Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

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Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

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REPUBBLICA ITALIANA Sent. n. 161/2017

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA

pronuncia la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 24037 del registro di Segreteria, proposto da

P. S., nato a Omissis il Omissis

G. M. P., nato a Omissis il Omissis

S. P., nato a Omissis il Omissis

A. M., nato a Omissis il Omissis

L. D., nato a Omissis il Omissis

tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Andrea PETTINAU e Elena PETTINAU, presso lo studio dei quali in Cagliari, piazza Gramsci 18 sono elettivamente domiciliati

RICORRENTI

contro

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), Gestione Dipendenti Pubblici, non costituito

RESISTENTE

Udita, nell’udienza pubblica del 21 novembre 2017, l’avvocato Elena PETTINAU per i ricorrenti. Non comparso né costituito l’INPS.

MOTIVI DELLA DECISIONE

FATTO

Come esposto nell’atto introduttivo del giudizio, tutti i ricorrenti hanno prestato servizio nell’ex Corpo degli Agenti di Custodia e, precisamente, P. S. dal 12/02/1982 e sino al 1° marzo 2012, G. M. P. dal 5/01/1982 e sino al 4/05/2015, S. P. dal 06/01/1983 al 27/09/2014, A. M. dal 05/05/1981 e sino al 17/03/2004, L. D. dal 4/05/1981 al 13/11/2005. Conseguentemente i medesimi hanno ottenuto dall’Istituto Previdenziale il relativo trattamento vitalizio.

Successivamente, in data 15/02/2016, i ricorrenti hanno inoltrato all’INPS istanza, ex lege 241/1990, di riliquidazione del proprio trattamento sulla scorta del dettato di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092 del 1973. Il riscontro dell’INPS, peraltro, è stato negativo, essendo stato confermato l’importo delle pensioni già erogate.

Secondo quanto precisato dall’INPS, la norma richiamata non sarebbe applicabile ai pensionati del Corpo di Polizia Penitenziaria, ma esclusivamente al personale ex militare, stante l’assenza di richiami normativi espressi.

Ad avviso dei ricorrenti, la tesi dell’INPS sarebbe errata.

Al riguardo, si osserva che al personale proveniente dal disciolto Corpo degli agenti di custodia, in virtù del Decreto Legislativo n. 443 del 1992, art. 73, commi 3 e 4, per la determinazione della massima anzianità contributiva, continua ad applicarsi l’art. 6 della L. n. 1543 del 1963.

Secondo tale disposizione, il massimo della pensione − per tale personale – si consegue al raggiungimento di trenta anni di servizio utile e l’importo della pensione, calcolato sulla base dell’ultimo stipendio (complessivo), è ragguagliato, al compimento dei venti anni di servizio, al 44% della base pensionabile, mentre per ogni anno in più sino al decimo, “la pensione sarà aumentata del 3,60 per cento”.

Lo stesso art. 6 del d. L.vo n. 165/1997 ha ribadito che per tali soggetti, “il diritto alla pensione di anzianità si consegue, altresì, al raggiungimento della massima anzianità contributiva prevista dagli ordinamenti di appartenenza...” e ciò “in considerazione della specificità del rapporto di impiego e delle obiettive peculiarità ed esigenze dei rispettivi settori di attività”.

La medesima disposizione, per quanto riguarda le aliquote annue di rendimento, a far data dal 1° gennaio 1998, ha reso applicabile l’art. 17 della L. 724/1994, che le ha stabilite in misura pari al 2%.

Tutti i ricorrenti hanno prestato servizio nel Corpo degli Agenti di Custodia dai primi degli anni 80 e sino al gennaio 1991, allorquando sono divenuti, ex lege, dipendenti del Corpo della Polizia Penitenziaria, ad ordinamento civile e non più militare. Nei loro confronti, quindi, secondo la difesa, dovrebbero trovare applicazione le norme sopra citate, con conseguente calcolo della pensione sulla base delle aliquote di rendimento già previste dalla normativa di cui all’art. 6 della legge 1543 del 1963, sino al 1° gennaio 1998. Mentre per i periodi di servizio (e contributivi) successivi alla suddetta data l’aliquota annua di rendimento andrà rapportata a 2% annuo, in ragione del disposto del richiamato D. L.vo n. 165 del 1997.

Sono state pertanto formulate le seguenti conclusioni:

“accoglimento della domanda dei ricorrenti e conseguente accertamento del loro diritto alla riliquidazione del trattamento vitalizio secondo la normativa sopra citata (L. n° 1543 del 1963, D. Lgs.vo n° 443 del 1992, L. n° 335 del 1995 e D. Lgs.vo n° 165 del 1997, nonché art. 54 del DPR n° 1092 del 1973) e conseguente corresponsione delle somme arretrate dovute, oltre accessori di legge.

Con vittoria di spese da liquidarsi in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari”.

L’INPS, cui il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, risulta ritualmente notificato, non si è costituito in giudizio.

Con note d’udienza depositate in limine, l’avvocato Elena PETTINAU ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Nell’udienza del 21 novembre 2017, fissata per la discussione della causa, l’avvocato PETTINAU ha dichiarato di rinunciare all’azione con riguardo al ricorrente D., considerato che lo stesso, a differenza degli altri ricorrenti, ha visto la sua pensione liquidata interamente con il sistema retributivo.

In relazione al difetto di legittimazione passiva dell’INPS, prospettato dal giudice per ciò che concerne la posizione del ricorrente M., ha chiesto l’assegnazione di un termine per provvedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero della giustizia.

Per il resto, ha integralmente confermato le conclusioni formulate con gli atti scritti.

La causa è stata decisa con dispositivo letto in udienza per i motivi di seguito esposti in

DIRITTO

Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso del sig. A. M. per difetto di legittimazione passiva dell’INPS.

Come si evince dagli atti di causa, la pensione del ricorrente, cessato dal servizio dal 17 marzo 2004 (in data precedente, quindi, al passaggio all’INPDAP della competenza ad emettere il provvedimento pensionistico), è stata liquidata con decreto dell’amministrazione di provenienza, ovverosia il Ministero della giustizia.

Poiché l’oggetto del ricorso attiene esclusivamente alla corretta liquidazione del trattamento pensionistico, è di tutta evidenza che il legittimo contraddittore, non vocato in giudizio, avrebbe dovuto essere il Ministero della giustizia e non l’INPS. Né vi è spazio per accedere alla richiesta del difensore di assegnazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio, non vertendosi in un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra l’amministrazione convenuta e quella rimasta estranea al giudizio.

Sempre in via preliminare, non può essere ritenuta rituale la rinuncia all’azione dichiarata in udienza dall’avvocato PETTINAU con riguardo alla posizione del ricorrente D..

Come è noto, la rinuncia all’azione si configura come riconoscimento dell’infondatezza, nel merito, della domanda proposta ed è per questa ragione che, a differenza della rinuncia agli atti del giudizio, non necessita di accettazione della controparte.

Tuttavia, proprio perché implica disposizione del diritto controverso, il difensore che la dichiara deve essere munito di procura speciale che espressamente gli attribuisca il relativo potere.

Nel caso di specie, la procura rilasciata dai ricorrenti non contiene alcun riferimento a tale potere, non potendosi considerare idonea, al riguardo, la mera clausola di stile del conferimento di “ogni e più ampia facoltà di legge”.

Esaurite le questioni preliminari, può ora passarsi ad esaminare il merito della causa.

I ricorrenti sollecitano la riliquidazione delle rispettive pensioni mediante applicazione delle aliquote di rendimento previste dagli artt. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 e 6 della legge n. 1543/1963.

Va però osservato che le norme citate hanno contenuti dispositivi differenti.

La prima delle norme citate prevede infatti che “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo.

La percentuale di cui sopra è aumentata di 1,80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.

L’art. 6 della legge n. 1543/1963, dal suo canto, dispone che “la pensione [del personale di cui al comma 1, tra cui quello del Corpo degli agenti di custodia] è liquidata sulla base dell’importo complessivo dell’ultimo stipendio o paga e delle indennità pensionabili godute. Essa è ragguagliata, al compimento del ventesimo anno di servizio, al 44 per cento della base pensionabile come sopra determinata.

Per ciascun anno di servizio oltre il ventesimo e per non più di dieci anni successivamente compiuti, la pensione sarà aumentata del 3,60 per cento”.

Ad avviso della Sezione, la disposizione applicabile ai ricorrenti è la seconda.

Va detto che tutti i ricorrenti hanno iniziato a prestare servizio nel Corpo degli agenti di custodia, ad ordinamento militare, poi disciolto e trasformato nel Corpo di polizia penitenziaria, ad ordinamento civile, con D. L.vo 30/10/1992, n. 443.

Tale decreto ha preso in considerazione e disciplinato la posizione di coloro che, come i ricorrenti, sono transitati, senza soluzione di continuità, dall’originario Corpo degli agenti di custodia a quello di nuova istituzione.

Per quanto interessa la liquidazione del trattamento pensionistico di tale personale, l’art. 73 (espressamente intitolato “Trattamento pensionistico nella fase di transizione”), al comma 3, dispone che “al personale proveniente dai ruoli del disciolto Corpo degli agenti di custodia continua ad applicarsi l’articolo 6 della legge 3 novembre 1963, n. 1543”.

Nonostante la chiarezza di tale disposizione, deve rilevarsi che l’INPS ha invece erroneamente applicato a tutti i ricorrenti l’aliquota prevista dall’art. 44 del d.P.R. n. 1092/1973 per il personale civile, ovverosia 35% per i primi quindici anni di servizio e 1,80% per ogni anno ulteriore.

Tale circostanza, tuttavia, ha determinato, per tutti gli interessati (tranne, come si vedrà, il D.), la liquidazione di una pensione di importo superiore a quella spettante.

Al riguardo, va osservato che le pensioni in questione sono state tutte calcolate (tranne quella del D.), con il cd. sistema misto (retributivo/contributivo). Ciò in quanto nessuno degli interessati aveva, alla data del 31 dicembre 1995 (art. 1, comma 13 legge n. 335/1995), un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni, per cui il loro trattamento di quiescenza è stato liquidato secondo il sistema delle quote di cui al precedente comma 12 della disposizione citata.

Ne deriva, come è evidente, che l’aliquota di rendimento applicata ha avuto incidenza esclusivamente sulla quota liquidata con il sistema retributivo, relativo all’anzianità contributiva maturata sino al 31 dicembre 1995.

Del pari evidente è che, essendo l’anzianità maturata alla stessa data dai ricorrenti inferiore a quella di venti anni di cui al cit. art. 6 l. n. 1543/1963, l’aliquota applicabile sarà una frazione di quella del 44% prevista dalla suddetta disposizione, rapportata all’anzianità di ciascuno.

Con specifico riguardo alle singole posizioni, si ha quindi questa situazione:

1) P.S.

- anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 anni 16 e mesi 8, aliquota applicata dall’INPS 38%, aliquota spettante 2,2% x 16 = 35,2% + (8/12 di 2,2) 1,466% = 36,666%;

2) G. M. P.

- anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 anni 16 e mesi 9, aliquota applicata dall’INPS 38,150 %, aliquota spettante 2,2% x 16 = 35,2% + (9/12 di 2,2) 1,65% = 36,85%;

3) S. P.

- anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 anni 15 e mesi 6, aliquota applicata dall’INPS 35,90%, aliquota spettante 2,2% x 15 = 33% + (6/12 di 2,2) 1,1% = 34,10%.

Come si può notare, per effetto dell’errore commesso dall’INPS, le aliquote applicate sono state superiori a quelle corrette. Il che determina l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire (art. 100 c.p.c.; art. 7, comma 2 CGC).

Nel caso del ricorrente D., la pensione è stata liquidata interamente con il sistema retributivo, avendo egli maturato, alla data del 31 dicembre 1995, un’anzianità contributiva di anni 18 e mesi 4.

L’anzianità contributiva alla cessazione (13 novembre 2005) è stata di complessivi anni 30 e mesi 5.

Come è noto, e come è stato sottolineato nello stesso ricorso, a partire dal 1° gennaio 1998, l’aliquota di rendimento del personale in questione è stata portata al 2% annuo (v. art. 8 d. l.vo n. 165/1997).

Per l’effetto, in relazione alla sopra definita anzianità complessiva, l’aliquota correttamente applicabile era del 47,60 (ex art. 6 l. 1543/1963 sino al 31 dicembre 1997, anzianità 21 anni) + 18,83333 (2% per i restanti anni 9 e mesi 5) = 66,43333% a fronte di quella del 66,133% applicata dall’INPS.

Tale aliquota va suddivisa nei vari periodi da considerare ai fini del calcolo della pensione.

Per il primo periodo (sino al 31 dicembre 1992), l’aliquota è determinata in 32,816% in relazione ad un’anzianità di anni 14 e mesi 11.

La relativa quota di pensione ammonta quindi a euro 28.606 (base pensionabile) x 0,32816 = 9.387,34.

La seconda quota di pensione è la sommatoria di due valori.

Il primo si ottiene con riguardo all’anzianità di servizio tra il 31 dicembre 1992 e il 31 dicembre 1997, il cui coefficiente è dato dalla differenza tra il coefficiente al 31 dicembre 1997 (0,476) e quello di cui sopra (0,32816), ovverosia 0,14784, che moltiplicato per la base pensionabile (26.869,65) dà euro 3.972,41.

Il secondo valore è calcolato applicando alla base pensionabile (26.869,65) la differenza tra il coefficiente di rendimento globale (0,66433) e quello relativo al servizio prestato sino al 31 dicembre 1997 (0,476), ovverosia 0,18833, che dà un risultato di euro 5.060,36.

La sommatoria dei due valori è pertanto di euro 9.032,77.

La pensione (al netto della voce di cui appresso) va quindi ricalcolata in euro 9.387,34 + 9.032,77 = 18.420,11 (contro 18.374,06 liquidata dall’INPS)

Per quanto riguarda poi la maggiorazione applicata dall’INPS (ai sensi dell’art. 4 d. l.vo n. 165/1997), sulla base di euro 2.738,00 trova applicazione il coefficiente di 0,66433 (in luogo di quello applicato dall’INPS di 0,66133), da cui si ottiene euro 1.818,94 (contro 1.810,72 calcolato dall’INPS).

L’importo corretto della pensione spettante al D. è quindi di euro 18.420,11 + 1.818,94 = 20.239,05 (a fronte di quella liquidata dall’INPS di euro 20.184,78).

Sugli arretrati spettanti per effetto dell’accoglimento del ricorso competono al D. gli accessori, ovvero gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, la seconda per la sola parte eventualmente eccedente l’importo dei primi, calcolati con decorrenza dalla scadenza di ciascun rateo di pensione e sino al pagamento degli arretrati stessi.

L’accoglimento parziale del ricorso giustifica la compensazione delle spese.

PER QUESTI MOTIVI

la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, definitivamente pronunciando:

1) dichiara inammissibile il ricorso di A. M. per difetto di legittimazione passiva dell’INPS;

2) dichiara inammissibile il ricorso di P. S., G. M. P.e S. P. per difetto di interesse ad agire;

3) accoglie il ricorso di L. D. e, per l’effetto, accerta il diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione nella misura di euro 20.239,05, con diritto agli arretrati, aumentati di interessi legali e rivalutazione monetaria, quest’ultima limitatamente all’importo eventualmente eccedente quello degli interessi, da calcolarsi con decorrenza dalla scadenza dei maggiori ratei mensili dovuti e sino alla data del pagamento degli arretrati.

Spese compensate.

Per il deposito della sentenza è fissato il termine di cinquanta giorni dalla data dell’udienza.

Così deciso in Cagliari, nell’udienza del 21 novembre 2017.

Il Giudice unico

f.to Antonio Marco CANU



Depositata in Segreteria il 18 dicembre 2017.

Il Dirigente

f.to Giuseppe Mullano


avt8
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Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

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naturopata ha scritto:REPUBBLICA ITALIANA Sent. n. 161/2017

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

LA CORTE DEI CONTI

SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA

pronuncia la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 24037 del registro di Segreteria, proposto da

P. S., nato a Omissis il Omissis

G. M. P., nato a Omissis il Omissis

S. P., nato a Omissis il Omissis

A. M., nato a Omissis il Omissis

L. D., nato a Omissis il Omissis

tutti rappresentati e difesi dagli avvocati Andrea PETTINAU e Elena PETTINAU, presso lo studio dei quali in Cagliari, piazza Gramsci 18 sono elettivamente domiciliati

RICORRENTI

contro

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (INPS), Gestione Dipendenti Pubblici, non costituito

RESISTENTE

Udita, nell’udienza pubblica del 21 novembre 2017, l’avvocato Elena PETTINAU per i ricorrenti. Non comparso né costituito l’INPS.

MOTIVI DELLA DECISIONE

FATTO

Come esposto nell’atto introduttivo del giudizio, tutti i ricorrenti hanno prestato servizio nell’ex Corpo degli Agenti di Custodia e, precisamente, P. S. dal 12/02/1982 e sino al 1° marzo 2012, G. M. P. dal 5/01/1982 e sino al 4/05/2015, S. P. dal 06/01/1983 al 27/09/2014, A. M. dal 05/05/1981 e sino al 17/03/2004, L. D. dal 4/05/1981 al 13/11/2005. Conseguentemente i medesimi hanno ottenuto dall’Istituto Previdenziale il relativo trattamento vitalizio.

Successivamente, in data 15/02/2016, i ricorrenti hanno inoltrato all’INPS istanza, ex lege 241/1990, di riliquidazione del proprio trattamento sulla scorta del dettato di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092 del 1973. Il riscontro dell’INPS, peraltro, è stato negativo, essendo stato confermato l’importo delle pensioni già erogate.

Secondo quanto precisato dall’INPS, la norma richiamata non sarebbe applicabile ai pensionati del Corpo di Polizia Penitenziaria, ma esclusivamente al personale ex militare, stante l’assenza di richiami normativi espressi.

Ad avviso dei ricorrenti, la tesi dell’INPS sarebbe errata.

Al riguardo, si osserva che al personale proveniente dal disciolto Corpo degli agenti di custodia, in virtù del Decreto Legislativo n. 443 del 1992, art. 73, commi 3 e 4, per la determinazione della massima anzianità contributiva, continua ad applicarsi l’art. 6 della L. n. 1543 del 1963.

Secondo tale disposizione, il massimo della pensione − per tale personale – si consegue al raggiungimento di trenta anni di servizio utile e l’importo della pensione, calcolato sulla base dell’ultimo stipendio (complessivo), è ragguagliato, al compimento dei venti anni di servizio, al 44% della base pensionabile, mentre per ogni anno in più sino al decimo, “la pensione sarà aumentata del 3,60 per cento”.

Lo stesso art. 6 del d. L.vo n. 165/1997 ha ribadito che per tali soggetti, “il diritto alla pensione di anzianità si consegue, altresì, al raggiungimento della massima anzianità contributiva prevista dagli ordinamenti di appartenenza...” e ciò “in considerazione della specificità del rapporto di impiego e delle obiettive peculiarità ed esigenze dei rispettivi settori di attività”.

La medesima disposizione, per quanto riguarda le aliquote annue di rendimento, a far data dal 1° gennaio 1998, ha reso applicabile l’art. 17 della L. 724/1994, che le ha stabilite in misura pari al 2%.

Tutti i ricorrenti hanno prestato servizio nel Corpo degli Agenti di Custodia dai primi degli anni 80 e sino al gennaio 1991, allorquando sono divenuti, ex lege, dipendenti del Corpo della Polizia Penitenziaria, ad ordinamento civile e non più militare. Nei loro confronti, quindi, secondo la difesa, dovrebbero trovare applicazione le norme sopra citate, con conseguente calcolo della pensione sulla base delle aliquote di rendimento già previste dalla normativa di cui all’art. 6 della legge 1543 del 1963, sino al 1° gennaio 1998. Mentre per i periodi di servizio (e contributivi) successivi alla suddetta data l’aliquota annua di rendimento andrà rapportata a 2% annuo, in ragione del disposto del richiamato D. L.vo n. 165 del 1997.

Sono state pertanto formulate le seguenti conclusioni:

“accoglimento della domanda dei ricorrenti e conseguente accertamento del loro diritto alla riliquidazione del trattamento vitalizio secondo la normativa sopra citata (L. n° 1543 del 1963, D. Lgs.vo n° 443 del 1992, L. n° 335 del 1995 e D. Lgs.vo n° 165 del 1997, nonché art. 54 del DPR n° 1092 del 1973) e conseguente corresponsione delle somme arretrate dovute, oltre accessori di legge.

Con vittoria di spese da liquidarsi in favore dei procuratori dichiaratisi antistatari”.

L’INPS, cui il ricorso, unitamente al decreto di fissazione dell’udienza, risulta ritualmente notificato, non si è costituito in giudizio.

Con note d’udienza depositate in limine, l’avvocato Elena PETTINAU ha insistito per l’accoglimento del ricorso.

Nell’udienza del 21 novembre 2017, fissata per la discussione della causa, l’avvocato PETTINAU ha dichiarato di rinunciare all’azione con riguardo al ricorrente D., considerato che lo stesso, a differenza degli altri ricorrenti, ha visto la sua pensione liquidata interamente con il sistema retributivo.

In relazione al difetto di legittimazione passiva dell’INPS, prospettato dal giudice per ciò che concerne la posizione del ricorrente M., ha chiesto l’assegnazione di un termine per provvedere all’integrazione del contraddittorio nei confronti del Ministero della giustizia.

Per il resto, ha integralmente confermato le conclusioni formulate con gli atti scritti.

La causa è stata decisa con dispositivo letto in udienza per i motivi di seguito esposti in

DIRITTO

Preliminarmente, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso del sig. A. M. per difetto di legittimazione passiva dell’INPS.

Come si evince dagli atti di causa, la pensione del ricorrente, cessato dal servizio dal 17 marzo 2004 (in data precedente, quindi, al passaggio all’INPDAP della competenza ad emettere il provvedimento pensionistico), è stata liquidata con decreto dell’amministrazione di provenienza, ovverosia il Ministero della giustizia.

Poiché l’oggetto del ricorso attiene esclusivamente alla corretta liquidazione del trattamento pensionistico, è di tutta evidenza che il legittimo contraddittore, non vocato in giudizio, avrebbe dovuto essere il Ministero della giustizia e non l’INPS. Né vi è spazio per accedere alla richiesta del difensore di assegnazione di un termine per l’integrazione del contraddittorio, non vertendosi in un’ipotesi di litisconsorzio necessario tra l’amministrazione convenuta e quella rimasta estranea al giudizio.

Sempre in via preliminare, non può essere ritenuta rituale la rinuncia all’azione dichiarata in udienza dall’avvocato PETTINAU con riguardo alla posizione del ricorrente D..

Come è noto, la rinuncia all’azione si configura come riconoscimento dell’infondatezza, nel merito, della domanda proposta ed è per questa ragione che, a differenza della rinuncia agli atti del giudizio, non necessita di accettazione della controparte.

Tuttavia, proprio perché implica disposizione del diritto controverso, il difensore che la dichiara deve essere munito di procura speciale che espressamente gli attribuisca il relativo potere.

Nel caso di specie, la procura rilasciata dai ricorrenti non contiene alcun riferimento a tale potere, non potendosi considerare idonea, al riguardo, la mera clausola di stile del conferimento di “ogni e più ampia facoltà di legge”.

Esaurite le questioni preliminari, può ora passarsi ad esaminare il merito della causa.

I ricorrenti sollecitano la riliquidazione delle rispettive pensioni mediante applicazione delle aliquote di rendimento previste dagli artt. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 e 6 della legge n. 1543/1963.

Va però osservato che le norme citate hanno contenuti dispositivi differenti.

La prima delle norme citate prevede infatti che “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo.

La percentuale di cui sopra è aumentata di 1,80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.

L’art. 6 della legge n. 1543/1963, dal suo canto, dispone che “la pensione [del personale di cui al comma 1, tra cui quello del Corpo degli agenti di custodia] è liquidata sulla base dell’importo complessivo dell’ultimo stipendio o paga e delle indennità pensionabili godute. Essa è ragguagliata, al compimento del ventesimo anno di servizio, al 44 per cento della base pensionabile come sopra determinata.

Per ciascun anno di servizio oltre il ventesimo e per non più di dieci anni successivamente compiuti, la pensione sarà aumentata del 3,60 per cento”.

Ad avviso della Sezione, la disposizione applicabile ai ricorrenti è la seconda.

Va detto che tutti i ricorrenti hanno iniziato a prestare servizio nel Corpo degli agenti di custodia, ad ordinamento militare, poi disciolto e trasformato nel Corpo di polizia penitenziaria, ad ordinamento civile, con D. L.vo 30/10/1992, n. 443.

Tale decreto ha preso in considerazione e disciplinato la posizione di coloro che, come i ricorrenti, sono transitati, senza soluzione di continuità, dall’originario Corpo degli agenti di custodia a quello di nuova istituzione.

Per quanto interessa la liquidazione del trattamento pensionistico di tale personale, l’art. 73 (espressamente intitolato “Trattamento pensionistico nella fase di transizione”), al comma 3, dispone che “al personale proveniente dai ruoli del disciolto Corpo degli agenti di custodia continua ad applicarsi l’articolo 6 della legge 3 novembre 1963, n. 1543”.

Nonostante la chiarezza di tale disposizione, deve rilevarsi che l’INPS ha invece erroneamente applicato a tutti i ricorrenti l’aliquota prevista dall’art. 44 del d.P.R. n. 1092/1973 per il personale civile, ovverosia 35% per i primi quindici anni di servizio e 1,80% per ogni anno ulteriore.

Tale circostanza, tuttavia, ha determinato, per tutti gli interessati (tranne, come si vedrà, il D.), la liquidazione di una pensione di importo superiore a quella spettante.

Al riguardo, va osservato che le pensioni in questione sono state tutte calcolate (tranne quella del D.), con il cd. sistema misto (retributivo/contributivo). Ciò in quanto nessuno degli interessati aveva, alla data del 31 dicembre 1995 (art. 1, comma 13 legge n. 335/1995), un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni, per cui il loro trattamento di quiescenza è stato liquidato secondo il sistema delle quote di cui al precedente comma 12 della disposizione citata.

Ne deriva, come è evidente, che l’aliquota di rendimento applicata ha avuto incidenza esclusivamente sulla quota liquidata con il sistema retributivo, relativo all’anzianità contributiva maturata sino al 31 dicembre 1995.

Del pari evidente è che, essendo l’anzianità maturata alla stessa data dai ricorrenti inferiore a quella di venti anni di cui al cit. art. 6 l. n. 1543/1963, l’aliquota applicabile sarà una frazione di quella del 44% prevista dalla suddetta disposizione, rapportata all’anzianità di ciascuno.

Con specifico riguardo alle singole posizioni, si ha quindi questa situazione:

1) P.S.

- anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 anni 16 e mesi 8, aliquota applicata dall’INPS 38%, aliquota spettante 2,2% x 16 = 35,2% + (8/12 di 2,2) 1,466% = 36,666%;

2) G. M. P.

- anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 anni 16 e mesi 9, aliquota applicata dall’INPS 38,150 %, aliquota spettante 2,2% x 16 = 35,2% + (9/12 di 2,2) 1,65% = 36,85%;

3) S. P.

- anzianità contributiva al 31 dicembre 1995 anni 15 e mesi 6, aliquota applicata dall’INPS 35,90%, aliquota spettante 2,2% x 15 = 33% + (6/12 di 2,2) 1,1% = 34,10%.

Come si può notare, per effetto dell’errore commesso dall’INPS, le aliquote applicate sono state superiori a quelle corrette. Il che determina l’inammissibilità del ricorso per carenza di interesse ad agire (art. 100 c.p.c.; art. 7, comma 2 CGC).

Nel caso del ricorrente D., la pensione è stata liquidata interamente con il sistema retributivo, avendo egli maturato, alla data del 31 dicembre 1995, un’anzianità contributiva di anni 18 e mesi 4.

L’anzianità contributiva alla cessazione (13 novembre 2005) è stata di complessivi anni 30 e mesi 5.

Come è noto, e come è stato sottolineato nello stesso ricorso, a partire dal 1° gennaio 1998, l’aliquota di rendimento del personale in questione è stata portata al 2% annuo (v. art. 8 d. l.vo n. 165/1997).

Per l’effetto, in relazione alla sopra definita anzianità complessiva, l’aliquota correttamente applicabile era del 47,60 (ex art. 6 l. 1543/1963 sino al 31 dicembre 1997, anzianità 21 anni) + 18,83333 (2% per i restanti anni 9 e mesi 5) = 66,43333% a fronte di quella del 66,133% applicata dall’INPS.

Tale aliquota va suddivisa nei vari periodi da considerare ai fini del calcolo della pensione.

Per il primo periodo (sino al 31 dicembre 1992), l’aliquota è determinata in 32,816% in relazione ad un’anzianità di anni 14 e mesi 11.

La relativa quota di pensione ammonta quindi a euro 28.606 (base pensionabile) x 0,32816 = 9.387,34.

La seconda quota di pensione è la sommatoria di due valori.

Il primo si ottiene con riguardo all’anzianità di servizio tra il 31 dicembre 1992 e il 31 dicembre 1997, il cui coefficiente è dato dalla differenza tra il coefficiente al 31 dicembre 1997 (0,476) e quello di cui sopra (0,32816), ovverosia 0,14784, che moltiplicato per la base pensionabile (26.869,65) dà euro 3.972,41.

Il secondo valore è calcolato applicando alla base pensionabile (26.869,65) la differenza tra il coefficiente di rendimento globale (0,66433) e quello relativo al servizio prestato sino al 31 dicembre 1997 (0,476), ovverosia 0,18833, che dà un risultato di euro 5.060,36.

La sommatoria dei due valori è pertanto di euro 9.032,77.

La pensione (al netto della voce di cui appresso) va quindi ricalcolata in euro 9.387,34 + 9.032,77 = 18.420,11 (contro 18.374,06 liquidata dall’INPS)

Per quanto riguarda poi la maggiorazione applicata dall’INPS (ai sensi dell’art. 4 d. l.vo n. 165/1997), sulla base di euro 2.738,00 trova applicazione il coefficiente di 0,66433 (in luogo di quello applicato dall’INPS di 0,66133), da cui si ottiene euro 1.818,94 (contro 1.810,72 calcolato dall’INPS).

L’importo corretto della pensione spettante al D. è quindi di euro 18.420,11 + 1.818,94 = 20.239,05 (a fronte di quella liquidata dall’INPS di euro 20.184,78).

Sugli arretrati spettanti per effetto dell’accoglimento del ricorso competono al D. gli accessori, ovvero gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, la seconda per la sola parte eventualmente eccedente l’importo dei primi, calcolati con decorrenza dalla scadenza di ciascun rateo di pensione e sino al pagamento degli arretrati stessi.

L’accoglimento parziale del ricorso giustifica la compensazione delle spese.

PER QUESTI MOTIVI

la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, definitivamente pronunciando:

1) dichiara inammissibile il ricorso di A. M. per difetto di legittimazione passiva dell’INPS;

2) dichiara inammissibile il ricorso di P. S., G. M. P.e S. P. per difetto di interesse ad agire;

3) accoglie il ricorso di L. D. e, per l’effetto, accerta il diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione nella misura di euro 20.239,05, con diritto agli arretrati, aumentati di interessi legali e rivalutazione monetaria, quest’ultima limitatamente all’importo eventualmente eccedente quello degli interessi, da calcolarsi con decorrenza dalla scadenza dei maggiori ratei mensili dovuti e sino alla data del pagamento degli arretrati.

Spese compensate.

Per il deposito della sentenza è fissato il termine di cinquanta giorni dalla data dell’udienza.

Così deciso in Cagliari, nell’udienza del 21 novembre 2017.

Il Giudice unico

f.to Antonio Marco CANU



Depositata in Segreteria il 18 dicembre 2017.

Il Dirigente

f.to Giuseppe Mullano

Il Giudice ha accolto il ricorso solo ed esclusivamente nella parte in cui l'amministrazione ha errato per un anno a calcolare la pensione invece di dare anche nel 1997 il 3.60 ha dato in detto anno 1,80-
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Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

Messaggio da naturopata »

Si ok, ma il Giudice afferma che: Nonostante la chiarezza di tale disposizione, deve rilevarsi che l’INPS ha invece erroneamente applicato a tutti i ricorrenti l’aliquota prevista dall’art. 44 del d.P.R. n. 1092/1973 per il personale civile, ovverosia 35% per i primi quindici anni di servizio e 1,80% per ogni anno ulteriore.
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Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

Messaggio da antoniope »

Ha ragione avt., sennò quello che ha ricorso in Lombardia per l'art.54, che la Corte dei Conti ha respinto (n.95 del 27/6/2017) è più sfigato di quello della Sardegna?? Leggi bene la sentenza naturopata........non sparare subito i botti.............a Capodanno mancano ancora molti giorni.
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Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

Messaggio da naturopata »

antoniope ha scritto:Ha ragione avt., sennò quello che ha ricorso in Lombardia per l'art.54, che la Corte dei Conti ha respinto (n.95 del 27/6/2017) è più sfigato di quello della Sardegna?? Leggi bene la sentenza naturopata........non sparare subito i botti.............a Capodanno mancano ancora molti giorni.
No comment. Ragazzo, evidentemente tu non sai come funziona la giustizia in Italia e ti consiglio di studiare.
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Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

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Visto che Natale si avvicina, sono buono e faccio vedere ad antiope come io utilizzerei questa sentenza:


il Giudice afferma che: Nonostante la chiarezza di tale disposizione, deve rilevarsi che l’INPS ha invece erroneamente applicato a tutti i ricorrenti l’aliquota prevista dall’art. 44 del d.P.R. n. 1092/1973 per il personale civile, ovverosia 35% per i primi quindici anni di servizio e 1,80% per ogni anno ulteriore.



Si parte da queste semplici righe e io non ho dovuto leggere altro.

Poi: Del pari evidente è che, essendo l’anzianità maturata alla stessa data dai ricorrenti inferiore a quella di venti anni di cui al cit. art. 6 l. n. 1543/1963, l’aliquota applicabile sarà una frazione di quella del 44% prevista dalla suddetta disposizione, rapportata all’anzianità di ciascuno.

AVT8 dice: Il Giudice ha accolto il ricorso solo ed esclusivamente nella parte in cui l'amministrazione ha errato per un anno a calcolare la pensione invece di dare anche nel 1997 il 3.60 ha dato in detto anno 1,80-

Anche questo è giusto ma da cosa è scaturito questo errore? Da quello che ha affermato il Giudice sopra.

Art. 44.- Misura del trattamento normale.
La pensione spettante al personale civile con l'anzianità di quindici anni di servizio effettivo
è pari al 35 per cento della base pensionabile; detta percentuale è aumentata di 1,80 per
ogni ulteriore anno di servizio utile fino a raggiungere il massimo dell'ottanta per cento
.

Art. 54.- Misura del trattamento normale.
La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di
venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto
disposto nel penultimo comma del presente articolo.
La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il
ventesimo...............
Per i sottufficiali e gli appuntati dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di
finanza e per i sottufficiali e i militari di truppa del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza
e del Corpo degli agenti di custodia si considera la percentuale di aumento del 3,60.


Quindi, come è evidente, l'unico articolo che prevede il 44% ed il 3,6% e non 1,8% è il 54 che poi viene richiamato nell'art. L’art. 6 della legge n. 1543/1963 che, dal suo canto, dispone che “la pensione [del personale di cui al comma 1, tra cui quello del Corpo degli agenti di custodia] è liquidata sulla base dell’importo complessivo dell’ultimo stipendio o paga e delle indennità pensionabili godute. Essa è ragguagliata, al compimento del ventesimo anno di servizio, al 44 per cento della base pensionabile come sopra determinata.

Per ciascun anno di servizio oltre il ventesimo e per non più di dieci anni successivamente compiuti, la pensione sarà aumentata del 3,60 per cento”.

Ad avviso della Sezione, la disposizione applicabile ai ricorrenti è la seconda.(che poi è identica all'art. 54)


Sul fatto poi della sentenza 95/2017 lombardia, la conosco molto bene. Tutto dipende sempre da chi è il GUP, come viene fatto il ricorso e come viene controdedotto. Magari in questo della Sardegna, l'INPS non ha citato la sentenza della Lombardia che, altrimenti e probabilmente non avrebbe trovato accoglimento anche quel singolo anno al 3,6%. Il GUP Lombardia ha iniziato con orientamento negativo per le più svariate motivazioni e con questa Sardegna si è creato già un contrasto in termini di diritto perché al collega non doveva applicarsi il 3,6 di cui all'art. 54, ma sempre l'1,8 di cui all'art. 44, non è che applichi prima il 44 e per l'eccedenza il 54.
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Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

Messaggio da antoniope »

Allora questi Giudici confondono le aliquote da applicare tra il personale civile e quello militare.......andiamo proprio bene.
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Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

Messaggio da avt8 »

antoniope ha scritto:Allora questi Giudici confondono le aliquote da applicare tra il personale civile e quello militare.......andiamo proprio bene.

La sentenza verte esclusivamente sul calcolo della percentuale di ogni anni- In questo caso al dipendente della Polizia penitenziaria, oltre il 15 anno e stato applicato l'1.80 % e non il 3.60- e comunque con 20 anni si raggiunge sempre il 44 % ,per cui non ha nulla a che vedere con la storia che qualcuno va avanti da due anni-Il 44% si applica solo esclusivamente se si viene riformato con meno di 20 anni.
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Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

Messaggio da antoniope »

avt8 ha scritto:
antoniope ha scritto:Allora questi Giudici confondono le aliquote da applicare tra il personale civile e quello militare.......andiamo proprio bene.

La sentenza verte esclusivamente sul calcolo della percentuale di ogni anni- In questo caso al dipendente della Polizia penitenziaria, oltre il 15 anno e stato applicato l'1.80 % e non il 3.60- e comunque con 20 anni si raggiunge sempre il 44 %, per cui non ha nulla a che vedere con la storia che qualcuno va avanti da due anni-Il 44% si applica solo esclusivamente se si viene riformato con meno di 20 anni.

Sono d'accordo con te.
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Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

Messaggio da panorama »

- ) - tutti i ricorrenti hanno prestato servizio nell’ex Corpo degli Agenti di Custodia ( L. D. dal 4/05/1981 al 13/11/2005, quindi per 24 anni e mezzo ).

La Corte precisa ( riguardo al ricorrente "D" unico vincitore):

1) - l’avvocato PETTINAU ha dichiarato di rinunciare all’azione con riguardo al ricorrente D., considerato che lo stesso, a differenza degli altri ricorrenti, ha visto la sua pensione liquidata interamente con il sistema retributivo.

2) - Sempre in via preliminare, non può essere ritenuta rituale la rinuncia all’azione dichiarata in udienza dall’avvocato PETTINAU con riguardo alla posizione del ricorrente D..

3) - I ricorrenti sollecitano la riliquidazione delle rispettive pensioni mediante applicazione delle aliquote di rendimento previste dagli artt. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 e 6 della legge n. 1543/1963.

4) - Va però osservato che le norme citate hanno contenuti dispositivi differenti.

5) - La prima delle norme citate prevede infatti che “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo.
La percentuale di cui sopra è aumentata di 1,80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.

6) - L’art. 6 della legge n. 1543/1963, dal suo canto, dispone che “la pensione [del personale di cui al comma 1, tra cui quello del Corpo degli agenti di custodia] è liquidata sulla base dell’importo complessivo dell’ultimo stipendio o paga e delle indennità pensionabili godute. Essa è ragguagliata, al compimento del ventesimo anno di servizio, al 44 per cento della base pensionabile come sopra determinata.
Per ciascun anno di servizio oltre il ventesimo e per non più di dieci anni successivamente compiuti, la pensione sarà aumentata del 3,60 per cento”.

7) - Ad avviso della Sezione, la disposizione applicabile ai ricorrenti è la seconda.

8) - Va detto che tutti i ricorrenti hanno iniziato a prestare servizio nel Corpo degli agenti di custodia, ad ordinamento militare, poi disciolto e trasformato nel Corpo di polizia penitenziaria, ad ordinamento civile, con D. L.vo 30/10/1992, n. 443.

9) - Tale decreto ha preso in considerazione e disciplinato la posizione di coloro che, come i ricorrenti, sono transitati, senza soluzione di continuità, dall’originario Corpo degli agenti di custodia a quello di nuova istituzione.

10) - Per quanto interessa la liquidazione del trattamento pensionistico di tale personale, l’art. 73 (espressamente intitolato “Trattamento pensionistico nella fase di transizione”), al comma 3, dispone che “al personale proveniente dai ruoli del disciolto Corpo degli agenti di custodia continua ad applicarsi l’articolo 6 della legge 3 novembre 1963, n. 1543”.

11) - Nonostante la chiarezza di tale disposizione, deve rilevarsi che l’INPS ha invece erroneamente applicato a tutti i ricorrenti l’aliquota prevista dall’art. 44 del d.P.R. n. 1092/1973 per il personale civile, ovverosia 35% per i primi quindici anni di servizio e 1,80% per ogni anno ulteriore.

12) - Tale circostanza, tuttavia, ha determinato, per tutti gli interessati (tranne, come si vedrà, il D.), la liquidazione di una pensione di importo superiore a quella spettante.

13) - Al riguardo, va osservato che le pensioni in questione sono state tutte calcolate (tranne quella del D.), con il cd. sistema misto (retributivo/contributivo). Ciò in quanto nessuno degli interessati aveva, alla data del 31 dicembre 1995 (art. 1, comma 13 legge n. 335/1995), un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni, per cui il loro trattamento di quiescenza è stato liquidato secondo il sistema delle quote di cui al precedente comma 12 della disposizione citata.

14) - Nel caso del ricorrente D., la pensione è stata liquidata interamente con il sistema retributivo, avendo egli maturato, alla data del 31 dicembre 1995, un’anzianità contributiva di anni 18 e mesi 4.

15) - L’anzianità contributiva alla cessazione (13 novembre 2005) è stata di complessivi anni 30 e mesi 5.

15 - BIS - (N.B.: i conti riguardo a "D" non tornano, perchè dal 4/05/1981 alla data del 31 dicembre 1995, come fa ad avere un’anzianità contributiva di anni 18 e mesi 4)?? Sarà che forse contano anche gli anni riscattati di 1/5 ??

- P.S. rileggi il 15 - BIS

16) L’importo corretto della pensione spettante al D. è quindi di euro 18.420,11 + 1.818,94 = 20.239,05 (a fronte di quella liquidata dall’INPS di euro 20.184,78).

17) - Sugli arretrati spettanti per effetto dell’accoglimento del ricorso competono al D. .......

PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, definitivamente pronunciando:
1) Omissis;
2) Omissis;
3) accoglie il ricorso di L. D. e, per l’effetto, accerta il diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione nella misura di euro 20.239,05,


N.B.: cortesemente evitate di copiare tutto il testo suindicato in caso di commento.
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Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

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N.B.: I ricorrenti, in parte un tempo erano Militari e per l'altra parte erano civili.
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Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

Messaggio da naturopata »

panorama ha scritto:N.B.: I ricorrenti, in parte un tempo erano Militari e per l'altra parte erano civili.
Esatto, però la Legge dice questo:
Per quanto interessa la liquidazione del trattamento pensionistico di tale personale, l’art. 73 (espressamente intitolato “Trattamento pensionistico nella fase di transizione”), al comma 3, dispone che “al personale proveniente dai ruoli del disciolto Corpo degli agenti di custodia continua ad applicarsi l’articolo 6 della legge 3 novembre 1963, n. 1543”.

Ovvero:

L’art. 6 della legge n. 1543/1963, dal suo canto, dispone che “la pensione [del personale di cui al comma 1, tra cui quello del Corpo degli agenti di custodia] è liquidata sulla base dell’importo complessivo dell’ultimo stipendio o paga e delle indennità pensionabili godute. Essa è ragguagliata, al compimento del ventesimo anno di servizio, al 44 per cento della base pensionabile come sopra determinata.
Per ciascun anno di servizio oltre il ventesimo e per non più di dieci anni successivamente compiuti, la pensione sarà aumentata del 3,60 per cento”.

Art. 54:

Art. 54.- Misura del trattamento normale.
La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di
venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto
disposto nel penultimo comma del presente articolo.
La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il
ventesimo...............
Per i sottufficiali e gli appuntati dell'Arma dei carabinieri e del Corpo della guardia di
finanza e per i sottufficiali e i militari di truppa del Corpo delle guardie di pubblica sicurezza
e del Corpo degli agenti di custodia si considera la percentuale di aumento del 3,60.



Il fatto è che il 3,60% viene applicato ai soli militari e dopo il 20 anno di servizio ed è previsto solo dall'art.54 e da questo art. 6 lex 1543/1963.
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Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

Messaggio da guidoreni »

Checchè se ne dica, ( è un dato oggettivo) questa sentenza smentisce molti pseudo-esperti di diritto. E' chiaramente una sentenza estremamente importante, che di fatto evidenzia quantomeno un conflitto di giudizio tra i vari collegi giudicanti. In sintesi: si riaprono i giochi per tutti coloro che arruolatisi con le "stellette" ,sono transitati indipendentemente dalla loro volontà, in corpi civili dello stato. Buon Natale a tutti.
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Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

Messaggio da naturopata »

guidoreni ha scritto:Checchè se ne dica, ( è un dato oggettivo) questa sentenza smentisce molti pseudo-esperti di diritto. E' chiaramente una sentenza estremamente importante, che di fatto evidenzia quantomeno un conflitto di giudizio tra i vari collegi giudicanti. In sintesi: si riaprono i giochi per tutti coloro che arruolatisi con le "stellette" ,sono transitati indipendentemente dalla loro volontà, in corpi civili dello stato. Buon Natale a tutti.
Niente di più vero. Senza entrare ancora troppo nello specifico, altrimenti i legali cosa ci stanno a fare, secondo la sentenza Lombardia chi ha 20 anni ha il 44% e rientra nell'art 54 (militari e forze di polizia), chi più di 20 rientrerebbe nell'art 44 (civili, pur essendo militare). Quella è una sentenza da volponi e il legale di parte ricorrente non ha saputo ben controbattere le argomentazioni dell'INPS, sposate dal GUP, perché non contrastate adeguatamente, anzi per nulla.

Caso di scuola: faccio 20 e 6 mesi rientro nell'art. 54 e magari dico, cacchio per un giorno avrei "guadagnato" un anno e mi becco il 44%;

faccio 20, 6 mesi e un giorno (quindi 21 anni) e rientro nell'art. 44 e dico, cacchio per un giorno ho guadagnato un anno, però mi becco il 37,80 (1,80*21). Cacchio era meglio andare via un giorno prima.

Ma c'è qualcosa che non quadra?

Poi il discorso può essere ancora ampliato per demolire completamente la sentenza Lombardia e io dico che il ricorso cosiddetto "Berti" è fondato, ma questo non significa che avrà vita facile perché ci sono tanti potenziali soldi in gioco.
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Re: Art. 54 Ricorso accolto Corte dei Conti Sardegna

Messaggio da naturopata »

A tutti gli ex colleghi in pensione e potenzialmente interessati a questo ricalcolo pensionistico, voglio solo evidenziare di prestare molta attenzione al calcolo pensionistico che potrebbe portare a ricorsi inutili ed anche controproducenti, come si rileva da questa sentenza, per cui due colleghi avevano ottenuto qualcosa in più del dovuto (errore di calcolo) e quindi ora potrebbero incorrere nella reformatio in peius della pensione, oltre alle spese pagate al legale. Il vittorioso invece, ha avuto una vittoria ma molto limitata, segno che, alla fine la pensione era stata correttamente calcolata (ex art.54), tranne che per un anno.

Quindi, prima d'intraprendere ricorsi "suicida", verificate per bene, calcoli alla mano, se l'errore c'è veramente. Presumibilmente, i maggiori magheggi (e non errori) dovrebbero esserci dalle liquidazioni effettuate dall'INPS quando è subentrata all'INPDAP.

Alla fine questo polverone, potrebbe esser poi non così vasto e così quantitativamente importante.
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