art.54 c.1 T.U.1092/1973

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gino59
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da gino59 »

elciad1963 ha scritto:Ciao talamone ma le tue informazioni sono errate riguardo "all'amministrazione centrale dei CC", CHE IN EFFETTI NON INVIA E NON HA INVIATO NULLA all'INPS in merito al ricalcolo per gli arruolati 81/83. Dico questo perché io arruolato nel 1981 e riformato a gennaio 2018 ho saputo informalmente che la mia PAL è di circa 33.500 con il grado di lgt c.s...
cosa contraria doveva essere molto più altra almeno di 2.500/3.000 euro.
comunque anche detti uffici mi hanno assicurato che non c'è nulla di vero se non tanti ricorsi di cui solo pochi vinti.
================Non ho visto nessun PA04 ( x i misti) adeguato all'art.54=======================


Paolino58
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

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gino59 ha scritto:
elciad1963 ha scritto:Ciao talamone ma le tue informazioni sono errate riguardo "all'amministrazione centrale dei CC", CHE IN EFFETTI NON INVIA E NON HA INVIATO NULLA all'INPS in merito al ricalcolo per gli arruolati 81/83. Dico questo perché io arruolato nel 1981 e riformato a gennaio 2018 ho saputo informalmente che la mia PAL è di circa 33.500 con il grado di lgt c.s...
cosa contraria doveva essere molto più altra almeno di 2.500/3.000 euro.
comunque anche detti uffici mi hanno assicurato che non c'è nulla di vero se non tanti ricorsi di cui solo pochi vinti.
================Non ho visto nessun PA04 ( x i misti) adeguato all'art.54=======================
La percentuale dovrebbe trovarsi sull'ultima pagina del mod. SM007 (determinazione di pensione) dell'INPS. Sul mio PA04 non c'è alcuna percentuale.

Cordiali saluti
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da elciad1963 »

in verità uno io l'ho visto di un collega lgt il cui montante contributivo per l'anno in corso è di oltre 80.000. in congedo per limite d'età sistema misto
panorama
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

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La Corte dei Conti Veneto ha rigettato un nuovo ricorso in relazione all'art. all’art. 3, comma 7, D.Lgs. n. 165/1997 e all'art. 54.

Come al solito si fa un passo avanti e uno indietro.
panorama
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

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Come già detto sopra è tutto negativo

VENETO SENTENZA 46 30/03/2018
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
VENETO SENTENZA 46 2018 PENSIONI 30/03/2018
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N°46/2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL VENETO
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI

Nella pubblica udienza del 24 gennaio 2018 ha pronunciato la seguente
SENTENZA

Nel giudizio iscritto al n. 30420 del registro di segreteria, proposto con ricorso da C. P., nato il OMISSIS a OMISSIS e residente a OMISSIS, c.f. OMISSIS, rappresentato e difeso dall’avv. Massimo Vitelli, con studio in Teramo, Via Fonte Regina n. 23, presso il quale ha eletto domicilio

Contro
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE, rappresentato e difeso dall’Avv. Filippo Doni, con domicilio eletto presso l’Avvocatura dell’INPS di Venezia, Dorsoduro 3500/d;

Per l’attribuzione dell’incremento figurativo di cui all’art. 3, comma 7, D.Lgs. n. 165/1997 e per il riconoscimento dell’aliquota di rendimento del 44% in ordine pro rata alla quota fino alla data del 31.12.1995, con la ripartizione nella misura del 34,20% per la quota A) e del 9,80% per la quota B), con conseguente rideterminazione del trattamento pensionistico privilegiato e pagamento degli arretrati in tal modo maturati;

ESAMINATI il ricorso ed i documenti con esso depositati in causa nonché gli atti e i documenti di costituzione dell’I.N.P.S., nonché gli ulteriori acquisiti in corso di causa;

Sentiti all’odierna udienza i difensori delle parti come da verbale.

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con ricorso depositato in data 13 luglio 2017 ed iscritto al n. 30420 del registro di segreteria, il ricorrente, premesso di essere stato M.llo Capo della Guardia di Finanza e di essere in congedo assoluto per infermità dal 23 settembre 2011 con attribuzione di trattamento pensionistico privilegiato di VII cat. Tab. A in regime misto, lamenta l’illegittimità della determinazione n. OMISSIS emessa dalla sede INPS di Rovigo in data 30 giungo 2015, con la quale veniva liquidato il trattamento definitivo di pensione privilegiata.

In particolare il ricorrente lamenta che il trattamento pensionistico riconosciutogli era stato calcolato senza l’incremento figurativo previsto dall’art. 3, comma 7, del D.Lgs. 165/1997 –che, con riferimento al calcolo della pensione con sistema c.d. “misto”, prevede ai militari in congedo che sono esclusi dall’ausiliaria l’incremento del montante contributivo relativo alla c.d. quota C) pari a 5 volte quello dell’ultimo anno di servizio - nonostante l’espresso richiamo alla citata norma da parte dell’art. 1865 del D.Lgs. n. 66 del 2010, applicabile anche al personale della Guardia di Finanza.

La disposizione, sostiene il ricorrente, trova applicazione in ogni caso in cui il personale sia escluso dall’accesso all’ausiliaria, anche allorchè, come nel proprio caso, tale esclusione non dipenda dal raggiungimento dei limiti d’età ma da causa esterna, essendo egli stato costretto ad abbandonare il servizio per motivi di salute, da ciò derivando la forzata rinuncia ai vantaggi della posizione dell’ausiliaria.

A sostegno della propria tesi il ricorrente ha richiamato talune pronunce di Sezioni regionali della Corte dei Conti (in particolare, Sez. Abruzzo n. 28/2012 e 27/2017).

In secondo luogo il ricorrente lamenta l’applicazione dell’aliquota di rendimento del 36,95% ai sensi dell’art. 44 del D.P.R. 1092/1973 –relativa agli impiegati civili dello Stato- anziché di quella del 44%, applicabile ex art. 54 del medesimo D.P.R. al personale militare.

Secondo il ricorrente la norma da ultimo citata, che prevede l’applicazione dell’aliquota di rendimento del 44% al trattamento pensionistico del personale militare che ha maturato (al 31.12.1995) un’anzianità contributiva maggiore di 15 anni ma non superiore a 20, si attaglia al proprio caso avendo egli maturato, alla data del 31.12.1995, 16 anni e 1 mese di servizio utile.

Ai fini del computo delle quote A) e B) del trattamento pensionistico, quindi, l’aliquota di rendimento applicabile avrebbe dovuto essere quella del 44%, suddivisa (secondo un criterio di proporzionalità alla durata del servizio) nel 34,20% per il servizio reso fino al 31.12.1992 e nel 9,80% per il servizio reso dal 1.1.1993 al 31.12.1995.

Con atto di memoria depositata il 17 novembre 2017 si è costituita in giudizio l’INPS, eccependo in primo luogo l’intervenuta decadenza ex art. 204, lett. b) e 205 del D.P.R. n.1092 del 1973.

I motivi di ricorso attengono, infatti, al calcolo del trattamento pensionistico “normale”, liquidato in via definitiva e comunicato al ricorrente in data 1.2.2012: la richiesta di rettifica dell’errore di calcolo è intervenuta oltre il triennio previsto dal combinato disposto delle surrichiamate disposizioni, incorrendo quindi il ricorrente nella prevista decadenza.

In via tuzioristica la resistente ha comunque osservato, con riferimento alla prima domanda di parte ricorrente, che, ferma restando la carenza di legittimazione passiva dell’INPS, l’incremento figurativo invocato non trova applicazione, avendo il ricorrente già beneficiato del trattamento di privilegio.

Con riferimento alla seconda domanda, la resistente ha contestato l’interpretazione dell’art. 54 D.P.R. 1092/1973 prospettata dal ricorrente, rappresentando che la norma trova applicazione esclusivamente al personale che, all’atto della cessazione dal servizio (e non al 31.12.1995), avesse maturato un servizio utile non inferiore a 15 e non superiore a 20 anni, circostanza che nel caso in esame non si dà, avendo il ricorrente maturato, all’atto della cessazione dal servizio, un servizio utile di 34 anni e 8 mesi.

All’udienza del 30 novembre 2017 a seguito della discussione, il G.U.P. ordinava all’INPS la produzione in giudizio dei fascicoli integrali relativi ai trattamenti pensionistici entro il 4 gennaio 2018 e ha rinviato all’odierna udienza la discussione, assegnando alle parti termine fino a 5 giorni prima per memorie.

In data 17 gennaio 2018 parte ricorrente depositava memoria con la quale contestava l’eccepita decadenza triennale, e ribadiva i motivi di ricorso già formulati, riportando giurisprudenza di Sezioni territoriali di questa Corte nelle more intervenuta (in particolare, Sez. Sardegna n. 162 e 156/2017, Sez. Calabria n. 350/2017 e Sez. Sardegna n. 2/2018).

All’odierna udienza le parti, dopo articolata discussione, hanno concluso come in atti.

MOTIVI DELLA DECISIONE

Entrambi i motivi di ricorso sono infondati.

1. Quanto all’applicazione del coefficiente di valutazione, per le quote A e B della pensione, di cui al primo comma dell’art. 54 del D.P.R. 1092/73.

Il ricorrente ritiene di aver diritto all’applicazione di tale disposizione avendo maturato al 31 dicembre 1995 (data alla quale cessa la liquidazione della pensione con il sistema retributivo) anni 16 e mesi 1 di servizio utile, e quindi un servizio superiore a 15 anni ma inferiore a 20 come richiesto dalla norma per l’applicazione dell’aliquota del 44%, ma che nel calcolo della propria pensione sarebbe stato applicato un coefficiente inferiore, pari al 36,95% per cento, previsto dall’art. 44 del D.P.R. 1092/1973 per gli impiegati civili dello Stato che avessero maturato un pari servizio.

Secondo il ricorrente il fatto che, ai sensi del sopravvenuto D.lgs. n. 503/1992 (art. 13), il servizio prestato fino al 31.12.1995 debba essere suddiviso in due periodi (appunto, uno fino al 31.12.1992 e uno successivo all’entrata in vigore della norma, dal 1.1.93 e fino al 31.12.1995, quest’ultimo in virtù delle successive novelle) non potrebbe valere ad escludere l’applicazione della norma, poiché tale suddivisione, se incide unicamente sulla determinazione delle basi pensionabili, non comporta modificazioni sull’aliquota di rendimento applicabile, che resterebbe –appunto- quella prevista dal citato art. 54, la cui perdurante vigenza sarebbe dimostrata anche dall’espresso richiamo contenuto nel nuovo Codice dell’ordinamento militare (D.lgs. n. 66/2010, art. 1867).

A tale ricostruzione ermeneutica l’INPS ha contrapposto una diversa e più restrittiva interpretazione dell’art. 54 citato, la cui applicabilità troverebbe luogo esclusivamente nei casi in cui all’atto della cessazione dal servizio il personale militare destinatario della norma si trovasse nella situazione da quest’ultima descritta, e, cioè, aver maturato un’anzianità superiore a 15 anni e non superiore a 20 anni di servizio utile.

Entrambe le prospettazioni espresse dalle parti in giudizio trovano riscontro nelle pronunce, di diverso segno, delle Sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei Conti e si riportano a due distinte interpretazioni della disposizione.

La prima, di carattere estensivo e sostenuta con il ricorso, trae dalla disposizione una norma di carattere generale per i militari che abbiano maturato più di quindici anni, fermo restando che, superati i venti, essi cumulano tale beneficio con gli ulteriori aumenti annuali previsti dai commi seguenti (dell’1,80 o dell’3,60 per cento per cento, a seconda della qualifica, per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo, come ricordato anche dal ricorrente negli atti di causa).

La seconda, aderente al testo letterale, limita l’applicazione del più favorevole (rispetto agli altri dipendenti pubblici) coefficiente di rendimento ivi previsto (44 per cento) ai militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici ma non più di venti anni di servizio, trovando la disposizione la sua ratio in quelle situazioni in cui il militare, per motivi indipendenti dalla sua volontà (limiti di età, inabilità, ecc.), non abbia potuto maturare un’anzianità superiore.

Questo Giudice ritiene di prestare adesione al secondo orientamento interpretativo per le seguenti ragioni di natura ermeneutica e sistematica.

In primo luogo, come già evidenziato (e ricordato dalla resistente nelle proprie difese), tale interpretazione risponde ai criteri ermeneutici delle preleggi, risultando non solo maggiormente aderente al dato letterale, ma soprattutto tenendo conto del fatto che la norma è da considerarsi speciale ed attributiva di un trattamento di favore e, in quanto tale, da interpretarsi in senso restrittivo. A tal riguardo sovviene la ratio della disposizione, introdotta, va ricordato, allorchè vigeva il sistema retributivo puro, con funzione perequativa per quei militari che, per motivi indipendenti dalla propria volontà, fossero costretti ad abbandonare il servizio non avendo raggiunto i vent’anni di servizio.

In secondo luogo, se si aderisse alla prima interpretazione, si porrebbe (come in effetti lo stesso ricorrente si pone) il problema del riparto della aliquota di rendimento tra i periodi maturati al 31.12.1992 (per i quali si applica alla base pensionabile pari all’ultima retribuzione), e quelli maturati successivamente e fino al 31.12.1995 (per i quali si applica alla base pensionabile pari alla media degli ultimi dieci anni): alcuna disposizione positiva indica l’eventuale (quanto insussistente) criterio di riparto, risultando qualsivoglia indicazione del tutto arbitraria e priva di riferimento normativo.

Dunque, l’art. 54, primo comma del D.P.R. 1092/1973 trova applicazione esclusivamente allorchè il congedato avesse maturato, all’atto del congedo, almeno 15 anni e non più di vent’anni di servizio utile, caso che non si attaglia alla situazione del ricorrente, che è stato collocato in congedo con una anzianità complessiva maturata al congedo superiore a 20 anni (34 anni e 8 mesi).

La domanda pertanto non può trovare accoglimento.

2. Sul riconoscimento dei benefici figurativi di cui all’articolo 3, comma 7, del D.Lgs 165/1997.

Quanto alla ritenuta applicabilità al caso di cui si tratta dell’aumento figurativo del montante contributivo di cui all’art. 3, comma 7, del D.Lgs. 165/97 va rappresentato che la disposizione, espressamente richiamata dall’art. 1865 C.O.M. ed applicabile al personale escluso dall’istituto dell’ausiliaria di cui all’art. 992 C.O.M., deve trovare coordinamento con le altre disposizioni del medesimo codice, tra cui appunto quella dell’attribuzione della pensione di privilegio.

Orbene, l’accesso all’istituto dell’ausiliaria (che comporta non solo l’applicazione della relativa indennità per il periodo, ma anche il ricalcolo, al termine del periodo medesimo, del trattamento pensionistico tenendo conto, appunto, della suddetta indennità) avviene unicamente a seguito di cessazione dal servizio per raggiunti limiti d’età o a domanda nei casi di cui all’art. 909/4 C.O.M..

Dunque la disposizione di cui si invoca l’applicazione, laddove fa riferimento al personale che per carenza dei requisiti psico-fisici non può accedere all’istituto dell’ausiliaria, non può che far riferimento al personale che al raggiungimento dei limiti d’età non sia in possesso di tali requisiti, tant’è che essa si applica non solo ai fini dell’accesso, ma anche della permanenza in ausiliaria.

Se, infatti, è ben vero che coloro i quali siano dispensati dal servizio per inabilità assoluta sono di per sé esclusi dall’ausiliaria, è altrettanto vero che il trattamento pensionistico loro riservato (appunto, quello di privilegio e/o di inabilità) attribuisce di per sé a tale categoria di soggetti un vantaggio economico (e/o temporale ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico) volto a compensare, appunto, lo svantaggio derivante dall’impossibilità di prestare ulteriormente servizio fino al raggiungimento del limite d’età e conseguire il diritto alla pensione.

Seguendo l’opzione ermeneutica proposta dal ricorrente porterebbe a riconoscere, quindi, la cumulabilità di tale beneficio con quello di cui al citato art. 3, comma 7, D. lgs 165/97 sulla base del medesimo presupposto di fatto e, quindi, con una non consentita interpretazione estensiva della disposizione –che, va sottolineato, è norma speciale di favore-, possibile unicamente con espressa previsione di legge (come è dimostrato dalla recente novella del medesimo art. 3, comma 7, di cui al D.L. 94 del 2017).

Il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto con un'età anagrafica di 46 anni e 7 mesi ed un servizio utile a pensione di 34 anni e 8 mesi, quindi, senza aver maturato nessun requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, pertanto, nessuna "esclusione " dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D.Lvo 30 aprile 1997, n° 165 può trovare applicazione nel caso di specie.

La domanda pertanto non può trovare accoglimento.

3. Quanto alle spese, ritiene questo Giudicante che la novità della questione possa giustificare, ex art. 31, comma 3,D.Lgs 174/2016 l’integrale compensazione delle spese.

P.Q.M.

Definitivamente pronunciando sul ricorso proposto da C. P. iscritto al numero 30420 del registro di segreteria, ogni diversa domanda od eccezione respinta,

-respinge il ricorso;

-spese compensate.

Così deciso in Venezia, nella Camera di Consiglio all’esito della pubblica udienza del 24 gennaio 2018.
Il Giudice Unico delle Pensioni
F.to Primo Ref. Daniela Alberghini


Il G.U.P., ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del D.Lgs 196/03, dispone che, a cura della Segreteria della Sezione, venga apposta l’annotazione di cui al co 3 del medesimo art. 52 nei riguardi del ricorrente.
Il G.U.P.
F.to Primo Ref. Daniela Alberghini


Depositata in Segreteria il 30/03/2018


Il Funzionario Preposto
F.to Nadia Tonolo

In esecuzione del provvedimento del G.U.P. ai sensi dell’art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003, n. 196, in caso di diffusione, omettere le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente e, se esistenti, del dante causa e degli aventi causa.
Venezia, 30/03/2018
Il Funzionario preposto
F.to Nadia Tonolo
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

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La Corte dei Conti Calabria accoglie il ricorso per l'art. 54 e lo rigetta per l'art. 3.
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1) - L’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, com’è noto prevede per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello disciplinato per il personale civile dall’art. 44 dello stesso testo unico, stabilendo che ..........

2) - Nel caso di specie, è indubbio che all’atto del pensionamento il sig. V. A. avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia secondo l’Istituto controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare applicazione.

La Corte precisa:

Ecco alcuni brani.

3) - Questo giudice è di contrario avviso.
- Sul punto, risulta evidente la commistione che l’INPS erroneamente compie tra ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt’altro che omologabili.

4) - L’art. 54 detta, come lo stesso INPS peraltro riconosce, una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio.

5) - Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all’art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna.

6) - La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, se è vero come è vero che, come sopra evidenziato, il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.

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CALABRIA SENTENZA 44 27/03/2018
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
CALABRIA SENTENZA 44 2018 PENSIONI 27/03/2018
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R E P U BB L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE DELLE PENSIONI
CONS. DOMENICO GUZZI

ha pronunziato la seguente
SENTENZA N.44/2018

Sul il ricorso in materia di pensioni civili n. 21600 del registro di Segreteria, proposto da
- V. A., nato a Omissis il Omissis, rappresentato e difeso dall’avv. Santo Delfino, presso il cui studio in Villa San Giovanni, via Zanotti Bianco n. 33, ha eletto domicilio,

contro
- l’INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – Direzione di Reggio Calabria, in persona del suo Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti Giacinto Greco e Francesco Muscari Tomaioli, con i quali ha eletto domicilio in Catanzaro, via F. Acri n. 81, presso la sede dell’Avvocatura INPS territoriale.

Uditi all’udienza del 23 marzo 2018 l’avv. Santo Delfino per il ricorrente e il dott. Francesco Vecchio per l’INPS.

FATTO

Con l’interposto gravame, il sig. V. A. agisce avverso la determinazione atto n. RC012016850884 del 07.07.2017 con la quale l'INPS sede di Reggio Calabria - gestione ex lnpdap - ha quantificato il trattamento di quiescenza iscritto al n. 1749025.

A tal fine rappresenta di essersi arruolato nel Corpo della Guardia di Finanza in data 29 settembre 1989 e, dopo circa 32 anni di servizio (nel grado di maresciallo aiutante), di essere stato posto in congedo assoluto dal 5.05.2016, a seguito di sopravvenuta inidoneità psico-fisica.

In conseguenza di ciò, il trattamento di pensione avrebbe dovuto essergli liquidato con l’applicazione dei benefici di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, anziché, come fatto dall’amministrazione previdenziale, facendo applicazione del sistema di calcolo di cui all’art. 44 dello stesso testo unico.

Il ricorrente chiede, inoltre, il rimborso degli arretrati maturati per l'applicazione dei benefici previsti dall'articolo 3, del D.Lgs n° 165/1997, sul presupposto che, cessato dal servizio per inidoneità assoluta, è stato escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria ex art. 992 del D.L.gs n° 66/2010.

Con memoria depositata il 22 febbraio 2018, l’INPS si è ritualmente costituito per contestare la domanda attrice, in quanto infondata in fatto e in diritto, e per chiedere che la stessa sia integralmente respinta.

In udienza, le parti intervenute hanno insistito, ciascuna per quanto di rispettiva competenza, per l’accoglimento delle conclusioni rispettivamente rassegnate in atti.

Considerato
D I R I T T O

Come evidenziato in narrativa, il ricorso comprende due capi di domanda.

Con il primo, il ricorrente chiede che il suo trattamento pensionistico ordinario gli venga liquidato secondo il sistema di calcolo previsto dall’art. 54 del d. P.R. n. 1092 del 1973.

Il secondo capo di domanda fa, invece, riferimento all’asserito diritto di conseguire i benefici derivanti dall’applicazione dell’art. 3 del D.lgs. n. 165/1997.

Orbene, ritiene questo giudice che il ricorso possa essere accolto parzialmente e solo con riguardo al primo capo di domanda per le ragioni di seguito esposte.

I. L’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, com’è noto prevede per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello disciplinato per il personale civile dall’art. 44 dello stesso testo unico, stabilendo che “1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile 2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.

Nel caso di specie, è indubbio che all’atto del pensionamento il sig. V. A. avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia secondo l’Istituto controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare applicazione.

Ritiene al riguardo l’INPS che l'art. 54 non avrebbe innovato l’ordinario meccanismo delle aliquote di rendimento previsto dall’art. 44 citato, essendosi limitato ad “attribuire un ulteriore beneficio ristretto a coloro cessati con 15 anni ma non ancora 20”.

Dal suo punto di vista, in pratica sarebbe sufficiente “porre mente al meccanismo delle aliquote percentuali. Fino a 15 anni si matura il 2,33% annuo, pervenendo al 35% con 15 anni. Dal 15esimo l'aliquota si riduce al 1,8%. Ne consegue che, al 20 anno di servizio, l'aliquota complessiva è pari al 44% (35% + 9% derivante da 1,80% x 5). Dopo il 20esimo anno l'aliquota è sempre 1,8% sino al conseguimento dell'80% al 40esimo anno (che, tuttavia, per i militari era più veloce trattandosi di servizio utile e non effettivo, ove il servizio utile era contraddistinto dalle maggiorazioni)”.

In concreto, dunque, il “comma 1 dell'art. 54, quindi, non creava nuove aliquote annuali di calcolo, bensì si limitava a fornire un bonus a coloro che cessassero con anzianità compresa tra 15 e 20 anni di servizio.

Bonus variabile, chiaramente, in base all'anzianità superiore a 15 fino a 20. Per cui, chi cessava con 16 anni aveva un bonus di 1,8% x 4 anni, chi cessava a 17 anni un bonus di 1,8%, e così via”.

In definitiva, dunque, sembrerebbe che l’art. 54, comma 1, possa trovare applicazione per il solo personale militare che all’atto della cessazione del servizio non avesse ancora superato il 20° anno di servizio utile, mentre per coloro che lo avevano superato nessuna differenziazione si sarebbe potuta configura con il restante personale dello Stato.

Questo giudice è di contrario avviso.

Sul punto, risulta evidente la commistione che l’INPS erroneamente compie tra ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt’altro che omologabili.

L’art. 54 detta, come lo stesso INPS peraltro riconosce, una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio.

Non è pertanto corretto sostenere, come fa invece l’INPS (sopra se ne è dato conto) che fino “a 15 anni si matura il 2,33% annuo, pervenendo al 35% con 15 anni. Dal 15esimo l'aliquota si riduce al 1,8%. Ne consegue che, al 20 anno di servizio, l'aliquota complessiva è pari al 44% (35% + 9% derivante da 1,80% x 5).

Dopo il 20esimo anno l'aliquota è sempre 1'1,8% sino al conseguimento dell'80%......”, giacché così opinando non si coglie ciò che il chiaro tenore letterale della disposizione non può che portare a cogliere e cioè che il 44 per cento della base pensionabile spetta al militare che cessi avendo compiuto 15 anni, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e così fino al 20° anno di servizio utile.

In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo fatto dall’INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se per il personale civile l’aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni in conformità all’art.44, comma 1, per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe avuto ragion d’essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio che, come già osservato, non è contemplato dall’art. 44, comma 1.

Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all’1,80 per cento per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere dall’interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il comma 2 “aumentata”, di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione pari al 45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1 anno), fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all’80 per cento della base pensionabile previsto anche per il personale militare dal comma 7 dell’art. 54 citato analogamente a quanto stabilito dall’art. 44, comma 1, per il personale civile.

Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D.Lgs. n. 503/1992 e consolidatosi con la nota legge n. 335 dell’8 agosto 1995, sistema che ha, infatti, notoriamente previsto come la pensione dovesse essere determinata in parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A" corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo” la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente decreto".

Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all’art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna.

La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, se è vero come è vero che, come sopra evidenziato, il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.

II. In merito alla richiesta di applicazione del beneficio compensativo di cui all'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo n° 165/1997, con ogni ulteriore diritto a favore del ricorrente compreso il riconoscimento, la liquidazione e pagamento degli arretrati, degli interessi e la rivalutazione monetaria come per legge dal dovuto al soddisfo, il ricorse deve essere invece respinto.

Il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto con un'età anagrafica di 51 anni 1 mese e 3 giorni ed un servizio utile a pensione di 35 anni e 7 mesi, quindi, senza aver maturato nessun requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, pertanto, nessuna "esclusione " dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D.Lvo 30 aprile 1997, n° 165 può trovare applicazione nel caso di specie.

L’ art. 3 del DLgs n. 165/1997, in attuazione della delega conferita ai sensi dell’ art. 1, commi 97, lettera g), e 99, della legge 662/96 (legge finanziaria 1997), ha infatti introdotto rilevanti modifiche alla normativa riguardante la posizione di ausiliaria, sotto il profilo delle modalità di accesso, dei limiti di permanenza e dell’importo dell’indennità, prevedendo che in essa possa essere collocato il personale militare delle Forze Armate, compresa l'Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza giudicato idoneo a seguito di accertamento sanitario e a tale personale compete, e stabilendo che in aggiunta al trattamento pensionistico, a detto personale compete un’indennità pari all’80% della differenza tra la pensione percepita e la retribuzione spettante al pari grado in servizio.

Ora, i fini del presente giudizio e per risolvere la questione di diritto posta dal ricorrente, non si può che denotare come, a proposito delle modalità di accesso, il citato art. 3, comma 1, abbia in buona sostanza escluso dalla possibilità di poter transitare in ausiliaria il personale militare che sia cessato dal servizio non per raggiunti limiti di età ma per inidoneità al servizio di istituto.

Il ricorrente, come detto, è stato dispensato dal servizio attivo per inidoneità, sicché lo stesso non vantava il requisito soggettivo per il collocamento in ausiliaria e, dunque, per il conseguimento degli effetti economici per come preteso in domanda.

Il ricorso va in conclusione parzialmente accolto, mentre per ciò che concerne le spese, la complessità delle questioni trattate induce a

disporne la compensazione integrale tra le parti in causa.

P.Q.M.

La Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Calabria,
ACCOGLIE

Il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, riconosce al ricorrente il diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione dell’aliquota di rendimento di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 sulla parte dell’assegno calcolata con il sistema retributivo.

Sui maggiori ratei spettano, inoltre, gli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria con decorrenza dalla data di scadenza di ciascun rateo e sino al pagamento.

RESPINGE
Il ricorso per i restanti capi di domanda.

Spese compensate.

Manda alla Segreteria di provvedere agli adempimenti di rito.
Così deciso in Catanzaro il 23 marzo 2018
IL GIUDICE
f.to Domenico Guzzi


Depositata in Segreteria il 26/03/2018


Il Responsabile della Segreteria Pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da naturopata »

Oramai si è pronti per l'appello e lì si giocherà la partita e ora come ora, sembra in ripresa l'art.54 e decisamente negativo il moltiplicatore, ma sono tanti soldi in entrambi i casi e vedo nero. Chi ha avuto sentenze passate in giudicato perché all'inizio deve considerarsi un miracolato.
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da gi_max66 »

In anteprima, oggi la CdC Catanzaro ha accolto integralmente altri due ricorsi di pensionati GdiF, entrambi con parametri e moltiplicatore. Un militare aveva 16 anni e l'altro 13 anni al 31.12.1995. Sempre avv. Delfino.
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da naturopata »

Sezione: CALABRIA
Esito: SENTENZA
Numero: 45
Anno: 2018
Materia: PENSIONI
Data pubblicazione: 19/04/2018
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Cons. Quirino Lorelli
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 45 /2018
sul ricorso in materia di pensioni militari, iscritto al n.21614 del registro di
segreteria, proposto da R. P., nato a omissis, il Omissis, rappresentato e
difeso dall’avv. Pietro Paolo Tucci
C O N T R O
Ministero della Difesa, in persona del Ministro in carica e rappresentante
legale p.t., costituito con memoria depositata il 29/3/2018
I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e
difeso dagli avv.ti Maria Teresa Pugliano, Giacinto Greco e Francesco
Muscari Tomaioli, giusta memoria depositata il 15/3/2018;
uditi all’udienza del 13 aprile 2018, l’avv.to Pietro Paolo Tucci per il ricorrente
e l’avv. Francesco Muscari Tomaioli per l’INPS, il cap. Francesco Ferrise per
il Ministero della Difesa, esperito il tentativo di conciliazione come da verbale
di udienza
F A T T O
Con atto introduttivo del presente giudizio, depositato il 9/2/2018, il sig. R. P.,
chiede che sia accertato e dichiarato il proprio diritto alla rideterminazione del
trattamento pensionistico, previa applicazione del beneficio di cui all'art. 3, co.
7, d.lgs n. 165/97 e quello alla rideterminazione del trattamento previdenziale
con l’applicazione dell’art.54, comma 1 del T.U. N.1092/1973, con
conseguente statuizione in ordine al ricalcolo del trattamento pensionistico ed
accertamento del diritto a percepire le somme maturate e maturande a titolo
di incremento figurativo ex art.3, co. 7, d. lgs n. 165/97, con decorrenza dal
31/5/2017, o d altra data ritenuta di giustizia e/o di equità, oltre interessi e
rivalutazione monetaria come per legge, fino all'effettivo soddisfo.
Precisa il ricorrente di essere tenente colonnello dell’Esercito Italiano, in
congedo assoluto (per infermità) dal 30-5-2017, beneficiario di pensione
ordinaria di inabilità INPS n. 17473571 e di avere presentato in data
18/11/2017 istanza di liquidazione dell'incremento figurativo di cui all'art. 3,
comma 7, D. Lgs n. 165/1997; tuttavia sia l’Amministrazione di appartenenza
che l’INPS, con distinte note, rispettivamente, del novembre 2017 e del
gennaio 2018, avrebbero respinto detta istanza, onde i relativi provvedimenti
vengono impugnati per il riconoscimento del beneficio. Ricorda ancora il
ricorrente di avere presentato in data 25-1-2018 una richiesta all’INPS di
ricalcolo del proprio trattamento pensionistico in applicazione dell’art.54 del
T.U. 1092/1973, essendogli invece stata applicata, giusta la previsione
dell’art.44 del suddetto T.U., una aliquota pensionabile conteggiata del
35,250%, anziché quella del 44% da lui invocata.
Con memoria depositata il 15/3/2018 si è costituito in giudizio l’INPS,
eccependo l'inammissibilità della pretesa rideterminazione del trattamento
pensionistico previa applicazione del beneficio di cui all'articolo 3, comma 7
del decreto legislativo 30 aprile 1997, n.165, posto che il ricorrente, sarebbe
cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto,
con un servizio utile a pensione di 39 anni e 2 mesi, di cui solo 12 anni e 3
mesi maturati fino alla data del 31-12-1992, quindi, senza aver maturato il
requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, onde
nessuna "esclusione" dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici
dell'articolo 3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n° 165 potrebbe trovare
applicazione nel caso di specie.
Rappresenta ancora l’INPS come alla data del 31/12/1992 il ricorrente
vantava un'anzianità di servizio inferiore ai quindici anni stabiliti dal primo
comma dell'articolo 54 del DPR 29 dicembre 1973, n° 1092 ai fini
dell'applicazione dell'aliquota del 44%, rientrando invece, nel disposto dettato
dal penultimo comma dello stesso articolo 54.
Il ricorrente risultava infatti cessato dal rapporto di lavoro a far data dal
30/05/2017 con un'anzianità complessiva di servizio utile a pensione pari a 39
anni e 2 mesi, di cui: 12 anni e 3 mesi maturati alla data del 31/12/1992, 15
anni e 3 mesi maturati alla data del 31/12/1995, la pensione spettante non
può essere ritenuta quella maturata con un'anzianità contributiva di almeno
quindici anni e non più di venti e rapportata ad un'aliquota di rendimento del
44%, atteso che il disposto dettato dall'articolo 54 del D.P.R. 1092/1973 è
chiaramente riferito alla pensione spettante al militare e non già alla quota di
pensione determinata con il sistema retributivo. Si ritiene che la quota di
pensione determinata con il sistema retributivo data dalla somma di due
quote (quota "A" per le anzianità maturate fino alla data del 31/12/1992 e
quota "B" per le anzianità contributive maturate entro la data del 31/12/1995)
non possa essere valorizzata con un rendimento fisso ed invariabile del 44
per cento anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15esimo anno per
il personale militare, posto che si verrebbe ad avere un rendimento annuo del
2,93 fino al 15esimo anno di servizio ed un rendimento pari allo zero per
l'anzianità maturata dal 15esimo anno al 20esimo anno,
Con memoria depositata il 29-3-2018 si è costituito in giudizio il Centro Unico
Stipendiale dell’Esercito, chiedendo il rigetto del ricorso sotto ambedue i
profili. In particolare quanto al beneficio di cui al D. Lgs. n.165/1997,
emergerebbe la volontà del legislatore di circoscriverne l'applicazione alle
sole ipotesi di cessazione dal servizio di personale che, pur avendo maturato
il diritto all'ausiliaria (per aver raggiunto il limite di età ordinamentale per
essere collocato in quiescenza ovvero perché ricompreso nelle aliquote di
militari da collocare in aspettativa per riduzione quadri), ne sia rimasto
successivamente escluso per sopravvenuta perdita dell'idoneità fisica e non
anche, in senso generalizzato, al personale che sia stato dispensato dal
servizio anzitempo per perdita dell'idoneità al servizio militare incondizionato
(ovvero riformato).
Quanto invece all’aliquota percentuale di pensionabilità di cui all'articolo 54,
comma 1, del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, trattandosi di modalità di
calcolo della pensione operata in via esclusiva dall'INPS, nel cui
procedimento non è mai intervenuta l'Amministrazione Militare, si ritiene di
non dover esprimere alcuna considerazione in merito.
All’udienza di discussione del 13/4/2018, esperito il tentativo conciliativo,
come da verbale, i procuratori delle parti si sono riportati alle rispettive
domande e difese; il cap. Ferrise per il Ministero della Difesa ha eccepito
come non potrebbe applicarsi la norma sull’ausiliaria in quanto il ricorrente è
stato dispensato per riforma prima dell’entrata in vigore della modifica
all’art.1865 del Codice dell’Ordinamento Militare apportata dal D. Lgs.
n.94/2017.
D I R I T T O
1) In via pregiudiziale va esaminata l’eccezione di inapplicabilità al caso di
specie delle disposizioni in materia di ausiliaria di cui all’art. 1865 C.O.M. al
caso di specie in quanto le relative modifiche alla norma sarebbero state
apportate dal D. Lgs. n.94/2017 entrato in vogore dopo la dispensa dal
servizio del ricorrente.
L’eccezione è infondata.
L’art. 1865 C.O.M. nel testo precedente alla modifica del 2017 testualmente
stabiliva che “1. Per il personale militare escluso dall'istituto dell'ausiliaria di
cui all'articolo 992, si applica l'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo 30
aprile 1997, n. 165”, ma la norma invocata dal ricorrente è esattamente quella
colà indicata e cioè l’art.3, comma 7 del D. Lgs. n.165/1997, onde l’eccezione
non appare calzante, né conferente, posto pure che la nuova formulazione
del predetto art.1865, dopo la novella del 2017, è la seguente: “1. Per il
personale militare ((...)) si applica l'articolo 3, comma 7, del decreto legislativo
30 aprile 1997, n. 165”.
Nel caso di specie il ricorrente alla data di quiescenza risultava ex lege
escluso dall’ausiliaria non avendone, per come meglio precisato in appresso, i
requisiti e con la conseguenza che egli invoca con il ricorso esattamente
l’applicazione del beneficio indicato nell’art.1865 C.O.M.
*
2) Nel merito la prima questione che va analizzata è la fondatezza alla
pretesa della applicazione dei benefici della c.d. ausiliaria anche al personale
militare collocato in quiescenza prima del raggiungimento del limite
anagrafico di età, sulla base di una accertata inidoneità a qualunque servizio
(nell’ordinamento militare la c.d. riforma).
L’ausiliaria è una categoria del congedo che interessa il solo personale
militare che, dopo la cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di
età, previsto per il grado rivestito, manifesta la propria disponibilità ad essere
chiamato nuovamente in servizio per lo svolgimento di attività in favore
dell’amministrazione di appartenenza o di altre pubbliche amministrazioni
statali e territoriali. L’ausiliaria è stata oggetto di recenti modifiche ad opera di
interventi legislativi che si succeduti dal 2012 ad oggi (non ultima la legge di
Stabilità del 2015); attualmente è prevista e disciplinata dagli articoli da 992 a
996 e dagli articoli 1864, 1870, 1871, 1876 del Codice dell’Ordinamento
Militare (C.O.M., D. Lgs. n. 66/2010).
L’art. 992 del C.O.M. così dispone:
“1. Il collocamento in ausiliaria del personale militare avviene esclusivamente
a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età
previsto per il grado rivestito o a domanda, ai sensi dell'articolo 909, comma
4.
2. Il personale militare permane in ausiliaria per un periodo di 5 anni.
3. All'atto della cessazione dal servizio, il personale è iscritto in appositi ruoli
dell'ausiliaria, da pubblicare annualmente nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana con indicazione della categoria, del ruolo di appartenenza,
nonché del grado rivestito. Le pubbliche amministrazioni statali e territoriali,
limitatamente alla copertura delle forze in organico, possono avanzare
formale richiesta al competente Ministero per l'utilizzo del suddetto personale,
nell'ambito della provincia di residenza e in incarichi adeguati al ruolo e al
grado rivestito.
4. Ai fini della corresponsione dell'indennità di ausiliaria, il personale, all'atto
della cessazione dal servizio, manifesta, con apposita dichiarazione scritta, la
propria disponibilità all'impiego presso l'amministrazione di appartenenza e le
altre pubbliche amministrazioni.”.
In base all’attuale normativa, per essere collocati in ausiliaria occorre:
1) Appartenere al personale militare.
2) Aver cessato dal servizio per raggiunto limite di età.
3) Aver presentato domanda, all’atto della cessazione dal servizio e nei
termini prescritti, manifestando per iscritto la disponibilità al richiamo.
4) Il possesso dell’idoneità psico-fisica, che consenta al militare di svolgere
l’attività di impiego presso le amministrazioni pubbliche che ne facciano
richiesta.
Durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né
rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti
contrattuali con l’amministrazione militare, pena l’immediato passaggio nella
categoria riserva, e perdita del relativo trattamento economico.
Il militare collocato in ausiliaria, percepisce una indennità in aggiunta al
trattamento di quiescenza e, al termine del predetto periodo, ha diritto a
vedersi liquidato un nuovo trattamento di quiescenza che è comprensivo
anche del periodo di permanenza in ausiliaria.
L’indennità annua lorda percepita dal militare in ausiliaria è attualmente pari al
50% della differenza tra il trattamento di quiescenza percepito e il trattamento
economico spettante nel tempo al pari grado in servizio dello stesso ruolo e
con anzianità di servizio corrispondente a quella effettivamente posseduta dal
militare all’atto del collocamento in ausiliaria.
L’art.3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n. 165, stabilisce che:
“7. Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto
dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età
previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non
sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella
posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in
parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n.335, il
montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un
importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio
moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle
Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate
il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa
opzione dell'interessato.”
Nel caso di specie il ricorrente alla data di collocamento in quiescenza non
risultava in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella
posizione di ausiliaria in quanto gli è stata attribuita la pensione ordinaria di
inabilità, giusta provvedimento di conferimento dell’INPS e considerato che
egli era cessato dal servizio, per come si evince dal tenore del provvedimento
di concessione anzidetto, per invalidità assoluta e permanente a qualsiasi
proficuo lavoro.
Quanto ai militari inquadrati nei ruoli in ausiliaria, la categoria comprende, ai
sensi dell'art. 886 C.O.M., "il personale militare che, essendovi transitato nei
casi previsti, ha manifestato all'atto del collocamento nella predetta posizione
la propria disponibilità a prestare servizio nell'ambito del comune o della
provincia di residenza presso l'amministrazione di appartenenza o altra
amministrazione".
Il personale collocato in ausiliaria ex art. 992 C.O.M., è soggetto a possibili
richiami in servizio ex art. 993 C.O.M. ed è soggetto agli obblighi di cui all'art.
994 C.O.M.
L'esame della suddetta disciplina, evidenzia dunque come il militare collocato
in congedo assoluto per infermità non possa esser collocato in ausiliaria,
considerata la sua assoluta inidoneità al servizio e dunque l'impossibilità di
assolvere agli obblighi di servizio cui sono soggetti i militari in ausiliaria.
Questa Corte dei conti, in una recente decisione, ha ricordato come il
legislatore abbia riconosciuto l'incremento del montante contributivo sia al
"personale di cui all'art. 1 escluso dall'ausiliaria che cessa dal servizio per
raggiungimento dei limiti di età", che "al personale militare che non sia in
possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di
ausiliaria", categoria quest'ultima nella quale evidentemente rientra l'ufficiale
ricorrente, dichiarato non idoneo permanentemente al servizio d'istituto ex art.
929 del C.O.M. e, dunque, impossibilitato a prestare i conseguenti (pur
delimitati ed eventuali) servizi d'Istituto e dunque ad accedere all'istituto
dell'ausiliaria.
Ovviamente, considerate le ragioni dell'impossibilità normativo/oggettiva di
collocamento del militare in ausiliaria, neppure può propriamente ipotizzarsi
l'esercizio di un'opzione da parte dell'interessato, in quanto raggiunto da un
provvedimento cogente di collocamento in congedo assoluto per inidoneità
assoluta e permanente al servizio (cfr. Corte dei conti, Sez. giurisd. Molise,
n.53/2017).
In questo senso l’I.N.P.S. nel proprio messaggio del 10 dicembre 2013 n.
20238, recante “Articolo 3, comma 7 del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 165 -
Precisazioni in merito alle modalità applicative.”, non esclude, per come
invece si pretenderebbe, una interpretazione letterale della norma, limitandosi
a prevedere che “Al fine di superare ogni eventuale dubbio interpretativo in
merito alle voci ricomprese nella base imponibile su cui calcolare la
maggiorazione di cui alla disposizione in esame si rappresenta che la stessa
corrisponde alla retribuzione contributiva percepita alla cessazione
annualizzata, comprensiva della 13° mensilità, delle competenze accessorie
per la parte eccedente il 18% e, qualora spettanti, degli scatti di cui all'articolo
4 del decreto legislativo n. 165/1997.
Si precisa inoltre che, qualora non vi sia eccedenza o non vi sia trattamento
accessorio, la base imponibile deve comunque tener conto della parte della
retribuzione maggiorabile del 18%.”.
*
2. Venendo alla seconda questione introdotta con il ricorso e cioè alla
richiesta di piena applicazione della previsione di cui all’art.54 del D.P.R.
n.1092/1973, in luogo dell’applicazione della disposizione di cui all’art.44 del
medesimo D.P.R. osserva in via pregiudiziale questo Giudicante che tale
ultima disposizione non può in alcun caso trovare applicazione al personale
militare, cui appartiene l’odierno ricorrente, trattandosi di disposizione
espressamente ricompresa nel Titolo III, rubricato “Trattamento di quiescenza
normale”, Capo I, rubricato “Personale civile”, mentre, correttamente,
l’invocato art.54 rientra nel Capo II, rubricato “Personale militare”.
Ad ogni buon fine sul punto non ritiene questo Giudicante di doversi
discostare dalle considerazioni e motivazioni espressa da questa Sezione
nelle sentenze n.12, 43 e 44 del 2018.
L’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, prevede per il personale
militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello
disciplinato per il personale civile dall’art. 44 dello stesso testo unico,
stabilendo che
“1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni
e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base
pensionabile
2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di
servizio utile oltre il ventesimo”.
Nel caso di specie, è indubbio che all’atto del pensionamento il ricorrente
avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia
secondo l’Istituto controparte, la disposizione dallo stesso invocata non
potrebbe trovare applicazione. Ritiene al riguardo l’INPS che l'art.54 non
avrebbe innovato l’ordinario meccanismo delle aliquote di rendimento previsto
dall’art. 44 citato, essendosi limitato ad attribuire un ulteriore beneficio ristretto
a coloro cessati con 15 anni ma non ancora 20. Quindi secondo l’Istituto
previdenziale sembrerebbe che l’art. 54, comma 1, possa trovare
applicazione per il solo personale militare che all’atto della cessazione del
servizio non avesse ancora superato il 20° anno di servizio utile, mentre per
coloro che lo avevano superato nessuna differenziazione si sarebbe potuta
configura con il restante personale dello Stato.
Ritiene però questo Giudicante che l’INPS erroneamente parifica ambiti di
disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale
tutt’altro che omologabili.
L’art.54 detta – come già ricordato - una disciplina di favore nei confronti del
personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato,
disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della
base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di
servizio, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e
così fino al 20° anno di servizio utile.
In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo
fatto dall’INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se
per il personale civile l’aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni
in conformità all’art.44, comma 1, per il personale militare, invece, detta
aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe
avuto ragion d’essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due
categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo
giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio
che, come già osservato, non è contemplato dall’art. 44, comma 1.
Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all’1,80%
per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere
dall’interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi
in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il
comma 2 “aumentata”, di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato
con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione
pari al 45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1
anno), fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all’80 per
cento della base pensionabile previsto anche per il personale militare dal
comma 7 dell’art. 54 citato analogamente a quanto stabilito dall’art. 44,
comma 1, per il personale civile.
Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18
anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non
poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema
previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D. Lgs. n.
503/1992 e consolidatosi con la Legge n. 335/1995.
Tale sistema ha previsto come la pensione dovesse essere determinata in
parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31
dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata
dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A"
corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite
anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di
decorrenza della pensione secondo” la normativa vigente precedentemente
alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per
quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della
retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del
trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a
decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente
decreto".
Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all’art. 54 non può
che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la
parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve
dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista
dalla norma in rassegna. La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva
dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, posto che il calcolo
della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento
della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.
*
3) In conclusione il ricorso risulta meritevole di accoglimento, con
conseguente condanna dell'Amministrazione al ricalcolo del trattamento
pensionistico facendo applicazione dei benefici in questione, nonché alla
corresponsione degli arretrati sui ratei pensionistici già percepiti.
Sulle somme arretrate dovute spettano, in adesione ai criteri posti dalle
Sezioni Riunite con la sentenza n.10/2002/QM, interessi legali e rivalutazione
monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla
scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale,
cumulativamente, nel senso però di una solo possibile integrazione degli
interessi di legge ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura
degli stessi (c.d. principio del cumulo parziale).
Le spese di lite possono essere compensate in ragione della novità delle
questioni dedotte e della assenza di un unitario orientamento di questa Corte
dei conti.
P. Q. M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, Giudice
unico delle pensioni, definitivamente pronunciando
1) accoglie la domanda attorea, riconoscendo il diritto del ricorrente alla
rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione dei benefici
calcolati per come indicato in parte motiva ed a far data dalla presentazione
della domanda amministrativa;
2) Condanna altresì le parti convenute, ciascuno secondo le proprie
competenze, alla corresponsione dei conseguenti arretrati sui ratei
pensionistici già percepiti, maggiorati di interessi legali e rivalutazione
monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla
scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale,
cumulativamente, nel senso di una solo possibile integrazione degli interessi
di legge ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi.
Spese compensate.
Così deciso in Catanzaro alla pubblica udienza del 13 aprile 2018.
Il giudice unico
Fto Quirino Lorelli
Depositata in segreteria il 18/04/2018
Il responsabile delle segreterie pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni





Sezione: CALABRIA
Esito: SENTENZA
Numero: 46
Anno: 2018
Materia: PENSIONI
Data pubblicazione: 19/04/2018
R E P U B B L I C A I T A L I A N A
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Cons. Quirino Lorelli
Ha pronunciato la seguente
SENTENZA N. 46/2018
sul ricorso in materia di pensioni militari, iscritto al n.21617 del registro di
segreteria, proposto da G. S., nato a Omissis, il Omissis, rappresentato e
difeso dall'avv. Santo Delfino
CONTRO
I.N.P.S., in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e
difeso dagli avv.ti Maria Teresa Pugliano, Giacinto Greco e Francesco
Muscari Tomaioli, giusta memoria depositata il 23/2/2018;
uditi all'udienza del 13 aprile 2018, l'avv.to Santo Delfino per il ricorrente e
l'avv. Francesco Muscari Tomaioli per l'INPS, esperito il tentativo di
conciliazione come da verbale di udienza
FATTO
Con atto introduttivo del presente giudizio, depositato il 22/02/2018, il sig. G.
S., chiede a questa Corte dei conti di annullare la determinazione atto n.
RC012014776782 del 15.11.2013, iscrizione. n.17491795 con la quale l'INPS
sede di Reggio Calabria — gestione ex Inpdap - ha quantificato il trattamento
di quiescenza, con particolare riferimento ai criteri adottati dall'Istituto di
previdenza nel calcolare l'anzianità contributiva per la parte in "quota
retributiva" della pensione, nonché avverso ogni altro atto presupposto,
connesso e conseguenziale. Chiede altresì di accertare e dichiarare il proprio
diritto: alla corretta applicazione dell'aliquota del 44%, ex art. 54 D.P.R. n.
1092/1973, in luogo dell'errata applicazione dell'aliquota del 35%, ex art. 44,
primo comma, dello stesso T.U. del 1973; all'applicazione del beneficio
compensativo di cui all'art. 3, comma 7, del D. Lgs. 165/1997 e
conseguentemente ordinare che l'I.N.P.S. - o i resistenti secondo chi di
ragione e le proprie competenze - in persona del legale rappresentante p.t.
provveda alla riliquidazione della pensione iscrizione n.17491896 del 28-11-
2014, tenendo conto:
del corretto computo dell'ammontare dell'aliquota, secondo il criterio fissato
dall'art. 44, secondo comma, DPR n. 1092/1973;
della corretta applicazione - dell'aliquota del 44%, ex art. 54 D.P.R. n.
1002/1973; dell'applicazione del beneficio compensativo di cui all'art 3,
comma 7, del D.L.gs 165/1997, con ogni ulteriore diritto in proprio favore
compreso il riconoscimento, la liquidazione e pagamento degli arretrati, degli
interessi e la rivalutazione monetaria come per legge dal dovuto al soddisfo e
con vittoria di spese, competenze ed onorari di giudizio.
Con memoria depositata il 23/2/2018 si è costituito in giudizio l'INPS,
eccependo preliminarmente l'incompetenza territoriale, in quanto il ricorrente
risiederebbe in Messina e l'inammissibilità della pretesa rideterminazione del
trattamento pensionistico, in relazione alla richiesta di annullare la
determinazione n° n. RC012014776782 del 15.11.2013, con particolare
riferimento ai criteri adottati dall'Istituto previdenziale nel calcolare l'anzianità
contributiva per la parte in "quota retributiva" della pensione, al corretto
computo dell'ammontare dell'aliquota del 44%, secondo il criterio fissato dal
primo comma dell'articolo 54, del DPR n° 1092/1973.
Secondo l'INPS infatti alla data del 31/12/1992 il ricorrente vantava
un'anzianità di servizio inferiore ai quindici anni stabiliti dal primo comma
dell'articolo 54 del DPR 29 dicembre 1973, n° 1092 ai fini dell'applicazione
dell'aliquota del 44%, rientrando invece, nel disposto dettato dal penultimo
comma dello stesso articolo 54.
Il ricorrente è cessato dal rapporto di lavoro a far data dal 17/10/2013 con
un'anzianità complessiva di servizio utile a pensione pari a 34 anni, di cui 9
anni e 7 msi maturati alla data del 31/12/1992 e 13 anni e 2 mesi maturati alla
data del 31/12/1995 , la pensione spettante non può essere ritenuta quella
maturata con un'anzianità contributiva di almeno quindici anni e non più di
venti e rapportata ad un'aliquota di rendimento del 44 per cento, atteso che il
disposto dettato dall'articolo 54 del DPR 1092 è chiaramente riferito alla
pensione spettante al militare e non già alla quota di pensione determinata
con il sistema retributivo.
Ritiene quindi l'ente previdenziale che la quota di pensione determinata con il
sistema retributivo data dalla somma di due quote (quota "A" per le anzianità
maturate fino alla data del 31/12/1992 e quota "B" per le anzianità contributive
maturate entro la data del 31/12/1995) non possa essere valorizzata con un
rendimento fisso ed invariabile del 44 per cento anche con un solo giorno in
più di servizio oltre il 15esimo anno per il personale militare, posto che si
verrebbe ad avere un rendimento annuo del 2,93 fino al 15esimo anno di
servizio ed un rendimento pari allo zero per l'anzianità maturata dal 15esimo
anno al 20esimo anno, diversamente opinando, per un soggetto che maturi
un'anzianità di 20 anni si verrebbe a realizzare un'aliquota del 53 % data (15
anni = 44,00 + 5 anni x 1,8 = 9,00) e per un soggetto che maturi 40 anni
un'aliquota di rendimento complessiva dell'89 per cento, data da (15 anni =
44,00 + 25 anni x 1,80 = 45,00) determinando un'aliquota superiore
all'aliquota massima dell'80 per cento.
Quanto poi all'applicazione del beneficio di cui all'articolo 3, comma 7 del
decreto legislativo 30 aprile 1997, n.165, l'INPS, parimenti, deduce la
inammissibilità ovvero la infondatezza posto che il ricorrente, sarebbe cessato
dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto, con un
servizio utile a pensione di 37 anni, di cui solo 12 anni e 7 mesi maturati fino
alla data del 31-12-1992, quindi, senza aver maturato il requisito
espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, onde nessuna
"esclusione" dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo
3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n.165 potrebbe trovare applicazione
nel caso di specie.
Chiede quindi il rigetto del ricorso con vittoria delle spese di lite.
All'udienza di discussione del 13/4/2018 i difensori delle parti hanno insistito
nelle rispettive domande, eccezioni e difese; il procuratore di parte ricorrente
ha rappresentato come l'eccezione dell'INPS di incompetenza territoriale sia
priva della indicazione del Giudice ritenuto competente (art.151 C.G.C.), con
l'effetto che si avrebbe per non formulata; il procuratore dell'INPS sul punto
ha rilevato come risulti comunque indicata la sede di residenza (Messina) del
ricorrente e che ciò radichi la competenza territoriale della Sezione Siciliana
della Corte dei conti.
DIRITTO
1. Preliminarmente va vagliata l'eccezione di incompetenza territoriale che,
per come proposta, non può essere accolta
L'art.151, comma 2 del C.G.C. testualmente prevede che "Il difetto della
competenza per territorio, come definita dall'articolo 18, comma 1, lettera c),
non e rilevabile d'ufficio ed è eccepito a pena di decadenza nella comparsa di
risposta tempestivamente depositata. L'eccezione si ha per non proposta se
non contiene l'indicazione del giudice che la parte ritiene competente.".
Detta disposizione ripropone nel giudizio contabile la previsione di cui
all'art.38, comma 1 del cod. proc. civ., nella formulazione introdotta dall'art.45
della Legge n.69/2009. In particolare la previsione per la quale l'eccezione si
ha per non proposta se non contiene l'indicazione del giudice che la parte
ritiene competente, contenuta all'ult. cpv. della norma del C.G.C. è
letteralmente identica a quella di cui all'ult. cpv. del comma 1 del cod. proc.
civ.
Nel caso di specie, per come evidenziato da parte ricorrente in sede di
discussione orale all'odierna udienza, l'eccezione formulata dall'INPS nella
comparsa di costituzione appare priva dell'indicazione del Giudice da adirsi.
ed a ciò non può supplire, stante la lettera della norma, la individuazione dello
stesso in sede di discussione orale della causa da parte del procuratore
costituito di parte resistente che la ha formulata. Ciò in quanto la struttura
dell'udienza di discussione della causa pensionistica, delineata dagli artt.164
e 165 del C.G.C., non consente una possibile integrazione del contenuto delle
proprie memorie in capo alle parti, nemmeno su ordine del Giudice che dirige
l'udienza, con la conseguenza che le rispettive difese rimangono fissate-nei
rispettivi scritti difensivi. Né, d'altro canto, a fronte della controeccezione di
incompletezza dell'eccezione di incompetenza territoriale, parrebbe possibile,
proprio per non elidere lo spirito della norma con integrazioni all'eccezione
formulate in sede orale, ammettere tale possibilità.
La S.C. con riferimento alla previsione dell'art.38, comma 1 del cod. proc. civ.
ha poi ricordato come "a fronte del rilievo da parte del giudice della sua
incompetenza per materia per essere competente il tribunale ordinario,
l'ulteriore rilievo della sua incompetenza per territorio (semplice) doveva
essere necessariamente subordinato ad un'eccezione di parte, da formularsi
nei termini e nei modi- Stabiliti dall'art. 38 del cod. proc. civ., ovvero nella
comparsa di risposta o, nel caso di specie, nella memoria difensiva
tempestivamente depositata e con la specifica indicazione del giudice ritenuto
competente, diversamente, radicandosi la competenza per territorio del
giudice adito" (eass. Civ., Sez. VI, 9 gennaio 2018, n.698)
Tale interpretazione conduce così a dover ritenere requisito essenziale
dell'eccezione di incompetenza, ai fini anche della sola proponibilità, la
indicazione del Giudice che la parte ritiene competente e che tale indicazione
non possa essere differita dal proponente l'eccezione alla prima udienza, ma
vada assolta al momento della formulazione dell'eccezione nella comparsa di
risposta tempestivamente depositata.
In conclusione l'eccezione, a termini dell'art.151, comma 2, ult. cpv., appare
improponibile.
*
2. Venendo al merito la prima questione introdotta con il ricorso attiene
alla richiesta di piena applicazione della previsione di cui all'art.54 del D.P.R.
n.1092/1973, in luogo dell'applicazione della disposizione di cui all'art.44 del
medesimo D.P.R.; al riguardo osserva in via pregiudiziale questo Giudicante
che tale ultima disposizione non può in alcun caso trovare applicazione al
personale militare, cui appartiene l'odierno ricorrente, trattandosi di
disposizione espressamente ricompresa nel Titolo III, rubricato "Trattamento
di quiescenza normale", Capo I, rubricato "Personale civile", mentre,
correttamente, l'invocato art.54 rientra nel Capo II, rubricato "Personale
militare". Ne consegue che in alcun modo a tale disposizione può farsi
riferimento ai fini del calcolo delle pensioni militari.
Ad ogni buon fine sul punto non ritiene questo Giudicante di doversi
discostare dalle considerazioni e motivazioni espressa da questa Sezione
nelle sentenze n.12, 43 e 44 del 2018.
L'art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, prevede per il personale
militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello
disciplinato per il personale civile dall'art. 44 dello stesso testo unico,
stabilendo che
"1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni
e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base
pensionabile
2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di
servizio utile oltre il ventesimo".
Nel caso di specie, è indubbio che all'atto del pensionamento il ricorrente
avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia
secondo l'Istituto
controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare
applicazione.
Ritiene al riguardo l'INPS che Part.54 non avrebbe innovato l'ordinario
meccanismo delle aliquote di rendimento previsto dall'art. 44 citato, essendosi
limitato ad attribuire un ulteriore beneficio ristretto a coloro cessati con 15
anni ma non ancora 20. Quindi secondo l'Istituto previdenziale sembrerebbe
che l'art. 54, comma 1, possa trovare applicazione per il solo personale
militare che all'atto della cessazione del servizio non avesse ancora superato
il 20° anno di servizio utile, mentre per coloro che lo avevano superato
nessuna differenziazione si sarebbe potuta configura con il restante
personale dello Stato.
Ritiene però questo Giudicante che l'INPS erroneamente parifica ambiti di
disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale
tutt'altro che omologabili.
L' art.54 detta — come già ricordato - una disciplina di favore nei confronti del
personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato,
disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della
base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di
servizio, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e
così fino al 20° anno di servizio utile.
In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo
fatto dall'INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se
per il personale civile l'aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni
in conformità all' art.44, comma 1, per il personale militare, invece, detta
aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe
avuto ragion d'essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due
categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo
giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio
che, come già osservato, non è contemplato dall'art. 44, comma 1.
Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all'1,80%
per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere
dall'interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi
in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il
comma 2 "aumentata", di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato
con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione
pari al
45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1 anno),
fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all'80% della base
pensionabile previsto anche per il personale militare dal comma 7 dell'art. 54
citato analogamente a quanto stabilito dall'art. 44, comma 1, per il personale
civile.
Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18
anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non
poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema
previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D. Lgs. n.
503/1992 e consolidatosi con la Legge n. 335/1995.
Tale sistema ha previsto come la pensione dovesse essere determinata in
parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31
dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata
dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A"
corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite
anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di
decorrenza della pensione secondo" la normativa vigente precedentemente
alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per
quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della
retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del
trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a
decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente
decreto".
Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all'art.54 non può
che valere per la parte della pensione spettante in quota A, ovverosia per la
parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve
dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista
dalla norma in rassegna. La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva
dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, posto che il calcolo
della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento
della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.
*
2) Va poi analizzata la fondatezza della pretesa della applicazione dei
benefici della c.d. ausiliaria anche al personale militare collocato in
quiescenza prima del raggiungimento del limite anagrafico di età, sulla base
di una accertata inidoneità a qualunque servizio (nell'ordinamento militare la
c.d. riforma).
L'ausiliaria è una categoria del congedo che interessa il solo personale
militare che, dopo la cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di
età, previsto per il grado rivestito, manifesta la propria disponibilità ad essere
chiamato
nuovamente in servizio per lo svolgimento di attività in favore
dell'amministrazione di appartenenza o di altre pubbliche amministrazioni
statali
e territoriali. L'ausiliaria è stata oggetto di recenti modifiche ad opera di
interventi legislativi che si succeduti dal 2012 ad oggi (non ultima la legge di
Stabilità del 2015); attualmente è prevista e disciplinata dagli articoli da 992 a
996 e dagli articoli 1864, 1870, 1871, 1876 del Codice dell'Ordinamento
Militare (C.O.M., D. Lgs. n. 66/2010).
L'art. 992 del C.O.M. così dispone:
"1. Il collocamento in ausiliaria del personale militare avviene esclusivamente
a seguito di cessazione dal servizio per raggiungimento del limite di età
previsto per il grado rivestito o a domanda, ai sensi dell'articolo 909, comma
4.
2. Il personale militare permane in ausiliaria per un periodo di 5 anni.
3. All'atto della cessazione dal servizio, il personale è iscritto in appositi
ruoli dell'ausiliaria, da pubblicare annualmente nella Gazzetta Ufficiale della
Repubblica italiana con indicazione della categoria, del ruolo di appartenenza,
nonché del grado rivestito. Le pubbliche amministrazioni statali e territoriali,
limitatamente alla copertura delle forze in organico, possono avanzare
formale
richiesta al competente Ministero per l'utilizzo del suddetto personale,
nell'ambito della provincia di residenza e in incarichi adeguati al ruolo e al
grado rivestito.
4. Ai fini della corresponsione dell'indennità di ausiliaria, il personale,
all'atto della cessazione dal servizio, manifesta, con apposita dichiarazione
scritta, la propria disponibilità all'impiego presso l'amministrazione di
appartenenza e le altre pubbliche amministrazioni".
In base all'attuale normativa, per essere collocati in ausiliaria occorre:
1) Appartenere al personale militare.
2) Aver cessato dal servizio per raggiunto limite di età.
3) Aver presentato domanda, all'atto della cessazione dal servizio e nei
termini prescritti, manifestando per iscritto la disponibilità al richiamo
4) Il possesso dell'idoneità psico-fisica, che consenta al militare di svolgere
l'attività di impiego presso le amministrazioni pubbliche che ne facciano
richiesta.
Durante il periodo di ausiliaria il militare non può assumere impieghi, né
rivestire cariche, retribuite e non, presso imprese che hanno rapporti
contrattuali con l'amministrazione militare, pena l'immediato passaggio nella
categoria riserva, e perdita del relativo trattamento economico.
Il militare collocato in ausiliaria, percepisce una indennità in aggiunta al
trattamento di quiescenza e, al termine del predetto periodo, ha diritto a
vedersi liquidato un nuovo trattamento di quiescenza che è comprensivo
anche del periodo di permanenza in ausiliaria.
L'indennità annua lorda percepita dal militare in ausiliaria è attualmente pari al
50% della differenza tra il trattamento di quiescenza percepito e il trattamento
economico spettante nel tempo al pari grado in servizio dello stesso ruolo e
con anzianità di servizio corrispondente a quella effettivamente posseduta dal
militare all'atto del collocamento in ausiliaria.
L' art.3, comma 7 del D. Lgs. 30 aprile 1997, n. 165, stabilisce che:
"7. Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto
dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età
previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non
sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella
posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in
parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n.335, il
montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un
importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio
moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle
Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate
il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa
opzione dell'interessato."
Nel caso di specie il ricorrente alla data di collocamento in quiescenza non
risultava in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella
posizione di ausiliaria in quanto gli è stata attribuita la pensione ordinaria di
inabilità, giusta provvedimento di conferimento dell'INPS e considerato che
egli era cessato dal servizio, per come si evince dal tenore del provvedimento
di concessione anzidetto, per invalidità assoluta e permanente a qualsiasi
proficuo lavoro.
Quanto ai militari inquadrati nei ruoli in ausiliaria, la categoria comprende, ai
sensi dell'art. 886 C.O.M., "il personale militare che, essendovi transitato nei
casi previsti, ha manifestato all'atto del collocamento nella predetta posizione
la propria disponibilità a prestare servizio nell'ambito del comune o della
provincia di residenza presso l'amministrazione di appartenenza o altra
amministrazione". Il personale collocato in ausiliaria ex art. 992 C.O.M., è
soggetto a possibili richiami in servizio ex art. 993 C.O.M. ed è soggetto agli
obblighi di cui all'art. 994 C.O.M.
L'esame della suddetta disciplina, evidenzia dunque come il militare collocato
in congedo assoluto per infermità non possa esser collocato in ausiliaria,
considerata la sua assoluta inidoneità al servizio e dunque l'impossibilità di
assolvere agli obblighi di servizio cui sono soggetti i militari in ausiliaria.
Questa Corte dei conti, in una recente decisione relativa ad un sottufficiale
della Guardia di Finanza, ha ricordato come il legislatore abbia riconosciuto
l'incremento del montante contributivo sia al "personale di cui all'art. 1 escluso
dall'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età", che
"al personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per
accedere o permanere nella posizione di ausiliaria", categoria quest'ultima
nella quale evidentemente rientra l'ufficiale ricorrente, dichiarato non idoneo
permanentemente al servizio d'istituto ex art. 929 del C.O.M. e, dunque,
impossibilitato a prestare i conseguenti (pur delimitati ed eventuali) servizi
d'Istituto e dunque ad accedere all'istituto dell'ausiliaria.
Ovviamente, considerate le ragioni dell'impossibilità normativo/oggettiva di
collocamento del militare in ausiliaria, neppure può propriamente ipotizzarsi
l'esercizio di un'opzione da parte dell'interessato, in quanto raggiunto da un
provvedimento cogente di collocamento in congedo assoluto per inidoneità
assoluta e permanente al servizio (cfr. Corte dei conti, Sez. giurisd. Molise,
n.53/2017).
In questo senso l'I.N.P.S. nel proprio messaggio del 10 dicembre 2013 n.
20238, recante "Articolo 3, comma 7 del D.Lgs. 30 aprile 1997, n. 165 -
Precisazioni in merito alle modalità applicative.", non esclude, per come
invece si pretenderebbe, una interpretazione letterale della norma, limitandosi
a prevedere
che "Al fine di superare ogni eventuale dubbio interpretativo in merito alle voci
ricomprese nella base imponibile su cui calcolare la maggiorazione di cui alla
disposizione in esame si rappresenta che la stessa corrisponde alla
retribuzione contributiva percepita alla cessazione annualizzata, comprensiva
della 13° mensilità, delle competenze accessorie per la parte eccedente il
18% e, qualora spettanti, degli scatti di cui all'articolo 4 del decreto legislativo
n. 165/1997.
Si precisa inoltre che, qualora non vi sia eccedenza o non vi sia trattamento
accessorio, la base imponibile deve comunque tener conto della parte della
retribuzione maggiorabile del 18%.".
*
3) In conclusione il ricorso risulta meritevole di accoglimento, con
conseguente condanna dell'INPS al ricalcolo del trattamento pensionistico
facendo applicazione dei benefici in questione, nonché alla corresponsione
degli arretrati sui ratei pensionistici già percepiti.
Sulle somme arretrate dovute spettano, in adesione ai criteri posti dalle
Sezioni Riunite con la sentenza n.10/2002/QM, interessi legali e rivalutazione
monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla
scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale,
cumulativamente, nel senso però di una solo possibile integrazione degli
interessi di legge ove l'indice di svalutazione dovesse eccedere la misura
degli stessi (c.d. principio del cumulo parziale).
Le spese di lite possono essere compensate in ragione della novità delle
questioni dedotte e della assenza di un unitario orientamento di questa Corte
dei conti.
P. Q. M.
La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, Giudice
unico delle pensioni, definitivamente pronunciando
1. dichiara improponibile l'eccezione di incompetenza territoriale;
2. accoglie la domanda attorea, riconoscendo il diritto del ricorrente alla
rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione dei benefici
calcolati per come indicato in parte motiva ed a far data dalla presentazione
della domanda amministrativa;
3. Condanna altresì l'INPS alla corresponsione dei conseguenti arretrati sui
ratei pensionistici già percepiti, maggiorati di interessi legali e rivalutazione
monetaria, ex art. 429 c.p.c. e 150 disp. di att. c.p.c., da liquidarsi, dalla
scadenza dei singoli ratei al pagamento della sorte capitale,
cumulativamente, nel senso di
una solo possibile integrazione degli interessi di legge ove l'indice di
svalutazione dovesse eccedere la misura degli stessi. Spese compensate.
Così deciso in Catanzaro alla pubblica udienza del 13 aprile 2018
Il giudice unico
f.to Quirino Lorelli
Depositata in segreteria il 18/04/2018
Il responsabile delle segreterie pensioni
F,to Dott.ssa Francesca Deni
yerri63

Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da yerri63 »

ciao sono, un collega vincitore di ricorso per art 54,devi intrprendere un ricorso per ottenere quello che spetta ,se vuoi contattami all'indirizzo e-mail grandolfosaverio1963@tiscali.it e ti spiego come fare.
yerri63

Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da yerri63 »

Ciao talamone,in riferimento al tuo post mi trovo nella situazione di cui hai fatto riferimento ,ma io ho fatto ricorso è Ne sono uscito vincitore.Se mi chiami ti spiego 3935578927.
talamone
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da talamone »

yerri63 ha scritto:ciao sono, un collega vincitore di ricorso per art 54,devi intrprendere un ricorso per ottenere quello che spetta ,se vuoi contattami all'indirizzo e-mail grandolfosaverio1963@tiscali.it e ti spiego come fare.
Ciao yerri63, ti ringrazio per la risposta e l'aiuto dei tuoi consigli. Appena avro' il primo cedolino di pensione (presumo fine settembre 2018, visto che dal 1.9.18 vado in congedo) e il mio PA04 o mod. SM007 (determinazione di pensione) dell'INPS, ti contatto e mi dici tutto l'iter. Grazie ancora.
panorama
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da panorama »

posto la sentenza della Corte dei Conti di Bari sul collega vincitore art. 54.

Sent. 446/2018 su yerri63 di questo forum
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da panorama »

ricorso Accolto per art. 54 e art. 3.

1) - sottufficiale della Guardia di Finanza arruolato in data 09.11.1981 e cessato dal servizio con decorrenza giuridica ed amministrativa dal 15 novembre 2013

2) - alla data del 31.12.1995 ha maturato un’anzianità - in attività di servizio - di più di 15 anni e meno di 20 anni di servizio utile (nello specifico 17 anni, 10 mesi e 21 giorni)

N.B.: La CdC sull’applicabilità dell’incremento figurativo di cui all’art. 3, non condivide la tesi dell'INPS, infatti scrive: " Le motivazioni contenute nella sentenza della Sezione Veneto, n. 46 del 2018, richiamata dalla difesa dell’INPS, che si è espressa in senso favorevole alla tesi dell’Amministrazione non appaiono tali da indurre a modificare l’orientamento ripetutamente espresso da questa Sezione in precedenti pronunce."
Ok
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Sezione SARDEGNA Esito SENTENZA Materia PENSIONI Anno 2018 Numero 159 Pubblicazione 27/06/2018

Sent. n. 159/2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA,

in composizione monocratica, in persona del consigliere Lucia d’Ambrosio, ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 24202 del registro di Segreteria, proposto dal signor D. C., nato a Omissis il Omissis (C.F. Omissis) e residente in Omissis Omissis, rappresentato e difeso dall’avv. Alessandro Mariani (PEC: alessandromariani@legalmail.it - C.F. n. MRNLSN61L07B354U - Fax 070.301173) presso il cui studio in Cagliari, via G. Zurita n. 7, è elettivamente domiciliato,

contro I.N.P.S. - ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (C.F. 80078750587) – sede provinciale di Cagliari, in persona del Dirigente in carica e legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati Alessandro DOA (C.F. DOALSN69T12F979A), Mariantonietta PIRAS (C.F. PRSMNT69M67D947L) e Laura FURCAS (C.F. FRCLRA67H43B354W),

Uditi, nella pubblica udienza del 21 giugno 2018, per il ricorrente l’avv. Alessandro Mariani, che ha richiamato la giurisprudenza della Sezione Sardegna e confermato le richieste formulate nel ricorso introduttivo e l’avv. Mariantonietta PIRAS per l’INPS, che ha richiamato la recente giurisprudenza di altre Sezioni e le conclusioni della memoria di costituzione.

Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa;

Ritenuto in
FATTO

Con ricorso depositato in data 20 marzo 2018 il signor D. C. ha chiesto l’accertamento del diritto, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/73, al ricalcolo, riliquidazione e pagamento del trattamento pensionistico erogato con attribuzione della percentuale del 44 per cento ai fini del calcolo della base pensionabile, nonché del diritto all’aumento del montante contributivo maturato di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell’ultimo anno di servizio, moltiplicato per l’aliquota di computo della pensione, previsto dal comma 7 dell’art. 3, del Decreto Legislativo n. 165 del 1997.

Il ricorrente premette di essere sottufficiale della Guardia di Finanza arruolato in data 09.11.1981 e cessato dal servizio con decorrenza giuridica ed amministrativa dal 15 novembre 2013 e, in quanto tale, titolare di trattamento pensionistico (Iscrizione n. 17140720) erogato dall’Inps (già Inpdap). Non potendo far valere alla data del 31.12.1995 un’anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni, è destinatario del sistema di calcolo pensionistico c.d. “misto”.

Poiché alla data del 31.12.1995 ha maturato un’anzianità - in attività di servizio - di più di 15 anni e meno di 20 anni di servizio utile (nello specifico 17 anni, 10 mesi e 21 giorni), dovrebbe essere destinatario del trattamento previsto dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/73, ai sensi quale “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile”.

Il ricorrente lamenta che il trattamento pensionistico è stato calcolato con l’attribuzione della minore e più sfavorevole aliquota di cui all’art. 44 del medesimo D.P.R., ai sensi del quale “la pensione spettante al personale civile con l’anzianità di quindici anni di servizio effettivo è pari al 35 per cento della base pensionabile ... aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio utile fino a raggiungere il massimo dell’ottanta per cento” e che la propria istanza del 23 febbraio 2018, indirizzata all’INPS e alla Guardia di Finanza, affinché provvedessero al riconoscimento integrale di tutto quanto a lui spettante ai sensi del citato art. 54 del D.P.R. n. 1092/73, con decorrenza dalla relativa data di collocamento in pensione, non ha ricevuto riscontro positivo e/o satisfattivo.

Il ricorrente rappresenta, inoltre, di essere cessato dal servizio in quanto dichiarato “non idoneo permanentemente al servizio militare incondizionato e da collocare in congedo assoluto” (verbale mod. BL/S-N ACMO-ID132787 reso in data 14.11.2013 dalla competente Commissione Medica del Dipartimento Militare di Medicina Legale di Cagliari) e che in quanto collocato in congedo assoluto per il suddetto motivo - senza transitare nella posizione di ausiliaria – sarebbe destinatario del disposto di cui al comma 7 dell’art. 3 del D. Lgs. n. 165 del 1997 che testualmente prevede che il “personale militare delle Forze armate, compresa l’Arma dei carabinieri, del Corpo della guardia di finanza, nonché del personale delle Forze di polizia ad ordinamento civile e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco” ove non “in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 355, il montante individuale dei contributi è determinato con l’incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell’ultimo anno di servizio moltiplicata per l’aliquota di computo della pensione”.

Afferma che il trattamento pensionistico in godimento gli è stato invece calcolato senza applicare quanto previsto dal suddetto comma 7 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 165/1997 e che la richiesta avanzata in data 2 ottobre 2017 non ha ricevuto riscontro positivo e/o satisfattivo.

Conclude, pertanto, con la richiesta di accogliere il ricorso e di:

- dichiarare il diritto di parte ricorrente, ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/73, al ricalcolo, riliquidazione e pagamento del trattamento pensionistico erogato con attribuzione della percentuale del 44% ai fini del calcolo della base pensionabile, con decorrenza dalla data di collocamento in congedo, con condanna di parte convenuta alla corresponsione di tutto quanto per l’effetto dovuto, oltre arretrati maturati (con interessi e rivalutazioni di legge su ciascun rateo) ed adeguamento del trattamento corrente, previo annullamento e/o disapplicazione di qualsivoglia provvedimento sotteso, inerente, connesso, o comunque preparatorio o conseguenziale;

- il diritto di parte ricorrente - ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dal comma 7 dell'art. 3, del Decreto Legislativo n. 165 del 1997 - all’aumento del montante contributivo maturato e, quindi, al riconoscimento integrale di tutto quanto lui spettante ai sensi del citato comma 7 dell’art. 3 del D.Lgs. n. 165/1997 con decorrenza dalla relativa data di collocamento in pensione ed a procedere pertanto al ricalcolo, riliquidazione e pagamento del relativo trattamento pensionistico con corresponsione di tutto quanto per l’effetto dovuto, oltre arretrati maturati (con interessi e rivalutazioni di legge su ciascun rateo) ed adeguamento del trattamento corrente, previo annullamento e/o disapplicazione di qualsivoglia provvedimento sotteso, inerente, connesso, o comunque preparatorio o conseguenziale che sia di ostacolo al riconoscimento del diritto medesimo.

Con vittoria di spese, diritti ed onorari di causa.

L’INPS si è costituito in giudizio in data 8 giugno 2018, a ministero degli avvocati Alessandro DOA, Mariantonietta PIRAS e Laura FURCAS.

Per quanto concerne il primo motivo di ricorso, la difesa dell’Istituto contesta che, nel caso de quo, ricorrano i requisiti utili all’applicazione della normativa di cui all’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973, in quanto il ricorrente non è cessato dal servizio con una anzianità di servizio utile ricompresa tra i 15 e i 20 anni.

Afferma che la disposizione ha la ratio di regolare le situazioni in cui il militare, per motivi indipendenti dalla sua volontà (limiti di età, inabilità, ecc.), non abbia potuto maturare un’anzianità superiore ed è stata introdotta allorché vigeva il sistema retributivo puro, proprio per ragioni di equità. Si tratta in sostanza di una norma speciale che non tollera interpretazioni estensive.

Per gli stessi motivi afferma che la base di calcolo pari al 44% si applicherebbe esclusivamente alle pensioni liquidate interamente su base retributiva, mentre nel caso di specie si tratta di pensione erogata in regime misto per cui non è prevista la liquidazione con base di calcolo al 44% sia pure limitatamente alla quota “A” e “B”. Il riparto della aliquota di rendimento tra i periodi maturati al 31.12.1992 (per i quali si applica alla base pensionabile pari all’ultima retribuzione), e quelli maturati successivamente e fino al 31.12.1995 (per i quali si applica alla base pensionabile pari alla media degli ultimi dieci anni) non è disciplinato da alcuna disposizione.

Richiama la recente giurisprudenza che ha negato il beneficio in oggetto a ricorrenti cessati dal servizio con una anzianità di servizio utile superiore ai 20 anni (in particolare Corte Conti Veneto, Sentenza n. 46/2018).

Con riguardo alla richiesta del riconoscimento del diritto all’incremento figurativo previsto dall’art. 3, comma 7, del decreto legislativo n. 165 del 1997, la difesa dell’INPS sottolinea che gli incrementi pensionistici figurativi necessitano di previa certificazione da parte dell’Amministrazione -datore di lavoro, certificazione che nel caso di specie difetta essendo stato il ricorrente collocato a riposo per infermità senza poter quindi beneficiare dell’ausiliaria. Mancherebbe, pertanto, il presupposto necessario alla delibazione della domanda.

Afferma che l’interpretazione fatta propria dall’Amministrazione -datore di lavoro appare coerente al dettato della norma e alle disposizioni applicative.

La disposizione in esame prevede, nei casi di cessazione dal servizio ex art. 992, comma 1, del D.lgs.vo 66/2010, in ipotesi di pensione liquidata con sistema contributivo o misto, un meccanismo di incremento della base pensionabile, per categorie di personale tassativamente indicate.

Ad avviso dell’INPS la condizione del ricorrente non rientrerebbe tra quelle contemplate dalla norma; in particolare non rientrerebbe in quelle che prevedono il potenziale collocamento in ausiliaria poiché questo sarebbe riservato a chi, al raggiungimento dei limiti di età, non si trova più in possesso dei requisiti per accedere o permanere in ausiliaria, e sarebbe subordinato al fatto che il militare sia in possesso dei requisiti di idoneità al servizio ossia dei requisiti “psicofisici” richiamati dall’art. 3 comma 7 per “accedere e permanere” in ausiliaria. La norma non sarebbe pertanto applicabile a coloro che sono esclusi dall’ausiliaria perché dispensati per assoluta e permanente inidoneità incondizionata al servizio.

Richiama la pronuncia della Sezione Veneto n. 46/2018 secondo cui “Se, infatti, è ben vero che coloro i quali siano dispensati dal servizio per inabilità assoluta sono di per sé esclusi dall’ausiliaria, è altrettanto vero che il trattamento pensionistico loro riservato (appunto, quello di privilegio e/o di inabilità) attribuisce di per sé a tale categoria di soggetti un vantaggio economico (e/o temporale ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico) volto a compensare, appunto, lo svantaggio derivante dall’impossibilità di prestare ulteriormente servizio fino al raggiungimento del limite d’età e conseguire il diritto alla pensione” (cfr. Corte dei Conti Lombardia 99/2018 e 97/2018; Corte dei Conti Friuli 36/2018; Corte dei Conti Liguria 128/18).

Eccepisce, infine, la decadenza e/o prescrizione dei ratei in considerazione della liquidazione occorsa nel 2013.

Formula, pertanto, la conclusione di rigettare il ricorso; con vittoria di spese e competenze come per legge.
Considerato in

DIRITTO

1. L’eccezione di prescrizione dei ratei formulata dall’INPS non può trovare accoglimento essendo decorsi meno di 5 anni dalla cessazione dal servizio (avvenuta in data 15 novembre 2013).

2. Per quanto concerne il primo motivo di ricorso, la Sezione è chiamata a pronunciarsi sull’applicabilità dell’art. 54 D.P.R. n. 1092/1973 nell’ipotesi in cui il ricorrente abbia maturato, alla data del 31 dicembre 1995, un’anzianità in attività di servizio di più di 15 anni e meno di 20 anni di servizio utile (nello specifico 17 anni, 10 mesi e 21 giorni), sia destinatario del sistema di calcolo pensionistico c.d. “misto” e sia stato collocato a riposo quando era in possesso di molto più di 20 anni di servizio utile.

Questa Sezione, chiamata a pronunciarsi sull’applicabilità dell’art. 54 D.P.R. n. 1092/1973 in casi similari, ha recentemente adottato decisioni divergenti (v. sentenza n. 87 del 2017, di rigetto del ricorso, e sentenze n. 2, n. 14, n. 93, n. 95 del 2018 di accoglimento del ricorso). Le pronunce di altre Sezioni sono in parte di segno conforme all’orientamento più recente di questa Sezione (Sezione giurisdizionale Calabria, n. 12 del 30 gennaio 2018 e n. 44 del 27 marzo 2018) e in parte di segno contrario (Sezione giurisdizionale Lombardia, n. 95 del 27 giugno 2017; Sezione giurisdizionale Piemonte, n. 18 del 13 marzo 2018; Sezione giurisdizionale Veneto, n. 46 del 30 marzo 2018).

La Sezione ritiene di confermare il proprio orientamento favorevole, espresso sin dalla sentenza n. 2/2018.

La pensione dell’odierno ricorrente è stata liquidata con il cd. sistema misto, poiché l’interessato, alla data del 31 dicembre 1995, non possedeva un’anzianità contributiva di almeno diciotto anni (art. 1, comma 13 legge n. 335/1995).

Il trattamento di quiescenza del ricorrente è stato, pertanto, liquidato secondo il sistema delle quote di cui al comma 12 dell’art. 1 citato, il quale prevede che “per i lavoratori iscritti alle forme di previdenza di cui al comma 6 che alla data del 31 dicembre 1995 possono far valere un’anzianità contributiva inferiore a diciotto anni, la pensione è determinata dalla somma:

a) della quota di pensione corrispondente alle anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 calcolata, con riferimento alla data di decorrenza della pensione, secondo il sistema retributivo previsto dalla normativa vigente precedentemente alla predetta data;

b) della quota di pensione corrispondente al trattamento pensionistico relativo alle ulteriori anzianità contributive calcolato secondo il sistema contributivo”.

Il problema di quale sia l’aliquota di rendimento applicabile si pone naturalmente esclusivamente per la quota di cui alla lettera a) della disposizione citata, ovvero quella calcolata con il sistema retributivo.

La norma citata prevede, in via transitoria, la sopravvivenza, con riguardo alla prima delle suddette quote, della normativa vigente precedentemente all’entrata in vigore della legge di riforma del sistema pensionistico.

Considerato il disposto della norma, al fine di determinare l’aliquota di rendimento applicabile va fatto riferimento alla normativa vigente alla data del 31 dicembre 1995.

Nel caso di personale militare l’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973, vigente alla data del 31 dicembre 1995, prevede che “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1,80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.

Secondo la tesi dell’INPS, la disposizione si applicherebbe esclusivamente al personale cessato dal servizio con un’anzianità contributiva compresa tra i quindici e i venti anni di servizio e non riguarderebbe, pertanto, la posizione del ricorrente, che possedeva, al momento del collocamento a riposo, un’anzianità superiore a 20 anni.

In realtà la lettera del primo comma dell’art. 54 citato non può che intendersi nel senso che l’aliquota del 44% vada applicata a coloro che, alla data del 31 dicembre 1995, possiedano un’anzianità contributiva compresa tra i 15 e i 20 anni; il successivo comma, che prevede che spetti al militare l’aliquota dell’1,80% per ogni anno di servizio oltre il ventesimo, chiarisce che la disposizione del comma 1 non può considerarsi limitata a coloro che cessino con un massimo di venti anni di servizio. Viceversa, qualora si accedesse alla tesi dell’INPS, la disposizione di cui al comma 2 sarebbe priva di senso.

Come recentemente affermato da questa Sezione (cfr. sentenze n. 61/2018 e n. 93/2018) “Le difficoltà di applicazione della norma evidenziate nella citata sentenza della Sezione Veneto (non essendo disciplinato il modo in cui l’aliquota del 44% vada distribuita tra le due diverse basi pensionabili individuate con riguardo ai periodi ante e post 1992) non sembrano insormontabili, ben potendo le stesse trovare soluzione mediante una distribuzione proporzionale dell’aliquota tra i due periodi in relazione all’anzianità contributiva propria di ciascuno di essi, operazione in taluni casi già effettuata dall’Istituto previdenziale”.

Il ricorso va pertanto accolto.

3 Per quanto concerne il secondo motivo di ricorso, la Sezione è chiamata a pronunciarsi sull’applicabilità dell’incremento figurativo di cui all’art. 3, comma 7 del d.lgs. n. 165/1997 a personale che all’atto del collocamento in quiescenza per inidoneità al servizio, non abbia maturato i requisiti per il transito nell’ausiliaria.

Nel merito, il ricorso è fondato.

Sulla questione di diritto in esame la Sezione condivide la giurisprudenza prevalente di questa Corte (v. Sezione giurisdizionale Sardegna, n. 90/2018, n. 156/2017 e n. 162/2017; Sezione giurisdizionale Abruzzo, n. 27/2017 e n. 28/2012; Sezione giurisdizionale Molise, n. 53/2017; Sezione giurisdizionale Calabria, n. 350/2017).

Il ricorrente è cessato dal servizio senza transitare nella posizione di ausiliaria, essendo stato posto in congedo assoluto per inabilità.

Egli si trova pertanto nella condizione di legge per usufruire del beneficio accordato dalla norma invocata, che prevede quanto segue: “Per il personale di cui all’articolo 1 escluso dall’applicazione dell’istituto dell’ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall’ordinamento di appartenenza e per il personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, il montante individuale dei contributi è determinato con l’incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell’ultimo anno di servizio moltiplicata per l’aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell’interessato”.

Come affermato dalla Sezione Molise (sentenza n. 53/2017), “occorre innanzitutto rilevare l’attuale vigenza della disposizione normativa, pur successivamente all’entrata in vigore del codice dell’ordinamento militare, considerato che detto decreto legislativo n. 66/2010 espressamente prevede (art. 2268, comma 1, n. 930) l’abrogazione dei soli commi da 1 a 5 dell’articolo 3 del d.lgs. n. 165/1997.

Venendo dunque all’ambito applicativo della disposizione, si osserva che il legislatore ha riconosciuto l’incremento del montante contributivo sia al “personale di cui all’art. 1 escluso dall’ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età”, che “al personale militare che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria” … (cfr.: C. conti, sez. giur. Abruzzo, sent. n. 28/2012). Ovviamente, considerate le ragioni dell’impossibilità normativo/oggettiva di collocamento dell’ufficiale in ausiliaria, neppure può propriamente ipotizzarsi l’esercizio di un’opzione da parte dell’interessato, in quanto raggiunto da un provvedimento cogente di collocamento in congedo assoluto per inidoneità assoluta e permanente al servizio”.

Le motivazioni contenute nella sentenza della Sezione Veneto, n. 46 del 2018, richiamata dalla difesa dell’INPS, che si è espressa in senso favorevole alla tesi dell’Amministrazione non appaiono tali da indurre a modificare l’orientamento ripetutamente espresso da questa Sezione in precedenti pronunce.

Questa Sezione (cfr. sentenza n. 90/2018) ha, peraltro, recentemente affermato che “l’espresso riferimento della norma ai requisiti psico-fisici per accedere alla posizione dell’ausiliaria non può essere riferita a coloro i quali cessano dal servizio per raggiunti limiti di età, ma va necessariamente ricollegata a chi, proprio a cagione della propria condizione, non potrà mai optare per l’ausiliaria né potrà restare in servizio, perdendo sia la possibilità di percepire l’indennità nel periodo predetto, sia di vedersi ricalcolare la pensione.

Né può sostenersi che il trattamento di privilegio e/o di inabilità in qualche modo attribuisca un vantaggio economico (e/o temporale ai fini dell’accesso al trattamento pensionistico) volto a compensare, appunto, lo svantaggio derivante dall’impossibilità di prestare ulteriormente servizio fino al raggiungimento del limite d’età e conseguire il diritto alla pensione. Diversa è, infatti, la ratio della concessione della pensione privilegiata e del beneficio invocato, diversa la situazione di fatto che ne origina l’attribuzione, diverso, infine, il calcolo dei medesimi.

Il trattamento di privilegio viene concesso solo se il militare abbia subito, a cagione dell’attività lavorativa svolta, una lesione della propria condizione fisica … il trattamento pensionistico per tale via concesso, compensa la perdita della capacità lavorativa, ma non una cessazione anticipata dal servizio … con un divario che la pensione privilegiata (ad eccezione dei casi più gravi) non potrà colmare.”

Il ricorso va pertanto accolto.

4 Sugli arretrati spettanti per effetto dell’accoglimento del ricorso competono al ricorrente gli accessori, ovvero gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, la seconda per la sola parte eventualmente eccedente l’importo dei primi, calcolati con decorrenza dalla scadenza di ciascun rateo di pensione e sino al pagamento degli arretrati stessi.

In ragione della novità delle questioni e dell’esistenza di precedenti giurisprudenziali di segno contrario, si ritiene sussistano i motivi per disporre la compensazione delle spese ex art. 31 comma 3, D.lgs. n. 174/2016.

PER QUESTI MOTIVI

la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Sardegna, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso del signor D. C. e, per l’effetto, dichiara

- il diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione in godimento con applicazione, sulla quota calcolata con il sistema retributivo, dell’aliquota di rendimento di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973;

- il diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione in godimento mediante applicazione del beneficio previsto dall’art. 3, comma 7 del decreto legislativo 30 aprile 1997, n. 165.

Sugli arretrati spettano gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, quest’ultima limitatamente all’importo eventualmente eccedente quello dovuto per gli interessi, calcolati con decorrenza dal giorno della maturazione del diritto e sino al pagamento, ai sensi dell’art. 167 C.G.C.

Spese compensate.

Fissa in venti giorni il termine per il deposito della sentenza.

Così deciso in Cagliari, il 21 giugno 2018.

IL GIUDICE UNICO
f.to Lucia d’Ambrosio


Depositata in Segreteria il 27/06/2018

IL DIRIGENTE
f.to Giuseppe Mullano

DECRETO
Il Giudice, ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del D. L.vo 30 giugno 2003, n. 196,
DISPONE
che a cura della Segreteria venga apposta l’annotazione di cui al comma 3 di detto art. 52 nei riguardi del ricorrente.
IL GIUDICE UNICO
f.to Lucia d’Ambrosio


In caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi del ricorrente.

IL DIRIGENTE
f.to Giuseppe Mullano
runners
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Iscritto il: gio dic 20, 2018 6:32 pm

Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da runners »

Buonasera, io sono nella stessa situazione , arruolato il 26.11.1981, riformato il 31.05.2018, l.Inps mi applicato questi coefficienti: a) periodi di servizio fino al 31.12.1992 il 0,30917
Dal 01.01.1993 al 1995 il 0,38300
Dal 01.01.1996 in poi non vi è nulla,
Montante complessivo il 305.751,43
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