art.54 c.1 T.U.1092/1973

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gi_max66
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da gi_max66 »

Non vi fate abbindolare da queste sentenze, prive di qualsiasi base giuridica. Il significato della norma è tutt'altro. Non c'entra niente che il militare vada in pensione a 100 anni o che al 31.12.1995 avesse solo 1 anno di anzianità.


naturopata
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da naturopata »

gi_max66 ha scritto:Ciao a tutti. Desideravo dirvi che l'aliquota del 44% spetta a tutti i militari, a prescindere dall'aver maturato almeno 15 anni al 31.12.1995. La sentenza 12/2018 Calabria ne è la prima testimonianza ed io colui che l'ha vinta. Purtroppo dovrò andare in appello perché il giudice, oltre a non aver risposto ad altri due motivi di gravame, mi ha negato il moltiplicatore - unico in Italia - nonostante, qualche giorno prima, altro giudice della stessa Sezione l'aveva pacificamente accolto (350/2017). Comunque sia, per i parametri, non vi è dubbio che a tutti i militari spetti l'art. 54 DPR n. 1092/1973. Se vorrete chiarimenti in merito, approfittatene pure.
E' chiaro che il GUP ti ha voluto concedere lo un beneficio, andando contro a pronunce della medesima sezione sul moltiplicatore. Inoltre, non so se il tuo legale l'ha evidenziato, atteso che è la solita linea difensiva dell'INPS che il comma 1 dell'art 3, (come anche il 2,3,4 e 5) sono stati abrogati dal COM sin dal 2010.

Comunque oramai sia la fattispecie del moltiplicatore che dell'art.54 andranno in appello e lì si gioca la partita, tuttavia, fossi in te aspetterei ad appellare, tranne se non ti notificano la sentenza, in quanto potresti subire l'appello incidentale e magari vederti tolto il beneficio ex art.54 e attenderei nuove sentenze sul moltiplicatore, in quanto in arrivo altre negative.

ovviamente questo è un consiglio disinteressato, ma lungimirante.
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da gi_max66 »

Vi allego la mia sentenza, 12/2018 Calabria, con la quale ho vinto il ricorso per i parametri. Premetto che io avevo 11 anni di servizio utile al 31.12.1995.
L'aliquota del 44% spetta a tutti i militari e non solo, come si va dicendo, a chi aveva almeno 15 anni e meno di 20 al 31.12.1995.
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
gino59
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da gino59 »

naturopata ha scritto:
gi_max66 ha scritto:Ciao a tutti. Desideravo dirvi che l'aliquota del 44% spetta a tutti i militari, a prescindere dall'aver maturato almeno 15 anni al 31.12.1995. La sentenza 12/2018 Calabria ne è la prima testimonianza ed io colui che l'ha vinta. Purtroppo dovrò andare in appello perché il giudice, oltre a non aver risposto ad altri due motivi di gravame, mi ha negato il moltiplicatore - unico in Italia - nonostante, qualche giorno prima, altro giudice della stessa Sezione l'aveva pacificamente accolto (350/2017). Comunque sia, per i parametri, non vi è dubbio che a tutti i militari spetti l'art. 54 DPR n. 1092/1973. Se vorrete chiarimenti in merito, approfittatene pure.
E' chiaro che il GUP ti ha voluto concedere lo un beneficio, andando contro a pronunce della medesima sezione sul moltiplicatore. Inoltre, non so se il tuo legale l'ha evidenziato, atteso che è la solita linea difensiva dell'INPS che il comma 1 dell'art 3, (come anche il 2,3,4 e 5) sono stati abrogati dal COM sin dal 2010.

Comunque oramai sia la fattispecie del moltiplicatore che dell'art.54 andranno in appello e lì si gioca la partita, tuttavia, fossi in te aspetterei ad appellare, tranne se non ti notificano la sentenza, in quanto potresti subire l'appello incidentale e magari vederti tolto il beneficio ex art.54 e attenderei nuove sentenze sul moltiplicatore, in quanto in arrivo altre negative.

ovviamente questo è un consiglio disinteressato, ma lungimirante.
=============Ottima analisi....congratulazioni=========================
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da gi_max66 »

Non ho ancora capito come funziona il Forum. Scrivo da una parte e mi ritrovo in un'altra discussione.
Comunque, l'appello l'ho già preparato e, per la chiarezza degli argomenti trattati, tutti legati a norme di legge e non ad opinioni di giudici improvvisati, lo depositerò al più presto.
Spero darvi buone notizie.
Gabriele63
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da Gabriele63 »

Salve gi_max66. Complimenti per il 1° step raggiunto.
Ti chiedo notizie sugli oneri che, presumo, possano interessare un pò tutti.
Quali sono le spese che hai sostenuto (compreso la percentuale di arretrati pattuita con il legale) per la sentenza e quelle da sostenere per l'appello?
Grazie ed in bocca al lupo!!!

gi_max66 ha scritto:Non ho ancora capito come funziona il Forum. Scrivo da una parte e mi ritrovo in un'altra discussione.
Comunque, l'appello l'ho già preparato e, per la chiarezza degli argomenti trattati, tutti legati a norme di legge e non ad opinioni di giudici improvvisati, lo depositerò al più presto.
Spero darvi buone notizie.
naturopata
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

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gi_max66 ha scritto:Non vi fate abbindolare da queste sentenze, prive di qualsiasi base giuridica. Il significato della norma è tutt'altro. Non c'entra niente che il militare vada in pensione a 100 anni o che al 31.12.1995 avesse solo 1 anno di anzianità.
Scusa allora ci spieghi il significato della norma:
art.54
1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di
venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile
, salvo quanto
disposto nel penultimo comma del presente articolo.
ClaudioT62
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da ClaudioT62 »

Per me vinci per il moltiplicatore gi_max66
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da gi_max66 »

riguardo alle spese, ho concordato 500 di acconto e 1.000 a sentenza - chiedendo la cortesia di aspettare gli arretrati. Per l'appello devo ancora concordare. Però vi invito ad aspettare la prossima sentenza, fissata per il prossimo 6 marzo, sempre alla Corte dei Conti Calabria.
Spero per il collega che stavolta i giudici della stessa Sezione si parlino e, magari, si mettano d'accordo.
Io credo che passeranno entrambe le richieste.
Vedremo
gi_max66
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da gi_max66 »

Come vi avevo anticipato, oggi c'è stata l'udienza per altro collega che reclamava il moltiplicatore e l'applicazione del parametro militare del 44%. Il giudice non ha deciso nulla, rimandando ad altra udienza, in attesa di ricevere il parere che ha chiesto alla Ragioneria Generale dello Stato.
La scelta del giudice mi sembra sibillina, considerato che la Ragioneria Generale dello Stato ha competenza nella:
- concessione e pagamento di pensioni di guerra e relativi trattamenti economici accessori, concessione e pagamento di assegni annessi alle decorazioni al valor militare - revoca e modifica dei trattamenti emessi di cui al D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834, alla legge 6 ottobre 1986, n. 656, alla legge 18 agosto 2000, n. 236, alla legge 8 agosto 1991, n. 261, al D.P.R. 30 settembre 1999, n. 377, alla legge 27 dicembre 2002, n. 288, alla legge 7 febbraio 2006, n. 44 e alla legge 3 dicembre 2009, n. 184 - gestione dei pagamenti dell'assegno vitalizio, di cui al D.P.R. 6 ottobre 1963, n. 2043, alla legge 18 novembre 1980, n. 791, alla legge 29 gennaio 1994, n. 94, e all'art. 7-bis della legge 28 febbraio 2008, n. 31- gestione dei pagamenti dell'assegno vitalizio di benemerenza, di cui alle leggi 10 marzo 1955, n. 96, 24 aprile 1967, n. 261 e 22 dicembre 1980, n. 932;
- gestione delle pensioni ordinarie privilegiate tabellari e concessione delle relative reversibilità di cui al D.P.R. del 29 dicembre 1973, n. 1092, alle leggi 29 aprile 1976, n. 177, 26 gennaio 1980, n. 9 e 2 maggio 1984, n. 111.

Non vedo il nesso.
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

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gi_max66 ha scritto:Come vi avevo anticipato, oggi c'è stata l'udienza per altro collega che reclamava il moltiplicatore e l'applicazione del parametro militare del 44%. Il giudice non ha deciso nulla, rimandando ad altra udienza, in attesa di ricevere il parere che ha chiesto alla Ragioneria Generale dello Stato.
La scelta del giudice mi sembra sibillina, considerato che la Ragioneria Generale dello Stato ha competenza nella:
- concessione e pagamento di pensioni di guerra e relativi trattamenti economici accessori, concessione e pagamento di assegni annessi alle decorazioni al valor militare - revoca e modifica dei trattamenti emessi di cui al D.P.R. 23 dicembre 1978, n. 915, al D.P.R. 30 dicembre 1981, n. 834, alla legge 6 ottobre 1986, n. 656, alla legge 18 agosto 2000, n. 236, alla legge 8 agosto 1991, n. 261, al D.P.R. 30 settembre 1999, n. 377, alla legge 27 dicembre 2002, n. 288, alla legge 7 febbraio 2006, n. 44 e alla legge 3 dicembre 2009, n. 184 - gestione dei pagamenti dell'assegno vitalizio, di cui al D.P.R. 6 ottobre 1963, n. 2043, alla legge 18 novembre 1980, n. 791, alla legge 29 gennaio 1994, n. 94, e all'art. 7-bis della legge 28 febbraio 2008, n. 31- gestione dei pagamenti dell'assegno vitalizio di benemerenza, di cui alle leggi 10 marzo 1955, n. 96, 24 aprile 1967, n. 261 e 22 dicembre 1980, n. 932;
- gestione delle pensioni ordinarie privilegiate tabellari e concessione delle relative reversibilità di cui al D.P.R. del 29 dicembre 1973, n. 1092, alle leggi 29 aprile 1976, n. 177, 26 gennaio 1980, n. 9 e 2 maggio 1984, n. 111.

Non vedo il nesso.
Il nesso c'è eccome, la ragioneria dello stato è (dovrebbe) in questo giudizio organo terzo tra il ricorrente e l'INPS ed è in grado di fornire calcoli in materia pensionistica (lo fa per tanti dipendenti pubblici). Il giudice, prima di decidere vuole effettivamente verificare se la percentuale di calcolo sia errata o meno, cosa che avrebbe dovuto già accertare l'avvocato e quindi ha disposto una consulenza tecnica contabile e la cosa non è negativa, almeno per l'art.54, perché per il moltiplicatore non credo che abbia disposto nulla.
naturopata
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

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La Sardegna a valanga per il si con ulteriori due sentenze positive:

REPUBBLICA ITALIANA Sent. N. 43/2018
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA
in composizione monocratica, nella persona del Consigliere Maria Elisabetta LOCCI, quale giudice unico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24.050 del registro di Segreteria, proposto dal sig. E. C., nato a Omissis il Omissis (C.F. Omissis), rappresentato e difeso dall’Avvocato Alessandro MARIANI (C.F. MRNLSN61L07B354U; PEC: alessandromariani@legalmail.it), presso il cui studio, sito in Cagliari, via Sebastiano Satta n. 12, ha eletto domicilio, contro l’INPS, Gestione Dipendenti Pubblici (CF: 80078750587).
Uditi, nella pubblica udienza del 21 febbraio 2018, il difensore del ricorrente, Avvocato Alessandro MARIANI, e l’Avvocato Roberto AIME per l’INPS.
Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa;
Ritenuto in
FATTO
Con atto depositato in data 29 settembre 2017, il signor C., ex sottufficiale dell'Esercito Italiano, dal 14 settembre 2015 titolare di trattamento pensionistico (iscrizione n. 17141098) ha proposto ricorso contro l’INPS di Cagliari, chiedendo l’accertamento del proprio diritto - ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/73 - al ricalcolo, riliquidazione e pagamento del trattamento pensionistico erogato, con attribuzione della percentuale del 44 per cento ai fini del calcolo della base pensionabile, il tutto con decorrenza dalla data di collocamento in congedo, con condanna di parte convenuta alla corresponsione di tutto quanto per l’effetto dovuto, oltre arretrati maturati (con interessi e rivalutazioni di legge su ciascun rateo), ed adeguamento del trattamento corrente, previo annullamento e/o disapplicazione di qualsivoglia provvedimento sotteso, inerente, connesso, o comunque preparatorio o conseguenziale che sia di ostacolo al riconoscimento del diritto medesimo. Con vittoria di spese, diritti e onorari di causa.
In fatto, il ricorrente ha esposto di essere cessato dal servizio a domanda, con decorrenza giuridica ed amministrativa dal 14 settembre 2015, e di essere titolare di trattamento pensionistico, calcolato secondo il sistema c.d. “misto”, in quanto alla data del 31 dicembre 1995 non poteva far valere un’anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni (nello specifico, aveva un’anzianità pari a 16 anni e 9 mesi).
Avendo maturato alla data del 31 dicembre 1995 un’anzianità - in attività di servizio - di più di 15 anni e meno di 20 anni di servizio utile, ha sostenuto di essere destinatario del trattamento previsto dall’art. 54 del d.P.R. n. 1092/73, per il quale “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile”.
Invece, il trattamento pensionistico in godimento gli è stato calcolato con l’attribuzione della minore e più sfavorevole aliquota di cui all’art. 44 del medesimo d.P.R. per il quale “la pensione spettante al personale civile con l’anzianità di quindici anni di servizio effettivo è pari al 35 per cento della base pensionabile ... aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio utile fino a raggiungere il massimo dell’ottanta per cento”.
Con nota del 2 maggio 2017, indirizzata all’INPS, il ricorrente ha lamentato quanto sopra rilevato e, in tal senso, ha invitato l’Istituto a voler provvedere al riconoscimento integrale di tutto quanto lui spettante ai sensi del citato art. 54 del d.P.R. n. 1092/73, con decorrenza dalla relativa data di collocamento in pensione, ed a procedere pertanto al ricalcolo, riliquidazione e pagamento del relativo trattamento pensionistico.
In risposta, con nota in data 28.06.2017, l’Istituto ha respinto la richiesta avanzata adducendo che “il riconoscimento dell’aliquota del 44% da applicare per il calcolo della pensione” fosse “attribuito esclusivamente al personale militare che, all’atto di cessazione, può vantare un servizio utile complessivo tra i 15 ed i 20 anni (da intendersi come non meno di 15 e non più di 20 anni) e con il sistema di calcolo esclusivamente retributivo”, confermando in tal modo la correttezza del calcolo del trattamento pensionistico in pagamento.
A sostegno della tesi di parte, la difesa del ricorrente, dopo aver richiamato le norme che attengono alla liquidazione della pensione con il sistema cd. misto, nell’ambito delle quali troverebbe applicazione l’invocato art. 54 (per la parte liquidata con il sistema retributivo), ha citato il contenuto di alcune circolari (emesse dalla Direzione di Amministrazione del Comando Generale Arma Carabinieri, dal Ministero del Tesoro e dallo stesso INPDAP), tutte concordi nel confermare che il calcolo della quota retributiva della pensione del personale militare debba essere effettuato con l’applicazione dell’aliquota prevista dalla norma suddetta.
Dallo stesso tenore letterale della norma, si evincerebbe, conclusivamente, che essa non circoscriva la sua operatività ai soli soggetti con l’anzianità ivi indicata, escludendo quelli con maggiore anzianità, come si ricaverebbe peraltro dall’inciso finale per il quale la base pensionabile è “aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio utile fino a raggiungere il massimo dell’ottanta per cento”, che avrebbe senso proprio in quanto riferibile anche a soggetti con anzianità maggiore di 20 anni.
L’INPS si è costituito in giudizio a ministero degli avvocati Alessandro DOA, Mariantonietta PIRAS e Laura FURCAS, con memoria difensiva depositata in Segreteria tramite PEC l’8 febbraio 2018, con la quale sono state formulate conclusioni di rigetto del ricorso. Con vittoria di spese e competenze come per legge.
Nell’atto defensionale è stato sostenuto che la norma invocata dal ricorrente non sarebbe applicabile, giacché limitata alle sole ipotesi di trattamento pensionistico liquidato interamente con il sistema retributivo. Nel caso di specie, invece, il ricorrente vantava all’atto della cessazione, 38 anni e 10 mesi di servizio, anzianità superiore a quella prevista dall’art. 54 del DPR n. 1092/1973, dettata per sopperire ai casi in cui l’applicazione del calcolo retributivo avrebbe dato luogo ad un trattamento di importo troppo basso.
Nell’udienza del 21 febbraio 2018, fissata per la discussione della causa, l’Avvocato MARIANI ha ribadito come la stessa dizione letterale della norma individuerebbe tra i destinatari anche i soggetti con un’anzianità maggiore rispetto ai venti anni (in caso contrario non avrebbe senso l’indicazione della percentuale dell’1,80% per gli anni successivi al ventesimo). Ma, oltre le ragioni di natura giuridica, soccorrerebbe, ad avvallare l’impianto difensivo, anche una funzione perequativa della norma che, interpretata nei sensi indicati in ricorso, ridurrebbe il divario venutosi a creare, per effetto delle riforme pensionistiche, tra coloro che possono vantare l’anzianità utile per poter usufruire del calcolo della pensione secondo il sistema retributivo e i destinatari del sistema “misto”, anche se provvisti di anzianità di servizio di poco differente.
L’Avvocato AIME, nell’interesse dell’INPS, nel precisare che un’interpretazione “perequativa” non potrebbe trovare ingresso, ha richiamato integralmente le conclusioni di cui alla memoria in atti.
Considerato in
DIRITTO
Come traspare dalla narrativa del fatto, il ricorrente ha chiesto la riliquidazione del proprio trattamento pensionistico, con l’applicazione dell’aliquota di rendimento prevista dall’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973.
La norma invocata dal ricorrente ha disposto, testualmente, che “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1,80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
Peraltro, non può essere dimenticato che l’ordinamento italiano è stato interessato, nei primi anni novanta, da un’integrale riforma del sistema pensionistico, che ha preso avvio con il D.lgs. n. 503 del 30.12.1992, il quale ha recepito i principi e criteri direttivi della legge delega, n° 421 del 23 ottobre 1992, ed è proseguita, per l’aspetto che qui interessa, con la legge 8 agosto 1995 n° 335, la quale ha introdotto un nuovo sistema di calcolo delle pensioni, dal sistema retributivo (imperniato sulla media delle retribuzioni degli ultimi anni lavorativi), al sistema contributivo (basato sull’ammontare dei contributi versati nell’intera vita lavorativa).
La stessa legge n° 335 (art. 1 comma 13), ha fatto salva, in regime transitorio, a favore dei dipendenti che avevano maturato, alla data del 31 dicembre 1995, un’anzianità contributiva di oltre diciotto anni, la liquidazione della pensione “secondo la normativa vigente in base al sistema retributivo” (calcolata, dunque, tenuto conto della retribuzione pensionabile, dell’anzianità contributiva e dell’aliquota di rendimento).
Per i dipendenti che, alla medesima data, avevano un’anzianità inferiore, il trattamento pensionistico è attribuito con il cd. sistema misto (retributivo/contributivo), in cui le anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 vengono calcolate secondo il sistema retributivo (quota A), mentre le anzianità successivamente maturate sono computate secondo il sistema contributivo (cfr. art. 1 comma 12, legge n. 335/1995).
Ne consegue che le modalità di calcolo della pensione e le relative aliquote, previste dall’art. 54 DPR 1092/1973, potranno trovare applicazione, in maniera integrale, laddove la pensione sia liquidata interamente secondo il sistema retributivo, o in maniera parziale, qualora la pensione medesima sia attribuita con il sistema misto (quindi sulla parte del trattamento che “rimane” in retributivo).
Al riguardo, non appare condivisibile l’interpretazione offerta dall’Istituto previdenziale, secondo cui la norma potrebbe trovare applicazione solo nell’ipotesi in cui la pensione sia calcolata unicamente con il sistema retributivo.
Detta affermazione, infatti, non trova riscontro nel dato testuale della disposizione, la quale, per come formulata, attribuisce l’aliquota del 44% a coloro che possiedano un’anzianità contributiva compresa tra i 15 e i 20 anni, mentre il successivo comma chiarisce che la disposizione del comma 1 non può intendersi limitata a coloro che cessino con un massimo di venti anni di servizio, atteso che esso prevede che spetti al militare l’aliquota dell’1.80% per ogni anno di servizio oltre il ventesimo. Come correttamente evidenziato dalla difesa del ricorrente, la disposizione non avrebbe senso qualora si accedesse alla tesi dell’amministrazione (cfr., negli stessi sensi, Sezione Sardegna, sentenza n. 2/2018).
Né è dato rinvenire alcuna norma che abbia limitato, nei sensi voluti dall’INPS, l’applicazione dell’aliquota pensionistica di cui all’art. 54 al solo sistema retributivo, desumendosi per contro, chiaramente, dalle leggi più sopra succintamente riportate, che hanno ridisegnato il sistema pensionistico, il mantenimento, per le quote di pensione maturate anteriormente al 31 dicembre 1995, dei precedenti criteri di calcolo (limitati alla quota A).
Va, infine, rammentato che lo stesso INPDAP, nella circolare n. 22/2009 (allegato n. 7 al ricorso), aveva chiarito che le norme citate andavano applicate nel senso ora detto.
Il ricorso, siccome fondato, va pertanto accolto.
Sugli arretrati spettanti per effetto dell’accoglimento del ricorso competono al ricorrente gli accessori, ovvero gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, la seconda per la sola parte eventualmente eccedente l’importo dei primi, calcolati con decorrenza dalla scadenza di ciascun rateo di pensione e sino al pagamento degli arretrati stessi.
In ordine alle spese, in ragione della novità della questione e dell’esistenza di un precedente giurisprudenziale di segno contrario, si ritiene sussistano i motivi per disporne la compensazione, ex art. 31 comma 3, D.lgs. n. 174/2016.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso proposto dal sig. E. C. e, per l’effetto, dichiara il diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione in godimento con applicazione, sulla quota calcolata con il sistema retributivo, dell’aliquota di rendimento di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973.
Sui maggiori ratei di pensione conseguentemente dovuti spettano al ricorrente gli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria (quest’ultima limitatamente all’importo eventualmente eccedente quello dovuto per interessi), con decorrenza dalla data di scadenza di ciascun rateo e sino al pagamento.
Spese compensate.
Fissa in venti giorni il termine per il deposito della sentenza.
Così deciso in Cagliari, nell'udienza del 21 febbraio 2018.
Il Giudice unico
f.to Maria Elisabetta LOCCI

Depositata in Segreteria il 27/02/2018
Il Dirigente
f.to Giuseppe Mullano








REPUBBLICA ITALIANA Sent. N. 42/2018
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE SARDEGNA
in composizione monocratica, nella persona del Consigliere Maria Elisabetta LOCCI, quale giudice unico, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 24.054 del registro di Segreteria, proposto dal sig. A. S., nato a il Omissis il Omissis (C.F. Omissis), rappresentato e difeso dall’Avvocato Alessandro MARIANI (C.F. MRNLSN61L07B354U; PEC: alessandromariani@legalmail.it), presso il cui studio, sito in Cagliari, via Sebastiano Satta n. 12, ha eletto domicilio, contro l’INPS, Gestione Dipendenti Pubblici (CF: 80078750587).
Uditi, nella pubblica udienza del 21 febbraio 2018, il difensore del ricorrente, Avvocato Alessandro MARIANI, e l’Avvocato Roberto AIME per l’INPS.
Esaminati gli atti e i documenti tutti della causa;
Ritenuto in
FATTO
Con atto depositato in data 29 settembre 2017, il signor A. S., ex sottufficiale dell'Aeronautica Militare, dal 19 febbraio 2015 titolare di trattamento pensionistico (iscrizione n. 17453180), ha proposto ricorso contro l’INPS di Cagliari, chiedendo l’accertamento del proprio diritto - ai sensi e per gli effetti di quanto previsto dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/73 - al ricalcolo, riliquidazione e pagamento del trattamento pensionistico erogato con attribuzione della percentuale del 44 per cento ai fini del calcolo della base pensionabile, il tutto con decorrenza dalla data di collocamento in congedo, con condanna di parte convenuta alla corresponsione di tutto quanto per l’effetto dovuto, oltre arretrati maturati (con interessi e rivalutazioni di legge su ciascun rateo), ed adeguamento del trattamento corrente, previo annullamento e/o disapplicazione di qualsivoglia provvedimento sotteso, inerente, connesso, o comunque preparatorio o conseguenziale, che sia di ostacolo al riconoscimento del diritto medesimo. Con vittoria di spese, diritti e onorari di causa.
In fatto, il ricorrente ha esposto di essere cessato dal servizio a domanda con decorrenza giuridica ed amministrativa dal 19 febbraio 2015, e di essere titolare di trattamento pensionistico, calcolato secondo il sistema c.d. “misto”, in quanto alla data del 31 dicembre 1995 non poteva far valere un’anzianità contributiva pari o superiore a 18 anni (nello specifico, aveva un’anzianità pari a 17 anni, 11 mesi e 18 giorni).
Avendo maturato alla data del 31 dicembre 1995 un’anzianità - in attività di servizio - di più di 15 anni e meno di 20 anni di servizio utile, ha sostenuto di essere destinatario del trattamento previsto dall’art. 54 del d.P.R. n. 1092/73, per il quale “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile”.
Invece, il trattamento pensionistico in godimento gli è stato calcolato con l’attribuzione della minore e più sfavorevole aliquota di cui all’art. 44 del medesimo d.P.R. per il quale “la pensione spettante al personale civile con l’anzianità di quindici anni di servizio effettivo è pari al 35 per cento della base pensionabile ... aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio utile fino a raggiungere il massimo dell’ottanta per cento”.
Con nota del 2 maggio 2017, indirizzata all’INPS, il ricorrente ha lamentato quanto sopra rilevato e, in tal senso, ha invitato l’Istituto a voler provvedere al riconoscimento integrale di tutto quanto lui spettante ai sensi del citato art. 54 del d.P.R. n. 1092/73, con decorrenza dalla relativa data di collocamento in pensione, ed a procedere pertanto al ricalcolo, riliquidazione e pagamento del relativo trattamento pensionistico.
In risposta, con nota in data 1°.06.2017, l’Istituto ha respinto la richiesta avanzata adducendo che “il riconoscimento dell’aliquota del 44% da applicare per il calcolo della pensione” fosse “attribuito esclusivamente al personale militare che, all’atto di cessazione, può vantare un servizio utile complessivo tra i 15 ed i 20 anni (da intendersi come non meno di 15 e non più di 20 anni) e con il sistema di calcolo esclusivamente retributivo”, confermando in tal modo la correttezza del calcolo del trattamento pensionistico in pagamento.
A sostegno della tesi di parte, la difesa del ricorrente, dopo aver richiamato le norme che attengono alla liquidazione della pensione con il sistema cd. misto, nell’ambito delle quali troverebbe applicazione l’invocato art. 54 (per la parte liquidata con il sistema retributivo), ha citato il contenuto di alcune circolari (emesse dalla Direzione di Amministrazione del Comando Generale Arma Carabinieri, dal Ministero del Tesoro e dallo stesso INPDAP), tutte concordi nel confermare che il calcolo della quota retributiva della pensione del personale militare debba essere effettuato con l’applicazione dell’aliquota prevista dalla norma suddetta.
Dallo stesso tenore letterale della norma, si evincerebbe, conclusivamente, che essa non circoscriva la sua operatività ai soli soggetti con l’anzianità ivi indicata, escludendo quelli con maggiore anzianità, come si ricaverebbe peraltro dall’inciso finale per il quale la base pensionabile è “aumentata di 1,80 per ogni ulteriore anno di servizio utile fino a raggiungere il massimo dell’ottanta per cento”, che avrebbe senso proprio in quanto riferibile anche a soggetti con anzianità maggiore di 20 anni.
L’INPS si è costituito in giudizio a ministero degli avvocati Maurizio FALQUI CAO, Stefania SOTGIA, Mariantonietta PIRAS e Alessandro DOA, con memoria difensiva depositata in Segreteria tramite PEC il 7 febbraio 2018, con la quale sono state formulate conclusioni di rigetto del ricorso. Spese di lite rifuse.
Nell’atto defensionale è stato sostenuto che la norma invocata dal ricorrente non sarebbe applicabile, giacché limitata alle sole ipotesi di trattamento pensionistico liquidato con il sistema retributivo. Una contraria interpretazione e applicazione della stessa avverrebbe a discrezione dell’interprete, in violazione del principio di legalità e dei vincoli di bilancio.
Nell’udienza del 21 febbraio 2018, fissata per la discussione della causa, l’Avvocato MARIANI ha ribadito come la stessa dizione letterale della norma individuerebbe tra i destinatari anche i soggetti con un’anzianità maggiore rispetto ai venti anni (in caso contrario non avrebbe senso l’indicazione della percentuale dell’1,80% per gli anni successivi al ventesimo). Ma, oltre le ragioni di natura giuridica, soccorrerebbe, ad avvallare l’impianto difensivo, anche una funzione perequativa della norma che, interpretata nei sensi indicati in ricorso, ridurrebbe il divario venutosi a creare, per effetto delle riforme pensionistiche, tra coloro che possono vantare l’anzianità utile per poter usufruire del calcolo della pensione secondo il sistema retributivo e i destinatari del sistema “misto”, anche se provvisti di anzianità di servizio di poco differente.
L’Avvocato AIME, nell’interesse dell’INPS, nel precisare che un’interpretazione “perequativa” non potrebbe trovare ingresso, ha richiamato integralmente le conclusioni di cui alla memoria in atti.
Considerato in
DIRITTO
Come traspare dalla narrativa del fatto, il ricorrente ha chiesto la riliquidazione del proprio trattamento pensionistico, con l’applicazione dell’aliquota di rendimento prevista dall’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973.
La norma invocata dal ricorrente ha disposto, testualmente, che “la pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto nel penultimo comma del presente articolo. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1,80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
Peraltro, non può essere dimenticato che l’ordinamento italiano è stato interessato, nei primi anni novanta, da un’integrale riforma del sistema pensionistico, che ha preso avvio con il D.lgs. n. 503 del 30.12.1992, il quale ha recepito i principi e criteri direttivi della legge delega, n° 421 del 23 ottobre 1992, ed è proseguita, per l’aspetto che qui interessa, con la legge 8 agosto 1995 n° 335, la quale ha introdotto un nuovo sistema di calcolo delle pensioni, dal sistema retributivo (imperniato sulla media delle retribuzioni degli ultimi anni lavorativi), al sistema contributivo (basato sull’ammontare dei contributi versati nell’intera vita lavorativa).
La stessa legge n° 335 (art. 1 comma 13), ha fatto salva, in regime transitorio, a favore dei dipendenti che avevano maturato, alla data del 31 dicembre 1995, un’anzianità contributiva di oltre diciotto anni, la liquidazione della pensione “secondo la normativa vigente in base al sistema retributivo” (calcolata, dunque, tenuto conto della retribuzione pensionabile, dell’anzianità contributiva e dell’aliquota di rendimento).
Per i dipendenti che, alla medesima data, avevano un’anzianità inferiore, il trattamento pensionistico è attribuito con il cd. sistema misto (retributivo/contributivo), in cui le anzianità acquisite anteriormente al 31 dicembre 1995 vengono calcolate secondo il sistema retributivo (quota A), mentre le anzianità successivamente maturate sono computate secondo il sistema contributivo (cfr. art. 1 comma 12, legge n. 335/1995).
Ne consegue che le modalità di calcolo della pensione e le relative aliquote, previste dall’art. 54 DPR 1092/1973, potranno trovare applicazione, in maniera integrale, laddove la pensione sia liquidata interamente secondo il sistema retributivo, o in maniera parziale, qualora la pensione medesima sia attribuita con il sistema misto (quindi sulla parte del trattamento che “rimane” in retributivo).
Al riguardo, non appare condivisibile l’interpretazione offerta dall’Istituto previdenziale, secondo cui la norma potrebbe trovare applicazione solo nell’ipotesi in cui la pensione sia calcolata unicamente con il sistema retributivo.
Detta affermazione, infatti, non trova riscontro nel dato testuale della disposizione, la quale, per come formulata, attribuisce l’aliquota del 44% a coloro che possiedano un’anzianità contributiva compresa tra i 15 e i 20 anni, mentre il successivo comma chiarisce che la disposizione del comma 1 non può intendersi limitata a coloro che cessino con un massimo di venti anni di servizio, atteso che esso prevede che spetti al militare l’aliquota dell’1.80% per ogni anno di servizio oltre il ventesimo. Come correttamente evidenziato dalla difesa del ricorrente, la disposizione non avrebbe senso qualora si accedesse alla tesi dell’amministrazione (cfr., negli stessi sensi, Sezione Sardegna, sentenza n. 2/2018).
Né è dato rinvenire alcuna norma che abbia limitato, nei sensi voluti dall’INPS, l’applicazione dell’aliquota pensionistica di cui all’art. 54 al solo sistema retributivo, desumendosi per contro, chiaramente, dalle leggi più sopra succintamente riportate, che hanno ridisegnato il sistema pensionistico, il mantenimento, per le quote di pensione maturate anteriormente al 31 dicembre 1995, dei precedenti criteri di calcolo (limitati alla quota A).
Va, infine, rammentato che lo stesso INPDAP, nella circolare n. 22/2009 (allegato n. 7 al ricorso), aveva chiarito che le norme citate andavano applicate nel senso ora detto.
Il ricorso, siccome fondato, va pertanto accolto.
Sugli arretrati spettanti per effetto dell’accoglimento del ricorso competono al ricorrente gli accessori, ovvero gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, la seconda per la sola parte eventualmente eccedente l’importo dei primi, calcolati con decorrenza dalla scadenza di ciascun rateo di pensione e sino al pagamento degli arretrati stessi.
In ordine alle spese, in ragione della novità della questione e dell’esistenza di un precedente giurisprudenziale di segno contrario, si ritiene sussistano i motivi per disporne la compensazione, ex art. 31 comma 3, D.lgs. n. 174/2016.
PER QUESTI MOTIVI
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso proposto dal sig. A. S. e, per l’effetto, dichiara il diritto del ricorrente alla riliquidazione della pensione in godimento con applicazione, sulla quota calcolata con il sistema retributivo, dell’aliquota di rendimento di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973.
Sui maggiori ratei di pensione conseguentemente dovuti spettano al ricorrente gli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria (quest’ultima limitatamente all’importo eventualmente eccedente quello dovuto per interessi), con decorrenza dalla data di scadenza di ciascun rateo e sino al pagamento.
Spese compensate.
Fissa in venti giorni il termine per il deposito della sentenza.
Così deciso in Cagliari, nell'udienza del 21 febbraio 2018.
Il Giudice unico
f.to Maria Elisabetta LOCCI

Depositata in Segreteria il 27/02/2018
Il Dirigente
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

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Altro Ricorso respinto, ma ripeto bisogna andare con i calcoli alla mano.

SENT. N. 18/18

REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

la Corte dei Conti

Sezione giurisdizionale

per la regione Piemonte

in composizione monocratica nella persona del Cons. Walter BERRUTI, quale Giudice unico ai sensi dell’art. 151 c.g.c., ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 20407 del registro di Segreteria, proposto da PELLEREJ Maurizio Adriano, nato a Ivrea (TO) il 18 febbraio 1961, residente in Torino, c.f. PLLMZD61B18E379B, rappresentato e difeso dall’Avv. Massimo Vitelli del Foro di Teramo come da procura speciale in calce al ricorso;

contro

INPS, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – Gestione Dipendenti pubblici, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso anche disgiuntamente, dagli Avv.ti Giorgio RUTA (RTU GRG 55C09 H501X) e Patrizia SANGUINETI (SNG PRZ 69A66 D969D) dell’Ufficio legale dell’Istituto, come da procura generale ad lites conferita con atto del notaio Paolo Castellini rep. 80974/21569 del 21 luglio 2015, con loro elettivamente domiciliato in Torino, Via dell’Arcivescovado n. 9;

avverso

la determinazione INPS n. TO012016858753 di conferimento al ricorrente della pensione ordinaria di inabilità n. 17744384 nella parte in cui non attribuisce l’incremento figurativo di cui all’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997 e non riconosce l’aliquota di rendimento del 44% in ordine alla quota fino alla data del 31 dicembre 1995, regolata dal sistema retributivo;

e per l’accertamento

del diritto al beneficio di cui all’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997, nonché all’attribuzione del coefficiente complessivo di rendimento del 44% ex art. 54 D.P.R. n. 1092/1973;

e la conseguente condanna

dell’Amministrazione a rideterminare il trattamento pensionistico e a corrispondere le somme spettanti e gli arretrati oltre rivalutazione e interessi legali.

Visto il decreto con il quale è stata fissata l’odierna udienza di discussione.

Udito, alla pubblica udienza del 27 febbraio 2018, l’avv. Giorgio Ruta per l’INPS, nessun difensore comparendo per parte ricorrente.

Ritenuto in

FATTO

Il ricorrente, già maresciallo aiutante della Guardia di finanza, espone di essere stato collocato in congedo assoluto dal 15 luglio 2017 per infermità e di godere da tale data di pensione ordinaria di inabilità calcolata con il c.d. sistema misto retributivo-contributivo.

Egli con richiesta-diffida inviata all’INPS il 12 giugno 2017 ha lamentato la mancata concessione dell’incremento figurativo previsto dall’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997, nonché il fatto che l’aliquota di rendimento relativa alla quota retributiva della pensione (sino al 31 dicembre 1995) era stata applicata nella misura del 35,30 % e non del 44%, come invece disposto dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973.

In mancanza di risposta ha depositato il ricorso in esame in data 11 dicembre 2017 con le conclusioni in epigrafe.

L’INPS si è costituito in data 16 febbraio 2018 chiedendo il rigetto del ricorso. L’INPS ha evidenziato che il testo dell’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997 non consente l’interpretazione propugnata dal ricorrente e che, diversamente, si creerebbe una disparità di trattamento con il personale civile delle forze di polizia.

All’udienza del 27 febbraio 2018 il difensore del ricorrente non è comparso senza addure alcun impedimento; è comparso invece il ricorrente personalmente e ha chiesto di poter produrre dei precedenti giurisprudenziali che, in quanto tali, sono stati acquisiti. Il legale dell’INPS ha richiamato le conclusioni in atti e la causa è stata decisa come da dispositivo.

Considerato in

DIRITTO

1. Il ricorso invoca innanzitutto l’applicazione dell’art. 3, comma 7 del D.lgs. 30 aprile 1997 n. 165 (recante “Attuazione delle deleghe conferite dall'articolo 2, comma 23, della L. 8 agosto 1995, n. 335, e dall'articolo 1, commi 97, lettera g), e 99, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di armonizzazione al regime previdenziale generale dei trattamenti pensionistici del personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego”), che dispone: “Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare e per il personale delle Forze armate che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato.”

Tale beneficio non risulta in effetti riconosciuto nel provvedimento di liquidazione, che infatti menziona a tal fine solo l’art. 4 del D.lgs. n. 165/1997.

Nella specie l’interessato è cessato dal servizio senza poter transitare nella posizione di ausiliaria essendo stato posto in congedo assoluto per infermità e pertanto si trova nella condizione di usufruire del beneficio accordato dalla norma citata (cfr. questa Sezione n. 3/2018, nonché, per tutti Sez. Sardegna n. 156/2017).

La domanda di applicazione del beneficio di cui al citato art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997, concernente appunto il personale militare e delle ff.aa. che, pur avendone la giuridica possibilità, non è in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, risulta dunque fondata e va accolta.

2. Il ricorso invoca poi l’applicazione, in ordine alla quota di pensione al 31 dicembre 1995 da determinarsi con il sistema retributivo, dell’art. 54 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (recante “Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato”), rubricato “Misura del trattamento normale”, che dispone: “La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto dal penultimo comma del presente articolo”. Il ricorrente ritiene di aver diritto all’applicazione di tale disposizione avendo maturato al 31 dicembre 1995 (data alla quale cessa la liquidazione della pensione con il sistema retributivo) anni 15 e mesi 2 di servizio utile, ma che nel calcolo della propria pensione sarebbe stato applicato un coefficiente inferiore, pari al 35,30 per cento. Egli sostiene che l’Ente, invece di utilizzare il coefficiente previsto dall’art. 54 cit., avrebbe utilizzato quello previsto dall’art. 44 dello stesso D.P.R. n. 1092 per i dipendenti statali civili nella misura del 35 per cento della base pensionabile. A suo dire non rileverebbe in contrario il fatto che ai fini del calcolo della pensione il servizio svolto sino al 31 dicembre 1995 debba essere suddiviso, ai sensi del sopravvenuto D.lgs. n. 503/1992 (art. 13), in due periodi rispetto all’entrata in vigore di tale novella, fissata al 1° gennaio 1993. Tale suddivisione avrebbe effetto solo sulla determinazione delle basi pensionabili (cioè ultima retribuzione per il primo periodo e media retributiva per il secondo), ma non sul coefficiente di calcolo applicabile, che resterebbe quello previsto per i militari con anzianità tra quindici anni e venti di servizio dal ridetto art. 54, la cui perdurante vigenza sarebbe dimostrata anche dall’espresso richiamo contenuto nel nuovo Codice dell’ordinamento militare (D.lgs. n. 66/2010, art. 1867).

L’INPS sul punto non ha svolto difese.

Va innanzitutto precisato che secondo le regole dell’onere probatorio del processo civile spetta a parte attrice dimostrare quale sia stato il procedimento di calcolo della pensione seguito dall’INPS e dove questo presenti l’errore denunciato deviando dal modello normativo di riferimento.

Nella specie il provvedimento di liquidazione menziona il D.P.R. n. 1092/1973, ma non l’articolo in concreto applicato. Parte attrice era dunque onerata di provare (eventualmente producendo il prospetto di calcolo ritenuto corretto) l’errore in cui sarebbe incorso l’Ente applicando una disposizione invece che un’altra. Invece, si è limitata, per sostenere la propria ipotesi che sarebbe stato applicato l’articolo relativo al personale civile (art. 44) invece che quello relativo al personale militare (art. 54), a produrre (doc. 5) una tabella numerica con appunti a penna intitolata “statali aliquote di rendimento espresse in anni e mesi” di cui è restata ignota la provenienza. Infine, il difensore non ha neppure ritenuto di dovere discutere la causa, nemmeno presenziando all’udienza.

Ciò posto, sull’ambito di applicazione dell’art. 54 primo comma del D.P.R. si fronteggiano due tesi. La prima, più restrittiva e aderente al testo letterale, limita l’applicazione del più favorevole (rispetto agli altri dipendenti pubblici) coefficiente di rendimento ivi previsto (44 per cento) ai militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici ma non più di venti anni di servizio, trovando la disposizione la sua ratio in quelle situazioni in cui il militare, per motivi indipendenti dalla sua volontà (limiti di età, inabilità, ecc.), non abbia potuto maturare un’anzianità superiore. L’altra, più estensiva e sostenuta con il ricorso, ritiene la suddetta regola di calcolo di portata generale per i militari che abbiano maturato più di quindici anni, fermo restando che, superati i venti, essi cumulano tale beneficio con gli ulteriori aumenti annuali previsti dai commi seguenti (dell’1,80 o dell’3,60 per cento per cento, a seconda della qualifica, per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo).

Questo Giudice ritiene di prestare adesione al primo orientamento interpretativo (cfr. questa Sez. n. 3/2018 cit. e, prima, Sez. Sardegna n. 87/2017), maggiormente aderente al dato letterale e, in quanto più restrittivo, consono alla natura speciale della norma de qua.

Nella specie il ricorrente, come si legge nel provvedimento di pensione, è stato collocato in congedo con una anzianità complessiva maturata al congedo superiore a 20 anni.

Pertanto, la sua situazione non rientra nella fattispecie normativa contemplata dal ridetto primo comma dell’art. 54 cit., il cui ambito di applicazione riguarda i militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici ma non più di venti anni di servizio.

Le domande contenute sul punto nel ricorso, laddove basate su diversa interpretazione della norma sopra richiamata, non possono quindi essere accolte.

3. L’accoglimento della prima domanda comporta il diritto del ricorrente alla rideterminazione con applicazione del beneficio di cui all'art. 3, comma 7 del D. lgs. n. 165/1997.

4. Consegue il diritto agli arretrati.

5. Su tali arretrati vanno applicati gli interessi corrispettivi al saggio legale, calcolati dalla decorrenza di ciascun rateo di pensione sino al pagamento effettivo.

6. Compete la rivalutazione monetaria ai sensi dell’art. 167, comma 3 c.g.c., da calcolarsi, secondo quanto specificato dalle SS.RR. (n. 10/2002/QM), quale parziale possibile integrazione degli interessi al saggio legale, ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura dei primi.

7. Ogni altra domanda va respinta.

8. Le spese possono essere compensate in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso.

P.Q.M.

la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Piemonte, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando,

dichiara il diritto del ricorrente alla rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione del beneficio di cui all'art. 3, comma 7 del D. lgs. n. 165/1997;

dichiara il diritto del ricorrente alla corresponsione dei conseguenti arretrati oltre interessi e rivalutazione secondo quanto precisato in motivazione;

respinge ogni altra domanda;

compensa le spese.

Così deciso in Torino, il 27 febbraio 2018.

IL GIUDICE

(F.to Dott. Walter BERRUTI)



Depositata in Segreteria il 13 marzo 2018



Il Direttore della Segreteria

(F.to Antonio CINQUE)
talamone
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da talamone »

... parlando con il nostro C.I.A.N. mi dicono che questo art.54 agli arruolati 81/83 è una "bufala"... un vecchio articolo mai cambiato pe sbaglio. E quindi non ci spetta. Pensa te... ed io credevo, tramite il COIR, che riuscivamo a fare inviare i ns PA04 all'INPS con "disposizione" di applicare l'aliquota 44%... Come credo stia facendo l'amministrazione centrale dei CC. Sono amareggiato, noi siamo proprio indietro, e nessuna ns amministrazione centrale ci pensa. Se neanche il ns CIAN ci rappresenta, siamo messi male: ognuno pensi a se stesso ... In bocca al lupo a chi già "diffida" e "ricorre". Tra un po ci sarò anche io nel bel mezzo dei ricorsi .. se non cambia qualcosa prima dall'INPS Roma.
elciad1963
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Re: art.54 c.1 T.U.1092/1973

Messaggio da elciad1963 »

Ciao talamone ma le tue informazioni sono errate riguardo "all'amministrazione centrale dei CC", CHE IN EFFETTI NON INVIA E NON HA INVIATO NULLA all'INPS in merito al ricalcolo per gli arruolati 81/83. Dico questo perché io arruolato nel 1981 e riformato a gennaio 2018 ho saputo informalmente che la mia PAL è di circa 33.500 con il grado di lgt c.s...
cosa contraria doveva essere molto più altra almeno di 2.500/3.000 euro.
comunque anche detti uffici mi hanno assicurato che non c'è nulla di vero se non tanti ricorsi di cui solo pochi vinti.
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