Art. 42 bis D.Lgs 151/2001. Figli minori fino a tre anni

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Art. 42 bis D.Lgs 151/2001. Figli minori fino a tre anni

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Altra sentenza positiva in favore del personale militare, quale madre e che si accumula alle altre.

1) - Rigetto dell’istanza intesa ad ottenere l’assegnazione temporanea ai sensi dell’art. 42 bis del d.lgs. 151/2001.

2) - La ricorrente, ufficiale della marina militare.

Il TAR ha precisato:

3) - Il ricorso è fondato dal momento che il Collegio condivide la lettura della norma posta a fondamento del ricorso nei termini in cui è argomentata nella sentenza 238/2012 del TAR Emilia-Romagna.

Personalmente faccio gli auguri alla madre che ha ottenuto quello che è previsto ma che il Ministero della Difesa nega.

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29/11/2012 201201530 Sentenza Breve 2


N. 01530/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00942/2012 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 942 del 2012, proposto da:
A. L., rappresentata e difesa dagli avv. Cosimo Ciquera, Antonella Romanazzi, con domicilio eletto presso Segreteria Tar Liguria in Genova, via dei Mille 9;

contro
Ministero della Difesa rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Genova, viale Brigate Partigiane, 2;

per l'annullamento, previa sospensione dell’esecuzione,
del provvedimento del Ministero della difesa – Ufficio generale del personale – 2° Reparto impiego ufficiali – 3° Ufficio della Marina militare datato 27/6/2012, prot. n. UGP/II/3/31783, notificato in data 6/7/2012 a mezzo fax, con il quale veniva comunicato il rigetto dell’istanza intesa ad ottenere l’assegnazione temporanea ai sensi dell’art. 42 bis del d.lgs. 151/2001;

e per l’accertamento
del diritto della ricorrente di ottenere l’assegnazione temporanea ai sensi dell’art. 42 bis del d.lgs. 151/2001 e, in via subordinata

per il risarcimento
di tutti i danni, presenti e futuri, subiti dalla odierna ricorrente per effetto del provvedimento impugnato.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 31 ottobre 2012 il dott. Ugo De Carlo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
La ricorrente, ufficiale della marina militare, impugnava il provvedimento indicato in epigrafe che aveva rigettato l’istanza di trasferimento o di assegnazione temporanea presso la sede di Taranto ai sensi dell’art. 42 D.lgs. 151/2001 per gravi esigenze familiari documentate essendo madre di due bambini in tenera età.

L’Amministrazione intimata ha respinto dette istanze sostenendo l’inapplicabilità al personale militare della suddetta normativa e che le esigenze prospettate non avevano carattere di temporaneità.
La ricorrente impugnava inizialmente il provvedimento presso il TAR Lazio e lo riassumeva presso questo giudice a seguito di provvedimento declinatorio di competenza.

Il Ministero della Difesa si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto del ricorso.

Il ricorso è fondato dal momento che il Collegio condivide la lettura della norma posta a fondamento del ricorso nei termini in cui è argomentata nella sentenza 238/2012 del TAR Emilia-Romagna.

Vale la pena riprendere la parte in diritto della motivazione, dal momento che il presupposto di fatto posto a fondamento dell’istanza non è controverso tra le parti.

Afferma la sentenza 238: “Il nuovo Codice dell'ordinamento militare, Decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66, entrato in vigore il 9/10/2010, all’articolo 1493 ha disposto che “Al personale militare femminile e maschile si applica, tenendo conto del particolare stato rivestito, la normativa vigente per il personale delle pubbliche amministrazioni in materia di maternità e paternità, nonchè le disposizioni dettate dai provvedimenti di concertazione”, estendendo, quindi, la normativa per il personale della Pubblica Amministrazione”.

L’art. 42 bis del T.U. sul pubblico impiego dispone che “Al genitore con figli minori fino a tre anni di età dipendente di amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, e successive modificazioni, può essere assegnato, a richiesta, anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni, ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa, subordinatamente alla sussistenza di un posto vacante e disponibile di corrispondente posizione retributiva e previo assenso delle amministrazioni di provenienza e destinazione. L’eventuale dissenso deve essere motivato. L’assenso o il dissenso devono essere comunicati all’interessato entro trenta giorni dalla domanda. Il posto temporaneamente lasciato libero non si renderà disponibile ai fini di una nuova assunzione. “
Sulla base del fatto oggettivo di un figlio minore in tenera età e su istanza di parte, pertanto, deve provvedersi alla suddetta assegnazione.

Come precisato dalla giurisprudenza, citata anche nell’ordinanza cautelare (da ultimo T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 03 maggio 2011 , n. 3760) l'art. 42 bis del decreto legislativo n. 151/2001, in uno spirito di particolare favore per il genitore dipendente, contempla una mobilità all'interno dell'organizzazione pubblica complessivamente considerata, ricomprendente anche le assegnazioni all'interno della stessa amministrazione di appartenenza (ex multis Cons. di St., Sez. IV, 7 marzo 2007, n. 1069, TAR Lazio, Sez. I quater, n. 8128 del 2007). Tale orientamento riconosce a tale norma, in base ad una interpretazione maggiormente conforme ai principi costituzionali, natura di disposizione generale, applicabile, dunque, ai dipendenti di tutte le amministrazioni pubbliche, inclusi i dipendenti delle forse armate.

Non possono, pertanto, opporsi fondate ragioni per derogare al generale principio fissato ex art. 42 bis, finalizzato alla tutela di valori afferenti la famiglia, l'assistenza e l'educazione dei minori, allorquando il proponente l'istanza di trasferimento sia un militare e, rientrando tale norma tra quelle dettate a tutela di valori costituzionalmente garantiti inerenti alla famiglia ed all'assistenza dei figli minori fino a tre anni d'età con i genitori impegnati nello svolgimento di un'attività lavorativa, non può operare un'ingiustificata discriminazione tra dipendenti pubblici tale da configurare profili di dubbia costituzionalità, come preteso dall’amministrazione militare.”

L’annullamento del provvedimento impugnato comporterà le necessità per l’amministrazione di riesaminare l’istanza della ricorrente per verificare che sussistano tutti i presupposti di fatto cui è subordinato il suo accoglimento una volta che in base alla presente sentenza si è stabilita l’applicabilità anche al personale militare dell’art. 42 bis D.lgs. 151\2001

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e vengono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Liguria Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato.
Condanna il Ministero della Difesa alla rifusione delle spese del presente giudizio che liquida in € 2.000 oltre C.P.A. ed I.V.A.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Genova nella camera di consiglio del giorno 31 ottobre 2012 con l'intervento dei magistrati:
Oreste Mario Caputo, Presidente FF
Davide Ponte, Consigliere
Ugo De Carlo, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/11/2012


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Re: Art. 42 bis D.Lgs 151/2001. Figli minori fino a tre anni

Messaggio da panorama »

Avviso per coloro che si trovano nelle medesime condizioni e che siete stati ingiustamente penalizzati.

Ora potete a seguito di questa nuova dritta che giunge dal C.d.S. far valere i vostri diritti.
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Con questa sentenza il CdS da un indirizzo a tutte le Amministrazioni ed in particolare a FF.AA. e FF.PP. che non hanno ben afferrato il termine inteso - visto che la Legge lo mensiona: “anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni”.

Il CdS precisa:

1) - Ora, l’espressione “in modo frazionato” indica che il beneficio può essere suddiviso (a richiesta del soggetto interessato) in periodi non immediatamente consecutivi fra loro – i quali vanno sommati fra loro fino al raggiungimento della durata complessiva di tre anni. Se non altro per questa via, dunque, può accadere che il triennio di godimento si prolunghi oltre il compimento del terzo anno di età del bambino.

2) - Si deve inoltre considerare che nell’arco dei primi tre anni di vita del bambino la madre usufruisce di un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro (tre mesi dal parto) e che può usufruire di altri periodi di astensione facoltativa, durante i quali non vi sarebbe motivo di chiedere il beneficio di cui all’art. 42-bis.

3) - Pertanto è illegittimo il provvedimento che limita il godimento del beneficio fino alla data del compimento di tre anni di età del figlio, nell’erroneo presupposto che detto limite sia stabilito dalla norma.

Il resto potete leggerlo qui sotto.

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10/01/2014 201400051 Sentenza 3


N. 00051/2014REG.PROV.COLL.
N. 08021/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 8021 del 2013, proposto da:
OMISSIS, rappresentata e difesa dall'avv. Vincenzo Parato, con domicilio eletto presso Studio Torcicollo in Roma, via Carlo Mirabello, 11;

contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l’ottemperanza
della sentenza del Consiglio di Stato - sez. III n. 00678/2013, e della sentenza n. 4852/2012 del TAR Lazio, Roma, sezione I Ter - diniego assegnazione prolungata presso Questura di Brindisi

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 il Pres. Pier Giorgio Lignani e udito l’avvocato dello Stato Urbani Neri;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

1. Il presente giudizio è stato proposto dall’attuale ricorrente per ottenere l’ottemperanza di un giudicato amministrativo. L’azione di ottemperanza è stata proposta inizialmente davanti al T.A.R. del Lazio il quale peraltro si è dichiarato incompetente in applicazione dell’art. 113, c.p.a..

Il ricorso viene ora riassunto davanti al Consiglio di Stato.

2. Nel pregresso giudizio di cognizione, l’attuale ricorrente, quale dipendente della Polizia di Stato, aveva impugnato il diniego del beneficio di cui all’art. 42-bis, d.P.R. n. 151/2001 (testo unico delle disposizioni a tutela della maternità e della paternità).

Si tratta della disposizione che consente al genitore lavoratore dipendente (in questo caso la madre) con un figlio di età inferiore a tre anni di chiedere l’assegnazione ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l’altro genitore esercita la propria attività lavorativa.

L’amministrazione aveva negato il beneficio con la motivazione che la norma in questione non si applica al personale della Polizia di Stato.

Il T.A.R. del Lazio, con sentenza n. 4852/2012, aveva accolto il ricorso, affermando che l’art. 42-bis si applica anche al personale della Polizia di Stato. La decisione è stata sostanzialmente confermata (sia pure con argomentazioni parzialmente diverse) dal Consiglio di Stato con sentenza n. 678/2013.

3. L’amministrazione della P.S. ha inteso dare esecuzione al giudicato. Ha quindi riesaminato l’istanza dell’interessata e l’ha accolta, facendo dichiarata applicazione dell’art. 42-bis. Di conseguenza ha trasferito temporaneamente la dipendente ad una sede di servizio nella città di Brindisi, come richiesto.

Tuttavia ha posto il termine del 5 giugno 2014, coincidente con il compimento del terzo anno di età da parte della figlia più piccola dell’interessata.

L’amministrazione ha con ciò espresso il convincimento che l’art. 42-bis si debba interpretare nel senso che il beneficio dell’assegnazione ad una determinata sede di servizio possa essere goduto solo entro i primi tre anni di vita del bambino.

4. L’interessata ha proposto il ricorso per ottemperanza, contestando il termine finale apposto nel provvedimento. La tesi dell’interessata è che il beneficio debba avere la durata complessiva di tre anni non necessariamente coincidenti con i primi tre anni di vita del bambino.

L’amministrazione resiste con atto di mera forma.

5. Nel merito, il Collegio osserva che l’amministrazione mostra de plano di ritenere applicabile nella fattispecie l’art. 42-bis. Mostra, altresì, di avere valutato favorevolmente l’istanza dell’interessata, sotto il profilo della sua compatibilità con le esigenze del servizio; in particolare il termine finale apposto al godimento del beneficio non appare frutto di una valutazione discrezionale riferito a questo aspetto, bensì esprime (a quanto pare) il convincimento che si tratti di un limite inerente al sistema normativo.

6. Ciò posto, il Collegio ritiene che il ricorso sia fondato.

L’art. 42-bis dispone, testualmente, che il beneficio spetta al genitore di figli minori fino a tre anni di età, ma aggiunge, altrettanto testualmente, che può essere goduto “anche in modo frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni”.

Ora, l’espressione “in modo frazionato” indica che il beneficio può essere suddiviso (a richiesta del soggetto interessato) in periodi non immediatamente consecutivi fra loro – i quali vanno sommati fra loro fino al raggiungimento della durata complessiva di tre anni. Se non altro per questa via, dunque, può accadere che il triennio di godimento si prolunghi oltre il compimento del terzo anno di età del bambino.

Si deve inoltre considerare che nell’arco dei primi tre anni di vita del bambino la madre usufruisce di un periodo di astensione obbligatoria dal lavoro (tre mesi dal parto) e che può usufruire di altri periodi di astensione facoltativa, durante i quali non vi sarebbe motivo di chiedere il beneficio di cui all’art. 42-bis.

Verosimilmente è anche con riguardo a queste evenienze che il legislatore ha ritenuto opportuno chiarire che il trasferimento temporaneo può essere usufruito “in modo anche frazionato e per un periodo complessivamente non superiore a tre anni”.

Pertanto è illegittimo il provvedimento che limita il godimento del beneficio fino alla data del compimento di tre anni di età del figlio, nell’erroneo presupposto che detto limite sia stabilito dalla norma.

7. In conclusione, il ricorso va accolto, disponendosi che in ottemperanza al giudicato l’amministrazione deve prolungare il trasferimento temporaneo dell’interessata anche oltre il compimento del terzo anno di età della figlia minore, salvo il limite della durata complessiva di tre anni.

Resta impregiudicata, non rientrando nella materia del contendere in questa sede, ogni questione concernente le valutazioni discrezionali dell’amministrazione circa la compatibilità del beneficio con le esigenze di servizio.

Le spese del giudizio possono essere compensate, tenuto conto della novità della questione.

P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza) accoglie il ricorso per ottemperanza, nei sensi di cui in motivazione. Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 9 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Pier Giorgio Lignani, Presidente, Estensore
Vittorio Stelo, Consigliere
Roberto Capuzzi, Consigliere
Dante D'Alessio, Consigliere
Massimiliano Noccelli, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE





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Re: Art. 42 bis D.Lgs 151/2001. Figli minori fino a tre anni

Messaggio da macno101 »

Grazie,

molto interessante!!!!!
panorama
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Re: Art. 42 bis D.Lgs 151/2001. Figli minori fino a tre anni

Messaggio da panorama »

mi raccomando, fai conoscere.
ciao
Robertooo
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Re: Art. 42 bis D.Lgs 151/2001. Figli minori fino a tre anni

Messaggio da Robertooo »

Buona sera volevo sapere se qualcuno ha presentato questa domanda nella marina militare , e se posso presentarla anche io 14 anni di servizio mia moglia lavora col privato in Calabria io in Puglia una figlia di un anno ,se avete gia presentata contattatemi x un consulto grazie mille rocchino82@hotmail.it
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Re: Art. 42 bis D.Lgs 151/2001. Figli minori fino a tre anni

Messaggio da panorama »

Le norme qui sotto, sono quelle di cui al Quesito posto dal Ministero della Difesa -Stato Maggiore dell’Esercito- Dipartimento impiego del personale, che posterò a seguire.
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LEGGE 4 novembre 2010, n. 183
Deleghe al Governo in materia di lavori usuranti, di riorganizzazione di enti, di congedi, aspettative e permessi, di ammortizzatori sociali, di servizi per l'impiego, di incentivi all'occupazione, di apprendistato, di occupazione femminile, nonchè misure contro il lavoro sommerso e disposizioni in tema di lavoro pubblico e di controversie di lavoro.

Art. 19.

(Specificità delle Forze armate, delle Forze di polizia e
del Corpo nazionale dei vigili del fuoco)

1. Ai fini della definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale, è riconosciuta la specificità del ruolo delle Forze armate, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonchè dello stato giuridico del personale ad essi appartenente, in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni
democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonchè per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti.

2. La disciplina attuativa dei principi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie.

3. Il Consiglio centrale di rappresentanza militare (COCER) partecipa, in rappresentanza del personale militare, alle attività negoziali svolte in attuazione delle finalità di cui al comma 1 e concernenti il trattamento economico del medesimo personale.

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DECRETO LEGISLATIVO 18 agosto 2000, n. 267
Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali.

Articolo 78

Doveri e condizione giuridica

OMISSIS

6. Gli amministratori lavoratori dipendenti, pubblici e privati, non possono essere soggetti, se non per consenso espresso, a trasferimenti durante l'esercizio del mandato. La richiesta dei predetti lavoratori di avvicinamento al luogo in cui viene svolto il mandato amministrativo deve essere esaminata dal datore di lavoro con criteri di priorità. Nell'assegnazione della sede per l'espletamento del servizio militare di leva o di sue forme sostitutive è riconosciuta agli amministratori locali la priorità per la sede di espletamento del mandato amministrativo o per le sedi a questa più vicine. Il servizio sostitutivo di leva non può essere espletato nell'ente nel quale il soggetto è amministratore o in un ente dipendente o controllato dalla medesima amministrazione.

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Poi, l’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, e l’art. 42-bis del d.lgs. n. 151/2001 li conoscete abbastanza bene, quindi è inutile postare il loro contenuto.
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N.B.: per fortuna che il CdS tiene a freno il M.D. facendogli capire che la Legge è al di sopra di tutto.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 2 ,numero provv.: 201702515 - Public 2017-12-01 -

Numero 02515/2017 e data 01/12/2017 Spedizione


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Seconda

Adunanza di Sezione del 18 ottobre 2017


NUMERO AFFARE 01327/2017

OGGETTO:
Ministero della difesa -Stato Maggiore dell’Esercito- Dipartimento impiego del personale.


Quesito relativo alla rilevabilità della specificità delle Forze Armate, ai sensi dell’art. 19 della legge n. 183 del 2010, nella disamina delle istanze di applicazione dei benefici di cui agli artt. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, 42-bis del d.lgs. n. 151/2001 e 78, comma 6, del d.lgs. n. 267/2000, con particolare riferimento all’esigenza di mantenimento della prontezza operativa delle Unità di impiego.

LA SEZIONE
Vista la nota di trasmissione della relazione prot. nr. 0055374 dell’11 luglio 2017, con la quale il Ministero della difesa, Dipartimento impiego del personale, ha chiesto un parere a questo Consiglio di Stato sull’affare consultivo in oggetto;

Esaminati gli atti e udito il relatore, Consigliere Antonella Manzione.


Premesso:

1. In data 11 luglio 2017 il Ministero della difesa ha chiesto a questo Consiglio di Stato un parere in ordine alla possibilità di valorizzare la specificità delle Forze Armate, espressamente riconosciuta anche dall’art. 19 della l. 4 novembre 2010, n. 183, per statuire a livello generale, con apposita direttiva, un diniego di concessione, oltre certi limiti percentuali, di alcuni benefici di legge previsti per i dipendenti pubblici.

Suddetto limite percentuale, individuato nella soglia del 5 % della forza organicamente prevista delle Unità operative per ciascuna categoria di personale (Ufficiali, Sottufficiali, Graduati e Militari di truppa), troverebbe il suo fondamento scientifico in studi condotti dal Reparto Impiego delle Forze dello Stato Maggiore della Difesa, con specifico riferimento alle principali fonti che, a livello NATO, individuano gli standard di prontezza operativa/combat che necessariamente devono essere comuni a tutte le Forze facenti parte dell’Alleanza Atlantica.

2. Premesso che l’art. 3 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 pone il principio generale secondo cui determinate categorie di pubblici dipendenti, tra cui il personale militare, rimangono disciplinati dai rispettivi ordinamenti, il quadro normativo risulta correttamente ricostruito come segue:

a) in ragione del rinvio contenuto nel menzionato T.U.P.I., l’ordinamento militare è oggi regolamentato dal testo unico adottato con il d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, cosiddetto codice dell’ordinamento militare (C.O.M.);

b) gli istituti dei quali è discussione sono disciplinati, rispettivamente, dagli artt. 33 della l. 5 febbraio 1992, n. 104, 42-bis del d.lgs. 26 marzo 2001, n. 151 e 78 del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267. Trattasi di disposizioni che, a vario titolo, prevedono anche regole di mobilità a domanda per il personale, funzionali alla fruizione di diritti costituzionalmente garantiti, quali la salute, la tutela della paternità/maternità e l’elettorato passivo; ma che nella loro apparente assertività rischiano di collidere con le altrettanto prioritarie esigenze sottese all’azione delle Forze Armate e sussunte nel ricordato principio di specificità delle stesse di cui all’art. 19 legge 4 novembre 2010, n. 183.

c) l’applicabilità degli istituti in questione anche al pubblico impiego non contrattualizzato, nel quale rientra il personale delle Forze Armate, è espressamente riconosciuta da varie disposizioni-cerniera del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, che di fatto, pur con qualche precisazione di contesto, estendono le guarentigie previste al riguardo per il dipendente pubblico all’appartenente alle Forze Armate, dando anche attuazione al disposto dell’art. 52 della Costituzione.

d) in particolare, l’art. 981 C.O.M., alle lettere b) e c), dichiara applicabili al personale militare, “compatibilmente con il proprio stato”, l’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 e l’art. 78, comma 6, del d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267;

e) l’art. 1493, comma 1, contiene, a sua volta, un rinvio generale al t.u. sulla tutela della genitorialità, sebbene anche in questo caso con richiamo a modalità tali da garantire comunque l’esercizio della funzione militare;

f) l’art. 2209-sexies, infine, ancorché in un’ottica transitoria di lungo periodo, demanda al piano di programmazione di cui all'articolo 2209-quater, ferma la prioritaria necessità di garantire il regolare svolgimento del servizio, l’adozione delle “modalità di attuazione della disciplina intesa a favorire l'assegnazione a domanda presso enti o reparti limitrofi di coniugi entrambi dipendenti del Ministero della difesa, compresi gli appartenenti al Corpo delle capitanerie di porto, secondo criteri prestabiliti per garantire il ricongiungimento familiare, tra i quali è espressamente richiamato, per il caso di coniugi con figli minori fino a tre anni di età, l'articolo 42-bis del decreto legislativo 26 marzo 2001, n. 151”;

g) nell’ elencazione delle norme percepite come distoniche rispetto alla peculiarità della funzione militare, il Ministero della difesa riporta anche l’art. 53 del d.lgs. n. 151/2001, laddove viene sancita la non obbligatorietà di prestare lavoro notturno per la lavoratrice o il lavoratore che abbia a proprio carico un soggetto disabile ai sensi della legge 5 febbraio 1992, n. 104.

Considerato:

3. In via preliminare occorre contestualizzare ulteriormente le norme richiamate, dovendosi evidenziare la non irrilevante modifica intervenuta anche in epoca successiva all’entrata in vigore del ricordato art. 19 della l. n. 183/2010, sotto la cui egida l’Amministrazione vorrebbe ricondurre la legittimazione a scelte operative di validità generalizzata.

In particolare, con il d.lgs. 28 gennaio 2014, n. 8, recante “Disposizioni in materia di personale militare e civile del Ministero della difesa, nonché misure per la funzionalità della medesima amministrazione, a norma degli articoli 2, comma 1, lettere c) ed e), 3, commi 1 e 2, e 4, comma 1, lettera e), della legge 31 dicembre 2012, n. 244” si è intervenuti anche sulle norme di interesse, peraltro rafforzando, ove possibile, la limitabilità della concessione degli istituti, ma nel contempo omogeneizzandone ulteriormente la disciplina complessiva rispetto a quella prevista in via generale per i dipendenti pubblici. Il già citato art. 981 C.O.M., ad esempio, nella sua attuale stesura nasce dalla novellazione apportata dall’art. 4 del d.lgs. n. 8/2014, che vi ha introdotto l’inciso “nel limite per il personale di Esercito italiano, Marina militare, Aeronautica militare e Arma dei Carabinieri, delle posizioni organiche previste per il ruolo e il grado, vacanti nella sede di richiesta destinazione”, non senza aggiungere anche, però, che: “In costanza di riconoscimento del diritto previsto da tale norma, il personale dell'Esercito italiano, della Marina militare, dell'Aeronautica militare e dell'Arma dei carabinieri interessato non è impiegabile in operazioni in ambito internazionale o in attività addestrative propedeutiche alle stesse”.

Come può vedersi, il legislatore del 2014 torna sulla disciplina dell’applicabilità in concreto dell’istituto della mobilità a domanda per l’assistenza a disabili gravi e lo fa avendo alle spalle la già avvenuta legificazione del concetto di specificità delle Forze Armate. Nell’introdurre limitazioni aggiuntive, si cerca dunque un punto di mediazione imprescindibile, ma anche invalicabile, cui deve attenersi la risposta del datore di lavoro, senza abdicare però alle proprie competenze esclusive al riguardo, in favore di altri strumenti di regolazione o di indirizzo, quali in particolare le direttive. Si legge, in proposito, nella relazione illustrativa: “Ciò (ovvero l’introduzione del limite delle dotazioni organiche, n.d.r.) anche al fine di evitare che l’applicazione della menzionata disciplina nell’ambito delle Forze Armate comporti gravi ripercussioni sull’attività, sull’organizzazione e sulla funzionalità dello strumento militare, soprattutto in quelle particolari realtà in cui ogni componente risulta fondamentale e la continuità nel rapporto di lavoro costituisce la condizione basilare per l’efficienza e l’efficacia”.

Ad ulteriore riprova della sussistenza del principio della non comprimibilità, se non per prioritarie esigenze concrete da valutare caso per caso, dei diritti dei lavoratori, va ricordato come si debba al medesimo d.lgs. n. 8/2014 l’introduzione della lettera “h-bis” nel corpo dell’art. 1506 del C.O.M.

L’intento, egualmente esplicitato, è quello già ricordato, ovvero omogeneizzare il più possibile l’ habeascorpus del militare rispetto a quello del dipendente pubblico in genere: si ovvia perciò ad una pregressa lacuna di tutela mediante l’introduzione del richiamo anche al comma 3 dell’art. 33 della l. n. 104, concernente il regime dei permessi mensili per l’assistenza al familiare o affine affetto da grave disabilità; e in perfetto parallelismo con quanto già previsto in relazione ai soggetti fruitori della mobilità a domanda, anche per quelli che beneficiano del regime dei permessi mensili si prevede, onde garantire l’effettività nell’esercizio del diritto, che non possano essere impiegati in operazioni in ambito internazionale o ad esse propedeutiche.

4. Possono essere opportunamente richiamati anche gli artt. 625 e 1465 del d.lgs. n. 66/2010: la prima disposizione si occupa proprio dei rapporti con l’ordinamento generale del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche e stabilisce inequivocabilmente che al personale militare si applicano le disposizioni contenute nel libro IV del Codice, chiarendo così anche perché nel corpo dell’art. 981 non figuri il richiamo all’art. 42 bis del d.lgs. n. 151/2001, che sarebbe risultato ultroneo; la seconda conferma che ai militari spettano i diritti che la Costituzione riconosce ai cittadini, pur nel rispetto del principio per il quale ad essi sono imposte limitazioni nell’esercizio di alcuni di tali diritti, nonché l’osservanza di particolari doveri, per garantire alle Forze Armate il miglior assolvimento dei propri compiti istituzionali.

5. Risulta, pertanto, chiaro che il legislatore abbia inteso in vario modo attribuire rilievo alla specificità delle Forze Armate, dando vita ad un sistema necessariamente omologo a quello del dipendente pubblico in genere, ma senza rinnegarne le peculiarità. Tale “sistema nel sistema”, d’altro canto, è ampiamente riconosciuto dalla giurisprudenza amministrativa, che ha via via legittimato dinieghi, purché motivati, opposti dall’Amministrazione di appartenenza ad istanze di benefici come quelli di cui trattasi, proprio nel superiore interesse dell’efficienza della “specifica” articolazione territoriale interessata al procedimento, con particolare riferimento, peraltro, alle esigenze dell’ufficio “rilasciante”, anziché alle sole potenzialità di quello “ricevente”.

5.1 In relazione, ad esempio, all’esatto significato da attribuire all’inciso “tenendo conto del particolare stato rivestito” contenuto nel ricordato art. 1493 del d.lgs. n. 66/2010, si è affermato che esso non si identifica nelle generiche e complessive esigenze dell’ufficio, che comunque presidiano anche la disciplina prevista dall’art. 42-bis per tutti i pubblici dipendenti; bensì in un “quid pluris che sottende ulteriori esigenze di tutela, oltre a quelle organizzative comuni a tutte le pubbliche amministrazioni, funzionali alle peculiarità istituzionali delle Forze armate e di polizia” (cfr. ex multis Cons. St., Sez. IV, n. 2113 del 23 maggio 2016). Si è detto poi che in caso di diniego della mobilità a domanda avente ad oggetto la fruizione di un diritto legato alla genitorialità, non sarebbe neppure necessario l’inoltro dell’avviso ex art. 10 bis della l. n. 241/1990, in quanto l’urgenza intrinseca alla stessa, in ragione del suo motivarsi nella necessità di attendere alle funzioni nascenti dalla propria qualità di genitore di minore in tenera età, lo renderebbe non soltanto superfluo, ma per certi versi deleterio, facendo apparire “paradossale che da simile ragionevole condotta venga fatto discendere un vizio infraprocedimentale” (Cons. St., Sez. IV, 4 maggio 2017 n. 2352). In termini, è stata considerata pienamente giustificata, ai fini della motivazione di diniego dell’assegnazione richiesta, l’esigenza di non depauperare il complesso delle risorse disponibili in un certo ambito (cfr. Cons. di Stato, n. 2113/2016, cit.). E ancora, in relazione alla fruizione dei diritti di elettorato passivo, si è rimarcato come, al di fuori delle ordinarie movimentazioni, resti salva e intatta la discrezionalità dell’Amministrazione militare nell’apprezzare le esigenze di più agevole svolgimento del munuspublicum in raffronto a quelle organizzative relative alla situazione organica della sede a quo (Cons. Stato, Sez. IV, 2 luglio 2012, n. 3865; Sez. III, 4 giugno 2014, n. 2863; Sez. IV, 29 aprile 2014, n. 2226).

5.2 In termini ancor più generali, la qualificazione come interesse legittimo e non diritto soggettivo della posizione giuridica in capo al dipendente che avanza istanza di mobilità per una delle ragioni sottese alle tre normative speciali più volte ricordate, pressoché unanime in giurisprudenza, rende riconducibile alla discrezionalità del potere concessorio la decisione dell’Amministrazione datrice di lavoro, che negherà il beneficio ove lo impongano le esigenze di servizio dell’ufficio di appartenenza dell’istante, anche correlate a deficitarie situazioni di organico, o di quello della destinazione richiesta (cfr. Cons. St., Sez. III, 3 aprile 2014, n. 1677; id., 13 novembre 2014 n. 6031 e 20 maggio 2015, n. 3805).

6. Tutto ciò premesso, la Sezione ritiene che dalla ricostruzione fin qui effettuata emergano chiaramente due postulati di partenza pregiudiziali alla disamina della tematica affrontata:

a) è innegabile che il sistema delle guarentigie a tutela di diritti fondamentali del lavoratore sotteso a determinate discipline previste per i dipendenti pubblici trovi applicazione anche per quelli appartenenti alle Forze Armate, ancorché con alcuni temperamenti funzionali volti a mitigarne l’impatto sulle esigenze di specifica efficienza richieste alle stesse;

b) la giurisprudenza amministrativa, da parte sua, non ha mancato di assecondare in un certo qual modo tale ricostruzione, valorizzando, ogni qualvolta possibile, suddetta specificità, anche alla luce delle clausole a vario titolo inserite nelle ricordate norme-cerniera contemplate nel COM.

7. Orbene l’odierno quesito ministeriale sembra trarre spunto dalla pronunzia di questo Consiglio di Stato (Sez. IV) n. 4047 del 14 luglio 2012, nella quale si è affermata l’applicabilità anche al personale delle Forze Armate della nuova formulazione dell’art. 33, comma 5, della l. n. 104/1992, conseguente alla novella apportata con l’art. 24 della legge n. 183/2010. Nella motivazione della stessa può leggersi che il venir meno, a seguito della riforma dell’istituto, dei requisiti della cosiddetta continuità ed esclusività nell’assistenza, quali presupposti necessari alla concessione del beneficio, non può non valere anche per la valutazione delle istanze avanzate dal personale militare, proprio in ragione del fatto che la novella “interviene a modificare la normativa dettata dalla legge-quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate, con ciò lasciando intendere che la materia è oggetto di considerazione autonoma e trasversale, impingendo su problematiche di carattere sociale più ampio”.

8. Ma, occorre ricordare, l’art. 19 della l. 183 /2010 (collegato lavoro), che nel dettare principi e criteri generalissimi di delega per il riordino degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela pensionistica, economica e previdenziale delle Forze armate, riconosce espressamente, al comma 1, la “specificità del ruolo delle Forze armate…, nonché dello stato giuridico del personale in dipendenza della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell’ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativi richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti”.

L’indicazione è sufficientemente chiara ma, in base al comma 2, “La disciplina attuativa dei princìpi e degli indirizzi di cui al comma 1 è definita con successivi provvedimenti legislativi, con i quali si provvede altresì a stanziare le occorrenti risorse finanziarie”.

Resta sullo sfondo, dunque, il problema di definire il valore di questi principi generalissimi di indirizzo, rimasti almeno formalmente inattuati. Orbene, per ciò che qui rileva, l’indicazione fornita dalla giurisprudenza costituzionale appare duplice: innanzitutto, i principi e i criteri direttivi sono idonei a produrre effetti nell'ordinamento in modo del tutto autonomo rispetto al successivo esercizio della delega da parte del legislatore delegato; in secondo luogo, l'individuazione di tali effetti è operazione da farsi caso per caso, valutandone la struttura del contenuto precettivo e il grado di determinatezza.

9.1 Può tornare, al riguardo, nuovamente utile quanto affermato nella ricordata sentenza n. 4047/2012 di questo Consiglio di Stato, ovvero l’impossibilità di declassare l’art. 19 a semplice norma “manifesto”, sminuendone l’ innegabile portata innovativa: il solo fatto di aver elevato a rango di norma primaria la “specificità” delle Forze Armate, infatti, introduce innegabilmente un canone ermeneutico cui deve ispirarsi in primo luogo l’interprete nella ricerca di soluzioni applicative che richiedano, con riguardo al caso concreto, la comparazione di interessi contrapposti.

9.2 Ma una cosa, dunque, è fornire a livello generale un suggerimento operativo, desunto da indicazioni metodologiche internazionali, per coadiuvare le Amministrazioni interessate nell’esercizio del relativo potere, valutando l’incidenza della mobilità a domanda sull’efficienza operativa della singola struttura anche alla luce di tali indicazioni; senza tuttavia, ovviamente, perdere di vista l’onere motivazionale, che non potrà ridursi a mera clausola di stile concretizzantesi nel richiamo al superamento del predeterminato limite percentuale; altro è, invece, introdurre una disciplina di dettaglio utilizzando lo strumento della direttiva di vertice, così da “ingessare” le potenzialità discrezionali di esercizio del potere concessorio delle articolazioni organizzative interessate, e con ciò indebitamente sostituendosi al legislatore delegato.

10. Il richiamo, contenuto in alcune sentenze ed indirettamente ripreso dal Ministero, anche attraverso il riferimento all’art. 2209 sexies del C.O.M., alla possibilità di effettuare scelte a carattere generale necessita a sua volta di una indispensabile precisazione. Se si prescinde dalla possibilità, di cui al paragrafo precedente, di ricordare a tutta la struttura l’esistenza di studi che hanno fornito indicazioni statistiche di efficienza minima in termini percentuali, è evidente che nessun’altra possibilità di indicazione cogente che finisca per integrare il dato normativo possa essere fornita con lo strumento della direttiva.

10.1 Nella stessa logica, del resto, si pone il procedimento declinato dall’art. 2209 sexies del C.O.M., invocato impropriamente dal Ministero della difesa a supporto della propria tesi interpretativa. La norma, infatti, prevede le linee guida da seguire per i ricongiungimenti familiari tra coniugi entrambi appartenenti alla Difesa e fissa una corsia preferenziale per la trattazione delle istanze di trasferimento in presenza di prole in minore età, precisando che, in caso di coniugi con figli minori fino ai 3 anni di età, si applica l’art. 42 bis del decreto legislativo n. 151/2001 e sancendo, in caso di coniugi entrambi militari, che ne sia evitato il contestuale impiego in attività operative continuative fuori dall’ordinaria sede di servizio. Le linee guida devono inserirsi nel contesto del piano di programmazione triennale scorrevole per il progressivo raggiungimento delle dotazioni organiche complessive di Esercito italiano, Marina militare, escluso il Corpo delle capitanerie di porto, e Aeronautica militare indicate all’articolo 798, e della relativa ripartizione previsto dall’art. 2209 quater, a partire dall’anno 2016 e sino all’anno 2024, prevedendo che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta dei Ministri per la pubblica amministrazione e la semplificazione e della difesa, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, tale piano sia annualmente adottato allo scopo di definire le modalità di attuazione: dei transiti di personale militare in servizio permanente non dirigente e non soggetto a obblighi di ferma nei ruoli civili dell’amministrazione della Difesa o di altre amministrazioni pubbliche, con esclusione delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, secondo i criteri stabiliti al successivo articolo 2209 quinquies; delle riserve di posti nei concorsi pubblici, estese anche al personale militare in servizio permanente. Si evidenzia che a monte dell’articolo vi è la individuazione delle eventuali eccedenze (ai sensi del precedente articolo 2209 ter, comma 1, con determinazione del Ministro della difesa).

Orbene, non vi è chi non veda come a fronte della scelta del legislatore di ricondurre ad un complesso e dettagliato iter (D.P.C.M. con tutti i passaggi procedurali ricordati) un segmento minimo della materia in esame (le domande di mobilità di coniugi entrambi militari con figli di età inferiore a tre anni, da gestire ai sensi dell’art. 42 bis del d.lgs. 151, ma da computare nella programmazione ora in esame) risulterebbe paradossale, per la rimanente casistica, poter procedere autonomamente con direttiva a carattere generale.

11. Ritiene dunque in definitiva la Sezione che la “specificità” dell’ordinamento militare, delle esigenze connesse al suo buon andamento e di quanto queste possano influire sullo status e sulle situazioni degli appartenenti all’ordinamento medesimo, vada sviluppata e valorizzata nella valutazione di compatibilità - e solo in quella, in assenza dei decreti legislativi attuativi previsti dal comma 2 dell’art. 19 della l. n. 183/2010 - da effettuarsi in concreto, o in atti di programmazione delle risorse a carattere generale, ma contingente al periodo di riferimento. Indicazioni percentuali prestabilite assumono l’innegabile merito divulgativo di rendere note le risultanze di analisi scientifiche sull’efficienza strutturale, cui le decisioni dell’Amministrazione datrice di lavoro possono ispirarsi nella motivazione di eventuali provvedimenti di diniego. Senza dimenticare, peraltro, che la valutazione della sussistenza della necessità di utilizzare il militare in un certo ufficio o in un certo incarico si appalesa come valutazione di stretto merito, come tale, ove non palesemente irrazionale, non sindacabile in sede giurisdizionale se non a condizione di sostituire la determinazione amministrativa, come sorretta dalla detta valutazione, con quella operata dal Giudice, che è risultato evidentemente inammissibile nell’attuale sistema delle tutele.

P.Q.M.

Nei sensi di cui in motivazione è il parere della Sezione sul quesito in oggetto.




L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Antonella Manzione Gerardo Mastrandrea




IL SEGRETARIO
Roberto Mustafà
panorama
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Re: Art. 42 bis D.Lgs 151/2001. Figli minori fino a tre anni

Messaggio da panorama »

Ricorso Straordinario perso, leggi il perchè
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1) - la Direzione per l'impiego del personale militare dell'Aeronautica ha disposto l'assegnazione temporanea del militare presso il Comando Aeroporto/ Q.G. della OMISSIS R.A. di -OMISSIS- per il periodo dal 27 marzo 2017 al -OMISSIS-, non rinnovabile e senza oneri a carico dell'amministrazione.

2) - L’interessata espone in fatto di essere coniugata e madre del -OMISSIS-.
- La sua residenza familiare è in -OMISSIS-.
- Al fine di poter accudire il piccolo ha presentato in data 8 marzo 2016 domanda di assegnazione temporanea ai sensi della Direttiva DIPMA UD 001 ed. 2014 chiedendo l'applicazione del beneficio di cui all'art. 42bis del D.Lvo n.165 del 2001.

3) - In data 8 marzo 2017, un anno esattamente dopo la presentazione della domanda, l’amministrazione, con il provvedimento che si impugna, ha accordato il richiesto beneficio con assegnazione del militare presso la sede di interesse del Comando Aeroporto/ Q.G. della OMISSIS R.A. di -OMISSIS-.

4) - l'accoglimento della domanda - a distanza di un anno dalla data di presentazione della medesima - avrebbe leso il diritto della ricorrente.

5) - Il provvedimento è stato accordato in data 8 marzo 2017.

6) - Ragion per cui, questo lo sviluppo cui porta la tesi della ricorrente, l’assegnazione potrebbe avere durata ben oltre il compimento del terzo anno di vita del minore e raggiungere dunque, in mera ipotesi, anche la durata di sei anni ove proposta per esempio immediatamente alla vigilia dello spirare dei tre anni.

Il CdS nel Parere precisa:

7) - La fonte normativa primaria che s’impone al rapporto controverso è contenuta nell’art. 42 bis, c. 1 del D.Lgs n. 151 del 2001.

- Orbene, la suddetta fonte – a cui rinviano le disposizioni normative sopravvenute e alla quale devono conformarsi le direttive amministrative in materia - è chiara e univoca nel delimitare l’ambito oggettivo di applicazione della norma al “genitore con figli minori fino a tre anni di età”.

9) - Inequivoco il riferimento/limite temporale per potere usufruire del beneficio: il genitore può usufruire dell’assegnazione temporanea di sede “fino a tre anni di età” del minore.

10) - Se il legislatore avesse voluto estendere il beneficio in parola oltre il limite temporale dei tre anni di età del minore – nel senso auspicato dalla ricorrente - non avrebbe usato la locuzione “fino a tre anni di età”.

11) - Rebus sic stantibus, il compimento del terzo anno di vita del minore costituisce il termine ultimo entro il quale il genitore può usufruire, per fatto di legge, del beneficio dell’assegnazione temporanea, dopo di che egli deve rientrare nella propria sede.

N.B.: Onde evitare dubbi sulla Legge, consiglio di leggere anche dirattamente nell'allegato PARERE del CdS.

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