apertura d'ufficio posizione assicurativa presso inps

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gianniroma
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Re: apertura d'ufficio posizione assicurativa presso inps

Messaggio da gianniroma »

Salve,si sà qualcosa su il riconoscimento della supervalutazione di 1/5 dall'inps getione privata, anche ai congedati senza diritto a pensione, ricordo che pendeva dal 21 dicembre 2016 presso la Corte Costituzionale una richiesta di vaglio costituzionale sulla legittimità delle sentenze in senso negativo delle varie Corte dei Conti. Il Ricorso presso il Tar Lombardia era stato prodotto da due ufficiali dell'Aeronautica Militare. Si dovrà attendere probabilmente 8 - 10 mesi per avere la sentenza che potrà fare finalmente chiarezza su questo argomento.
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avt8
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Re: apertura d'ufficio posizione assicurativa presso inps

Messaggio da avt8 »

gianniroma ha scritto:Salve,si sà qualcosa su il riconoscimento della supervalutazione di 1/5 dall'inps getione privata, anche ai congedati senza diritto a pensione, ricordo che pendeva dal 21 dicembre 2016 presso la Corte Costituzionale una richiesta di vaglio costituzionale sulla legittimità delle sentenze in senso negativo delle varie Corte dei Conti. Il Ricorso presso il Tar Lombardia era stato prodotto da due ufficiali dell'Aeronautica Militare. Si dovrà attendere probabilmente 8 - 10 mesi per avere la sentenza che potrà fare finalmente chiarezza su questo argomento.
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Negativo ai congedati senza diritto a pensione non compete l'aumento di 1/5- tutti i ricorsi presentati alla corte dei conti da migliaia di Uff: e Graduati sono stati respinti-
panorama
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Re: apertura d'ufficio posizione assicurativa presso inps

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Sentenza della Corte Costituzionale del 01/03/2018
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1) - Con ordinanza del 19 agosto 2016, iscritta al n. 254 del registro ordinanze 2016, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia, giudice unico delle pensioni, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 124, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato).

2) - dipendenti dell’Aeronautica militare in pensione, che hanno chiesto, con riguardo alla posizione assicurativa costituita presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), di beneficiare della maggiorazione di un terzo prevista dall’art. 20 del d.P.R. n. 1092 del 1973 per il periodo di servizio di volo prestato alle dipendenze dell’Aeronautica militare.

3) - i ricorrenti risultano titolari di una posizione assicurativa presso l’INPS, costituita a favore di chi sia cessato dal servizio «senza aver acquistato il diritto a pensione per mancanza della necessaria anzianità di servizio» e commisurata al periodo di servizio prestato.

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SENTENZA N. 39
ANNO 2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
- Giorgio LATTANZI Presidente
- Aldo CAROSI Giudice
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
- Giovanni AMOROSO ”
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 124, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), promosso dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia, giudice unico delle pensioni, nel procedimento instaurato da D. R. e L. G. nei confronti dell’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) e del Ministero della difesa, con ordinanza del 19 agosto 2016, iscritta al n. 254 del registro ordinanze 2016 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 51, prima serie speciale, dell’anno 2016.

Visti gli atti di costituzione di D. R. e L. G. e dell’INPS, nonché l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nell’udienza pubblica del 6 febbraio 2018 il Giudice relatore Silvana Sciarra;

uditi l’avvocato Alessandra Polonio per D. R. e L. G., l’avvocato Antonino Sgroi per l’INPS e l’avvocato Leonello Mariani per il Presidente del Consiglio dei ministri.

Ritenuto in fatto

1.– Con ordinanza del 19 agosto 2016, iscritta al n. 254 del registro ordinanze 2016, la Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia, giudice unico delle pensioni, ha sollevato, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, questione di legittimità costituzionale dell’art. 124, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato).

1.1.– Il giudice rimettente espone di dover decidere sul ricorso di D. R. e L. G., dipendenti dell’Aeronautica militare in pensione, che hanno chiesto, con riguardo alla posizione assicurativa costituita presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS), di beneficiare della maggiorazione di un terzo prevista dall’art. 20 del d.P.R. n. 1092 del 1973 per il periodo di servizio di volo prestato alle dipendenze dell’Aeronautica militare.

Per effetto dell’art. 124, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973, applicabile ratione temporis e ora abrogato dall’art. 12-undecies del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122, i ricorrenti risultano titolari di una posizione assicurativa presso l’INPS, costituita a favore di chi sia cessato dal servizio «senza aver acquistato il diritto a pensione per mancanza della necessaria anzianità di servizio» e commisurata al periodo di servizio prestato.

1.2.– Il giudice a quo ha disatteso le eccezioni formulate dall’INPS in linea preliminare.

Non sarebbe fondata l’eccezione di carenza di interesse ad agire dei ricorrenti. Il diniego di applicare la maggiorazione per un determinato periodo di servizio renderebbe attuale, anche a prescindere dal pensionamento, l’interesse a ottenere una corretta informazione sulla consistenza del credito contributivo.

Non sarebbe fondata neppure «l’eccezione di inammissibilità delle domande attoree, basata sulla previsione di cui alla lettera b dell’art. 71 del R.D. n° 1038/1933», che non ammetteva la proposizione di «domande sulle quali non siasi provveduto in sede amministrativa». Sarebbero state prodotte in causa le istanze presentate dai ricorrenti all’INPS e poi inoltrate all’Istituto nazionale di previdenza e assistenza per i dipendenti dell’amministrazione pubblica (INPDAP) e al Ministero della difesa.

Il rimettente evidenzia che il ricorso è stato proposto in riassunzione, in séguito alla sentenza della Corte dei conti, sezione prima giurisdizionale centrale d’appello, 22 luglio 2014, n. 996, che ha affermato la giurisdizione del giudice contabile, negata dal giudice di primo grado a favore del giudice ordinario. La riforma della sentenza che ha declinato la giurisdizione avrebbe travolto anche la declaratoria di carenza di legittimazione passiva del Ministero della difesa, pronunciata dal giudice di primo grado, e la declaratoria del difetto di giurisdizione avrebbe priorità logica rispetto al profilo della legittimazione passiva, «di cui ha senso disquisire soltanto allorché una domanda sia stata proposta dinanzi al giudice munito di giurisdizione».

Nel merito, il rimettente osserva che le sezioni riunite della Corte dei conti, nelle sentenze n. 8 del 27 maggio 2011 e n. 11 del 21 giugno 2011, hanno chiarito che per servizio prestato si deve intendere il servizio effettivo. Ne consegue che la maggiorazione per il periodo di servizio di volo spetterebbe ai soli militari che cessino dal servizio «avendo maturato il diritto alla pensione» e sarebbe esclusa per i ricorrenti nel giudizio principale, che non avevano ancora conseguito il diritto alla pensione al momento della cessazione dal servizio.

Sulla scorta di tali premesse, il giudice a quo ritiene rilevante la questione di legittimità costituzionale dell’art. 124, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973, sul presupposto che l’interpretazione accreditata dal diritto vivente conduca al rigetto del ricorso.

1.3.– Il rimettente assume che la disciplina in esame si ponga in contrasto con l’art. 3 Cost.

La disposizione censurata, nell’escludere la maggiorazione del servizio di volo a danno dei militari che cessino dal servizio senza aver conseguito il diritto alla pensione, comporterebbe «un’ingiustificata penalizzazione retroattiva», sprovvista di ogni ragione apprezzabile.

Il giudice a quo muove dal presupposto che il servizio di volo, valutato nella posizione assicurativa costituita presso l’INPS, sia «oggettivamente identico», a prescindere dal fatto che il militare maturi o meno il diritto alla pensione al momento della cessazione dal servizio. Sarebbe irragionevole, pertanto, una riqualificazione del medesimo servizio «alla luce di una circostanza successiva allo svolgimento del servizio di volo stesso».

La disparità di trattamento non si potrebbe giustificare come «un premio all’ulteriore permanenza in servizio del militare» o come un mutamento legato al passaggio dei militari dal regime pensionistico pubblico a quello privato.

In ragione di «un analogo contrasto con l’art. 3 della Costituzione», sarebbe stata dichiarata l’illegittimità costituzionale dell’art. 124 del d.P.R. n. 1092 del 1973, con riguardo alla previsione del quinto comma (si richiama la sentenza n. 113 del 2001).

2.– Con atto depositato il 9 gennaio 2017, si sono costituiti nel giudizio incidentale D. R. e L. G., chiedendo di accogliere la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei conti.

A dire dei ricorrenti nel giudizio principale il beneficio dell’aumento figurativo, concesso a chi presti un servizio gravoso e usurante, «entra a far parte stabilmente dello status previdenziale del lavoratore, quali che siano le vicende successive alla cessazione del servizio militare» e spetta per il solo fatto di aver prestato un determinato servizio.

L’identificazione del servizio prestato con il servizio effettivo vanificherebbe la ratio sottesa al beneficio in esame e implicherebbe, in contrasto con l’art. 3 Cost., un trattamento diseguale per periodi di servizio oggettivamente identici.

Sarebbe violato anche il principio di eguaglianza sostanziale (art. 3, secondo comma, Cost.), in quanto il legislatore avrebbe tradito il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che limitano la capacità del lavoratore di esercitare il diritto fondamentale al lavoro. La concessione dei benefici contributivi al solo personale militare che cessi dal servizio con diritto a pensione lederebbe anche il «fondamentale diritto di libertà della persona umana, che si estrinseca nella scelta e nel modo di esercizio dell’attività lavorativa».

3.– Si è costituito l’INPS, con atto depositato il 3 gennaio 2017, e ha chiesto di dichiarare irrilevante, inammissibile e comunque infondata la questione di legittimità costituzionale.

L’INPS ha eccepito l’inammissibilità della questione, in quanto irrilevante, sotto un duplice profilo.

Anzitutto, a fronte di contribuzione versata nel settembre 1999, il giudizio sarebbe stato incardinato soltanto il 1° giugno 2011, decorso il termine di prescrizione decennale. Il rimettente non avrebbe esaminato tale aspetto preliminare, decisivo sul versante della rilevanza.

In secondo luogo, il giudice a quo non avrebbe correttamente valutato la portata della sentenza di appello, che ha riformato la decisione di primo grado con esclusivo riguardo al difetto di giurisdizione, senza travolgere la statuizione sulla carenza di legittimazione passiva del Ministero della difesa. Al giudizio principale parteciperebbe solo la parte dichiarata carente di legittimazione passiva, in forza di un accertamento oramai definitivo, e mancherebbe, per contro, il contraddittore necessario, il datore di lavoro, «unico legittimato con riguardo alla domanda di mancato accredito/trasferimento dell’ulteriore quota di contribuzione previdenziale connessa allo svolgimento dell’attività di volo».

Nel merito, la questione non sarebbe fondata.

L’INPS osserva che la fattispecie sottoposta all’odierno vaglio della Corte differisce da quella decisa con la sentenza n. 113 del 2001, riguardante la costituzione della posizione assicurativa per i periodi di studio oggetto di riscatto, e si riallaccia al mutamento di regime dei militari, passati dal regime pensionistico pubblico a quello privato, e al complesso percorso di armonizzazione dei sistemi pensionistici.

L’INPS, da ultimo, sulla scorta delle pronunce rese dalle sezioni giurisdizionali d’appello della Corte dei conti, ha ribadito la legittimità costituzionale della normativa in esame e ha escluso ogni disarmonia con il diritto dell’Unione europea, che demanda al legislatore nazionale la disciplina dei sistemi previdenziali.

4.– Nel giudizio è intervenuto, con atto depositato il 10 gennaio 2017, il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato, e ha chiesto di dichiarare inammissibile o comunque infondata la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei conti.

L’interveniente ha eccepito la manifesta inammissibilità della questione per omessa o incompleta motivazione in punto di rilevanza e non manifesta infondatezza. Il rimettente avrebbe sollevato la questione di legittimità costituzionale al solo scopo di ottenere un avallo dell’interpretazione che predilige, senza neppure ricostruire le motivazioni dell’orientamento consolidato della giurisprudenza contabile.

La questione sarebbe inammissibile anche in ragione dell’incompleta ricostruzione e della mancata ponderazione del quadro normativo di riferimento. Il giudice a quo avrebbe omesso di approfondire la ratio della maggiorazione del servizio di volo e tale lacuna minerebbe il percorso logico che sorregge la valutazione di non manifesta infondatezza.

Come ulteriore ragione di inammissibilità, l’Avvocatura generale dello Stato addebita al rimettente di non avere esplorato un’interpretazione adeguatrice.

Nel merito, la questione non sarebbe fondata.

La disposizione censurata, che ha il suo antecedente nella legge 2 aprile 1958, n. 322 (Ricongiunzione delle posizioni previdenziali ai fini dell’accertamento del diritto e della determinazione del trattamento di previdenza e di quiescenza) e nell’art. 40 della legge 22 novembre 1962, n. 1646 (Modifiche agli ordinamenti degli Istituti di previdenza presso il Ministero del tesoro), contempla la costituzione della posizione assicurativa per i soli periodi caratterizzati dall’effettivo svolgimento del servizio ed esclude la rilevanza delle anzianità meramente figurative, come quelle connesse alla maggiorazione di un terzo del servizio di volo.

Se identico è il servizio di volo prestato da chi abbia acquistato il diritto alla pensione e da chi sia cessato dal servizio senza aver conseguito tale diritto, diversa, tuttavia, è la durata del servizio di volo, che si traduce in una diversa anzianità di servizio e giustifica il trattamento previdenziale differenziato riservato alle due categorie di dipendenti.

Peraltro, il riconoscimento di aumenti figurativi dell’anzianità di servizio a favore di chi rimanga alle dipendenze della pubblica amministrazione sarebbe ispirato a «una logica disincentivante dell’esodo verso il settore privato», volta a valorizzare le peculiari professionalità acquisite all’interno dell’amministrazione.

L’attribuzione del beneficio in esame, lungi dall’atteggiarsi come una penalizzazione retroattiva, sarebbe prevista dalla legge sin dall’origine in vista della cessazione dal servizio. La sentenza n. 113 del 2001, riguardante la diversa fattispecie del riscatto dei periodi di studio, non rileverebbe nel caso in esame.

L’accoglimento della questione, in contrasto con il divieto di doppia valutazione dei servizi a fini contributivi, imporrebbe di valutare il medesimo periodo di servizio nel calcolo dell’indennità una tantum erogata in luogo del trattamento di fine rapporto e, in pari tempo, nel calcolo della pensione e «avrebbe una portata dirompente e gravida di effetti per la finanza pubblica».

5.– In prossimità dell’udienza, le parti costituite e l’interveniente hanno depositato memorie illustrative, confermando le conclusioni già rassegnate.

5.1.– I ricorrenti nel giudizio principale, quanto all’eccepita irrilevanza della questione in ragione dell’intervenuta prescrizione, osservano che tale eccezione non sarebbe stata ritualmente proposta nel giudizio principale.

Non sarebbe decisivo neppure l’argomento, che fa leva sulla riforma della sentenza di primo grado in ordine al difetto di giurisdizione del giudice contabile. Tale pronuncia, nell’affermare la giurisdizione del giudice contabile, non approfondisce il merito della causa e il profilo attinente alla legittimazione passiva del Ministero della difesa.

Correttamente il giudice a quo avrebbe assunto la disposizione censurata nella valenza semantica che le assegna il diritto vivente e ne avrebbe sollecitato, su tale presupposto, il controllo di compatibilità con i parametri costituzionali.

Non sarebbe fondata neppure l’eccezione di inammissibilità per incompleta ricostruzione del quadro normativo, in quanto l’ordinanza di rimessione svolgerebbe una disamina esauriente delle disposizioni applicabili e dell’interpretazione offerta dalla giurisprudenza.

Quanto al merito, l’aumento figurativo si correla in via esclusiva alla gravosità e al carattere usurante del servizio prestato e sarebbero apodittici i rilievi sulla posizione di svantaggio dei militari che abbiano già maturato il diritto alla pensione.

La disparità di trattamento non potrebbe essere giustificata con l’esigenza di disincentivare l’esodo verso il settore privato e di conservare nel settore pubblico preziose professionalità, poiché il legislatore non avrebbe fatto alcuna menzione di tale obiettivo premiale.

Non si riscontrerebbe alcuna doppia valutazione del medesimo servizio, in quanto l’importo della contribuzione da versare all’INPS al momento della costituzione della posizione assicurativa deve essere detratto dall’indennità una tantum, «che pertanto per tale parte non viene erogata». Sarebbero infine generiche le considerazioni sulla portata “dirompente” dell’accoglimento della questione.

5.2.– L’INPS ricorda che la questione di legittimità costituzionale riguarda i militari che hanno svolto attività ulteriori rispetto a quelle tipiche della loro carriera e hanno volontariamente abbandonato il servizio presso l’Arma di appartenenza, prima di conseguire il diritto a pensione. A favore di tali soggetti l’ordinamento accorderebbe una speciale tutela, corrispondendo un’indennità una tantum e costituendo una nuova posizione previdenziale presso il Fondo di previdenza lavoratori dipendenti.

La denunciata irragionevolezza dovrebbe essere valutata anche alla luce dell’art. 38, secondo comma, Cost., che prescrive di assicurare ai lavoratori mezzi adeguati alle loro esigenze di vita. Il mancato riconoscimento di un’esigua frazione di contributi non comprometterebbe la tutela previdenziale dei piloti militari, «categoria “forte”», che, nell’abbandonare il servizio, avrebbe prospettive di guadagno ben più favorevoli rispetto a quelle di chi rimane in servizio.

5.3.– La difesa dell’interveniente pone l’accento sulla «rilevanza patrimoniale» della questione, suscettibile di incidere su «un vasto contenzioso promosso a livello nazionale da ex piloti dell’Aeronautica militare», e ribadisce che il rimettente chiede un avallo interpretativo, con uso improprio dell’incidente di costituzionalità.

Sarebbero, inoltre, inammissibili le deduzioni dei ricorrenti sulla violazione del principio di eguaglianza sostanziale, in quanto dirette ad ampliare il thema decidendum delineato dall’ordinanza di rimessione.

Non si potrebbe reputare irragionevole una disposizione, che, allo scopo di disincentivare l’esodo dei lavoratori, accordi il beneficio della supervalutazione del servizio di volo, «indirettamente rilevante sul piano patrimoniale», e racchiuda una disciplina prevedibile, consentendo al personale di compiere scelte oculate e responsabili.

Diversamente dal servizio effettivo, coperto da contribuzione effettiva, il servizio utile sarebbe coperto unicamente da contribuzione figurativa, alla quale non corrisponderebbe alcun reale versamento di contributi previdenziali.

6.– All’udienza pubblica del 6 febbraio 2018, le parti hanno ribadito le conclusioni e le argomentazioni svolte negli scritti difensivi.

Considerato in diritto

1.– La Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia, giudice unico delle pensioni, dubita della legittimità costituzionale dell’art. 124, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), nella parte in cui disciplina la posizione assicurativa costituita «nell’assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale» a favore del dipendente civile o del militare che «cessi dal servizio senza aver acquistato il diritto a pensione per mancanza della necessaria anzianità di servizio».

La disposizione censurata, nel correlare la posizione assicurativa al servizio effettivo, e non già al servizio utile, comprensivo della maggiorazione legata ai particolari servizi prestati, sarebbe lesiva del principio di eguaglianza (art. 3, primo comma, della Costituzione).

L’assetto delineato dal legislatore, nell’interpretazione oramai consolidata nella giurisprudenza contabile (Corte dei conti, sezioni riunite, sentenze n. 8 del 27 maggio 2011 e n. 11 del 21 giugno 2011),
determinerebbe un’arbitraria disparità di trattamento a danno dei militari che cessino dal servizio senza avere conseguito il diritto alla pensione. Nell’àmbito della posizione assicurativa costituita presso l’Istituto nazionale per la previdenza sociale (INPS), i militari non potrebbero beneficiare della maggiorazione per il servizio di volo prestato, benché tale servizio sia «oggettivamente identico», indipendentemente dal fatto che i militari conseguano o meno «il diritto a pensione» al momento della cessazione dal servizio.

La disciplina denunciata, all’origine di «un’ingiustificata penalizzazione retroattiva» per chi cessi dal servizio senza aver maturato il diritto a pensione, implicherebbe una riqualificazione del medesimo servizio «alla luce di una circostanza successiva allo svolgimento del servizio di volo stesso» e, come tale, ininfluente.

Né tale disciplina si giustificherebbe per l’elargizione di «un premio all’ulteriore permanenza in servizio del militare» e nei mutamenti che contraddistinguono il passaggio dei militari dal regime pensionistico pubblico a quello privato.

2.– Si deve innanzi tutto evidenziare che l’art. 124, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 è stato trasfuso nell’art. 1861 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell’ordinamento militare), intervenuto a dettare una disciplina organica della materia, e successivamente abrogato per effetto dell’art. 12, comma 12-undecies del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122.

Tali modifiche non mutano, tuttavia, i termini della questione di legittimità costituzionale, che il rimettente ha sollevato con riguardo alla disposizione originaria, applicabile ratione temporis alla fattispecie controversa, e con esclusivo riferimento alla violazione del principio di eguaglianza formale, enunciato dall’art. 3, primo comma, Cost.

2.1.– Non si considerano, in questa sede, gli ulteriori profili dedotti dalle parti private costituite nel giudizio incidentale, che adombrano il contrasto con il principio di eguaglianza sostanziale, consacrato dall’art. 3, secondo comma, Cost., e con la tutela del diritto al lavoro (art. 4 Cost.), poiché essi non sono stati recepiti nell’ordinanza di rimessione, che segna i limiti dello scrutinio demandato a questa Corte.

3.– Le molteplici eccezioni di inammissibilità formulate nell’atto di costituzione dell’INPS e nell’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri non sono fondate.

3.1.– L’INPS ha eccepito l’inammissibilità della questione per difetto di rilevanza, sotto un duplice e concorrente profilo.

3.1.1.– Il rimettente, in primo luogo, non si sarebbe soffermato sull’esame della prescrizione delle pretese avanzate dai ricorrenti.

A fronte di una contribuzione versata nel settembre 1999, il giudizio sarebbe stato instaurato soltanto il 1° giugno 2011, dopo l’infruttuoso decorso del termine di prescrizione decennale. Il giudice a quo non avrebbe approfondito tale aspetto preliminare, destinato a riverberarsi sulla rilevanza della questione proposta.

L’eccezione non è fondata per il decisivo rilievo che il tema della prescrizione non può essere esaminato d’ufficio dal giudice, ma deve essere introdotto nel dibattito processuale attraverso un’eccezione di parte (art. 2938 del codice civile), rispettosa delle preclusioni che governano l’ordinato e sollecito svolgimento del giudizio.

Il rimettente ha passato in rassegna e disatteso le eccezioni pregiudiziali dell’INPS, incentrate sulla carenza dell’interesse ad agire e sulla proposizione di domande giudiziali sulle quali non si è provveduto in sede amministrativa (punto 5. dell’ordinanza di rimessione). L’INPS non dimostra di avere ritualmente formulato anche l’eccezione di prescrizione e di averne avvalorato, nel necessario contraddittorio delle parti, il carattere dirimente per la definizione del giudizio principale.

Alla stregua delle allegazioni e delle eccezioni formulate dalle parti e puntualmente ricostruite dal giudice a quo, non si può reputare implausibile la motivazione in punto di rilevanza.

3.1.2.– Neppure gli ulteriori rilievi critici dell’INPS, attinenti al difetto di integrità del contraddittorio, valgono a connotare come implausibile tale motivazione.

Il rimettente, con sentenza riformata in sede di gravame, ha dichiarato il difetto di legittimazione passiva del Ministero della difesa e ha declinato la giurisdizione a favore del giudice ordinario. La Corte dei conti, sezione prima giurisdizionale centrale d’appello, con la sentenza n. 996 del 22 luglio 2014, ha accolto l’impugnazione e ha rimesso gli atti al giudice contabile di prime cure, in quanto munito di giurisdizione sulle domande proposte.

Alla luce di tali antecedenti processuali, l’INPS assume che sia passata in giudicato la statuizione sul difetto di legittimazione passiva del Ministero della difesa e che al giudizio principale, pertanto, partecipi solo la parte dichiarata carente di legittimazione passiva, in forza di un accertamento oramai definitivo. Il giudizio non coinvolgerebbe, per contro, il contraddittore necessario, individuato nel datore di lavoro, «unico legittimato con riguardo alla domanda di mancato accredito/trasferimento dell’ulteriore quota di contribuzione previdenziale connessa allo svolgimento dell’attività di volo». Da tale angolo visuale, si apprezzerebbe l’irrilevanza della questione sollevata.

L’eccezione deve essere disattesa.

Il rimettente, nel farsi carico della questione pregiudiziale prospettata dall’INPS, ha argomentato che la riforma della sentenza di primo grado «ha travolto anche la declaratoria di carenza di legittimazione passiva del Ministero della Difesa» (punto 6. dell’ordinanza di rimessione).

In tale prospettiva, l’accoglimento del motivo pregiudiziale di appello inerente alla giurisdizione imporrebbe al giudice dichiarato provvisto di potestas iudicandi di riesaminare il merito della vicenda controversa, anche con riguardo alla questione della carenza di legittimazione passiva del Ministero della difesa, che non potrebbe perciò ritenersi definita con il crisma del giudicato.

Le argomentazioni, spese dal rimettente sulle implicazioni dell’accoglimento dell’appello in rapporto al motivo pregiudiziale della giurisdizione, superano la verifica esterna riservata a questa Corte con riguardo ai presupposti processuali che condizionano la valida instaurazione del giudizio principale. Tale verifica, «“meramente strumentale al riscontro della rilevanza della questione di costituzionalità” (sentenza n. 241 del 2008, punto 5.2. del Considerato in diritto), si arresta se il giudice rimettente ha offerto una motivazione non implausibile in ordine alla sussistenza delle condizioni dell’azione» (sentenza n. 53 del 2017, punto 2.1.1. del Considerato in diritto).

La rilevanza del dubbio di costituzionalità prospettato dal giudice contabile trova conferma anche da un diverso punto di vista.

La carenza di legittimazione passiva, in senso proprio, si ravvisa quando l’attore intenti una controversia contro un soggetto che, secondo la stessa prospettazione dell’atto introduttivo, non sia titolare dell’obbligo dedotto in causa. L’asserita insussistenza di obblighi in capo al Ministero della difesa – questione che attiene al merito – non incide sulla necessità di applicare la disposizione censurata, allo scopo di risolvere la controversia. Tale elemento, posto in risalto dal giudice a quo, è sufficiente a radicare la rilevanza della questione sollevata.

3.2.– L’Avvocatura generale dello Stato eccepisce che il giudice a quo, con uso improprio dell’incidente di costituzionalità, si riprometta di ottenere un avallo dell’interpretazione prescelta, senza sperimentare una lettura rispettosa del dettato costituzionale e senza approfondire le ragioni addotte a fondamento dell’indirizzo predominante nella giurisprudenza contabile.

Le eccezioni di inammissibilità formulate nell’atto di intervento possono essere esaminate congiuntamente, in quanto evocano profili in larga parte connessi. Esse non sono fondate.

Nell’àmbito di una circostanziata disamina del quadro normativo e giurisprudenziale di riferimento, che non presenta le lacune segnalate dall’Avvocatura generale dello Stato, il rimettente muove dalla premessa che, per i dipendenti civili o i militari che cessino dal servizio senza avere acquisito il diritto alla pensione, il servizio prestato debba intendersi come servizio effettivo e non già come servizio utile, comprensivo della maggiorazione connessa a determinati periodi. Su tale linea interpretativa, avallata dall’organo della nomofilachia contabile (Corte dei conti, sezioni riunite, sentenze n. 8 e n. 11 del 2011), si è attestata, con orientamento consolidato, anche la giurisprudenza successiva (fra le molte, Corte dei conti, sezione terza giurisdizionale centrale d’appello, sentenza 4 luglio 2016, n. 301).

Il giudice a quo, libero di privilegiare una diversa lettura del dato normativo, ben può scegliere di uniformarsi a un’interpretazione che assurge oramai al rango di diritto vivente e richiederne, su tale presupposto, il controllo di compatibilità con i precetti costituzionali (sentenza n. 259 del 2017, punto 2.3. del Considerato in diritto).

Anche da tale punto di vista, dunque, non si riscontrano ostacoli all’esame nel merito.

4.– Nel merito, la questione non è fondata.

4.1.– L’aumento convenzionale dell’anzianità di servizio si configura come un trattamento di favore, preordinato a garantire una particolare tutela per la gravosità e i rischi del servizio prestato. Una tale scelta è rimessa all’apprezzamento discrezionale del legislatore, che ne delimita i rigorosi presupposti oggettivi e soggettivi, in armonia con i princìpi di eguaglianza e ragionevolezza.

4.2.– La scelta di limitare la concessione del beneficio ai militari e ai dipendenti civili che cessino dal servizio dopo avere acquistato il diritto alla pensione non contrasta con il principio di eguaglianza.

Il giudice a quo prende le mosse dall’assunto che, a parità di servizio speciale prestato, debba essere identico il trattamento previdenziale e che sia arbitraria ogni distinzione fondata su un elemento estraneo alla ratio dell’aumento convenzionale dell’anzianità di servizio.

Tale assunto non può essere condiviso, poiché accosta in chiave comparativa singoli aspetti di un’articolata disciplina previdenziale, senza avere riguardo alla ratio che la ispira.

I servizi speciali, che determinano l’aumento figurativo dell’anzianità, sono valutati solo dopo che siano raggiunti i requisiti di legge per ottenere la pensione, in una prospettiva che abbraccia l’intero percorso lavorativo. Nell’àmbito di una tale valutazione onnicomprensiva, il conseguimento del diritto alla pensione non configura un dato accidentale ed estrinseco, ma rappresenta un tratto distintivo di rilievo cruciale, che rivela l’eterogeneità delle fattispecie poste a raffronto e giustifica il trattamento differenziato dei servizi speciali di chi non abbia maturato il diritto alla pensione.

Il diverso trattamento deve essere peraltro valutato alla luce della posizione previdenziale complessiva dei lavoratori iscritti a forme obbligatorie di previdenza sostitutive o esonerative, che non abbiano raggiunto l’anzianità utile al conseguimento della pensione. Per tali categorie, il legislatore appresta la speciale tutela della costituzione di una posizione assicurativa presso l’INPS, che «assolve una funzione di tutela previdenziale» e garantisce al lavoratore l’erogazione «di un trattamento pensionistico, secondo le regole dell’assicurazione generale obbligatoria» (sentenza n. 113 del 2001, punto 6. del Considerato in diritto).

Nel quadro di un contemperamento non irragionevole tra l’adeguatezza della tutela previdenziale e la sostenibilità degli oneri necessari a salvaguardarla si deve collocare la scelta di ancorare la posizione assicurativa al solo servizio effettivo, senza computare la maggiorazione figurativa per gli speciali servizi prestati.

4.3.– La sentenza n. 113 del 2001, richiamata dal rimettente a sostegno delle censure e riguardante la diversa fattispecie della valutazione dei periodi di studio regolarmente riscattati (art. 124, quinto comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973), non conduce a conclusioni diverse da quelle prospettate.

Questa Corte ha ritenuto del tutto eccentrico, ai fini della costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS, il requisito della coesistenza di un’attività di lavoro subordinato. Tale requisito, che contraddice l’esigenza sempre più avvertita di valorizzare i periodi di studio, avrebbe pregiudicato proprio i lavoratori che hanno dovuto ritardare l’inizio della loro attività per acquisire il titolo necessario per essere ammessi all’impiego.

4.4.– La disciplina oggi scrutinata si inquadra in un diverso contesto e risponde alla diversa finalità di incentivare chi continua a mettere a frutto la professionalità acquisita a beneficio dell’amministrazione, senza sacrificare in misura sproporzionata i diritti di chi non abbia raggiunto l’anzianità utile a ottenere la pensione.

La legge, oltre a prevedere in tale ipotesi la costituzione di una posizione assicurativa presso l’INPS, riconosce i particolari servizi prestati, che concorrono a determinare l’indennità una tantum corrisposta all’atto della cessazione dal servizio (artt. 42 e 52 del d.P.R. n. 1092 del 1973).

Collocata in un orizzonte sistematico di più ampio respiro, la disciplina censurata non determina dunque sperequazioni arbitrarie, ma rispecchia un bilanciamento tra contrapposti interessi, che tiene conto della diversità delle situazioni comparate e non travalica i limiti della ragionevolezza e della proporzionalità.

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 124, primo comma, del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092 (Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), sollevata dalla Corte dei conti, sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia, giudice unico delle pensioni, in riferimento all’art. 3 della Costituzione, con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 febbraio 2018.
F.to:
Giorgio LATTANZI, Presidente
Silvana SCIARRA, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria l'1 marzo 2018.
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Re: apertura d'ufficio posizione assicurativa presso inps

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Ricorso del 2014 respinto (ma ne stanno molti).
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ha chiesto che il periodo di servizio di volo da lui effettuato dal 1977 al 1996 presso l’Aeronautica militare venga computato, nella posizione previdenziale costituita per lui presso l’INPS successivamente alla conclusione del suddetto rapporto di pubblico impiego, con la maggiorazione di un terzo sancita dall’art. 20 del D.P.R. n° 1092/1973.
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LOMBARDIA SENTENZA 52 19/03/2014
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LOMBARDIA SENTENZA 52 2014 PENSIONI 19/03/2014
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SENT. N. 52/2014

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER LA LOMBARDIA
in composizione monocratica, nella persona del magistrato Eugenio MUSUMECI, ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nel giudizio iscritto al n° 27581 del registro di segreteria della Sezione,


PROPOSTO DA
L. T., nato a Omissis (UD) il Omissis, codice fiscale OMISSIS, residente a Omissis (VA) in via Campo de’ Fiori n° 14, rappresentato e difeso dall’avv. Alessandra Polonio (del foro di Padova) ed elettivamente domiciliato presso lo studio legale dell’avv. Ernesto Manfredi (del foro di Monza) a Cinisello Balsamo (MI) in via Benaco n° 5;

CONTRO
MINISTERO DELLA DIFESA, in persona del ministro pro tempore, rappresentato e difeso dal direttore della 2ª divisione – 1° reparto della Direzione generale della previdenza militare, della leva e del collocamento al lavoro dei volontari congedati, nonché domiciliato presso detto ufficio a Roma in viale dell’Esercito n° 186;

INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’avv. Salvatore Ernesto Guerrera e dall’avv. Carla Maria Omodei Zorini (ambedue iscritti all’elenco speciale annesso all’albo degli avvocati presso il tribunale di Milano), nonché elettivamente domiciliato presso l’ufficio di Milano dell’Avvocatura INPS in piazza Giuseppe Missori nn° 8/10.

§ § §
FATTO E DIRITTO

1. Con ricorso notificato il 27 settembre 2012 al Ministero della Difesa ed il 1° ottobre di quello stesso anno all’INPS, nonché depositato presso questa Sezione il 12 novembre 2012, il lavoratore in epigrafe ha chiesto che il periodo di servizio di volo da lui effettuato dal 1977 al 1996 presso l’Aeronautica militare venga computato, nella posizione previdenziale costituita per lui presso l’INPS successivamente alla conclusione del suddetto rapporto di pubblico impiego, con la maggiorazione di un terzo sancita dall’art. 20 del D.P.R. n° 1092/1973 (d’ora innanzi, per brevità: il T.U.).

Si è costituito in giudizio l’INPS, eccependo pregiudizialmente il difetto di giurisdizione di questa Corte e l’attuale carenza di un interesse ad agire in capo al L. T., nonché resistendo nel merito alla domanda attorea.

Anche il Ministero della Difesa si è costituito, resistendo alla pretesa dell’odierno ricorrente.

2. All’udienza del 19 marzo 2013 questo giudice, alla luce dell’originaria prospettazione del L. T. e di una memoria da lui depositata in vista di quell’udienza, ha sollevato ex officio il dubbio concernente la legittimazione passiva del Ministero della Difesa ed ha conseguentemente concesso al ricorrente termine per note sia ex art. 101 c.p.c., nonché al fine di replicare alle eccezioni proposte dall’INPS.

Tuttavia la memoria conseguentemente depositata dal L. T. il 22 aprile scorso, se è andata a chiarire il petitum nei riguardi del Ministero, ha reso oscuro in qual guisa la domanda del ricorrente stesso dovesse intendersi proposta nei confronti sia dell’uno che dell’altro convenuto: così da comportare l’assegnazione di un ulteriore termine ex art. 101 c.p.c. per depositare una memoria sulla legittimazione passiva dell’INPS in ordine alla domanda attorea.

Infine all’udienza del 17 settembre 2013 il giudizio è stato trattenuto in decisione, previa discussione orale fra il difensore del L. T. e quello dell’ente previdenziale.

3. Nella predetta memoria depositata il 22 aprile 2013 il ricorrente ha precisato, emendando la domanda originaria, che:

1) “… non vi può essere alcun dubbio sull’obbligatorietà di tale prestazione [ossia l’esatta costituzione della posizione assicurativa] in capo all’ex datore di lavoro pubblico …”;

2) “… non vi può essere dubbio sulla coincidenza tra colui contro il quale la domanda è proposta (Ministero della Difesa) e colui che nella domanda è affermato soggetto passivo del diritto o comunque violatore di quel diritto …”;

3) “… essendo soltanto il Ministero della Difesa obbligato a costituire la posizione assicurativa ai sensi dell’art. 124 D.P.R. n° 1092/73, … non si vede chi altri possa essere il legittimato passivo”;

4) “… mai il Ministero ha revocato in dubbio la propria legittimazione, negando invece il diritto vantato dal ricorrente all’integrazione della contribuzione che esso Ministero dovrebbe versare all’INPS e, specularmente, il proprio correlativo obbligo di versamento dei contributi integrativi”.

Poiché dunque la domanda proposta dal L. T. concerne l’accertamento dell’obbligo del Ministero della Difesa di costituire presso l’INPS una posizione assicurativa commisurata ad una più elevata anzianità contributiva (ossia in misura pari alla maggiorazione di un terzo del numero di anni nei quali il L. T. ha prestato servizio presso l’Aeronautica militare), è palese che in relazione ad essa sussista la giurisdizione di questa Corte: attenendo tale domanda alla misura dell’accantonamento ai fini pensionistici scaturente da un rapporto di pubblico impiego e gravante sulla P.A. datrice di lavoro.

4. Del pari è infondata l’eccezione di attuale carenza di un interesse ad agire sollevata dall’INPS: avendo la Suprema Corte implicitamente chiarito, sia pur pronunciandosi riguardo ad una questione di giurisdizione (Cass. SS.UU. n° 23734/2006), che l’interesse ad agire per l’accertamento dei presupposti sostanziali del proprio futuro diritto a pensione sussiste anche in capo al lavoratore ancora in servizio.

5. Nel merito la pretesa attorea è però infondata.

Innanzitutto ratione temporis, ossia avendo riguardo all’arco temporale lungo il quale si è dipanato il rapporto di pubblico impiego (conclusosi, come evidenziato in precedenza, nel 1996), è applicabile l’art. 124 del T.U.: norma che è stata abrogata soltanto nel 2010 ed il cui primo comma prevedeva che “… si faccia luogo alla costituzione della posizione assicurativa nell’assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale, per il periodo di servizio prestato” quale pubblico dipendente.

Analogo riferimento al “… servizio di volo, prestato …” è contenuto nell’art. 20 del medesimo T.U., laddove viene sancito che quel servizio “… è aumentato di un terzo”. Mentre il successivo art. 40 del T.U. pone la distinzione tra il servizio effettivo e quello utile: quest’ultimo risultante dalla “… aggiunta di tali aumenti …” ai “… servizi e periodi computabili in quiescenza … di cui al precedente capo III” (che è quello in cui è inserito l’art. 20 testé richiamato).

Orbene è impensabile che nel medesimo corpus normativo, tanto più costituente un testo unico (ossia dichiaratamente destinato a ricondurre ad omogeneità una pletora di fonti normative), la medesima locuzione “servizio prestato” sia interpretabile in maniera differente. Talché, posto che l’aumento di un terzo sancito dal citato art. 20 va applicato al “… servizio di volo, prestato …”, alla medesima stregua il
“… periodo di servizio prestato” ex art. 124 in riferimento al quale va costituita la posizione assicurativa corrisponde a quello sul quale sarebbe stato altrimenti applicabile (qualora fosse perdurato l’accantonamento pensionistico quale pubblico dipendente) l’aumento di un terzo e non già quello scaturente da detto aumento.

Né ha pregio la disquisizione attorea riguardo all’avverbio “effettivamente”, siccome non rinvenibile in alcuna delle suddette previsioni normative. E neppure può dedursi alcunché dalla considerazione secondo cui l’art. 128 del T.U. fa precedere il riferimento al “… periodo di servizio prestato” dall’aggettivo “effettivo”: perché tanto meno può postularsi che in quel T.U. convivano tre distinti concetti di “servizio prestato” (ossia quello ex art. 20, quello ex art. 124 e quello di “effettivo servizio prestato”). Laddove, oltretutto, all’art. 40 è enunciata la nozione di “servizio utile”: che sarebbe stato naturale richiamare nell’art. 124 qualora la costituzione della posizione assicurativa ivi prevista la si fosse voluta commisurare al servizio incrementato nelle misure previste dal capo III (e specificamente, per quanto qui interessa, dall’art. 20), anziché al servizio effettivamente prestato.

6. Pienamente conforme alla tesi fin qui esposta è anche l’orientamento delle Sezioni Riunite di questa Corte, quale espresso nella sentenza n° 8/2011 (richiamata anche dal L. T., seppur per contestarne l’applicabilità al caso di specie) concernente l’aumento ex art. 19 del T.U. per il servizio di navigazione: ossia una fattispecie palesemente analoga a quella oggetto della presente controversia.

7. La peculiarità delle questioni trattate ed i contrasti giurisprudenziali anche in tema di giurisdizione rendono sussistenti gravi ed eccezionali ragioni per compensare le spese di lite tra il ricorrente e l’INPS.

P.Q.M.

la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per la Lombardia, definitivamente pronunciando in relazione al giudizio in epigrafe:

1) rigetta la domanda;

2) compensa integralmente fra tutte le parti le spese di lite;

3) fissa il termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza.

Così deciso a Milano nella camera di consiglio del 17 settembre 2013.
IL GIUDICE
(Eugenio Musumeci)


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Posto la qui sotto Sentenza negativa n. 668/2016 emessa dalla Seconda Sez. Centrale d'Appello della Corte dei Conti in merito al titolo del post.

La stessa nel contesto tratta anche l'argomento del servizio utile e servizio effettivo, nonché il famoso art. 54 e 44 pensionistico, ecc. ecc..

Ecco alcuni brani:

1) - Si dà atto, per completezza espositiva, che l’art. 12, comma 12 undecies, del d.l. n. 78 del 31.05.2010, convertito nella legge n. 122 del 30.07.2010, ha abrogato, in sede di conversione, l’art. 124 del d.P.R. n. 1092 del 1973 e l’art. 40 della l. n. 1646 del 1962. Ma l’abrogazione non può produrre effetti per i dipendenti, tra cui rientra l’’odierno ricorrente, cessati dal servizio prima del 31.07.2010, data di entrata in vigore della nuova normativa.

2) - a titolo di esempio, il servizio utile viene considerato dall’art. 54 per la misura della pensione spettante al militare, ma per la misura della pensione spettante al personale civile viene considerato dall’art. 44 solo dopo l’anzianità di quindici anni di servizio effettivo, al fine di determinare gli aumenti spettanti per ogni ulteriore anno di servizio utile;

3) - il servizio utile è poi considerato per il conseguimento del diritto a pensione del personale militare, ma insieme con il servizio effettivo, dal primo comma dell’art. 52, che richiede appunto una anzianità di almeno quindici anni di servizio utile di cui dodici di servizio effettivo;

4) - per l’art. 42, il servizio utile non rileva invece per il conseguimento del diritto alla pensione normale del dipendente civile che cessa dal servizio per raggiungimento del limite di età o per infermità non dipendente da causa di servizio (primo comma) e nei casi di dimissioni, di decadenza, di destituzione e in ogni altro caso di cessazione dal servizio (secondo comma);

5) - il servizio utile non viene parimenti in alcun modo considerato dall’art. 52 per il conseguimento del diritto a pensione da parte dei militari che cessano dal servizio permanente o continuativo a domanda, per decadenza o per perdita del grado (terzo comma) e da parte dei militari non appartenenti al servizio permanente e continuativo (quarto comma);

6) - il significato dell’espressione “servizio prestato”, nell’art. 124, va tratto dalla lettura combinata del medesimo articolo e dell’articolo unico della legge n. 322 del 02.04.1958, in cui per la costituzione della posizione assicurativa viene fatto riferimento al “corrispondente periodo di iscrizione”, senza considerare alcuna maggiorazione per particolari servizi;

7) - ai fini dell’art. 124 del d.P.R. n. 1092 del 1973 viene in rilievo l’art. 8 dello stesso d.P.R., per il quale il computo dei servizi prestati dai militari si effettua dalla data di assunzione del servizio sino a quella di cessazione dal servizio stesso, senza tener conto dei periodi ivi individuati;
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SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 668 27/06/2016
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
SECONDA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 668 2016 PENSIONI 27/06/2016
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE SECONDA GIURISDIZIONALE CENTRALE

composta dai magistrati:
Dott. Stefano IMPERIALI Presidente
Dott. Piero FLOREANI Consigliere
Dott. Giuseppina MAIO Consigliere
Dott. Daniela ACANFORA Consigliere
Dott. Francesca PADULA Consigliere relatore
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

sull’appello, iscritto al n. 47854 del registro generale, proposto dal Sig. CANDIDO Marco, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Alessandra Polonio e Alberto Maria Papadia, elettivamente domiciliato presso lo studio del secondo, in Roma, via Catanzaro, n. 9,
contro il Ministero della Difesa e l’INPS, in persona del legale rappresentante pro-tempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti Antonino Sgroi, Lelio Maritato, Carla D’Aloisio, Emanuele De Rose, Giuseppe Matano, ed Ester Ada Vita Sciplino,
avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna n. 321/2013 del 09.12.2013;

esaminati gli atti e i documenti di causa;

uditi nella pubblica udienza del 09 giugno 2016 il relatore Consigliere Francesca Padula, l’Avv. Alberto Maria Papadia per l’appellante CANDIDO Marco e l’Avv. Filippo Mangiapane, per delega dell’Avv. Antonino Sgroi, per l’INPS, non comparso il Ministero della Difesa.

FATTO

Con la sentenza impugnata la Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna ha respinto il ricorso proposto da Alessandro Filippo Del Giudice, sulla domanda relativa al computo, in sede di costituzione della posizione assicurativa, delle maggiorazioni di servizio previste dall’art. 20 del d.P.R. n. 1092 del 1973. Ha dichiarato, inoltre, il difetto di giurisdizione, in favore del giudice ordinario, sulla domanda concernente la ricongiunzione.

Il ricorrente aveva invocato l’applicazione dell’art. 124, comma 1, del d.P.R. n. 1092/1973. Precisato che i fatti costitutivi del diritto, riguardanti il periodo prestato per il servizio di volo, dal 13.11.1980 al 22.09.1986, erano antecedenti alla norma abrogativa di cui al d.l. 78/2010 convertito in legge 122/2010, aveva osservato che il riferimento al “servizio prestato”, contenuto nella suddetta norma, dovesse intendersi come “servizio utile”, sulla base degli artt. 40 e 128 del medesimo d.P.R. n. 1092/1973.

La Sezione regionale ha:

- respinto l’eccezione di difetto di legittimazione passiva dell’INPS;

- dato applicazione ai principi affermati dalle Sezioni Riunite nella decisione n. 8/2011/QM, del 27 maggio 2011 (ribaditi nella successiva n. 11/2011/QM, del 21 giugno 2011), secondo cui l’espressione “periodo di servizio prestato”, contenuta nell’art. 124, debba intendersi come “servizio effettivo” e non come “servizio utile”;

- escluso sussistessero ragioni per sollevare una nuova questione di massima;

- ritenuto manifestamente infondata la questione relativa alla illegittimità costituzionale dell’art. 124, 1° comma, in relazione agli artt. 3 e 38 della Costituzione,

- dichiarato il difetto di giurisdizione sulla domanda di ricongiunzione degli anni di servizio di aeronavigazione nel Fondo Volo istituito presso l’INPS (l. n. 859/1965), nonché sulla determinazione del relativo onere, ai fini del trattamento di quiescenza da erogarsi nell’ambito del sistema pensionistico privato.

Ha proposto appello il Candido, depositato il 03.07.2014, per il seguente motivo:

- violazione e falsa applicazione degli artt. 124, comma 1, 20 e 40 del d.P.R. n. 1092/1973, della l. n. 322/1958 e dell’art. 2 l. 29/1979; carenza di motivazione.

L’appellante, premesso che nessuna argomentazione difensiva è stata presa in considerazione dal primo giudice, ha dedotto che:

- il legislatore, nel citato art. 124, nell’individuazione del periodo da considerare, non ha fatto riferimento al servizio “effettivamente” prestato, ma ha utilizzato una formula più generica ed ampia, dove il significato di “prestato” va inteso come complessivo servizio rilevante ai fini pensionistici, con esclusione soltanto di quei periodi, come ad es. l’aspettativa per motivi di salute, non computabili nell’anzianità di servizio.
Posto che l’art. 40 ha ben distinto il servizio “effettivo” dal servizio “utile”, ha ritenuto che se nell’art. 124 il legislatore avesse voluto considerare soltanto il servizio “effettivo”, l’avrebbe detto espressamente, come è accaduto in altra norma in materia di costituzione della posizione assicurativa, ossia nell’art. 128;

- il nuovo codice dell’ordinamento militare, nel confermare integralmente il disposto di cui all’art. 124, ha recepito detta interpretazione;

- la finalità dell’istituto è quella di trasferire nell’assicurazione generale obbligatoria il complessivo “patrimonio previdenziale”, senza che rilevino le vicende successive alla cessazione dal servizio militare;

- il diritto all’integrità della posizione assicurativa è stato riconosciuto dalla Cassazione (nn. 5767/02 e 6772/02), dalla Corte costituzionale (n. 374/1997) e da pronunce della sezione Lazio (nn. 100 e 182/2013);

- il suddetto diritto è esercitabile anche quando l’assicurato si avvale della facoltà di cui all’art. 2 della l. n. 29/1979, che ha superato l’art. unico della l. 322/1958, sul quale le SSRR hanno fondato la loro decisione

L’appellante ha quindi riproposto la questione relativa alla sussistenza della violazione degli artt. 3 e 38 della Costituzione.

Precisato che nel fondo volo ove è iscritto il ricorrente esistono ipotesi di aumento dell’efficacia della contribuzione simile a quella presente per la disciplina militare, ha rilevato che l’interpretazione avversata comporta disparità di trattamento in quanto verrebbero riconosciuti o meno benefici conseguenti a prestazioni lavorative, ugualmente usuranti, prestate nei medesimi periodi e nelle stesse condizioni, a seconda dell’ordinamento previdenziale nel quale nasce il diritto a pensione.

Ha evidenziato anche che, in considerazione dell’armonizzazione del sistema pensionistico, e della soppressione dell’INPDAP, è irrazionale, oltre che in contrasto con l’art. 38 Cost., discriminare i servizi, a seconda che la pensione fosse stata concessa dall’INPS o dall’ex INPDAP, ovvero erogata in regime pensionistico contributivo (nel caso delle pensioni INPS) o retributivo puro (pensioni ex INPDAP).

Ha concluso chiedendo, in parziale riforma della sentenza, dichiarare il diritto al computo del periodo di servizio prestato dal 02.01.1984 al 15.04.1994 presso il Ministero della Difesa, con valorizzazione delle maggiorazioni previste dall’art. 20 del d.P.R. n. 1092/1973 in sede di costituzione della posizione assicurativa e di ricongiunzione; in subordine, ha chiesto, in relazione ai motivi di dissenso alla decisione n. 8/2011/QM delle Sezioni Riunite, di rimettere la questione alle Sezioni Riunite; in caso si ritenesse di condividere il principio di diritto già delineato dall’organo nomofilattico, ha chiesto dichiararsi rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 124, comma 1, del d.P.R. n. 1092/1973, per contrasto con gli artt. 3 e 38, commi 2 e 4, della Costituzione, nella parte in cui prevede che si faccia luogo alla costituzione della posizione assicurativa nell’AGO-VIS presso l’INPS, in relazione ai periodi che danno luogo agli aumenti nel computo dei servizi di cui agli artt. 18-28 del d.P.R. n. 1092/1973 (Titolo II, capo III, Parte I), anziché per il periodo di servizio utile, spese e compensi di lite rifusi.

Con memoria depositata trasmessa a mezzo PEC il 27.05.2016 si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa, osservando che gli aumenti di servizio, sebbene rilevanti ai fini della misura della pensione e dell’indennità una tantum, non si possono trasferire all’AGO e non possono essere valutati per la costituzione della posizione assicurativa. Una diversa interpretazione comporterebbe disparità di trattamento tra i militari in servizio permanente e i militari volontari in ferma, cui, ai sensi dell’art. 128 del d.P.R. n. 1092/1973, sostituito dall’art. 1861, comma 2, del d. lgs. n. 66/2010, ai fini della costituzione della posizione assicurativa, viene valorizzato il solo effettivo periodo di servizio prestato. Ha osservato che, accogliendo la tesi proposta da parte avversa, non potrebbe mai realizzarsi, restando priva di giustificazione, l’eventualità delineata dall’art. 124, comma 2, ovvero che l’importo dei contributi da versare all’INPS risulti inferiore all’indennità una tantum.

Ha richiamato copiosa giurisprudenza.

Ha chiesto il rigetto dell’appello con vittoria delle spese e competenze di lite, quantificate forfettariamente in € 1.000,00.

Si è costituito in giudizio l’INPS, con nota depositata il 17.05.2011, rilevando che l’appellante non ha apportato alcun elemento diverso rispetto a quelli già analizzati dalle numerose decisioni sulla questione, sulla quale si è creato un orientamento da considerarsi diritto vivente. Ha chiesto il rigetto del gravame e la conferma della sentenza impugnata, con vittoria di spese, competenze ed onorari.

Con memoria depositata il 30.05.2016 parte appellante.

- ha confermato la fondatezza della pretesa del ricorrente:

- ha ribadito l’irragionevolezza dell’identificazione del servizio prestato con il servizio effettivo, soprattutto in considerazione dell’inesistenza di una differenziazione tra i due regimi pensionistici, pubblico e privato;

- ha insistito anche circa il contrasto con l’art. 38, commi II e IV della Costituzione;

- ha chiesto disporsi il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ex art. 267, III comma, TFUE, per la violazione del divieto di discriminazione di cui agli articoli 14 della Convenzione per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, 21 della carta dei diritti fondamentali dell’UE e 10 del TFUE, “in ordine all’interpretazione dell’art. 2, paragrafi 1 e 2, e dell’art. 6 della direttiva del Consiglio 2000/78/CE del 27.11.2000, per richiedere se tali norme debbano essere interpretate nel senso che ostano ad una disposizione nazionale, l’art. 124 del d.P.R. n. 1092/1973, la quale consenta la maturazione del diritto a pensione ad una età più elevata a parità di durata e condizioni del rapporto di lavoro”.

Nella pubblica udienza l’Avv. Alberto Maria Papadia per l’appellante e l’Avv. Filippo Mangiapane per l’INPS si sono riportati agli atti scritti, confermando le conclusioni ivi contenute.

DIRITTO

Si premette che sulla domanda relativa alla ricongiunzione dei servizi in applicazione dell’art. 2 della legge n. 29 del 1979, si è formato il giudicato sulla statuizione di difetto di giurisdizione, non impugnata dall’appellante.

Quest’ultimo, infatti, pur conclusivamente chiedendo, nell’atto di gravame, il computo delle maggiorazioni di cui all’art. 20 del d.P.R. n. 1092/1973 in sede non solo di costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS, ma anche “di ricongiunzione”, non ha proposto motivi di appello al fine di avversare la statuizione pregiudiziale del giudice regionale.

L’appello è infondato.

Il citato articolo 20, inserito nel titolo secondo, capo terzo, intitolato “aumenti nel computo dei servizi”, dispone che “il servizio di volo, prestato con percezione delle relative indennità mensili, è aumentato di un terzo”.

Quindi l’articolo 40, primo comma, inserito nel capo V del medesimo titolo secondo, chiarisce che “per gli effetti previsti dal presente testo unico, la somma dei servizi e periodi computabili in quiescenza, considerati senza tener conto degli aumenti di cui al precedente capo III, costituisce il servizio effettivo;

con l'aggiunta di tali aumenti, costituisce il servizio utile”;

L’articolo 124, primo comma, stabilisce che “qualora il dipendente civile ovvero il militare in servizio permanente o continuativo cessi dal servizio senza aver acquistato il diritto a pensione per mancanza della necessaria anzianità di servizio, si fa luogo alla costituzione della posizione assicurativa nell'assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti presso l'Istituto nazionale della previdenza sociale, per il periodo di servizio prestato”.

Anteriormente all’entrata in vigore del citato d.P.R., l’articolo unico della l. 322 del 02.04.1958 prevedeva che ”In favore dei lavoratori iscritti a forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti o ad altri trattamenti di previdenza che abbiano dato titolo all'esclusione da detta assicurazione, dev'essere provveduto, quando viene a cessare il rapporto di lavoro che aveva dato luogo alla iscrizione alle suddette forme o trattamenti di previdenza senza il diritto a pensione, alla costituzione, per il corrispondente periodo di iscrizione, della posizione assicurativa nella assicurazione obbligatoria per l'invalidità, le vecchiaia e i superstiti, mediante versamento dei contributi determinati secondo le norme della predetta assicurazione”.

Ai sensi dell’art. 40 della L. n. 1646 del 22.11.1962 “La costituzione della posizione assicurativa nell'assicurazione obbligatoria per l'invalidità, la vecchiaia e i superstiti, prevista dalla legge 2 aprile 1958, n. 322, si effettua, per il personale dipendente da Amministrazioni statali… purché si tratti di periodi per i quali vi sia stata effettiva prestazione di lavoro subordinato e a condizione che tali periodi non siano coperti da contribuzione nell'assicurazione predetta”.

Da ultimo l’art. 1861 del d.lgs. n. 66 del 15.03.2010, che ha approvato il “Codice dell’ordinamento militare”, ha rivitalizzato l’istituto, prevedendo che “la costituzione della posizione assicurativa per il militare in servizio permanente è effettuata ai sensi dell’art. 124 del decreto del Presidente della Repubblica 29 dicembre 1973, n. 1092”.

Si dà atto, per completezza espositiva, che l’art. 12, comma 12 undecies, del d.l. n. 78 del 31.05.2010, convertito nella legge n. 122 del 30.07.2010, ha abrogato, in sede di conversione, l’art. 124 del d.P.R. n. 1092 del 1973 e l’art. 40 della l. n. 1646 del 1962. Ma l’abrogazione non può produrre effetti per i dipendenti, tra cui rientra l’’odierno ricorrente, cessati dal servizio prima del 31.07.2010, data di entrata in vigore della nuova normativa.

Sulla questione si sono pronunciate le Sezioni Riunite di questa Corte, di cui è nota la funzione nomofilattica, le quali, con sentenza n. 8/QM del 27.05.2011, in sede di risoluzione di questione di massima, aderendo all’orientamento di parte della giurisprudenza di questa Corte che respingeva pretese analoghe a quella all’odierno esame, hanno affermato che “Ai fini della costituzione della posizione assicurativa prevista dall’art. 124, comma 1, del d.P.R. n. 1092 del 29.12.1973, l’espressione <periodo di servizio prestato>, ivi contenuta, deve intendersi come <servizio effettivo> e non come <servizio utile>”.

Hanno osservato le Sezioni Riunite che:

- il servizio utile cui fa riferimento l’art. 40 del d.P.R. n. 1092 del 1973, comprensivo delle maggiorazioni riconosciute per particolari servizi, non è un servizio rilevante a tutti gli effetti pensionistici in sostituzione di quello effettivo, come avverrebbe se si trattasse di un intangibile patrimonio previdenziale;

- in tutti i casi in cui il d.P.R. n. 1092 del 1973 si riferisce, per un qualche effetto pensionistico, al servizio prestato dal dipendente civile o militare, è la stessa disposizione che precisa se si tratti di servizio “effettivo” ovvero di servizio “utile”;

- a titolo di esempio, il servizio utile viene considerato dall’art. 54 per la misura della pensione spettante al militare, ma per la misura della pensione spettante al personale civile viene considerato dall’art. 44 solo dopo l’anzianità di quindici anni di servizio effettivo, al fine di determinare gli aumenti spettanti per ogni ulteriore anno di servizio utile; il servizio utile è poi considerato per il conseguimento del diritto a pensione del personale militare, ma insieme con il servizio effettivo, dal primo comma dell’art. 52, che richiede appunto una anzianità di almeno quindici anni di servizio utile di cui dodici di servizio effettivo;

per l’art. 42, il servizio utile non rileva invece per il conseguimento del diritto alla pensione normale del dipendente civile che cessa dal servizio per raggiungimento del limite di età o per infermità non dipendente da causa di servizio (primo comma) e nei casi di dimissioni, di decadenza, di destituzione e in ogni altro caso di cessazione dal servizio (secondo comma); il servizio utile non viene parimenti in alcun modo considerato dall’art. 52 per il conseguimento del diritto a pensione da parte dei militari che cessano dal servizio permanente o continuativo a domanda, per decadenza o per perdita del grado (terzo comma) e da parte dei militari non appartenenti al servizio permanente e continuativo (quarto comma);

- il significato dell’espressione “servizio prestato”, nell’art. 124, va tratto dalla lettura combinata del medesimo articolo e dell’articolo unico della legge n. 322 del 02.04.1958, in cui per la costituzione della posizione assicurativa viene fatto riferimento al “corrispondente periodo di iscrizione”, senza considerare alcuna maggiorazione per particolari servizi;

- ai fini dell’art. 124 del d.P.R. n. 1092 del 1973 viene in rilievo l’art. 8 dello stesso d.P.R., per il quale il computo dei servizi prestati dai militari si effettua dalla data di assunzione del servizio sino a quella di cessazione dal servizio stesso, senza tener conto dei periodi ivi individuati;

- la differente formulazione contenuta nell’art. 128, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973, si spiega considerando che detto articolo “…ha riprodotto pedissequamente l’art. 6, comma 1, della legge n. 447 del 10.6.1964 sulla costituzione della posizione assicurativa INPS per i <volontari dell’Esercito, della Marina e dell’Aeronautica>: una disposizione ove era appunto già contenuta l’espressione <per l’effettivo periodo di servizio prestato>. Si tratta pertanto di una tralatizia ridondanza priva in realtà di effetti pratici, in quanto sia per la costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS a favore dei militari in servizio permanente e continuativo, che per l’analoga costituzione di posizione assicurativa a favore di volontari, il d.P.R. n. 1092 del 1973 intende comunque riferirsi al servizio realmente, in concreto, effettivamente prestato, senza alcuna maggiorazione in ragione della particolare gravosità di alcuni servizi”.

Il principio in diritto stabilito medesime nella decisione dell’organo nomofilattico presenta carattere generale cogente (art 1, comma 7 della legge 14 gennaio 1994, n. 19, come integrato dall’art. 42, comma 2 della legge 18 giugno 2009, n. 69) per tutti i Giudici di primo e secondo grado, che siano chiamati a decidere in controversie nelle quali quel principio risulti direttamente rilevante ed applicabile.

E’ sì prevista l’attivazione del procedimento di motivato dissenso, ma sul presupposto della non condivisione della massima in diritto, come definita dalle Sezioni riunite all’esito di un antecedente deferimento, per rimettere la decisione alle Sezioni riunite, sulla base di ulteriori argomentazioni che giustifichino una riconsiderazione da parte dell’organo nomofilattico (C. conti, SS.RR. n. 8/QM/2010 del 13.10.2010; id. n. 12/QM/2011 del 03.08.2011).

Non si ravvisano ragioni per una tale rimessione, trattandosi di principio già affermato e confermato da questa Sezione (Sez. II n. 235 del 09.07.2008, n. 426 del 25.10.2010, n. 165 del 28.03.2011; n. 419 del 19.04.2016) e che il Collegio condivide pienamente (si vedano anche le sentenze della Sez. I, nn. 64 del 22.01.2015 e 138 dell’11.02.2015, che hanno annullato rispettivamente le decisioni della sezione Lazio nn. 100 e 182 del 2013 citate dall’appellante).

Dunque non sussiste la asserita lesione della posizione assicurativa posseduta dal ricorrente nell’ambito della gestione di provenienza, per effetto della determinazione della predetta senza aumento nel computo dei servizi, in relazione al servizio di volo prestato.

Va ancora osservato che l’art. 124 del d.P.R. 1092/1973 non si appalesa censurabile per violazione di principi costituzionali.

Non risulta contrasto con l’art. 3, non riscontrandosi l’asserita identità delle situazioni oggetto di diversa disciplina.

In primis non rileva il richiamo effettuato dall’appellante alla sentenza della Corte costituzionale n. 113 del 09.05.2011, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale del combinato disposto del quinto comma dell’art. 124 del d.P.R. n. 1092 del 1973 e dell’art. 40 della legge n. 1646 del 1962, “nella parte in cui, per i periodi di studi che sono stati oggetto di riscatto ai sensi e per gli effetti dell’art. 13 del citato d.p.r. 29 dicembre 1973 n. 1092 - subordinano la costituzione della posizione assicurativa nell’assicurazione obbligatoria per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti, alla condizione che, per gli stessi periodi, <vi sia stata effettiva prestazione di lavoro subordinato>”.

Come osservato nella più volte citata sentenza n. 8/2011/QM, “Si tratta infatti di disposizioni che attengono ai < servizi computabili a domanda> - questione diversa da quella qui in esame - e comunque la sentenza della Corte costituzionale ne ha dichiarato l’illegittimità costituzionale solo in parte, in vista di particolari finalità:< incentivare l’accesso nella pubblica amministrazione di personale idoneo per preparazione e cultura>, <evitare la penalizzazione dei lavoratori che abbiano dovuto ritardare l’inizio della loro attività onde acquisire il titolo necessario per essere ammessi all’impiego>”.

Inoltre, va considerato che, come puntualizzato sempre dalle Sezioni Riunite, la diversità della disciplina si giustifica per il mutamento “di regime cui era soggetto, e in parte lo è ancora, il militare passato dal regime pensionistico< pubblico> a quello <privato>”.

Aggiunge il Collegio che, in relazione ai precetti di cui agli artt. 3 e 38 Cost., “costante giurisprudenza costituzionale …ha …riconosciuto, la legittimità del pluralismo dei diversi regimi previdenziali, escludendo la comparabilità dei trattamenti pensionistici delle varie categorie professionali, e in particolare di quelli spettanti ai dipendenti privati rispetto al regime previsto per i dipendenti di enti pubblici…” (così Cass. Sez. Un., n. 14254 del 07.07.2005, che cita: Corte cost. 25 febbraio 1988 n.220, 7 aprile 1988 n.408, 19 aprile 1990 n.217, 6 marzo 1995 n.78).

D’altro canto la gradualità e tendenzialità della armonizzazione risulta chiaramente dall’art. 2, comma 23, della l. di riforma n. 335 dell’8.08.1995, che contiene delega al Governo ad emanare per il personale in regime di diritto pubblico norme di armonizzazione ai principi ispiratori della legge “secondo criteri coerenti e funzionali alle obiettive peculiarità ed esigenze dei rispettivi settori di attività dei lavoratori medesimi”.

Ed in effetti il percorso in questione non può dirsi a tutt’oggi esaurito: la stessa attribuzione all’INPS delle funzioni degli enti soppressi ex art. 21 del d.l. n. 201 del 2011, non va di pari passo con l’obiettivo di convergenza e armonizzazione del sistema pensionistico, al quale pure contribuisce, ma per un aspetto precipuamente legato al miglioramento dell’efficienza dell’amministrazione attraverso la riduzione dei costi degli apparati (questa Sezione, n. 48 del 14.02.2014).

Nessun vulnus all’art. 38 della Costituzione può affermarsi, tenuto conto che la limitazione costituisce un contrappeso rispetto alla finalità propria della costituzione della posizione assicurativa, di tutela previdenziale in favore del lavoratore che cessi dal servizio senza diritto a pensione, al quale è garantita la possibilità di beneficiare, in presenza ovviamente delle previste condizioni, di un trattamento pensionistico, secondo le regole dell'assicurazione generale obbligatoria.

All’esclusione del prospettato vulnus si perviene anche tenendo conto che appartiene alla discrezionalità del legislatore, col solo limite della evidente irrazionalità, nella specie non riscontrabile, stabilire la misura dei trattamenti di quiescenza e le variazioni dell'ammontare delle prestazioni, attraverso un bilanciamento dei valori contrapposti (ex multis, C. cost., sent. n. 316 dell’11.11.2010).

Anche la richiesta di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea va respinta.

Innanzitutto va precisato che la non riconducibilità al diritto comunitario delle norme CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) implica la non operatività dei meccanismi di disapplicazione del diritto interno contrastante e di interpretazione, che si impongono invece al giudice, al cospetto di leggi nazionali e regionali incompatibili con norme comunitarie aventi efficacia diretta (C.cost., ordinanza n. 103 del 15.04.2008).

Il Collegio, sul punto, si limita a rammentare che la Corte costituzionale ha affermato, nella sentenza n. 113 del 07.04.2011 (riprendendo l’opzione interpretativa di cui alle sentenze della Consulta nn. 348 e 349 del 24.10.2007), come<< …le norme della CEDU – nel significato loro attribuito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, specificamente istituita per dare a esse interpretazione e applicazione (art. 32, paragrafo 1, della Convenzione) – integrino, quali “norme interposte”, il parametro costituzionale espresso dall’art. 117, primo comma, Cost., nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli “obblighi internazionali” (sentenze n. 1 del 2011; n. 196, n. 187 e n. 138 del 2010; n. 317 e n. 311 del 2009, n. 39 del 2008).
Prospettiva nella quale, ove si profili un eventuale contrasto tra una norma interna e una norma della CEDU, il giudice comune deve verificare anzitutto la praticabilità di una interpretazione della prima in senso conforme alla Convenzione, avvalendosi di ogni strumento ermeneutico a sua disposizione; e, ove tale verifica dia esito negativo – non potendo a ciò rimediare tramite la semplice non applicazione della norma interna contrastante – egli deve denunciare la rilevata incompatibilità, proponendo questione di legittimità costituzionale in riferimento all’indicato parametro>>.

Il quadro, come accennato nella sentenza citata n. 113/2011, non risulta mutato con la sopravvenienza del Trattato di Lisbona del 13 dicembre 2007, ratificato e reso esecutivo con legge 2 agosto 2008, n. 130, che modifica il Trattato sull’Unione europea ed il Trattato che istituisce la Comunità europea.

Il Collegio richiama la sentenza della Consulta (sent. n. 80 dell’11.03.2011) in cui è stato spiegato, con riferimento al nuovo art. 6 del Trattato UE, paragrafi 2 e 3, le ragioni per cui restano fermi, dopo il Trattato di Lisbona, i principi già enunciati dal giudice delle leggi in ordine ai rapporti tra ordinamento nazionale e norme CEDU.

Per quanto riguarda, invece, la violazione delle norme comunitarie, nel caso di specie della richiamata direttiva del Consiglio 2000/78/CE del 27.11.2000, che afferma il principio generale di non discriminazione in materia di occupazione, condizioni di lavoro e prestazioni di sicurezza sociale assimilate alla retribuzione, occorre considerare che l’obbligo di rinvio pregiudiziale, finalizzato alla interpretazione delle disposizioni del diritto comunitario, che fa capo al giudice le cui decisioni non sono impugnabili, non è assoluto, ma relativo, e sussiste, come affermato dalla Corte di Giustizia dell’Unione Europea (sin dalla sentenza CGUE 06.10.1982, Soc. Cilfit, C 283/81), quando:

- la questione esegetica è rilevante per il giudizio;

- essa non è già stata valutata dalla CGUE;

- il giudice abbia accertato che la corretta applicazione del diritto comunitario non dà adito a ragionevoli dubbi;

- la soluzione non è ricavabile da una costante giurisprudenza della CGUE, anche ove non sussista stretta identità di materia.

Ebbene, osserva il Collegio, valorizzando quest’ultimo profilo, che è pacifico nella giurisprudenza della Corte del Lussemburgo che il diritto dell’Unione rispetta la competenza degli Sati membri ad organizzare i propri sistemi previdenziali e che, in mancanza di un’armonizzazione al livello di Unione Europea, spetta alla normativa di ogni Stato nazionale determinare le condizioni per la concessione delle prestazioni in materia previdenziale (CGUE 14.04.2015, L. C. Fernandez, C 527/13 e numerosi precedenti ivi richiamati).

Alla luce dei suddetti principi la questione interpretativa può essere superata, dovendosi escludere che l’art. 124 del d.P.R. n. 1092/1973 integri una misura anche indirettamente discriminatoria, sotto il profilo rilevato dall’appellante, in quanto il conseguimento del diritto a pensione ad un’età più avanzata, rispetto al lavoratore che è rimasto alle dipendenze del Ministero della Difesa, costituisce un naturale effetto della disciplina discrezionalmente posta dal legislatore nazionale, che ben può porre norme in materia pensionistica che penalizzino una categoria di beneficiari in determinate situazioni (nella specie, in ragione del passaggio al servizio civile).

Alla luce delle svolte considerazioni, dichiarata manifestamente infondata la dedotta questione di legittimità costituzionale, respinta l’istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea, l’appello va rigettato in quanto infondato.

L’appellante Candido Marco va condannato, in ragione della soccombenza, al pagamento delle spese di giudizio, che si liquidano in € 1.500,00 in favore dell’INPS ed in € 300,00, in favore del Ministero della Difesa.

P.Q.M.

la Corte dei conti, Sezione Seconda Giurisdizionale Centrale,
RESPINGE l’appello avverso la sentenza della Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna n. 321/2013 del 09.12.2013,

CONDANNA l’appellante CANDIDO Marco al pagamento delle spese di giudizio, che si liquidano in € 1.500,00 in favore dell’INPS ed in € 300,00, in favore del Ministero della Difesa.

Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 09 giugno 2016.
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
(Francesca PADULA) (Stefano IMPERIALI)
f.to Francesca PADULA f.to Stefano IMPERIALI


Depositata in Segreteria il 27 giugno 2016


IL DIRIGENTE
(Dr.ssa Daniela D’AMARO)
f.to Daniela D’AMARO

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grazie.
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Re: apertura d'ufficio posizione assicurativa presso inps

Messaggio da panorama »

La 3^ Sez. d'Appello della Corte dei Conti, nello stesso anno, ha rigettato diversi ricorsi per il medesimo motivo del post
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TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 420 22/08/2016
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 420 2016 PENSIONI 22/08/2016
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
TERZA SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO

Composta dai seguenti magistrati:
Enzo Rotolo Presidente
Giuseppa Maneggio Consigliere
Elena Tomassini Consigliere
Giovanni Comite Consigliere
Giuseppe Di Benedetto Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso in appello iscritto al numero 46034 del registro di Segreteria della Sezione Terza Giurisdizionale di Appello, proposto da Rizzi Luca, nato il ......., rappresentato e difeso dall’avv. Alessandra Polonio e dall’avv. Alberto Maria Papadia ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in Roma alla via Catanzaro n. 9.

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore,

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.), rappresentato e difeso dagli avvocati, Antonino Sgroi, Lello Maritato, Carla d’Aloisio, Emanuele De Rose, Giuseppe Matano e Ester Ada Vita Sciplino,

per la riforma della sentenza n. 273/2012 della Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Emilia Romagna.


Visti il ricorso e tutti gli atti e i documenti di causa;
Uditi, all'udienza del 10 giugno 2016, con l'assistenza della Segretaria Signora Gerarda Calabrese, il Cons. relatore Giuseppe Di Benedetto, l'Avv. Alberto Maria Papadia per l’appellante, l’avv. Lidia Carcavallo per l’I.N.P.S. e il dott. Michele Grisolia per il Ministero della Difesa,


FATTO

1.Con l’impugnata sentenza, n. 273/2012, la Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna ha respinto il ricorso col quale il sig. Rizzi Luca – ex Ufficiale della Marina Militare - aveva chiesto la declaratoria del diritto:

• al computo, ai fini della costituzione della posizione assicurativa presso l'INPS, dell’aumento di servizio di cui all'art. 20 del d.P.R. n. 1092 del 1973; ciò in riferimento al servizio prestato con la percezione dell’indennità di aeronavigazione;

• alla determinazione dell’onere di ricongiunzione con detrazione degli interessi ai sensi dell’art. 2, II comma L. 29/1979, con condanna dell’INPS a provvedere alla conseguente riliquidazione del suddetto onere, ed alla restituzione al ricorrente delle maggiori somme nel frattempo eventualmente versate, con interessi e rivalutazione.

1.1 La Corte territoriale adita ha ritenuto il ricorso non meritevole di accoglimento, nella parte volta all’accertamento del diritto al computo, in sede di costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS, della maggiorazione di servizio prevista dall’art. 20 del d.P.R. n. 1092 del 1973, e inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito giudice nella restante parte, relativa alla rideterminazione della ricongiunzione ex legge n. 29 del 1979 dei servizi presso l’INPS ed all’esatto computo dell’onere contributivo, spettandone la cognizione al giudice ordinario.

2. Il sig. Rizzi Luca ha interposto appello avverso tale pronuncia assumendone l’erroneità e deducendo:

• la violazione e falsa applicazione degli artt. 124, I comma, 20, e 40 del d.P.R. n. 1092 del 1973, dell'art. 2 della legge n. 29 del 1979 e la carenza di motivazione, poiché la decisione impugnata si era supinamente adeguata alle decisioni n. 8/2011/Q.M. e 11/2011/QM delle Sezioni Riunite di questa Corte dei conti;

• la contrarietà della disposizione come interpretata con l’identificazione del servizio “prestato” con il servizio “effettivo”, agli artt. 3, 1 comma, e 38, commi 2 e 4, della Costituzione;

concludendo con la richiesta, in parziale riforma della sentenza gravata, di declaratoria del diritto dell’appellante al computo del periodo di servizio prestato presso il Ministero della Difesa dal 5.10.1987 al 25.06.1999 secondo le maggiorazioni previste dall'art. 20 del d.P.R. n. 1092 del 1973 e, in via gradata, di rimettere la decisione del giudizio alla Sezioni Riunite, con vittoria di spese.

2.1 Con ulteriore memoria depositata 31 maggio 2016 Parte attrice ha illustrato i motivi di appello e proposto istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ex art. 267, 3 comma TFUE.

3. L’ I.N.P.S. si è costituito in giudizio e con memoria depositata in data 17.05.2016 ha sostenuto l’infondatezza dell’appello evidenziando che il ricorso si pone in contrasto con un orientamento giurisprudenziale costante e consolidato. Ha, pertanto, concluso con la richiesta di reiezione del ricorso, con condanna dell’appellante ai sensi dell’art. 92 cpc.

4. Il Ministero della Difesa si è costituito in giudizio con memoria depositata in data 30.05.2016 con la quale ha sostenuto l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto la reiezione, con vittoria di spese.

5. All’udienza del 10 giugno 2016, dopo l’esposizione introduttiva del Giudice relatore, l’Avv. Alberto Maria Papadia ha insistito per l’accoglimento dell’appello, mentre l’Avv. Carcavallo, per l’INPS, e il dott. Grisolia per il Ministero per la sua reiezione, entrambi con vittoria di spese. La causa è stata quindi trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. La questione posta all’esame del Collegio ha formato oggetto di pronuncia delle SS.RR. di questa Corte che, con le decisioni n. 8QM/2011 e n. 11QM/2011 che hanno, rispettivamente, affermato i seguenti principi di diritto:

• “Ai fini della costituzione della posizione assicurativa prevista dall’art. 124, comma 1, del d.P.R. n. 1092 del 29.12.1973, l’espressione <periodo di servizio prestato>, ivi contenuta, deve intendersi come <servizio effettivo> e non come <servizio utile>” (8QM/2011);

• “All’ufficiale cessato dal servizio permanente effettivo senza aver maturato i requisiti di accesso al trattamento pensionistico normale, non spetta, ai fini della costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS prevista dall’art. 124 del d.P.R. n. 1092 del 29.12.1973, l’aumento del quinto del periodo di servizio prestato con percezione dell’indennità di istituto, previsto dall’art. 3 della legge n. 284 del 27.5.1977” (11QM/2011).

1.1 Alla luce della autorevole e condivisibile giurisprudenza richiamata si deve ritenere che gli aumenti di favore non possano essere valorizzati ai fini della costituzione della posizione (quale ricongiunzione dei servizi) assicurativa presso l'Inps e che, in particolare, la maggiorazione riconosciuta dagli artt. 2 e 17 della legge 5 maggio 1976 n. 187, in applicazione dell'art. 124 del D.P.R. n. 1092 del 1973, non possa partecipare alla costituzione della posizione assicurativa presso l'Inps, ma sia valutabile soltanto ai fini della liquidazione dell'indennità una tantum prevista dallo stesso art. 124 cit.

2. Non meritevole di accoglimento si appalesa poi la richiesta di parte ricorrente di una nuova rimessione alle Sezioni Riunite non sussistendo alcun contrasto orizzontale tra le Sezioni di appello che la legittimerebbe, giacché, i principi di diritto affermati dall'Organo di nomofilachia sono stati costantemente osservati (II Sezione n. 406, 2011; Sez. III nn. 778/2011, ex pluribus).

3.Vanno poi disattese anche le questioni circa l'asserito contrasto del complesso normativo, così come interpretato, con l'art. 3 e l'art. 38 della Costituzione.

Sotto il primo profilo, il ricorrente lamenta la disparità di trattamento rispetto al dipendente del Ministero della Difesa, per il quale vi sarebbe la valorizzazione massima del servizio svolto con l'aumento per l'indennità di aeronavigazione, rispetto a quello che – come nella specie – cessato senza diritto a pensione, ha effettuato il ricongiungimento dei servizi svolti presso l'INPS. Il ricorrente sottolinea che tale disparità di trattamento è ancora più evidente alla luce della convergenza e armonizzazione del sistema pensionistico attraverso l'applicazione del metodo contributivo e della soppressione dell'INPDAP confluito nell'INPS.

La relativa questione, benché rilevante, non è “non manifestamente infondata”. La disparità di trattamento presuppone situazioni sovrapponibili, mentre, nella specie, è evidente la differenza tra la condizione del dipendente del Ministero della Difesa che ha conseguito il diritto a pensione rispetto a quello dimissionario per accedere ad altro impiego (privato) sulla base di una valutazione di convenienza, e al quale, sulla base della valutazione del servizio prestato con la supervalutazione è stata già erogata l'indennità una tantum; del tutto differente è, inoltre, il regime pensionistico di riferimento, anche se attualmente erogato dallo stesso INPS, però in gestioni diverse e con norme di riferimento differenti. Del resto, la giurisprudenza di questa Corte, sopra citata, con motivazione che qui si condivide, ha ritenuto non lesiva del diritto di eguaglianza la scelta di sottoporre soggetti collocati a riposo in regimi previdenziali diversi a una disciplina differenziata.

3.1 Non si ravvisa, poi, il contrasto dell'art. 124 – nell'interpretazione ormai consolidata - con l'art. 38 della Costituzione, perché la Corte costituzionale ha sempre ribadito che, ferme la proporzionalità e l'adeguatezza della pensione rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato e alle esigenze di vita del lavoratore e della sua famiglia, spetta alla discrezionalità del legislatore determinarne le modalità di attuazione (sentenze nn. 531/2002, 457/1998, 173/1986).

Nè in questa sede, peraltro, è stata dedotta la rilevanza di tale contrasto, poiché non è stato documentato che la pensione erogabile al ricorrente sia, in concreto, in contrasto con tali principi di proporzionalità e adeguatezza.

4. Infine, l'appellante, nella memoria conclusionale, fa istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea ai sensi dell'art. 267 TFUE (Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea) che prevede che le giurisdizioni nazionali di ultima istanza, le cui decisioni non possono essere oggetto di ricorso, hanno l'obbligo di adire la Corte di Giustizia per la richiesta di un rinvio pregiudiziale per chiarire la portata di una norma di diritto della U.E., salvo nel caso in cui esista una giurisprudenza della Corte in materia o nel caso in cui l'interpretazione della norma di diritto dell' U.E. sia evidente.

L'istanza non può essere accolta, mancandone i presupposti.

Si rileva, infatti, che il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia è ammissibile:

• con riguardo all'interpretazione di una norma comunitaria e non di diritto interno, poiché quest'ultima spetta in via esclusiva al giudice nazionale;

• quando non sussista una giurisprudenza già consolidata della Corte di Giustizia ovvero un'interpretazione evidente della norma di diritto dell'U.E.,
circostanze non ravvisabili nella fattispecie.

5. Le spese legali seguono la soccombenza e vengono determinate in € 500,00 in favore di ciascuna delle parti resistenti. Nulla è dovuto per le spese di giudizio.

P.Q.M

La Corte dei conti, Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello, definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette, rigetta l’appello nel merito.

Le spese legali seguono la soccombenza e vengono liquidate in € 500,00 in favore di ciascuna delle parti resistenti.

Nulla per le spese di giudizio
Manda in Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 10 giugno 2016.
L'estensore Il Presidente
F.to Giuseppe Di Benedetto F.to Enzo Rotolo


Depositata in Segreteria il 22 Agosto 2016


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Re: apertura d'ufficio posizione assicurativa presso inps

Messaggio da avt8 »

panorama ha scritto:La 3^ Sez. d'Appello della Corte dei Conti, nello stesso anno, ha rigettato diversi ricorsi per il medesimo motivo del post
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TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 420 22/08/2016
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO SENTENZA 420 2016 PENSIONI 22/08/2016
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REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
TERZA SEZIONE GIURISDIZIONALE CENTRALE D'APPELLO

Composta dai seguenti magistrati:
Enzo Rotolo Presidente
Giuseppa Maneggio Consigliere
Elena Tomassini Consigliere
Giovanni Comite Consigliere
Giuseppe Di Benedetto Consigliere Rel.
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sul ricorso in appello iscritto al numero 46034 del registro di Segreteria della Sezione Terza Giurisdizionale di Appello, proposto da Rizzi Luca, nato il ......., rappresentato e difeso dall’avv. Alessandra Polonio e dall’avv. Alberto Maria Papadia ed elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, in Roma alla via Catanzaro n. 9.

contro
Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore,

Istituto Nazionale della Previdenza Sociale (I.N.P.S.), rappresentato e difeso dagli avvocati, Antonino Sgroi, Lello Maritato, Carla d’Aloisio, Emanuele De Rose, Giuseppe Matano e Ester Ada Vita Sciplino,

per la riforma della sentenza n. 273/2012 della Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Emilia Romagna.


Visti il ricorso e tutti gli atti e i documenti di causa;
Uditi, all'udienza del 10 giugno 2016, con l'assistenza della Segretaria Signora Gerarda Calabrese, il Cons. relatore Giuseppe Di Benedetto, l'Avv. Alberto Maria Papadia per l’appellante, l’avv. Lidia Carcavallo per l’I.N.P.S. e il dott. Michele Grisolia per il Ministero della Difesa,


FATTO

1.Con l’impugnata sentenza, n. 273/2012, la Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna ha respinto il ricorso col quale il sig. Rizzi Luca – ex Ufficiale della Marina Militare - aveva chiesto la declaratoria del diritto:

• al computo, ai fini della costituzione della posizione assicurativa presso l'INPS, dell’aumento di servizio di cui all'art. 20 del d.P.R. n. 1092 del 1973; ciò in riferimento al servizio prestato con la percezione dell’indennità di aeronavigazione;

• alla determinazione dell’onere di ricongiunzione con detrazione degli interessi ai sensi dell’art. 2, II comma L. 29/1979, con condanna dell’INPS a provvedere alla conseguente riliquidazione del suddetto onere, ed alla restituzione al ricorrente delle maggiori somme nel frattempo eventualmente versate, con interessi e rivalutazione.

1.1 La Corte territoriale adita ha ritenuto il ricorso non meritevole di accoglimento, nella parte volta all’accertamento del diritto al computo, in sede di costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS, della maggiorazione di servizio prevista dall’art. 20 del d.P.R. n. 1092 del 1973, e inammissibile per difetto di giurisdizione dell’adito giudice nella restante parte, relativa alla rideterminazione della ricongiunzione ex legge n. 29 del 1979 dei servizi presso l’INPS ed all’esatto computo dell’onere contributivo, spettandone la cognizione al giudice ordinario.

2. Il sig. Rizzi Luca ha interposto appello avverso tale pronuncia assumendone l’erroneità e deducendo:

• la violazione e falsa applicazione degli artt. 124, I comma, 20, e 40 del d.P.R. n. 1092 del 1973, dell'art. 2 della legge n. 29 del 1979 e la carenza di motivazione, poiché la decisione impugnata si era supinamente adeguata alle decisioni n. 8/2011/Q.M. e 11/2011/QM delle Sezioni Riunite di questa Corte dei conti;

• la contrarietà della disposizione come interpretata con l’identificazione del servizio “prestato” con il servizio “effettivo”, agli artt. 3, 1 comma, e 38, commi 2 e 4, della Costituzione;

concludendo con la richiesta, in parziale riforma della sentenza gravata, di declaratoria del diritto dell’appellante al computo del periodo di servizio prestato presso il Ministero della Difesa dal 5.10.1987 al 25.06.1999 secondo le maggiorazioni previste dall'art. 20 del d.P.R. n. 1092 del 1973 e, in via gradata, di rimettere la decisione del giudizio alla Sezioni Riunite, con vittoria di spese.

2.1 Con ulteriore memoria depositata 31 maggio 2016 Parte attrice ha illustrato i motivi di appello e proposto istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ex art. 267, 3 comma TFUE.

3. L’ I.N.P.S. si è costituito in giudizio e con memoria depositata in data 17.05.2016 ha sostenuto l’infondatezza dell’appello evidenziando che il ricorso si pone in contrasto con un orientamento giurisprudenziale costante e consolidato. Ha, pertanto, concluso con la richiesta di reiezione del ricorso, con condanna dell’appellante ai sensi dell’art. 92 cpc.

4. Il Ministero della Difesa si è costituito in giudizio con memoria depositata in data 30.05.2016 con la quale ha sostenuto l’infondatezza del ricorso e ne ha chiesto la reiezione, con vittoria di spese.

5. All’udienza del 10 giugno 2016, dopo l’esposizione introduttiva del Giudice relatore, l’Avv. Alberto Maria Papadia ha insistito per l’accoglimento dell’appello, mentre l’Avv. Carcavallo, per l’INPS, e il dott. Grisolia per il Ministero per la sua reiezione, entrambi con vittoria di spese. La causa è stata quindi trattenuta per la decisione.

DIRITTO

1. La questione posta all’esame del Collegio ha formato oggetto di pronuncia delle SS.RR. di questa Corte che, con le decisioni n. 8QM/2011 e n. 11QM/2011 che hanno, rispettivamente, affermato i seguenti principi di diritto:

• “Ai fini della costituzione della posizione assicurativa prevista dall’art. 124, comma 1, del d.P.R. n. 1092 del 29.12.1973, l’espressione <periodo di servizio prestato>, ivi contenuta, deve intendersi come <servizio effettivo> e non come <servizio utile>” (8QM/2011);

• “All’ufficiale cessato dal servizio permanente effettivo senza aver maturato i requisiti di accesso al trattamento pensionistico normale, non spetta, ai fini della costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS prevista dall’art. 124 del d.P.R. n. 1092 del 29.12.1973, l’aumento del quinto del periodo di servizio prestato con percezione dell’indennità di istituto, previsto dall’art. 3 della legge n. 284 del 27.5.1977” (11QM/2011).

1.1 Alla luce della autorevole e condivisibile giurisprudenza richiamata si deve ritenere che gli aumenti di favore non possano essere valorizzati ai fini della costituzione della posizione (quale ricongiunzione dei servizi) assicurativa presso l'Inps e che, in particolare, la maggiorazione riconosciuta dagli artt. 2 e 17 della legge 5 maggio 1976 n. 187, in applicazione dell'art. 124 del D.P.R. n. 1092 del 1973, non possa partecipare alla costituzione della posizione assicurativa presso l'Inps, ma sia valutabile soltanto ai fini della liquidazione dell'indennità una tantum prevista dallo stesso art. 124 cit.

2. Non meritevole di accoglimento si appalesa poi la richiesta di parte ricorrente di una nuova rimessione alle Sezioni Riunite non sussistendo alcun contrasto orizzontale tra le Sezioni di appello che la legittimerebbe, giacché, i principi di diritto affermati dall'Organo di nomofilachia sono stati costantemente osservati (II Sezione n. 406, 2011; Sez. III nn. 778/2011, ex pluribus).

3.Vanno poi disattese anche le questioni circa l'asserito contrasto del complesso normativo, così come interpretato, con l'art. 3 e l'art. 38 della Costituzione.

Sotto il primo profilo, il ricorrente lamenta la disparità di trattamento rispetto al dipendente del Ministero della Difesa, per il quale vi sarebbe la valorizzazione massima del servizio svolto con l'aumento per l'indennità di aeronavigazione, rispetto a quello che – come nella specie – cessato senza diritto a pensione, ha effettuato il ricongiungimento dei servizi svolti presso l'INPS. Il ricorrente sottolinea che tale disparità di trattamento è ancora più evidente alla luce della convergenza e armonizzazione del sistema pensionistico attraverso l'applicazione del metodo contributivo e della soppressione dell'INPDAP confluito nell'INPS.

La relativa questione, benché rilevante, non è “non manifestamente infondata”. La disparità di trattamento presuppone situazioni sovrapponibili, mentre, nella specie, è evidente la differenza tra la condizione del dipendente del Ministero della Difesa che ha conseguito il diritto a pensione rispetto a quello dimissionario per accedere ad altro impiego (privato) sulla base di una valutazione di convenienza, e al quale, sulla base della valutazione del servizio prestato con la supervalutazione è stata già erogata l'indennità una tantum; del tutto differente è, inoltre, il regime pensionistico di riferimento, anche se attualmente erogato dallo stesso INPS, però in gestioni diverse e con norme di riferimento differenti. Del resto, la giurisprudenza di questa Corte, sopra citata, con motivazione che qui si condivide, ha ritenuto non lesiva del diritto di eguaglianza la scelta di sottoporre soggetti collocati a riposo in regimi previdenziali diversi a una disciplina differenziata.

3.1 Non si ravvisa, poi, il contrasto dell'art. 124 – nell'interpretazione ormai consolidata - con l'art. 38 della Costituzione, perché la Corte costituzionale ha sempre ribadito che, ferme la proporzionalità e l'adeguatezza della pensione rispetto alla qualità e quantità del lavoro prestato e alle esigenze di vita del lavoratore e della sua famiglia, spetta alla discrezionalità del legislatore determinarne le modalità di attuazione (sentenze nn. 531/2002, 457/1998, 173/1986).

Nè in questa sede, peraltro, è stata dedotta la rilevanza di tale contrasto, poiché non è stato documentato che la pensione erogabile al ricorrente sia, in concreto, in contrasto con tali principi di proporzionalità e adeguatezza.

4. Infine, l'appellante, nella memoria conclusionale, fa istanza di rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione Europea ai sensi dell'art. 267 TFUE (Trattato sul funzionamento dell'Unione Europea) che prevede che le giurisdizioni nazionali di ultima istanza, le cui decisioni non possono essere oggetto di ricorso, hanno l'obbligo di adire la Corte di Giustizia per la richiesta di un rinvio pregiudiziale per chiarire la portata di una norma di diritto della U.E., salvo nel caso in cui esista una giurisprudenza della Corte in materia o nel caso in cui l'interpretazione della norma di diritto dell' U.E. sia evidente.

L'istanza non può essere accolta, mancandone i presupposti.

Si rileva, infatti, che il rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia è ammissibile:

• con riguardo all'interpretazione di una norma comunitaria e non di diritto interno, poiché quest'ultima spetta in via esclusiva al giudice nazionale;

• quando non sussista una giurisprudenza già consolidata della Corte di Giustizia ovvero un'interpretazione evidente della norma di diritto dell'U.E.,
circostanze non ravvisabili nella fattispecie.

5. Le spese legali seguono la soccombenza e vengono determinate in € 500,00 in favore di ciascuna delle parti resistenti. Nulla è dovuto per le spese di giudizio.

P.Q.M

La Corte dei conti, Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello, definitivamente pronunziando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette, rigetta l’appello nel merito.

Le spese legali seguono la soccombenza e vengono liquidate in € 500,00 in favore di ciascuna delle parti resistenti.

Nulla per le spese di giudizio
Manda in Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Roma nella Camera di Consiglio del 10 giugno 2016.
L'estensore Il Presidente
F.to Giuseppe Di Benedetto F.to Enzo Rotolo


Depositata in Segreteria il 22 Agosto 2016


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Questa Avvocatessa POLONIO ,nonostante ha perso tutti i ricorsi per analoga situazione ,ha fatto sborsare al suo clienti soldi per il ricorso pur sapendo che lo avrebbe perso-
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Re: apertura d'ufficio posizione assicurativa presso inps

Messaggio da panorama »

Questa è un'altra sentenza Negativa e che, spiega la differenza del servizio prestato "servizio effettivo" e il servizio utile - che per definizione è, almeno in parte, servizio non “prestato”.
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1) - servizio militare dal 10.02.1983 al 7.05.1999, valutabile in misura intera (Anni 16, mesi 2 e giorni 26);

2) - supervalutazione dal 13.0.1983 al 7.05.1999, valutabile nella misura di 1/5 (Anni 3, mesi 1 e giorni 23) ai sensi del beneficio dell’art. 3 della legge nr. 284/77.

3) - Resiste il Ministero delle Difesa eccependo che «il diniego dell’Amministrazione ha trovato fondamento nella considerazione che la normativa riguardante la costituzione della posizione assicurativa, come la ricongiunzione dei servizi, i riscatti, il premio di congedamento (cfr. L.322/1958, L.447/1964, L.191/1975 e L.29/1979) fa riferimento al “servizio prestato”, che risulti effettivamente coperto da contribuzione, con esclusione degli aumenti di favore, quali il terzo del volo e della navigazione, il quinto del servizio operativo e del servizio d’istituto, le campagne di guerra.

4) - Difatti, tale orientamento, che dall’entrata in vigore della normativa il Ministero della Difesa ha ritenuto di adottare, è stato confortato dalle varie circolari applicative del Ministero dell’Economia e Finanze – Ragioneria Generale dello Stato – che si sono succedute nel tempo.

5) - Gli aumenti di servizio, perciò, sebbene rilevanti ai fini della misura della pensione, non si possono trasferire presso l’assicurazione generale obbligatoria e non producono alcun effetto sul periodo da prendere a base per la costituzione della posizione assicurativa (artt. 44 e 54 cit. D.P.R.).

6) - ...... mentre per i dipendenti che hanno maturato il diritto al trattamento di quiescenza questi benefici servono solo per determinare l’ammontare.

7) - Inoltre, non potrebbe ravvisarsi alcuna razionale giustificazione nel creare un’ulteriore disparità di trattamento tra i militari in servizio permanente o continuativo, per i quali l’art.124 D.P.R. 1092/73 stabilirebbe che la posizione assicurativa debba essere costituita sulla base del c.d. “servizio utile”, e i militari volontari dell’Esercito e dell’Aeronautica, che, ai sensi del successivo art. 128, vedono valorizzato ai medesimi fini il solo “effettivo periodo di servizio prestato”.

8) - Peraltro, come ricordato in precedenza, al fine di dirimere ogni dubbio in ordine all’applicazione di detta normativa, il Ministero del Tesoro – Ragioneria Generale dello Stato, di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nel prosieguo del tempo ha emanato distinte circolari contenenti istruzioni in merito (circolare n.76 del 1960 e n. 21 del 1981, riferita alla L. 29/1979) affermando espressamente che debbano essere esclusi dalla costituzione della posizione assicurativa, tra gli altri, tutti gli aumenti di favore previsti dal legislatore sulle pensioni statali.

9) - Infatti deve considerarsi che l’indennità Una Tantum è pari ad un ottavo della base pensionabile per ogni anno di servizio utile (volendo percentualizzare, il 12,5% cfr. art.54, u.c., del medesimo D.P.R.1092/73), mentre la posizione assicurativa presso l’I.N.P.S. viene costituita tenendo conto di un’aliquota che comprende la quota di contributi sia a carico del datore di lavoro che del dipendente, per una percentuale totale di circa il 30% da computare sulle paghe o stipendi percepiti durante tutto l’arco temporale dell’attività lavorativa.

10) - In conclusione, sulla questione è recentemente intervenuta la Corte dei Conti, Sezioni Riunite in Sede Giurisdizionale che con sentenza n.8 /2011/QM in data 11.05.2011 e n.11/2011/QM in data 15.06.2011, ha chiarito che “Ai fini della costituzione della posizione assicurativa prevista dall’art.124, comma 1, del D.P.R. n.1092 del 29.12.1973, l’espressione <periodo di servizio prestato>, ivi contenuta, deve intendersi come <servizio effettivo> e non come <servizio utile>” e che “All’ufficiale cessato dal servizio permanente effettivo senza aver maturato i requisiti di accesso al trattamento pensionistico normale, non spetta, ai fini della costituzione della posizione assicurativa presso l’I.N.P.S. prevista dall’art.124 del D.P.R. n. 1092 del 29.12.1973, l’aumento del quinto del periodo di servizio prestato con percezione dell’indennità di istituto, previsto dall’art.3 della legge n. 284 del 27.05.1977”».

11) - Pertanto, se l’art. 124 del DPR n. 1092 del 1973 avesse voluto abbandonare questo criterio e riferirsi invece al “servizio utile”, comprensivo delle maggiorazioni previste per particolari servizi, l’avrebbe affermato espressamente, mentre ha continuato a fare riferimento al “periodo di servizio prestato”.

12) - Peraltro, nella disposizione di cui all’art. 3 della legge n. 284 del 1977 viene espressamente precisato che l’aumento del “servizio comunque prestato” rileva unicamente “ai fini della liquidazione e riliquidazione delle pensioni ”, mentre la costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS consiste in una mera ricongiunzione di servizi, come affermava espressamente il titolo della legge n. 322 del 1958.

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LAZIO SENTENZA 23 16/01/2018
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LAZIO SENTENZA 23 2018 PENSIONI 16/01/2018
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SENT.N. 23/2018


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL LAZIO
nella persona del giudice monocratico Giovanni GUIDA, ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio pensionistico iscritto al n° 74407 del registro di segreteria della Sezione

PROPOSTO DA

F.L. (OMISSIS), rappresentato e difeso dall’Avvocato Giovanna Passiatore e dall’Abogado Patrizia Pino ed elettivamente domiciliato presso il loro studio sito in Roma, in Via Filippo Corridoni n. 15;

CONTRO
ISTITUTO NAZIONALE DELLA PREVIDENZA SOCIALE (INPS), in persona del presidente pro tempore, elettivamente domiciliato a Roma in via Cesare Beccaria n° 29 presso l’Avvocatura centrale dell’INPS stesso;

CONTRO
MINISTERO DELLA DIFESA – DIREZIONE GENERALE DELLA PREVIDENZA MILITARE, DELLA LEVA E DEL COLLOCAMENTO AL LAVORO DEI VOLONTARI CONGEDATI – I REPARTO – 3^ DIVISIONE, in persona del Ministro pro tempore.

FATTO E DIRITTO

1. Come si legge nel ricorso il «Sig. F.L. prestava servizio alle dipendenze dell’Arma dei carabinieri dal 10.02.1983 sino al 7.05.1999, data in cui era collocato in congedo a domanda. Con decreto nr. 969 del 26.10.2000, registrato alla Corte dei Conti in data 28.02.2001, il Ministero della Difesa provvedeva alla determinazione e liquidazione di indennità una tantum ed alla costituzione della posizione assicurativa del sig. F.L. per il servizio dal medesimo prestato per l’importo complessivo di lire 121.199,976 (centoventunomilionicentonovantanovemilanovecentosettantasei), richiamando i seguenti servizi: servizio militare dal 10.02.1983 al 7.05.1999, valutabile in misura intera (Anni 16, mesi 2 e giorni 26);

supervalutazione dal 13.0.1983 al 7.05.1999, valutabile nella misura di 1/5 (Anni 3, mesi 1 e giorni 23). Il suddetto decreto era notificato a cura del Ministero della Difesa sia al sig. L. sia alla sede INPS ed INPS Gestione Dipendenti Pubblici di Roma “che provvede ad accreditare nella contabilità speciale intestata alla sede provinciale dell’INPS, l’importo dei contributi dovuti per il servizio prestato nell’Arma dei Carabinieri dal 10.02.1983 al 7.05.1999”; che tuttavia, a seguito delle richieste formulate dall’odierno ricorrente, il Ministero della Difesa con provvedimento del 4.06.2015 Pos. 21/1528, affermava che “il beneficio dell’art. 3 della legge nr. 282/77 (aumento di 1/5 del servizio) non trova applicazione in caso di costituzione della posizione assicurativa, in quanto le norme che regolano la materia prevedono che, nei riguardi di coloro che cessano dal servizio (sia esso continuativo o permanente o volontario) senza avere acquisito il diritto a pensione, si costituisca la posizione assicurativa presso la sede INPS per il solo servizio effettivamente prestato. Per quanto sopra, nel confermare la legittimità del D.M. sopra indicato, si precisa che la scrivente non deve concedere nel caso di specie la supervalutazione ai sensi della legge n. 284/77”.

L’assunto non è assolutamente condivisibile.

Si ritiene infatti che il ricorrente F.L. abbia diritto alla costituzione della posizione assicurativa comprensiva anche del periodo di servizio fittizio ex lege n. 284/77. Si ricorda infatti che l'ultimo comma dell'art. 3 della legge 27 maggio 1977, n. 284 (recante “Adeguamento e riordinamento di indennità alle forze di polizia ed al personale civile degli istituti penitenziari”) dispone nel senso che “Ai fini della liquidazione e riliquidazione delle pensioni , il servizio comunque prestato con percezione dell'indennità per servizio di istituto o di quelle indennità da essa assorbite per effetto della legge 22 dicembre 1969, n. 967, è computato con l'aumento di un quinto”. Ne deriva che l'unica condizione posta dal legislatore affinchè l'ex militare possa beneficiare dell'aumento in esame, è l'avere svolto un servizio in condizioni di impiego operativo, vale a dire un servizio che abbia comportato la percezione della relativa indennità per servizio di istituto (o equiparate). Nessun'altra condizione o requisito è richiesto dalla normativa di riferimento, da cui emerge in maniera alquanto chiara anche la ratio che sottende al sopra richiamato dettato normativo, dovendosi ritenere che il beneficio dell'aumento di 1/5 del periodo utile spetti a tutti coloro che abbiano prestato un determinato servizio, considerato con una presunzione iuris et de iure dal legislatore come particolarmente gravoso o impegnativo e, quindi, meritevole di specifica considerazione, anche ai fini pensionistici e previdenziali. […]”. Conseguentemente si richiede che venga accertato “il diritto del ricorrente … ad ottenere ai fini pensionistici e previdenziali il riconoscimento ed il conseguente computo della maggiorazione di un quinto del servizio prestato presso il Ministero della Difesa ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 3 della legge nr. 284/1977, con ogni conseguente provvedimento di legge».

2. Resiste il Ministero delle Difesa eccependo che «il diniego dell’Amministrazione ha trovato fondamento nella considerazione che la normativa riguardante la costituzione della posizione assicurativa, come la ricongiunzione dei servizi, i riscatti, il premio di congedamento (cfr. L.322/1958, L.447/1964, L.191/1975 e L.29/1979) fa riferimento al “servizio prestato”, che risulti effettivamente coperto da contribuzione, con esclusione degli aumenti di favore, quali il terzo del volo e della navigazione, il quinto del servizio operativo e del servizio d’istituto, le campagne di guerra. Difatti, tale orientamento, che dall’entrata in vigore della normativa il Ministero della Difesa ha ritenuto di adottare, è stato confortato dalle varie circolari applicative del Ministero dell’Economia e Finanze – Ragioneria Generale dello Stato – che si sono succedute nel tempo. La disciplina contenuta nell’art.124 del D.P.R. 1092/73 stabilisce che il diritto alla costituzione della posizione assicurativa presso l’I.N.P.S. è relativo soltanto al “periodo di servizio prestato” correlando tale diritto alla mancata maturazione dei requisiti per la pensione. Gli aumenti di servizio, perciò, sebbene rilevanti ai fini della misura della pensione, non si possono trasferire presso l’assicurazione generale obbligatoria e non producono alcun effetto sul periodo da prendere a base per la costituzione della posizione assicurativa (artt. 44 e 54 cit. D.P.R.). D’altronde, il computo degli aumenti di servizio comporterebbe una doppia valutazione della stessa situazione, che sarebbe rilevante per determinare l’ammontare dell’indennità “Una Tantum” e per far sorgere il diritto a pensione nell’assicurazione generale obbligatoria, mentre per i dipendenti che hanno maturato il diritto al trattamento di quiescenza questi benefici servono solo per determinare l’ammontare. Inoltre, non potrebbe ravvisarsi alcuna razionale giustificazione nel creare un’ulteriore disparità di trattamento tra i militari in servizio permanente o continuativo, per i quali l’art.124 D.P.R. 1092/73 stabilirebbe che la posizione assicurativa debba essere costituita sulla base del c.d. “servizio utile”, e i militari volontari dell’Esercito e dell’Aeronautica, che, ai sensi del successivo art. 128, vedono valorizzato ai medesimi fini il solo “effettivo periodo di servizio prestato”. Peraltro, come ricordato in precedenza, al fine di dirimere ogni dubbio in ordine all’applicazione di detta normativa, il Ministero del Tesoro – Ragioneria Generale dello Stato, di concerto con il Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, nel prosieguo del tempo ha emanato distinte circolari contenenti istruzioni in merito (circolare n.76 del 1960 e n. 21 del 1981, riferita alla L. 29/1979) affermando espressamente che debbano essere esclusi dalla costituzione della posizione assicurativa, tra gli altri, tutti gli aumenti di favore previsti dal legislatore sulle pensioni statali. Sotto diverso profilo, si osserva che, accogliendo la tesi proposta dal ricorrente, fondata sull’art.124 – c. 1° - D.P.R.1092/73, resterebbe priva di giustificazione, e risulterebbe concretamente inapplicabile, la disposizione di cui al successivo comma 2° dello stesso articolo, la quale prevede che l’importo complessivo delle quote da versare all’I.N.P.S. venga portato in detrazione dall’indennità “Una Tantum” spettante agli interessati e, solo laddove la contribuzione risulti maggiore, l’onere differenziale faccia carico alla Stato. Infatti deve considerarsi che l’indennità Una Tantum è pari ad un ottavo della base pensionabile per ogni anno di servizio utile (volendo percentualizzare, il 12,5% cfr. art.54, u.c., del medesimo D.P.R.1092/73), mentre la posizione assicurativa presso l’I.N.P.S. viene costituita tenendo conto di un’aliquota che comprende la quota di contributi sia a carico del datore di lavoro che del dipendente, per una percentuale totale di circa il 30% da computare sulle paghe o stipendi percepiti durante tutto l’arco temporale dell’attività lavorativa. Pertanto, per i militari in servizio permanente, laddove anche la posizione assicurativa dovesse essere costituita sulla base del servizio utile, non potrebbe mai realizzarsi l’eventualità delineata dall’art.124 – c.1° - D.P.R.1092/73, ovvero che l’importo dei contributi da versare all’I.N.P.S. risulti inferiore all’indennità “Una Tantum”.

Viceversa, solo presupponendo che la posizione assicurativa vada calcolata sulla base del servizio effettivamente prestato (come d’altronde è previsto dall’art.124 – c.1°), può accadere che l’importo dei contributi da versare all’I.N.P.S. sia inferiore all’indennità “Una Tantum”, pur essendo tale indennità calcolata sulla base di un’aliquota nettamente inferiore (12,5%). Preme rilevare che tali argomentazioni sono state accolte da pronunce delle Sezioni Giurisdizionali Regionali e Centrali della Corte dei Conti (cfr. Sezione Giurisdizionale Lombardia n.623/2009; I Sezione Centrale n.235/2009; II Sezione Centrale n.235/2008; II Sezione Centrale n.165 /2011 ). In conclusione, sulla questione è recentemente intervenuta la Corte dei Conti, Sezioni Riunite in Sede Giurisdizionale che con sentenza n.8 /2011/QM in data 11.05.2011 e n.11/2011/QM in data 15.06.2011, ha chiarito che “Ai fini della costituzione della posizione assicurativa prevista dall’art.124, comma 1, del D.P.R. n.1092 del 29.12.1973, l’espressione <periodo di servizio prestato>, ivi contenuta, deve intendersi come <servizio effettivo> e non come <servizio utile>” e che “All’ufficiale cessato dal servizio permanente effettivo senza aver maturato i requisiti di accesso al trattamento pensionistico normale, non spetta, ai fini della costituzione della posizione assicurativa presso l’I.N.P.S. prevista dall’art.124 del D.P.R. n. 1092 del 29.12.1973, l’aumento del quinto del periodo di servizio prestato con percezione dell’indennità di istituto, previsto dall’art.3 della legge n. 284 del 27.05.1977”».

3. Si è costituito anche l’Inps, sostenendo argomentazioni analoghe a quelle rappresentate dall’Amministrazione, oltre a specificare che «la posizione sostanziale e processuale dell’Inps afferisce alla costituzione, ai sensi dell’art. unico della legge 2 aprile 1958, n. 322, in favore del ricorrente, della posizione assicurativa nell’A.G.O.» e che «la riquantificazione del trattamento pensionistico in essere è funzione della contribuzione per cui è causa e pertanto la stessa non potrà che avvenire dopo il versamento della contribuzione e delle sanzioni civili dovute dal datore di lavoro ai sensi della legge n. 338/00». Sulla base di queste argomentazioni, si è chiesto, in via principale il rigetto del ricorso ed, in subordine, «nell’ipotesi di accoglimento della domanda del

ricorrente, ritenere dichiarare e statuire il diritto dell’Inps al pagamento della contribuzione previdenziale omessa in capo al datore di lavoro e delle sanzioni civili dovute ai sensi dell’art. 116 della l. n. 388/00 e conseguentemente condannare il datore di lavoro al pagamento della contribuzione dovuta per servizio di istituto nel periodo di causa, nonché al pagamento delle sanzioni civili connesse al mancato pagamento della contribuzione previdenziale a tempo debito ai sensi dell’art. 116 della l. n 388/00».

4. All’odierna udienza, sono presenti, per il ricorrente, l’avv. Giovanna Passiatore, e per l’Inps, l’avv. Manuela Massa, che si riportano ai propri scritti difensivi. Non è presente alcun rappresentante del Ministero della Difesa. La causa, conseguentemente, è stata posta in decisione.

5. Il ricorso non può trovare accoglimento. Questa Corte, anche di recente (sentenza Sez. I App. n. 221/2017, nello stesso senso Sez. II App. n. 415/2016), ha avuto modo chiaramente di evidenziare che «l’argomento è stato più volte affrontato da queste sezioni di appello (cfr., ex multis, Sezione I app., 5.4.2009, n. 235; Sezione II app., 31.1.2011, n. 58 e 8.3.2011, n. 136), che con orientamento in misura largamente maggioritaria hanno ritenuto che, ai fini della costituzione della posizione assicurativa, il “servizio prestato” non può non essere che il servizio realmente prestato, quindi il “servizio effettivo”.

Il “servizio utile” - che per definizione è, almeno in parte, servizio non “prestato” - può essere pertanto utilizzato ai fini della liquidazione dell’indennità una tantum che in applicazione degli artt. 42 e 52 del d.P.R. n. 1092 del 1973 viene attribuita al “personale cui non spetti la pensione”: non anche, appunto, ai fini della costituzione della posizione assicurativa. Tale posizione è stata autorevolmente confermata dalle Sezioni riunite, che si sono espresse sull’argomento in due occasioni: con la sentenza 27.5.2011, n. 8/QM, la quale ha fissato il principio di diritto secondo cui “Ai fini della costituzione della posizione assicurativa prevista dall’art. 124, comma 1, del d.P.R. n. 1092 del 29.12.1973, l’espressione <periodo di servizio prestato>, ivi contenuta, deve intendersi come <servizio effettivo> e non come <servizio utile>” e, di recente, con la sentenza n. 11/2012/QM, che ha ribadito siffatto principio proprio con riferimento alla questione della computabilità, ai fini della costituzione della posizione assicurativa, delle maggiorazioni per il servizio utile previste dall’art. 3 della legge n. 284/1987, oggetto anche del presente giudizio. Con tale ultima pronuncia le Sezioni riunite hanno precisato che l’aumento del servizio disposto dall’art. 3 della legge n. 284 del 1977 non ha natura diversa dai vari aumenti previsti per particolari servizi dal DPR n. 1092 del 1973. Hanno quindi osservato che l’articolo unico della legge n. 322 del 1958, abrogato solo a partire dal 31.7.2010, che aveva previsto la costituzione della posizione assicurativa, aveva fatto espresso riferimento al “periodo di iscrizione” presso “forme obbligatorie di previdenza sostitutive della assicurazione per l’invalidità, la vecchiaia e i superstiti”, senza prevedere alcuna maggiorazione per particolari servizi. Pertanto, se l’art. 124 del DPR n. 1092 del 1973 avesse voluto abbandonare questo criterio e riferirsi invece al “servizio utile”, comprensivo delle maggiorazioni previste per particolari servizi, l’avrebbe affermato espressamente, mentre ha continuato a fare riferimento al “periodo di servizio prestato”. Privo di pregio è pure il motivo di appello con il quale si denuncia la disparità di trattamento che l’interpretazione appena delineata comporta per i dipendenti che cessano dal servizio avendo conseguito il diritto a pensione – per i quali il servizio utile comprensivo delle maggiorazioni viene computato nel calcolo della misura del trattamento pensionistico -e per coloro che non hanno conseguito il diritto a pensione, a favore dei quali la costituzione della posizione assicurativa prevede solo il servizio effettivo. Secondo le Sezioni riunite la cennata disparità di trattamento concreta, infatti, uno dei vari cambiamenti di regime cui era soggetto il militare nel passaggio dal sistema pensionistico pubblico a quello privato. I principi suddetti sono pienamente applicabili alla fattispecie in esame, contrariamente a quanto opinato dall’appellante, con insussistenza degli stessi presupposti per una nuova remissione alle SS.RR., data anche la chiarezza del principio da esse affermato. Peraltro, nella disposizione di cui all’art. 3 della legge n. 284 del 1977 viene espressamente precisato che l’aumento del “servizio comunque prestato” rileva unicamente “ai fini della liquidazione e riliquidazione delle pensioni ”, mentre la costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS consiste in una mera ricongiunzione di servizi, come affermava espressamente il titolo della legge n. 322 del 1958. In definitiva, nel sistema delineato dal DPR n. 1092 del 1973 il “servizio utile”, comprensivo, cioè, delle maggiorazioni per particolari servizi, non è un servizio rilevante a tutti gli effetti pensionistici al pari di quello “effettivo”, come avverrebbe se si trattasse di un intangibile patrimonio previdenziale del dipendente; pertanto, in assenza di una espressa previsione normativa, le disposizioni dettate per determinare la misura della pensione non possono essere applicate automaticamente al diverso ambito della costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS. Non vi è quindi alcuna disparità di trattamento, né lesione del principio di adeguatezza del trattamento pensionistico ex art. 38 Cost., che possa far ritenere a questo Giudice rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dianzi prospettata. In definitiva, l'appello in esame deve essere respinto e va per conseguenza confermata la sentenza impugnata».

5.1. Le conclusioni interpretative ora riportate appaiono pienamente condivisibili e da ribadire anche in questa sede, non avendo peraltro la difesa di parte ricorrente proposto alcun nuovo argomento, in grado di scalfire l’opzione ermeneutica ora richiamata, che, come visto, può considerarsi ormai diritto vivente di questa Corte. Ne deriva, come anticipato, il rigetto del ricorso.

6. In assenza di significativa attività difensiva espletata in favore delle Amministrazioni appellate, si dispone la compensazione delle spese legali.

P.Q.M.

La Corte dei Conti – Sezione Giurisdizionale per la Regione Lazio, definitivamente pronunciando, ogni contraria istanza ed eccezione reiette

Rigetta

il ricorso di cui in epigrafe.
Spese compensate.

Così deciso a Roma nella camera di consiglio del 30 novembre 2017.
IL GIUDICE
(F.to: Giovanni Guida)


Depositata in Segreteria il 16.01.2018


p. Il Dirigente
F.to: Dott. Alessandro VINICOLA
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Re: apertura d'ufficio posizione assicurativa presso inps

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Ricorso Accolto
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1) - ha chiesto il riconoscimento del diritto alla rideterminazione della propria posizione assicurativa presso l’I.N.P.S., tenendo conto anche del c.d. servizio figurativo ( aumento di un quinto riconosciuto in sede di liquidazione dell’indennità una tantum ) previsto dall’art. 3 della legge n. 284/1977.

2) - Risulta dagli atti ..... che il Reparto Tecnico Logistico Amministrativo della Guardia di Finanza, con decreto n. …. dell’11 luglio 2002, ha disposto che l’I.N.P.D.A.P. versasse all’I.N.P.S. la somma di € 46.173,31 per la costituzione della posizione assicurativa dell’interessato e, quindi, tenendo conto del solo servizio effettivamente prestato, ma non anche di quello c.d. figurativo.

3) - Di qui, la domanda di riconoscimento dell’aumento di servizio utile a pensione e l’obbligo corrispondente della P.A. alla ricostituzione della posizione assicurativa presso l’I.N.P.S., previa valorizzazione degli aumenti di periodi di servizio, per un totale di anni 17, mesi 4 e giorni 9.

4) - Espone, …., il dott. C.. che ha prestato servizio nella Guardia di Finanza
dal 18 maggio 1983 sino al 7 maggio 1984 e
dal 29 novembre 1984 sino al 30 luglio 1998, data di collocamento in congedo a domanda con il grado di “ Capitano “.

5) - Il Comando generale della Guardia di Finanza si è costituito in giudizio …..., eccependo sostanzialmente che le maggiorazioni di servizio figurative rilevano solo ai fini della misura della pensione o dell’indennità una tantum,
- ) - ma non ai fini della costituzione della posizione assicurativa presso l’A.G.O., in quanto, diversamente opinando, vi sarebbe una doppia valutazione della medesima situazione.

LA CORTE DEI CONTI scrive:

6) - Il ricorrente si duole che la suddetta posizione assicurativa è stata costituita tenendo conto solo del servizio effettivamente prestato e non anche del c.d. servizio figurativo, costituito dall’aumento del quinto previsto dall’art. 3 della legge n. 284/1977.

7) - Occorre innanzi tutto puntualizzare che, seppure l’art. 124 del d.p.r. n. 1092/1973 è stato abrogato per effetto del comma 12-undecies dell’art. 12, D.L. 31 maggio 2010, n.78, convertito, con modificazioni, nella L. n. 122/2010, trova applicazione nel presente giudizio la previgente disciplina, in forza del principio del tempus regit actum, in considerazione della circostanza che il ricorrente è cessato dal servizio presso la Guardia di Finanza nel 1998, allorquando avrebbe dovuto essere costituita la propria posizione assicurativa, e, dunque, in epoca anteriore all’entrata in vigore della suddetta norma abrogativa.

8) - Dal tenore letterale delle norme di cui agli artt. 124 del d.p.r. n.1092/1973 e 3, ultimo comma, della L. n. 284/1977, si evince che l’unica condizione posta dal legislatore perchè l’ex militare possa beneficiare dell’aumento del quinto del periodo utile è l’avere svolto il servizio in condizioni di impiego operativo ( in tal senso, C. conti, Sez. giur. Lombardia, n. 464 del 2007 e la giurisprudenza richiamata: Id., n. 62/2004; id., n. 153/2005; Id., n. 31472005; Sez. giur. Veneto, n. 548/2006 ).

9) - Quanto esposto ha trovato, altresì, autorevole conferma nella giurisprudenza di questa Corte – sia di primo ( ex multis, Sez. giur. Lazio, n. 1729/2009 ) che di secondo grado ( cfr. Sez. III app. n. 465/2009 e n. 193/2010) – alla cui stregua è stato chiarito come “ servizio prestato “ debba intendersi “ servizio utile “ e non già “ servizio effettivo “.

10) - Deve osservarsi, infatti, che il beneficio dell’aumento di un quinto è attribuito per il solo fatto di avere prestato servizio
- ) e, in questo senso,
- ) a nulla rileva la casistica indicata nella sentenza delle Sezioni riunite
- ) allorchè si fa menzione dei diversi contenuti da attribuirsi a “ servizio utile” e “servizio effettivo”
- ) poiché lo stesso art. 40 del d.p.r. n.1092/1973 assume che il “servizio effettivo” scaturisce dalla “somma dei servizi e periodi computabili in quiescenza,
- ) considerati senza tenere conto degli aumenti ci cui al precedente Capo III”.
- ) A parte il fatto che gli aumenti di servizio di cui al Capo III sono tassativi ( e non può esservi menzione di quello in oggetto perché successivo )
- ) è la stessa norma che, successiva,
- ) prevede che il servizio prestato in quelle condizioni è “computato con l’aumento di un quinto”,
utilizzando lo stesso verbo “computare” usato nell’art. 40 per indicare i periodi di servizio effettivo.

11) - La interpretazione qui seguita è confermata dall’art. 5 del D.Lgs. n. 165 del 1997 ed è stata avvalorata dalla Sezione giurisdizionale Sardegna ( n. 814/2012 ) nonché da questa stessa Sezione giurisdizionale ( n. 627/2010 )

N.B.: lettere tutto il contesto qui sotto.
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Sezione PUGLIA Esito SENTENZA Materia PENSIONI
Anno 2018 Numero 406 Pubblicazione 17/05/2018
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Sent 406/2018

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PUGLIA
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA
( ART. 5 L. 205/2000 )
*********
IL GIUDICE

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 32869 del registro di segreteria, proposto dal Sig.re C.. Giuseppe ( n. a ……. il ……. 1963 ) – rapp.to e difeso dall’avv. Antonio Savino, giusta mandato a margine del ricorso;
Visto il ricorso in epigrafe, con i relativi allegati;

contro
- Comando generale della Guardia di Finanza, in persona del legale rappresentante p.t.

- I.N.P.S.- Gestione Dipendenti Pubblici;

Udito alla pubblica udienza del 6 aprile 2018 l’avv. Antonio Savino, per il ricorrente, il quale ha chiesto l’accoglimento del ricorso;

Udito il Mar. Lgt. Donato Pascazio, in rappresentanza del Comando Generale della Guardia di Finanza, il quale si è riportato alla memoria depositata.

Visto il ricorso, in epigrafe indicato, depositato in data 7 ottobre 2016;

Esaminati gli atti ed i documenti tutti della causa;

Considerato in
FATTO E DIRITTO

Con ricorso in data 28 settembre 2016, il dott. C.. Giuseppe, come sopra generalizzato, ha chiesto il riconoscimento del diritto alla rideterminazione della propria posizione assicurativa presso l’I.N.P.S., tenendo conto anche del c.d. servizio figurativo ( aumento di un quinto riconosciuto in sede di liquidazione dell’indennità una tantum ) previsto dall’art. 3 della legge n. 284/1977.

Risulta dagli atti depositati che il Reparto Tecnico Logistico Amministrativo della Guardia di Finanza, con decreto n. 3323 dell’11 luglio 2002, ha disposto che l’I.N.P.D.A.P. versasse all’I.N.P.S. la somma di € 46.173,31 per la costituzione della posizione assicurativa dell’interessato e, quindi, tenendo conto del solo servizio effettivamente prestato, ma non anche di quello c.d. figurativo.

Di qui, la domanda di riconoscimento dell’aumento di servizio utile a pensione e l’obbligo corrispondente della P.A. alla ricostituzione della posizione assicurativa presso l’I.N.P.S., previa valorizzazione degli aumenti di periodi di servizio, per un totale di anni 17, mesi 4 e giorni 9.

Espone, infatti, il dott. C.. che ha prestato servizio nella Guardia di Finanza dal 18 maggio 1983 sino al 7 maggio 1984 e dal 29 novembre 1984 sino al 30 luglio 1998, data di collocamento in congedo a domanda con il grado di “ Capitano “.

Il Comando generale della Guardia di Finanza si è costituito in giudizio con una memoria difensiva, in data 7 novembre 2016, eccependo sostanzialmente che le maggiorazioni di servizio figurative rilevano solo ai fini della misura della pensione o dell’indennità una tantum, ma non ai fini della costituzione della posizione assicurativa presso l’A.G.O., in quanto, diversamente opinando, vi sarebbe una doppia valutazione della medesima situazione. In subordine, la prescrizione quinquennale.

Alla odierna udienza le parti si sono riportate a quanto già dedotto.

Il ricorso è fondato.

Il ricorrente si duole che la suddetta posizione assicurativa è stata costituita tenendo conto solo del servizio effettivamente prestato e non anche del c.d. servizio figurativo, costituito dall’aumento del quinto previsto dall’art. 3 della legge n. 284/1977.

Occorre innanzi tutto puntualizzare che, seppure l’art. 124 del d.p.r. n. 1092/1973 è stato abrogato per effetto del comma 12-undecies dell’art. 12, D.L. 31 maggio 2010, n.78, convertito, con modificazioni, nella L. n. 122/2010, trova applicazione nel presente giudizio la previgente disciplina, in forza del principio del tempus regit actum, in considerazione della circostanza che il ricorrente è cessato dal servizio presso la Guardia di Finanza nel 1998, allorquando avrebbe dovuto essere costituita la propria posizione assicurativa, e, dunque, in epoca anteriore all’entrata in vigore della suddetta norma abrogativa.

Dal tenore letterale delle norme di cui agli artt. 124 del d.p.r. n.1092/1973 e 3, ultimo comma, della L. n. 284/1977, si evince che l’unica condizione posta dal legislatore perchè l’ex militare possa beneficiare dell’aumento del quinto del periodo utile è l’avere svolto il servizio in condizioni di impiego operativo ( in tal senso, C. conti, Sez. giur. Lombardia, n. 464 del 2007 e la giurisprudenza richiamata: Id., n. 62/2004; id., n. 153/2005; Id., n. 31472005; Sez. giur. Veneto, n. 548/2006 ).

Quanto esposto ha trovato, altresì, autorevole conferma nella giurisprudenza di questa Corte – sia di primo ( ex multis, Sez. giur. Lazio, n. 1729/2009 ) che di secondo grado ( cfr. Sez. III app. n. 465/2009 e n. 193/2010) – alla cui stregua è stato chiarito come “ servizio prestato “ debba intendersi “ servizio utile “ e non già “ servizio effettivo “.

Né a diverso convincimento conduce la lettura della sentenza delle Sezioni riunite n. 8/QM/2011, la quale appare ancorata ad una interpretazione letterale delle norme richiamate.

Deve osservarsi, infatti, che il beneficio dell’aumento di un quinto è attribuito per il solo fatto di avere prestato servizio e, in questo senso, a nulla rileva la casistica indicata nella sentenza delle Sezioni riunite allorchè si fa menzione dei diversi contenuti da attribuirsi a “ servizio utile” e “servizio effettivo” poiché lo stesso art. 40 del d.p.r. n.109271973 assume che il “servizio effettivo” scaturisce dalla “somma dei servizi e periodi computabili in quiescenza, considerati senza tenere conto degli aumenti ci cui al precedente Capo III”. A parte il fatto che gli aumenti di servizio di cui al Capo III sono tassativi ( e non può esservi menzione di quello in oggetto perché successivo ) è la stessa norma che, successiva, prevede che il servizio prestato in quelle condizioni è “computato con l’aumento di un quinto”, utilizzando lo stesso verbo “computare” usato nell’art. 40 per indicare i periodi di servizio effettivo.

La interpretazione qui seguita è confermata dall’art. 5 del D.Lgs. n. 165 del 1997 ed è stata avvalorata dalla Sezione giurisdizionale Sardegna ( n. 814/2012 ) nonché da questa stessa Sezione giurisdizionale ( n. 627/2010 )

Poiché non vi è ragione per discostarsi da siffatto orientamento giurisprudenziale, che poggia le sue solide basi sul tenore letterale dell’art. 3 della legge n. 28471977, il ricorso merita di essere accolto, con la conseguente rideterminazione della pozione assicurativa presso l’I.N.P.S. anche relativamente al periodo di c.d. servizio figurativo, per la durata complessiva di anni 17, mesi 9 e giorni 4.

Deve riconoscersi, dunque, il diritto del dott. C.. Giuseppe alla rideterminazione della posizione assicurativa sulla base dell’aumento del quinto previsto dalla legge.

Sulle somme scaturenti dal ricalcolo, devono corrispondersi gli interessi legali e la rivalutazione monetaria, alle condizioni di legge, nei limiti della prescrizione quinquennale.

La complessità della causa giustifica la compensazione delle spese di giudizio, che rimangono a carico delle parti.

P.Q.M.

la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per la Puglia, definitivamente pronunciando

ACCOGLIE

il ricorso n° 32869, nei sensi in motivazione.

Spese di giudizio compensate. .
Così deciso in Bari, nella Camera di Consiglio del sei aprile duemiladiciotto.
F.to ( V. Raeli )


Depositata in Segreteria il 17/05/2018


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F.to (dott. Pasquale ARBORE)
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assicurazione generale obbligatoria

1) - il ricorrente ha prestato servizio presso l’Aeronautica Militare dal 1° ottobre 1979 al 21 ottobre 1997 e, a seguito di superamento di pubblico concorso, assunse servizio presso l’Ente Nazionale Assistenza al Volo a decorrere dal 27 novembre 1997.
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Sezione EMILIA ROMAGNA Esito SENTENZA Materia PENSIONI Anno 2018
Numero 188 Pubblicazione 12/10/2018


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE
PER LA REGIONE EMILIA - ROMAGNA
In funzione di giudice unico delle pensioni in composizione monocratica, in persona del Consigliere Dr. Claudio Chiarenza

Ha pronunciato la seguente
SENTENZA

Nel giudizio iscritto al n. 44788/M del registro di segreteria proposto ad istanza del Sig. OMISSIS, nato il OMISSIS a OMISSIS, residente a OMISSIS, in via OMISSIS, C.F. OMISSIS, rappresentato e difeso dall’Avv. Vanessa RUSCELLI del foro di Rimini ed elettivamente domiciliato presso l’indirizzo di posta elettronica certificata vanessa.ruscelli@ordineavvocatirimini.it, come da procura speciale in calce al ricorso, nei confronti di:

1) Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro tempore, Direzione Generale della Previdenza militare e della Leva, 1° reparto, 2^ divisione, rappresentato e difeso dal Capo della 2^ divisione Col. com. Maurizio Rinaldi;

Visto il ricorso;
Visti gli altri atti e documenti di causa;
Uditi nella pubblica udienza del 21 settembre 2018, con l’assistenza del Segretario Sig. Luca Cataldi, l’Avv. Vanessa Ruscelli per il ricorrente. Assente il Ministero della Difesa.

CONCLUSIONI DELLE PARTI

Per il ricorrente Sig. OMISSIS (Avv. Vanessa RUSCELLI):
1) “Dichiarare illegittimo ed infondato il decreto n. OMISSIS emesso il OMISSIS dal Ministero della Difesa nella parte in cui, con atto integrativo OMISSIS inviato al sig. OMISSIS il 11-08- 2017, posizione n.109685/4, a firma del Capo Divisione Col. Com. Dionisio Ventura (doc. 6), si dispone la ricongiunzione dei servizi ai sensi dell'art. 113 del T.U. 1092/73 e, per l’effetto, condannare il Ministero della Difesa, in persona del ministro pro tempore, Militare e della Leva, 1° Reparto, 2^ Divisione, Capo Divisione Col. Com. Dionisio Ventura, alla modifica del Decreto n. OMISSIS emesso il OMISSIS, integrato con atto OMISSIS inviato a OMISSIS in data 11.08.2017, posizione n.109685/4, alla riunione dei servizi statali in riferimento all'art. 112 del TU 1092/1973 o in applicazione dell'articolo 119 del TU 1092/1973 “Dipendenti transitati per legge dallo Stato a enti diversi, o viceversa”, unici applicabili alla ricongiunzione dei servizi nel caso di specie.”;

2) Con vittoria di spese ed onorari di giudizio.

Per il convenuto Ministero della Difesa (Col. com. Maurizio RINALDI):

1) “che venga dichiarata la cessazione della materia del contendere, ovvero l’improcedibilità del ricorso per originaria carenza d’interesse ad agire ai sensi dell’art. 100 Cod. proc. civ.”;

2) Con salvezza di spese.

MOTIVAZIONE

1. Con ricorso depositato in data 29 settembre 2017 il Sig. OMISSIS, controllore del traffico aereo con licenza ATCO in servizio presso l’Ente Nazionale di Assistenza al Volo – ENAV, espone di avere svolto l’attività di controllore del traffico aereo alle dipendenze dell’Aeronautica Militare dal 1° ottobre 1979 al 21 ottobre 1997 e di essere transitato all’ENAV dal novembre 1997, in virtù dell’art. 11 della L. n. 665/1996, essendo costretto a passare dall’Ente Previdenziale INPDAP all’INPS, nonostante lo stesso avesse formulato richiesta di opzione in riferimento all’art. 5 della L. n. 274/1991.

Con decreto in data 7 maggio 2003, n. 148, il Ministero della Difesa provvedeva a costituire, a favore del ricorrente, la posizione assicurativa per il servizio militare prestato di 21 anni di servizio.

Con successivo decreto in data OMISSIS, il Ministero annullava il precedente decreto n. 148/2003 (doc. 5: comunicazione dell’avvenuto annullamento della posizione assicurativa).

Il ricorrente, con nota in data 30 maggio 2017, chiedeva al Ministero di comunicare il servizio utile ai sensi dell’art. 112 del D.P.R. n. 1092/1973, non indicato nel citato decreto n. OMISSIS. In risposta, il Ministero, con nota in data 16 giugno 2017, prot. n. 78030, comunicava che il servizio prestato nell’Aeronautica Militare era ricongiungibile con quello prestato presso l’ENAV ai sensi dell’art. 113 del T.U. 1092/1973, fornendo le notizie richieste.

Il ricorrente lamenta, in primo luogo, che l’art. 113 del TU n. 1092/1973 non sarebbe applicabile in fattispecie, in quanto disciplina le ricongiunzioni tra servizi resi allo Stato e quelli resi negli Enti Locali, risultando all’evidenza che l’ENAV non è mai stato un ente locale. Il ricorrente è stato assunto all’ENAV nel 1997, quando era Ente Pubblico Economico già dal 1° gennaio 1996, ai sensi della L. n. 665/1995. Il OMISSIS non è mai stato iscritto, pertanto, ad alcuna cassa di previdenza prevista per gli enti locali.

Per la ricongiunzione dei servizi resi allo Stato, l’unica norma applicabile sarebbe, quindi, l’art. 119 del TU 1092/1973, che disciplina i dipendenti transitati per legge dallo Stato a enti diversi, o viceversa, ai sensi dell’art. 11 della L. n. 665/1996.

Al più, il ricorrente avrebbe diritto alla riunione dei servizi ai sensi dell’art. 112 del citato TU, come già effettuato per altri colleghi. L’impugnato D.M. n. OMISSIS, infatti, prevedendo che la posizione assicurativa sia costituita presso la Gestione dipendenti Pubblici dell’INPS, riconosce che il servizio è stato prestato in diverse amministrazioni dello Stato.

2. Il Ministero della Difesa, con memoria di costituzione e risposta depositata in data 31 luglio 2018, fa presente che il ricorrente assunse servizio all’ENAV il 27 novembre 1997, dopo che questo era stato trasformato in Ente pubblico economico, a decorrere dal 1° gennaio 1996, rendendo inapplicabili sia l’art. 112 sia l’art. 119 del TU n. 1092/1973, in quanto i suoi dipendenti assunti dopo la trasformazione sono iscritti all’assicurazione obbligatoria gestita dall’INPS.

Inoltre, il Ministero fa presente di avere annullato in via di autotutela l’impugnato DM n. OMISSIS (D.M. OMISSIS), che comunque non venne mai eseguito dell’amministrazione. Per effetto dell’annullamento, è quindi ricostituita la posizione assicurativa del ricorrente, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della L. n. 665/1996 e della l. n. 322/1958, non avendo il Sig. OMISSIS titolo alla ricongiunzione dei servizi pensionistici, né ai sensi del citato art. 112, che presuppone più servizi prestati presso l’amministrazione statale per i quali sia previsto il trattamento di quiescenza a carico del bilancio dello Stato, né ai sensi dell’art. 119 TU n. 1092/1973, che riguarda dipendenti statali transitati alle dipendenze degli enti locali per effetto di disposizioni di legge.

Per le esposte considerazioni sussiste quindi, secondo il resistente, l’originaria carenza di interesse al ricorso o la sopravvenuta cessazione della materia del contendere, per effetto dell’avvenuto annullamento del provvedimento impugnato.

3. L’avvenuto annullamento dell’atto impugnato ha realizzato la cessazione della materia del contendere.

Dalla documentazione in atti risulta che il ricorrente ha prestato servizio presso l’Aeronautica Militare dal 1° ottobre 1979 al 21 ottobre 1997 e, a seguito di superamento di pubblico concorso, assunse servizio presso l’Ente Nazionale Assistenza al Volo a decorrere dal 27 novembre 1997.

Pertanto, ai sensi dell’art. 8, comma 6, della L. 21 dicembre 1996, n. 665, il ricorrente è stato iscritto all’assicurazione generale obbligatoria gestita dall’INPS.

All’atto della cessazione dal servizio presso l’amministrazione Militare, non avendo diritto a pensione, a favore del ricorrente è stata quindi costituita la posizione assicurativa presso l’INPS ai sensi della L. 2 aprile 1958, n. 322, scomputando dai contributi dovuti l’indennità una tantum in luogo di pensione spettante, rimanendo a carico dell’INPDAP l’onere differenziale (DM 7 maggio 2003, n. 148, indennità riliquidata con provvedimento dispositivo del Comando 15° Stormo Cervia del 23 aprile 2013, n. 7768).

Risulta, pertanto, illegittimo l’annullamento della posizione assicurativa comunicato al ricorrente con nota in data 14 marzo 2017, n. 35398, che costituisce l’oggetto del presente giudizio. Sussisteva, quindi, in capo al ricorrente, l’interesse ad agire per ottenere la corretta applicazione dei propri diritti previdenziali.

L’Amministrazione, con OMISSIS, comunicato al Sig. OMISSIS dopo la proposizione del ricorso, ha provveduto ad annullare in via di autotutela il OMISSIS, ricostituendo l’originaria posizione assicurativa presso l’INPS, con la conseguenza che per tutto il periodo di lavoro prestato il ricorrente è in possesso di iscrizione presso l’assicurazione generale obbligatoria gestita dall’INPS senza alcun onere a suo carico, con conseguente venir meno dell’interesse ad agire.

La Sezione osserva, peraltro, che alla fattispecie in esame non risulta applicabile né l’art. 112 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092, in quanto il servizio prestato presso l’ENAV è soggetto all’assicurazione generale obbligatoria gestita dall’INPS e non è a carico del bilancio dello Stato, né l’art. 119 del predetto D.P.R., in quanto il ricorrente non è transitato all’ENAV per effetto di disposizioni di legge, ma per concorso, quando già l’ENAV era ente pubblico economico.

Le spese del giudizio restano a carico delle parti che le hanno sostenute.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Emilia – Romagna, definitivamente pronunciando,

DICHIARA

Estinto il giudizio per cessata materia del contendere. Le spese del giudizio restano a carico delle parti che le hanno sostenute.

Nulla per le spese di giustizia.

Il giudice, considerata la normativa vigente in materia di protezione di dati personali e ravvisati gli estremi per l’applicazione dell’art. 52 del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196, avente ad oggetto “Codice in materia di protezione di dati personali”, dispone che, a cura della segreteria, venga apposta l’annotazione di omissione delle generalità e degli altri elementi identificativi, anche indiretti, del ricorrente, dei terzi e, se esistenti, dei danti causa e degli aventi causa.
Manda alla Segreteria per i conseguenti adempimenti.
Così deciso in Bologna, nella camera di consiglio del 21 settembre 2018.
Il Giudice
Cons. Claudio CHIARENZA

f.to Claudio Chiarenza


Depositata in Segreteria il giorno 12/10/2018


p. Il Direttore di Segreteria
f.to Susanna Barbato
In esecuzione del Provvedimento ai sensi dell’art. 52 del Decreto Legislativo 30 giugno 2003 nr. 196, in caso di diffusione omettere le generalità e gli altri dati identificativi, anche indiretti, del ricorrente, dei terzi e, se esistenti, del dante causa e degli eventi causa.
Bologna, lì 12/10/2018
Il Direttore di Segreteria
f.to Susanna Barbato
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Re: apertura d'ufficio posizione assicurativa presso inps

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La CdC Sez. 3^ d'Appello con sentenza n. 14/2019 datata 11/02/2019 ha rigettato l'appello del ricorrente.


1) - La Sezione, applicando alla fattispecie l’art. 124, comma 1 del DPR 1092/1973, puntualizzava che la ricongiunzione del periodi assicurativi, ai sensi della l. 29/1979, rientrava nella nozione non di “servizio utile”, ma di “servizio effettivo” non comprensivo delle maggiorazioni spettanti per i servizi resi in condizioni disagiate o con particolari benemerenze (SS.RR., sentt. 8 e 11 del 2011)., per cui l’indennità di volo non poteva essere computata ai predetti fini, accogliendo invece il capo della domanda relativa allo scomputo degli interessi.

2) - Come fatto presente dall’INPS, l’argomento in questione è stato ripetutamente affrontato da questa nonché da altre Sezioni di appello che, con giurisprudenza consolidata (vedasi Sez. III sentt. 588 e 684 del 2015, Sez. I n. 221/2017, e con giurisprudenza più risalente, Sez. I app., 5.4.2009, n. 235; Sezione II app., 31.1.2011, n. 58 e 8.3.2011, n. 136) e con orientamento uniforme hanno ritenuto che, ai fini della costituzione della posizione assicurativa, il “servizio prestato” non può non essere che il servizio realmente prestato, quindi il “servizio effettivo”.
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Sezione TERZA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA
Anno 2019 Numero 14 Pubblicazione 11/02/2019

Sent. 14/2019

23/05/2019

Repubblica Italiana
In Nome del Popolo Italiano
La Corte dei Conti
Sezione Terza Giurisdizionale Centrale d’Appello

Composta dai Sigg.ri magistrati:
Dott. Antonio Galeota Presidente f.f. rel
Dott.ssa Giuseppa Maneggio Consigliere.
Dott.ssa Cristiana Rondoni Consigliere
Dott. Marco Smiroldo Consigliere
Dott. ssa Patrizia Ferrari Consigliere
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

Sull’appello in materia pensionistica n° 52464 proposto dal sig. omissis rappresentato e difeso dagli avv.ti Alessandra Polonio e Alberto Papadia, elettivamente domiciliato presso lo studio di quest’ultimo, sito in Roma, via Catanzaro n. 9, contro il Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro – tempore, elettivamente domiciliato presso l’Avvocatura Generale dello Stato all’indirizzo roma@mailcert.avvocaturastato.it e contro l’INPS, rappresentato e difeso dagli avv.ti Antonino Sgroi, Lelio Maritato, Carla D’Aloisio, Emanuele De Rose, Giuseppe Matano, Ester Ada Vita Sciplino, elettivamente domiciliato in Roma, via Cesare Beccaria n. 29

avverso

la sentenza della Sezione Campania di questa Corte n. 293/2016 depositata il 27.5.2016;

uditi, alla pubblica udienza del giorno 16 gennaio 2019, con l’assistenza del segretario, sig.ra Maria Elisabetta Sfrecola, il relatore, Cons. Antonio Galeota, l’avv. Alberto Papadia per l’appellante, la dott.ssa Marina Propersi per il Ministero della Difesa e l’avv. Lelio Maritato per l’INPS.

Ritenuto in
FATTO

Con la sentenza in epigrafe la Sezione Campania di questa Corte ha accertato il diritto del ricorrente, sig. omissis , nella qualità di capitano dell’Esercito congedato in data 1.2.1999, alla determinazione dell’onere della ricongiunzione con detrazione degli interessi ai sensi dell’art. 2, comma 2 della l. 29/1979, con condanna dell’INPS alla restituzione al ricorrente delle maggiori somme eventualmente versate, in relazione alla vicenda che segue.

Dagli atti risulta che l’interessato, all’atto del congedo come sopra temporalmente determinato, non aveva maturato l’anzianità di servizio presupposto del diritto a pensione, atteso che egli aveva costituito la posizione assicurativa presso l’INPS e che gli anni da valutarsi (21 e ulteriori mesi 10) erano stati maggiorati di un terzo per il servizio di volo prestato.

Rilevato che dall’estratto contributivo non gli erano state calcolate le settimane corrispondenti alla maggiorazione di volo, egli chiedeva il riconoscimento del diritto al computo del periodo di servizio prestato presso il Ministero della Difesa dal 14.7.1981 al 13.10.1984 e dal 29.7.1985 all’1.2/1999, secondo le maggiorazioni previste dall’art. 20 DPR 1092/1973 nonché il diritto alla determinazione dell’onere di ricongiunzione con detrazione degli interessi ai sensi dell’art. 2, comma 2 della l. 29/1979.

La Sezione, applicando alla fattispecie l’art. 124, comma 1 del DPR 1092/1973, puntualizzava che la ricongiunzione del periodi assicurativi, ai sensi della l. 29/1979, rientrava nella nozione non di “servizio utile”, ma di “servizio effettivo” non comprensivo delle maggiorazioni spettanti per i servizi resi in condizioni disagiate o con particolari benemerenze (SS.RR., sentt. 8 e 11 del 2011)., per cui l’indennità di volo non poteva essere computata ai predetti fini, accogliendo invece il capo della domanda relativa allo scomputo degli interessi.

Avverso la sentenza si grava l’odierno appellante per violazione e falsa applicazione degli art. 124, comma 1, 20 e 40 del DPR 1092/1973: della l. 322/1958 e n. 29/1979, nonché per carenza di motivazione, alla luce di pregressa giurisprudenza (Sez. Lazio sentt. 100/2013 e 182/2013).

Le argomentazioni di parte appellante sono state ulteriormente corroborate con memoria depositata in maniera cartacea il 6.9.2018, eccependo, altresì, la possibile incostituzionalità dell’art. 124, comma 1 citato per violazione del principio di uguaglianza sostanziale, il contrasto con l’art. 38, commi 2 e 4 della Suprema Carta, la violazione di un equo processo di cui all’art. 6 CEDU .

Si è costituita l’INPS con propria memoria dell’agosto 2018, che, facendo riferimento alle già citate sentenze 8 e 11 2011 delle SS.RR. di questa Corte, alla giurisprudenza consolidata di questa Sezione in materia nonché alla sentenza n. 39/2018 della Corte Costituzionale, ha chiesto il rigetto dell’appello e la applicazione dell’art. 92 cpc.

Questo Collegio rinviava il giudizio, in occasione dell’udienza del giorno 21.9.2018, ex art. 291 c.g.c., alla odierna data del 16.1.2019.

Si è costituito il Ministero della Difesa con memoria del 27.12.2018, chiedendo anch’esso il rigetto dell’appello, anche alla luce della sopravvenuta sentenza del Giudice delle Leggi già richiamata, con vittoria di spese quantificate forfettariamente in euro 1.000,00.

Nella odierna udienza le parti si sono riportate a quanto già espresso nei rispettivi atti scritti.

DIRITTO

L’appello è palesemente infondato.

Come fatto presente dall’INPS, l’argomento in questione è stato ripetutamente affrontato da questa nonché da altre Sezioni di appello che, con giurisprudenza consolidata (vedasi Sez. III sentt. 588 e 684 del 2015, Sez. I n. 221/2017, e con giurisprudenza più risalente, Sez. I app., 5.4.2009, n. 235; Sezione II app., 31.1.2011, n. 58 e 8.3.2011, n. 136) e con orientamento uniforme hanno ritenuto che, ai fini della costituzione della posizione assicurativa, il “servizio prestato” non può non essere che il servizio realmente prestato, quindi il “servizio effettivo”.

Il “servizio utile” - che per definizione è, almeno in parte, servizio “non prestato” - può essere pertanto utilizzato ai fini della liquidazione dell’indennità una tantum che, in applicazione degli artt. 42 e 52 del d.P.R. n. 1092 del 1973, viene attribuita al “personale cui non spetti la pensione”: non anche, appunto, ai fini della costituzione della posizione assicurativa.

Tale posizione è stata autorevolmente confermata dalle Sezioni riunite, che si sono espresse sull’argomento in due occasioni: con la sentenza 27.5.2011, n. 8/QM, la quale ha fissato il principio di diritto secondo cui “Ai fini della costituzione della posizione assicurativa prevista dall’art. 124, comma 1, del d.P.R. n. 1092 del 29.12.1973, l’espressione <periodo di servizio prestato>, ivi contenuta, deve intendersi come <servizio effettivo> e non come <servizio utile>”, e, successivamente, con la sentenza n. 11/2012/QM, che ha ribadito siffatto principio.

Quanto sopra stabilito non configura alcuna disparità di trattamento, dovendosi, sul punto, anzitutto, evidenziare che l'art. 124, primo comma, del d.P.R. n. 1092 del 1973 è stato trasfuso nell'art. 1861 del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 (Codice dell'ordinamento militare), intervenuto a dettare una disciplina organica della materia, e successivamente abrogato per effetto dell'art. 12, comma 12-undecies del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 (Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica), convertito, con modificazioni, in legge 30 luglio 2010, n. 122.

Su di essa, peraltro, come, anche in tal caso, hanno opportunamente fatto presente sia l’Istituto previdenziale sia la ex Amministrazione di appartenenza dell’appellante, è intervenuto il Giudice delle leggi, che, con la sentenza n. 39 del 2018, ha dichiarato non fondata la questione di costituzionalità sollevata dalla Sezione Lombardia di questa Corte con riferimento all’art. 124, comma 1 DPR 1092 1973, evidenziando che “Nel quadro di un contemperamento non irragionevole tra l'adeguatezza della tutela previdenziale e la sostenibilità degli oneri necessari a salvaguardarla si deve collocare la scelta di ancorare la posizione assicurativa al solo servizio effettivo, senza computare la maggiorazione figurativa per gli speciali servizi prestati”.

La dichiarata conformità a Costituzione, ad opera del Giudice delle leggi, della suesposta normativa rende ultroneo, a ben vedere, l’esame dell’asserito contrasto con l’art. 6, comma 1 della CEDU della normativa in questione, ove si consideri che la riconducibilità di una norma di diritto italiano al diritto comunitario delle norme CEDU (Convenzione Europea dei Diritti dell’Uomo) implica la verificata non operatività dei meccanismi di disapplicazione del diritto interno contrastante (che si impone invece al giudice, al cospetto di leggi nazionali e regionali incompatibili con norme comunitarie aventi efficacia diretta, vedasi in proposito C. Cost., ordinanza n. 103 del 15.04.2008).

Il Collegio, sul punto, si limita a rammentare che la Corte costituzionale ha già evidenziato, nella sentenza n. 113 del 07.04.2011 (riprendendo l’opzione interpretativa di cui alle sentenze della Consulta nn. 348 e 349 del 24.10.2007), come <<…le norme della CEDU – nel significato loro attribuito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, specificamente istituita per dare a esse interpretazione e applicazione (art. 32, paragrafo 1, della Convenzione) – integrino, quali “norme interposte”, il parametro costituzionale espresso dall’art. 117, primo comma, Cost., nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli “obblighi internazionali” (sentenze n. 1 del 2011; n. 196, n. 187 e n. 138 del 2010; n. 317 e n. 311 del 2009, n. 39 del 2008). Prospettiva nella quale, ove si profili un eventuale contrasto tra una norma interna e una norma della CEDU, il giudice comune deve verificare anzitutto la praticabilità di una interpretazione della prima in senso conforme alla Convenzione, avvalendosi di ogni strumento ermeneutico a sua disposizione; e, ove tale verifica dia esito negativo – non potendo a ciò rimediare tramite la semplice non applicazione della norma interna contrastante – egli deve denunciare la rilevata incompatibilità, proponendo questione di legittimità costituzionale in riferimento all’indicato parametro>>.

Orbene, la suesposta pronuncia della Corte Costituzionale rende evidente – per così dire “di conseguenza” - la aderenza della suesposta disposizione anche all’art. 117 primo comma, Cost., nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli “obblighi internazionali”, nella prospettiva - che il Collegio reputa sussistente - di una sua effettiva rispondenza all’art. 6 della CEDU evocato dall’appellante, non potendosi dare, in senso logico prima che giuridico, la contraddittoria rispondenza di una norma primaria interna al principio di uguaglianza sostanziale di cui all’art. 3 della Suprema Carta e il contemporaneo contrasto con una norma della Convenzione CEDU, quale parametro espressamente richiamato dal più volte citato art. 117, comma 1 della Costituzione.

L’appello va quindi rigettato, puntualizzando che ogni ulteriore motivo non espressamente affrontato nella presente decisione deve ritenersi assorbito da quanto sopra argomentato, o/e in ogni caso respinto.

Nulla per le spese di giudizio, stante la sostanziale gratuità del processo pensionistico innanzi a questo Giudice.

Il Collegio si determina a stabilire la compensazione delle spese, ove si consideri che la questione qui discussa ha avuto una definitiva e coerente sistematizzazione solo a seguito della menzionata (e sopraggiunta) sentenza della Corte Costituzionale sul punto.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione Terza centrale di appello, definitivamente pronunciando, ogni altra istanza o eccezione reiette, rigetta l’appello n. 52464 del sig. omissis avverso la sentenza della Sezione Campania di questa Corte n. 293/2016.

Nulla per le spese di giudizio.

Le spese sono compensate.

Manda alla Segreteria per gli adempimenti di competenza.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 16 gennaio 2019.
IL PRESIDENTE F.F. EST.
(F.to Antonio Galeota)


Depositata in Segreteria il giorno 11 Febbraio 2019


Il Dirigente
F.to Dott. Salvatore Antonio Sardella
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Re: apertura d'ufficio posizione assicurativa presso inps

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ricorso in Appello rigettato.

appellata la sentenza della CdC Veneto n. 360 del 23.10.2013.

1) - costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS, delle maggiorazioni previste dall’art. 20 del d.P.R. 1092 del 1973 relative al servizio di volo prestato alle dipendenze del Ministero della Difesa.

- artt. 40 e 124 e ss. del d.P.R. 1092 del 1973;
- l. n. 322 del 1958, e dell’art. 2 della l. n. 29 del 1979

2) - ha chiesto la parziale riforma dell’impugnata sentenza col riconoscimento, in sede di costituzione della posizione assicurativa presso l’INPS, delle maggiorazioni previste dall’art. 20 del d.P.R. 1092 del 1973 relative al servizio di volo.
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Re: apertura d'ufficio posizione assicurativa presso inps

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Ricorso del ricorrente Accolto in Appello.

1) - aveva a suo tempo richiesto l'annullamento del provvedimento di diniego di riscatto, ai sensi dell'art. 142 del D.P.R. n. 1092 del 1973, del periodo intercorrente tra la nomina giuridica ad Ufficiale in s.p.e., intervenuta il X XXXXX , e quella economica di assunzione in servizio (X XXXXXX XXXX) e cioè del periodo di anzianità giuridica. Ciò anche in considerazione del fatto che per il personale militare il legislatore avrebbe previsto una diversa disciplina per il riscatto dei periodi di servizio utile a pensione, circoscrivendola a talune fattispecie espressamente previste dall'art. 5, commi 3, 4 e 6 del d. lgs. n. 165 del 1997 in materia di riscatto dei periodi di servizio militare comunque prestato.

2) - Devesi rilevare, innanzitutto, come condivisibilmente rivendicato dall’odierno appellante, che la disposizione di legge posta a fondamento della pretesa é rappresentata dall'art. 142 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. XXXX che dispone sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato e il cui secondo comma testualmente recita: "Nel caso in cui, ai sensi dell'art. 8, si debba valutare un periodo non retribuito, l'interessato è tenuto a versare, per la durata del periodo stesso, l'importo delle ritenute in conto entrate del Tesoro applicabili all'ultimo stipendio integralmente percepito".

3) - Il citato d. lgs. sul Codice dell’ordinamento militare ha, inoltre, introdotto l'art. 1847 del Capo II - Valutazione dei servizi – che dispone, al primo comma, (Computo del servizio effettivo) nel senso che "Il computo del servizio effettivo si effettua dalla data di assunzione del servizio sino a quella di cessazione dallo stesso”.

4) - In conclusione, in conformità al citato precedente giurisprudenziale, non v'è, perciò, ragione per ritenere che, con riguardo al riscatto del periodo intercorrente tra la decorrenza giuridica del servizio e l'assunzione effettiva in servizio non debba applicarsi, in attuazione del disposto di cui al citato art. 1848 del c.o.m., la disciplina stabilita dall'art. 142 del T.U. n. 1092 del 1973.

5) - Giova da ultimo evidenziare che tale ultima lettura della richiamata disciplina si appalesa conforme ai principi costituzionali e che, diversamente opinando, si darebbe ingresso -come condivisibilmente prospettato dalla difesa dell’appellante- a dubbi di legittimità costituzionale in ragione del verificarsi di una ingiustificata disparità di trattamento fra dipendenti civili e militari all'interno dell'unica categoria del pubblico impiego statale.

N.B.: leggi il tutto qui sotto.
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Sezione PRIMA SEZIONE CENTRALE DI APPELLO Esito SENTENZA Materia PENSIONISTICA
Anno 2019 Numero 130 Pubblicazione 12/06/2019

130/2019

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE PRIMA GIURISDIZIONALE CENTRALE DI APPELLO

Composta dai seguenti magistrati:
Agostino CHIAPPINIELLO Presidente
Pina Maria Adriana LA CAVA Consigliere relatore
Elena TOMASSINI Consigliere
Rossella CASSANETI Consigliere
Giuseppina MIGNEMI Consigliere

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

sull’appello in materia pensionistica, iscritto al n. 53802 del registro del Ruolo Generale, proposto da T. R:, rappresentato e difeso -giusta procura in calce all’atto- dagli avv.ti Carlo Viola ( pec: carlo.viola@avvocatispoleto.leg) Antonio De Angelis (pec: antonio.deangelis@ordineavvocatiterni.it) e dall'Avv. Daniele Proietti (pec: daniele.proietti@aordineavvocatiterni.it) ed elettivamente domiciliato presso lo studio degli stessi in Terni, Via della Caserma n. 5;

avverso
la sentenza della Corte dei conti - Sezione Giurisdizionale per la Regione Umbria n. X/XXXX, pubblicata in data XX.XX.XXXX,

contro
- INPS, Istituto Nazionale della Presidenza Sociale - gestione ex INPDAP, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso, dagli avv.ti Emanuele De Rose, Carla D’Aloisio, Antonio Sgroi, Lelio Maritato ed Ester Ada Vita Scilpino, con gli stessi elettivamente domiciliato in Roma, presso l'Ufficio dell'Avvocatura Centrale INPS, via Cesare Beccaria, 29;

- il Ministero della Difesa, in persona del Ministro pro-tempore, non costituito;

visto il ricorso in appello e tutti gli altri atti e documenti di causa;
uditi, alla pubblica udienza del 15 aprile 2019, con l'assistenza del segretario, dott.ssa Rita Maria Dina Cerroni, il relatore consigliere Pina Maria Adriana La Cava, l’avv. Bruno Taverniti, su delega dei difensori di parte appellante e l’avv. Emanuele De Rose per l’INPS appellato;
premesso in fatto e ritenuto in diritto quanto segue:

SVOLGIMENTO DEL PROCESSO

Con la sentenza impugnata la Sezione territoriale in epigrafe ha respinto il ricorso con cui l'odierno appellante (Col. in ris.) aveva a suo tempo richiesto l'annullamento del provvedimento di diniego di riscatto, ai sensi dell'art. 142 del D.P.R. n. 1092 del 1973, del periodo intercorrente tra la nomina giuridica ad Ufficiale in s.p.e., intervenuta il X XXXXX , e quella economica di assunzione in servizio (X XXXXXX XXXX) e cioè del periodo di anzianità giuridica. Ciò anche in considerazione del fatto che per il personale militare il legislatore avrebbe previsto una diversa disciplina per il riscatto dei periodi di servizio utile a pensione, circoscrivendola a talune fattispecie espressamente previste dall'art. 5, commi 3, 4 e 6 del d. lgs. n. 165 del 1997 in materia di riscatto dei periodi di servizio militare comunque prestato.

Tanto premesso, il Tarquini, con il proposto appello ha contestato la predetta sentenza, in quanto errata, illogica e viziata, sotto diversi profili, da “Violazione e falsa applicazione dell'art. 8 del DPR n. 1092/1973, dell'articolo 1847 del d. lgs. n. 66/2010, dell'art. 142, comma 2, del dpr n. XXXX/XXXX; eccesso di potere per carenza dei presupposti, illogicità manifesta e disparità di trattamento”. Al riguardo si sostiene essenzialmente che sarebbe errato l'assunto ragionativo del Giudice di prime cure secondo cui il soppresso secondo periodo del comma 2 dell'art. 8, del D.P.R. 1092/1973 sarebbe stato riprodotto, con corrispondente contenuto, nella norma di cui all'art. 1847 del d.lgs. n. 66/2010, precludendo così al personale militare la computabilità, ai fini del trattamento di quiescenza, del periodo intercorrente tra la decorrenza giuridica del rapporto di lavoro e quella di effettiva assunzione.

Sarebbe, sotto altro profilo, incontestabilmente indicativa la volontà del legislatore di dare al personale civile ed a quello militare la medesima regolamentazione di computo del servizio ai fini pensionistici, giustificandosi la differente terminologia utilizzata solo in relazione alla diversità delle funzioni e le mansioni svolte dal personale civile e da quello militare. Per il primo, il contenuto del rapporto è qualificato in termini di "impiego" e di "lavoro". Per il secondo, invece, attesa la peculiarità dei compiti svolti, è indicato in "servizio", che non indica un concetto diverso rispetto a quello del rapporto giuridico che si instaura tra un datore di lavoro e un prestatore, bensì sta ad indicare la medesima relazione giuridica, qualificandola diversamente in relazione alle particolarità contenutistica delle mansioni e delle funzioni svolte dal militare. Si sostiene, quindi, che già l'art. 8, comma 2, secondo periodo del D.P.R. 1092/1973, contrariamente a quanto affermato dal primo Giudice, permetteva, anche per il personale militare, la computabilità, ai fini del trattamento di quiescenza, del periodo intercorrente tra la decorrenza giuridica del rapporto di lavoro e quella di effettiva assunzione.

Di qui la fondatezza della pretesa dell'odierno appellante che chiede l’accoglimento del gravame e la conseguente riforma della sentenza impugnata.

L’INPS si è costituito con memoria difensiva con la quale contraddice in toto la tesi dell’appellante sostanzialmente ribadendo le argomentazioni della sentenza del giudice territoriale di cui chiede, quindi, la conferma.

Il Ministero della Difesa non si è costituito.

Alla odierna trattazione entrambe le parti hanno ribadito le argomentazioni già esposte in atti e le conclusioni formulate.

La causa è, pertanto, passata in decisione.

MOTIVAZIONE DELLA DECISIONE

Il presente gravame ha ad oggetto un'unica questione di diritto rappresentata dalla computabilità o meno, in base alla normativa di riferimento, sul trattamento di quiescenza relativo al personale militare, del periodo intercorrente tra la decorrenza giuridica del rapporto di lavoro e quella di effettiva assunzione (decorrenza amministrativo-economica) per le ipotesi in cui i due momenti non siano coincidenti.

Secondo il Giudice di prime cure la normativa applicabile al caso di specie -peraltro espressamente richiamata e testualmente riportata nella sentenza qui impugnata- non permetterebbe di estendere al personale militare quanto previsto per il personale civile in ordine alla computabilità, ai fini del calcolo del trattamento pensionistico, del periodo di decorrenza giuridica del rapporto (e non anche quello della decorrenza amministrativo-economica).

L’interpretazione è errata.

Questa Sezione, infatti, come ricordato dall’appellante, ha avuto occasione, in un caso del tutto analogo (sent. n XXX/XXXX), di pronunciarsi sulla corretta interpretazione della normativa di riferimento secondo quanto di seguito riportato.

Devesi rilevare, innanzitutto, come condivisibilmente rivendicato dall’odierno appellante, che la disposizione di legge posta a fondamento della pretesa é rappresentata dall'art. 142 del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. XXXX che dispone sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato e il cui secondo comma testualmente recita: "Nel caso in cui, ai sensi dell'art. 8, si debba valutare un periodo non retribuito, l'interessato è tenuto a versare, per la durata del periodo stesso, l'importo delle ritenute in conto entrate del Tesoro applicabili all'ultimo stipendio integralmente percepito".

Secondo, poi, il richiamato art. 8 del medesimo D.P.R. n. 1092 del 1973, “Tutti i servizi prestati in qualità di dipendente statale si computano ai fini del trattamento di quiescenza, salve le disposizioni contenute nel capo successivo. Il computo si effettua dalla data di decorrenza del rapporto d'impiego o di lavoro sino a quella di cessazione di tale rapporto".

Il secondo periodo dello stesso art. 8, comma 2, del D.P.R. n. 1092 del 1973 è stato abrogato dall'art. 2268, comma 1, n. 691 del d. lgs. 15 marzo 2010, n. 66 ("Codice dell'ordinamento militare”) e disponeva nel senso che, con riferimento alla posizione del personale militare, il computo dei servizi dovesse essere effettuato dalla data di assunzione sino quella di cessazione dal servizio stesso, diversamente per quanto previsto per il computo per i dipendenti civili, che si effettuava (e si effettua) dalla data di decorrenza del rapporto di impiego o di lavoro sino a quella di cessazione del rapporto.

Il citato d. lgs. sul Codice dell’ordinamento militare ha, inoltre, introdotto l'art. 1847 del Capo II - Valutazione dei servizi – che dispone, al primo comma, (Computo del servizio effettivo) nel senso che "Il computo del servizio effettivo si effettua dalla data di assunzione del servizio sino a quella di cessazione dallo stesso”.

Tale ultima disposizione, per il primo giudice, ha sostituito il soppresso periodo del secondo comma dell'art. 8 del D.P.R. n. 1092 del 1973 e costituisce, per il personale militare, la disciplina di riferimento in ordine al computo dei periodi di servizio ai fini del trattamento di quiescenza.

In ciò risiede l'errore interpretativo della sentenza impugnata la quale, sul presupposto che la disposizione normativa abrogata sia stata riprodotta nel testo dell'art. 1847 del d. lgs. n. 66 del 15 marzo 2010, ha ritenuto sussistente inalterata sul punto in contestazione la diversità di disciplina tra l’impiego civile e quello militare.

Secondo diversa e condivisa esegesi, viceversa, devesi ritenere che quest'ultima norma si limita a definire la modalità di computo del cosiddetto "servizio effettivo", prevedendo che lo stesso si effettui dalla data di assunzione del servizio sino a quella di cessazione dallo stesso, ma non va oltre: non prevede, cioè, che solo il servizio effettivo possa computarsi ai fini del trattamento di quiescenza.

Sicché, non può ritenersi escluso, come in precedenza, che non possa essere valorizzato, ai fini del trattamento di quiescenza, così come previsto in generale per i dipendenti pubblici, il tempo tra la decorrenza giuridica del servizio e l'assunzione effettiva in servizio ai richiesti fini del riscatto del periodo. Del resto il successivo art. 1848 del Codice dell'ordinamento militare prevede che "Al personale militare si applicano le norme in materia(...) di riscatto (...) previste per i dipendenti dello Stato, in quanto compatibili con le disposizioni del presente capo".

In conclusione, in conformità al citato precedente giurisprudenziale, non v'è, perciò, ragione per ritenere che, con riguardo al riscatto del periodo intercorrente tra la decorrenza giuridica del servizio e l'assunzione effettiva in servizio non debba applicarsi, in attuazione del disposto di cui al citato art. 1848 del c.o.m., la disciplina stabilita dall'art. 142 del T.U. n. 1092 del 1973.

Giova da ultimo evidenziare che tale ultima lettura della richiamata disciplina si appalesa conforme ai principi costituzionali e che, diversamente opinando, si darebbe ingresso -come condivisibilmente prospettato dalla difesa dell’appellante- a dubbi di legittimità costituzionale in ragione del verificarsi di una ingiustificata disparità di trattamento fra dipendenti civili e militari all'interno dell'unica categoria del pubblico impiego statale.

Premesso tutto quanto dianzi esposto, l’appello si appalesa fondato e meritevole di accoglimento con conseguente riforma della impugnata sentenza nel senso dell’accoglimento della pretesa dell’appellante inizialmente avanzata e, quindi, del riconoscimento del diritto dello stesso al riscatto, ai fini pensionistici, del periodo intercorrente tra la decorrenza giuridica e quella economica del servizio militare prestato.

Le spese legali seguono la soccombenza e sono liquidate, come in dispositivo, a carico dell’INPS.

Nulla per le spese di giustizia.

P.Q.M.

la Corte dei conti - Sezione Prima Giurisdizionale Centrale d’Appello, respinta ogni altra eccezione e deduzione delle parti, definitivamente pronunciando,

ACCOGLIE

l'appello in epigrafe proposto dal sig. T. R: e, per l’effetto, riforma nel senso di cui in motivazione la sentenza n. X/XX del XX XXXXXX XXXX della Sezione giurisdizionale per la regione Umbria.

Le spese legali seguono la soccombenza e sono liquidate a carico dell’INPS e in favore di parte appellante nella misura di € 2.000,00, per entrambi i gradi di giudizio.

Nulla per le spese di giustizia.

Manda alla segreteria per i conseguenti adempimenti.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 15 aprile 2019.
L’ESTENSORE IL PRESIDENTE
(F.to Pina M. Adriana LA CAVA) (F.to Agostino CHIAPPINIELLO)


Depositata in Segreteria il 12 giugno 2019


IL DIRIGENTE
F.to Rota Alvise Sebastiano
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