
Chiarita la non applicabilità alla fattispecie delle disposizioni del c.p.a. l’eccezione deve essere respinta in quanto non sono stati rispettati i termini e le forme per la proposizione dell’istanza di regolamento di competenza previsti dalla disciplina previgente.
Venendo al merito, per risolvere la controversia occorre ripercorrere le tappe della complessa vicenda amministrativa di cui è causa:
- a decorrere dal 21 marzo 1992 fino al 21 marzo 1997 il ricorrente, OMISSIS della Polizia di Stato è stato sospeso cautelarmente dal servizio;
- in particolare, dal 21 marzo 1992 al 15 aprile 1993 è stato sospeso (decreto del Questore di OMISSIS del 21 marzo 1992) perché tratto in OMISSIS;
- a decorrere dal 24 settembre 1998 l’interessato è stato nuovamente sospeso in via cautelare dal servizio per gravi motivi disciplinari ai sensi dell’art. 92 del D.P.R. n. 3/1957 anche per effetto della sentenza penale di condanna, divenuta definitiva in data 8 aprile 1998, alla pena di 2 anni e 2 mesi di reclusione con interdizione dai pubblici uffici per la durata della pena;
- con decreto del 18 maggio 1999 l’amministrazione lo ha destituito dal servizio a decorrere dal 24 settembre 1998; con il medesimo decreto sono state dichiarate irripetibili le somme corrisposte a titolo di assegno alimentare per il periodo 21 marzo 1992 – 20 marzo 1997 e 24 settembre 1998 fino alla data di notifica del decreto di destituzione (notifica avvenuta in data 25 giugno 1999);
- il ricorrente è stato dispensato dal servizio per inabilità fisica il 22 luglio 1999;
- con sentenza del T.A.R. Lazio n. …./2003 il decreto di destituzione del 18 maggio 1999 è stato annullato e il ricorrente è stato riammesso in servizio (fino alla cessazione dello stesso avvenuta in data 22 luglio 1999);
- con decreto del 2004 in esecuzione della sentenza del T.A.R. Lazio è stato annullato il decreto di destituzione ed è stato chiarito che:
a) il periodo dall’8 aprile 1998 (data in cui è divenuta irrevocabile la sentenza di condanna) al 23 settembre 1998 (giorno antecedente la decorrenza della sospensione cautelare dal servizio ex art. 92 del D.P.R. n. 3/1957) deve essere considerato “servizio di fatto” stante l’operatività della pena della interdizione dai pubblici uffici;
b) al periodo di sospensione cautelare per gravi motivi disciplinari (24 settembre 1998 – 21 luglio 1999 data della dispensa dal servizio per fisica inabilità) stante la sentenza di annullamento del T.A.R. e l’applicazione della pena accessoria dell’interdizione dai pubblici uffici si deve sostituire la sospensione della qualifica ex art. 98 del D.P.R. n. 3/1957;
c) la sospensione cautelare dal servizio disposta con decreto del Questore di OMISSIS del 21 marzo 1992 è commutata in sospensione dalla qualifica;
d) deve essere recuperato l’assegno alimentare corrisposto nel periodo di custodia cautelare in carcere (21 marzo 1992 – 15 aprile 1993, periodo da considerare come espiazione della pena principale di 2 anni e 2 mesi di carcere) e nel periodo 24 settembre 1998 – 21 luglio 1999 (coincidente con quello della interdizione dai pubblici uffici);
- il Consiglio di Stato con la decisione n. …/2006 ha riformato la sentenza del T.A.R. Lazio confermando il decreto di destituzione;
- con provvedimento del 28 giugno 2006 impugnato l’amministrazione ha decretato che:
a) la destituzione del 24 settembre 1998 disposta con il decreto del 18 maggio 1999 torna a spiegare i propri effetti;
b) il periodo di servizio prestato dal 21 marzo 1992 al 21 marzo 1997 e dal 24 settembre 1998 al 21 luglio 1999 non è valido né ai fini giuridici né a quelli di quiescenza e previdenza;
c) le somme corrisposte a titolo di assegno alimentare dal 21 marzo 1992 al 15 aprile 1993 (periodo di custodia OMISSIS) e dal 24 settembre 1998 al 20 luglio 1999 (periodo di interdizione dai pubblici uffici) devono essere recuperate.
Il ricorrente con il presente gravame chiede che:
1) gli venga riconosciuto ai fini giuridici nonchè di quiescenza e previdenza il periodo 24 settembre 1998 – 21 luglio 1999;
2) vengano dichiarate irripetibili le somme corrisposte a titolo di assegno alimentare nel periodo dal 21 marzo 1992 al 15 aprile 1993 (periodo di custodia OMISSIS) e dal 24 settembre 1998 al 21 luglio 1999.
Il ricorso quanto alla prima domanda deve essere respinto.
Il ricorrente, infatti, è stato destituito dal servizio con decreto del 18 maggio 1999 con decorrenza 24 settembre 1998 (provvedimento confermato dal Consiglio di Stato con la sentenza n. …/2006), pertanto il periodo successivo a tale ultima data non poteva essere computato né ai fini giuridici né ai fini di quiescenza e previdenza (sulla natura costitutiva del provvedimento di destituzione anche se avente decorrenza retroattiva – cfr. C.d.S., 7 maggio 2010, n. 2681). Del resto sul punto il ricorrente si limita a dedurre il difetto di motivazione del provvedimento del 2006 senza indicare le ragioni per le quali gli spetterebbe l’invocato riconoscimento giuridico.
Il ricorso è in parte fondato con riferimento alla seconda questione.
Preliminarmente deve essere respinta l’eccezione della difesa erariale di inammissibilità del ricorso per omessa impugnazione del decreto del 22 dicembre 2004 con il quale è stato disposto il recupero dell’assegno alimentare per il periodo in questione.
Fondata al riguardo l’obiezione del ricorrente secondo la quale nella fattispecie la domanda è volta all’accertamento di un diritto (la conservazione dell’assegno alimentare) e, pertanto, la relativa azione non è soggetta a termini di decadenza bensì di prescrizione.
Quanto al merito della questione, deve, anzitutto, essere respinta la censura con la quale parte ricorrente lamenta la violazione del proprio affidamento alla conservazione dell’assegno alimentare ingenerato dal decreto del 1999 (che aveva inizialmente dichiarato irripetibili le relative somme corrisposte) e il mancato rispetto delle disposizioni dettate in materia di autotutela dall’art. 21 nonies della legge n. 241 del 1990 (l’amministrazione, in particolare, nel 2004 e nel 2006 avrebbe riconsiderato la decisione assunta nel 1999, determinandosi a recuperare dette somme senza procedere alla comunicazione di avvio del procedimento, senza dare conto del tempo trascorso e degli interessi del destinatario).
Per costante giurisprudenza il recupero di somme indebitamente corrisposte dalla P.A. a propri dipendenti ha natura di atto dovuto non rinunciabile perché espressione di funzione vincolata; ne consegue la natura paritetica e non autoritativa del rapporto in concreto intercorso e la consistenza del diritto soggettivo dell'amministrazione di ripetere la somma a fronte dell'obbligo specifico di restituzione della stessa da parte di chi l'ha indebitamente percepita, con conseguente mancanza dell'obbligo dell'amministrazione di motivare sull'interesse pubblico sotteso al disposto recupero. La buona fede del debitore in questa materia, rileva elusivamente in ordine alle modalità del recupero, al fine di non incidere in modo eccessivamente oneroso sulle esigenze di vita del dipendente (da ultimo, questo Tribunale n. 14/2015).
Ciò premesso il ricorso deve essere in parte accolto.
Ai sensi dell’art. 82 del D.P.R. n. 3 del 1957 all’impiegato sospeso dal servizio è concesso un assegno alimentare in misura non superiore alla metà dello stipendio, oltre agli assegni per carichi di famiglia.
La giurisprudenza ha ripetutamente sottolineato che detto assegno alimentare non ha natura retributiva, in quanto non rappresenta il corrispettivo dell'attività lavorativa svolta (C.d.S., sez. VI, 3 novembre 1982, n. 532), bensì assistenziale, in quanto è volto ad assicurare il solo minimo sostentamento dell'impiegato e della sua famiglia, ed ha altresì carattere temporaneo, in quanto limitato al periodo di efficacia della sospensione dal servizio (C.d.S., sez. VI, 3 giugno 2002, n. 3081; C.d.S., sez. IV, 27 aprile 1993, n. 485; 24 gennaio 1990, n. 37).
Sulla base delle disposizioni citate, non vi è dubbio che tale assegno spettava al ricorrente per il periodo 21 marzo 1992 – 15 aprile 1993 tempo nel quale era sospeso cautelarmente dal servizio (a causa della adozione nei suoi confronti di una misura cautelare OMISSIS), non essendo ancora stato adottato in quel tempo alcun provvedimento definitivo di carattere disciplinare (la destituzione è stata disposta in un momento successivo). In proposito, la circostanza che successivamente sia intervenuta la condanna definitiva alla pena per due anni e due mesi di reclusione (con conseguente calcolo del periodo di custodia cautelare OMISSIS) non muta la natura del periodo di sospensione dal servizio sofferto.
Più complessa si presenta la questione per il periodo 24 settembre 1998 – 21 luglio 1999.
Deve, in primo luogo, osservarsi che il decreto del giugno 2006 qui gravato ha ripristinato, a seguito della sentenza del Consiglio di Stato n. …/2006, gli effetti del decreto del 18 maggio 1999 con il quale era stata disposta la destituzione dal servizio del dipendente a decorrere dal 24 settembre 1998. Sulla base del provvedimento del 2006 deve ritenersi quindi superato quanto disposto nel dicembre 2004 (tale atto, infatti, era stato adottato sul presupposto della sentenza del TAR Lazio del 2003 che aveva annullato la destituzione dal servizio del 1999 e con il medesimo l’amministrazione si era riservata di riesaminare la posizione del dipendente all’esito del giudizio davanti al Consiglio di Stato, riesame avvenuto appunto nel 2006).
In secondo luogo, deve ribadirsi che alla reviviscenza del decreto del 18.5.1999 si è accompagnata l’introduzione di significative modifiche: ed, invero, con il decreto del 18 maggio 1999, nell’evidenziare che il dipendente era stato sospeso cautelarmente dal servizio a decorrere dal 24 settembre 1998 e nel disporre la destituzione dal servizio a decorrere dalla medesima data, l’amministrazione aveva originariamente considerato irripetibili le somme corrisposte a titolo di assegno alimentare da quella data fino alla notifica del decreto (avvenuta il 25 giugno 1999). Tale determinazione è stata, sul punto, successivamente modificata con il decreto del 2006 qui impugnato, che, come già sopra evidenziato, ha disposto il recupero delle somme corrisposte a titolo di assegno alimentare dal 21 marzo 1992 al 15 aprile 1993 (periodo di custodia OMISSIS) e dal 24 settembre 1998 al 20 luglio 1999 (periodo di interdizione dai pubblici uffici).
Orbene, a tal riguardo ritiene il Collegio che la prima statuizione (id est decreto del 18 maggio 1999) sia in linea con i principi giuridici che governano siffatta materia, evincibili dalla giurisprudenza oramai consolidata del Consiglio di Stato. Quest’ultimo (n. 1781/2010), in ragione della natura assistenziale e non retributiva dell’assegno alimentare ha precisato che le somme erogate a tale titolo al dipendente sospeso dal servizio non sono ripetibili in caso di intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro con decorrenza coincidente con la data della sospensione (C.d.S. IV, 23 novembre 1988, n. 890; 27 aprile 1993, n. 485; 24 gennaio 1990, n. 37; sez. VI, 12 febbraio 2001, n. 625). La VI Sezione del Consiglio di Stato (decisione 2 maggio 2006, n. 2441), esaminando nuovamente la questione, ha ulteriormente chiarito che "...l'assegno alimentare erogato al pubblico dipendente nel periodo di sospensione cautelare dall'impiego non è recuperabile in caso di intervenuta risoluzione del rapporto di lavoro con decorrenza coincidente con la data di sospensione, riferendosi la previsione dell'articolo 97, comma 1, del T.U. 10 gennaio 1957, n. 3...al caso di revoca della sospensione cautelare con diritto del dipendente alla "restitutio in integrum" ed essendo tale disposizione insuscettibile di applicazione in via analogica all'ipotesi, del tutto diversa, in cui il rapporto di servizio non abbia a proseguire...È evidente che la deduzione dell'assegno alimentare di cui all'art. 97, comma 1, ultima parte, citato, trova giustificazione nell'esigenza che al ripristino della situazione economica dell'impiegato prosciolto, nell'ambito di un rapporto di servizio che prosegue e viene "ricostruito", non si accompagni un arricchimento rispetto al trattamento percepibile in dipendenza della prestazione di lavoro..."
La retroattività del provvedimento di destituzione infatti non è di per sé idoneo a far venire meno il diritto dell'interessato ad ottenere la liquidazione dell'assegno alimentare di cui all'articolo 82 del D.P.R. 10 gennaio 1957, n. 3, per il periodo in cui si è effettivamente protratta la sola sospensione dal servizio.
Sulla scorta di tale giurisprudenza deve ritenersi spettante l’assegno alimentare corrisposto per il periodo in questione (24 settembre 1998 – 25 giugno 1999) con la conseguente illegittimità del recupero effettuato.
Per il periodo successivo al 25 giugno 1999 il ricorrente non aveva più diritto alla corresponsione di nessuna somma in quanto a partire dalla notifica del provvedimento del 18 maggio 1999 la sospensione dal servizio (misura a carattere cautelare e non sanzionatoria – cfr. Ad. Plen n. 2/2002 – che dà diritto proprio per tale natura all’assegno alimentare) è cessata in quanto sostituita da un provvedimento di carattere definitivo.
Infondata al riguardo l’eccezione di prescrizione formulata da parte ricorrente in quanto anche a non voler considerare l’atto interruttivo del 2004 al momento della richiesta di restituzione del 2006 non era ancora decorsa la prescrizione decennale. Va, infatti, ricordato che, l'azione di recupero di somme indebitamente corrisposte al pubblico dipendente da parte della pubblica amministrazione è soggetta all'ordinaria prescrizione decennale di cui all'art. 2946 c.c., e non a quella quinquennale prevista dall'art. 2948, c.c., non potendosi far rientrare tale fattispecie fra le ipotesi espressamente contemplate in quest'ultima norma" (C.S. Sez VI n. 3503 del 26/6/2013; Cons. Stato, Sez. VI, 20 settembre 2012, n. 4989).
In conclusione, il ricorso deve essere accolto limitatamente alla domanda relativa all’accertamento del diritto alla conservazione dell’assegno alimentare per i periodi 21 marzo 1992 – 15 aprile 1993, 24 settembre 1998 – 25 giugno 1999, con conseguente annullamento in parte qua del provvedimento impugnato.
La soccombenza reciproca e l’obiettiva complessità della controversia giustificano la compensazione delle spese del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie in parte e, per l'effetto, nei limiti suddetti, annulla il provvedimento impugnato, con conseguente riconoscimento del diritto del ricorrente alla conservazione dell’assegno alimentare per il periodo di sospensione cautelare dal servizio nei limiti e nei termini precisati in motivazione.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 25 febbraio 2015 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Maiello, Presidente FF
Renata Emma Ianigro, Consigliere
Paola Palmarini, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 12/03/2015
Re: assegno alimentare periodo sospensione
Alla revoca della misura della restrizione della libertà personale[23], in quanto quest’ultima costituisce il presupposto legittimante l’adozione della sospensione obbligatoria dal servizio , consegue la cessazione degli effetti del provvedimento precauzionale obbligatorio in esame , poiché, così come confermato dalla sentenza T.A.R. Lazio, II Sez., 17 ottobre 1991 n.1559 , sarebbe indebita la prosecuzione sine die dello stesso in seguito alla scarcerazione del soggetto. In realtà la revoca di una misura cautelare restrittiva della libertà personale giustifica il passaggio dalla sospensione cautelare obbligatoria a quella facoltativa, quando l’amministrazione ha valutato la necessità di allontanare dal servizio un proprio dipendente tramite l’adozione di un provvedimento facoltativo nel quale si dia congrua ed idonea motivazione delle scelte discrezionali operate. L’amministrazione , quindi, anche quando cessano gli effetti della sospensione obbligatoria per l’avvenuta revoca della misura cautelare personale coercitiva disposta dall’A.G. , può adottare , ove siano sussistenti i presupposti previsti dalle leggi sullo stato giuridico dei militari e dal T.U.n.3/1957, la sospensione precauzionale a titolo discrezionale. Infatti la sentenza Consiglio di Stato, IV sez., 18 gennaio 1996 n.53 , richiamando sul punto la sentenza 15 maggio 1995 n.335, ribadisce che la concessione della libertà provvisoria non comporta la riammissione di diritto del dipendente, ma fa sorgere in capo all’amministrazione di appartenenza l’obbligo di valutare l’opportunità , in riferimento all’interesse pubblico, alla riassunzione o, al contrario, all’adozione di un provvedimento sospensivo facoltativo. Allo stesso modo , così come statuito nelle già analizzate sentenze n.953 /1998 del Consiglio di Stato e n.447/1995 della Corte Costituzionale, la perdita di efficacia della sospensione obbligatoria in conseguenza dello spirare del termine massimo di cinque anni di cui all’art.9 della L.19/90, non esclude la possibilità, al ricorrere dei presupposti necessari, di disporre la misura della sospensione facoltativa, scongiurando la particolare gravità e l’irrimediabile pregiudizio che deriverebbero dalla riattivazione del rapporto di impiego. Comunque la riammissione in servizio, ove non ricorrano i presupposti per l’adozione di un provvedimento a titolo facoltativo
Re: assegno alimentare periodo sospensione
Parere del CdS non definitivo.
sospensione dalla qualifica con privazione dello stipendio.
--------------------------------------------------------------------------
1) - mancata concessione dell'assegno alimentare di cui all'articolo 82 del testo unico n. 3 del 1957.
2) - rigetto del ricorso in ragione del carattere vincolato del provvedimento adottato dall'amministrazione ai sensi dell'articolo 98 del testo unico n. 3 del 1957.
Il CdS annuncia:
3) - A sostegno della tesi favorevole alla non applicabilità dell’articolo 82, nella relazione del Ministero, viene citato, tra l’altro, un parere specificamente richiesto all’Avvocatura Generale dello Stato che, tuttavia, non è contenuto nella documentazione allegata.
N.B.: leggete il tutto qui sotto.
-------------------------------------------------------------------------------
PARERE INTERLOCUTORIO ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201702273
Public 2017-11-06
Numero 02273/2017 e data 02/11/2017 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 18 ottobre 2017
NUMERO AFFARE 01551/2017
OGGETTO:
Ministero dell'interno dipartimento pubblica sicurezza.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto da -OMISSIS-, contro Questore di Napoli, avverso sospensione dalla qualifica con privazione dello stipendio;
LA SEZIONE
Vista la relazione del Ministero dell’interno e i documenti allegati;
visto il ricorso presentato dall'assistente capo -OMISSIS- con il quale viene impugnato il decreto del questore di Napoli di sospensione dalla qualifica a far data dall'inizio della sua detenzione in carcere per effetto della condanna definitiva a quattro anni e quattro mesi di reclusione, nonché di interdizione dai pubblici uffici per cinque anni;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giovanni Orsini.
Premesso:
con il ricorso in esame l'assistente capo -OMISSIS- ha impugnato il decreto del questore di Napoli di sospensione dalla qualifica lamentando tra l’altro e in particolare la mancata concessione dell'assegno alimentare di cui all'articolo 82 del testo unico n. 3 del 1957.
Nel ricorso si precisa al riguardo che l'assegno alimentare avrebbe dovuto essere riconosciuto, tenuto conto dello stato di necessità familiare.
La relazione del ministero dell'interno si esprime per il rigetto del ricorso in ragione del carattere vincolato del provvedimento adottato dall'amministrazione ai sensi dell'articolo 98 del testo unico n. 3 del 1957 e ritenendo non applicabile alla fattispecie regolata da tale disposizione la concessione dell'assegno familiare previsto dall'articolo 82 dello stesso testo unico.
Considerato:
Sulla questione dell’applicabilità dell'articolo 82 (assegno alimentare) del testo unico del 1957, occorre tener presente che, con decreto del 24 marzo 2017, il ricorrente è stato destituito dall'amministrazione della pubblica sicurezza a decorrere dalla data di inizio della sospensione cautelare dal servizio (28 gennaio 2014) e che fino alla sospensione per detenzione a carattere definitivo (25 ottobre 2016) gli è stato corrisposto l’assegno alimentare (irripetibile a causa della sua natura assistenziale e non retributiva). Il punto in esame quindi riguarda il riconoscimento dell'assegno alimentare per il periodo tra il 26 ottobre 2016 e il 24 marzo 2017.
A sostegno della tesi favorevole alla non applicabilità dell’articolo 82, nella relazione del Ministero, viene citato, tra l’altro, un parere specificamente richiesto all’Avvocatura Generale dello Stato che, tuttavia, non è contenuto nella documentazione allegata.
La sezione ritiene necessaria l’acquisizione di tale parere e chiede pertanto al Ministero dell’interno di inviarlo entro la data massima del 31 dicembre 2017.
P.Q.M.
sospende l’espressione del parere in attesa dell’adempimento richiesto.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Orsini Mario Luigi Torsello
IL SEGRETARIO
Maria Cristina Manuppelli
sospensione dalla qualifica con privazione dello stipendio.
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1) - mancata concessione dell'assegno alimentare di cui all'articolo 82 del testo unico n. 3 del 1957.
2) - rigetto del ricorso in ragione del carattere vincolato del provvedimento adottato dall'amministrazione ai sensi dell'articolo 98 del testo unico n. 3 del 1957.
Il CdS annuncia:
3) - A sostegno della tesi favorevole alla non applicabilità dell’articolo 82, nella relazione del Ministero, viene citato, tra l’altro, un parere specificamente richiesto all’Avvocatura Generale dello Stato che, tuttavia, non è contenuto nella documentazione allegata.
N.B.: leggete il tutto qui sotto.
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PARERE INTERLOCUTORIO ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201702273
Public 2017-11-06
Numero 02273/2017 e data 02/11/2017 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 18 ottobre 2017
NUMERO AFFARE 01551/2017
OGGETTO:
Ministero dell'interno dipartimento pubblica sicurezza.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto da -OMISSIS-, contro Questore di Napoli, avverso sospensione dalla qualifica con privazione dello stipendio;
LA SEZIONE
Vista la relazione del Ministero dell’interno e i documenti allegati;
visto il ricorso presentato dall'assistente capo -OMISSIS- con il quale viene impugnato il decreto del questore di Napoli di sospensione dalla qualifica a far data dall'inizio della sua detenzione in carcere per effetto della condanna definitiva a quattro anni e quattro mesi di reclusione, nonché di interdizione dai pubblici uffici per cinque anni;
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giovanni Orsini.
Premesso:
con il ricorso in esame l'assistente capo -OMISSIS- ha impugnato il decreto del questore di Napoli di sospensione dalla qualifica lamentando tra l’altro e in particolare la mancata concessione dell'assegno alimentare di cui all'articolo 82 del testo unico n. 3 del 1957.
Nel ricorso si precisa al riguardo che l'assegno alimentare avrebbe dovuto essere riconosciuto, tenuto conto dello stato di necessità familiare.
La relazione del ministero dell'interno si esprime per il rigetto del ricorso in ragione del carattere vincolato del provvedimento adottato dall'amministrazione ai sensi dell'articolo 98 del testo unico n. 3 del 1957 e ritenendo non applicabile alla fattispecie regolata da tale disposizione la concessione dell'assegno familiare previsto dall'articolo 82 dello stesso testo unico.
Considerato:
Sulla questione dell’applicabilità dell'articolo 82 (assegno alimentare) del testo unico del 1957, occorre tener presente che, con decreto del 24 marzo 2017, il ricorrente è stato destituito dall'amministrazione della pubblica sicurezza a decorrere dalla data di inizio della sospensione cautelare dal servizio (28 gennaio 2014) e che fino alla sospensione per detenzione a carattere definitivo (25 ottobre 2016) gli è stato corrisposto l’assegno alimentare (irripetibile a causa della sua natura assistenziale e non retributiva). Il punto in esame quindi riguarda il riconoscimento dell'assegno alimentare per il periodo tra il 26 ottobre 2016 e il 24 marzo 2017.
A sostegno della tesi favorevole alla non applicabilità dell’articolo 82, nella relazione del Ministero, viene citato, tra l’altro, un parere specificamente richiesto all’Avvocatura Generale dello Stato che, tuttavia, non è contenuto nella documentazione allegata.
La sezione ritiene necessaria l’acquisizione di tale parere e chiede pertanto al Ministero dell’interno di inviarlo entro la data massima del 31 dicembre 2017.
P.Q.M.
sospende l’espressione del parere in attesa dell’adempimento richiesto.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Orsini Mario Luigi Torsello
IL SEGRETARIO
Maria Cristina Manuppelli
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Re: assegno alimentare periodo sospensione
Messaggio da gennaro-gennaro »
salve a tutti... mio padre e attualmente sospeso dal corpo polizia penitenziaria. e riceve un assegno alimentare. a breve avrà la cassazione, se dovesse esser condannato e avere più di 3 anni quindi carcere o arresti domicialiari. avrà diritto lo stesso all'assegno alimentare non potendo lavorarE?
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Re: assegno alimentare periodo sospensione
Messaggio da naturopata »
No.gennaro-gennaro ha scritto:salve a tutti... mio padre e attualmente sospeso dal corpo polizia penitenziaria. e riceve un assegno alimentare. a breve avrà la cassazione, se dovesse esser condannato e avere più di 3 anni quindi carcere o arresti domicialiari. avrà diritto lo stesso all'assegno alimentare non potendo lavorarE?
Re: assegno alimentare periodo sospensione
anche se non riguarda la PolStato, questa sentenza Tar riguarda un appartenente alla Guardia di Finanza
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L' art. 919 del D.lgs n. 66/2010, invece, ha previsto che la sospensione precauzionale non può avere durata superiore a 5 anni e che, decorso tale termine, è revocata di diritto, mentre il successivo art. 920 del D.Lgs. n. 66 del 2010, nel disciplinare le conseguenze economiche della sospensione cautelare, stabilisce che "al militare durante la sospensione dall'impiego compete la metà degli assegni a carattere fisso e continuativo", con l’evidente finalità di assicurare all’interessato la soddisfazione dei bisogni primari mediante la corresponsione di un assegno alimentare e di evitare che il provvedimento di sospensione, finalizzato a "salvaguardare il prestigio dell'Arma dei Carabinieri ed evitare il turbamento dell'opinione pubblica", finisca per comportare effetti particolarmente afflittivi, inducendo in stato di indigenza l'interessato ed il suo nucleo familiare - conseguenze, appunto, evitate mediante la corresponsione dell'assegno alimentare - nel caso in cui siano contestati fatti penalmente rilevanti che potrebbero poi risultare non sussistenti ( TAR Lazio, sez. II bis, sent. n. 6874/2017).
Da ultimo, il successivo art. 921, stabilisce che, in caso di revoca della sospensione ai sensi del precedente art. 918, ovvero nei casi di esito positivo del procedimento penale, il militare ha diritto a tutti gli assegni non percepiti, escluse le indennità per servizi e funzioni di carattere speciale o per prestazioni di lavoro straordinario e detraendo, dall'importo così determinato ai sensi del comma 1, l'assegno alimentare corrisposto e ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito in dipendenza di prestazioni e attività svolte grazie alla sospensione dal servizio.
Aggiungasi che anche l’art. 9, comma 2, secondo e terzo periodo, della legge n. 19 del 1990, recante "Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipendenti", stabilisce che, "quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a causa del procedimento penale, la stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore ad anni cinque" e "decorso tale termine la sospensione cautelare è revocata di diritto".
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L' art. 919 del D.lgs n. 66/2010, invece, ha previsto che la sospensione precauzionale non può avere durata superiore a 5 anni e che, decorso tale termine, è revocata di diritto, mentre il successivo art. 920 del D.Lgs. n. 66 del 2010, nel disciplinare le conseguenze economiche della sospensione cautelare, stabilisce che "al militare durante la sospensione dall'impiego compete la metà degli assegni a carattere fisso e continuativo", con l’evidente finalità di assicurare all’interessato la soddisfazione dei bisogni primari mediante la corresponsione di un assegno alimentare e di evitare che il provvedimento di sospensione, finalizzato a "salvaguardare il prestigio dell'Arma dei Carabinieri ed evitare il turbamento dell'opinione pubblica", finisca per comportare effetti particolarmente afflittivi, inducendo in stato di indigenza l'interessato ed il suo nucleo familiare - conseguenze, appunto, evitate mediante la corresponsione dell'assegno alimentare - nel caso in cui siano contestati fatti penalmente rilevanti che potrebbero poi risultare non sussistenti ( TAR Lazio, sez. II bis, sent. n. 6874/2017).
Da ultimo, il successivo art. 921, stabilisce che, in caso di revoca della sospensione ai sensi del precedente art. 918, ovvero nei casi di esito positivo del procedimento penale, il militare ha diritto a tutti gli assegni non percepiti, escluse le indennità per servizi e funzioni di carattere speciale o per prestazioni di lavoro straordinario e detraendo, dall'importo così determinato ai sensi del comma 1, l'assegno alimentare corrisposto e ogni altro emolumento a qualsiasi titolo percepito in dipendenza di prestazioni e attività svolte grazie alla sospensione dal servizio.
Aggiungasi che anche l’art. 9, comma 2, secondo e terzo periodo, della legge n. 19 del 1990, recante "Modifiche in tema di circostanze, sospensione condizionale della pena e destituzione dei pubblici dipendenti", stabilisce che, "quando vi sia stata sospensione cautelare dal servizio a causa del procedimento penale, la stessa conserva efficacia, se non revocata, per un periodo di tempo comunque non superiore ad anni cinque" e "decorso tale termine la sospensione cautelare è revocata di diritto".
Re: assegno alimentare periodo sospensione
Ricorso respinto.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201800453 - Public 2018-02-23 -
Numero 00453/2018 e data 20/02/2018 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 7 febbraio 2018
NUMERO AFFARE 01551/2017
OGGETTO:
Ministero dell'interno - Dipartimento per la pubblica sicurezza.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto dal signor -OMISSIS-, contro Questore di Napoli, avverso sospensione dalla qualifica con privazione dello stipendio;
LA SEZIONE
Vista la relazione con la quale il Ministero dell'interno ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giovanni Orsini;
Premesso:
Il ricorrente è stato sospeso dalla qualifica ai sensi dell’articolo 98 del d.p.r. n. 3 del 1957 a far data del 26 ottobre 2016, a seguito di sentenza definitiva di condanna a 4 anni e 4 mesi di reclusione e al conseguente ordine di esecuzione del tribunale di Napoli.
Con il ricorso in esame si chiede l’annullamento del provvedimento di sospensione deducendo quattro motivi di doglianza.
La relazione ministeriale ritiene che il ricorso non sia fondato. Su uno dei motivi del ricorso -relativo alla mancata concessione dell’assegno alimentare- la relazione cita il parere formulato al riguardo dall’Avvocatura dello Stato. Tale parere è stato trasmesso in data 27 novembre 2017 a seguito della richiesta disposta da questa Sezione con il parere interlocutorio assunto nell’adunanza del 18 ottobre 2017.
Considerato:
L’articolo 98 del d.p.r. n 3 del 1957 stabilisce che “l’impiegato condannato a pena detentiva con sentenza passata in giudicato, qualora non venga destituito, è sospeso dalla qualifica fino a che non abbia scontato la pena”.
L’amministrazione adottando il provvedimento impugnato ha pertanto compiuto un atto dovuto per effetto della sentenza definitiva emanata nei confronti del ricorrente. È quindi privo di pregio il primo motivo del ricorso, che lamenta -ritenendo erroneamente che il provvedimento abbia natura disciplinare- la non sufficiente motivazione in relazione ad una asserita discrezionalità dell’amministrazione. Ugualmente infondati sono i rilievi -contenuti nei successivi motivi del ricorso- che attengono al merito del processo penale che è sfociato nella sentenza di condanna dopo il terzo grado di giudizio. Nel secondo motivo di ricorso, in particolare, e in vario modo anche negli altri -viene lamentata la mancata concessione dell’assegno alimentare previsto dall’articolo 82 del d.p.r. n. 3 del 1957, secondo cui al dipendente sospeso dal servizio viene riconosciuto un assegno non superiore alla metà dello stipendio.
Come rilevato dall’Avvocatura dello Stato nel parere da ultimo acquisito, la normativa vigente prevede varie ipotesi di sospensione del dipendente dal servizio. Per alcune di esse e in particolare per la sospensione disciplinare di cui all’articolo 81 e per quelle cautelari di cui agli articoli 91 e 92 del d.p.r. n. 3 del 1957 è espressamente prevista la concessione dell’assegno alimentare in questione, mentre nel caso di sospensione conseguente a condanna definitiva tale concessione non è contemplata. Il parere dell’Avvocatura dello Stato esclude, d’altra parte, che si possa procedere ad un’estensione in via analogica dell’articolo 82 alla fattispecie in esame. Tale orientamento negativo è stato già adottato da questo Consiglio (Cons. di Stato-sez. V- sentenza n. 1781 del 29 marzo 2010) e non si ravvisano ragioni per mutarlo, tenuto conto anche della non assimilabilità delle sospensioni cautelari e disciplinari a quelle che derivano direttamente dall’assoggettamento a misure restrittive per condanna penale passata in giudicato.
Il ricorso deve quindi ritenersi infondato.
P.Q.M.
Esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Orsini Mario Luigi Torsello
IL SEGRETARIO
Cristina Manuppelli
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201800453 - Public 2018-02-23 -
Numero 00453/2018 e data 20/02/2018 Spedizione
REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima
Adunanza di Sezione del 7 febbraio 2018
NUMERO AFFARE 01551/2017
OGGETTO:
Ministero dell'interno - Dipartimento per la pubblica sicurezza.
Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, con istanza sospensiva, proposto dal signor -OMISSIS-, contro Questore di Napoli, avverso sospensione dalla qualifica con privazione dello stipendio;
LA SEZIONE
Vista la relazione con la quale il Ministero dell'interno ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Giovanni Orsini;
Premesso:
Il ricorrente è stato sospeso dalla qualifica ai sensi dell’articolo 98 del d.p.r. n. 3 del 1957 a far data del 26 ottobre 2016, a seguito di sentenza definitiva di condanna a 4 anni e 4 mesi di reclusione e al conseguente ordine di esecuzione del tribunale di Napoli.
Con il ricorso in esame si chiede l’annullamento del provvedimento di sospensione deducendo quattro motivi di doglianza.
La relazione ministeriale ritiene che il ricorso non sia fondato. Su uno dei motivi del ricorso -relativo alla mancata concessione dell’assegno alimentare- la relazione cita il parere formulato al riguardo dall’Avvocatura dello Stato. Tale parere è stato trasmesso in data 27 novembre 2017 a seguito della richiesta disposta da questa Sezione con il parere interlocutorio assunto nell’adunanza del 18 ottobre 2017.
Considerato:
L’articolo 98 del d.p.r. n 3 del 1957 stabilisce che “l’impiegato condannato a pena detentiva con sentenza passata in giudicato, qualora non venga destituito, è sospeso dalla qualifica fino a che non abbia scontato la pena”.
L’amministrazione adottando il provvedimento impugnato ha pertanto compiuto un atto dovuto per effetto della sentenza definitiva emanata nei confronti del ricorrente. È quindi privo di pregio il primo motivo del ricorso, che lamenta -ritenendo erroneamente che il provvedimento abbia natura disciplinare- la non sufficiente motivazione in relazione ad una asserita discrezionalità dell’amministrazione. Ugualmente infondati sono i rilievi -contenuti nei successivi motivi del ricorso- che attengono al merito del processo penale che è sfociato nella sentenza di condanna dopo il terzo grado di giudizio. Nel secondo motivo di ricorso, in particolare, e in vario modo anche negli altri -viene lamentata la mancata concessione dell’assegno alimentare previsto dall’articolo 82 del d.p.r. n. 3 del 1957, secondo cui al dipendente sospeso dal servizio viene riconosciuto un assegno non superiore alla metà dello stipendio.
Come rilevato dall’Avvocatura dello Stato nel parere da ultimo acquisito, la normativa vigente prevede varie ipotesi di sospensione del dipendente dal servizio. Per alcune di esse e in particolare per la sospensione disciplinare di cui all’articolo 81 e per quelle cautelari di cui agli articoli 91 e 92 del d.p.r. n. 3 del 1957 è espressamente prevista la concessione dell’assegno alimentare in questione, mentre nel caso di sospensione conseguente a condanna definitiva tale concessione non è contemplata. Il parere dell’Avvocatura dello Stato esclude, d’altra parte, che si possa procedere ad un’estensione in via analogica dell’articolo 82 alla fattispecie in esame. Tale orientamento negativo è stato già adottato da questo Consiglio (Cons. di Stato-sez. V- sentenza n. 1781 del 29 marzo 2010) e non si ravvisano ragioni per mutarlo, tenuto conto anche della non assimilabilità delle sospensioni cautelari e disciplinari a quelle che derivano direttamente dall’assoggettamento a misure restrittive per condanna penale passata in giudicato.
Il ricorso deve quindi ritenersi infondato.
P.Q.M.
Esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Orsini Mario Luigi Torsello
IL SEGRETARIO
Cristina Manuppelli
Re: assegno alimentare periodo sospensione
INPS - ex INPDAP - Messaggio n° 2161 - Gestione Pubblica – Chiarimenti obblighi contributivi del periodo trascorso in sospensione cautelare per i lavoratori per i quali pende un giudizio innanzi all'autorità giudiziaria
Pubblicato il messaggio numero 2161 'Gestione Pubblica – Chiarimenti obblighi contributivi e valutazione ai fini pensionistici e previdenziali (TFS/TFR) del periodo trascorso in sospensione cautelare per i lavoratori per i quali pende un giudizio innanzi all'autorità giudiziaria'.
vedi allegato
Pubblicato il messaggio numero 2161 'Gestione Pubblica – Chiarimenti obblighi contributivi e valutazione ai fini pensionistici e previdenziali (TFS/TFR) del periodo trascorso in sospensione cautelare per i lavoratori per i quali pende un giudizio innanzi all'autorità giudiziaria'.
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