INTRODUZIONE DEL REATO DI TORTURA IN ITALIA

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antoniope
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INTRODUZIONE DEL REATO DI TORTURA IN ITALIA

Messaggio da antoniope »

Proposta di Legge n.2168 approvata dal Senato il 05/03/2014. Se passa questa norma anche alla Camera senza modifiche, in futuro, le forze dell’ordine che disarmeranno gli aggressori con le modalità tale da causare acute sofferenze fisiche e psichiche ad una persona privata della libertà personale, come l'arresto di Preiti che ha sparato ai due colleghi davanti Palazzo Chigi, ammanettato e rimasto disteso a faccia a terra oppure il teppista del Feyenoord arrestato a Roma la settimana scorsa che sanguinava copiosamente dalla testa, potremmo rischiare fino a 12 anni di carcere . L’art. 613 bis recita: Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni ovvero da un incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio del servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.
A questo punto non rimane che fare una cosa: NIENTE.


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christian71
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Re: INTRODUZIONE DEL REATO DI TORTURA IN ITALIA

Messaggio da christian71 »

Bene, cosa chiedere di più dalla vita… vogliono dei pupazzi di gomma???… e avranno dei pupazzi di gomma…

Che delusione questa Italia… non bastavano le telecamere montate sulla divisa no!!!…

Buona serata Antonio e grazie per averci dato questa brutta notizia… ;-)…
Christian

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kATANGA
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Re: INTRODUZIONE DEL REATO DI TORTURA IN ITALIA

Messaggio da kATANGA »

da AntonioPE » gio feb 26, 2015 10:13 pm

Proposta di Legge n.2168 approvata dal Senato il 05/03/2014. Se passa questa norma anche alla Camera senza modifiche, in futuro, le forze dell’ordine che disarmeranno gli aggressori con le modalità tale da causare acute sofferenze fisiche e psichiche ad una persona privata della libertà personale, come l'arresto di Preiti che ha sparato ai due colleghi davanti Palazzo Chigi, ammanettato e rimasto disteso a faccia a terra oppure il teppista del Feyenoord arrestato a Roma la settimana scorsa che sanguinava copiosamente dalla testa, potremmo rischiare fino a 12 anni di carcere . L’art. 613 bis recita: Se il fatto è commesso da un pubblico ufficiale nell'esercizio delle funzioni ovvero da un incaricato di un pubblico servizio nell'esercizio del servizio, la pena è della reclusione da cinque a dodici anni.
A questo punto non rimane che fare una cosa: NIENTE.

.....bene bene....Proposta di Legge n.2168 approvata dal Senato il 05/03/2014.....agevolazione a commetere reati!!!!
Ma per favore che ci vadano loro in strada e che c....
antoniope
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Re: INTRODUZIONE DEL REATO DI TORTURA IN ITALIA

Messaggio da antoniope »

Non c'entra nulla con il titolo, giusto per commentare.
Uccise contrabbandiere. Un ex vice-questore condannato dalla Cassazione a 15 anni.
Nel 1995 aveva ucciso un uomo sparando da un elicottero. Fu premiato con la Medaglia d'oro per la lotta alla criminalità. E’ stato condannato perché, secondo l'accusa, avrebbe sparato con la mitraglietta M12 e non con la pistola di ordinanza, estremamente potente e precisa nel colpire il bersaglio. E avrebbe sparato a raffica.
Sono sempre più convinto di non fare più NULLA.
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Re: INTRODUZIONE DEL REATO DI TORTURA IN ITALIA

Messaggio da panorama »

CdS Parere su PolPen, sospensione facoltativa dal servizio

- Nel caso di specie il reato ipotizzato è quello di cui all’art. 613 bis in concorso ai sensi dell’articolo 110 c.p.

N.B.: leggete direttamente dall'allegato.
Non hai i permessi necessari per visualizzare i file allegati in questo messaggio.
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Re: INTRODUZIONE DEL REATO DI TORTURA IN ITALIA

Messaggio da panorama »

Sentenza Corte costituzionale n. 192/2023

Reato di tortura: incostituzionale l'art. 420-bis, comma 3, c.p.p.

Nell'ambito del processo Regeni, la Corte Costituzionale afferma che per le imputazioni di tortura statale la disciplina dell'assenza non può tradursi in una immunità "de facto".

Lo statuto universale del crimine di tortura, delineato dalle dichiarazioni sovranazionali e dai trattati, «è connaturato alla radicale incidenza di tale crimine sulla dignità della persona umana». Pertanto, il dovere dello Stato di accertare giudizialmente la commissione di questo delitto si presenta come «il volto processuale del dovere di salvaguardia della dignità». E' quanto affermato dalla Corte costituzionale con la sentenza n. 192/2023, nell'ambito del noto processo Regeni, che ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 420-bis, comma 3, del codice di procedura penale, nella parte in cui non prevede che il giudice procede in assenza per i delitti commessi mediante gli atti di tortura definiti dall'art. 1, comma 1, della Convenzione di New York contro la tortura, quando, a causa della mancata assistenza dello Stato di appartenenza dell'imputato, è impossibile avere la prova che quest'ultimo, pur consapevole del procedimento, sia stato messo a conoscenza della pendenza del processo, fatto salvo il diritto dell'imputato stesso a un nuovo processo in presenza per il riesame del merito della causa.

La Consulta ha osservato che la paralisi sine die del processo per i delitti di tortura commessi da Agenti Pubblici, quale deriverebbe dall'impossibilità di notificare personalmente all'imputato gli atti di avvio del processo medesimo a causa della mancata cooperazione dello Stato di appartenenza, «non è accettabile, per diritto costituzionale interno, europeo e internazionale».

Essa infatti «si risolve nella creazione di un'immunità de facto», che offende i diritti inviolabili della vittima (art. 2 Cost.), il principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) e gli standard di tutela dei diritti umani, recepiti e promossi dalla Convenzione di New York (art. 117, primo comma, Cost.).

La necessità costituzionale di evitare la stasi del processo può essere d'altronde soddisfatta senza alcuna riduzione delle facoltà partecipative dell'imputato, ma imprimendo ad esse una diversa scansione temporale, che si riassume nel diritto dell'imputato a ottenere in ogni fase e grado la riapertura del processo.

Rimettendo al giudice comune l'attuazione di questo diritto nella concretezza del singolo caso, la Corte ha sottolineato che esso, proprio perché conserva all'imputato ogni facoltà processuale, garantisce che la procedibilità in assenza per i delitti di tortura statale sia «rispettosa del principio del giusto processo».
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