Ma guarda che tu hai chiesto un parere, se ne sei così sicuro, tranquillizza il tuo collega, poi magari lui sarà il primo caso e di norma, tale reato, di regola è sempre associato ad altri, soprattutto per le forze di polizia, ovvero non si tratta solo, ad esempio di A.T., ma di S.D.I.. Inoltre, non tutti fanno ricorso, certamente troverai casi di sospensione cautelare dal servizio e questa porta la probabilità della successiva destituzione.Gino68 ha scritto:Non sono d’accordo con voi vorrei vedere almeno un precedente o una sentenza in tal senso io non l’ho trovata comunque grazie per l’intervento.
Pubblicato il 07/09/2017
N. 04306/2017 REG.PROV.COLL.
N. 00194/2017 REG.RIC.
logo
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Sesta)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 194 del 2017, proposto da:
Angelo Cantone, rappresentato e difeso dall'avvocato Pier Giacinto Di Fiore, con domicilio eletto presso il suo studio in Napoli, G. Porzio, Centro Direzionale F4;
contro
Ministero della Difesa, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale Napoli, domiciliata in Napoli, via Armando Diaz, 11;
per l'annullamento
- della determinazione del Ministero della difesa - Direzione Generale per il Personale Militare n. 0673990 del 21 novembre 2016, relativa alla “perdita del grado per rimozione, per motivi disciplinari” a partire dal 3 maggio 2016;
- di tutti gli atti ad esso connessi, preparatori o consequenziali, nonché di tutti gli atti dell’inchiesta formale, ordinata il 07/06/2016, di tutti gli atti e le risultanze della Commissione di disciplina che
nella seduta del 28 settembre 2016 lo ha ritenuto “non meritevole di conservare il grado”.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 28 giugno 2017 il dott. Carlo Buonauro e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
Con atto ritualmente notificato e depositato il sign Angelo Cantone impugnato le decisioni disciplinari adottate a suo carico in epigrafe indicate.
Nei confronti dell'odierno ricorrente, appuntato scelto dei Carabinieri, in servizio permanente, presso la Tenenza dei Carabinieri di Marano di Napoli, era stata disposta la sospensione precauzionale dall’impiego, a titolo obbligatorio, ex art. 915, co. 1, lettera b), del d.lgs. 15 marzo 2010, n. 66, a decorrere dal 1° giugno 2016. Ciò avveniva in concomitanza del procedimento penale avviato nei suoi confronti, a seguito della predisposizione di apposita misura custodiale, per una serie di reati perpetrati con una serie di atti e comportamenti tenuti nello svolgimento della sue funzioni. Il ricorrente è, in particolare, imputato per accesso abusivo al sistema informatico, tentato accesso abusivo al sistema informatico, rivelazione ed utilizzazione di segreti d’ufficio, corruzione per atto contrario ai doveri d’ufficio, peculato, rifiuto di atti d’ufficio, illecita detenzione di munizionamento da guerra, aggravato dall’aver agevolato le attività illecite di un clan camorristico).
A sostegno della domanda parte ricorrente ha dedotto:
- la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 1393 del C.O.M. (Codice dell'Ordinamento Militare);
- l’eccesso di potere per violazione della Legge, per difetto di istruttoria e di motivazione;
- la violazione degli articoli 24 e 97 della Costituzione;
- la violazione e l’erronea applicazione degli articoli 861 e 867 del C.O.M.;
- la violazione e la falsa applicazione dell’articolo 3 della Legge n. 241/90, per assoluta mancanza di motivazione.
Il Ministero si costituisce in giudizio, facendo valere l'infondatezza del ricorso.
Il ricorso è infondato e va respinto per le ragioni che seguono.
In ordine all'art. 1393 del d.lgs. 66 del 2010, che regola i rapporti tra procedimento penale e quello disciplinare, non può condividersi la doglianza formulata da parte ricorrente.
Se è vero che l'attuale previsione della norma è la seguente: «Se per il fatto addebitato al militare è stata esercitata azione penale (…), il procedimento disciplinare non può essere promosso fino al termine di quello penale (…) e, se già iniziato, deve essere sospeso»; nondimeno la previsione precedente, da ritenere applicabile alla presente vicenda in relazione ai fatti contestati ed alla tempistica in ordine all’attivazione e definizione del procedimento disciplinare de quo (secondo il generale canone ermeneutico tempus regit actum) era più articolata, prefigurando la concomitanza dei due procedimenti, con la possibilità per quello disciplinare di concludersi anche in pendenza del procedimento penale, salve alcune specifiche ipotesi. Tra queste ultime, come nel casi di specie, i casi di complesso accertamento dei fatti addebitati e comunque i casi in cui in ambito penale siano contestati «atti e comportamenti del militare nello svolgimento delle proprie funzioni, in adempimento degli obblighi e dei doveri di servizio». Al verificarsi di tale situazione il legislatore configurava, tuttavia, la possibilità di adottare una sospensione in via precauzionale dall'impiego.
Non può quindi condividersi l’assunto di parte ricorrente per cui l'Arma dei Carabinieri, perdurando il procedimento penale, avrebbe potuto al più deliberare la sospensione dall'impiego; di qui, la sanzione disciplinare non può reputarsi adottata (e a sua volta l'intero procedimento iniziato) in violazione di legge.
Inoltre, escluso che alcuna motivazione avrebbe potuto giustificare, adeguatamente, la spendita di un potere che non doveva iniziare o che doveva essere sospeso, ove esercitato, s’appalesano infondate le censure con cui si contesta il difetto di motivazione e di istruttoria, con particolare riferimento alla mancata indicazione di fatti e circostanze che, nel caso di specie, avrebbero consentito lo svolgimento della procedura.
A disciplinare la perdita del grado è l'art 861 del d.lgs. 66 del 2010. Questa norma annovera tra le cause delle perdita tanto la sanzione adottata al termine di una procedura disciplinare, quanto la condanna penale. Non può quindi che condividersi l’assunto di parte resistente per cui proprio l'art. 861 confermerebbe l'ammissibilità di una degradazione che avvenga in maniera indipendente rispetto all'esito del processo penale. Peraltro, deve riaffermarsi l’assunto per cui il principio per cui “nessuno è tenuto ad accusare se stesso” non troverebbe spazio in questo specifico settore, in virtù della sussistenza di un rapporto di servizio caratterizzato da un vincolo gerarchico particolarmente stringente.
Soprattutto, assumendo l'assoluta separazione del procedimento disciplinare da quello penale, deve ritenersi del tutto esaustiva l'attività istruttoria condotta, concludendosi per l'indubitabile legittimità della determinazione disciplinare adottata; ciò anche a fronte della presentazione, da parte dell'interessato, di difese (memorie difensive) inadeguate.
Dall'istruttoria condotta sui fatti aventi rilievo disciplinare, sarebbe emersa l'incompatibilità dell'accertato comportamento materiale con i vincoli di fedeltà, lealtà e correttezza assunti dal ricorrente con il giuramento prestato. Siffatto giudizio, involgendo una valutazione discrezionale dell'amministrazione, resta sottratto ad un sindacato invasivo del giudice.
Ad ogni modo, la motivazione della decisione può dirsi sufficiente alla luce dei rilevanti dati fattuali richiamati e, stante l’effettività del momento partecipativo-difensivo, il contraddittorio con l'interessato realmente è stato pieno e conforme a normativa (cfr. documentazione in atti).
Ed invero, per un verso, l’amministrazione ha correttamente evidenziato il grave vulnus al rapporto di fiducia, posto a fondamento dell’attività di servizio, scaturente dalla complessiva condotta ascritta all’odierno ricorrente, in forza dei riscontri probatori emersi in sede di indagine penale, della specifica tipologia di addebiti contestati e del grave contesto ambientale ipotizzato; per altro verso, sia in sede di contestazione che di esercizio del diritto di difesa, appare emergere un pieno ed effettivo dispiegarsi del principio di contraddittorio procedimentale.
In conclusione il ricorso va respinto.
Nelle peculiarità delle questioni trattate il Collegio ravvisa, tuttavia, in base al combinato disposto di cui agli articoli 26, comma 1, c. p. a. e 92, comma 2, c. p. c., eccezionali ragioni per l'integrale compensazione delle spese del grado di giudizio tra le parti.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Sesta), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Napoli nella camera di consiglio del giorno 28 giugno 2017 con l'intervento dei magistrati:
Paolo Passoni, Presidente
Renata Emma Ianigro, Consigliere
Carlo Buonauro, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Carlo Buonauro Paolo Passoni
Giustizia Amministrativa - Consiglio di stato Tribunali Amministrativi RegionaliGiustizia Amministrativa - Consiglio di stato Tribunali Amministrativi Regionali
N. 00843/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00570/2016 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale 570 del 2016, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. Angelo Villini, con domicilio presso Segreteria T.A.R. in Brescia, Via Carlo Zima, 3;
contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura distrettuale dello Stato, domiciliataria in Brescia, Via S. Caterina, 6;
per l'annullamento
del foglio n. 102348/1394 in data 19 febbraio 2016, di sospensione precauzionale dal servizio, nonché dei provvedimenti antecedenti, tra cui il foglio n. 669263/15 del 17/11/2015 di avvio del relativo procedimento amministrativo;
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Economia e delle Finanze - Comando Generale della Guardia di Finanza;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2016 il dott. Giorgio Calderoni e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO e DIRITTO
I. Il provvedimento impugnato
Il ricorrente, attualmente Appuntato Scelto della Guardia di Finanza, dopo aver riepilogato i propri precedenti di carriera (a partire dall’arruolamento quale Allievo Finanziere dal 21.9.1995), impugna con il presente ricorso il provvedimento 19 febbraio 2016, con cui il Comandante Interregionale dell’Italia Nord Occidentale ha disposto la sua sospensione precauzionale dal servizio, a titolo discrezionale, richiamandosi a:
- la richiesta di rinvio a giudizio in data 26 ottobre 2015, formulata nei confronti del ricorrente dalla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia – Direzione Distrettuale Antimafia, in ordine al reato, tra gli altri, di cui all’art. 615 ter co. 1, co. 2 n.1 e co. 3 c.p.;
- il verbale di udienza preliminare redatto in data 23 novembre 2015 dal G.U.P. presso il Tribunale Ordinario di Brescia;
- il verbale di udienza redatto in data 20 gennaio 2016 con il quale il suddetto G.U.P. ha sottolineato, tra l'altro, che “la specificazione nel capo d'imputazione [...] delle consultazioni vietate […] tende a specificare che vi è stata violazione nel complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l'accesso”;
- le proposte formulate rispettivamente dal Comando Provinciale Brescia (con il foglio n. 35991/16, in data 22 gennaio 2016) e dal Comando Regionale Lombardia (con foglio n. 92642/16, in data 16 febbraio 2016);
- gli atti del procedimento amministrativo a carico del militare, dai quali si evince che lo stesso non ha presentato memorie difensive.
A fronte di ciò, il Comandante Interregionale ha testualmente <<ritenuto di assumere, nei confronti dell'interessato, il provvedimento di sospensione precauzionale dal servizio, a titolo discrezionale, considerando complessivamente:
- che la condotta ascritta all'interessato (consistita, tra l'altro, nell'essersi introdotto - nella sua qualità di Appuntato Scelto della Guardia di Finanza, in servizio presso una Tenenza del Corpo - abusivamente ed in plurime occasione nel sistema informativo dell'Anagrafe Tributaria e nella banca dati SDI ed aver effettuato numerose interrogazioni per finalità non attinenti ad indagini o ad accertamenti di Polizia Giudiziaria o Tributaria, abusando dei poteri ed in violazione dei doveri inerenti la propria funzione) di cui all'atto di imputazione indicato in premessa, risulta connotata da estrema gravità, specie se correlata allo status di militare dello stesso ed ai doveri di correttezza e lealtà assunti con il giuramento;
- il grave pregiudizio al buon andamento dell'Amministrazione derivante dall'impiego in servizio del militare, anche in compiti non operativi, atteso che, a causa degli addebiti a proprio carico, lo stesso, al momento, non è più nelle condizioni necessarie per poter esercitare le proprie funzioni con pienezza d'autorità;
- il necessario bilanciamento, operato tra gli interessi dell'Amministrazione e quelli personali dell'interessato che, per la gravità della vicenda, propende per la tutela dell'interesse pubblico, costituzionalmente prescritta>>.
Dopodiché, viene disposta la sospensione precauzionale dal servizio del ricorrente a decorrere dal 20 febbraio 2016 e con la corresponsione degli assegni stabiliti dall’art. 13 legge n. 833/61.
II. Le deduzioni svolte in ricorso.
Avverso tale provvedimento, vengono dedotte in ricorso le seguenti censure:
1. violazione degli artt. 14 e 40 legge n. 833/1961 e degli artt. 861 e ss. e 916 D. Lgs. n. 66/2010; travisamento dei presupposti di legge, manifesta abnormità e irrazionalità: si sostiene essenzialmente che nel caso di specie non ricorrerebbero i presupposti per la sospensione cautelare dal servizio a titolo discrezionale che, secondo la normativa richiamata, andrebbero individuati, per gli appartenenti al ruolo degli appuntati e finanzieri, “solo nell’avvio di un procedimento penale dal quale può conseguire la perdita del grado”.
Ma non sussisterebbe “in capo al ricorrente la possibilità di "subire", allo stato una sentenza di condanna per i fatti ascritti né l'applicazione di sanzioni accessorie”, in quanto lo stesso ricorrente, nel corso dell'udienza preliminare del 20/01/2016 formulava istanza di sospensione del processo con messa alla prova ex art. 168-bis c.p., accolta dal Giudice dell'udienza preliminare che disponeva conseguentemente il rinvio all'udienza del 19/10/2016, al fine di consentire da parte dell'U.E.P.E. di competenza la predisposizione del programma di trattamento.
Rientrando a pieno titolo l'istituto in esame tra le cause di estinzione del reato, ai sensi del comma 2 dell'art. 168 ter c.p., ne discenderebbe che l'accesso del ricorrente all'istituto della messa alla prova, avente l’effetto di far caducare tutti gli effetti penali dell'imputazione sollevata nei suoi confronti, farebbe venir meno tutti i presupposti di legge per l'applicazione nei confronti del medesimo della sospensione cautelare dal servizio.
D'altro canto, nei confronti del ricorrente non risulta aperto alcun procedimento disciplinare per i fatti oggetto di imputazione, né l'Amministrazione ha irrogato alcuna sanzione disciplinare di stato tale da poter legittimare sotto altro profilo l'adozione della sospensione cautelare dal servizio;
2. violazione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità, eccesso di potere per manifesta ingiustizia, violazione dell’art. 1 comma 1 legge 241/1990 e dell’art. II, 107, comma 2 Costituzione Europea. Si deduce in sintesi:
- che “l'Amministrazione nella valutazione del grave pregiudizio ha omesso di operare una comparazione tra la materialità del fatto contestato, il pregiudizio derivante all'Amministrazione e la personalità, il ruolo, le capacità, la natura della funzione pubblica svolta dal militare” (al riguardo si citano pronunce del Consiglio di Stato degli anni 2004, 2008 e 2009);
- che le doglianze sul buon andamento dell'Amministrazione derivante dall'impiego in servizio del militare, denunciate nell'impugnato provvedimento, si porrebbero in evidente contrasto con le valutazioni caratteristiche riguardanti il ricorrente ed il positivo giudizio complessivo espresso dai diretti superiori (il rendimento in servizio è stato sempre valutato "eccellente" a decorrere dalle note caratteristiche del 04/09/2002, giudizio permanente in tutti gli specchi valutativi successivi);
- che la sospensione precauzionale dal servizio si rende opportuna, nel caso in cui il comportamento del dipendente, per fatti di rilievo penale direttamente connessi al servizio, implichi una incompatibilità assoluta fra la prestazione delle mansioni lavorative e la permanenza in servizio dell’interessato, ma nel caso di specie nessuna valutazione sarebbe stata compiuta sulla opportunità di impiego del ricorrente in mansioni diverse, né l'eventuale trasferimento ad altra sede di servizio ovvero sull'incapacità di tali soluzioni a elidere il rischio di reiterazione delle condotte illecite;
- che, peraltro, il fatto contestato non ha avuto alcuna risonanza mediatica sui giornali e nella opinione pubblica, tale da determinare la compromissione dell'immagine della P.A.;
- che il Comando Interregionale Italia Nord Occidentale, pur essendo a conoscenza dei fatti contestati già a decorrere dall'anno 2012, soltanto ultimamente ritenuto di operare la sospensione precauzionale dal servizio e persino dopo la presentazione della domanda di sospensione del processo per messa alla prova;
3) arbitrarietà manifesta, carenza assoluta o insufficienza della motivazione, violazione dell’art. 10, co. 3 D. Lgs. 199/1995 e dell’art. 3 legge 241/1990, nell’assunto che:
* “il Comando Interregionale avrebbe dovuto valutare la personalità e la condotta del ricorrente in concreto, sia nel periodo antecedente che successivo al periodo in cui risaliva il fatto contestato, analizzando lo stato di servizio, il recupero morale e il tempo trascorso dal fatto, dando espressa e puntuale ragione nel relativo provvedimento dell'effettiva corrispondenza del giudizio di inidoneità a quanto obiettivamente accertato”;
* nel caso in esame, non si sarebbe tenuto conto dell'unicità dell'episodio, nonché della circostanza che sia prima che dopo il fatto negativo de quo il ricorrente ha continuato a conseguire valutazioni di eccellenza;
* i provvedimenti impugnati risulterebbero, altresì, illegittimi per violazione della normativa in materia di giudizio di avanzamento (art. 10, comma 3 del D.Lgs. 12 maggio 1995, n. 199).
In calce al ricorso viene, poi, formulata espressa istanza istruttoria, volta all’acquisizione dei già richiamati foglio n. 35991/16 del 22/01/2016 (contenente la proposta formulata dal Comando Provinciale di Brescia) e foglio n. 92642 del 16/02/2016 (contenente la proposta formulata dal Comando Regionale Lombardia).
III. Il deposito 24 maggio 2016 della difesa dell’Amministrazione.
In data 24 maggio 2016, l’Avvocatura dello Stato ha depositato in giudizio la relazione 13 maggio 2016 redatta dal Comando Interregionale della Guardia di Finanza, completa dei relativi allegati, tra cui figurano tutti gli atti richiamati nel provvedimento impugnato.
Inoltre, con la medesima nota di deposito (in via telematica) l’Avvocatura dello Stato ha contestualmente provveduto alla trasmissione via Pec della relazione GdF e dei relativi allegati anche al difensore del ricorrente.
IV. In particolare: le proposte 22.1.2016 e 16.2.2016 del Comando provinciale e del Comando regionale GdF.
IV.1. Tra la copiosa documentazione versata in giudizio dall’Amministrazione, rivestono all’evidenza rilievo preminente i due rispettivi fogli-proposta dei Comandi provinciale e regionale, di cui lo stesso ricorrente aveva, peraltro, chiesto l’acquisizione nel proprio ricorso introduttivo.
IV.2. Il foglio 22.1.2016 del Comando provinciale di Brescia della GdF è così articolato:
a) nella premessa si precisa che, al fine di riassumere la vicenda penale de qua, si è provveduto ad analizzare gli atti analiticamente elencati e contenuti nel fascicolo processuale, acquisito dal Gruppo GdF di Brescia, in data 4 dicembre 2015, presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale dì Brescia, nonché attingendo ad atti d'indagine svolti dalla Tenenza di Desenzano (presso cui il ricorrente è in forza) e dal predetto Gruppo;
b) segue la sintesi della vicenda penale, che così può essere ulteriormente sintetizzata:
- in data 26 marzo 2014, sulla pagina intranet della banca dati "S.D.I." in uso al Comandante della Tenenza di Desenzano del Garda è apparso un "alert" che segnalava la presenza di interrogazioni di sintesi operate dal ricorrente in data 5.02.2014 e in data 17.03.2014;
- poiché al militare non era stata delegata alcuna attività investigativa, il successivo 27 marzo 2014 il Comandante ha revocato a tutti i militari del Reparto l'abilitazione all'accesso alla banca dati "S.D.I.";
- quanto sopra è stato partecipato dallo stesso Comandante ai Sostituti Procuratori di Brescia, nel corso di una riunione che ha riguardato il legame del ricorrente con una cittadina straniera, indagata nell'ambito di un’inchiesta penale, in corso d'esecuzione e scaturita da indagini svolte dalla Squadra Mobile della Questura di Brescia, che ha individuato un'organizzazione composta da 39 soggetti di diversa etnia, ritenuti responsabili della commissione di numerosi reati, per lo più legati al traffico e spaccio di sostanze stupefacenti;
- il nominativo del ricorrente, non risultato coinvolto nel traffico e nello spaccio di sostanze stupefacenti, figura in diversi atti di indagine della Questura e, in particolare, ivi viene evidenziato, oltre al suo legame sentimentale con la cittadina straniera (la quale ha, contestualmente, intrattenuto una relazione anche con uno degli indagati principali), che da un accertamento presso il Servizio per il Sistema Informativo Interforze C.E.D. è emersa una serie di "interrogazioni di sintesi" effettuate dal militare, in assenza di attinenza con le attività normalmente allo stesso demandate, sul conto del proprio fratello, della predetta compagna, nonché di diversi soggetti gravati da precedenti penali, anche di particolare offensività sociale (estorsione, rapina, minaccia, furto aggravato, sequestro di persona, sfruttamento della prostituzione, detenzione di sostanze stupefacenti per fini di spaccio, etc.);
- da analogo accertamento svolto presso la Sezione Sistemi Informativi Operativi del Comando Generale GdF è, altresì, emerso che il militare, nel corso dell'anno 2014, ha eseguito numerosi accessi all’Anagrafe Tributaria non giustificati da esigenze di servizio e tendenti a rilevare il possesso di immobili, la diponibilità reddituale e altro nei confronti di diversi soggetti, sia a lui vicini sia esercenti attività commerciali e/o professionali;
- in data 28 settembre 2015, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia ha emesso un avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari (ex art. 415 bis c.p.p.), ove sono elencati n. 40 indagati, tra cui il ricorrente ed è indicato che quest'ultimo è sottoposto ad indagini in ordine ai seguenti reati:
"Capo W - per i delitti p. e p. dagli artt. 81 co. 2, 615 ter co. 1, co. 2 n. 1 e co. 3 c.p. e 12 L. 121/1981 perché, in qualità di Appuntato Scelto in servizio presso la Tenenza della Guardia di Finanza di Desenzano del Garda, in plurime occasioni in esecuzione del medesimo disegno criminoso si introduceva abusivamente nel sistema informativo dell'Anagrafe Tributaria e nella Banca Dati SDI effettuando numerose interrogazioni per finalità non attinenti ad indagini o ad accertamenti di Polizia Giudiziaria o Tributaria. Con le aggravanti di avere commesso il fatto con abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti la sua funzione e di avere agito su sistemi informatici di interesse pubblico. In Desenzano del Garda (BS) dal maggio 2013 all'ottobre 2014";
- con richiesta di rinvio a giudizio (ex artt. 416 e 417 c.p.p.) emessa in data 26 ottobre 2015, la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia, esaminati gli atti del procedimento penale in argomento, ha chiesto al Giudice per le Indagini Preliminari presso lo stesso Tribunale l'emissione del decreto che dispone il giudizio nel confronti, tra gli altri, del ricorrente, per il medesimo capo d'imputazione riportato nell'avviso all'indagato della conclusione delle indagini preliminari;
c) nel foglio si dà poi conto dell'annotazione di p.g. depositata, in data 15 ottobre 2015, dal Gruppo GdF di Brescia, alla Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia e da cui sono emersi, all’esito delle indagini effettuate su delega della stessa Procura (perquisizione e sequestro di materiale, acquisizione di conversazioni telefoniche su chat line):
- il coinvolgimento del ricorrente nella gestione di un bar, formalmente intestato alla compagna;
- elementi circa ulteriori accessi, da parte del ricorrente, a banche dati in uso al Corpo e per scopi non attinenti il servizio;
- una serie di frasi ingiuriose, offensive e calunniose rivolte dal militare in oggetto nei confronti del Comandante della Tenenza di Desenzano del Garda, del Comandante del Gruppo di Brescia, nonché di altri militari in forza alla citata Tenenza.
Tali esiti sono stati, altresì, comunicati dal Gruppo Gdf di Brescia alla competente Procura Militare della Repubblica presso il Tribunale Militare di Verona, per le proprie valutazioni;
d) al punto 4, il foglio dà espressamente conto del profilo professionale del militare, da cui risulta, tra l’altro:
- che nell'ultima valutazione caratteristica (rapporto informativo per il periodo dal 15 giugno 2015 al 1° ottobre 2015) ha fatto registrare un rendimento in servizio "elevato";
- che nell'anno 2011 è stato destinatario della sanzione del "rimprovero" per omesso, ingiustificato aggiornamento del sistema PASA dal giorno 10.05.2011 al giorno 10.08.2011;
- che nell'anno 2013 è stato sottoposto ad un procedimento disciplinare di corpo, conseguente ad un contesto penale instaurato presso la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Gorizia, ai cui esito gli sono stati inflitti gg. 2 di consegna di rigore con la seguente motivazione: "Finanziere scelto in forza a una Brigata, libero dal servizio, qualificandosi come appartenente alla Guardia di Finanza, invitava una pattuglia di vigili urbani a non procedere nei suoi confronti alla contestazione di una violazione al codice della strada. Al diniego dei suddetti agenti della Polizia Municipale, li apostrofava quali ottusi, battendo con le nocche della mano sull'autovettura di servizio degli stessi, proferendo la seguente frase «Visto che non mi fate andare via vedrete cosa vi capiterà quando vi prenderò io» e, continuando, «lo sono della Guardia di Finanza e prima o poi vi prendo e vedrete»;
- che, per quanto riportato nel Documento Unico Matricolare, dal 26 febbraio 1997 al 10 marzo 1997, giusta Determinazione n. 23674 in data 2 aprile 1997, è stato destinatario di un provvedimento di sospensione precauzionale a titolo obbligatorio, revocato, con effetti dal 26 febbraio 1997, giusta Determinazione n. 21489 in data 17 giugno 2002;
e) al punto 5 del foglio (rubricato “presupposto per l’adozione del provvedimento”) si dà espressamente atto che:
“Con l'esercizio dell'azione penale in ordine ai reati di cui agli artt. 81 co. 2, 615 ter co. 1, co. 2 n. 1 e co. 3 c.p. e 12 L. 121/1981, avvenuto mediante l'emissione della Richiesta di rinvio a giudizio (ex artt. 416 e 417 c.p.p.) n. 17325/11 R.G.N.R. Mod. 21 DDA - 69/12 R.G. G.i.P. in data 26 ottobre 2015, da parte della Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia, nell'ambito del procedimento penale in oggetto, il militare ha assunto la qualifica di imputato per ipotesi di reato da cui può derivare la perdita del grado.
Lo status di cui sopra realizza il presupposto previsto dall'art. 916 del D.Lgs. 66/2010 e dall'art. 14 della Legge 833/1961 per l'adozione nei confronti del militare di un provvedimento di sospensione precauzionale dal servizio, a titolo discrezionale”;
f) al punto 6 lett. “c” del foglio, il Comandante provinciale GdF fornisce la proprie valutazioni sulla vicenda, così motivando in particolare circa il pregiudizio all'interesse pubblico:
“Le condotte ascritte al militare determinano pregiudizio per le esigenze di tutela dell'interesse della collettività e per il buon andamento ed il prestigio del Corpo, in termini di efficienza e di immagine.
Sotto questo aspetto, si ritiene che i fatti per i quali la Procura della Repubblica presso il Tribunale di Brescia ha avanzato ai Giudice per le indagini Preliminari una richiesta di rinvio a giudizio nei confronti dell'App. Sc. (omissis) rilevino in quanto:
(a) riflettenti:
- gravi condotte di introduzione abusiva, in molteplici occasioni, nelle banche dati in uso al Corpo collegate con i sistemi informativi dell'Anagrafe Tributaria" e dello "S.D.I.", per finalità non attinenti ad attività di servizio;
- azioni connotate da abuso dei poteri e violazione dei doveri inerenti la funzione rivestita;
(b) inquadrati in un contesto soggettivo aggravato dalle seguenti, ulteriori azioni del militare:
- acquisizione di informazioni dalla banca dati "A.C.I. 2.0", con abusivo accesso e rivelazione alla propria compagna di notizie che dovevano rimanere riservate, in riferimento a dati identificativi di un automezzo localizzato nei pressi dell'attività commerciale intestata alla predetta;
- partecipazione ed interessamento nella gestione del bar della predetta (omissis), tale da qualificarsi come una vera e propria gestione di fatto dell'esercizio commerciale;
- tenuta di condotte collusive con la citata (omissis), finalizzate ad eludere l'accertamento di violazioni finanziarie commesse attraverso l'attività commerciale di quest'ultima, al contempo non denunciando la condizione di lavoratrice "in nero" precedentemente rivestita dalla predetta presso un locale di Desenzano del Garda (BS);
- affermazione, attraverso conversazioni telematiche, di frasi ingiuriose, offensive e calunniose nei confronti di superiori ed altri militari;
(c) concretizzanti, in definitiva, una violazione dei doveri inerenti la funzione di appartenente al Corpo.
Si ritiene che tale circostanza rappresenti elemento ostativo alla permanenza in servizio dell'interessato, permanenza che potrebbe avere, invece, conseguenze pregiudizievoli per l'interesse pubblico e per il buon andamento, l'efficienza ed il prestigio dell'Amministrazione, la cui tutela concretizza un'esigenza prioritaria.
Nel senso indicato, si ritiene che, permanendo in servizio, l'App. Sc. (omissis), non sarebbe in condizione di esercitare appropriatamente le funzioni richieste.
g) in conclusione, al capo 7 il Comandante provinciale propone di adottare, nei confronti del ricorrente, il provvedimento della sospensione precauzionale dal servizio, a titolo discrezionale, a norma dell'art. 916 del D. Lgs. 66/2010 e dell'art. 14 della Legge 833/1961.
IV.3. Il foglio 16.2.2016 del Comando Regionale aggiorna il quadro che precede, evidenziando in primo luogo che i PP.MM. presso la DDA di Brescia hanno formulato, nel corso dell'udienza preliminare tenutasi il 23 novembre 2015, una richiesta di contestazione suppletiva dei capi di imputazione, che è stata autorizzata dal G.U.P. del Tribunale Ordinario di Brescia all'esito della successiva udienza, tenutasi il 20 gennaio 2016, per cui, a seguito della predetta decisione del G.U.P., a carico del graduato risultano attualmente contestati due distinti capi di imputazione:
- il W.1, che sostanzialmente recepisce e conferma l'originario capo di imputazione W. formulato nella "Richiesta di rinvio a giudizio" in data 26 ottobre 2015, aggiungendo l'indicazione delle persone offese;
- il W.2, concernente fatti fino ad oggi non conosciuti ed integranti violazioni degli artt. 110 (Pena per coloro che concorrono nel reato), 326 (Rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio), 615 ter co. 1, co. 2 n. 1 e cc. 3 (Accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico) del c.p. e 12 (Sanzioni) della Legge 121/1981 (Nuovo ordinamento dell'Amministrazione della pubblica sicurezza).
Ritenendo che la consistenza degli elementi di prova a carico dell'interessato sia desumibile per relationem dagli atti giudiziari che lo riguardano, il Comandante Regionale GdF ravvisa la sussistenza di grave pregiudizio derivante all'Amministrazione dall'ulteriore permanenza in servizio dell'interessato, in quanto la natura degli addebiti a carico del militare non lo pongono più nelle condizioni necessarie per poter esercitare le proprie funzioni con pienezza d'autorità, neppure nell'attuale impiego non operativo (addetto alla gestione del parco mezzi terrestre nonché referente per la gestione dei buoni pasto).
Il Comandante Regionale precisa, altresì, che l'eventuale adozione del provvedimento cautelare nei confronti del graduato:
- non pregiudicherebbe l'andamento del servizio del Reparto, stanti le suddette funzioni dallo stesso esercitate;
- pur comportando consistenti implicazioni sotto il profilo personale ed economico, non esclude la possibilità di svolgere altra attività lavorativa (ancorché provvisoria) alle dipendenze di privati, senza incorrere nella diffida ministeriale (ex art. 1 Legge 37/1968), purché la stessa non intacchi, comunque, il prestigio o il decoro del Corpo, così come riconosciuto dal Consiglio di Stato con il parere n. 523, datato 11 marzo 2003.
Infine, nel foglio16 febbraio 2016 si puntualizza:
- che in sede di redazione di documentazione caratteristica, per il periodo dal 01.11.2013 al 31.10.2014, il militare è stato giudicato “eccellente”;
- che l'interessato non si è avvalso delle facoltà di cui all'art. 10 della L. 241/90, in ordine alla possibilità, tra l'altro, di presentare memorie scritte e documenti pertinenti al procedimento amministrativo di cui all'oggetto.
In conclusione, il Comandante “concordando con le valutazioni formulate dalla dipendente linea gerarchica” propone di adottare il provvedimento cautelare di cui si tratta.
V. segue: il Verbale di udienza preliminare 20 gennaio 2016.
Per quanto riguarda la posizione del ricorrente, dal già citato verbale di udienza preliminare in data 20 gennaio 2016 risulta quanto segue:
- l'avv. Villini formula, in via preliminare, istanza di proscioglimento del medesimo ai sensi dell'art. 129 c.p.p. e, in subordine, istanza di messa alla prova, depositando richiesta di elaborazione del programma all'UEPE formulata in data 19/1/2016 e inoltrata a mezzo PEC;
- in proposito il Giudice, dopo essersi ritirato in camera di consiglio, “osserva che non ricorrono i presupposti per un proscioglimento ai sensi dell'art. 129 c.p.p., in quanto l’abusività dell'accesso promana dalla compulsazione del sistema informatico e telematico, al quale l'imputato aveva la facoltà di accedere, in violazione dei suoi doveri istituzionali. In tal senso la specificazione nel capo di imputazione sub W.1 delle consultazioni vietate non riveste tanto lo scopo di enumerare lefinalità che abbiano soggettivamente motivato l'ingresso nel sistema, quanto piuttosto tende a specificare che vi è stata violazione nel complesso delle prescrizioni impartite dal titolare del sistema per delimitarne oggettivamente l'accesso.
Emerge dagli atti rimessi l'effettiva commissione di trasgressioni (da parte del ricorrente) con abuso della sua qualità pubblica e violazione del dovere di riservatezza e di segreto.
Va peraltro accolta la richiesta subordinata di ammissione alla messa alla prova ai sensi dell'art. 168 bis c.p., in quanto è pur vero che entrambi i reati contestati al prevenuto sono aggravati ai sensi del comma 2 dell'art. 615 ter- c.p., tuttavia la giurisprudenza maggioritaria della Suprema Corte è nel senso che, ai fini dell'individuazione dei reati per i quali è ammesso l'istituto ex art. 168 bis e seguenti c.p., occorre avere riguardo esclusivamente alla pena massima prevista per la fattispecie base, prescindendo dalla contestazione nel caso concreto di circostanze aggravanti, ivi comprese quelle ad effetto speciale.
In questo senso depongono sia la lettera della legge sia la finalità deflattiva che la ispira.
Nel caso in esame (…) sono contestati i reati ex art. 615 bis c.p. e 326 c.p. oltre che l'art. 12 L. 121/81, i quali sono puniti con pena edittale massima inferiore ai quattro anni, donde l'ammissibilità dell'istituto.
Si rileva che, essendo stata presentata soltanto ieri istanza all'UEPE, non è ancora stato elaborato il programma di trattamento, di talché, tenuto conto del tempo necessario per la sua predisposizione, previo stralcio della posizione di (…), si dispone il rinvio all'udienza del 19/10/2016 ore 9,00.”
Indi, il verbale si conclude mandando alla cancelleria per la comunicazione all'UEPE e per gli adempimenti di competenza.
VI. Il passaggio in decisione della causa
Dopodiché, all’odierna camera di consiglio e alla presenza dei difensori di entrambe le parti, la causa è stata trattenuta direttamente in decisione per la definizione del merito, ai sensi dell’art. 60 c.p.a..
In particolare, come risulta dal relativo verbale di udienza, il Presidente ha, in proposito e in tale circostanza chiesto “al difensore di parte ricorrente se abbia o meno particolari istanze a difesa da formulare”, ma l’esito è stato che “i difensori di entrambi le parti dichiarano che la controversia può essere decisa ai sensi del citato art. 60”.
VII. Considerazioni del Collegio
VII.1. Il Collegio è consapevole che il lungo riepilogo dei contenuti essenziali degli atti richiamati nel provvedimento impugnato e depositati in corso di giudizio dall’Amministrazione, effettuato ai capi precedenti, non è certamente consono alle caratteristiche della sentenza in forma semplificata, contemplata al citato art. 60 c.p.a. (non foss’altro perché essa è anche altrimenti detta comunemente “sentenza breve”), ma ciò corrisponde a una precisa e intenzionale scelta del Collegio stesso, determinata:
* dalla obiettiva delicatezza della controversia e dalla correlata esigenza di illustrarne compiutamente, nella decisione giurisdizionale che la risolve, tutti i profili in fatto così come ricostruibili dal “combinato disposto” tra provvedimento impugnato e atti in esso espressamente richiamati per relationem;
* dalla circostanza che la difesa di parte ricorrente, pur essendo stata preventivamente, correttamente e per tempo (rispetto all’odierna camera di consiglio) messa a conoscenza di tale produzione documentale di parte avversa, non abbia nei confronti di tali atti mosso obiezioni, repliche o contestazioni di sorta, in vista della medesima camera di consiglio;
* dall’ulteriore constatazione che, nel corso di tale udienza processuale, la stessa difesa - pur dopo aver per questa via avuto conoscenza delle due proposte infraprocedimentali avanzate dal Comando Provinciale e Regionale della GdF, di cui fin dal proprio ricorso introduttivo aveva chiesto l’acquisizione con rituale istanza istruttoria - non abbia, anche in esito ad apposita interrogazione del Presidente, chiesto termine per sviluppare, mediante l’apposito istituto dei “motivi aggiunti”, autonome e specifiche censure avverso tali atti, solo formalmente impugnati “al buio” nell’epigrafe del ricorso introduttivo.
Tale condotta processuale comporta, pertanto, che vada fatta applicazione, nel caso di specie, del principio di non contestazione affermato dall’art. 64, comma 2, a mente del quale “Il giudice deve porre a fondamento della decisione (….) i fatti non specificatamente contestati dalle parti costituite”.
Dal che discende la particolare rilevanza e pregnanza, ai fini della presente decisione, degli atti di cui si tratta e di cui in precedenza si è dato ampio conto.
Di qui anche l’obiettiva esigenza, nell’economia della decisione da rendere, di far “parlare” in primo luogo gli atti del giudizio incontroversi tra le parti.
VII.2. Se ciò vale per i “fatti” di causa, ai fini della disamina dei suoi profili in diritto sussiste l’analoga esigenza di riepilogare preliminarmente le principali coordinate interpretative cui è pervenuta la giurisprudenza amministrativa (specie del Consiglio di Stato, anche in sede consultiva) in tema di sospensione precauzionale di un militare (specie della Guardia di Finanza), la quale giurisprudenza si è consolidata nel senso che:
i) il potere dell’amministrazione di disporre la sospensione facoltativa dall’impiego del militare, che versi nella situazione individuata dall’art. 916 del D. Lgs n. 66/2010 (imputato per un reato da cui può derivare la perdita del grado) è connotato da ambiti ampiamente discrezionali, in ordine alla valutazione della gravità dei fatti e delle ragioni di opportunità connesse con la permanenza in servizio dell'incolpato (Cons. Stato, Sez. IV, 8.2.2016, n. 477, 7/11/2012 n. 5669, 30/11/2010 n. 8350 e n. 5364/2015, quest’ultima concernente un maresciallo della Guardia di Finanza);
ii) la suddetta sospensione dall’impiego, avendo natura di mera misura cautelare, prescinde del tutto dall’accertamento dell’effettiva responsabilità dell'inquisito, fondandosi solo su valutazioni di opportunità relative alla necessità di rimuovere, interinalmente, il pregiudizio derivante dalla permanenza del militare rinviato a giudizio nelle funzioni proprie (citate sentenze nn. 5364/2015 e 477/2016);
iii) sotto questo profilo, l’interesse dell’Amministrazione a vedere tutelata la propria moralità e il proprio decoro risulta preminente e prevalente sulle situazioni soggettive del dipendente (Cons. Stato, sez. II, pareri 20/10/2014, n. 3195/2014 e 16 febbraio 2011, n. 1865/2010);
iv) né si rinviene, in capo all’Amministrazione, un particolare onere motivazionale, in ordine alla necessità di vagliare l’adozione di misure alternative alla sospensione, dal momento che una siffatta eventualità non può sostituirsi alle valutazioni che l’Amministrazione stessa è chiamata ad operare in ordine alla gravità dei fatti addebitati all’imputato e al particolare nocumento arrecato al decoro e al prestigio dell'ente di appartenenza del militare (ancora Sez. II Cons. Stato, 16/10/2014, n. 3142/2014);
v) da quest’ultimo punto di vista non rileva che il militare al momento della sospensione dal servizio sia adibito a mansioni non operative, in quanto, in forza del grado rivestito (nella specie: appuntato scelto della Guardia di Finanza), egli è titolare delle qualifiche di agente di polizia giudiziaria e di agente pubblica sicurezza (Tar Lazio sez. II n. 24 del 2014);
vi) quanto alla situazione economica dell’interessato, è sufficiente che il provvedimento di sospensione ponga in rilievo come la sospensione precauzionale dal servizio consenta, comunque, al medesimo di svolgere altra attività lavorativa provvisoria (autonoma o dipendente), al fine di integrare l’assegno alimentare, senza incorrere nella diffida di cui all’art. 898 del decreto legislativo n. 66/2010, purché tale attività non leda il prestigio o il decoro dell’Amministrazione (ancora, citata sentenza Tar Lazio n. 24/2014);
vii) la sospensione dall’impiego, avendo natura di mera misura cautelare, prescinde del tutto dallo stato di servizio dell’inquisito (che può essere anche ampiamente positivo): Cons. Stato n. 477/2016;
viii) è irrilevante, infine, che l’interessato, nel periodo compreso tra il momento in cui i fatti sono stati denunciati e il suo rinvio a giudizio, abbia tenuto un comportamento ineccepibile (TRGA Bolzano n.163 del 2016).
VII.3. Da quanto sin qui esposto in fatto e diritto emerge la complessiva inconsistenza delle censure, in punto di asserito deficit motivazionale, dedotte in ricorso, mediante i rispettivi secondo e terzo motivo: invero, dal capo d’imputazione di cui alla richiesta di rinvio a giudizio 26 ottobre 2015 nei confronti del ricorrente e dalle proposte 22.1.2016 e 16.2.2016 del Comandante provinciale Regionale Gdf (proposte che fanno un tutt’uno sistemico con il provvedimento 19.2.2016 del Comandante Interregionale) emerge una condotta (quantomeno: introduzione abusiva nel sistema informativo dell'Anagrafe Tributaria e nella Banca Dati SDI W), la cui gravità e obiettiva incompatibilità con la sua permanenza in servizio appare di tutta evidenza, atteso il patologico utilizzo delle prerogative connesse allo status di militare della Guardia di Finanza.
Tenuto conto dei principi giurisprudenziali riportati alle lettere “i, ii e iii” del precedente capo VII.3, occorre concludere che l’impugnato provvedimento 19 febbraio 2016 e la presupposta proposta Comandante Provinciale di Brescia in data 22 gennaio 2016 (cfr. in particolare punto 6 lett. “c”) risultino puntualmente motivati e abbiano fatto corretto uso dell’ampio potere discrezionale di sospensione facoltativa dall’impiego di cui gode l’Amministrazione militare.
L’infondatezza dei suddetti secondo e terzo motivo risulta, poi, completa alla stregua delle ulteriori e specifiche considerazioni che, nei confronti di ciascuno di tali motivi, saranno svolte in appresso.
VII.4. Quanto agli ulteriori e specifici profili di censura dedotti con il secondo motivo, è sufficiente osservare, in contrario, che:
- l’eventuale assegnazione ad altre mansioni o sedi non sarebbe stata, comunque, una soluzione in grado di riparare al vulnus inferto dal rinvio a giudizio de quo, stante la titolarità in capo al ricorrente (in forza del grado rivestito: appuntato scelto della Guardia di Finanza) delle qualifiche di agente di polizia giudiziaria e di agente pubblica sicurezza (arg. da Tar Lazio sez. II n. 24 del 2014, citata alla lett. “v” del capo VII.3.);
- ai fini della compromissione dell’immagine della stessa Guardia di Finanza non va fatto riferimento unicamente all’opinione pubblica, bensì anche e se non di più, all’opinione delle istituzioni (autorità giudiziaria, altre forze dell’Ordine, in primis la Polizia di Stato che ha condotto le indagini) con cui la Guardia di Finanza è abitualmente chiamata a collaborare;
- infine, l’attivazione della stessa Guardia di Finanza nella vicenda di cui è causa è stata più che tempestiva (l’avviso di avvio del procedimento è stato notificato all’interessato a distanza di un mese dal suo rinvio a giudizio), cosicché non è dato ravvisare il presunto ritardo, dedotto nell’ultimo profilo del secondo motivo.
VIII.5. Quanto al terzo motivo:
- non rileva, come osservato da TRGA n.163 del 2016, il comportamento tenuto successivamente ai fatti contestati;
- in ogni caso, le valutazioni di eccellenza dal ricorrente conseguite non sono rilevanti (Cons. Stato n. 477/2016) e, soggiunge il Collegio, esse risultano, comunque, “compensate” dai precedenti disciplinari 2011 e 2013, menzionati al punto 4 della proposta 22.1.2016 del Comandante Provinciale;
- infine, neppure è unico l’episodio addebitato al ricorrente, stante che, prima dell’adozione del provvedimento impugnato, il GUP ha autorizzato (citata udienza 20 gennaio 2016) la contestazione, a suo carico, di un ulteriore capo di imputazione W.2 per rivelazione ed utilizzazione di segreti di ufficio e per accesso abusivo ad un sistema informatico o telematico (come evidenziato dalla proposta 16 febbraio 2016 del Comando Regionale).
Da ultimo, va anche ricordato come proprio questa proposta non abbia mancato di sottolineare che la sospensione precauzionale non esclude la possibilità di svolgere altra attività lavorativa (ancorché provvisoria) alle dipendenze di privati, senza incorrere nella diffida ministeriale, purché la stessa non intacchi, comunque, il prestigio o il decoro del Corpo (cfr., sul punto, la sentenza Tar Lazio n. 24/2014).
VII.6. Parimenti infondata è, poi, la specifica questione in diritto prospettata con il primo mezzo di impugnazione e con cui si sostiene, in sintesi, che “l'accesso del ricorrente all'istituto della messa alla prova, avente l’effetto di far caducare tutti gli effetti penali dell'imputazione sollevata nei suoi confronti, farebbe venir meno tutti i presupposti di legge per l'applicazione nei confronti del medesimo della sospensione cautelare dal servizio”.
Invero, non è affatto il semplice accesso del ricorrente al nuovo istituto della messa alla prova ad aver l’effetto caducante ex se degli effetti penali dell’imputazione, in quanto la costante giurisprudenza della Cassazione penale ha puntualizzato:
- che il nuovo istituto della messa alla prova, introdotto nel processo penale ordinario dalla legge n. 67 del 2014 e con cui si è disciplinato un percorso del tutto alternativo rispetto all'accertamento giudiziale penale, non incide affatto sulla valutazione sociale del fatto, la cui valenza negativa rimane, anzi, il presupposto per imporre all'imputato, il quale ne abbia fatto esplicita richiesta, un programma di trattamento alla cui osservanza con esito positivo consegua l'estinzione del reato (sez. IV, 18/09/2015, n. 40941e 30/09/2015, n. 43009);
- il beneficio dell'estinzione del reato è tutt’altro che automatico e consegue solo all'esito positivo della prova (sez. V, 09/06/2015, n. 35721; sez. VI, 28/04/2015, n. 38267; sez. III 14 aprile 2015 n. 22104; sez. II, 09/03/2015, n. 26761):
A sua volta, la giurisprudenza penale di merito ha precisato che l'estinzione del reato deve essere espressamente dichiarata: e ciò solo se all'esito del periodo di sospensione del processo con messa alla prova risulti il corretto comportamento dell'imputato ed il rispetto delle prescrizioni imposte e, dunque, che la prova abbia avuto esito positivo (Tribunale La Spezia, 23/09/2015, n. 1028); invero, in caso di esito negativo il Giudice dispone che il processo (sino ad allora solo sospeso) riprenda il suo corso.
Nel caso del ricorrente, il percorso alternativo al processo penale, lungi dall’essere giunto positivamente alla conclusione, è viceversa alle primissime battute iniziali, poiché egli è stato solo ammesso a usufruire dell’istituto della messa alla prova e anzi, avendo formalizzato tale richiesta il giorno immediatamente precedente (19 gennaio 2016) all’udienza dinanzi al GUP, questi ha disposto il rinvio all'udienza del 19/10/2016, al fine di consentire all'U.E.P.E. di predisporre il programma di trattamento.
All’epoca di adozione della sospensione precauzionale de qua, gli effetti penali dell’imputazione sollevata nei confronti del ricorrente erano, pertanto, ben lungi dall’essere caducati, come da questi invece sostenuto nel primo motivo: per cui, a quella data erano senz’altro sussistenti i presupposti di legge per l’applicazione di detta misura.
IX. Conclusivamente, il ricorso deve essere respinto, siccome infondato.
Le spese seguono il principio della soccombenza e sono liquidate come in dispositivo, in una misura che tiene conto della presente e accelerata definizione del giudizio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia sezione staccata di Brescia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Condanna il ricorrente a rifondere all’Amministrazione intimata le spese di lite che liquida in complessivi € 2.500,00 (euro duemilacinquecento/00), oltre accessori di legge se dovuti.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Ritenuto che sussistano i presupposti di cui all'art. 52, comma 1 D. Lgs. 30 giugno 2003 n. 196, a tutela dei diritti o della dignità della parte interessata, manda alla Segreteria di procedere all'oscuramento delle generalità nonché di qualsiasi altro dato idoneo ad identificare il ricorrente.
Così deciso in Brescia nella camera di consiglio del giorno 8 giugno 2016 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Calderoni, Presidente, Estensore
Mauro Pedron, Consigliere
Mara Bertagnolli, Consigliere
IL PRESIDENTE, ESTENSORE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 21/06/2016
IL SEGRETARIO
(Art. 89, co. 3, cod. proc. amm.)