Hai ragione. Non fa più modificare.
Ricongiungimento (mancava una n).
A seguito della sentenza 81-83
Re: A seguito della sentenza 81-83
Valuterò al momento ... l'ultimo giorno di servizio presenterò la richiesta di ricongiunzione e poi vedrò come giocarmela ... il fatto che sia una materia in continua evoluzione ha fatto in modo che commettessi errori su errori ...Louis65 ha scritto:cmq non saranno 7000€ saranno molto ma molto di più considera che nel fra tempo hai subito il riordino della carriera ci sarà un aumento contrattuale e sei più vicino ai 60 anni quindi ti verrà conteggiato molto di più, questi sono gli errori che si fanno non ricongiungendo all'inizio della carriera, ti faccio l'esempio mio io quando ero agente scelto ho ricongiunto aa 06 mm01 gg14 non ho pagato nulla anzi vi erano contributi in più oggi da ass.capo coordinatore ho fatto una simulazione e dovrei pagare € 16.237,54
Primo: non ricongiungere prima del 2010...
Secondo: non accettare la proposta di ricongiunzione onerosa nel 2017...
Vediamo se riesco ad evitare il terzo errore ...
Grazie a tutti per il contributo.
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Re: A seguito della sentenza 81-83
Messaggio da naturopata »
SENT. N. 3/18
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
la Corte dei Conti
Sezione giurisdizionale
per la regione Piemonte
in composizione monocratica nella persona del Cons. Walter BERRUTI, quale Giudice unico ai sensi dell’art. 151 c.g.c., ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20169 del registro di Segreteria, proposto da PAONE Pietro, nato a Scandale (CZ) il 4 ottobre 1964, residente in Leinì (TO), c.f. PNAPTR64R04I494E, rappresentato e difeso dall’Avv. Massimo Vitelli del Foro di Teramo come da procura speciale in calce al ricorso;
contro
INPS, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – Gestione Dipendenti pubblici, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso anche disgiuntamente, dagli Avv.ti Giorgio RUTA (RTU GRG 55C09 H501X) e Patrizia SANGUINETI (SNG PRZ 69A66 D969D) dell’Ufficio legale dell’Istituto, come da procura generale ad lites conferita con atto del notaio Paolo Castellini rep. 80974/21569 del 21 luglio 2015, con loro elettivamente domiciliato in Torino, Via dell’Arcivescovado n. 9;
avverso
la determinazione INPS n. TO012015826268 di conferimento al ricorrente della pensione ordinaria di inabilità n. 17592700 nella parte in cui non attribuisce l’incremento figurativo di cui all’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997 e non riconosce l’aliquota di rendimento del 44% in ordine alla quota fino alla data del 31 dicembre 1995, regolata dal sistema retributivo;
e per l’accertamento
del diritto al beneficio di cui all’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997, nonché all’attribuzione del coefficiente complessivo di rendimento del 44% ex art. 56 D.P.R. n. 1092/1973, con ripartizione nella misura del 34,75% per la quota A) e del 9,25 per la quota B);
e la conseguente condanna
dell’Amministrazione a rideterminare il trattamento pensionistico e a corrispondere le somme spettanti e gli arretrati oltre rivalutazione, interessi legali e interessi anatocistici ex art. 1283 cod. civ. dalla domanda giudiziale.
Visto il decreto con il quale è stata fissata l’odierna udienza di discussione.
Udito, alla pubblica udienza del 19 dicembre 2017, l’avv. Giorgio Ruta per l’INPS, nessun difensore comparendo per parte ricorrente.
Ritenuto in
FATTO
Il ricorrente, già appuntato scelto della Guardia di finanza, espone di essere stato collocato in congedo assoluto dal 18 giugno 2015 per infermità e di godere da tale data di pensione ordinaria di inabilità calcolata con il c.d. sistema misto retributivo-contributivo.
Egli con almeno tre richieste-diffide inviate all’INPS tra il 2015 e il 2016 ha lamentato la mancata concessione dell’incremento figurativo previsto dall’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997, nonché il fatto che l’aliquota di rendimento relativa alla quota retributiva della pensione (sino al 31 dicembre 1995) era stata applicata nella misura del 40,10 % e non del 44%, come stabilito dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973 per chi, come il ricorrente, possieda almeno 15 anni di servizio.
In mancanza di risposta da parte dell’INPS ha depositato il ricorso in esame in data 29 marzo 2017 con le conclusioni in epigrafe.
L’INPS si è costituito in data 9 giugno 2017 chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorrente ha depositato fuori udienza, senza chiedere, né ottenere l’autorizzazione della Corte, né comunicare a controparte, alcune memorie con allegati (in data 12 giugno, 29 settembre, 11 dicembre 2017), al fine di illustrare ulteriormente le proprie tesi.
Con ordinanza pronunciata all’esito dell’udienza del 20 giugno 2017 questo Giudice ha chiesto chiarimenti alla Guardia di finanza, che venivano resi con nota depositata il 6 settembre 2017.
Con successiva ordinanza pronunciata all’esito dell’udienza del 17 ottobre 2017 sono stati chiesti ulteriori chiarimenti all’INPS, che quest’ultimo tuttavia non è stato in grado di fornire.
All’udienza del 19 dicembre 2017 il difensore del ricorrente non è comparso senza addure alcun impedimento; è comparso invece il ricorrente personalmente e ha chiesto di poter produrre un precedente giurisprudenziale che, in quanto tale, è stato acquisito. Il legale dell’INPS ha richiamato le conclusioni in atti e la causa è stata decisa come da dispositivo.
Considerato in
DIRITTO
Preliminarmente va precisato che nel presente giudizio non potranno essere prese in considerazione le produzioni di parte ricorrente effettuate irritualmente fuori udienza.
1. Il ricorso invoca innanzitutto l’applicazione dell’art. 3, comma 7 del D.lgs. 30 aprile 1997 n. 165 (recante “Attuazione delle deleghe conferite dall'articolo 2, comma 23, della L. 8 agosto 1995, n. 335, e dall'articolo 1, commi 97, lettera g), e 99, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di armonizzazione al regime previdenziale generale dei trattamenti pensionistici del personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego”), che dispone: “Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare e per il personale delle Forze armate che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato.”
Tale beneficio non risulta in effetti riconosciuto nel provvedimento di liquidazione, che infatti menziona a tal fine solo l’art. 4 del D.lgs. n. 165/1997.
Nella specie l’interessato è cessato dal servizio senza poter transitare nella posizione di ausiliaria essendo stato posto in congedo assoluto per infermità e pertanto si trova nella condizione di usufruire del beneficio accordato dalla norma citata. Tale assunto, che trova supporto anche nei precedenti della Corte richiamati dal ricorrente (cfr. per tutti Sez. Sardegna n. 156/2017) non è contestato dall’INPS, il quale obietta invece che il ricorrente, in quanto appuntato scelto avrebbe qualifica di “graduato” cui sarebbe inibito dall’ordinamento l’accesso all’ausiliaria, riservato invece agli ufficiali e ai sottoufficiali.
Tali obiezioni sono prive di fondamento.
La L. 1 febbraio 1989 n. 53 (recante” Modifiche alle norme sullo stato giuridico degli appartenenti ai ruoli ispettori e appuntati e finanzieri del Corpo della Guardia di finanza nonché disposizioni relative alla Polizia di Stato, alla Polizia penitenziaria e al Corpo forestale dello Stato”) all’art. 2 (abrogato dal D.lgs. n. 95/2017 solo a decorrere dal 1° gennaio 2017), comma 1 dispone che: “I graduati e i finanzieri si distinguono in: a) appuntati scelti, appuntati, finanzieri scelti e finanzieri in servizio permanente; b) appuntati e finanzieri in ferma volontaria; c) appuntati scelti, appuntati, finanzieri scelti e finanzieri in congedo illimitato, nell'ausiliaria, nella riserva e in congedo assoluto”. E il successivo art. 10, comma 1: “I militari indicati negli articoli 1 e 2 della presente legge cessano dal servizio permanente al compimento del cinquantaseiesimo anno di età e, purché in possesso dell'idoneità al servizio militare incondizionato, sono collocati nella categoria dell'ausiliaria. A decorrere dal 30 dicembre 1989 essi permangono in tale posizione per otto anni; successivamente sono collocati nella riserva o in congedo assoluto a seconda dell'idoneità fisica”.
Alla luce del sopra richiamato quadro normativo, vigente all’epoca dei fatti di causa, e dei puntuali chiarimenti forniti dalla Guardia di finanza con la nota versata in giudizio il 6 settembre 2017, non appare invero dubbio che il ricorrente, quale appuntato scelto della Guardia di finanza, avesse la giuridica possibilità, alla cessazione del servizio permanente e purché in possesso della relativa idoneità fisica, di essere collocato nella categoria dell’ausiliaria.
La domanda di applicazione del beneficio di cui al citato art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997, concernente appunto il personale militare e delle ff.aa. che, pur avendone la giuridica possibilità, non è in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, risulta dunque fondata e va accolta.
2. Il ricorso invoca poi l’applicazione, in ordine alla quota di pensione al 31 dicembre 1995 da determinarsi con il sistema retributivo, dell’art. 54, comma primo del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (recante “Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato”), rubricato “Misura del trattamento normale”, che dispone: “La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto dal penultimo comma del presente articolo”. Il ricorrente ritiene di aver diritto all’applicazione di tale disposizione avendo maturato al 31 dicembre 1995 (data alla quale cessa la liquidazione della pensione con il sistema retributivo) anni 17 e mesi 10 di servizio utile, ma che nel calcolo della propria pensione sarebbe stato applicato un coefficiente inferiore, pari al 40,10 per cento. Egli sostiene che l’Ente di previdenza, invece di utilizzare il coefficiente previsto dall’art. 54 cit., avrebbe utilizzato quello previsto dall’art. 40 dello stesso D.P.R. n. 1092 per i dipendenti statali civili nella misura del 35 per cento della base pensionabile. A suo dire non rileverebbe in contrario il fatto che ai fini del calcolo della pensione il servizio svolto sino al 31 dicembre 1995 debba essere suddiviso, ai sensi del sopravvenuto D.lgs. n. 503/1992 (art. 13), in due periodi rispetto all’entrata in vigore di tale novella, fissata al 1° gennaio 1993. Tale suddivisione avrebbe effetto solo sulla determinazione delle basi pensionabili (cioè ultima retribuzione per il primo periodo e media retributiva per il secondo), ma non sul coefficiente di calcolo applicabile, che resterebbe quello previsto per i militari con anzianità di almeno quindici anni di servizio dal ridetto art. 54, la cui perdurante vigenza sarebbe dimostrata anche dall’espresso richiamo contenuto nel nuovo Codice dell’ordinamento militare (D.lgs. n. 66/2010, art. 1867).
L’INPS respinge tali conclusioni, affermando che il ricorrente non possedeva l’anzianità prevista per l’applicazione dell’aliquota del 44 per cento, ne ’possedeva, alla data del 31 dicembre 1995, 18 anni di servizio utile e che ai graduati della Guardia di finanza non si applicherebbe integralmente il comma 1 dell’art. 54 D.P.R. n. 1092 cit. operando la deroga di cui al penultimo comma della stessa norma, che dispone che “Nei confronti dei graduati e dei militari di truppa non appartenenti al servizio continuativo la misura della pensione normale è determinata nell’annessa tabella n. 2”.
Va innanzitutto precisato che secondo le regole dell’onere probatorio del processo civile spetta a parte attrice dimostrare quale sia stato il procedimento di calcolo della pensione seguito dall’INPS e dove questo presenti l’errore denunciato deviando dal modello normativo di riferimento.
Questo Giudice, peraltro, considerate natura e finalità del processo pensionistico avanti la giurisdizione contabile, ha ritenuto di interpellare comunque l’Ente previdenziale, ad integrazione delle scarse e non sempre chiare indicazioni riportate nel provvedimento di liquidazione agli atti, sui coefficienti applicati per il calcolo della misura della pensione de qua e sui connessi riferimenti normativi.
L’INPS, tuttavia, ancorché rappresentato in giudizio da un avvocato proprio dipendente, non ha saputo fornire alcuna risposta nel merito, né il difensore del ricorrente ha chiesto di insistere nell’approfondimento o di disporne altri, nemmeno presenziando all’udienza successiva all’ordinanza.
Ciò posto, sull’ambito di applicazione dell’art. 54 primo comma del D.P.R. si fronteggiano due tesi. La prima, più restrittiva, e aderente al testo letterale, limita l’applicazione del più favorevole (rispetto agli altri dipendenti pubblici) coefficiente di rendimento ivi previsto (44 per cento) ai militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici ma non più di venti anni di servizio, trovando la disposizione la sua ratio in quelle situazioni in cui il militare, per motivi indipendenti dalla sua volontà (limiti di età, inabilità, ecc.), non abbia potuto maturare un’anzianità superiore. L’altra, più estensiva e sostenuta con il ricorso, ritiene la suddetta regola di calcolo di portata generale per i militari che abbiano maturato più di quindici anni, fermo restando che, superati i venti, essi cumulano tale beneficio con gli ulteriori aumenti annuali previsti dai commi seguenti (dell’1,80 o dell’3,60 per cento per cento, a seconda della qualifica, per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo).
Questo Giudice ritiene di prestare adesione al primo orientamento interpretativo (seguito da Sez. Sardegna n. 87/2017), maggiormente aderente al dato letterale e, in quanto più restrittivo, consono alla natura speciale della norma de qua.
Nella specie il ricorrente, come si legge nel provvedimento di pensione, è stato collocato in congedo con una anzianità complessiva maturata al congedo superiore a 20 anni.
Pertanto, la sua situazione non rientra nella fattispecie normativa contemplata dal ridetto primo comma dell’art. 54 cit., il cui ambito di applicazione riguarda i militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici ma non più di venti anni di servizio.
Le domande contenute sul punto nel ricorso, laddove basate su diversa interpretazione della norma sopra richiamata, non possono quindi essere accolte.
3. L’accoglimento della prima domanda comporta il diritto del ricorrente alla rideterminazione con applicazione del beneficio di cui all'art. 3, comma 7 del D. lgs. n. 165/1997.
4. Consegue il diritto ai conseguenti arretrati.
5. Su tali arretrati vanno applicati gli interessi corrispettivi al saggio legale, calcolati dalla decorrenza di ciascun rateo di pensione sino al pagamento effettivo.
6. Vanno altresì applicati, sempre al saggio legale, dalla domanda giudiziale, gli interessi anatocistici ai sensi dell’art. 1283 cod. civ. (cfr. Sez. II Appello, n. 888/2017).
7. Compete infine la rivalutazione monetaria ai sensi dell’art. 167, comma 3 c.g.c., da calcolarsi, secondo quanto specificato dalle SS.RR. (n. 10/2002/QM), quale parziale possibile integrazione degli interessi al saggio legale, ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura dei primi.
8. Ogni altra domanda va respinta.
9. Le spese possono essere compensate in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Piemonte, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando,
dichiara il diritto del ricorrente alla rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione del beneficio di cui all'art. 3, comma 7 del D. lgs. n. 165/1997;
dichiara il diritto del ricorrente alla corresponsione dei conseguenti arretrati oltre interessi e rivalutazione e, dalla domanda giudiziale, interessi anatocistici secondo quanto precisato in motivazione;
respinge ogni altra domanda;
compensa le spese.
Così deciso in Torino, il 19 dicembre 2017.
IL GIUDICE
(F.to Dott. Walter BERRUTI)
Depositata in Segreteria il 17 Gennaio 2018
Il Direttore della Segreteria
(F.to Antonio CINQUE)
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
la Corte dei Conti
Sezione giurisdizionale
per la regione Piemonte
in composizione monocratica nella persona del Cons. Walter BERRUTI, quale Giudice unico ai sensi dell’art. 151 c.g.c., ha pronunciato la seguente
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 20169 del registro di Segreteria, proposto da PAONE Pietro, nato a Scandale (CZ) il 4 ottobre 1964, residente in Leinì (TO), c.f. PNAPTR64R04I494E, rappresentato e difeso dall’Avv. Massimo Vitelli del Foro di Teramo come da procura speciale in calce al ricorso;
contro
INPS, Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – Gestione Dipendenti pubblici, in persona del Presidente e legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso anche disgiuntamente, dagli Avv.ti Giorgio RUTA (RTU GRG 55C09 H501X) e Patrizia SANGUINETI (SNG PRZ 69A66 D969D) dell’Ufficio legale dell’Istituto, come da procura generale ad lites conferita con atto del notaio Paolo Castellini rep. 80974/21569 del 21 luglio 2015, con loro elettivamente domiciliato in Torino, Via dell’Arcivescovado n. 9;
avverso
la determinazione INPS n. TO012015826268 di conferimento al ricorrente della pensione ordinaria di inabilità n. 17592700 nella parte in cui non attribuisce l’incremento figurativo di cui all’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997 e non riconosce l’aliquota di rendimento del 44% in ordine alla quota fino alla data del 31 dicembre 1995, regolata dal sistema retributivo;
e per l’accertamento
del diritto al beneficio di cui all’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997, nonché all’attribuzione del coefficiente complessivo di rendimento del 44% ex art. 56 D.P.R. n. 1092/1973, con ripartizione nella misura del 34,75% per la quota A) e del 9,25 per la quota B);
e la conseguente condanna
dell’Amministrazione a rideterminare il trattamento pensionistico e a corrispondere le somme spettanti e gli arretrati oltre rivalutazione, interessi legali e interessi anatocistici ex art. 1283 cod. civ. dalla domanda giudiziale.
Visto il decreto con il quale è stata fissata l’odierna udienza di discussione.
Udito, alla pubblica udienza del 19 dicembre 2017, l’avv. Giorgio Ruta per l’INPS, nessun difensore comparendo per parte ricorrente.
Ritenuto in
FATTO
Il ricorrente, già appuntato scelto della Guardia di finanza, espone di essere stato collocato in congedo assoluto dal 18 giugno 2015 per infermità e di godere da tale data di pensione ordinaria di inabilità calcolata con il c.d. sistema misto retributivo-contributivo.
Egli con almeno tre richieste-diffide inviate all’INPS tra il 2015 e il 2016 ha lamentato la mancata concessione dell’incremento figurativo previsto dall’art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997, nonché il fatto che l’aliquota di rendimento relativa alla quota retributiva della pensione (sino al 31 dicembre 1995) era stata applicata nella misura del 40,10 % e non del 44%, come stabilito dall’art. 54 del D.P.R. n. 1092/1973 per chi, come il ricorrente, possieda almeno 15 anni di servizio.
In mancanza di risposta da parte dell’INPS ha depositato il ricorso in esame in data 29 marzo 2017 con le conclusioni in epigrafe.
L’INPS si è costituito in data 9 giugno 2017 chiedendo il rigetto del ricorso.
Il ricorrente ha depositato fuori udienza, senza chiedere, né ottenere l’autorizzazione della Corte, né comunicare a controparte, alcune memorie con allegati (in data 12 giugno, 29 settembre, 11 dicembre 2017), al fine di illustrare ulteriormente le proprie tesi.
Con ordinanza pronunciata all’esito dell’udienza del 20 giugno 2017 questo Giudice ha chiesto chiarimenti alla Guardia di finanza, che venivano resi con nota depositata il 6 settembre 2017.
Con successiva ordinanza pronunciata all’esito dell’udienza del 17 ottobre 2017 sono stati chiesti ulteriori chiarimenti all’INPS, che quest’ultimo tuttavia non è stato in grado di fornire.
All’udienza del 19 dicembre 2017 il difensore del ricorrente non è comparso senza addure alcun impedimento; è comparso invece il ricorrente personalmente e ha chiesto di poter produrre un precedente giurisprudenziale che, in quanto tale, è stato acquisito. Il legale dell’INPS ha richiamato le conclusioni in atti e la causa è stata decisa come da dispositivo.
Considerato in
DIRITTO
Preliminarmente va precisato che nel presente giudizio non potranno essere prese in considerazione le produzioni di parte ricorrente effettuate irritualmente fuori udienza.
1. Il ricorso invoca innanzitutto l’applicazione dell’art. 3, comma 7 del D.lgs. 30 aprile 1997 n. 165 (recante “Attuazione delle deleghe conferite dall'articolo 2, comma 23, della L. 8 agosto 1995, n. 335, e dall'articolo 1, commi 97, lettera g), e 99, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di armonizzazione al regime previdenziale generale dei trattamenti pensionistici del personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego”), che dispone: “Per il personale di cui all'articolo 1 escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria che cessa dal servizio per raggiungimento dei limiti di età previsto dall'ordinamento di appartenenza e per il personale militare e per il personale delle Forze armate che non sia in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, il cui trattamento di pensione è liquidato in tutto o in parte con il sistema contributivo di cui alla legge 8 agosto 1995, n. 335, il montante individuale dei contributi è determinato con l'incremento di un importo pari a 5 volte la base imponibile dell'ultimo anno di servizio moltiplicata per l'aliquota di computo della pensione. Per il personale delle Forze di polizia ad ordinamento militare e per il personale delle Forze armate il predetto incremento opera in alternativa al collocamento in ausiliaria, previa opzione dell'interessato.”
Tale beneficio non risulta in effetti riconosciuto nel provvedimento di liquidazione, che infatti menziona a tal fine solo l’art. 4 del D.lgs. n. 165/1997.
Nella specie l’interessato è cessato dal servizio senza poter transitare nella posizione di ausiliaria essendo stato posto in congedo assoluto per infermità e pertanto si trova nella condizione di usufruire del beneficio accordato dalla norma citata. Tale assunto, che trova supporto anche nei precedenti della Corte richiamati dal ricorrente (cfr. per tutti Sez. Sardegna n. 156/2017) non è contestato dall’INPS, il quale obietta invece che il ricorrente, in quanto appuntato scelto avrebbe qualifica di “graduato” cui sarebbe inibito dall’ordinamento l’accesso all’ausiliaria, riservato invece agli ufficiali e ai sottoufficiali.
Tali obiezioni sono prive di fondamento.
La L. 1 febbraio 1989 n. 53 (recante” Modifiche alle norme sullo stato giuridico degli appartenenti ai ruoli ispettori e appuntati e finanzieri del Corpo della Guardia di finanza nonché disposizioni relative alla Polizia di Stato, alla Polizia penitenziaria e al Corpo forestale dello Stato”) all’art. 2 (abrogato dal D.lgs. n. 95/2017 solo a decorrere dal 1° gennaio 2017), comma 1 dispone che: “I graduati e i finanzieri si distinguono in: a) appuntati scelti, appuntati, finanzieri scelti e finanzieri in servizio permanente; b) appuntati e finanzieri in ferma volontaria; c) appuntati scelti, appuntati, finanzieri scelti e finanzieri in congedo illimitato, nell'ausiliaria, nella riserva e in congedo assoluto”. E il successivo art. 10, comma 1: “I militari indicati negli articoli 1 e 2 della presente legge cessano dal servizio permanente al compimento del cinquantaseiesimo anno di età e, purché in possesso dell'idoneità al servizio militare incondizionato, sono collocati nella categoria dell'ausiliaria. A decorrere dal 30 dicembre 1989 essi permangono in tale posizione per otto anni; successivamente sono collocati nella riserva o in congedo assoluto a seconda dell'idoneità fisica”.
Alla luce del sopra richiamato quadro normativo, vigente all’epoca dei fatti di causa, e dei puntuali chiarimenti forniti dalla Guardia di finanza con la nota versata in giudizio il 6 settembre 2017, non appare invero dubbio che il ricorrente, quale appuntato scelto della Guardia di finanza, avesse la giuridica possibilità, alla cessazione del servizio permanente e purché in possesso della relativa idoneità fisica, di essere collocato nella categoria dell’ausiliaria.
La domanda di applicazione del beneficio di cui al citato art. 3, comma 7 del D.lgs. n. 165/1997, concernente appunto il personale militare e delle ff.aa. che, pur avendone la giuridica possibilità, non è in possesso dei requisiti psico-fisici per accedere o permanere nella posizione di ausiliaria, risulta dunque fondata e va accolta.
2. Il ricorso invoca poi l’applicazione, in ordine alla quota di pensione al 31 dicembre 1995 da determinarsi con il sistema retributivo, dell’art. 54, comma primo del D.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1092 (recante “Approvazione del testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato”), rubricato “Misura del trattamento normale”, che dispone: “La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile, salvo quanto disposto dal penultimo comma del presente articolo”. Il ricorrente ritiene di aver diritto all’applicazione di tale disposizione avendo maturato al 31 dicembre 1995 (data alla quale cessa la liquidazione della pensione con il sistema retributivo) anni 17 e mesi 10 di servizio utile, ma che nel calcolo della propria pensione sarebbe stato applicato un coefficiente inferiore, pari al 40,10 per cento. Egli sostiene che l’Ente di previdenza, invece di utilizzare il coefficiente previsto dall’art. 54 cit., avrebbe utilizzato quello previsto dall’art. 40 dello stesso D.P.R. n. 1092 per i dipendenti statali civili nella misura del 35 per cento della base pensionabile. A suo dire non rileverebbe in contrario il fatto che ai fini del calcolo della pensione il servizio svolto sino al 31 dicembre 1995 debba essere suddiviso, ai sensi del sopravvenuto D.lgs. n. 503/1992 (art. 13), in due periodi rispetto all’entrata in vigore di tale novella, fissata al 1° gennaio 1993. Tale suddivisione avrebbe effetto solo sulla determinazione delle basi pensionabili (cioè ultima retribuzione per il primo periodo e media retributiva per il secondo), ma non sul coefficiente di calcolo applicabile, che resterebbe quello previsto per i militari con anzianità di almeno quindici anni di servizio dal ridetto art. 54, la cui perdurante vigenza sarebbe dimostrata anche dall’espresso richiamo contenuto nel nuovo Codice dell’ordinamento militare (D.lgs. n. 66/2010, art. 1867).
L’INPS respinge tali conclusioni, affermando che il ricorrente non possedeva l’anzianità prevista per l’applicazione dell’aliquota del 44 per cento, ne ’possedeva, alla data del 31 dicembre 1995, 18 anni di servizio utile e che ai graduati della Guardia di finanza non si applicherebbe integralmente il comma 1 dell’art. 54 D.P.R. n. 1092 cit. operando la deroga di cui al penultimo comma della stessa norma, che dispone che “Nei confronti dei graduati e dei militari di truppa non appartenenti al servizio continuativo la misura della pensione normale è determinata nell’annessa tabella n. 2”.
Va innanzitutto precisato che secondo le regole dell’onere probatorio del processo civile spetta a parte attrice dimostrare quale sia stato il procedimento di calcolo della pensione seguito dall’INPS e dove questo presenti l’errore denunciato deviando dal modello normativo di riferimento.
Questo Giudice, peraltro, considerate natura e finalità del processo pensionistico avanti la giurisdizione contabile, ha ritenuto di interpellare comunque l’Ente previdenziale, ad integrazione delle scarse e non sempre chiare indicazioni riportate nel provvedimento di liquidazione agli atti, sui coefficienti applicati per il calcolo della misura della pensione de qua e sui connessi riferimenti normativi.
L’INPS, tuttavia, ancorché rappresentato in giudizio da un avvocato proprio dipendente, non ha saputo fornire alcuna risposta nel merito, né il difensore del ricorrente ha chiesto di insistere nell’approfondimento o di disporne altri, nemmeno presenziando all’udienza successiva all’ordinanza.
Ciò posto, sull’ambito di applicazione dell’art. 54 primo comma del D.P.R. si fronteggiano due tesi. La prima, più restrittiva, e aderente al testo letterale, limita l’applicazione del più favorevole (rispetto agli altri dipendenti pubblici) coefficiente di rendimento ivi previsto (44 per cento) ai militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici ma non più di venti anni di servizio, trovando la disposizione la sua ratio in quelle situazioni in cui il militare, per motivi indipendenti dalla sua volontà (limiti di età, inabilità, ecc.), non abbia potuto maturare un’anzianità superiore. L’altra, più estensiva e sostenuta con il ricorso, ritiene la suddetta regola di calcolo di portata generale per i militari che abbiano maturato più di quindici anni, fermo restando che, superati i venti, essi cumulano tale beneficio con gli ulteriori aumenti annuali previsti dai commi seguenti (dell’1,80 o dell’3,60 per cento per cento, a seconda della qualifica, per ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo).
Questo Giudice ritiene di prestare adesione al primo orientamento interpretativo (seguito da Sez. Sardegna n. 87/2017), maggiormente aderente al dato letterale e, in quanto più restrittivo, consono alla natura speciale della norma de qua.
Nella specie il ricorrente, come si legge nel provvedimento di pensione, è stato collocato in congedo con una anzianità complessiva maturata al congedo superiore a 20 anni.
Pertanto, la sua situazione non rientra nella fattispecie normativa contemplata dal ridetto primo comma dell’art. 54 cit., il cui ambito di applicazione riguarda i militari che abbiano maturato, nel contempo, almeno quindici ma non più di venti anni di servizio.
Le domande contenute sul punto nel ricorso, laddove basate su diversa interpretazione della norma sopra richiamata, non possono quindi essere accolte.
3. L’accoglimento della prima domanda comporta il diritto del ricorrente alla rideterminazione con applicazione del beneficio di cui all'art. 3, comma 7 del D. lgs. n. 165/1997.
4. Consegue il diritto ai conseguenti arretrati.
5. Su tali arretrati vanno applicati gli interessi corrispettivi al saggio legale, calcolati dalla decorrenza di ciascun rateo di pensione sino al pagamento effettivo.
6. Vanno altresì applicati, sempre al saggio legale, dalla domanda giudiziale, gli interessi anatocistici ai sensi dell’art. 1283 cod. civ. (cfr. Sez. II Appello, n. 888/2017).
7. Compete infine la rivalutazione monetaria ai sensi dell’art. 167, comma 3 c.g.c., da calcolarsi, secondo quanto specificato dalle SS.RR. (n. 10/2002/QM), quale parziale possibile integrazione degli interessi al saggio legale, ove l’indice di svalutazione dovesse eccedere la misura dei primi.
8. Ogni altra domanda va respinta.
9. Le spese possono essere compensate in ragione dell’accoglimento solo parziale del ricorso.
P.Q.M.
la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Piemonte, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando,
dichiara il diritto del ricorrente alla rideterminazione del trattamento previdenziale con applicazione del beneficio di cui all'art. 3, comma 7 del D. lgs. n. 165/1997;
dichiara il diritto del ricorrente alla corresponsione dei conseguenti arretrati oltre interessi e rivalutazione e, dalla domanda giudiziale, interessi anatocistici secondo quanto precisato in motivazione;
respinge ogni altra domanda;
compensa le spese.
Così deciso in Torino, il 19 dicembre 2017.
IL GIUDICE
(F.to Dott. Walter BERRUTI)
Depositata in Segreteria il 17 Gennaio 2018
Il Direttore della Segreteria
(F.to Antonio CINQUE)
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Re: A seguito della sentenza 81-83
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R E P U BB L I C A I T A L I A N A
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE DELLE PENSIONI
CONS. DOMENICO GUZZI
ha pronunziato la seguente
SENTENZA n. 12/2018
Sul il ricorso in materia di pensioni civili n. 21458 del registro di Segreteria, proposto da
- G. P., nato a omissis l’Omissis, rappresentato e difeso dall’avv. Santo Delfino, presso il cui studio in Villa San Giovanni, via Zanotti Bianco n. 33, ha eletto domicilio,
contro
- l’INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – Direzione di Reggio Calabria, in persona del suo Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti Giacinto Greco e Francesco Muscari Tomaioli, con i quali ha eletto domicilio in Catanzaro, via F. Acri n. 81, presso la sede dell’Avvocatura INPS territoriale.
Uditi all’udienza del 26 gennaio 2018 l’avv. Santo Delfino per il ricorrente e l’avv. Giacinto Greco per l’INPS.
FATTO
Con l’interposto gravame, il sig. G. P. agisce avverso la determinazione atto n. RC012017875805 del 28.07.2017 con la quale l'INPS sede di Reggio Calabria - gestione ex lnpdap - ha quantificato il trattamento di quiescenza iscrizione n. 17492103.
A tal fine rappresenta di essersi arruolato nel Corpo della Guardia di Finanza in data 01.10.1986 e, dopo circa 31 anni di servizio (nel grado di maresciallo aiutante), di essere stato posto in congedo assoluto in data 04.05.2017 a seguito di sopravvenuta inidoneità psico-fisica.
In conseguenza di ciò, il trattamento di pensione avrebbe dovuto essergli liquidato con l’applicazione dei benefici di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, anziché, come fatto dall’amministrazione previdenziale, facendo applicazione del sistema di calcolo di cui all’art. 44 dello stesso testo unico.
Il ricorrente chiede, inoltre, il rimborso degli arretrati maturati per l'applicazione dei benefici previsti dall'articolo 3, del D.Lgs n° 165/1997, sul presupposto che, cessato dal servizio per riforma, è stato escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria ex art. 992 del D.L.gs n° 66/2010.
Con memoria depositata il 15 dicembre 2017, l’INPS si è ritualmente costituito per contestare la domanda attrice, in quanto infondata in fatto e in diritto, e per chiedere che la stessa sia integralmente respinta.
In udienza, le parti intervenute hanno insistito, ciascuna per quanto di rispettiva competenza, per l’accoglimento delle conclusioni rispettivamente rassegnate in atti.
Considerato
D I R I T T O
Come evidenziato in narrativa, il ricorso comprende due capi di domanda.
Con il primo, il ricorrente chiede che il suo trattamento pensionistico ordinario gli venga liquidato secondo il sistema di calcolo previsto dall’art. 54 del d. P.R. n. 1092 del 1973.
Il secondo capo di domanda fa, invece, riferimento all’asserito diritto di conseguire i benefici derivanti dall’applicazione dell’art. 3 del D.lgs. n. 165/1997.
Orbene, ritiene questo giudice che il ricorso possa essere accolto parzialmente e solo con riguardo al primo capo di domanda per le ragioni di seguito esposte.
I. L’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, com’è noto prevede per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello disciplinato per il personale civile dall’art. 44 dello stesso testo unico, stabilendo che “1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile 2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
Nel caso di specie, è indubbio che all’atto del pensionamento il sig. G. avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia secondo l’Istituto controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare applicazione.
Ritiene al riguardo l’INPS che l'art. 54 non avrebbe innovato l’ordinario meccanismo delle aliquote di rendimento previsto dall’art. 44 citato, essendosi limitato ad “attribuire un ulteriore beneficio ristretto a coloro cessati con 15 anni ma non ancora 20”.
Dal suo punto di vista, in pratica sarebbe sufficiente “porre mente al meccanismo delle aliquote percentuali. Fino a 15 anni si matura il 2,33% annuo, pervenendo al 35% con 15 anni. Dal 15esimo l'aliquota si riduce al 1,8%. Ne consegue che, al 20 anno di servizio, l'aliquota complessiva è pari al 44% (35% + 9% derivante da 1,80% x 5). Dopo il 20esimo anno l'aliquota è sempre 1,8% sino al conseguimento dell'80% al 40esimo anno (che, tuttavia, per i militari era più veloce trattandosi di servizio utile e non effettivo, ove il servizio utile era contraddistinto dalle maggiorazioni)”.
In concreto, dunque, il “comma 1 dell'art. 54, quindi, non creava nuove aliquote annuali di calcolo, bensì si limitava a fornire un bonus a coloro che cessassero con anzianità compresa tra 15 e 20 anni di servizio. Bonus variabile, chiaramente, in base all'anzianità superiore a 15 fino a 20. Per cui, chi cessava con 16 anni aveva un bonus di 1,8% x 4 anni, chi cessava a 17 anni un bonus di 1,8%, e così via”.
In definitiva, dunque, sembrerebbe che l’art. 54, comma 1, possa trovare applicazione per il solo personale militare che all’atto della cessazione del servizio non avesse ancora superato il 20° anno di servizio utile, mentre per coloro che lo avevano superato nessuna differenziazione si sarebbe potuta configura con il restante personale dello Stato.
Questo giudice è di contrario avviso.
Sul punto, risulta evidente la commistione che l’INPS erroneamente compie tra ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt’altro che omologabili.
L’art. 54 detta, come lo stesso INPS peraltro riconosce, una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio.
Non è pertanto corretto sostenere, come fa invece l’INPS (sopra se ne è dato conto) che fino “a 15 anni si matura il 2,33% annuo, pervenendo al 35% con 15 anni. Dal 15esimo l'aliquota si riduce al 1,8%. Ne consegue che, al 20 anno di servizio, l'aliquota complessiva è pari al 44% (35% + 9% derivante da 1,80% x 5). Dopo il 20esimo anno l'aliquota è sempre 1'1,8% sino al conseguimento dell'80%......”, giacché così opinando non si coglie ciò che il chiaro tenore letterale della disposizione non può che portare a cogliere e cioè che il 44 per cento della base pensionabile spetta al militare che cessi avendo compiuto 15 anni, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e così fino al 20° anno di servizio utile.
In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo fatto dall’INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se per il personale civile l’aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni in conformità all’art.44, comma 1, per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe avuto ragion d’essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio che, come già osservato, non è contemplato dall’art. 44, comma 1.
Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all’1,80 per cento per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere dall’interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il comma 2 “aumentata”, di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione pari al 45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1 anno), fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all’80 per cento della base pensionabile previsto anche per il personale militare dal comma 7 dell’art. 54 citato analogamente a quanto stabilito dall’art. 44, comma 1, per il personale civile.
Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D.Lgs. n. 503/1992 e consolidatosi con la nota legge n. 335 dell’8 agosto 1995, sistema che ha, infatti, notoriamente previsto come la pensione dovesse essere determinata in parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A" corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo” la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente decreto".
Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all’art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante al G. in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna.
La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, se è vero come è vero che, come sopra evidenziato, il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.
II. In merito alla richiesta di applicazione del beneficio compensativo di cui all'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo n° 165/1997, con ogni ulteriore diritto a favore del ricorrente compreso il riconoscimento, la liquidazione e pagamento degli arretrati, degli interessi e la rivalutazione monetaria come per legge dal dovuto al soddisfo, il ricorse deve essere invece respinto.
Il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto con un'età anagrafica di 51 anni 1 mese e 3 giorni ed un servizio utile a pensione di 35 anni e 7 mesi, quindi, senza aver maturato nessun requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, pertanto, nessuna "esclusione " dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D.Lvo 30 aprile 1997, n° 165 può trovare applicazione nel caso di specie.
L’ art. 3 del DLgs n. 165/1997, in attuazione della delega conferita ai sensi dell’ art. 1, commi 97, lettera g), e 99, della legge 662/96 (legge finanziaria 1997), ha infatti introdotto rilevanti modifiche alla normativa riguardante la posizione di ausiliaria, sotto il profilo delle modalità di accesso, dei limiti di permanenza e dell’importo dell’indennità, prevedendo che in essa possa essere collocato il personale militare delle Forze Armate, compresa l'Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza giudicato idoneo a seguito di accertamento sanitario e a tale personale compete, e stabilendo che in aggiunta al trattamento pensionistico, a detto personale compete un’indennità pari all’80% della differenza tra la pensione percepita e la retribuzione spettante al pari grado in servizio.
Ora, i fini del presente giudizio e per risolvere la questione di diritto posta dal ricorrente, non si può che denotare come, a proposito delle modalità di accesso, il citato art. 3, comma 1, abbia in buona sostanza escluso dalla possibilità di poter transitare in ausiliaria il personale militare che sia cessato dal servizio non per raggiunti limiti di età ma per inidoneità al servizio di istituto.
Il ricorrente, come detto, è stato dispensato dal servizio attivo per inidoneità, sicché lo stesso non vantava il requisito soggettivo per il collocamento in ausiliaria e, dunque, per il conseguimento degli effetti economici per come preteso in domanda.
Il ricorso va in conclusione parzialmente accolto, mentre per ciò che concerne le spese, la complessità delle questioni trattate induce a
disporne la compensazione integrale tra le parti in causa.
P.Q.M.
La Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Calabria,
ACCOGLIE
Il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, riconosce al ricorrente il diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione dell’aliquota di rendimento di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 sulla parte dell’assegno calcolata con il sistema retributivo.
Sui maggiori ratei spettano, inoltre, gli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria con decorrenza dalla data di scadenza di ciascun rateo e sino al pagamento.
RESPINGE
Il ricorso per i restanti capi di domanda.
Spese compensate.
Manda alla Segreteria di provvedere agli adempimenti di rito.
Così deciso in Catanzaro il 26 gennaio 2018
IL GIUDICE
f.to Domenico Guzzi
Depositata in Segreteria il 26/01/2018
Il responsabile delle segreterie pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE CALABRIA
IL GIUDICE DELLE PENSIONI
CONS. DOMENICO GUZZI
ha pronunziato la seguente
SENTENZA n. 12/2018
Sul il ricorso in materia di pensioni civili n. 21458 del registro di Segreteria, proposto da
- G. P., nato a omissis l’Omissis, rappresentato e difeso dall’avv. Santo Delfino, presso il cui studio in Villa San Giovanni, via Zanotti Bianco n. 33, ha eletto domicilio,
contro
- l’INPS – Istituto Nazionale della Previdenza Sociale – Direzione di Reggio Calabria, in persona del suo Presidente pro-tempore, rappresentato e difeso, congiuntamente e disgiuntamente, dagli avv.ti Giacinto Greco e Francesco Muscari Tomaioli, con i quali ha eletto domicilio in Catanzaro, via F. Acri n. 81, presso la sede dell’Avvocatura INPS territoriale.
Uditi all’udienza del 26 gennaio 2018 l’avv. Santo Delfino per il ricorrente e l’avv. Giacinto Greco per l’INPS.
FATTO
Con l’interposto gravame, il sig. G. P. agisce avverso la determinazione atto n. RC012017875805 del 28.07.2017 con la quale l'INPS sede di Reggio Calabria - gestione ex lnpdap - ha quantificato il trattamento di quiescenza iscrizione n. 17492103.
A tal fine rappresenta di essersi arruolato nel Corpo della Guardia di Finanza in data 01.10.1986 e, dopo circa 31 anni di servizio (nel grado di maresciallo aiutante), di essere stato posto in congedo assoluto in data 04.05.2017 a seguito di sopravvenuta inidoneità psico-fisica.
In conseguenza di ciò, il trattamento di pensione avrebbe dovuto essergli liquidato con l’applicazione dei benefici di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, anziché, come fatto dall’amministrazione previdenziale, facendo applicazione del sistema di calcolo di cui all’art. 44 dello stesso testo unico.
Il ricorrente chiede, inoltre, il rimborso degli arretrati maturati per l'applicazione dei benefici previsti dall'articolo 3, del D.Lgs n° 165/1997, sul presupposto che, cessato dal servizio per riforma, è stato escluso dall'applicazione dell'istituto dell'ausiliaria ex art. 992 del D.L.gs n° 66/2010.
Con memoria depositata il 15 dicembre 2017, l’INPS si è ritualmente costituito per contestare la domanda attrice, in quanto infondata in fatto e in diritto, e per chiedere che la stessa sia integralmente respinta.
In udienza, le parti intervenute hanno insistito, ciascuna per quanto di rispettiva competenza, per l’accoglimento delle conclusioni rispettivamente rassegnate in atti.
Considerato
D I R I T T O
Come evidenziato in narrativa, il ricorso comprende due capi di domanda.
Con il primo, il ricorrente chiede che il suo trattamento pensionistico ordinario gli venga liquidato secondo il sistema di calcolo previsto dall’art. 54 del d. P.R. n. 1092 del 1973.
Il secondo capo di domanda fa, invece, riferimento all’asserito diritto di conseguire i benefici derivanti dall’applicazione dell’art. 3 del D.lgs. n. 165/1997.
Orbene, ritiene questo giudice che il ricorso possa essere accolto parzialmente e solo con riguardo al primo capo di domanda per le ragioni di seguito esposte.
I. L’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973, commi 1 e 2, com’è noto prevede per il personale militare dello Stato un regime pensionistico più favorevole rispetto a quello disciplinato per il personale civile dall’art. 44 dello stesso testo unico, stabilendo che “1. La pensione spettante al militare che abbia maturato almeno quindici anni e non più di venti anni di servizio utile è pari al 44 per cento della base pensionabile 2. La percentuale di cui sopra è aumentata di 1.80 per cento ogni anno di servizio utile oltre il ventesimo”.
Nel caso di specie, è indubbio che all’atto del pensionamento il sig. G. avesse maturato oltre 15 anni, ma anche più di 20 di servizio e tuttavia secondo l’Istituto controparte, la disposizione dallo stesso invocata non potrebbe trovare applicazione.
Ritiene al riguardo l’INPS che l'art. 54 non avrebbe innovato l’ordinario meccanismo delle aliquote di rendimento previsto dall’art. 44 citato, essendosi limitato ad “attribuire un ulteriore beneficio ristretto a coloro cessati con 15 anni ma non ancora 20”.
Dal suo punto di vista, in pratica sarebbe sufficiente “porre mente al meccanismo delle aliquote percentuali. Fino a 15 anni si matura il 2,33% annuo, pervenendo al 35% con 15 anni. Dal 15esimo l'aliquota si riduce al 1,8%. Ne consegue che, al 20 anno di servizio, l'aliquota complessiva è pari al 44% (35% + 9% derivante da 1,80% x 5). Dopo il 20esimo anno l'aliquota è sempre 1,8% sino al conseguimento dell'80% al 40esimo anno (che, tuttavia, per i militari era più veloce trattandosi di servizio utile e non effettivo, ove il servizio utile era contraddistinto dalle maggiorazioni)”.
In concreto, dunque, il “comma 1 dell'art. 54, quindi, non creava nuove aliquote annuali di calcolo, bensì si limitava a fornire un bonus a coloro che cessassero con anzianità compresa tra 15 e 20 anni di servizio. Bonus variabile, chiaramente, in base all'anzianità superiore a 15 fino a 20. Per cui, chi cessava con 16 anni aveva un bonus di 1,8% x 4 anni, chi cessava a 17 anni un bonus di 1,8%, e così via”.
In definitiva, dunque, sembrerebbe che l’art. 54, comma 1, possa trovare applicazione per il solo personale militare che all’atto della cessazione del servizio non avesse ancora superato il 20° anno di servizio utile, mentre per coloro che lo avevano superato nessuna differenziazione si sarebbe potuta configura con il restante personale dello Stato.
Questo giudice è di contrario avviso.
Sul punto, risulta evidente la commistione che l’INPS erroneamente compie tra ambiti di disciplina tra di loro differenti al fine di omologare situazioni e personale tutt’altro che omologabili.
L’art. 54 detta, come lo stesso INPS peraltro riconosce, una disciplina di favore nei confronti del personale militare che non è prevista per i dipendenti civili dello Stato, disciplina che sancisce il diritto ad una pensione pari al 44 per cento della base pensionabile per coloro che siano cessati tra il 15° e il 20° anno di servizio.
Non è pertanto corretto sostenere, come fa invece l’INPS (sopra se ne è dato conto) che fino “a 15 anni si matura il 2,33% annuo, pervenendo al 35% con 15 anni. Dal 15esimo l'aliquota si riduce al 1,8%. Ne consegue che, al 20 anno di servizio, l'aliquota complessiva è pari al 44% (35% + 9% derivante da 1,80% x 5). Dopo il 20esimo anno l'aliquota è sempre 1'1,8% sino al conseguimento dell'80%......”, giacché così opinando non si coglie ciò che il chiaro tenore letterale della disposizione non può che portare a cogliere e cioè che il 44 per cento della base pensionabile spetta al militare che cessi avendo compiuto 15 anni, dunque anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno e così fino al 20° anno di servizio utile.
In concreto e in estrema sintesi, volendo seguire il calcolo esemplificativo fatto dall’INPS, rapportando su base annua la percentuale di rendimento, se per il personale civile l’aliquota è in effetti del 2,33% annuo per i primi 15 anni in conformità all’art.44, comma 1, per il personale militare, invece, detta aliquota è del 2,93% (44%:15), giacché diversamente opinando non avrebbe avuto ragion d’essere la differenziazione operata dal legislatore tra le due categorie con il riconoscimento del vantaggio del 44% anche con un solo giorno in più di servizio oltre il 15° anno per il personale militare, vantaggio che, come già osservato, non è contemplato dall’art. 44, comma 1.
Superata tale soglia, è sì vero che la percentuale spettante è pari all’1,80 per cento per ogni anno di servizio, ma tale percentuale, come è agevole desumere dall’interpretazione anche in questo caso letterale della norma, è da calcolarsi in aggiunta a quella di cui al comma precedente, che ne risulta come dice il comma 2 “aumentata”, di tal che, ad esempio, il dipendente militare cessato con un anzianità di servizio di 21 anni, avrebbe avuto diritto ad una pensione pari al 45,80% della base pensionabile (44% fino a 20 anni + 1,80% per 1 anno), fermo restando, ovviamente, il limite massimo finale pari all’80 per cento della base pensionabile previsto anche per il personale militare dal comma 7 dell’art. 54 citato analogamente a quanto stabilito dall’art. 44, comma 1, per il personale civile.
Ovviamente, poiché il ricorrente aveva un'anzianità contributiva inferiore a 18 anni alla data del 31 dicembre 1995, il relativo trattamento pensionistico non poteva che essere determinato, come in effetti avvenuto, in base al sistema previsto dal nuovo ordinamento pensionistico introdotto dal D.Lgs. n. 503/1992 e consolidatosi con la nota legge n. 335 dell’8 agosto 1995, sistema che ha, infatti, notoriamente previsto come la pensione dovesse essere determinata in parte secondo il sistema retributivo per l'anzianità maturata fino al 31 dicembre 1995, e in parte con il sistema contributivo, per l'anzianità maturata dal 1° gennaio 1996, ovvero, a partire dal 1993, dalla somma della "quota A" corrispondente "all'importo relativo alle anzianità contributive acquisite anteriormente al 1° gennaio 1993, calcolato con riferimento alla data di decorrenza della pensione secondo” la normativa vigente precedentemente alla data anzidetta che a tal fine resta confermata in via transitoria, anche per quanto concerne il periodo di riferimento per la determinazione della retribuzione pensionabile" e della "quota B" corrispondente "all'importo del trattamento pensionistico relativo alle anzianità contributive acquisite a decorrere dal 1° gennaio 1993, calcolato secondo le norme di cui al presente decreto".
Ne consegue che quanto in precedenza dedotto in ordine all’art. 54 non può che valere per la parte della pensione spettante al G. in quota A, ovverosia per la parte della pensione calcolata sulla scorta del sistema retributivo, che deve dunque essere ricalcolata tenendo conto della aliquota di rendimento prevista dalla norma in rassegna.
La cui applicazione, peraltro, viene anche fatta salva dalla citata disciplina di riforma del sistema pensionistico, se è vero come è vero che, come sopra evidenziato, il calcolo della pensione deve essere effettuato secondo le norme vigenti al momento della entrata in vigore della legge n 335 del 1995.
II. In merito alla richiesta di applicazione del beneficio compensativo di cui all'articolo 3, comma 7 del decreto legislativo n° 165/1997, con ogni ulteriore diritto a favore del ricorrente compreso il riconoscimento, la liquidazione e pagamento degli arretrati, degli interessi e la rivalutazione monetaria come per legge dal dovuto al soddisfo, il ricorse deve essere invece respinto.
Il ricorrente è cessato dal servizio per inidoneità permanente al servizio militare e d'istituto con un'età anagrafica di 51 anni 1 mese e 3 giorni ed un servizio utile a pensione di 35 anni e 7 mesi, quindi, senza aver maturato nessun requisito espressamente previsto per il collocamento in ausiliaria, pertanto, nessuna "esclusione " dalla posizione di ausiliaria o in alternativa ai benefici dell'articolo 3, comma 7 del D.Lvo 30 aprile 1997, n° 165 può trovare applicazione nel caso di specie.
L’ art. 3 del DLgs n. 165/1997, in attuazione della delega conferita ai sensi dell’ art. 1, commi 97, lettera g), e 99, della legge 662/96 (legge finanziaria 1997), ha infatti introdotto rilevanti modifiche alla normativa riguardante la posizione di ausiliaria, sotto il profilo delle modalità di accesso, dei limiti di permanenza e dell’importo dell’indennità, prevedendo che in essa possa essere collocato il personale militare delle Forze Armate, compresa l'Arma dei Carabinieri, del Corpo della Guardia di Finanza giudicato idoneo a seguito di accertamento sanitario e a tale personale compete, e stabilendo che in aggiunta al trattamento pensionistico, a detto personale compete un’indennità pari all’80% della differenza tra la pensione percepita e la retribuzione spettante al pari grado in servizio.
Ora, i fini del presente giudizio e per risolvere la questione di diritto posta dal ricorrente, non si può che denotare come, a proposito delle modalità di accesso, il citato art. 3, comma 1, abbia in buona sostanza escluso dalla possibilità di poter transitare in ausiliaria il personale militare che sia cessato dal servizio non per raggiunti limiti di età ma per inidoneità al servizio di istituto.
Il ricorrente, come detto, è stato dispensato dal servizio attivo per inidoneità, sicché lo stesso non vantava il requisito soggettivo per il collocamento in ausiliaria e, dunque, per il conseguimento degli effetti economici per come preteso in domanda.
Il ricorso va in conclusione parzialmente accolto, mentre per ciò che concerne le spese, la complessità delle questioni trattate induce a
disporne la compensazione integrale tra le parti in causa.
P.Q.M.
La Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Calabria,
ACCOGLIE
Il ricorso in epigrafe e, per l’effetto, riconosce al ricorrente il diritto alla riliquidazione della pensione con applicazione dell’aliquota di rendimento di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 sulla parte dell’assegno calcolata con il sistema retributivo.
Sui maggiori ratei spettano, inoltre, gli interessi nella misura legale e la rivalutazione monetaria con decorrenza dalla data di scadenza di ciascun rateo e sino al pagamento.
RESPINGE
Il ricorso per i restanti capi di domanda.
Spese compensate.
Manda alla Segreteria di provvedere agli adempimenti di rito.
Così deciso in Catanzaro il 26 gennaio 2018
IL GIUDICE
f.to Domenico Guzzi
Depositata in Segreteria il 26/01/2018
Il responsabile delle segreterie pensioni
f.to Dott.ssa Francesca Deni
Re: A seguito della sentenza 81-83
Quindi il ricorso del ricalcolo pensione ai fini del beneficio di cui all’art. 54 del d.P.R. n. 1092/1973 non è limitato esclusivamente agli arruolati 81/83 ma è estensibile anche ai militari arruolati successivamente 84/85/86 ecc cosi come si evince dalla sentenza di cui sopra n. 12/2018 di un maresciallo della G.D.F. arruolato nel 1986?
Grazie
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Re: A seguito della sentenza 81-83
Messaggio da naturopata »
Direi di si, ma non significa che ti spetta il 44%, anche perché altrimenti anche l'arruolato nel 1994 ovvero un anno prima della 335/95 spetterebbe il 44%. Agli anni che intercorrono fino al 31/12/1995, a mio modo di vedere, va attribuito il 2,20% ogni anno e solo chi matura almeno 15 anni e non più di 18 entro il 1995 ha diritto a tutto il 44%.
Re: A seguito della sentenza 81-83
Io sono dell'84 qualcosina mi spetterà... c'è un modo di capire con quale aliquota è stata corrisposta la pensione per la parte retributiva?naturopata ha scritto:Direi di si, ma non significa che ti spetta il 44%, anche perché altrimenti anche l'arruolato nel 1994 ovvero un anno prima della 335/95 spetterebbe il 44%. Agli anni che intercorrono fino al 31/12/1995, a mio modo di vedere, va attribuito il 2,20% ogni anno e solo chi matura almeno 15 anni e non più di 18 entro il 1995 ha diritto a tutto il 44%.
Re: A seguito della sentenza 81-83
====================Per poter sperare, ci vogliono almeno 15AA al 31.12.1995=================manuxx ha scritto:Io sono dell'84 qualcosina mi spetterà... c'è un modo di capire con quale aliquota è stata corrisposta la pensione per la parte retributiva?naturopata ha scritto:Direi di si, ma non significa che ti spetta il 44%, anche perché altrimenti anche l'arruolato nel 1994 ovvero un anno prima della 335/95 spetterebbe il 44%. Agli anni che intercorrono fino al 31/12/1995, a mio modo di vedere, va attribuito il 2,20% ogni anno e solo chi matura almeno 15 anni e non più di 18 entro il 1995 ha diritto a tutto il 44%.
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