art. 33 l. n. 104/92
art. 33 l. n. 104/92
Se può interessare a qualcuno metto qui questa sentenza.
N. 29773/2010 REG.SEN.
N. 00941/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 941 del 2005, proposto da
C. A. elettivamente domiciliato in Roma, via Cicerone n. 28 presso lo studio dell’avv. Tommaso Manzo che lo rappresenta e difende nel presente giudizio
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro p.t., domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso la Sede dell’Avvocatura Generale dello Stato che ex lege lo rappresenta e difende nel presente giudizio
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento prot. n. GDAP – ……-2004 del …./11/04 con cui il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha respinto l’istanza di trasferimento ex art. 33 l. n. 104/92 presentata da C. A.;
Visti gli atti e documenti contenuti nel fascicolo processuale;
Designato il dott. (omissis) quale relatore per la pubblica udienza del 3 giugno 2010;
Uditi gli Avvocati delle parti come da verbale;
Ritenuto, in FATTO, e considerato, in DIRITTO, quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato in date ../01/05 e ../01/05 e depositato il ../02/05 C. A. ha impugnato il provvedimento prot. n. GDAP – …….-2004 del …./11/04 con cui il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha respinto l’istanza di trasferimento ex art. 33 l. n. 104/92 presentata dal predetto.
Il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio con memoria depositata l’08/03/05 (come si evince dalle risultanze del sistema informatico).
Con ordinanza n. 3547/05 del 25/06/05 il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.
All’udienza pubblica del 3 giugno 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
C. A. impugna il provvedimento prot. n. GDAP – …..-2004 del …/11/04 con cui il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha respinto l’istanza di trasferimento ex art. 33 l. n. 104/92 presentata dal predetto.
Con la prima censura il ricorrente prospetta l’esistenza del vizio di difetto di motivazione in quanto l’atto gravato non contiene un’esaustiva indicazione in ordine alle circostanze di fatto e di diritto poste a base della decisione.
Il motivo è fondato.
Dall’esame dell’atto impugnato si evince che l’istanza di trasferimento ex art. 33 comma 5° l. n. 104/92, presentata dal C…, è stata respinta “per carenza di posti liberi in organico nella sede richiesta per il ruolo di appartenenza”.
La motivazione in esame non è idonea ad esplicitare in maniera congrua l’iter logico-giuridico seguito dall’amministrazione ai fini della decisione in quanto nella fattispecie il Ministero, tenuto conto anche della particolare natura della situazione giuridica soggettiva posta dal dipendente a fondamento della richiesta, avrebbe dovuto supportare con dati numerici il riferimento – del tutto generico – all’inesistenza di posti in organico, ritenuta ostativa all’accoglimento dell’istanza di trasferimento, e ciò anche al fine di consentire un efficace controllo – da parte del privato e dello stesso Tribunale - delle circostanze di fatto presupposte dal diniego.
Per altro, la motivazione dell’atto impugnato contiene un incongruo, oltre che generico, riferimento alla situazione di organico “nella sede richiesta” laddove l’istanza del ricorrente era finalizzata a conseguire il trasferimento, in alternativa, in due sedi diverse quali ovvero la Casa Circondariale di Caltanissetta e la Casa di Reclusione di San Cataldo.
Anche sotto tale profilo, pertanto, la motivazione del provvedimento impugnato risulta carente ed illogica e, comunque, violativa dell’art. 3 l. n. 241/90.
Solo per esigenza di completezza il Tribunale rileva che anche la documentazione prodotta in giudizio dall’amministrazione non appare del tutto intelligibile e, in sé, congruente con particolare riferimento all’organico in dotazione presso la Casa Circondariale di Caltanissetta (indicato in 158 unità nella tabella allegata al decreto ministeriale del febbraio 2001 e in 206 unità nella nota del 13/04/05 trasmessa dalla Casa Circondariale).
La fondatezza della censura esaminata comporta l’accoglimento del ricorso (previa declaratoria di assorbimento degli ulteriori motivi per esigenze di economia processuale) e l’annullamento dell’atto impugnato con salvezza degli ulteriori provvedimenti che l’amministrazione riterrà di adottare all’esito del riesercizio del potere.
La peculiarità della vicenda oggetto di causa giustifica, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti;
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale Del Lazio – Sede di Roma, Sezione Interna I Quater:
1) accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato facendo salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione;
2) dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 3 giugno 2010 con l'intervento dei Magistrati:
(omissis), Presidente
(omissis), Consigliere
(omissis), Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/08/2010
N. 29773/2010 REG.SEN.
N. 00941/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
Sul ricorso numero di registro generale 941 del 2005, proposto da
C. A. elettivamente domiciliato in Roma, via Cicerone n. 28 presso lo studio dell’avv. Tommaso Manzo che lo rappresenta e difende nel presente giudizio
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro p.t., domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso la Sede dell’Avvocatura Generale dello Stato che ex lege lo rappresenta e difende nel presente giudizio
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
del provvedimento prot. n. GDAP – ……-2004 del …./11/04 con cui il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha respinto l’istanza di trasferimento ex art. 33 l. n. 104/92 presentata da C. A.;
Visti gli atti e documenti contenuti nel fascicolo processuale;
Designato il dott. (omissis) quale relatore per la pubblica udienza del 3 giugno 2010;
Uditi gli Avvocati delle parti come da verbale;
Ritenuto, in FATTO, e considerato, in DIRITTO, quanto segue:
FATTO
Con ricorso notificato in date ../01/05 e ../01/05 e depositato il ../02/05 C. A. ha impugnato il provvedimento prot. n. GDAP – …….-2004 del …./11/04 con cui il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha respinto l’istanza di trasferimento ex art. 33 l. n. 104/92 presentata dal predetto.
Il Ministero della Giustizia si è costituito in giudizio con memoria depositata l’08/03/05 (come si evince dalle risultanze del sistema informatico).
Con ordinanza n. 3547/05 del 25/06/05 il Tribunale ha accolto l’istanza cautelare proposta dal ricorrente.
All’udienza pubblica del 3 giugno 2010 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato e merita accoglimento.
C. A. impugna il provvedimento prot. n. GDAP – …..-2004 del …/11/04 con cui il Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria ha respinto l’istanza di trasferimento ex art. 33 l. n. 104/92 presentata dal predetto.
Con la prima censura il ricorrente prospetta l’esistenza del vizio di difetto di motivazione in quanto l’atto gravato non contiene un’esaustiva indicazione in ordine alle circostanze di fatto e di diritto poste a base della decisione.
Il motivo è fondato.
Dall’esame dell’atto impugnato si evince che l’istanza di trasferimento ex art. 33 comma 5° l. n. 104/92, presentata dal C…, è stata respinta “per carenza di posti liberi in organico nella sede richiesta per il ruolo di appartenenza”.
La motivazione in esame non è idonea ad esplicitare in maniera congrua l’iter logico-giuridico seguito dall’amministrazione ai fini della decisione in quanto nella fattispecie il Ministero, tenuto conto anche della particolare natura della situazione giuridica soggettiva posta dal dipendente a fondamento della richiesta, avrebbe dovuto supportare con dati numerici il riferimento – del tutto generico – all’inesistenza di posti in organico, ritenuta ostativa all’accoglimento dell’istanza di trasferimento, e ciò anche al fine di consentire un efficace controllo – da parte del privato e dello stesso Tribunale - delle circostanze di fatto presupposte dal diniego.
Per altro, la motivazione dell’atto impugnato contiene un incongruo, oltre che generico, riferimento alla situazione di organico “nella sede richiesta” laddove l’istanza del ricorrente era finalizzata a conseguire il trasferimento, in alternativa, in due sedi diverse quali ovvero la Casa Circondariale di Caltanissetta e la Casa di Reclusione di San Cataldo.
Anche sotto tale profilo, pertanto, la motivazione del provvedimento impugnato risulta carente ed illogica e, comunque, violativa dell’art. 3 l. n. 241/90.
Solo per esigenza di completezza il Tribunale rileva che anche la documentazione prodotta in giudizio dall’amministrazione non appare del tutto intelligibile e, in sé, congruente con particolare riferimento all’organico in dotazione presso la Casa Circondariale di Caltanissetta (indicato in 158 unità nella tabella allegata al decreto ministeriale del febbraio 2001 e in 206 unità nella nota del 13/04/05 trasmessa dalla Casa Circondariale).
La fondatezza della censura esaminata comporta l’accoglimento del ricorso (previa declaratoria di assorbimento degli ulteriori motivi per esigenze di economia processuale) e l’annullamento dell’atto impugnato con salvezza degli ulteriori provvedimenti che l’amministrazione riterrà di adottare all’esito del riesercizio del potere.
La peculiarità della vicenda oggetto di causa giustifica, ai sensi dell’art. 92 c.p.c., la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti;
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale Del Lazio – Sede di Roma, Sezione Interna I Quater:
1) accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato facendo salvi gli ulteriori provvedimenti dell’amministrazione;
2) dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 3 giugno 2010 con l'intervento dei Magistrati:
(omissis), Presidente
(omissis), Consigliere
(omissis), Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 03/08/2010
Re: art. 33 l. n. 104/92
Per notizia
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 04584/2011 REG.PROV.COLL.
N. 04958/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4958 del 2010, proposto da:
OMISSIS , rappresentato e difeso dall’Avv. Maria Giovanna Ferrante, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Danilo Di Cesare in Roma, via Callimaco, 45;
contro
il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato per legge presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia
del provvedimento prot. n. GDAP-………. del 18.2.2010, notificato il 23.3.2010, con il quale è stata rigettata l’istanza di trasferimento, ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, presentata dall’assistente capo OMISSIS , e di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 5 maggio 2011, la dott.ssa Rita Tricarico e udita l’Avv. Ferrante Maria Giovanna, per il ricorrente, assente il difensore dell’Amministrazione resistente, come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il Sig. OMISSIS è assistente capo del Corpo dell’Amministrazione penitenziaria, in servizio presso la casa circondariale di OMISSIS, attualmente provvisoriamente distaccato, per mandato amministrativo, presso la casa circondariale di OMISSIS.
La suocera del ricorrente, residente in ……….., è stata riconosciuta invalida, ai sensi della L. 5.2.1992, n. 104.
Perciò lo stesso, al fine di poterla assistere, con istanza del 12.1.2010, ha chiesto di essere trasferito presso la sede di …………...
Con provvedimento prot. n. GDAP-……… del 18.2.2010, notificato il 23.3.2010, detta domanda è stata respinta, per asserita assenza del requisito dell’esclusività.
Avverso tale provvedimento è stato proposto il presente ricorso, nel quale sono stati dedotti i seguenti motivi di censura:
1 - violazione o falsa applicazione dell’art. 33 della legge 5.2.1992, n. 104: il ricorrente si troverebbe nella condizione prevista dalla norma della continuità nell’assistenza e sarebbe l’unico, tra parenti ed affini entro il terzo grado, in grado di assistere la disabile, in quanto il marito della stessa sarebbe invalido al ……%, mentre la sua unica figlia, moglie del ricorrente, avrebbe dichiarato, attestando impedimenti, la sua indisponibilità;
2 - violazione degli artt. 3 e 18 della legge 7.8.1990, n. 241 – eccesso di potere per carenza di istruttoria, illogicità, contraddittorietà: l’affermazione contenuta nel provvedimento gravato, secondo cui sarebbe insussistente il requisito dell’'esclusività, sarebbe smentita dai fatti, e, perciò, detto provvedimento sarebbe inficiato da illogicità, contraddittorietà e carenza di istruttoria;
3 - violazione o falsa applicazione dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992: con il diniego di trasferimento qui censurato l’Amministrazione avrebbe disconosciuto principi che in precedenti richieste di trasferimento, avanzate da altri dipendenti, avrebbe valutato positivamente; inoltre la richiamata disposizione, attraverso l’inciso “ove possibile”, avrebbe subordinato i trasferimenti alle esigenze organizzative dell’Amministrazione, ma nella specie vi sarebbe disponibilità di posti in organico;
4 - violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 – violazione del giusto procedimento di legge: prima della formale adozione del provvedimento, l’Amministrazione non avrebbe tempestivamente comunicato all’istante i motivi ostativi all’accoglimento della domanda di trasferimento.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, che ha depositato documentazione conferente.
Nella camera di consiglio del 1°.7.2010, la parte ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare.
L’Amministrazione ha prodotto una memoria, in vista dell’udienza pubblica del 5.5.2011, nella quale il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
1 – Con il presente gravame si censura il provvedimento identificato in epigrafe, col quale l’Amministrazione ha rigettato, per asserita assenza del requisito dell’esclusività, la domanda di trasferimento avanzata dal ricorrente ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, per continuare ad assistere la propria suocera invalida.
1.1 - In proposito deve rilevarsi che, ai sensi della menzionata disposizione di legge, nel testo vigente quando detto provvedimento è stato adottato, “il genitore o il familiare lavoratore, pubblico o privato, che assista con continuità un parente o affine entro il terzo grado handicappato, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
Il trasferimento deve essere funzionale a garantire l’assistenza già in atto al momento dell’assunzione in servizio e presuppone che nessun ulteriore parente o affine entro il terzo grado sia in grado di garantire detta assistenza.
2 - Nella specie, diversamente da quanto assume l'Amministrazione resistente, risulta essere stato dimostrato l’elemento dell’esclusività.
2.1 - Come si evince, infatti, dalla documentazione allegata alla domanda di trasferimento, gli unici altri soggetti rientranti nella previsione di legge, vale a dire il marito dell’handicappata e la sua unica figlia, non possono provvedere alla sua assistenza.
In particolare, per quanto concerne il primo, lo stesso è, a sua volta, invalido al ……%, come risulta da certificazione in atti, prodotta unitamente all’istanza di trasferimento in parola.
Con riguardo alla seconda, la suddetta signora, oltre a dover accudire tre figli minori, il che, considerato in via esclusiva, non sarebbe di per sé ostativo a tale assistenza, è affetta da .............., anch’essa risultante da certificazione medica allegata a detta domanda, patologia che invece ben può impedire o rendere particolarmente difficoltosa l’assistenza di una disabile avente problemi seri alla colonna vertebrale, insieme ad altre patologie.
2.2 - Ne deriva che erroneamente è stato denegato il trasferimento de quo, sussistendo il requisito dell’esclusività, che nel provvedimento è invece contestato quale mancante.
3 - É evidente la carenza di istruttoria che emerge e che ha comportato la violazione dell’art. 33 della legge n. 104/1992, di cui nella specie si è fatta applicazione.
4 - Fondatamente è stata dedotta, altresì, la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 e s.m.i., atteso che, stante pacificamente l’assenza della comunicazione ai sensi della menzionata disposizione, ove essa fosse stata invece eseguita, il ricorrente avrebbe potuto far valere le proprie ragioni già in sede endoprocedimentale, il che chiaramente gli è stato impedito.
5 - Deve, perciò, concludersi che il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato ed obbligo per l’Amministrazione intimata di assumere le proprie determinazioni tenuto conto di quanto evidenziato nella presente disamina.
6 - Per quanto concerne le spese, i diritti e gli onorari, essi seguono la soccombenza, ponendosi a carico di detta Amministrazione, e vanno liquidati come in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato, obbligando l’Amministrazione resistente ad assumere le conseguenti determinazioni.
Condanna quest’ultima alla spese di giudizio in favore del ricorrente, forfetariamente quantificate in € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre I.V.A. e C.P.A..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 5 maggio 2011, con l’intervento dei Magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Pierina Biancofiore, Consigliere
Rita Tricarico, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/05/2011
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 04584/2011 REG.PROV.COLL.
N. 04958/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4958 del 2010, proposto da:
OMISSIS , rappresentato e difeso dall’Avv. Maria Giovanna Ferrante, con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. Danilo Di Cesare in Roma, via Callimaco, 45;
contro
il Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliato per legge presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12;
per l’annullamento
previa sospensione dell’efficacia
del provvedimento prot. n. GDAP-………. del 18.2.2010, notificato il 23.3.2010, con il quale è stata rigettata l’istanza di trasferimento, ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, presentata dall’assistente capo OMISSIS , e di ogni altro atto presupposto, connesso o consequenziale.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell’udienza pubblica del giorno 5 maggio 2011, la dott.ssa Rita Tricarico e udita l’Avv. Ferrante Maria Giovanna, per il ricorrente, assente il difensore dell’Amministrazione resistente, come da verbale di udienza;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue:
FATTO
Il Sig. OMISSIS è assistente capo del Corpo dell’Amministrazione penitenziaria, in servizio presso la casa circondariale di OMISSIS, attualmente provvisoriamente distaccato, per mandato amministrativo, presso la casa circondariale di OMISSIS.
La suocera del ricorrente, residente in ……….., è stata riconosciuta invalida, ai sensi della L. 5.2.1992, n. 104.
Perciò lo stesso, al fine di poterla assistere, con istanza del 12.1.2010, ha chiesto di essere trasferito presso la sede di …………...
Con provvedimento prot. n. GDAP-……… del 18.2.2010, notificato il 23.3.2010, detta domanda è stata respinta, per asserita assenza del requisito dell’esclusività.
Avverso tale provvedimento è stato proposto il presente ricorso, nel quale sono stati dedotti i seguenti motivi di censura:
1 - violazione o falsa applicazione dell’art. 33 della legge 5.2.1992, n. 104: il ricorrente si troverebbe nella condizione prevista dalla norma della continuità nell’assistenza e sarebbe l’unico, tra parenti ed affini entro il terzo grado, in grado di assistere la disabile, in quanto il marito della stessa sarebbe invalido al ……%, mentre la sua unica figlia, moglie del ricorrente, avrebbe dichiarato, attestando impedimenti, la sua indisponibilità;
2 - violazione degli artt. 3 e 18 della legge 7.8.1990, n. 241 – eccesso di potere per carenza di istruttoria, illogicità, contraddittorietà: l’affermazione contenuta nel provvedimento gravato, secondo cui sarebbe insussistente il requisito dell’'esclusività, sarebbe smentita dai fatti, e, perciò, detto provvedimento sarebbe inficiato da illogicità, contraddittorietà e carenza di istruttoria;
3 - violazione o falsa applicazione dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992: con il diniego di trasferimento qui censurato l’Amministrazione avrebbe disconosciuto principi che in precedenti richieste di trasferimento, avanzate da altri dipendenti, avrebbe valutato positivamente; inoltre la richiamata disposizione, attraverso l’inciso “ove possibile”, avrebbe subordinato i trasferimenti alle esigenze organizzative dell’Amministrazione, ma nella specie vi sarebbe disponibilità di posti in organico;
4 - violazione e falsa applicazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 – violazione del giusto procedimento di legge: prima della formale adozione del provvedimento, l’Amministrazione non avrebbe tempestivamente comunicato all’istante i motivi ostativi all’accoglimento della domanda di trasferimento.
Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, che ha depositato documentazione conferente.
Nella camera di consiglio del 1°.7.2010, la parte ricorrente ha rinunciato alla domanda cautelare.
L’Amministrazione ha prodotto una memoria, in vista dell’udienza pubblica del 5.5.2011, nella quale il ricorso è stato introitato per la decisione.
DIRITTO
1 – Con il presente gravame si censura il provvedimento identificato in epigrafe, col quale l’Amministrazione ha rigettato, per asserita assenza del requisito dell’esclusività, la domanda di trasferimento avanzata dal ricorrente ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992, per continuare ad assistere la propria suocera invalida.
1.1 - In proposito deve rilevarsi che, ai sensi della menzionata disposizione di legge, nel testo vigente quando detto provvedimento è stato adottato, “il genitore o il familiare lavoratore, pubblico o privato, che assista con continuità un parente o affine entro il terzo grado handicappato, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
Il trasferimento deve essere funzionale a garantire l’assistenza già in atto al momento dell’assunzione in servizio e presuppone che nessun ulteriore parente o affine entro il terzo grado sia in grado di garantire detta assistenza.
2 - Nella specie, diversamente da quanto assume l'Amministrazione resistente, risulta essere stato dimostrato l’elemento dell’esclusività.
2.1 - Come si evince, infatti, dalla documentazione allegata alla domanda di trasferimento, gli unici altri soggetti rientranti nella previsione di legge, vale a dire il marito dell’handicappata e la sua unica figlia, non possono provvedere alla sua assistenza.
In particolare, per quanto concerne il primo, lo stesso è, a sua volta, invalido al ……%, come risulta da certificazione in atti, prodotta unitamente all’istanza di trasferimento in parola.
Con riguardo alla seconda, la suddetta signora, oltre a dover accudire tre figli minori, il che, considerato in via esclusiva, non sarebbe di per sé ostativo a tale assistenza, è affetta da .............., anch’essa risultante da certificazione medica allegata a detta domanda, patologia che invece ben può impedire o rendere particolarmente difficoltosa l’assistenza di una disabile avente problemi seri alla colonna vertebrale, insieme ad altre patologie.
2.2 - Ne deriva che erroneamente è stato denegato il trasferimento de quo, sussistendo il requisito dell’esclusività, che nel provvedimento è invece contestato quale mancante.
3 - É evidente la carenza di istruttoria che emerge e che ha comportato la violazione dell’art. 33 della legge n. 104/1992, di cui nella specie si è fatta applicazione.
4 - Fondatamente è stata dedotta, altresì, la violazione dell’art. 10 bis della legge n. 241/1990 e s.m.i., atteso che, stante pacificamente l’assenza della comunicazione ai sensi della menzionata disposizione, ove essa fosse stata invece eseguita, il ricorrente avrebbe potuto far valere le proprie ragioni già in sede endoprocedimentale, il che chiaramente gli è stato impedito.
5 - Deve, perciò, concludersi che il ricorso è fondato e va accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato ed obbligo per l’Amministrazione intimata di assumere le proprie determinazioni tenuto conto di quanto evidenziato nella presente disamina.
6 - Per quanto concerne le spese, i diritti e gli onorari, essi seguono la soccombenza, ponendosi a carico di detta Amministrazione, e vanno liquidati come in dispositivo.
P.Q.M.
il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato, obbligando l’Amministrazione resistente ad assumere le conseguenti determinazioni.
Condanna quest’ultima alla spese di giudizio in favore del ricorrente, forfetariamente quantificate in € 1.500,00 (millecinquecento/00), oltre I.V.A. e C.P.A..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 5 maggio 2011, con l’intervento dei Magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Pierina Biancofiore, Consigliere
Rita Tricarico, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/05/2011
Re: art. 33 l. n. 104/92
Interessante sentenza.
23/06/2011 201105581 Sentenza Breve 1Q
N. 05581/2011 REG.PROV.COLL.
N. 04030/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 4030 del 2011, proposto da
OMISSIS elettivamente domiciliato in Roma, via Emilia n. 81 presso lo studio dell’avv. Giovanni Carlo Parente che lo rappresenta e difende nel presente giudizio;
contro
- MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro p.t., domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso la Sede dell’Avvocatura Generale dello Stato che ex lege lo rappresenta e difende nel presente giudizio;
- DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA, in persona del Capo Dipartimento p.t., domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso la Sede dell’Avvocatura Generale dello Stato che ex lege lo rappresenta e difende nel presente giudizio;
per l'annullamento
della nota GDAP OMISSIS del 16 febbraio 2011 con cui il Ministero della Giustizia ha rigettato l'istanza di trasferimento ex art. 33 comma 5° l. n. 104/92 presentata dal ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella Camera di Consiglio del giorno 21 giugno 2011 il dott. Michelangelo Francavilla; Espletate le formalità previste dall’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto di potere definire il giudizio con sentenza in forma semplificata;
Considerato, in fatto, che il ricorrente impugna la nota GDAP OMISSIS del 16 febbraio 2011 cui il Ministero della Giustizia ha rigettato l'istanza di trasferimento ex art. 33 comma 5° l. n. 104/92 presentata dal predetto per assistere il padre disabile;
Considerato, in diritto, che il ricorso è fondato e merita accoglimento;
Considerato che il provvedimento impugnato ha negato il beneficio del trasferimento in ragione della carenza del requisito della continuità assistenziale in atto da parte del dipendente;
Considerato che, come fondatamente dedotto con l’unica censura articolata nel ricorso, per effetto della modifica dell’art. 33 comma 5° l. n. 104/92 operata dalla legge n. 183/2010 (vigente al momento dell’adozione dell’atto impugnato), ai fini della concessione del beneficio previsto dalla norma in esame non è più necessario il requisito della continuità dell’assistenza in quanto espunto dalla disposizione a seguito della citata modifica legislativa;
Considerato che tale opzione ermeneutica risulta confermata dalla Circolare n. 13/2010 del Ministero della Funzione Pubblica;
Ritenuta inapplicabile alla fattispecie la sentenza del Consiglio di Stato n. 2707/2011 richiamata dall’amministrazione nella relazione depositata il 07/06/11;
Considerato, infatti, che la sentenza in esame ha ad oggetto una fattispecie regolata dalla normativa vigente prima dell’emanazione della legge n. 183/2010 e che la ritenuta inapplicabilità della nuova normativa al personale delle Forze Armate non appare coerente con il contenuto e la “ratio” dell’art. 19 l. n. 183/2010;
Considerato, infatti, che la norma in esame, nel rinviare a successivi provvedimenti legislativi la “definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale”, costituisce disposizione meramente programmatica che impone al legislatore di tenere conto, nei successivi interventi, delle specifiche funzioni esercitate dalle Forze Armate stesse;
Considerato che, seguendo l’interpretazione del Giudice di Appello, dovrebbe riconoscersi all’art. 19 l. n. 183/2010 immediata efficacia ed effetto abrogante, limitatamente alle Forze Armate, dell’art. 33 l. n. 104/92 e delle altre norme che regolano attualmente la disciplina del rapporto di lavoro delle stesse il che è logicamente inconcepibile;
Considerato che l’immediata applicabilità dell’art. 33 l. n. 104/92, nel testo attualmente vigente, al personale delle Forze Armate è imposta da un’interpretazione costituzionalmente orientata del sistema normativo potendosi, in caso contrario, ipotizzare un’ingiustificata disparità di trattamento dei disabili che risultano parenti del personale delle Forze Armate stesse;
Considerato che per questi motivi il ricorso è fondato e merita accoglimento con conseguente annullamento del provvedimento impugnato;
Considerato che la peculiarità e la novità della questione giuridica oggetto di causa giustificano, ai sensi degli artt. 26 d. lgs. n. 104/2010 e 92 c.p.c., la compensazione delle spese sostenute dalle parti;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
1) accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato;
2) dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 21 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Pierina Biancofiore, Consigliere
Michelangelo Francavilla, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/06/2011
23/06/2011 201105581 Sentenza Breve 1Q
N. 05581/2011 REG.PROV.COLL.
N. 04030/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 4030 del 2011, proposto da
OMISSIS elettivamente domiciliato in Roma, via Emilia n. 81 presso lo studio dell’avv. Giovanni Carlo Parente che lo rappresenta e difende nel presente giudizio;
contro
- MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro p.t., domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso la Sede dell’Avvocatura Generale dello Stato che ex lege lo rappresenta e difende nel presente giudizio;
- DIPARTIMENTO DELL’AMMINISTRAZIONE PENITENZIARIA, in persona del Capo Dipartimento p.t., domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12 presso la Sede dell’Avvocatura Generale dello Stato che ex lege lo rappresenta e difende nel presente giudizio;
per l'annullamento
della nota GDAP OMISSIS del 16 febbraio 2011 con cui il Ministero della Giustizia ha rigettato l'istanza di trasferimento ex art. 33 comma 5° l. n. 104/92 presentata dal ricorrente;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella Camera di Consiglio del giorno 21 giugno 2011 il dott. Michelangelo Francavilla; Espletate le formalità previste dall’art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto di potere definire il giudizio con sentenza in forma semplificata;
Considerato, in fatto, che il ricorrente impugna la nota GDAP OMISSIS del 16 febbraio 2011 cui il Ministero della Giustizia ha rigettato l'istanza di trasferimento ex art. 33 comma 5° l. n. 104/92 presentata dal predetto per assistere il padre disabile;
Considerato, in diritto, che il ricorso è fondato e merita accoglimento;
Considerato che il provvedimento impugnato ha negato il beneficio del trasferimento in ragione della carenza del requisito della continuità assistenziale in atto da parte del dipendente;
Considerato che, come fondatamente dedotto con l’unica censura articolata nel ricorso, per effetto della modifica dell’art. 33 comma 5° l. n. 104/92 operata dalla legge n. 183/2010 (vigente al momento dell’adozione dell’atto impugnato), ai fini della concessione del beneficio previsto dalla norma in esame non è più necessario il requisito della continuità dell’assistenza in quanto espunto dalla disposizione a seguito della citata modifica legislativa;
Considerato che tale opzione ermeneutica risulta confermata dalla Circolare n. 13/2010 del Ministero della Funzione Pubblica;
Ritenuta inapplicabile alla fattispecie la sentenza del Consiglio di Stato n. 2707/2011 richiamata dall’amministrazione nella relazione depositata il 07/06/11;
Considerato, infatti, che la sentenza in esame ha ad oggetto una fattispecie regolata dalla normativa vigente prima dell’emanazione della legge n. 183/2010 e che la ritenuta inapplicabilità della nuova normativa al personale delle Forze Armate non appare coerente con il contenuto e la “ratio” dell’art. 19 l. n. 183/2010;
Considerato, infatti, che la norma in esame, nel rinviare a successivi provvedimenti legislativi la “definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale”, costituisce disposizione meramente programmatica che impone al legislatore di tenere conto, nei successivi interventi, delle specifiche funzioni esercitate dalle Forze Armate stesse;
Considerato che, seguendo l’interpretazione del Giudice di Appello, dovrebbe riconoscersi all’art. 19 l. n. 183/2010 immediata efficacia ed effetto abrogante, limitatamente alle Forze Armate, dell’art. 33 l. n. 104/92 e delle altre norme che regolano attualmente la disciplina del rapporto di lavoro delle stesse il che è logicamente inconcepibile;
Considerato che l’immediata applicabilità dell’art. 33 l. n. 104/92, nel testo attualmente vigente, al personale delle Forze Armate è imposta da un’interpretazione costituzionalmente orientata del sistema normativo potendosi, in caso contrario, ipotizzare un’ingiustificata disparità di trattamento dei disabili che risultano parenti del personale delle Forze Armate stesse;
Considerato che per questi motivi il ricorso è fondato e merita accoglimento con conseguente annullamento del provvedimento impugnato;
Considerato che la peculiarità e la novità della questione giuridica oggetto di causa giustificano, ai sensi degli artt. 26 d. lgs. n. 104/2010 e 92 c.p.c., la compensazione delle spese sostenute dalle parti;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto:
1) accoglie il ricorso e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato;
2) dispone la compensazione delle spese processuali sostenute dalle parti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del giorno 21 giugno 2011 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Pierina Biancofiore, Consigliere
Michelangelo Francavilla, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 23/06/2011
Re: art. 33 l. n. 104/92
Questa sentenza del Tar Piemonte di Torino è interessante.
Infatti si legge:
L’istanza è stata respinta con provvedimento del 12 aprile 2011, notificato all’interessato il 1° giugno 2011, recante la seguente motivazione: “… il verbale della competente Commissione ASL, che ha certificato la condizione di handicap grave ex art. 3 comma 3 della legge in questione, risulta datato 12/09/2001, mentre l’istante risulta in servizio presso una sede inidonea all’assistenza al soggetto diversamente abile in via continuativa dal 17/03/1994 … il requisito della continuità dell’assistenza prestata dal dipendente, per consolidato indirizzo giurisprudenziale, deve necessariamente essere in atto al momento della richiesta del beneficio, per cui il trasferimento ai sensi del 5° comma dell’art. 33 della legge va accordato solo al lavoratore che già assista con continuità un familiare portatore di grave handicap e non anche al dipendente che, non assistendo in atto con continuità il soggetto, aspiri al trasferimento proprio al fine di poter instaurare detto rapporto.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 01103/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01040/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1040 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Paladini e Tommaso Fazio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Tony Troade in Torino, via Assarotti, 17;
contro
Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata per legge in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
del provvedimento GDAP ……..-2011, GDAP OMISSIS del 12.4.2011, notificato al ricorrente il 1.6.2011, con il quale il Ministero della giustizia - Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Direzione Generale del personale e della formazione - ha negato il trasferimento richiesto dal ricorrente ai sensi e per gli effetti della legge n. 104/92.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2011 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1) Il ricorrente è assistente del Corpo di polizia penitenziaria, in servizio presso la Casa circondariale di OMISSIS.
Con istanza del 22 febbraio 2011, chiedeva di essere trasferito, “in applicazione della legge 104/92”, presso la Casa circondariale di Lecce oppure la Casa circondariale di Brindisi, al fine di poter prestare assistenza alla madre affetta da grave e documentato handicap.
L’istanza è stata respinta con provvedimento del 12 aprile 2011, notificato all’interessato il 1° giugno 2011, recante la seguente motivazione: “… il verbale della competente Commissione ASL, che ha certificato la condizione di handicap grave ex art. 3 comma 3 della legge in questione, risulta datato 12/09/2001, mentre l’istante risulta in servizio presso una sede inidonea all’assistenza al soggetto diversamente abile in via continuativa dal 17/03/1994 … il requisito della continuità dell’assistenza prestata dal dipendente, per consolidato indirizzo giurisprudenziale, deve necessariamente essere in atto al momento della richiesta del beneficio, per cui il trasferimento ai sensi del 5° comma dell’art. 33 della legge va accordato solo al lavoratore che già assista con continuità un familiare portatore di grave handicap e non anche al dipendente che, non assistendo in atto con continuità il soggetto, aspiri al trasferimento proprio al fine di poter instaurare detto rapporto. Tale requisito non appare individuabile nel caso in esame in quanto l’oggettiva lontananza che intercorre tra la sede di servizio ed il domicilio del disabile è considerata ostativa sia in senso spaziale che in senso temporale, con riguardo alla precitata continuità dell’assistenza”.
2) Con ricorso giurisdizionale ritualmente notificato in data 26 luglio 2011, l’interessato ha impugnato il precitato diniego di trasferimento, instando per il suo annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, sulla scorta di un motivo di gravame formalmente unico, così rubricato: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 33 della legge 5.2.1992, n. 104, come modificato dall’art. 24 della legge 4.11.2010, n. 183; eccesso di potere per difetto di motivazione”.
Il Ministero della giustizia, patrocinato dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, si è costituito in giudizio con comparsa di stile depositata il 4 ottobre 2011, allegando documentazione che, stante la violazione del termine perentorio fissato dall’art. 55, comma 5, cod. proc. amm., non può essere presa in considerazione ai fini del decidere.
All’udienza camerale del 5 ottobre 2011, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare proposta in via incidentale dal ricorrente, il ricorso è stato ritenuto per essere deciso con sentenza in forma semplificata, dopo che i difensori delle parti erano stati sentiti in merito all’intenzione del Collegio di definire il merito della controversia ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., soluzione consentita dall’oggetto della controversia e dalla completezza dell’istruttoria.
3) L’Amministrazione resistente ha respinto la richiesta di trasferimento del ricorrente, dichiaratamente finalizzata a consentirgli di prestare assistenza alla madre disabile, a causa della mancanza del presupposto della continuità del rapporto assistenziale.
Come accennato, infatti, il ricorrente presta servizio presso una casa circondariale ubicata nella regione Piemonte e la sua assegnazione all’attuale sede di servizio è ampiamente antecedente all’accertamento del grave handicap della madre la quale, essendo residente nella regione Puglia, non avrebbe obiettivamente potuto essere assistita con continuità dall’interessato.
La fattispecie è regolata dall’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), che, nel testo originario, stabiliva: “Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato, con lui convivente, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio…”.
La lettera di tale disposizione lasciava chiaramente intendere (come sottolineato dal consolidato orientamento giurisprudenziale cui si fa riferimento nel provvedimento impugnato) che il beneficio dell’avvicinamento della sede lavorativa fosse condizionato, tra gli altri presupposti oggettivi, alla preesistenza di una situazione assistenziale la cui interruzione sarebbe risultata pregiudizievole per la persona portatrice di handicap: ciò implicava l’impossibilità di accordare il trasferimento a fronte di esigenze assistenziali successivamente determinatesi o, comunque, nei casi in cui l’istanza di trasferimento fosse finalizzata ad instaurare il (e non a garantire la continuità del) rapporto assistenziale in favore del disabile.
L’istituto ha formato oggetto di incisivi interventi di revisione che hanno modificato i requisiti per la concessione del beneficio.
Da ultimo, per effetto delle modifiche apportate dall’art. 24, comma 1, lett. b), della legge 4 novembre 2010, n. 183 (cd. “collegato lavoro”), la disposizione è stata così riformulata: “Il lavoratore di cui al comma 3” (ossia il lavoratore che assiste il coniuge o un parente o affine entro un determinato grado affetto da handicap grave e non ricoverato a tempo pieno) “ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere…”.
Il legislatore ha rimosso, quindi, ogni riferimento al requisito della “continuità” e ciò comporta che il dipendente (pubblico) possa ottenere il trasferimento, laddove non sussistano altre circostanze impeditive, indipendentemente dalla continuità dell’assistenza prestata al congiunto disabile (Cons. Stato, sez. IV, 5 maggio 2011, n. 2707; T.A.R. Piemonte, sez. I, ord. cautel. 9 settembre 2011, n. 566).
Tale opzione ermeneutica risulta conforme ai contenuti della circolare n. 13/2010 del Dipartimento della funzione pubblica.
Ne consegue la valutazione di illegittimità dell’impugnato provvedimento che ha negato la concessione del beneficio unicamente in ragione della mancanza di un presupposto non richiesto dalla normativa vigente al momento della presentazione dell’istanza e a quello dell’adozione del provvedimento conclusivo.
4) Pur trattandosi di elemento estraneo alla motivazione del provvedimento impugnato, è opportuno precisare come l’istituto in esame non sia stato inciso dal disposto dell’art. 19 della menzionata legge n. 183/2010 che, tra l’altro, ha rinviato a successivi provvedimenti legislativi la definizione dei contenuti del rapporto di impiego e dello stato giuridico del personale delle forze di polizia (alle quali appartiene la polizia penitenziaria) e delle forze armate.
Tale previsione, infatti, ha carattere essenzialmente programmatico, in quanto richiede che nei successivi interventi legislativi si tenga conto delle specifiche funzioni esercitate da tali categorie di personale, e non vi si può attribuire efficacia parzialmente abrogativa delle disposizioni che disegnano un particolare istituto preordinato alla tutela dei disabili.
E’ evidente, d’altronde, l’ingiustificata disparità di trattamento che, accedendo alla contraria opzione ermeneutica, si verificherebbe a danno dei disabili che risultano parenti del personale delle forze di polizia o delle forze armate (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I quater, 23 giugno 2011, n. 5590).
5) Il ricorso, in conclusione, è fondato e deve essere accolto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono equamente liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente a rifondere al ricorrente le spese del grado di giudizio che liquida forfetariamente nell’importo complessivo di euro millecinquecento oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Richard Goso, Primo Referendario, Estensore
Ariberto Sabino Limongelli, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/10/2011
Infatti si legge:
L’istanza è stata respinta con provvedimento del 12 aprile 2011, notificato all’interessato il 1° giugno 2011, recante la seguente motivazione: “… il verbale della competente Commissione ASL, che ha certificato la condizione di handicap grave ex art. 3 comma 3 della legge in questione, risulta datato 12/09/2001, mentre l’istante risulta in servizio presso una sede inidonea all’assistenza al soggetto diversamente abile in via continuativa dal 17/03/1994 … il requisito della continuità dell’assistenza prestata dal dipendente, per consolidato indirizzo giurisprudenziale, deve necessariamente essere in atto al momento della richiesta del beneficio, per cui il trasferimento ai sensi del 5° comma dell’art. 33 della legge va accordato solo al lavoratore che già assista con continuità un familiare portatore di grave handicap e non anche al dipendente che, non assistendo in atto con continuità il soggetto, aspiri al trasferimento proprio al fine di poter instaurare detto rapporto.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 01103/2011 REG.PROV.COLL.
N. 01040/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1040 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Stefano Paladini e Tommaso Fazio, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Tony Troade in Torino, via Assarotti, 17;
contro
Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata per legge in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
del provvedimento GDAP ……..-2011, GDAP OMISSIS del 12.4.2011, notificato al ricorrente il 1.6.2011, con il quale il Ministero della giustizia - Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria - Direzione Generale del personale e della formazione - ha negato il trasferimento richiesto dal ricorrente ai sensi e per gli effetti della legge n. 104/92.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2011 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1) Il ricorrente è assistente del Corpo di polizia penitenziaria, in servizio presso la Casa circondariale di OMISSIS.
Con istanza del 22 febbraio 2011, chiedeva di essere trasferito, “in applicazione della legge 104/92”, presso la Casa circondariale di Lecce oppure la Casa circondariale di Brindisi, al fine di poter prestare assistenza alla madre affetta da grave e documentato handicap.
L’istanza è stata respinta con provvedimento del 12 aprile 2011, notificato all’interessato il 1° giugno 2011, recante la seguente motivazione: “… il verbale della competente Commissione ASL, che ha certificato la condizione di handicap grave ex art. 3 comma 3 della legge in questione, risulta datato 12/09/2001, mentre l’istante risulta in servizio presso una sede inidonea all’assistenza al soggetto diversamente abile in via continuativa dal 17/03/1994 … il requisito della continuità dell’assistenza prestata dal dipendente, per consolidato indirizzo giurisprudenziale, deve necessariamente essere in atto al momento della richiesta del beneficio, per cui il trasferimento ai sensi del 5° comma dell’art. 33 della legge va accordato solo al lavoratore che già assista con continuità un familiare portatore di grave handicap e non anche al dipendente che, non assistendo in atto con continuità il soggetto, aspiri al trasferimento proprio al fine di poter instaurare detto rapporto. Tale requisito non appare individuabile nel caso in esame in quanto l’oggettiva lontananza che intercorre tra la sede di servizio ed il domicilio del disabile è considerata ostativa sia in senso spaziale che in senso temporale, con riguardo alla precitata continuità dell’assistenza”.
2) Con ricorso giurisdizionale ritualmente notificato in data 26 luglio 2011, l’interessato ha impugnato il precitato diniego di trasferimento, instando per il suo annullamento, previa sospensione dell’esecuzione, sulla scorta di un motivo di gravame formalmente unico, così rubricato: “Violazione e falsa applicazione dell’art. 33 della legge 5.2.1992, n. 104, come modificato dall’art. 24 della legge 4.11.2010, n. 183; eccesso di potere per difetto di motivazione”.
Il Ministero della giustizia, patrocinato dall’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, si è costituito in giudizio con comparsa di stile depositata il 4 ottobre 2011, allegando documentazione che, stante la violazione del termine perentorio fissato dall’art. 55, comma 5, cod. proc. amm., non può essere presa in considerazione ai fini del decidere.
All’udienza camerale del 5 ottobre 2011, fissata per la trattazione dell’istanza cautelare proposta in via incidentale dal ricorrente, il ricorso è stato ritenuto per essere deciso con sentenza in forma semplificata, dopo che i difensori delle parti erano stati sentiti in merito all’intenzione del Collegio di definire il merito della controversia ai sensi dell’art. 60 cod. proc. amm., soluzione consentita dall’oggetto della controversia e dalla completezza dell’istruttoria.
3) L’Amministrazione resistente ha respinto la richiesta di trasferimento del ricorrente, dichiaratamente finalizzata a consentirgli di prestare assistenza alla madre disabile, a causa della mancanza del presupposto della continuità del rapporto assistenziale.
Come accennato, infatti, il ricorrente presta servizio presso una casa circondariale ubicata nella regione Piemonte e la sua assegnazione all’attuale sede di servizio è ampiamente antecedente all’accertamento del grave handicap della madre la quale, essendo residente nella regione Puglia, non avrebbe obiettivamente potuto essere assistita con continuità dall’interessato.
La fattispecie è regolata dall’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104 (legge quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate), che, nel testo originario, stabiliva: “Il genitore o il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado handicappato, con lui convivente, ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio…”.
La lettera di tale disposizione lasciava chiaramente intendere (come sottolineato dal consolidato orientamento giurisprudenziale cui si fa riferimento nel provvedimento impugnato) che il beneficio dell’avvicinamento della sede lavorativa fosse condizionato, tra gli altri presupposti oggettivi, alla preesistenza di una situazione assistenziale la cui interruzione sarebbe risultata pregiudizievole per la persona portatrice di handicap: ciò implicava l’impossibilità di accordare il trasferimento a fronte di esigenze assistenziali successivamente determinatesi o, comunque, nei casi in cui l’istanza di trasferimento fosse finalizzata ad instaurare il (e non a garantire la continuità del) rapporto assistenziale in favore del disabile.
L’istituto ha formato oggetto di incisivi interventi di revisione che hanno modificato i requisiti per la concessione del beneficio.
Da ultimo, per effetto delle modifiche apportate dall’art. 24, comma 1, lett. b), della legge 4 novembre 2010, n. 183 (cd. “collegato lavoro”), la disposizione è stata così riformulata: “Il lavoratore di cui al comma 3” (ossia il lavoratore che assiste il coniuge o un parente o affine entro un determinato grado affetto da handicap grave e non ricoverato a tempo pieno) “ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere…”.
Il legislatore ha rimosso, quindi, ogni riferimento al requisito della “continuità” e ciò comporta che il dipendente (pubblico) possa ottenere il trasferimento, laddove non sussistano altre circostanze impeditive, indipendentemente dalla continuità dell’assistenza prestata al congiunto disabile (Cons. Stato, sez. IV, 5 maggio 2011, n. 2707; T.A.R. Piemonte, sez. I, ord. cautel. 9 settembre 2011, n. 566).
Tale opzione ermeneutica risulta conforme ai contenuti della circolare n. 13/2010 del Dipartimento della funzione pubblica.
Ne consegue la valutazione di illegittimità dell’impugnato provvedimento che ha negato la concessione del beneficio unicamente in ragione della mancanza di un presupposto non richiesto dalla normativa vigente al momento della presentazione dell’istanza e a quello dell’adozione del provvedimento conclusivo.
4) Pur trattandosi di elemento estraneo alla motivazione del provvedimento impugnato, è opportuno precisare come l’istituto in esame non sia stato inciso dal disposto dell’art. 19 della menzionata legge n. 183/2010 che, tra l’altro, ha rinviato a successivi provvedimenti legislativi la definizione dei contenuti del rapporto di impiego e dello stato giuridico del personale delle forze di polizia (alle quali appartiene la polizia penitenziaria) e delle forze armate.
Tale previsione, infatti, ha carattere essenzialmente programmatico, in quanto richiede che nei successivi interventi legislativi si tenga conto delle specifiche funzioni esercitate da tali categorie di personale, e non vi si può attribuire efficacia parzialmente abrogativa delle disposizioni che disegnano un particolare istituto preordinato alla tutela dei disabili.
E’ evidente, d’altronde, l’ingiustificata disparità di trattamento che, accedendo alla contraria opzione ermeneutica, si verificherebbe a danno dei disabili che risultano parenti del personale delle forze di polizia o delle forze armate (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I quater, 23 giugno 2011, n. 5590).
5) Il ricorso, in conclusione, è fondato e deve essere accolto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono equamente liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Condanna l’Amministrazione resistente a rifondere al ricorrente le spese del grado di giudizio che liquida forfetariamente nell’importo complessivo di euro millecinquecento oltre IVA e CPA.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 5 ottobre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Richard Goso, Primo Referendario, Estensore
Ariberto Sabino Limongelli, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/10/2011
Re: art. 33 l. n. 104/92
BELLA QUESTA SENTENZA.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 01341/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00933/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 933 del 2010, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Schito, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Silvia Merlo in Torino, via Manzoni, 3;
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata per legge in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
della nota prot. n. CDAP-………-2010 DEL 12.4.2010, notificata il 13.4.2010, con cui il Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - Ufficio III del Personale del Corpo di Polizia Penitenziaria - Settore Assegnazioni, Trasferimenti e Mobilità Provvisoria, ha espressamente rifiutato di provvedere in via definitiva sull'istanza di trasferimento di sede formulata dal ricorrente ai sensi dell'art. 33, comma 5, legge n. 104/1992, nonché del provvedimento, non compiutamente conosciuto, di trasferimento presso la Casa Circondariale di OMISSIS"di un pari ruolo" del ricorrente medesimo, cui fa espresso cenno la predetta nota prot. n. CDAP-……..-2010 DEL 12.4.2010, nonché della nota prot. n. CDAP-………-2010 del 23.4.2010 con cui la predetta Amministrazione ha negato l'accesso agli atti del procedimento relativo al trasferimento del suddetto "pari ruolo", nonché di ogni altro atto a questi comunque presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto, in quanto lesivo;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Vista la nota difensiva depositata il 30.11.2011, con la quale parte ricorrente dichiara l'intervenuta cessazione della materia del contendere;
Visto l'art. 34, co. 5, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2011 il dott. Ariberto Sabino Limongelli, nessuna delle parti presente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente proposto, il signor OMISSIS ha esposto di essere Assistente Capo del Corpo di Polizia Penitenziaria in organico presso la casa circondariale di OMISSIS, in distacco provvisorio dal 2007 presso il carcere di OMISSIS distacco giustificato dall’esigenza di prestare assistenza continuativa alla propria madre che risiede ad OMISSIS, ove peraltro risiede egli stesso con l’intero suo nucleo familiare.
2. Tanto premesso, ha impugnato la nota in data 12.04.2010 con cui il competente ufficio del Ministero della Giustizia ha respinto la sua la sua istanza di trasferimento definitivo presso la Casa circondariale di OMISSIS per mancanza di posti disponibili nell’organico del ruolo di appartenenza; ha impugnato altresì la nota in data 23.04.2010 con cui la stessa amministrazione ha respinto, per ragioni di tutela della riservatezza, una sua istanza di accesso riferita alla posizione di un “pari ruolo”.
3. Attraverso due motivi di ricorso, il ricorrente ha lamentato:
I) violazione e falsa applicazione dell’art. 33, comma 5, legge n. 104/1992; violazione dell’art. 3 L. 241/90 per difetto di motivazione; eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, falsità del presupposto e sviamento di potere: la pianta organica del carcere di OMISSIS non è aggiornata all’attualità, posto che dal 2007 (anno della prima istanza di trasferimento respinta dall’amministrazione) al 2010 il fabbisogno di personale penitenziario presso la C.C. di OMISSIS è accresciuto unitamente all’aumento esponenziale del numero dei detenuti; in ogni caso, alla data del 30.04.2010 la pianta organica del carcere di OMISSIS evidenziava una scopertura di sette posti, sicchè l’atto impugnato è affetto da travisamento dei fatti; inoltre, la motivazione dell’atto impugnato, nella parte in cui si afferma che l’amministrazione starebbe provvedendo “cronologicamente” all’esame delle istanze di trasferimento, è carente e stereotipata oltre che infondata dal momento che non vi sono altri pari ruolo del ricorrente che, come lui, abbiano presentato la propria domanda sin dall’anno 2003;
II) violazione di legge; eccesso di potere per violazione degli artt. 3, 32 e 97 della Costituzione: il comportamento dell’amministrazione è discriminatorio in quanto si è data la precedenza, nel disporre il trasferimento, ad una istanza presentata ai sensi dell’art. 36 comma 2 D.P.R. 18 giugno 2002 ad un dirigente che riprendeva servizio al termine del distacco o dell’aspettativa sindacale; tale precedenza non è stata motivata e appare peraltro in contrasto con i richiamati principi costituzionali, alla luce dei quali assume rilievo preminente, rispetto alla prerogative sindacali, la tutela dei valori familiari e solidaristici.
4. Il ricorso, originariamente introdotto dinanzi al TAR per la Puglia, sezione distaccata di Lecce, è stato riassunto dinanzi a questo Tribunale a seguito di adesione del ricorrente all’istanza di regolamento di competenza proposto dalla difesa erariale.
5. In prossimità dell’udienza di merito del 20.10.2011, si è costituito il Ministero della Giustizia per resistere al gravame.
6. Dopo un rinvio dell’udienza su richiesta di parte, il difensore di parte ricorrente ha depositato in data 30.11.2011 una nota con la quale ha fatto presente che nelle more del giudizio il Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria ha disposto il trasferimento del proprio assistito dalla Casa Circondariale di Torino alla Casa Circondariale di OMISSIS, allegando il relativo provvedimento e dichiarando che quest’ultimo “è integralmente satisfattivo dell’interesse azionato dal ricorrente”; ha quindi chiesto che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere.
7. All’udienza del 1 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
8. Ciò posto, accertato che il provvedimento di trasferimento sopravvenuto in corso di causa è integralmente satisfattivo dell’interesse azionato dal ricorrente nel presente giudizio, al collegio non resta che dichiarare la cessazione della materia del contendere, ai sensi dell’art. 34 comma 5 del c.p.a..
9. Le spese di lite restano compensate per giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, dichiara cessata la materia del contendere e compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Richard Goso, Primo Referendario
Ariberto Sabino Limongelli, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/12/2011
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 01341/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00933/2010 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 933 del 2010, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Sergio Schito, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Silvia Merlo in Torino, via Manzoni, 3;
contro
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, domiciliata per legge in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
della nota prot. n. CDAP-………-2010 DEL 12.4.2010, notificata il 13.4.2010, con cui il Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria - Ufficio III del Personale del Corpo di Polizia Penitenziaria - Settore Assegnazioni, Trasferimenti e Mobilità Provvisoria, ha espressamente rifiutato di provvedere in via definitiva sull'istanza di trasferimento di sede formulata dal ricorrente ai sensi dell'art. 33, comma 5, legge n. 104/1992, nonché del provvedimento, non compiutamente conosciuto, di trasferimento presso la Casa Circondariale di OMISSIS"di un pari ruolo" del ricorrente medesimo, cui fa espresso cenno la predetta nota prot. n. CDAP-……..-2010 DEL 12.4.2010, nonché della nota prot. n. CDAP-………-2010 del 23.4.2010 con cui la predetta Amministrazione ha negato l'accesso agli atti del procedimento relativo al trasferimento del suddetto "pari ruolo", nonché di ogni altro atto a questi comunque presupposto, connesso e/o consequenziale, ancorché non conosciuto, in quanto lesivo;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Vista la nota difensiva depositata il 30.11.2011, con la quale parte ricorrente dichiara l'intervenuta cessazione della materia del contendere;
Visto l'art. 34, co. 5, cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2011 il dott. Ariberto Sabino Limongelli, nessuna delle parti presente;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso ritualmente proposto, il signor OMISSIS ha esposto di essere Assistente Capo del Corpo di Polizia Penitenziaria in organico presso la casa circondariale di OMISSIS, in distacco provvisorio dal 2007 presso il carcere di OMISSIS distacco giustificato dall’esigenza di prestare assistenza continuativa alla propria madre che risiede ad OMISSIS, ove peraltro risiede egli stesso con l’intero suo nucleo familiare.
2. Tanto premesso, ha impugnato la nota in data 12.04.2010 con cui il competente ufficio del Ministero della Giustizia ha respinto la sua la sua istanza di trasferimento definitivo presso la Casa circondariale di OMISSIS per mancanza di posti disponibili nell’organico del ruolo di appartenenza; ha impugnato altresì la nota in data 23.04.2010 con cui la stessa amministrazione ha respinto, per ragioni di tutela della riservatezza, una sua istanza di accesso riferita alla posizione di un “pari ruolo”.
3. Attraverso due motivi di ricorso, il ricorrente ha lamentato:
I) violazione e falsa applicazione dell’art. 33, comma 5, legge n. 104/1992; violazione dell’art. 3 L. 241/90 per difetto di motivazione; eccesso di potere per carenza di istruttoria, travisamento ed erronea valutazione dei fatti, falsità del presupposto e sviamento di potere: la pianta organica del carcere di OMISSIS non è aggiornata all’attualità, posto che dal 2007 (anno della prima istanza di trasferimento respinta dall’amministrazione) al 2010 il fabbisogno di personale penitenziario presso la C.C. di OMISSIS è accresciuto unitamente all’aumento esponenziale del numero dei detenuti; in ogni caso, alla data del 30.04.2010 la pianta organica del carcere di OMISSIS evidenziava una scopertura di sette posti, sicchè l’atto impugnato è affetto da travisamento dei fatti; inoltre, la motivazione dell’atto impugnato, nella parte in cui si afferma che l’amministrazione starebbe provvedendo “cronologicamente” all’esame delle istanze di trasferimento, è carente e stereotipata oltre che infondata dal momento che non vi sono altri pari ruolo del ricorrente che, come lui, abbiano presentato la propria domanda sin dall’anno 2003;
II) violazione di legge; eccesso di potere per violazione degli artt. 3, 32 e 97 della Costituzione: il comportamento dell’amministrazione è discriminatorio in quanto si è data la precedenza, nel disporre il trasferimento, ad una istanza presentata ai sensi dell’art. 36 comma 2 D.P.R. 18 giugno 2002 ad un dirigente che riprendeva servizio al termine del distacco o dell’aspettativa sindacale; tale precedenza non è stata motivata e appare peraltro in contrasto con i richiamati principi costituzionali, alla luce dei quali assume rilievo preminente, rispetto alla prerogative sindacali, la tutela dei valori familiari e solidaristici.
4. Il ricorso, originariamente introdotto dinanzi al TAR per la Puglia, sezione distaccata di Lecce, è stato riassunto dinanzi a questo Tribunale a seguito di adesione del ricorrente all’istanza di regolamento di competenza proposto dalla difesa erariale.
5. In prossimità dell’udienza di merito del 20.10.2011, si è costituito il Ministero della Giustizia per resistere al gravame.
6. Dopo un rinvio dell’udienza su richiesta di parte, il difensore di parte ricorrente ha depositato in data 30.11.2011 una nota con la quale ha fatto presente che nelle more del giudizio il Dipartimento per l’Amministrazione Penitenziaria ha disposto il trasferimento del proprio assistito dalla Casa Circondariale di Torino alla Casa Circondariale di OMISSIS, allegando il relativo provvedimento e dichiarando che quest’ultimo “è integralmente satisfattivo dell’interesse azionato dal ricorrente”; ha quindi chiesto che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere.
7. All’udienza del 1 dicembre 2011 la causa è stata trattenuta per la decisione.
8. Ciò posto, accertato che il provvedimento di trasferimento sopravvenuto in corso di causa è integralmente satisfattivo dell’interesse azionato dal ricorrente nel presente giudizio, al collegio non resta che dichiarare la cessazione della materia del contendere, ai sensi dell’art. 34 comma 5 del c.p.a..
9. Le spese di lite restano compensate per giusti motivi.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe, dichiara cessata la materia del contendere e compensa le spese di lite.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Richard Goso, Primo Referendario
Ariberto Sabino Limongelli, Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/12/2011
Re: art. 33 l. n. 104/92
Questa è una sentenza ancor più completa e riguarda il fatto di prestare assistenza alla zia paterna, già riconosciuta portatrice di handicap grave.
1)-Si rileva incidentalmente come, per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 24, il trasferimento che può ottenere il dipendente non è più verso il proprio domicilio, quanto piuttosto verso il domicilio della persona da assistere.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 01319/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00624/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 624 del 2011 proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Carlo Parente, domiciliato ex lege presso la segreteria del T.A.R. Piemonte in Torino, corso Stati Uniti, 45;
contro
Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
della nota GDAP-………..-2011 del 9.3.2011, notificata in pari data a mezzo fax, con cui il Ministero della giustizia - D.A.P. ha rigettato l'istanza di trasferimento avanzata dal ricorrente ai sensi della legge 104/1992;
di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2011 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente è un agente di polizia penitenziaria, in servizio presso la casa circondariale OMISSIS.
Con domanda presentata all’Amministrazione di appartenenza in data 3 aprile 2010, chiedeva di essere trasferito, ai sensi della legge 104 del 1992, alla casa circondariale di Termini Imerese (ovvero, in subordine a quelle di Palermo, San Cataldo o Enna) al fine di poter prestare assistenza alla zia paterna, già riconosciuta portatrice di handicap grave.
L’istanza è stata respinta con provvedimento del 13 maggio 2010, non impugnato, motivato con riferimento alla carenza del requisito della continuità della prestazione assistenziale.
Con atto di “diffida ad adempiere e contestuale costituzione in mora” notificato al Ministero della giustizia in data 28 febbraio 2011, l’interessato, tramite il proprio legale, invitava l’amministrazione a riesaminare l’istanza di trasferimento, anche alla luce delle recenti modifiche normative che avevano interessato la materia.
Con atto del 9 marzo 2011, tuttavia, l’amministrazione opponeva un nuovo diniego alla richiesta del dipendente: il provvedimento si fonda su un supporto motivazionale piuttosto articolato, essenzialmente teso a rimarcare l’assenza dei requisiti, ritenuti necessari, della continuità ed esclusività dell’assistenza alla disabile.
Con ricorso giurisdizionale ritualmente notificato in data 4 maggio 2011, l’interessato ha impugnato il diniego di cui sopra, instando per il suo annullamento sulla scorta di un motivo di gravame unico, così rubricato: “Violazione della legge n. 104 del 1992. Violazione della legge n. 183 del 2010. Violazione della legge n. 241 del 1990. Violazione dell’art. 2 della Costituzione che si esplicita, nella specie, in altri parametri costituzionali (artt. 30, 31, 32, 33, 34 e 35 e seg., riferiti alla famiglia, alla salute, all’istruzione, al lavoro). Eccesso di potere per carenza di istruttoria, errore nei presupposti, manifesta ingiustizia, difetto di motivazione, travisamento dei fatti. Violazione delle norme sul giusto procedimento. Illogicità della motivazione. Violazione del principio dell’onus probandi”.
In realtà, l’unico argomento critico proposto da parte ricorrente fa riferimento all’incongruità delle ragioni sottese al diniego, atteso che il requisito della necessaria continuità della prestazione assistenziale sarebbe venuto meno per effetto delle modifiche introdotte dalla legge n. 183 del 2010.
Si è costituito in giudizio il Ministero della giustizia, con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, contrastando nel merito la fondatezza del gravame e opponendosi al suo accoglimento.
Il ricorrente ha proposto un ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 1° luglio 2011, che non contiene l’impugnativa di nuovi provvedimenti né la deduzione di nuove censure di legittimità ed ha natura, pertanto, di semplice memoria difensiva.
Con ordinanza n. 482 del 14 luglio 2011, è stata accolta l’istanza di tutela cautelare proposta in via incidentale dal ricorrente e fissata l’udienza per la discussione nel merito del ricorso.
In prossimità della pubblica udienza, le difese delle parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive posizioni; la memoria di parte ricorrente, peraltro, si sofferma sulla temporanea assegnazione ad una nuova sede di servizio, disposta con un provvedimento che, non essendo stato impugnato né allegato agli atti, rimane del tutto estraneo al perimetro del presente giudizio.
Il ricorso, infine, è stato chiamato all’udienza del 1° dicembre 2011 e ritenuto in decisione.
DIRITTO
Si rileva preliminarmente che il ricorrente non ha eletto domicilio nel Comune ove ha sede il Tribunale adito, bensì presso uno studio legale di Rivoli: ne consegue, ai sensi dell’art. 25, comma 1, cod. proc. amm., che lo stesso deve intendersi domiciliato presso la segreteria del T.A.R. Piemonte.
Nel merito, parte ricorrente propone domanda di annullamento del provvedimento con cui il Ministero della giustizia ha rigettato l’istanza di trasferimento della sede di servizio.
La domanda era intesa, ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, a consentirgli di prestare assistenza ad una parente affetta da grave e riconosciuta disabilità.
Il diniego è motivato con riferimento alla carenza dei requisiti della continuità ed esclusività della prestazione assistenziale.
L’amministrazione si sofferma, in particolare, sulla mancanza del primo presupposto, evidenziando che il dipendente presta servizio dal 2004 presso una sede (OMISSIS) inidonea all’assistenza nei confronti di una persona che risiede in Sicilia ed è stata riconosciuta disabile solo nel 2005.
Viene anche affermato che non sarebbero conferenti alla fattispecie le indicazioni dettate con la circolare del Dipartimento della funzione pubblica n. 13 del 2010, siccome asseritamente circoscritte al diverso istituto dei permessi, e che non troverebbero comunque applicazione le nuove disposizioni dettate dalla legge n. 183 del 2010, in quanto successive alla presentazione dell’istanza di trasferimento.
Il ricorso è fondato.
La disciplina normativa che regola la fattispecie controversa è dettata dal combinato disposto dei commi 3 e 5 dell’art. 33 della citata legge 104/1992.
La prima disposizione individua i presupposti per la concessione di permessi mensili retribuiti ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, che assistono un familiare con handicap in situazione di gravità.
La seconda stabilisce che “il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
Per effetto del richiamo operato al terzo comma dell’art. 33, i requisiti soggettivi per fruire dei permessi retribuiti e delle agevolazioni in tema di scelta della sede di servizio sono identici.
Equivale a dire che, per l’individuazione dei destinatari della speciale disciplina dettata dal quinto comma dell’art. 33, deve farsi diretto riferimento alle previsioni contenute nel terzo comma del medesimo articolo.
E’ radicalmente infondata, perciò, la tesi, sostenuta nel provvedimento impugnato e ribadita negli scritti difensivi dell’amministrazione, secondo cui le modifiche introdotte dalla legge n. 183 del 2010 (che, come si dirà infra, hanno soppresso i requisiti della continuità ed esclusività della prestazione assistenziale), non riguarderebbero le prerogative relative alla sede di servizio del dipendente.
Ciò premesso, la questione interpretativa centrale posta dagli istituti in parola è rappresentata dall’identificazione del tipo di assistenza che, secondo il dettato normativo, il lavoratore è in grado di offrire al parente disabile.
L’evoluzione della normativa, in tal senso, si è caratterizzata per la previsione di requisiti meno rigidi, con l’ampliamento della platea dei potenziali beneficiari.
Il testo originario del terzo comma dell'art. 33 prevedeva che i permessi potessero essere riconosciuti al lavoratore che assisteva un parente o affine entro il terzo grado, portatore di handicap grave, esclusivamente nel caso in cui fosse accertato il rapporto di convivenza.
Successivamente, l'art. 20 della legge 8 marzo 2000, n. 53, ha espressamente soppresso il requisito della convivenza e introdotto, in suo luogo, i concetti di continuità ed esclusività dell'assistenza al portatore di handicap, quali requisiti necessari per la concessione dei permessi (“Le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si applicano anche … ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente”).
Da ultimo, con l’art. 24 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (cd. “collegato lavoro”), il legislatore ha rimosso dal testo originario del comma 3 dell'art. 33 della legge 104/1992 il riferimento alla necessità che l'assistenza al parente con disabilità sia esclusiva e continuativa.
Si rileva incidentalmente come, per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 24, il trasferimento che può ottenere il dipendente non è più verso il proprio domicilio, quanto piuttosto verso il domicilio della persona da assistere.
Sulla portata della modifica inerente i requisiti del lavoratore che aspira al trasferimento, tuttavia, la giurisprudenza non si è ancora pronunciata in modo univoco.
Il T.A.R. Lazio, Roma, sez. I quater, con sentenza n. 5590 del 23 giugno 2011, ha sancito che non è più necessario, ai fini dell’accoglimento dell’istanza di trasferimento del dipendente, “il requisito della continuità dell’assistenza in quanto espunto dalla disposizione a seguito della citata modifica legislativa”.
Di contrario avviso il T.A.R Lombardia, Brescia, sez. I, che, pronunciandosi in sede cautelare con l’ordinanza n. 293 del 24 marzo 2011, ha affermato che “la novella di cui all’art. 24 della l. 4 novembre 2010, n. 183, invocata dal ricorrente, riguarda il diverso istituto dei permessi per assistere un familiare disabile, e non quello per cui è causa, del trasferimento in sede prossima di cui al comma 5 dell’art. 33 l. 5 febbraio 1992 n. 104, che continua a rimanere sottoposto alla discrezionalità dell’amministrazione, come risulta dal mantenimento dell’inciso per cui esso è accordato ove possibile”.
Quest’ultima pronuncia non può essere condivisa in quanto, per le ragioni già illustrate, le modifiche del “collegato lavoro” hanno diretta incidenza sulle prerogative relative alla scelta della sede di servizio.
Risulta evidente, quindi, che l’amministrazione non può legittimamente respingere l’istanza di trasferimento in ragione dell’insussistenza di requisiti (la continuità ed esclusività dell’assistenza) che non sono più richiesti dalla normativa che regola la materia.
Tale normativa, è appena il caso di precisarlo, trova puntuale applicazione nella fattispecie in quanto antecedente la presentazione dell’istanza di trasferimento cui si riferisce il diniego impugnato e, comunque, vigente al momento dell’adozione di quest’ultimo.
La pronuncia cautelare del T.A.R. Brescia appare condivisibile, invece, nella parte in cui rimarca il carattere discrezionale della determinazione amministrativa di che trattasi.
La formulazione letterale dell’art. 33, comma 5, della legge 104/1992, stante l’inciso “ove possibile”, rende infatti palese come al lavoratore che assiste un familiare con handicap non sia accordato un vero e proprio diritto soggettivo alla scelta della sede di servizio, ma un interesse legittimo, cosicché l’esigenza di tutela del disabile deve essere fatta valere alla stregua del generale principio di bilanciamento degli interessi, specie quando il trasferimento del dipendente si porrebbe in contrasto con le esigenze organizzative dell’amministrazione o con le aspettative di altri lavoratori, eventualmente in possesso di maggiori titoli di servizio, che aspirino ad essere assegnati alla medesima sede (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 7 giugno 2007, n. 5257).
Ne consegue che possono essere legittimamente frapposte all’accoglimento dell’istanza di trasferimento, non solo circostanze oggettivamente impeditive (come la mancanza del posto in organico), ma anche valutazioni discrezionali o di opportunità, laddove le stesse facciano emergere specifici interessi, da farsi constare con adeguato supporto motivazionale, eventualmente preponderanti rispetto alla garanzia dell’attività assistenziale cui è finalizzato il trasferimento.
La difesa erariale, infine, ritiene che la nuova disciplina del “collegato lavoro” non possa trovare applicazione nel caso dell’odierno ricorrente, in quanto appartenente alle forze di polizia, non essendo ancora stati emanati i provvedimenti legislativi con cui, come previsto dall’art. 19 della stessa legge n. 183/2010, dovrà essere ridefinito il contenuto del rapporto di impiego e lo stato giuridico di questa particolare categoria di dipendenti pubblici.
Tale rilievo difensivo è del tutto estraneo alla motivazione del provvedimento impugnato e risulta, quindi, inconferente all’oggetto della controversia, atteso che il ricorrente ha proposto domanda di annullamento del provvedimento negativo, ma non ha anche agito per l’accertamento del diritto alla sede di servizio.
Solo per completezza, perciò, si osserva che detto rilievo è destituito di giuridico fondamento, non potendosi attribuire al menzionato art. 19 efficacia abrogante, limitatamente al personale delle forze di polizia, degli istituti che regolano attualmente il rapporto di lavoro e, tantomeno, di disposizioni valide per la generalità dei lavoratori e poste a specifica tutela delle persone disabili (cfr. T.A.R Lazio, n. 5590/2011 cit.).
In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
L’amministrazione dovrà conseguentemente rideterminarsi sull’istanza del dipendente, in coerenza con quanto rilevato nella presente pronuncia.
Le oscillazioni giurisprudenziali di cui si è riferito giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Richard Goso, Primo Referendario, Estensore
Paola Malanetto, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/12/2011
1)-Si rileva incidentalmente come, per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 24, il trasferimento che può ottenere il dipendente non è più verso il proprio domicilio, quanto piuttosto verso il domicilio della persona da assistere.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 01319/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00624/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 624 del 2011 proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. Giovanni Carlo Parente, domiciliato ex lege presso la segreteria del T.A.R. Piemonte in Torino, corso Stati Uniti, 45;
contro
Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliata per legge in Torino, corso Stati Uniti, 45;
per l'annullamento
della nota GDAP-………..-2011 del 9.3.2011, notificata in pari data a mezzo fax, con cui il Ministero della giustizia - D.A.P. ha rigettato l'istanza di trasferimento avanzata dal ricorrente ai sensi della legge 104/1992;
di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 1 dicembre 2011 il dott. Richard Goso e uditi per le parti i difensori, come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente è un agente di polizia penitenziaria, in servizio presso la casa circondariale OMISSIS.
Con domanda presentata all’Amministrazione di appartenenza in data 3 aprile 2010, chiedeva di essere trasferito, ai sensi della legge 104 del 1992, alla casa circondariale di Termini Imerese (ovvero, in subordine a quelle di Palermo, San Cataldo o Enna) al fine di poter prestare assistenza alla zia paterna, già riconosciuta portatrice di handicap grave.
L’istanza è stata respinta con provvedimento del 13 maggio 2010, non impugnato, motivato con riferimento alla carenza del requisito della continuità della prestazione assistenziale.
Con atto di “diffida ad adempiere e contestuale costituzione in mora” notificato al Ministero della giustizia in data 28 febbraio 2011, l’interessato, tramite il proprio legale, invitava l’amministrazione a riesaminare l’istanza di trasferimento, anche alla luce delle recenti modifiche normative che avevano interessato la materia.
Con atto del 9 marzo 2011, tuttavia, l’amministrazione opponeva un nuovo diniego alla richiesta del dipendente: il provvedimento si fonda su un supporto motivazionale piuttosto articolato, essenzialmente teso a rimarcare l’assenza dei requisiti, ritenuti necessari, della continuità ed esclusività dell’assistenza alla disabile.
Con ricorso giurisdizionale ritualmente notificato in data 4 maggio 2011, l’interessato ha impugnato il diniego di cui sopra, instando per il suo annullamento sulla scorta di un motivo di gravame unico, così rubricato: “Violazione della legge n. 104 del 1992. Violazione della legge n. 183 del 2010. Violazione della legge n. 241 del 1990. Violazione dell’art. 2 della Costituzione che si esplicita, nella specie, in altri parametri costituzionali (artt. 30, 31, 32, 33, 34 e 35 e seg., riferiti alla famiglia, alla salute, all’istruzione, al lavoro). Eccesso di potere per carenza di istruttoria, errore nei presupposti, manifesta ingiustizia, difetto di motivazione, travisamento dei fatti. Violazione delle norme sul giusto procedimento. Illogicità della motivazione. Violazione del principio dell’onus probandi”.
In realtà, l’unico argomento critico proposto da parte ricorrente fa riferimento all’incongruità delle ragioni sottese al diniego, atteso che il requisito della necessaria continuità della prestazione assistenziale sarebbe venuto meno per effetto delle modifiche introdotte dalla legge n. 183 del 2010.
Si è costituito in giudizio il Ministero della giustizia, con il patrocinio dell’Avvocatura distrettuale dello Stato di Torino, contrastando nel merito la fondatezza del gravame e opponendosi al suo accoglimento.
Il ricorrente ha proposto un ricorso per motivi aggiunti, notificato in data 1° luglio 2011, che non contiene l’impugnativa di nuovi provvedimenti né la deduzione di nuove censure di legittimità ed ha natura, pertanto, di semplice memoria difensiva.
Con ordinanza n. 482 del 14 luglio 2011, è stata accolta l’istanza di tutela cautelare proposta in via incidentale dal ricorrente e fissata l’udienza per la discussione nel merito del ricorso.
In prossimità della pubblica udienza, le difese delle parti hanno depositato memorie a sostegno delle rispettive posizioni; la memoria di parte ricorrente, peraltro, si sofferma sulla temporanea assegnazione ad una nuova sede di servizio, disposta con un provvedimento che, non essendo stato impugnato né allegato agli atti, rimane del tutto estraneo al perimetro del presente giudizio.
Il ricorso, infine, è stato chiamato all’udienza del 1° dicembre 2011 e ritenuto in decisione.
DIRITTO
Si rileva preliminarmente che il ricorrente non ha eletto domicilio nel Comune ove ha sede il Tribunale adito, bensì presso uno studio legale di Rivoli: ne consegue, ai sensi dell’art. 25, comma 1, cod. proc. amm., che lo stesso deve intendersi domiciliato presso la segreteria del T.A.R. Piemonte.
Nel merito, parte ricorrente propone domanda di annullamento del provvedimento con cui il Ministero della giustizia ha rigettato l’istanza di trasferimento della sede di servizio.
La domanda era intesa, ai sensi dell’art. 33, comma 5, della legge 5 febbraio 1992, n. 104, a consentirgli di prestare assistenza ad una parente affetta da grave e riconosciuta disabilità.
Il diniego è motivato con riferimento alla carenza dei requisiti della continuità ed esclusività della prestazione assistenziale.
L’amministrazione si sofferma, in particolare, sulla mancanza del primo presupposto, evidenziando che il dipendente presta servizio dal 2004 presso una sede (OMISSIS) inidonea all’assistenza nei confronti di una persona che risiede in Sicilia ed è stata riconosciuta disabile solo nel 2005.
Viene anche affermato che non sarebbero conferenti alla fattispecie le indicazioni dettate con la circolare del Dipartimento della funzione pubblica n. 13 del 2010, siccome asseritamente circoscritte al diverso istituto dei permessi, e che non troverebbero comunque applicazione le nuove disposizioni dettate dalla legge n. 183 del 2010, in quanto successive alla presentazione dell’istanza di trasferimento.
Il ricorso è fondato.
La disciplina normativa che regola la fattispecie controversa è dettata dal combinato disposto dei commi 3 e 5 dell’art. 33 della citata legge 104/1992.
La prima disposizione individua i presupposti per la concessione di permessi mensili retribuiti ai lavoratori dipendenti, pubblici e privati, che assistono un familiare con handicap in situazione di gravità.
La seconda stabilisce che “il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede”.
Per effetto del richiamo operato al terzo comma dell’art. 33, i requisiti soggettivi per fruire dei permessi retribuiti e delle agevolazioni in tema di scelta della sede di servizio sono identici.
Equivale a dire che, per l’individuazione dei destinatari della speciale disciplina dettata dal quinto comma dell’art. 33, deve farsi diretto riferimento alle previsioni contenute nel terzo comma del medesimo articolo.
E’ radicalmente infondata, perciò, la tesi, sostenuta nel provvedimento impugnato e ribadita negli scritti difensivi dell’amministrazione, secondo cui le modifiche introdotte dalla legge n. 183 del 2010 (che, come si dirà infra, hanno soppresso i requisiti della continuità ed esclusività della prestazione assistenziale), non riguarderebbero le prerogative relative alla sede di servizio del dipendente.
Ciò premesso, la questione interpretativa centrale posta dagli istituti in parola è rappresentata dall’identificazione del tipo di assistenza che, secondo il dettato normativo, il lavoratore è in grado di offrire al parente disabile.
L’evoluzione della normativa, in tal senso, si è caratterizzata per la previsione di requisiti meno rigidi, con l’ampliamento della platea dei potenziali beneficiari.
Il testo originario del terzo comma dell'art. 33 prevedeva che i permessi potessero essere riconosciuti al lavoratore che assisteva un parente o affine entro il terzo grado, portatore di handicap grave, esclusivamente nel caso in cui fosse accertato il rapporto di convivenza.
Successivamente, l'art. 20 della legge 8 marzo 2000, n. 53, ha espressamente soppresso il requisito della convivenza e introdotto, in suo luogo, i concetti di continuità ed esclusività dell'assistenza al portatore di handicap, quali requisiti necessari per la concessione dei permessi (“Le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si applicano anche … ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente”).
Da ultimo, con l’art. 24 della legge 4 novembre 2010, n. 183 (cd. “collegato lavoro”), il legislatore ha rimosso dal testo originario del comma 3 dell'art. 33 della legge 104/1992 il riferimento alla necessità che l'assistenza al parente con disabilità sia esclusiva e continuativa.
Si rileva incidentalmente come, per effetto delle modifiche introdotte dall’art. 24, il trasferimento che può ottenere il dipendente non è più verso il proprio domicilio, quanto piuttosto verso il domicilio della persona da assistere.
Sulla portata della modifica inerente i requisiti del lavoratore che aspira al trasferimento, tuttavia, la giurisprudenza non si è ancora pronunciata in modo univoco.
Il T.A.R. Lazio, Roma, sez. I quater, con sentenza n. 5590 del 23 giugno 2011, ha sancito che non è più necessario, ai fini dell’accoglimento dell’istanza di trasferimento del dipendente, “il requisito della continuità dell’assistenza in quanto espunto dalla disposizione a seguito della citata modifica legislativa”.
Di contrario avviso il T.A.R Lombardia, Brescia, sez. I, che, pronunciandosi in sede cautelare con l’ordinanza n. 293 del 24 marzo 2011, ha affermato che “la novella di cui all’art. 24 della l. 4 novembre 2010, n. 183, invocata dal ricorrente, riguarda il diverso istituto dei permessi per assistere un familiare disabile, e non quello per cui è causa, del trasferimento in sede prossima di cui al comma 5 dell’art. 33 l. 5 febbraio 1992 n. 104, che continua a rimanere sottoposto alla discrezionalità dell’amministrazione, come risulta dal mantenimento dell’inciso per cui esso è accordato ove possibile”.
Quest’ultima pronuncia non può essere condivisa in quanto, per le ragioni già illustrate, le modifiche del “collegato lavoro” hanno diretta incidenza sulle prerogative relative alla scelta della sede di servizio.
Risulta evidente, quindi, che l’amministrazione non può legittimamente respingere l’istanza di trasferimento in ragione dell’insussistenza di requisiti (la continuità ed esclusività dell’assistenza) che non sono più richiesti dalla normativa che regola la materia.
Tale normativa, è appena il caso di precisarlo, trova puntuale applicazione nella fattispecie in quanto antecedente la presentazione dell’istanza di trasferimento cui si riferisce il diniego impugnato e, comunque, vigente al momento dell’adozione di quest’ultimo.
La pronuncia cautelare del T.A.R. Brescia appare condivisibile, invece, nella parte in cui rimarca il carattere discrezionale della determinazione amministrativa di che trattasi.
La formulazione letterale dell’art. 33, comma 5, della legge 104/1992, stante l’inciso “ove possibile”, rende infatti palese come al lavoratore che assiste un familiare con handicap non sia accordato un vero e proprio diritto soggettivo alla scelta della sede di servizio, ma un interesse legittimo, cosicché l’esigenza di tutela del disabile deve essere fatta valere alla stregua del generale principio di bilanciamento degli interessi, specie quando il trasferimento del dipendente si porrebbe in contrasto con le esigenze organizzative dell’amministrazione o con le aspettative di altri lavoratori, eventualmente in possesso di maggiori titoli di servizio, che aspirino ad essere assegnati alla medesima sede (T.A.R. Lazio, Roma, sez. I, 7 giugno 2007, n. 5257).
Ne consegue che possono essere legittimamente frapposte all’accoglimento dell’istanza di trasferimento, non solo circostanze oggettivamente impeditive (come la mancanza del posto in organico), ma anche valutazioni discrezionali o di opportunità, laddove le stesse facciano emergere specifici interessi, da farsi constare con adeguato supporto motivazionale, eventualmente preponderanti rispetto alla garanzia dell’attività assistenziale cui è finalizzato il trasferimento.
La difesa erariale, infine, ritiene che la nuova disciplina del “collegato lavoro” non possa trovare applicazione nel caso dell’odierno ricorrente, in quanto appartenente alle forze di polizia, non essendo ancora stati emanati i provvedimenti legislativi con cui, come previsto dall’art. 19 della stessa legge n. 183/2010, dovrà essere ridefinito il contenuto del rapporto di impiego e lo stato giuridico di questa particolare categoria di dipendenti pubblici.
Tale rilievo difensivo è del tutto estraneo alla motivazione del provvedimento impugnato e risulta, quindi, inconferente all’oggetto della controversia, atteso che il ricorrente ha proposto domanda di annullamento del provvedimento negativo, ma non ha anche agito per l’accertamento del diritto alla sede di servizio.
Solo per completezza, perciò, si osserva che detto rilievo è destituito di giuridico fondamento, non potendosi attribuire al menzionato art. 19 efficacia abrogante, limitatamente al personale delle forze di polizia, degli istituti che regolano attualmente il rapporto di lavoro e, tantomeno, di disposizioni valide per la generalità dei lavoratori e poste a specifica tutela delle persone disabili (cfr. T.A.R Lazio, n. 5590/2011 cit.).
In conclusione, il ricorso deve essere accolto, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato.
L’amministrazione dovrà conseguentemente rideterminarsi sull’istanza del dipendente, in coerenza con quanto rilevato nella presente pronuncia.
Le oscillazioni giurisprudenziali di cui si è riferito giustificano l’integrale compensazione delle spese di lite fra le parti costituite.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 1 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Richard Goso, Primo Referendario, Estensore
Paola Malanetto, Referendario
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/12/2011
-
- Disponibile
- Messaggi: 40
- Iscritto il: gio mar 03, 2011 1:40 pm
Re: art. 33 l. n. 104/92
Messaggio da gladiatoredicaserta »
Ma quando un Giudice del TAR scrive: "Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall' Amministrazione", quest'ultima, ha un termine di tempo perentorio per eseguirla? Se si quanto? 30, 60, 90 gg?
Grazie.
Grazie.
Re: art. 33 l. n. 104/92
Trasferito ai sensi dell’art. 33 comma 5 della legge n. 104/1992.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00329/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00001/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS in Firenze, viale G. Matteotti 60;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliato per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;
per l'annullamento
a) del provvedimento datato 26.07.2011, notificato il 2.08.2011, con cui il Ministero della Giustizia - D.A.P. ha rigettato il ricorso gerarchico avanzato dal OMISSIS avverso il diniego dell'istanza di trasferimento presentata ai sensi della legge 104/1992 per carenza del requisito della continuità;
b) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, ancorchè non conosciuto, ivi espressamente compresa la nota GDAP-.......-2011.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Premesso:
- che l'Amministrazione penitenziaria ha respinto la domanda con cui il ricorrente ha chiesto di essere trasferito ai sensi dell’art. 33 comma 5 della legge n. 104/1992 motivando il provvedimento con la mancanza del requisito della continuità dell'assistenza;
- che nel ricorso si afferma l'illegittimità del diniego in quanto il nuovo testo della disposizione citata, come modificata dall’art. 24 comma 1 lett. b) della legge n. 183/2010, non contiene più alcun riferimento al requisito in questione;
Considerato:
- che in una analoga controversia recentemente trattata in sede cautelare questo Tribunale ha affermato (ordinanza n. 1027 del 12 ottobre 2011) "che, alla stregua dell’orientamento espresso dal Consiglio di Stato, sez. IV, nella sentenza 5 maggio 2011 n. 2707, la nuova disciplina dei trasferimenti ex art. 33 comma 5 della legge n. 104/1992, come modificata dall’art. 24 della legge n. 183/2010, non risulta di immediata applicazione per il personale di cui all’art. 19 di quest'ultima legge";
- che l'appello proposto contro la citata ordinanza è stato respinto dal Consiglio di Stato, sez. IV, con ordinanza n. 516 del 7 febbraio 2012, in cui si legge: "Se è vero… che il riconoscimento del diritto del dipendente pubblico che assiste persone colpite da handicap invero si inquadra oggi nell’art. 24 della L. 4 novembre 2010 n.183 (c.d. “collegato lavoro”) intervenuta sull’assetto di disciplina delineato dalle disposizioni sopra menzionate, che si segnala per aver scelto una direzione nuova ed antitetica alle precedenti acquisizioni giurisprudenziali, stabilendo - per quel che riguarda gli aspetti che caratterizzano la fattispecie in esame - che il dipendente pubblico può ottenere il trasferimento indipendentemente dall’ “attualità”, “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza prestata, nondimeno tale nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze Armate, al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e alle Forze di Polizia - nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria - solo allorquando saranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art.19 della medesima L. 183 del 2010, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti a tali Forze e Corpi, “della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti” ";
- che tale decisione è conforme alla sentenza della medesima Sezione 10 gennaio 2012 n. 66;
- che dunque l'orientamento del giudice di appello appare ormai consolidato in senso contrario alle tesi sostenute nel ricorso;
Ritenuto pertanto che il ricorso va respinto e che tuttavia, per la novità delle questioni affrontate, le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Buonvino, Presidente
Carlo Testori, Consigliere
Riccardo Giani, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/02/2012
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00329/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00001/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana
(Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 1 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS in Firenze, viale G. Matteotti 60;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro p.t., rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato e domiciliato per legge in Firenze, via degli Arazzieri 4;
per l'annullamento
a) del provvedimento datato 26.07.2011, notificato il 2.08.2011, con cui il Ministero della Giustizia - D.A.P. ha rigettato il ricorso gerarchico avanzato dal OMISSIS avverso il diniego dell'istanza di trasferimento presentata ai sensi della legge 104/1992 per carenza del requisito della continuità;
b) di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente, ancorchè non conosciuto, ivi espressamente compresa la nota GDAP-.......-2011.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Premesso:
- che l'Amministrazione penitenziaria ha respinto la domanda con cui il ricorrente ha chiesto di essere trasferito ai sensi dell’art. 33 comma 5 della legge n. 104/1992 motivando il provvedimento con la mancanza del requisito della continuità dell'assistenza;
- che nel ricorso si afferma l'illegittimità del diniego in quanto il nuovo testo della disposizione citata, come modificata dall’art. 24 comma 1 lett. b) della legge n. 183/2010, non contiene più alcun riferimento al requisito in questione;
Considerato:
- che in una analoga controversia recentemente trattata in sede cautelare questo Tribunale ha affermato (ordinanza n. 1027 del 12 ottobre 2011) "che, alla stregua dell’orientamento espresso dal Consiglio di Stato, sez. IV, nella sentenza 5 maggio 2011 n. 2707, la nuova disciplina dei trasferimenti ex art. 33 comma 5 della legge n. 104/1992, come modificata dall’art. 24 della legge n. 183/2010, non risulta di immediata applicazione per il personale di cui all’art. 19 di quest'ultima legge";
- che l'appello proposto contro la citata ordinanza è stato respinto dal Consiglio di Stato, sez. IV, con ordinanza n. 516 del 7 febbraio 2012, in cui si legge: "Se è vero… che il riconoscimento del diritto del dipendente pubblico che assiste persone colpite da handicap invero si inquadra oggi nell’art. 24 della L. 4 novembre 2010 n.183 (c.d. “collegato lavoro”) intervenuta sull’assetto di disciplina delineato dalle disposizioni sopra menzionate, che si segnala per aver scelto una direzione nuova ed antitetica alle precedenti acquisizioni giurisprudenziali, stabilendo - per quel che riguarda gli aspetti che caratterizzano la fattispecie in esame - che il dipendente pubblico può ottenere il trasferimento indipendentemente dall’ “attualità”, “continuità” ed “esclusività” dell’assistenza prestata, nondimeno tale nuova disciplina potrà trovare applicazione anche per il personale appartenente alle Forze Armate, al Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco e alle Forze di Polizia - nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria - solo allorquando saranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art.19 della medesima L. 183 del 2010, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti a tali Forze e Corpi, “della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti” ";
- che tale decisione è conforme alla sentenza della medesima Sezione 10 gennaio 2012 n. 66;
- che dunque l'orientamento del giudice di appello appare ormai consolidato in senso contrario alle tesi sostenute nel ricorso;
Ritenuto pertanto che il ricorso va respinto e che tuttavia, per la novità delle questioni affrontate, le spese del giudizio possono essere compensate tra le parti;
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Toscana, Sezione Prima, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Compensa tra le parti le spese di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Firenze nella camera di consiglio del giorno 15 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Buonvino, Presidente
Carlo Testori, Consigliere
Riccardo Giani, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 15/02/2012
-
- Disponibile
- Messaggi: 40
- Iscritto il: gio mar 03, 2011 1:40 pm
Re: art. 33 l. n. 104/92
Messaggio da gladiatoredicaserta »
altra sentenza pessima. Non capisco come sia possibile che il DAP prima ha emanato una nota con la quale accetta le modofiche della 183/10 e poi non concede i trasferimenti. Ad ogni modo è stata fatta, su mia richiesta, una interrogazione parlamentare su questa facccenda dall' on. paglia, cercatela sul forum o su internet.
Re: art. 33 l. n. 104/92
Significativa sentenza del Tar di Milano che ha detto:
1)- Il comma 3 che il comma 5 dell’art. 33 L. n. 104/92 sono stati recentemente modificati dalla L. 4.11.2010 n. 183, ciò che l’Amministrazione ha erroneamente omesso di considerare nel provvedimento impugnato.
2)- In particolare, per quanto riguarda la concessione dei permessi (comma 3), non è più richiesto il requisito della continuità nell’assistenza del familiare portatore di handicap.
3)- Per il successivo comma 5 “il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra”.
4)- Il Collegio deve tuttavia interrogarsi sull’applicabilità delle detta disciplina al personale appartenente alle Forze Armate ed alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria.
5)- Il Consiglio di Stato in un’occasione ha infatti ritenuto che la stessa potrà trovare applicazione solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art. 19 della citata legge n. 183/2010, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, “della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti” (C.S. Sez. IV 5.5.2011 n. 2707).
6)- La giurisprudenza successiva, alla quale il Collegio aderisce, è stata invece di contrario avviso, ritenendo che il detto art. 19 sia una disposizione meramente programmatica e che l’interpretazione costituzionalmente orientata del visto art. 33 L. n. 104/92, come novellato dalla L. n. 183/2010, ne impone l’immediata applicazione anche al personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia (T.A.R. Lazio, Sez. I Quater 16.6.2011 n. 7525, T.A.R. Piemonte Sez. I 20.10.2011 n. 1103, C.S. Sez. III 26.10.2011 n. 5725).
7)- Il ricorso deve pertanto essere accolto, per essere il provvedimento impugnato fondato unicamente sull’interpretazione che la giurisprudenza aveva dato alla normativa previgente, non applicabile alla fattispecie per cui è causa, dato che la detta L. n. 183/2010 si segnala proprio per aver scelto una direzione nuova ed antitetica alle dette acquisizioni giurisprudenziali (C.S. Sez. IV 5.5.2011 n. 2707).
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00698/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00249/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 249 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti OMISSIS, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Milano, Via Teodosio, 9;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore - Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Stato, domiciliato per legge in Milano, Via Freguglia 1
per l'annullamento
del provvedimento GDAP- …….-2011 adottato dal Dipartimento Amministrazione penitenziaria Direzione Generale del Personale e della Formazione, notificato in data 29.11.2011, con il quale è stata rigettata l'istanza di trasferimento avanzata dal ricorrente ex art. 33 comma 5 l. 104/92; nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, agente scelto del Corpo di Polizia Penitenziaria presso la Casa Circondariale di OMISSIS, in data 13.7.2011 ha presentato istanza di trasferimento ex art. 33 c. 5 L. 5.2.1992 n. 104, deducendo di dover assistere il suocero disabile, residente in Sicilia, il quale necessita di essere accompagnato con l’auto alle visite mediche cui frequentemente deve sottoporsi.
Con il provvedimento impugnato, datato 19.10.2011, il Ministero resistente ha “rilevato che il verbale della competente Commissione A.S.L. che ha certificato la condizione di handicap grave, ex art. 33 c. 3 risultata datato 5.4.2011, mentre l’istante risulta in servizio presso una sede inidonea all’assistenza al soggetto diversamente abile”, mentre “il requisito della continuità dell’assistenza prestata dal dipendente, per consolidato indirizzo giurisprudenziale, deve necessariamente essere in atto al momento della richiesta del beneficio, per cui il trasferimento ai sensi del c. 5 dell’art. 33 va accordato solo al lavoratore che già assista con continuità una familiare portatore di grave handicap”.
In data 21.10.2011 il Direttore della Casa Circondariale di OMISSIS ha autorizzato il ricorrente a fruire dei permessi di cui al comma 3 del citato art. 33.
Con il ricorso in epigrafe, ritualmente notificato e depositato, l’istante ha chiesto l’annullamento dell’atto impugnato, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 33 della L. n. 104/92, nonché eccesso di potere per contraddittorietà e manifesta illogicità.
L’Amministrazione resistente si è costituita in giudizio, contestando la fondatezza del ricorso, e chiedendone il rigetto.
Alla pubblica udienza del 14.2.2012 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Osserva il Collegio come sia il comma 3 che il comma 5 dell’art. 33 L. n. 104/92 sono stati recentemente modificati dalla L. 4.11.2010 n. 183, ciò che l’Amministrazione ha erroneamente omesso di considerare nel provvedimento impugnato.
In particolare, per quanto riguarda la concessione dei permessi (comma 3), non è più richiesto il requisito della continuità nell’assistenza del familiare portatore di handicap.
Per il successivo comma 5 “il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra”.
Il Collegio deve tuttavia interrogarsi sull’applicabilità delle detta disciplina al personale appartenente alle Forze Armate ed alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria.
Il Consiglio di Stato in un’occasione ha infatti ritenuto che la stessa potrà trovare applicazione solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art. 19 della citata legge n. 183/2010, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, “della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti” (C.S. Sez. IV 5.5.2011 n. 2707).
La giurisprudenza successiva, alla quale il Collegio aderisce, è stata invece di contrario avviso, ritenendo che il detto art. 19 sia una disposizione meramente programmatica e che l’interpretazione costituzionalmente orientata del visto art. 33 L. n. 104/92, come novellato dalla L. n. 183/2010, ne impone l’immediata applicazione anche al personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia (T.A.R. Lazio, Sez. I Quater 16.6.2011 n. 7525, T.A.R. Piemonte Sez. I 20.10.2011 n. 1103, C.S. Sez. III 26.10.2011 n. 5725).
Il ricorso deve pertanto essere accolto, per essere il provvedimento impugnato fondato unicamente sull’interpretazione che la giurisprudenza aveva dato alla normativa previgente, non applicabile alla fattispecie per cui è causa, dato che la detta L. n. 183/2010 si segnala proprio per aver scelto una direzione nuova ed antitetica alle dette acquisizioni giurisprudenziali (C.S. Sez. IV 5.5.2011 n. 2707).
Sono fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione, che nel valutare nuovamente l’istanza di trasferimento dovrà tener conto delle attuali necessità assistenziali dell’interessato, ma anche delle esigenze di servizio che, onde essere ritenute eventualmente prevalenti, dovranno essere rilevanti e non enunciate in modo generico o apodittico, pena l’illegittimità del provvedimento stesso, dovendo invece essere puntualmente indicate in concreto (C.S. Sez. III 26.10.2011 n. 5725).
La pretesa del lavoratore che effettivamente assiste con continuità un parente portatore di handicap alla scelta della sede di lavoro può infatti trovare accoglimento solo se risulta compatibile con le specifiche esigenze funzionali dell'Amministrazione di appartenenza, alle quali, nel bilanciamento, deve riconoscersi priorità in quanto preordinate alla cura di interessi pubblici (C.S., sez. IV, 11 febbraio 2011 n. 923).
Il ricorso va pertanto accolto, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione Quarta
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Condanna parte resistente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 1.000,00, oltre al rimborso del contributo unificato, all’I.V.A. e alla C.P.A.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Elena Quadri, Consigliere
Mauro Gatti, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/03/2012
1)- Il comma 3 che il comma 5 dell’art. 33 L. n. 104/92 sono stati recentemente modificati dalla L. 4.11.2010 n. 183, ciò che l’Amministrazione ha erroneamente omesso di considerare nel provvedimento impugnato.
2)- In particolare, per quanto riguarda la concessione dei permessi (comma 3), non è più richiesto il requisito della continuità nell’assistenza del familiare portatore di handicap.
3)- Per il successivo comma 5 “il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra”.
4)- Il Collegio deve tuttavia interrogarsi sull’applicabilità delle detta disciplina al personale appartenente alle Forze Armate ed alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria.
5)- Il Consiglio di Stato in un’occasione ha infatti ritenuto che la stessa potrà trovare applicazione solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art. 19 della citata legge n. 183/2010, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, “della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti” (C.S. Sez. IV 5.5.2011 n. 2707).
6)- La giurisprudenza successiva, alla quale il Collegio aderisce, è stata invece di contrario avviso, ritenendo che il detto art. 19 sia una disposizione meramente programmatica e che l’interpretazione costituzionalmente orientata del visto art. 33 L. n. 104/92, come novellato dalla L. n. 183/2010, ne impone l’immediata applicazione anche al personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia (T.A.R. Lazio, Sez. I Quater 16.6.2011 n. 7525, T.A.R. Piemonte Sez. I 20.10.2011 n. 1103, C.S. Sez. III 26.10.2011 n. 5725).
7)- Il ricorso deve pertanto essere accolto, per essere il provvedimento impugnato fondato unicamente sull’interpretazione che la giurisprudenza aveva dato alla normativa previgente, non applicabile alla fattispecie per cui è causa, dato che la detta L. n. 183/2010 si segnala proprio per aver scelto una direzione nuova ed antitetica alle dette acquisizioni giurisprudenziali (C.S. Sez. IV 5.5.2011 n. 2707).
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00698/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00249/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 249 del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti OMISSIS, con domicilio eletto presso quest’ultimo in Milano, Via Teodosio, 9;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore - Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Stato, domiciliato per legge in Milano, Via Freguglia 1
per l'annullamento
del provvedimento GDAP- …….-2011 adottato dal Dipartimento Amministrazione penitenziaria Direzione Generale del Personale e della Formazione, notificato in data 29.11.2011, con il quale è stata rigettata l'istanza di trasferimento avanzata dal ricorrente ex art. 33 comma 5 l. 104/92; nonché di ogni altro atto presupposto, consequenziale e comunque connesso.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente, agente scelto del Corpo di Polizia Penitenziaria presso la Casa Circondariale di OMISSIS, in data 13.7.2011 ha presentato istanza di trasferimento ex art. 33 c. 5 L. 5.2.1992 n. 104, deducendo di dover assistere il suocero disabile, residente in Sicilia, il quale necessita di essere accompagnato con l’auto alle visite mediche cui frequentemente deve sottoporsi.
Con il provvedimento impugnato, datato 19.10.2011, il Ministero resistente ha “rilevato che il verbale della competente Commissione A.S.L. che ha certificato la condizione di handicap grave, ex art. 33 c. 3 risultata datato 5.4.2011, mentre l’istante risulta in servizio presso una sede inidonea all’assistenza al soggetto diversamente abile”, mentre “il requisito della continuità dell’assistenza prestata dal dipendente, per consolidato indirizzo giurisprudenziale, deve necessariamente essere in atto al momento della richiesta del beneficio, per cui il trasferimento ai sensi del c. 5 dell’art. 33 va accordato solo al lavoratore che già assista con continuità una familiare portatore di grave handicap”.
In data 21.10.2011 il Direttore della Casa Circondariale di OMISSIS ha autorizzato il ricorrente a fruire dei permessi di cui al comma 3 del citato art. 33.
Con il ricorso in epigrafe, ritualmente notificato e depositato, l’istante ha chiesto l’annullamento dell’atto impugnato, deducendo la violazione e falsa applicazione dell’art. 33 della L. n. 104/92, nonché eccesso di potere per contraddittorietà e manifesta illogicità.
L’Amministrazione resistente si è costituita in giudizio, contestando la fondatezza del ricorso, e chiedendone il rigetto.
Alla pubblica udienza del 14.2.2012 la causa è stata trattenuta in decisione dal Collegio.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
Osserva il Collegio come sia il comma 3 che il comma 5 dell’art. 33 L. n. 104/92 sono stati recentemente modificati dalla L. 4.11.2010 n. 183, ciò che l’Amministrazione ha erroneamente omesso di considerare nel provvedimento impugnato.
In particolare, per quanto riguarda la concessione dei permessi (comma 3), non è più richiesto il requisito della continuità nell’assistenza del familiare portatore di handicap.
Per il successivo comma 5 “il lavoratore di cui al comma 3 ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al domicilio della persona da assistere e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra”.
Il Collegio deve tuttavia interrogarsi sull’applicabilità delle detta disciplina al personale appartenente alle Forze Armate ed alle Forze di Polizia, nelle quali rientra la Polizia Penitenziaria.
Il Consiglio di Stato in un’occasione ha infatti ritenuto che la stessa potrà trovare applicazione solo quando verranno emanati gli appositi provvedimenti legislativi previsti dall’art. 19 della citata legge n. 183/2010, dovendosi tener conto, con riguardo agli appartenenti ai detti organismi, “della peculiarità dei compiti, degli obblighi e delle limitazioni personali, previsti da leggi e regolamenti, per le funzioni di tutela delle istituzioni democratiche e di difesa dell'ordine e della sicurezza interna ed esterna, nonché per i peculiari requisiti di efficienza operativa richiesti e i correlati impieghi in attività usuranti” (C.S. Sez. IV 5.5.2011 n. 2707).
La giurisprudenza successiva, alla quale il Collegio aderisce, è stata invece di contrario avviso, ritenendo che il detto art. 19 sia una disposizione meramente programmatica e che l’interpretazione costituzionalmente orientata del visto art. 33 L. n. 104/92, come novellato dalla L. n. 183/2010, ne impone l’immediata applicazione anche al personale delle Forze Armate e delle Forze di Polizia (T.A.R. Lazio, Sez. I Quater 16.6.2011 n. 7525, T.A.R. Piemonte Sez. I 20.10.2011 n. 1103, C.S. Sez. III 26.10.2011 n. 5725).
Il ricorso deve pertanto essere accolto, per essere il provvedimento impugnato fondato unicamente sull’interpretazione che la giurisprudenza aveva dato alla normativa previgente, non applicabile alla fattispecie per cui è causa, dato che la detta L. n. 183/2010 si segnala proprio per aver scelto una direzione nuova ed antitetica alle dette acquisizioni giurisprudenziali (C.S. Sez. IV 5.5.2011 n. 2707).
Sono fatti salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione, che nel valutare nuovamente l’istanza di trasferimento dovrà tener conto delle attuali necessità assistenziali dell’interessato, ma anche delle esigenze di servizio che, onde essere ritenute eventualmente prevalenti, dovranno essere rilevanti e non enunciate in modo generico o apodittico, pena l’illegittimità del provvedimento stesso, dovendo invece essere puntualmente indicate in concreto (C.S. Sez. III 26.10.2011 n. 5725).
La pretesa del lavoratore che effettivamente assiste con continuità un parente portatore di handicap alla scelta della sede di lavoro può infatti trovare accoglimento solo se risulta compatibile con le specifiche esigenze funzionali dell'Amministrazione di appartenenza, alle quali, nel bilanciamento, deve riconoscersi priorità in quanto preordinate alla cura di interessi pubblici (C.S., sez. IV, 11 febbraio 2011 n. 923).
Il ricorso va pertanto accolto, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Le spese, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Sezione Quarta
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, e per l’effetto annulla il provvedimento impugnato, salvi gli ulteriori provvedimenti dell’Amministrazione.
Condanna parte resistente al pagamento delle spese processuali, liquidate in Euro 1.000,00, oltre al rimborso del contributo unificato, all’I.V.A. e alla C.P.A.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 14 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Adriano Leo, Presidente
Elena Quadri, Consigliere
Mauro Gatti, Primo Referendario, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/03/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Appello al Consiglio di Stato proposto dal Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Comando Generale della Guardia di Finanza ed il Comando Regionale Veneto della Guardia di Finanza,
per la riforma
della sentenza del TAR Veneto - Sezione I^ - n. 04300/2004, concernente revoca dell’autorizzazione alla fruizione di giorni di congedo mensile per l’assistenza a disabile.
In merito all'appello il CdS ha sentenziato cosi':
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello n. 3316 del 2005, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Comando Generale della Guardia di Finanza ed il Comando Regionale Veneto della Guardia di Finanza in solido al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida, in favore del maresciallo capo OMISSIS, in euro 2.000,00 (euro duemila/00), oltre competenze di legge.
Giusta valutazione da parte del CdS.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 01212/2012REG.PROV.COLL.
N. 03316/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3316 del 2005, proposto dal:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Comando Generale della Guardia di Finanza ed il Comando Regionale Veneto della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso la sede di detta Avvocatura;
contro
Il Mar. Capo OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Z. C., OMISSIS, con domicilio eletto presso il primo di detti difensori, in Roma, via Cerreto di Spoleto n. 24;
per la riforma
della sentenza del TAR Veneto - Sezione I^ - n. 04300/2004, resa tra le parti, concernente revoca dell’autorizzazione alla fruizione di giorni di congedo mensile per l’assistenza a disabile;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Con sentenza n. 4300 del 15 dicembre 2004 il TAR Veneto ha accolto il ricorso proposto del sig. OMISSIS, Maresciallo Capo della Guardia di Finanza (di seguito, per brevità : GdF), per l’annullamento del provvedimento del Comando Regionale Veneto della stessa GdF prot. n. …… in data 23 dicembre 2003, recante rigetto del ricorso gerarchico diretto ad ottenere la riforma della nota del Comando Provinciale di OMISSIS prot. n. …../P del 19 settembre 2003 di revoca dell’autorizzazione a fruire di tre giorni di congedo mensile per assistere il cognato disabile in situazione di gravità, nonché dello stesso provvedimento di revoca dell’autorizzazione a suo tempo rilasciata ai sensi dell’art. 33, comma 3, della Legge n. 104 del 1992 ( di seguito, per brevità : legge 104).
Ha ritenuto, al riguardo, il primo Giudice che i provvedimenti impugnati, invero sorretti da identica motivazione circa l’asserita carenza del requisito dell’esclusività dell’assistenza al soggetto portatore di handicap, sarebbero entrambi illegittimi in quanto:
- con riferimento al primo motivo di impugnazione, sarebbe sussistente la dedotta violazione dell’art. 33 della legge 104 in considerazione del palese contrasto dei provvedimenti impugnati, non soltanto con la chiara ratio di favore della norma di legge, ma altresì con le disposizioni della circolare 24 maggio 2002 del Comando Generale della Guardia di Finanza (sulla base delle quali era stata concessa l’agevolazione poi fatta oggetto della contestata revoca) che avrebbero chiarito che la presenza di altri parenti non impedirebbe il riconoscimento del requisito della esclusività allorquando vi siano ragioni obiettive a sostegno della richiesta, quali quelle indicate nella fattispecie attraverso relazioni mediche, circa l’incompatibilità di un’assistenza da parte dei parenti più stretti e conviventi con il portatore di handicap, in ragione della condizione psicolabile di quest’ultimo e del contrasto tra questi ed i primi;
- con riguardo al secondo motivo di ricorso, risulterebbe violata la norma dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 ed i principi in materia di revoca degli atti amministrativi perché l’Amministrazione non avrebbe fornito alcuna motivazione in ordine all’interesse pubblico a revocare un atto favorevole al soggetto handicappato e, quindi, ad interrompere, contra legem, un’assistenza in atto.
2. - Con l’appello in epigrafe il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Comando Generale ed il Comando Regionale Veneto della Guardia di Finanza hanno chiesto la riforma di detta sentenza con motivi così rubricati:
I)- sulla correttezza dell’istruttoria seguita dall’Amministrazione : a) la ratio della norma ovvero l’interesse tutelato; b) la discrezionalità dell’Amministrazione; c) la valutazione dei presupposti per accedere alla previsione beneficiante invocata; d) la comparazione degli interessi in gioco
II)- sulla congruità della motivazione del provvedimento annullato;
III)- incomprensibile condanna alla rifusione delle spese di giudizio in capo alla soccombente Amministrazione.
3. - Si è costituito in giudizio l’appellato sottufficiale con memoria con la quale ha diffusamente controdedotto alle tesi di parte appellante e ne ha chiesto il rigetto integrale siccome infondate.
4. - Con ordinanza n. 2573, adottata nella Camera di Consiglio del 31 maggio 2005, la Sezione ha respinto l’istanza cautelare delle appellanti Amministrazioni di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.
5. - All’udienza pubblica del 20 dicembre 2011 l’appello è stato assegnato in decisione.
6. - L’appello è infondato.
6.1 - Rileva il Collegio, in punto di fatto, che la sentenza impugnata si fonda su due capi di motivazione, riguardanti rispettivamente le ragioni di accoglimento sia del primo sia del secondo motivo di ricorso di primo grado, nonché sulla disposizione di condanna della parte soccombente alle spese del primo grado di giudizio.
Le appellanti Amministrazioni hanno contestato la fondatezza di tutti detti capi chiedendo l’integrale riforma della sentenza impugnata ed il conseguente rigetto del ricorso di primo grado
6.2 - Ciò premesso, può darsi ingresso all’esame del primo dei motivi di appello indicati nel punto 2 che precede.
Osserva al riguardo il Collegio che un primo rilievo potrebbe concernere l’ammissibilità di detto motivo tenuto conto che in larghissima parte di esso si propongono, come peraltro già indicano le rubriche apposte, argomenti di carattere generale, corredati di massime giurisprudenziali, che soltanto indirettamente possono ritenersi riferite alla complessiva questione oggetto del contendere, e cioè se la revoca di un’agevolazione già concessa ex art. 33, comma 3, della legge n. 104 necessitasse o meno di una valutazione in termini di pubblico interesse ad interrompere un’assistenza in atto a soggetto handicappato, tenuto conto, peraltro, che all’atto della concessione di tale agevolazione, secondo quanto ritenuto dal primo Giudice, costituivano presupposto legittimo ed efficiente, non soltanto la ratio della legge regolatrice del beneficio, ma anche le disposizioni dettate da circolare della stessa Amministrazione interpretativa del requisito, in particolare, della “esclusività” dell’assistenza.
Un secondo rilievo, strettamente connesso al primo, potrebbe avere ad oggetto anche gli errori presenti nel testo di detto motivo di impugnazione, sia in punto di fatto, sia in punto di diritto e cioè, quanto al primo (cfr. pag. 11), l’erronea indicazione, quale presupposto delle argomentazioni svolte, della residenza del sottufficiale a 41 Km di distanza dall’abitazione del soggetto portatore di handicap da assistere, mentre quest’ultimo risiede nello stesso Comune del sottufficiale predetto, secondo quanto eccepito da quest’ultimo nelle proprie difese senza essere smentito; quanto al secondo (cfr. pag. 15), l’erronea identificazione dello stesso “…oggetto del contendere…”, visto che le appellanti ritengono che sia, “…nel caso di specie, (è) una domanda di fruizione di permessi ex lege…”, quando, invece, trattasi, all’evidenza, di provvedimento che annulla l’agevolazione precedentemente concessa ex art. 33, comma 3, della legge n. 104, come poi ammette la stessa Amministrazione nel successivo sviluppo del motivo (cfr. pag. 16).
Un terzo ed ultimo rilievo potrebbe ben riguardare la motivazione allegata dal TAR a sostegno del disposto rigetto di detto motivo, atteso che non sembra immediatamente convincente il presupposto da cui muove la tesi espressa da detto Giudice e cioè che l’Amministrazione non possa più rivedere i convincimenti interpretativi precedentemente espressi circa l’applicabilità di una determinata norma a determinate situazioni, una volta che per una di queste ultime si sia già determinata in senso positivo.
Orbene, dall’approfondimento di tutte tali questioni e, quindi, da ogni decisione sul primo motivo di appello, il Collegio ritiene di poter prescindere poiché nell’economia del presente giudizio è sufficiente la valutazione di infondatezza delle critiche mosse al secondo capo di motivazione -con conseguente mantenimento della decisione del TAR di accoglimento in parte qua del ricorso ed annullamento, anche soltanto per tale ragione dei provvedimenti impugnati- e cioè accertare che correttamente il primo Giudice ha ritenuto il provvedimento di revoca privo di adeguata motivazione in punto di interesse pubblico alla sua adozione ed errata la successiva decisione di rigetto del ricorso amministrativo proposto per l’annullamento di detta revoca.
6.3 - Osserva il Collegio che un contributo determinante per comprendere quale sia l’effettiva valenza giuridica del provvedimento di revoca impugnato è offerto dalle stesse Amministrazioni appellanti allorquando affermano nel proprio ricorso (cfr. pag. 16) che “…In buona sostanza, il Comando preposto si è rideterminato tenendo conto, all’esito di un riesame sollecitato dalla direttiva interpretativa partecipata dal Comando Generale, che non erano stati congruamente e correttamente apprezzati i presupposti per la concessione del beneficio in precedenza accordato al OMISSIS. Il riesame ha assecondato proprio ragioni di interesse pubblico insite nell’appropriata applicazione del dettato legislativo invocato…”.
Alla stregua di tali precisazioni, che peraltro confermano quanto è direttamente ritraibile da una attenta lettura del provvedimento in questione senza lasciarsi condizionare dal nomen juris eventualmente attribuito allo stesso provvedimento, non pare revocabile in dubbio che l’Amministrazione abbia inteso procedere ad un mero ripristino della legalità, avendo dato corso, sostanzialmente, ad un mero adeguamento della situazione giuridica del militare -già conformata dall’agevolazione concessagli circa due anni prima per l’assistenza del proprio affine handicappato- al diverso avviso interpretativo assunto, nelle more di tempo intercorse, con riferimento alla specifica disposizione prevista dal comma 3 dell’art. 33 della legge 104, applicabile al caso in esame.
In tali condizioni è evidente che il provvedimento in questione doveva essere necessariamente accompagnato da una valutazione comparativa dell’interesse pubblico alla modifica del provvedimento agevolativo già concesso con l’interesse, non tanto del destinatario formale del provvedimento (nella specie, il Mar. OMISSIS), bensì del soggetto portatore di handicap a vedere tutelato il rapporto di assistenza già concretamente in atto da anni e, dunque, ad evitare pregiudizi allo stato di fatto a lui favorevole.
Peraltro, l’Amministrazione avrebbe dovuto sentirsi ulteriormente indotta ad una tale valutazione proprio dalla indubbia peculiarità della situazione familiare esistente nel caso in esame, evidentemente accertata prima dell’emanazione del provvedimento agevolativo inizialmente concesso (impossibilità dei figli e della moglie del portatore di handicap di prestare l’assistenza necessaria in ragione del contrasto esistente tra quest’ultimo, psicolabile, ed i primi), che richiedeva, dunque, quella ponderazione delle ragioni pubbliche e private coinvolte che, invece, non è stata effettuata, ovviamente preceduta da una rinnovata istruttoria delle condizioni familiari concretamente esistenti.
6.4 - Infine, va disattesa la critica formulata dalle appellanti con il terzo motivo di impugnazione (“…si appalesa incomprensibile la condanna dell’Amministrazione alla rifusione delle spese di lite decisa dal Giudice di prime cure, in difetto di fondate ragioni che depongano contro l’azione amministrativa posta in essere…”) considerato che il Giudice di prime cure ha fatto corretta applicazione, in ragione della decisione di merito assunta, della generale regola di diritto processuale ritraibile dall’art. 91 c.p.c. che impone di porre l’onere delle spese di giudizio a carico della parte soccombente.
7. - In conclusione, l’appello deve essere rigettato e le soccombenti Amministrazioni devono essere condannate al pagamento delle spese anche del presente grado di giudizio, nella misura indicata in dispositivo, in favore del Maresciallo Capo OMISSIS, in applicazione dell’art. 26 del C.P.A.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello n. 3316 del 2005, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Comando Generale della Guardia di Finanza ed il Comando Regionale Veneto della Guardia di Finanza in solido al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida, in favore del maresciallo capo OMISSIS, in euro 2.000,00 (euro duemila/00), oltre competenze di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Guido Romano, Consigliere, Estensore
Fulvio Rocco, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/03/2012
per la riforma
della sentenza del TAR Veneto - Sezione I^ - n. 04300/2004, concernente revoca dell’autorizzazione alla fruizione di giorni di congedo mensile per l’assistenza a disabile.
In merito all'appello il CdS ha sentenziato cosi':
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello n. 3316 del 2005, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Comando Generale della Guardia di Finanza ed il Comando Regionale Veneto della Guardia di Finanza in solido al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida, in favore del maresciallo capo OMISSIS, in euro 2.000,00 (euro duemila/00), oltre competenze di legge.
Giusta valutazione da parte del CdS.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 01212/2012REG.PROV.COLL.
N. 03316/2005 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3316 del 2005, proposto dal:
Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Comando Generale della Guardia di Finanza ed il Comando Regionale Veneto della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato e domiciliati per legge in Roma, via dei Portoghesi, n. 12, presso la sede di detta Avvocatura;
contro
Il Mar. Capo OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv. Z. C., OMISSIS, con domicilio eletto presso il primo di detti difensori, in Roma, via Cerreto di Spoleto n. 24;
per la riforma
della sentenza del TAR Veneto - Sezione I^ - n. 04300/2004, resa tra le parti, concernente revoca dell’autorizzazione alla fruizione di giorni di congedo mensile per l’assistenza a disabile;
Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
OMISSIS;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
1. - Con sentenza n. 4300 del 15 dicembre 2004 il TAR Veneto ha accolto il ricorso proposto del sig. OMISSIS, Maresciallo Capo della Guardia di Finanza (di seguito, per brevità : GdF), per l’annullamento del provvedimento del Comando Regionale Veneto della stessa GdF prot. n. …… in data 23 dicembre 2003, recante rigetto del ricorso gerarchico diretto ad ottenere la riforma della nota del Comando Provinciale di OMISSIS prot. n. …../P del 19 settembre 2003 di revoca dell’autorizzazione a fruire di tre giorni di congedo mensile per assistere il cognato disabile in situazione di gravità, nonché dello stesso provvedimento di revoca dell’autorizzazione a suo tempo rilasciata ai sensi dell’art. 33, comma 3, della Legge n. 104 del 1992 ( di seguito, per brevità : legge 104).
Ha ritenuto, al riguardo, il primo Giudice che i provvedimenti impugnati, invero sorretti da identica motivazione circa l’asserita carenza del requisito dell’esclusività dell’assistenza al soggetto portatore di handicap, sarebbero entrambi illegittimi in quanto:
- con riferimento al primo motivo di impugnazione, sarebbe sussistente la dedotta violazione dell’art. 33 della legge 104 in considerazione del palese contrasto dei provvedimenti impugnati, non soltanto con la chiara ratio di favore della norma di legge, ma altresì con le disposizioni della circolare 24 maggio 2002 del Comando Generale della Guardia di Finanza (sulla base delle quali era stata concessa l’agevolazione poi fatta oggetto della contestata revoca) che avrebbero chiarito che la presenza di altri parenti non impedirebbe il riconoscimento del requisito della esclusività allorquando vi siano ragioni obiettive a sostegno della richiesta, quali quelle indicate nella fattispecie attraverso relazioni mediche, circa l’incompatibilità di un’assistenza da parte dei parenti più stretti e conviventi con il portatore di handicap, in ragione della condizione psicolabile di quest’ultimo e del contrasto tra questi ed i primi;
- con riguardo al secondo motivo di ricorso, risulterebbe violata la norma dell’art. 3 della legge n. 241 del 1990 ed i principi in materia di revoca degli atti amministrativi perché l’Amministrazione non avrebbe fornito alcuna motivazione in ordine all’interesse pubblico a revocare un atto favorevole al soggetto handicappato e, quindi, ad interrompere, contra legem, un’assistenza in atto.
2. - Con l’appello in epigrafe il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Comando Generale ed il Comando Regionale Veneto della Guardia di Finanza hanno chiesto la riforma di detta sentenza con motivi così rubricati:
I)- sulla correttezza dell’istruttoria seguita dall’Amministrazione : a) la ratio della norma ovvero l’interesse tutelato; b) la discrezionalità dell’Amministrazione; c) la valutazione dei presupposti per accedere alla previsione beneficiante invocata; d) la comparazione degli interessi in gioco
II)- sulla congruità della motivazione del provvedimento annullato;
III)- incomprensibile condanna alla rifusione delle spese di giudizio in capo alla soccombente Amministrazione.
3. - Si è costituito in giudizio l’appellato sottufficiale con memoria con la quale ha diffusamente controdedotto alle tesi di parte appellante e ne ha chiesto il rigetto integrale siccome infondate.
4. - Con ordinanza n. 2573, adottata nella Camera di Consiglio del 31 maggio 2005, la Sezione ha respinto l’istanza cautelare delle appellanti Amministrazioni di sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.
5. - All’udienza pubblica del 20 dicembre 2011 l’appello è stato assegnato in decisione.
6. - L’appello è infondato.
6.1 - Rileva il Collegio, in punto di fatto, che la sentenza impugnata si fonda su due capi di motivazione, riguardanti rispettivamente le ragioni di accoglimento sia del primo sia del secondo motivo di ricorso di primo grado, nonché sulla disposizione di condanna della parte soccombente alle spese del primo grado di giudizio.
Le appellanti Amministrazioni hanno contestato la fondatezza di tutti detti capi chiedendo l’integrale riforma della sentenza impugnata ed il conseguente rigetto del ricorso di primo grado
6.2 - Ciò premesso, può darsi ingresso all’esame del primo dei motivi di appello indicati nel punto 2 che precede.
Osserva al riguardo il Collegio che un primo rilievo potrebbe concernere l’ammissibilità di detto motivo tenuto conto che in larghissima parte di esso si propongono, come peraltro già indicano le rubriche apposte, argomenti di carattere generale, corredati di massime giurisprudenziali, che soltanto indirettamente possono ritenersi riferite alla complessiva questione oggetto del contendere, e cioè se la revoca di un’agevolazione già concessa ex art. 33, comma 3, della legge n. 104 necessitasse o meno di una valutazione in termini di pubblico interesse ad interrompere un’assistenza in atto a soggetto handicappato, tenuto conto, peraltro, che all’atto della concessione di tale agevolazione, secondo quanto ritenuto dal primo Giudice, costituivano presupposto legittimo ed efficiente, non soltanto la ratio della legge regolatrice del beneficio, ma anche le disposizioni dettate da circolare della stessa Amministrazione interpretativa del requisito, in particolare, della “esclusività” dell’assistenza.
Un secondo rilievo, strettamente connesso al primo, potrebbe avere ad oggetto anche gli errori presenti nel testo di detto motivo di impugnazione, sia in punto di fatto, sia in punto di diritto e cioè, quanto al primo (cfr. pag. 11), l’erronea indicazione, quale presupposto delle argomentazioni svolte, della residenza del sottufficiale a 41 Km di distanza dall’abitazione del soggetto portatore di handicap da assistere, mentre quest’ultimo risiede nello stesso Comune del sottufficiale predetto, secondo quanto eccepito da quest’ultimo nelle proprie difese senza essere smentito; quanto al secondo (cfr. pag. 15), l’erronea identificazione dello stesso “…oggetto del contendere…”, visto che le appellanti ritengono che sia, “…nel caso di specie, (è) una domanda di fruizione di permessi ex lege…”, quando, invece, trattasi, all’evidenza, di provvedimento che annulla l’agevolazione precedentemente concessa ex art. 33, comma 3, della legge n. 104, come poi ammette la stessa Amministrazione nel successivo sviluppo del motivo (cfr. pag. 16).
Un terzo ed ultimo rilievo potrebbe ben riguardare la motivazione allegata dal TAR a sostegno del disposto rigetto di detto motivo, atteso che non sembra immediatamente convincente il presupposto da cui muove la tesi espressa da detto Giudice e cioè che l’Amministrazione non possa più rivedere i convincimenti interpretativi precedentemente espressi circa l’applicabilità di una determinata norma a determinate situazioni, una volta che per una di queste ultime si sia già determinata in senso positivo.
Orbene, dall’approfondimento di tutte tali questioni e, quindi, da ogni decisione sul primo motivo di appello, il Collegio ritiene di poter prescindere poiché nell’economia del presente giudizio è sufficiente la valutazione di infondatezza delle critiche mosse al secondo capo di motivazione -con conseguente mantenimento della decisione del TAR di accoglimento in parte qua del ricorso ed annullamento, anche soltanto per tale ragione dei provvedimenti impugnati- e cioè accertare che correttamente il primo Giudice ha ritenuto il provvedimento di revoca privo di adeguata motivazione in punto di interesse pubblico alla sua adozione ed errata la successiva decisione di rigetto del ricorso amministrativo proposto per l’annullamento di detta revoca.
6.3 - Osserva il Collegio che un contributo determinante per comprendere quale sia l’effettiva valenza giuridica del provvedimento di revoca impugnato è offerto dalle stesse Amministrazioni appellanti allorquando affermano nel proprio ricorso (cfr. pag. 16) che “…In buona sostanza, il Comando preposto si è rideterminato tenendo conto, all’esito di un riesame sollecitato dalla direttiva interpretativa partecipata dal Comando Generale, che non erano stati congruamente e correttamente apprezzati i presupposti per la concessione del beneficio in precedenza accordato al OMISSIS. Il riesame ha assecondato proprio ragioni di interesse pubblico insite nell’appropriata applicazione del dettato legislativo invocato…”.
Alla stregua di tali precisazioni, che peraltro confermano quanto è direttamente ritraibile da una attenta lettura del provvedimento in questione senza lasciarsi condizionare dal nomen juris eventualmente attribuito allo stesso provvedimento, non pare revocabile in dubbio che l’Amministrazione abbia inteso procedere ad un mero ripristino della legalità, avendo dato corso, sostanzialmente, ad un mero adeguamento della situazione giuridica del militare -già conformata dall’agevolazione concessagli circa due anni prima per l’assistenza del proprio affine handicappato- al diverso avviso interpretativo assunto, nelle more di tempo intercorse, con riferimento alla specifica disposizione prevista dal comma 3 dell’art. 33 della legge 104, applicabile al caso in esame.
In tali condizioni è evidente che il provvedimento in questione doveva essere necessariamente accompagnato da una valutazione comparativa dell’interesse pubblico alla modifica del provvedimento agevolativo già concesso con l’interesse, non tanto del destinatario formale del provvedimento (nella specie, il Mar. OMISSIS), bensì del soggetto portatore di handicap a vedere tutelato il rapporto di assistenza già concretamente in atto da anni e, dunque, ad evitare pregiudizi allo stato di fatto a lui favorevole.
Peraltro, l’Amministrazione avrebbe dovuto sentirsi ulteriormente indotta ad una tale valutazione proprio dalla indubbia peculiarità della situazione familiare esistente nel caso in esame, evidentemente accertata prima dell’emanazione del provvedimento agevolativo inizialmente concesso (impossibilità dei figli e della moglie del portatore di handicap di prestare l’assistenza necessaria in ragione del contrasto esistente tra quest’ultimo, psicolabile, ed i primi), che richiedeva, dunque, quella ponderazione delle ragioni pubbliche e private coinvolte che, invece, non è stata effettuata, ovviamente preceduta da una rinnovata istruttoria delle condizioni familiari concretamente esistenti.
6.4 - Infine, va disattesa la critica formulata dalle appellanti con il terzo motivo di impugnazione (“…si appalesa incomprensibile la condanna dell’Amministrazione alla rifusione delle spese di lite decisa dal Giudice di prime cure, in difetto di fondate ragioni che depongano contro l’azione amministrativa posta in essere…”) considerato che il Giudice di prime cure ha fatto corretta applicazione, in ragione della decisione di merito assunta, della generale regola di diritto processuale ritraibile dall’art. 91 c.p.c. che impone di porre l’onere delle spese di giudizio a carico della parte soccombente.
7. - In conclusione, l’appello deve essere rigettato e le soccombenti Amministrazioni devono essere condannate al pagamento delle spese anche del presente grado di giudizio, nella misura indicata in dispositivo, in favore del Maresciallo Capo OMISSIS, in applicazione dell’art. 26 del C.P.A.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato, in sede giurisdizionale, Sezione Quarta, definitivamente pronunciando sull'appello n. 3316 del 2005, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il Ministero dell'Economia e delle Finanze, il Comando Generale della Guardia di Finanza ed il Comando Regionale Veneto della Guardia di Finanza in solido al pagamento delle spese del presente grado di giudizio che liquida, in favore del maresciallo capo OMISSIS, in euro 2.000,00 (euro duemila/00), oltre competenze di legge.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 dicembre 2011 con l'intervento dei magistrati:
Anna Leoni, Presidente FF
Guido Romano, Consigliere, Estensore
Fulvio Rocco, Consigliere
Umberto Realfonzo, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 02/03/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Diniego di trasferimento ai sensi dell'art. 33 comma 5 legge n. 104/92.
Ricorso Accolto.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 03726/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02568/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 2568 del 2012, proposto da:
C. B., rappresentato e difeso dagli avv. Ernesto Trimarco, Melinda Lazzeroni, con domicilio eletto presso Ernesto Trimarco in Roma, via degli Scipioni, 252;
contro
Ministero della Giustizia - Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
della circolare DAP N. 0213520-2003 del 16 maggio 2003;
del provvedimento G-DAP ……..-2011 del 29.11.11, notificato in data 18.1.2012, di diniego di trasferimento ai sensi dell'art. 33 comma 5 legge n. 104/92.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2012 il dott. Maria Ada Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Con il ricorso in epigrafe sono state impugnate la Circolare DAP 213520-2003 del 16.5.2003; e il provvedimento DAP ……-2011 del 29.11.2011 di diniego trasferimento ex art. 33 L. 104/1992.
I). In via preliminare, deve essere richiamata la normativa in materia.
L'articolo 33, comma 5, del d.P.R. 5.2.1992, n. 104 dispone che "... il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado disabile ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede".
Il testo citato è stato modificato dall'articolo 19 della legge 8 marzo 2000, n. 53, che ha soppresso il requisito, prima richiesto, della convivenza con il familiare disabile; l'articolo 20 della medesima legge n. 53 ha poi stabilito che "le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente".
Come noto, la ratio dell'articolo 33, comma 5, è quella di tutelare il rapporto assistenziale, in atto con carattere di continuità, nel presupposto che lo stesso esprima valori di solidarietà familiare e umana aventi fondamento costituzionale; ciò si basa sul fatto che la relazione assistenziale ha un contenuto affettivo intimo e personale e che la sua instaurazione dipende da una scelta individuale che non può essere imposta, dipendendo la stessa da una libera e consapevole assunzione di responsabilità del singolo.
L’interpretazione letterale e logica della disposizione dell'articolo 33 impone di escludere tra i suoi presupposti, la inesistenza di altri familiari che possano prestare la dovuta assistenza al congiunto o la impossibilità da parte di questi congiunti di prestarla, cioè la cd. esclusività della relazione assistenziale: quest'ultimo requisito è però senza dubbio stato introdotto dal citato articolo 20 della legge n. 53.
Orbene, è indubbio che attualmente, proprio alla luce delle modifiche normative intervenute e soprattutto di quelle più recenti, può affermarsi, sul piano generale che, per usufruire del diritto al trasferimento nella sede più vicina alla residenza del familiare da assistere, il dipendente deve dare prova, con dati e elementi oggettivi, della necessità di dover prestare assistenza al familiare disabile e che nessun altro familiare sia in grado o possa assicurare tale assistenza, fatte salve le irrinunciabili esigenze organizzative e funzionali dell'Amministrazione.
II). Passando al merito il ricorso è fondato in quanto, dall’esame degli atti, risulta che il ricorrente ha puntualmente fornito questa prova.
In questo quadro, l'amministrazione intimata - investita della domanda del ricorrente - si sarebbe dovuta limitare a verificare l'effettiva esistenza del rapporto assistenziale e la indisponibilità, anche solo soggettiva, degli altri congiunti ad assumersi l'impegno di assistere i congiunti.
In particolare avrebbe dovuto verificare se effettivamente il ricorrente fosse rimasto il solo ad assicurare al familiare disabile assistenza continua.
In conclusione il ricorso deve essere accolto e l'atto impugnato annullato per violazione dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104., potendo restare assorbiti gli ulteriori motivi dedotti.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando :
Accoglie il ricorso, come in epigrafe proposto, e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Condanna il resistente soccombente al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente per complessivi € 1500,00 (millecinquecento).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/04/2012
Ricorso Accolto.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 03726/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02568/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 2568 del 2012, proposto da:
C. B., rappresentato e difeso dagli avv. Ernesto Trimarco, Melinda Lazzeroni, con domicilio eletto presso Ernesto Trimarco in Roma, via degli Scipioni, 252;
contro
Ministero della Giustizia - Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Gen.Le Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
della circolare DAP N. 0213520-2003 del 16 maggio 2003;
del provvedimento G-DAP ……..-2011 del 29.11.11, notificato in data 18.1.2012, di diniego di trasferimento ai sensi dell'art. 33 comma 5 legge n. 104/92.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - Dipartimento di Amministrazione Penitenziaria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2012 il dott. Maria Ada Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Con il ricorso in epigrafe sono state impugnate la Circolare DAP 213520-2003 del 16.5.2003; e il provvedimento DAP ……-2011 del 29.11.2011 di diniego trasferimento ex art. 33 L. 104/1992.
I). In via preliminare, deve essere richiamata la normativa in materia.
L'articolo 33, comma 5, del d.P.R. 5.2.1992, n. 104 dispone che "... il familiare lavoratore, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assista con continuità un parente o un affine entro il terzo grado disabile ha diritto a scegliere, ove possibile, la sede di lavoro più vicina al proprio domicilio e non può essere trasferito senza il suo consenso ad altra sede".
Il testo citato è stato modificato dall'articolo 19 della legge 8 marzo 2000, n. 53, che ha soppresso il requisito, prima richiesto, della convivenza con il familiare disabile; l'articolo 20 della medesima legge n. 53 ha poi stabilito che "le disposizioni dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, come modificato dall'articolo 19 della presente legge, si applicano anche qualora l'altro genitore non ne abbia diritto nonché ai genitori ed ai familiari lavoratori, con rapporto di lavoro pubblico o privato, che assistono con continuità e in via esclusiva un parente o un affine entro il terzo grado portatore di handicap, ancorché non convivente".
Come noto, la ratio dell'articolo 33, comma 5, è quella di tutelare il rapporto assistenziale, in atto con carattere di continuità, nel presupposto che lo stesso esprima valori di solidarietà familiare e umana aventi fondamento costituzionale; ciò si basa sul fatto che la relazione assistenziale ha un contenuto affettivo intimo e personale e che la sua instaurazione dipende da una scelta individuale che non può essere imposta, dipendendo la stessa da una libera e consapevole assunzione di responsabilità del singolo.
L’interpretazione letterale e logica della disposizione dell'articolo 33 impone di escludere tra i suoi presupposti, la inesistenza di altri familiari che possano prestare la dovuta assistenza al congiunto o la impossibilità da parte di questi congiunti di prestarla, cioè la cd. esclusività della relazione assistenziale: quest'ultimo requisito è però senza dubbio stato introdotto dal citato articolo 20 della legge n. 53.
Orbene, è indubbio che attualmente, proprio alla luce delle modifiche normative intervenute e soprattutto di quelle più recenti, può affermarsi, sul piano generale che, per usufruire del diritto al trasferimento nella sede più vicina alla residenza del familiare da assistere, il dipendente deve dare prova, con dati e elementi oggettivi, della necessità di dover prestare assistenza al familiare disabile e che nessun altro familiare sia in grado o possa assicurare tale assistenza, fatte salve le irrinunciabili esigenze organizzative e funzionali dell'Amministrazione.
II). Passando al merito il ricorso è fondato in quanto, dall’esame degli atti, risulta che il ricorrente ha puntualmente fornito questa prova.
In questo quadro, l'amministrazione intimata - investita della domanda del ricorrente - si sarebbe dovuta limitare a verificare l'effettiva esistenza del rapporto assistenziale e la indisponibilità, anche solo soggettiva, degli altri congiunti ad assumersi l'impegno di assistere i congiunti.
In particolare avrebbe dovuto verificare se effettivamente il ricorrente fosse rimasto il solo ad assicurare al familiare disabile assistenza continua.
In conclusione il ricorso deve essere accolto e l'atto impugnato annullato per violazione dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104., potendo restare assorbiti gli ulteriori motivi dedotti.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando :
Accoglie il ricorso, come in epigrafe proposto, e, per l’effetto, annulla gli atti impugnati.
Condanna il resistente soccombente al pagamento delle spese di giudizio in favore del ricorrente per complessivi € 1500,00 (millecinquecento).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 19 aprile 2012 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 24/04/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Personale PolPen. Ricorso al Tar Lazio ACCOLTO.
- istanza di trasferimento ex art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 e s.m.i., avanzata dal ricorrente, per assunta assenza dell’esclusività, e la circolare n. 023520-2003, in applicazione della quale il Ministero della Giustizia afferma di non poter accogliere la suddetta domanda.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
07/05/2012 201204039 Sentenza Breve 1Q
N. 04039/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02955/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 60 e 74 c.p.a.;
sul ricorso numero di registro generale 2955 del 2012, proposto da:
L. L., rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Carlo Parente, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Emilia, 81;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati per legge presso i suoi studi in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- della nota 25.2.2012, GDAP-……-2012, notificata il 16.3.2012, con cui il Ministero della Giustizia - DAP - ha rigettato l’istanza di trasferimento avanzata dal ricorrente ai sensi della legge 104/92, per carenza del requisito della esclusività;
- della lettera circolare 16.5.2003, n. 023520-2003, in applicazione della quale il Ministero della Giustizia afferma di non poter accogliere la domanda di trasferimento del ricorrente;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2012, la dott.ssa Rita Tricarico e uditi i difensori di entrambe le parti, come specificato nel verbale;
Visto l’articolo 60, comma 1, c.p.a., che facoltizza il Tribunale amministrativo regionale a definire il giudizio nel merito, con sentenza in forma semplificata, in sede di decisione della domanda cautelare, una volta verificato che siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso ed accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria;
Rilevato:
che nella specie il presente giudizio può essere definito con decisione in forma semplificata, ai sensi del menzionato art. 60, comma 1, c.p.a., stante la completezza del contraddittorio e della documentazione di causa;
che sono state espletate le formalità previste dal citato art. 60 c.p.a.;
Rilevato che con il presente ricorso si impugnano il provvedimento di rigetto dell’istanza di trasferimento, ex art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 e s.m.i., avanzata dal ricorrente, per assunta assenza dell’esclusività, e la circolare n. 023520-2003, in applicazione della quale il Ministero della Giustizia afferma di non poter accogliere la suddetta domanda;
Ritenuto che il ricorso sia fondato e meriti accoglimento;
Considerato:
che, come sopra già rilevato, il provvedimento impugnato ha negato il beneficio del trasferimento in ragione della carenza del requisito della esclusività nell’assistenza, da parte del dipendente;
che, come fondatamente dedotto in ricorso, per effetto della modifica apportata alla citata disposizione normativa dalla legge n. 183/2010, ai fini della concessione del beneficio previsto dalla norma in esame, è stato profondamente innovato il requisito della esclusività nell’assistenza;
che, infatti, esso va inteso nel senso che, ai fini dell’assistenza del disabile, soltanto uno dei parenti o affini possa fruire dei benefici stabiliti dalla legge n. 104/1992;
che il comma 5 dell’art. 33 della menzionata legge, concernente il trasferimento, rinvia, quanto ai requisiti richiesti, al comma 3, riguardante i permessi retribuiti;
che appunto quest’ultimo comma stabilisce testualmente che il diritto in parola “non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità”;
che l’opzione ermeneutica su riportata risulta confermata dalla Circolare n. 13/2010 del Ministero della Funzione Pubblica, nonché dalla Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria 29.3.2011, n. GDAP – 0127143 - 2011;
che, pur essendo dette circolari riferite ai permessi di cui all’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, per quanto sopra evidenziato, i concetti ivi espressi possono estendersi anche al beneficio previsto dal comma 5 della stessa disposizione normativa;
che la nuova normativa è immediatamente al personale delle Forze Armate e di Polizia;
che l’art. 19 della legge n. 183/2010, nel rinviare a successivi provvedimenti legislativi la “definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale”, costituisce disposizione meramente programmatica, che impone al legislatore di tenere conto, nei successivi interventi, delle specifiche funzioni esercitate dalle Forze Armate stesse;
che, ove si riconoscesse al menzionato art. 19 della legge n. 183/2010 immediata efficacia ed effetto abrogante, limitatamente alle Forze Armate, dell’art. 33 della legge n. 104/1992 e delle altre norme che regolano attualmente la disciplina del rapporto di lavoro delle stesse, ciò sarebbe in contrasto con la sua finalità programmatica su evidenziata e creerebbe una violazione dei valori costituzionali rispetto ai parenti ed affini disabili di soggetti appartenenti alle Forze armate e di Polizia;
Ritenuto:
che, pertanto, l’immediata applicabilità dell’art. 33 della legge n. 104/1992, nel testo attualmente vigente, al personale delle Forze Armate sia imposta da un’interpretazione costituzionalmente orientata del sistema normativo;
che per i suesposti motivi il ricorso sia fondato e da accogliere, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato ed obbligo dell’Amministrazione di assumere le proprie determinazioni coerentemente con quanto rilevato nel presente provvedimento;
che le spese di giudizio, i diritti e gli onorari di difesa seguano la soccombenza, ponendosi a carico dell’Amministrazione resistente, e debbano quantificarsi come in dispositivo;
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato ed ordina all’Amministrazione di assumere le conseguenti determinazioni.
Condanna l’Amministrazione resistente alle spese di giudizio, nei confronti del ricorrente, forfetariamente quantificate in € 1.000,00 (mille/00), oltre I.V.A. e C.P.A..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2012, con l’intervento dei Magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere
Rita Tricarico, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/05/2012
- istanza di trasferimento ex art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 e s.m.i., avanzata dal ricorrente, per assunta assenza dell’esclusività, e la circolare n. 023520-2003, in applicazione della quale il Ministero della Giustizia afferma di non poter accogliere la suddetta domanda.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
07/05/2012 201204039 Sentenza Breve 1Q
N. 04039/2012 REG.PROV.COLL.
N. 02955/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex artt. 60 e 74 c.p.a.;
sul ricorso numero di registro generale 2955 del 2012, proposto da:
L. L., rappresentato e difeso dall’Avv. Giovanni Carlo Parente, con domicilio eletto presso il suo studio in Roma, via Emilia, 81;
contro
Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, costituito in giudizio, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, domiciliati per legge presso i suoi studi in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l’annullamento,
previa sospensione dell’efficacia,
- della nota 25.2.2012, GDAP-……-2012, notificata il 16.3.2012, con cui il Ministero della Giustizia - DAP - ha rigettato l’istanza di trasferimento avanzata dal ricorrente ai sensi della legge 104/92, per carenza del requisito della esclusività;
- della lettera circolare 16.5.2003, n. 023520-2003, in applicazione della quale il Ministero della Giustizia afferma di non poter accogliere la domanda di trasferimento del ricorrente;
- di ogni altro atto presupposto, connesso e/o conseguente.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Vista la domanda di sospensione dell'esecuzione del provvedimento impugnato, presentata in via incidentale dalla parte ricorrente;
Visto l’atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2012, la dott.ssa Rita Tricarico e uditi i difensori di entrambe le parti, come specificato nel verbale;
Visto l’articolo 60, comma 1, c.p.a., che facoltizza il Tribunale amministrativo regionale a definire il giudizio nel merito, con sentenza in forma semplificata, in sede di decisione della domanda cautelare, una volta verificato che siano trascorsi almeno venti giorni dall’ultima notificazione del ricorso ed accertata la completezza del contraddittorio e dell’istruttoria;
Rilevato:
che nella specie il presente giudizio può essere definito con decisione in forma semplificata, ai sensi del menzionato art. 60, comma 1, c.p.a., stante la completezza del contraddittorio e della documentazione di causa;
che sono state espletate le formalità previste dal citato art. 60 c.p.a.;
Rilevato che con il presente ricorso si impugnano il provvedimento di rigetto dell’istanza di trasferimento, ex art. 33, comma 5, della legge n. 104/1992 e s.m.i., avanzata dal ricorrente, per assunta assenza dell’esclusività, e la circolare n. 023520-2003, in applicazione della quale il Ministero della Giustizia afferma di non poter accogliere la suddetta domanda;
Ritenuto che il ricorso sia fondato e meriti accoglimento;
Considerato:
che, come sopra già rilevato, il provvedimento impugnato ha negato il beneficio del trasferimento in ragione della carenza del requisito della esclusività nell’assistenza, da parte del dipendente;
che, come fondatamente dedotto in ricorso, per effetto della modifica apportata alla citata disposizione normativa dalla legge n. 183/2010, ai fini della concessione del beneficio previsto dalla norma in esame, è stato profondamente innovato il requisito della esclusività nell’assistenza;
che, infatti, esso va inteso nel senso che, ai fini dell’assistenza del disabile, soltanto uno dei parenti o affini possa fruire dei benefici stabiliti dalla legge n. 104/1992;
che il comma 5 dell’art. 33 della menzionata legge, concernente il trasferimento, rinvia, quanto ai requisiti richiesti, al comma 3, riguardante i permessi retribuiti;
che appunto quest’ultimo comma stabilisce testualmente che il diritto in parola “non può essere riconosciuto a più di un lavoratore dipendente per l’assistenza alla stessa persona con handicap in situazione di gravità”;
che l’opzione ermeneutica su riportata risulta confermata dalla Circolare n. 13/2010 del Ministero della Funzione Pubblica, nonché dalla Circolare del Ministero della Giustizia – Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria 29.3.2011, n. GDAP – 0127143 - 2011;
che, pur essendo dette circolari riferite ai permessi di cui all’art. 33, comma 3, della legge n. 104/1992, per quanto sopra evidenziato, i concetti ivi espressi possono estendersi anche al beneficio previsto dal comma 5 della stessa disposizione normativa;
che la nuova normativa è immediatamente al personale delle Forze Armate e di Polizia;
che l’art. 19 della legge n. 183/2010, nel rinviare a successivi provvedimenti legislativi la “definizione degli ordinamenti, delle carriere e dei contenuti del rapporto di impiego e della tutela economica, pensionistica e previdenziale”, costituisce disposizione meramente programmatica, che impone al legislatore di tenere conto, nei successivi interventi, delle specifiche funzioni esercitate dalle Forze Armate stesse;
che, ove si riconoscesse al menzionato art. 19 della legge n. 183/2010 immediata efficacia ed effetto abrogante, limitatamente alle Forze Armate, dell’art. 33 della legge n. 104/1992 e delle altre norme che regolano attualmente la disciplina del rapporto di lavoro delle stesse, ciò sarebbe in contrasto con la sua finalità programmatica su evidenziata e creerebbe una violazione dei valori costituzionali rispetto ai parenti ed affini disabili di soggetti appartenenti alle Forze armate e di Polizia;
Ritenuto:
che, pertanto, l’immediata applicabilità dell’art. 33 della legge n. 104/1992, nel testo attualmente vigente, al personale delle Forze Armate sia imposta da un’interpretazione costituzionalmente orientata del sistema normativo;
che per i suesposti motivi il ricorso sia fondato e da accogliere, con conseguente annullamento del provvedimento impugnato ed obbligo dell’Amministrazione di assumere le proprie determinazioni coerentemente con quanto rilevato nel presente provvedimento;
che le spese di giudizio, i diritti e gli onorari di difesa seguano la soccombenza, ponendosi a carico dell’Amministrazione resistente, e debbano quantificarsi come in dispositivo;
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale del Lazio – sezione I quater, definitivamente pronunciando, accoglie il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, annulla il provvedimento impugnato ed ordina all’Amministrazione di assumere le conseguenti determinazioni.
Condanna l’Amministrazione resistente alle spese di giudizio, nei confronti del ricorrente, forfetariamente quantificate in € 1.000,00 (mille/00), oltre I.V.A. e C.P.A..
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del giorno 3 maggio 2012, con l’intervento dei Magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere
Rita Tricarico, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 07/05/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Diniego di trasferimento ai sensi dell'art. 33 comma 5 legge n. 104/92.
Requisito dell'esclusività.
Accolto.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 04566/2012 REG.PROV.COLL.
N. 03302/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 3302 del 2012, proposto da:
A. C., rappresentata e difesa dagli avv. Ernesto Trimarco, Melinda Lazzeroni, con domicilio eletto presso Ernesto Trimarco in Roma, via degli Scipioni, 252;
contro
Ministero della Giustizia - (D.A.P.), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
della circolare DAP n. 0213520-2003 del 16.5.2003;
del provvedimento G-DAP ……-2011 del 21.10.2011 di diniego di trasferimento ai sensi dell'art. 33 comma 5 legge n. 104/92, notificato alla ricorrente in data 24.11.2011;
del provvedimento G-DAP ……..-2012 del 16.2.2012, notificato alla ricorrente in data 25.2.12 con cui è dichiarato inammissibile il ricorso gerarchico proposto dalla comparente avverso il provvedimento G-DAP ……-2011;
del silenzio in relazione alla richiesta di distacco ai sensi dell'art. 7 DPR 254/1999 proposta in data 20.12.2011.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - (D.A.P.);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2012 il dott. Maria Ada Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Con il ricorso in epigrafe sono state impugnate : Circolare DAP n. 0213520-2003 del 16.5.2003; provvedimento G-DAP ……-2011 del 21.10.2011 diniego di trasferimento ex art. 33, 5, L. 104/92; provvedimento G-DAP …….-2012 del 16.2.2012 che ha dichiarato inammissibile il ricorso gerarchico proposto dalla ricorrente.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di diritto :
1). Violazione e falsa applicazione art. 1 DPR 1199/1971; Violazione del provvedimento G-DAP ……./2001; eccesso di potere, vizio di motivazione ex art. 3 L. 241/90; artt. 24 Cost. e 47 Carta dei diritti fondamentali Unione europea;
2). Violazione e falsa applicazione artt. 5 e 33, 3-5, L. 104/1992, novellati dalla L. 183/2010, e in relazione alla circolare della Presidenza Consiglio Ministri, DFP, n. 13/2010; violazione artt. 1 e ss. CEDU, art. 26 Carta diritti fondamentali UE e artt. 2 e 117 Cost.; eccesso di potere per falsità dei presupposti applicativi, sviamento della funzione tipica dell’istituto e travisamento dei fatti, vizio di motivazione per violazione artt. 3 e 10 nonies L. 241/90;
3). Violazione e falsa applicazione art. 7 DPR 254/1999.
In data 14.5.2012 il Ministero della Giustizia ha depositato memoria di replica.
Il ricorso è fondato.
La giurisprudenza ha precisato in più occasioni che :
a). l’esclusività deve essere intesa come inesistenza di altri congiunti che siano disponibili a prestare e che, in concreto, prestino in modo adeguato assistenza al congiunto, indipendentemente dalle ragioni di tale indisponibilità, che possono essere oggettive ma anche soggettive proprio perché la relazione in questione ha un essenziale contenuto affettivo e emotivo e dipende dal concreto atteggiarsi dei legami tra soggetti;
b). è, pertanto, sufficiente solo il requisito dell'esclusività, inteso come indisponibilità di altri parenti a provvedere all'assistenza;
L'interpretazione proposta non si traduce nell'assegnazione di un beneficio al soggetto che abbia un parente o affine portatore di handicap ma nell'attribuzione, in applicazione di esigenze solidaristiche aventi un indubbio valore costituzionale, di un beneficio a chi già si sia spontaneamente e responsabilmente assunto il compito - oltretutto assai oneroso materialmente e psicologicamente - di prestare assistenza a un congiunto disabile instaurando con lo stesso il rapporto assistenziale.
c). in altri termini la disposizione dell'articolo 33, comma 5, considera un valore in sé la relazione assistenziale continua ed esclusiva (nel senso chiarito) che nasce spontaneamente tra il disabile e il suo familiare o affine e come tale la riconosce e protegge, nel presupposto che tale relazione ha un contenuto emotivo e affettivo oltre che materiale;
d). in questo quadro, l'amministrazione intimata - investita della domanda del ricorrente - si sarebbe dovuta limitare a verificare l'effettiva esistenza del rapporto assistenziale e la indisponibilità, anche solo soggettiva, degli altri congiunti ad assumersi l'impegno di assistere i congiunti.
In conclusione il ricorso deve essere accolto e l'atto impugnato annullato per violazione dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando :
Accoglie il ricorso, come in epigrafe proposto, e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Condanna il resistente al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente per complessivi € 1000,00 (mille).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/05/2012
Requisito dell'esclusività.
Accolto.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 04566/2012 REG.PROV.COLL.
N. 03302/2012 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 3302 del 2012, proposto da:
A. C., rappresentata e difesa dagli avv. Ernesto Trimarco, Melinda Lazzeroni, con domicilio eletto presso Ernesto Trimarco in Roma, via degli Scipioni, 252;
contro
Ministero della Giustizia - (D.A.P.), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;
per l'annullamento
della circolare DAP n. 0213520-2003 del 16.5.2003;
del provvedimento G-DAP ……-2011 del 21.10.2011 di diniego di trasferimento ai sensi dell'art. 33 comma 5 legge n. 104/92, notificato alla ricorrente in data 24.11.2011;
del provvedimento G-DAP ……..-2012 del 16.2.2012, notificato alla ricorrente in data 25.2.12 con cui è dichiarato inammissibile il ricorso gerarchico proposto dalla comparente avverso il provvedimento G-DAP ……-2011;
del silenzio in relazione alla richiesta di distacco ai sensi dell'art. 7 DPR 254/1999 proposta in data 20.12.2011.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Giustizia - (D.A.P.);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2012 il dott. Maria Ada Russo e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Con il ricorso in epigrafe sono state impugnate : Circolare DAP n. 0213520-2003 del 16.5.2003; provvedimento G-DAP ……-2011 del 21.10.2011 diniego di trasferimento ex art. 33, 5, L. 104/92; provvedimento G-DAP …….-2012 del 16.2.2012 che ha dichiarato inammissibile il ricorso gerarchico proposto dalla ricorrente.
Il ricorso è affidato ai seguenti motivi di diritto :
1). Violazione e falsa applicazione art. 1 DPR 1199/1971; Violazione del provvedimento G-DAP ……./2001; eccesso di potere, vizio di motivazione ex art. 3 L. 241/90; artt. 24 Cost. e 47 Carta dei diritti fondamentali Unione europea;
2). Violazione e falsa applicazione artt. 5 e 33, 3-5, L. 104/1992, novellati dalla L. 183/2010, e in relazione alla circolare della Presidenza Consiglio Ministri, DFP, n. 13/2010; violazione artt. 1 e ss. CEDU, art. 26 Carta diritti fondamentali UE e artt. 2 e 117 Cost.; eccesso di potere per falsità dei presupposti applicativi, sviamento della funzione tipica dell’istituto e travisamento dei fatti, vizio di motivazione per violazione artt. 3 e 10 nonies L. 241/90;
3). Violazione e falsa applicazione art. 7 DPR 254/1999.
In data 14.5.2012 il Ministero della Giustizia ha depositato memoria di replica.
Il ricorso è fondato.
La giurisprudenza ha precisato in più occasioni che :
a). l’esclusività deve essere intesa come inesistenza di altri congiunti che siano disponibili a prestare e che, in concreto, prestino in modo adeguato assistenza al congiunto, indipendentemente dalle ragioni di tale indisponibilità, che possono essere oggettive ma anche soggettive proprio perché la relazione in questione ha un essenziale contenuto affettivo e emotivo e dipende dal concreto atteggiarsi dei legami tra soggetti;
b). è, pertanto, sufficiente solo il requisito dell'esclusività, inteso come indisponibilità di altri parenti a provvedere all'assistenza;
L'interpretazione proposta non si traduce nell'assegnazione di un beneficio al soggetto che abbia un parente o affine portatore di handicap ma nell'attribuzione, in applicazione di esigenze solidaristiche aventi un indubbio valore costituzionale, di un beneficio a chi già si sia spontaneamente e responsabilmente assunto il compito - oltretutto assai oneroso materialmente e psicologicamente - di prestare assistenza a un congiunto disabile instaurando con lo stesso il rapporto assistenziale.
c). in altri termini la disposizione dell'articolo 33, comma 5, considera un valore in sé la relazione assistenziale continua ed esclusiva (nel senso chiarito) che nasce spontaneamente tra il disabile e il suo familiare o affine e come tale la riconosce e protegge, nel presupposto che tale relazione ha un contenuto emotivo e affettivo oltre che materiale;
d). in questo quadro, l'amministrazione intimata - investita della domanda del ricorrente - si sarebbe dovuta limitare a verificare l'effettiva esistenza del rapporto assistenziale e la indisponibilità, anche solo soggettiva, degli altri congiunti ad assumersi l'impegno di assistere i congiunti.
In conclusione il ricorso deve essere accolto e l'atto impugnato annullato per violazione dell'articolo 33 della legge 5 febbraio 1992, n. 104.
Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Quater) definitivamente pronunciando :
Accoglie il ricorso, come in epigrafe proposto, e, per l’effetto, annulla l’atto impugnato.
Condanna il resistente al pagamento delle spese di giudizio in favore della ricorrente per complessivi € 1000,00 (mille).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 17 maggio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Elia Orciuolo, Presidente
Maria Ada Russo, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/05/2012
Re: art. 33 l. n. 104/92
Scusami Panorama, un conforto per cortesia, sulla mia situazione ed un chiarimento su quest'ultima sentenza, a proposito di "esclusività". Ho capito il senso, ampiamente chiarito dai giudici, ma vorrei un'ulteriore tuo pensiero sulla mia situazione.
Sono un ex militare (Aeronautica), transitato nei ruoli civili del ministero difesa, ho fatto domanda di trasferimento/mobilità interna con la legge 104.
Affine di primo grado, ho presentato tutto quanto previsto, comprese le dichiarazioni dei parenti che per motivi di lavoro o di salute si rendono indisponibili, ho altresì presentato documentazione comprovante deleghe presso inps, asl, ecc. ecc., che in tempi non sospetti provano l'assistenza verso mia suocera, compresa una sua dichiarazione che mi cita, per i motivi suddetti come unica persona in grado di seguirla ed assisterla.
Essendo la situazione grave ed urgente, sono stato a colloquio presso persociv con alto dirigente, il quale mi ha risposto che la domanda da me presentata la vede "deboluccia" e di integrarla con la mia situazione sanitaria (diabete melitto 2 ed altri vari acciacchi) e finanziaria (visto la distanza: 130 km con la sede di lavoro ...... ogni giorno ci vogliono tanti eurini di benzina - i mezzi di trasporto extraurbano sono impraticabili).
Secondo te, in riferimento alle dichiarazioni fornite dai familiari che si rendono indisponibili, possono loro darmi un diniego alla mia domanda ...... dicendo per esempio: tua moglie non lavora e può benissimo assisterla lei......
Grazie
Sono in attesa di risposta, ma ho
Sono un ex militare (Aeronautica), transitato nei ruoli civili del ministero difesa, ho fatto domanda di trasferimento/mobilità interna con la legge 104.
Affine di primo grado, ho presentato tutto quanto previsto, comprese le dichiarazioni dei parenti che per motivi di lavoro o di salute si rendono indisponibili, ho altresì presentato documentazione comprovante deleghe presso inps, asl, ecc. ecc., che in tempi non sospetti provano l'assistenza verso mia suocera, compresa una sua dichiarazione che mi cita, per i motivi suddetti come unica persona in grado di seguirla ed assisterla.
Essendo la situazione grave ed urgente, sono stato a colloquio presso persociv con alto dirigente, il quale mi ha risposto che la domanda da me presentata la vede "deboluccia" e di integrarla con la mia situazione sanitaria (diabete melitto 2 ed altri vari acciacchi) e finanziaria (visto la distanza: 130 km con la sede di lavoro ...... ogni giorno ci vogliono tanti eurini di benzina - i mezzi di trasporto extraurbano sono impraticabili).
Secondo te, in riferimento alle dichiarazioni fornite dai familiari che si rendono indisponibili, possono loro darmi un diniego alla mia domanda ...... dicendo per esempio: tua moglie non lavora e può benissimo assisterla lei......
Grazie
Sono in attesa di risposta, ma ho
Torna a “POLIZIA PENITENZIARIA”
Vai a
- GENERALE
- ↳ Annunci e Regole importanti
- CONSULENZA LEGALE PER I MILITARI E LE FORZE DI POLIZIA
- ↳ L'Avv. Giorgio Carta risponde
- CONSULENZA LEGALE SU CONTENZIOSI CIVILI
- ↳ L'Avv. Giovanni Carta risponde
- PREVIDENZA SOCIALE
- ↳ CALCOLI PENSIONISTICI
- ↳ ASPETTATIVA - CAUSE DI SERVIZIO - EQUO INDENNIZZO - PENSIONE PRIVILEGIATA ORDINARIA E TABELLARE
- SALUTE E BENESSERE FORZE ARMATE E FORZE DI POLIZIA
- ↳ Psicologia
- ↳ La Dott.ssa Alessandra D'Alessio risponde
- LEXETICA - ASSISTENZA LEGALE E MEDICO LEGALE
- ↳ LEXETICA - IL LEGALE RISPONDE
- ↳ LEXETICA - IL MEDICO LEGALE RISPONDE
- ↳ LEXETICA - LA PSICOLOGA RISPONDE
- FORZE DI POLIZIA
- ↳ CARABINIERI
- ↳ POLIZIA DI STATO
- ↳ GUARDIA DI FINANZA
- ↳ POLIZIA PENITENZIARIA
- ↳ Attività di Polizia Giudiziaria
- MILITARI
- ↳ ESERCITO
- ↳ MARINA
- ↳ AERONAUTICA
- ↳ CAPITANERIE DI PORTO - GUARDIA COSTIERA
- ↳ DONNE MILITARI
- ↳ UFFICIALI
- ↳ MARESCIALLI
- ↳ SERGENTI
- ↳ VSP
- ↳ VFP
- Trasferimenti all'Estero
- ↳ Tunisia
- ↳ Tenerife - Canarie
- DIPARTIMENTO VIGILI DEL FUOCO
- ↳ CORPO NAZIONALE VIGILI DEL FUOCO
- IMPIEGO CIVILE
- GUARDIE PARTICOLARI GIURATE