Non so se possa servire ai Delegati Cobar-Coir-Cocer per inoltrare proposte congrue, comunque io porto a conoscenza di tutti questa sentenza che riguarda il personale della Polizia Penitenziaria.
N. 01187/2010 REG.SEN.
N. 02494/2009 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Quater)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 2494 del 2009, proposto da (un certo numero di dipendenti dell’Amministrazione Penitenziaria), rappresentati e difesi dall'avv. Gabriele Cacciotti e con domicilio eletto presso il difensore in Roma, via del Mascherino 72;
contro
il Ministero della giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, rappresentato e difeso dall'Avvocatura dello Stato e domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;
per l'esecuzione del giudicato
della sentenza del T.A.R. del Lazio n. 5967/08.
Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della giustizia - D.A.P.;
Visti gli atti di causa;
Relatore nella camera di consiglio del 12 novembre 2009 il cons. Giancarlo Luttazi e uditi per le parti i difensori come specificato in verbale;
Considerato in fatto e ritenuto in diritto quanto segue.
FATTO
I ricorrenti sono destinatari della sentenza di questo T.a.r. indicata in epigrafe, resa su ricorso proposto per l’accertamento del loro diritto al controvalore del pasto, dovuto ai sensi della legge n. 203/1989.
Prospetta il presente ricorso che l’Amministrazione è stata messa in mora a provvedere ma che pur essendo trascorsi i trenta giorni ex art. 90 del regio decreto 17 agosto 1907, n. 642 non ha provveduto ad adempiere.
In particolare, prospettano i ricorrenti:
1) per taluni di essi l’Amministrazione non ha corrisposto nessuna indennità sostitutiva; per altri l’ha corrisposta ma parzialmente; e in entrambi i casi si è giustificata adducendo lo smarrimento dei brogliacci relativi alle presenze;
2) per tutti i restanti ricorrenti ha effettuato calcoli erronei, corrispondendo somme che debbono considerarsi solo un anticipo del quantum effettivamente dovuto.
Relativamente al punto 1) i ricorrenti invocano un favorevole precedente (la sentenza di questo T.a.r. n. 9629/2008).
Relativamente al punto 2) i ricorrenti prospettano una interpretazione della normativa di riferimento diversa dalla interpretazione del D.A.P.; rilevando che quest’ultimo erroneamente ha equiparato i dipendenti che hanno effettuato il servizio in turni unici fissi giornalieri ai dipendenti che hanno effettuato il servizio articolato in turni, su tre giorni alla settimana, superiori alle 12 ore giornaliere.
In particolare – lamenta il ricorso – a coloro che hanno effettuato il servizio in turni unici fissi giornalieri vengono corrisposte – per il pasto non consumato - mediamente 5/6 dazioni di denaro per settimana, mentre a coloro che hanno effettuato il servizio articolato in turni, su tre giorni alla settimana, superiori alle 12 ore giornaliere vengono corrisposte – per il pasto non consumato - 3 dazioni di denaro per settimana.
L’Amministrazione si è costituita.
I ricorrenti hanno depositato documenti e una memoria.
Con ordinanza n. 799/2009 sono stati disposti incombenti istruttori, che l’Amministrazione ha eseguito, depositando in data 11.11.2009 la documentata Relazione di chiarimenti richiesta dal T.a.r. .
La Relazione ha in primo luogo opposto la prescrizione del diritto dei ricorrenti al controvalore pasto, non essendo stati posti in essere atti interruttivi nel termine quinquennale.
Quanto ai due petita la Relazione ha rispettivamente rilevato:
1) che l’Amministrazione non è in grado di dare completa esecuzione al giudicato perché gli Uffici non sono più in possesso della documentazione attestante le presenze dei ricorrenti: la documentazione “molto verosimilmente” sarebbe stata oggetto di scarto dall’Archivio perché già all’epoca della vittoriosa domanda giudiziale ora in esecuzione risultava decorso il termine di cinque anni di custodia previsto dall’art. 70, primo comma, del regio decreto 2 ottobre 1911, n. 1163;
2) che l’Amministrazione:
- nell’eseguire il giudicato, sta facendo applicazione in via analogica dei criteri contenuti nella normativa, vigente alle date di riferimento, sui buoni pasto in sostituzione della mensa obbligatoria di servizio [D.P.C.M. 5 giugno 1997 (“Attribuzione dei buoni pasto al personale non soggetto a contrattazione”); successive Circolari esplicative (Circolare prot. n. 144536/4.5 del 5.11.1997; Circolare prot. n. 3507/5957 del 24.11.1999)]; e solo con la recente Circolare GDAP -0104494 del 19.3.2009, a seguito di contrattazione sindacale, ha riconosciuto il doppio buono pasto;
- se si discostasse dai predetti criteri porrebbe in essere disparità di trattamento nei confronti del personale che – pur avendo dovuto protrarre il suo turno di servizio sino alle ore 19,00 – ha sempre beneficiato di un solo buono pasto e/o di una sola indennità sostitutiva della mensa obbligatoria di servizio;
- troverebbe un ulteriore ostacolo alla liquidazione della doppia indennità sostitutiva nella inesistenza della relativa copertura finanziaria;
- per quanto sopra è indotta a ritenere - per ragioni di legittimità e opportunità – di dover liquidare l’emolumento in esame per ogni singola giornata lavorativa, a prescindere dal concreto orario di servizio.
La causa è passata in decisione alla Camera di consiglio del 12 novembre 2009.
DIRITTO
Il ricorso è fondato.
1. - I ricorrenti sono destinatari della sentenza di questo T.a.r. n. 5967/08, la quale ha dichiarato il loro diritto alla richiesta indennità sostitutiva del servizio di mensa, salvo verifica - per ciascun ricorrente - dell’effettivo titolo al servizio di mensa nel periodo di riferimento.
Essi lamentano che:
1) per taluni di essi l’Amministrazione non ha corrisposto nessuna indennità sostitutiva e per altri l’ha corrisposta ma parzialmente; e che in entrambi i casi l’Amministrazione si è giustificata adducendo lo smarrimento dei brogliacci relativi alle presenze;
2) per tutti i restanti ricorrenti l’Amministrazione ha effettuato calcoli erronei, erroneamente equiparando i dipendenti che hanno effettuato il servizio in turni unici fissi giornalieri ai dipendenti che hanno effettuato il servizio articolato in turni, su tre giorni alla settimana, superiori alle 12 ore giornaliere; dimodoché a coloro che hanno effettuato il servizio in turni unici fissi giornalieri vengono corrisposte – per il pasto non consumato - mediamente 5/6 importi sostitutivi per settimana, mentre a coloro che hanno effettuato il gravoso servizio articolato in turni, su tre giorni alla settimana, superiori alle 12 ore giornaliere vengono corrisposte per i pasti non consumati - a parità di ore settimanali di servizio - soltanto 3 importi sostitutivi per settimana.
Entrambi i rilievi sono fondati.
Relativamente al punto 1) l’assenza della documentazione attestante le presenze non ha alcuna incidenza su un diritto patrimoniale accertato con sentenza passata in giudicato.
La documentazione attiene al solo calcolo del dovuto; e anche se quella documentazione non è più disponibile la corretta esecuzione del giudicato resta comunque un obbligo vincolante per l’Amministrazione, che dovrà sopperire al calcolo del dovuto con altri mezzi (ad esempio avvalendosi di attestazioni dei responsabili dei servizi oggetto delle indennità dovute).
Quanto alla prescrizione quinquennale, essa non è più opponibile, perché eccepita soltanto dopo la sentenza passata in giudicato e dunque ormai sostituita dalla prescrizione decennale dell’actio iudicati.
Anche i rilievi di cui al punto 2) sono fondati.
La ottemperanda sentenza, recependo analoghi precedenti di questo T.a.r. (v. per tutte le sentenze n. 753/2007 e n. 1896/2007) e del Consiglio di Stato ( C.d.s., IV, n. 720/2005) ha richiamato l’art. 1, lettera b), della legge 18 maggio 1989, n. 203 (“Nuove disposizioni per i servizi di mensa delle forze di polizia di cui all'articolo 16 della legge 1° aprile 1981, n. 121”), applicabile agli appartenenti al Corpo di polizia penitenziaria in forza dell’estensione sancita dal successivo articolo 3; ed ha rilevato che esso mira a garantire il servizio della mensa (a carico dell’Amministrazione) al personale delle forze di polizia che, per la consistenza degli impegni connessi ai servizi prestati, non può consumare i pasti presso il proprio domicilio; con il conseguente il diritto, per gli aventi titolo, agli importi sostitutivi nella misura del controvalore già stabilito dalla stessa Amministrazione.
Può aggiungersi che il citato art. 1 della legge n. 203/1989 prevede tra “le particolari situazioni di impiego e ambientali” che legittimano la costituzione di mense obbligatorie di servizio quelle del personale impiegato in speciali servizi operativi “durante la permanenza nel servizio”.
Ne consegue che, ove la “permanenza nel servizio” si protragga necessariamente in orari che – in condizioni di normale utilizzo della mensa obbligatoria – imporrebbero la consumazione di due pasti anziché di uno, risulterebbe in contrasto con lo spirito e la lettera della normativa applicata dall’ottemperanda sentenza negare l’emolumento in esame a chi abbia dovuto protrarre il servizio sino e oltre quei limiti giornalieri.
In caso contrario si verificherebbe l’anomala conseguenza indicata nel ricorso: i dipendenti che hanno espletato il servizio distribuito in 5/6 giornate lavorative percepirebbero sino al doppio della indennità sostitutiva rispetto ai colleghi che - a parità di ore complessive settimanali - hanno espletato il servizio concentrato in 3 giornate lavorative.
I rilievi formulati in proposito nella Relazione della P.A. non sono condivisibili.
In primo luogo si osserva che in materia di diritti patrimoniali riconosciuti da sentenza passata in giudicato non possono avere rilievo considerazioni di opportunità, di copertura finanziaria o di disparità di trattamento in danno di soggetti estranei alla sentenza.
Quanto alle restanti considerazioni dell’Amministrazione si osserva che l’applicazione in via analogica dei criteri contenuti nella normativa secondaria sui buoni pasto (il D.P.C.M. 5 giugno 1997) ed esplicati nelle successive Circolari non appare confacente ai dipendenti, ora in esame, che hanno effettuato il servizio articolato in turni, su tre giorni alla settimana, superiori alle 12 ore giornaliere.
Il D.P.C.M. 5 giugno 1997, infatti, si riferisce espressamente (v. art. 1, commi 1 e 2) ai dipendenti “in servizio presso uffici con orario settimanale articolato su cinque giorni”, e “per la singola giornata lavorativa nella quale il dipendente protrae l'attività di servizio nelle ore pomeridiane, con l'effettuazione della pausa, o nella giornata in cui il dipendente effettua, immediatamente dopo l'orario ordinario e la pausa, almeno tre ore di lavoro straordinario”; e dunque disciplina non già la fattispecie dei ricorrenti ma quella opposta: cioè la fattispecie del normale orario settimanale articolato su cinque giorni.
Ne consegue – in applicazione del principio ubi lex voluit dixit, ubi noluit tacuit - un ulteriore argomento a favore della tesi dei ricorrenti.
2. – Il ricorso va dunque accolto.
Per l’effetto, va dichiarato l’obbligo dell’Amministrazione intimata di eseguire la sentenza in epigrafe, entro un termine che – considerato il non breve lasso di tempo trascorso inutilmente dalla pubblicazione della sentenza - appare congruo stabilire in giorni trenta dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente decisione.
Parimenti per il non breve lasso di tempo trascorso inutilmente dalla pubblicazione della ottemperanda sentenza, il Collegio ritiene che, in caso di persistente inottemperanza, la corretta esecuzione di quella decisione debba demandarsi ad un Commissario ad acta, designando a tal fine un soggetto pubblico ad essa esterno.
Il Collegio ritiene, in particolare, di nominare per la qui richiesta esecuzione il Prefetto di Roma o un funzionario da lui designato entro il termine di giorni trenta successivi alla scadenza del precedente termine di trenta giorni assegnato all’Amministrazione; e di assegnare per l’esecuzione commissariale l’ulteriore termine di giorni trenta; salvo preliminare verifica da parte del Commissario ad acta - ai sensi del principio espresso nell’art. 21 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 - se anteriormente alla data dell'insediamento commissariale l'Amministrazione abbia provveduto.
Quanto alle spese di causa – e salvo eventuale successiva pronuncia sulla liquidazione del compenso al Commissario ad acta su istanza di quest’ultimo - il Collegio ritiene che le considerazioni - formulate dall’Amministrazione - di opportunità, di copertura finanziaria e di disparità di trattamento in danno di soggetti estranei alla sentenza, se per un verso sono state disattese dal T.a.r. con riferimento al giudicato da ottemperare, per altro verso possono concretare le gravi ed eccezionali ragioni per le quali il giudice, ai sensi dell’art. 92 del Codice di procedura civile, può compensare le spese tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale amministrativo regionale accoglie il ricorso in epigrafe.
Per l’effetto:
- ordina al Ministero della giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, di eseguire la sentenza in epigrafe entro il termine di giorni trenta dalla notificazione o comunicazione in via amministrativa della presente decisione;
- per il caso di persistente inottemperanza, nomina Commissario ad acta il Prefetto di Roma o un funzionario da lui designato entro il termine di giorni trenta successivi alla scadenza del precedente termine di trenta giorni assegnato all’Amministrazione;
- assegna per l’esecuzione commissariale l’ulteriore termine di giorni trenta; salvo preliminare verifica da parte del Commissario ad acta - ai sensi del principio espresso nell’art. 21 bis della legge 6 dicembre 1971, n. 1034 - se anteriormente all'insediamento commissariale l'Amministrazione abbia correttamente provveduto.
Compensa tra le parti le spese di giudizio, salvo eventuale successiva pronuncia sulla liquidazione del compenso al Commissario ad acta su istanza di quest’ultimo.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del 12 novembre 2009.
Pio Guerrieri, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere, Estensore
Rita Tricarico, Consigliere
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/01/2010