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Orario lavoro settimanale, e straord. per inderogabili

Inviato: mer set 21, 2011 9:50 am
da panorama
ORARIO DI LAVORO SETTIMANALE, e STRAORDINARIO PER INDEROGABILI RAGIONI DI SERVIZIO.

Ottima riflessione del TAR di PARMA e dei colleghi, compresa anche quella della difesa degli stessi.
Complmenti ed auguroni a tutti, però offritemi ogni tanto un caffe' se ci incontriamo.


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14/09/2011 201100307 Sentenza 1

N. 00307/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00301/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 301 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da (congruo numero di ricorrenti) rappresentati e difesi dall'avv. Giovanni Carnevali, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo avvocato, in Parma, Piazzale della Macina 3;
contro
Il Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliata per legge in Bologna, via Guido Reni 4;
il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per l’Emilia-Romagna;
gli Istituti Penitenziari di Parma;
per l'accertamento e la declaratoria
del diritto dei ricorrenti alla corresponsione del compenso spettante a ciascuno per ogni periodo di servizio svolto durante il quinquennio ottobre 2004/ottobre 2009, o, in alternativa, nel maggior periodo ritenuto di giustizia, per ore di straordinario effettuate e non pagate, svolte in giornate destinate al riposo, oltre le 36 ore settimanali, secondo gli importi maturati in base alla legge e ai contratti collettivi succedutisi nel tempo, nonché dell’indennità per lavoro nel giorno di riposo prevista dall’art. 10 comma 3 del C.C.N.L. di categoria, recepito con d.P.R. 11/09/2007 n. 170, con rivalutazione monetaria secondo l’indice ISTAT e interessi legali sulle somma rivalutate dalla data di maturazione del diritto fino al soddisfo;
nonché, quanto ai motivi aggiunti, per l’annullamento
della nota del Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria a firma del capo del Dipartimento, prot. n. GDAP-0481307-2009 del 30.12.2009.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia -Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria;
Viste tutte le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2011 la dott.ssa Emanuela Loria e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
I ricorrenti sono tutti dipendenti del Ministero della Giustizia e, rivestendo la qualifica di agenti di Polizia Penitenziaria (iscritti alle organizzazioni sindacali di categoria), svolgono il loro servizio presso gli Istituti Penitenziari di Parma.
Essi espongono nel ricorso che:
- il loro orario di lavoro è di 36 ore settimanali, con diritto a un giorno di riposo settimanale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 e 19 della L. 15.12.1990 n. 395 e dell’art. 10 del d.P.R. 11.09.2007 con il quale è stato recepito il contratto collettivo nazionale delle forze di polizia;
- qualora esigenze di servizio lo richiedano gli agenti sono tenuti a svolgere lavoro straordinario oltre le 36 ore settimanali, con diritto al compenso maggiorato (art. 11 comma II, legge 395/1990);
- l’agente può essere chiamato in servizio anche nel giorno destinato al riposo con diritto al recupero del riposo non fruito e alla corresponsione di un’indennità di euro 8,00 per il disagio ai sensi dell’art. 11 comma V, l. 395/1990 e art. 10 comma III, del d.P.R. 170/2007;
- a far tempo dall’anno 2004, i ricorrenti prestano attività di lavoro straordinario essendo abitualmente assegnati al servizio anche nelle giornate destinate al riposo settimanale (non coincidente obbligatoriamente con la festività), in tal modo eccedendo le trentasei ore settimanali;
- gli Istituti Penitenziari di Parma fissano solo un giorno (o al massimo due) di riposo ogni due o addirittura tre settimane di lavoro ininterrotto, per cui, così facendo, alcuni agenti lavorano per 20 giorni consecutivi senza alcuna giornata di riposo;
- agli agenti non viene corrisposta né l’indennità per il disagio subito previsto dall’art. 10 comma 3 del C.C.N.L. (euro 8,00) né tanto meno la retribuzione maggiorata per lavoro straordinario, neppure quando le ore di straordinario prestate rientrano nel monte ore riconosciuto dall’amministrazione centrale e previsto dall’art. 10 dell’accordo nazionale quadro per il personale di polizia penitenziaria del 24.03.2004 e dai successivi atti integrativi e fissato in 450 ore elevabili fino a 660.
Secondo la tesi dei ricorrenti, i due istituti del riposo compensativo e dello straordinario si sommano, nel senso che, se l’agente viene richiamato in servizio nel girono di riposo programmato e l’amministrazione non provvede immediatamente a far recuperare al dipendente il giorno di riposo non fruito, nella stessa settimana lavorativa, ogni ora di attività eccedente (su base settimanale) deve essere qualificata come straordinario e, come tale, deve essere retribuita.
Inoltre, il fatto che il dipendente non abbia fruito del giorno di riposo programmato, dà comunque luogo al recupero del giorno di riposo e all’indennità di disagio, senza che la quantificazione economica del lavoro svolto (come straordinario) possa in alcun modo incidere sulla necessità di salvaguardare l’integrità psico-fisica del lavoratore garantita dal giorno di recupero compensativo.
Secondo la tesi dei ricorrenti i due istituti vanno applicati contemporaneamente e la fruizione del recupero compensativo e dell’indennità di disagio non possono precludere la corresponsione delle somme spettanti per lo straordinario reso.
Questa impostazione sarebbe anche quella seguita dall’amministrazione penitenziaria attraverso la direttiva n. 439802/2008 del 23.12.2008.
Con i motivi aggiunti depositati in data 05.03.2010, i ricorrenti hanno impugnato la nota del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria prot. n. GDAP-0481307-2009 del 30.12.2009, con la quale l’amministrazione, modificando la propria precedente nota del 22.06.2007 ha affermato che “in caso di prestazione lavorativa in una giornata di otto ore programmata con riposo settimanale spetta al dipendente l’indennità di euro 8,00 come previsto dall’art. 10 terzo comma dell’Accordo Quadro ed il diritto alla giornata di recupero. Verrà considerato straordinario e come tale retribuito l’eccedenza di orario oltre quello di servizio”.
I ricorrenti ritengono tale atto illegittimo per violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 19 della l. 395/1990 e dell’art. 10 del d.P.R. n. 170/2007.
L’amministrazione si è costituita chiedendo il respingimento del ricorso in quanto il lavoro straordinario degli agenti di polizia penitenziaria andrebbe computato solo con riferimento al turno giornaliero e quindi la giornata lavorativa svolta nel giorno destinato al riposo in eccedenza all’orario settimanale di 36 ore darebbe diritto al risposo compensativo e all’indennità giornaliera di euro 5,00 (ora rivalutati in euro 8,00).
Alla pubblica udienza de 25 maggio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente il Collegio rileva l’unicità delle posizioni giuridiche soggettive di cui sono titolari i ricorrenti e l’unicità delle domande giudiziali da essi poste con il ricorso e con i motivi aggiunti, essendo tutti agenti di polizia penitenziaria in servizio presso gli Istituti Penitenziari di Parma, richiedenti tutti l’applicazione – secondo l’interpretazione enunciata nel ricorso - delle medesime norme della legge 395/1990 del d.P.R. 170/2007, di recepimento del Contratto Collettivo Nazionale delle forze di polizia.
Il ricorso collettivamente proposto è, dunque, da ritenersi ammissibile.
1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto unitamente ai motivi aggiunti.
Occorre, in primo luogo, premettere che la difesa dell’amministrazione non ha, in alcun modo, contestato i fatti posti a fondamento del ricorso, per cui deve ritenersi, ai sensi dell’art. 36 del d.lgs. 104/2010, che i fatti allegati dalle parti (prestazione di lavoro straordinario nelle giornate destinate al riposo settimanale, fissazione della giornata di recupero compensativo in modo non conforme a quanto disposto nel Contratto Collettivo e nell’Accordo Quadro, mancata corresponsione dell’indennità giornaliera per il disagio subito prevista dall’art. 10 del Contratto Collettivo Nazionale della categoria e mancata corresponsione della retribuzione spettante per il lavoro straordinario) siano pacificamente acclarati e si siano verificati così come esposti nel ricorso introduttivo.
Partendo da questi, non contestati, dati di fatto, il ricorso è fondato.
Non può, infatti, essere accolta la tesi dell’amministrazione per cui la giornata lavorativa prestata in eccedenza rispetto all’orario settimanale di 36 ore stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale di lavoro darebbe diritto al solo risposo compensativo (peraltro da fruirsi non necessariamente con cadenza settimanale, ma a discrezione dell’amministrazione) e all’indennità giornaliera di euro 5,00.
Occorre, in primo luogo, muovere dalla disciplina dell’orario di lavoro che è dettata, in linea generale, dal d.lgs. 08.04.2003 n. 66, e, in particolare, per le Forze di Polizia dalla legge 395/1990 e dal d.P.R. 170/2007 che ha recepito gli accordi tra l’amministrazione e le organizzazioni sindacali dei lavoratori.
L’art. 11, commi 1 e 2, della cita legge del 1990 stabilisce che “l’orario di servizio per il personale del corpo di polizia penitenziaria è stabilito ai sensi dell’art. 19, comma 14, ed il numero complessivo delle ore settimanali è ripartito in turni giornalieri secondo le esigenze di servizio. Gli appartenenti al Corpo, quando le esigenze lo richiedono, sono tenuti a prestare servizio anche in eccedenza all’orario, con diritto a compenso per lavoro straordinario nelle misure orarie stabilite per il personale della Polizia di Stato”.
L’art. 120, comma 1, del d.P.R. 170/2007 prevede che per gli agenti di polizia penitenziaria “la durata dell’orario di lavoro è di 36 ore settimanali”.
E’ evidente che quest’ultima disposizione afferma che è l’orario settimanale ad essere articolato in 36 ore, quindi scatta il diritto alla retribuzione per il lavoro straordinario prestato quando il servizio prestato eccede la base settimanale di 36 ore e non il turno giornaliero.
In altre parole, il criterio per valutare se via stata prestazione lavorativa “straordinaria” è l’eccedenza rispetto alle 36 ore settimanali: lo “straordinario” deve pertanto essere remunerato in eccedenza quando la prestazione lavorativa eccede le 36 ore settimanali.
La questione posta dal ricorso è cosa accade se il lavoro straordinario viene prestato dall’agente nella giornata in cui gli spetterebbe fruire del riposo compensativo.
Le disposizioni contrattuali prevedono che la chiamata in servizio nel giorno destinato al riposo compensativo o nel giorno festivo sia retribuita con un “indennizzo da disagio”, pari ad 8,00 euro oltre al recupero del giorno di riposo.
La difesa erariale sostiene che al dipendente che, per sopravvenute esigenze inderogabili, sia chiamato a prestare servizio nel giorno destinato al riposo settimanale o festivo settimanale, spetterebbe soltanto la corresponsione di un’indennità di euro 8,00 a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero.
La tesi non ha pregio e deve essere disattesa in toto.
Non può infatti essere considerata attività lavorativa “ordinaria” quella svolta nel giorno in cui il dipendente viene chiamato a svolgere la propria attività lavorativa “per inderogabili ragioni di servizio” in eccedenza rispetto alle 36 ore settimanali e nel giorno festivo o in cui avrebbe diritto al riposo compensativo.
Il terzo comma dell’art. 10 del d.P.R. 11.09.2007 n. 170 (di recepimento dell’accordo sindacale per la categoria in questione), non è dirimente in proposito, poiché non esclude (in quanto non contempla affatto) l’ipotesi in cui sono venuti a trovarsi i ricorrenti, ossia l’eccedenza, oltre le 36 ore settimanali, della prestazione lavorativa nella giornata in cui si è richiamati in servizio “per inderogabili esigenze di servizio”, ove la giornata corrisponda al giorno destinato al riposo settimanale o al festivo infrasettimanale.
Se si accedesse alla tesi della difesa erariale si arriverebbe all’effetto paradossale per cui la prestazione del lavoro straordinario in una giornata non destinata al riposo settimanale o al riposo festivo infrasettimanale sarebbe maggiormente remunerata rispetto alla, molto più gravosa, chiamata in servizio nella giornata destinata al risposo (remunerata soltanto con 8,00 euro complessivi), per giunta “per inderogabili esigenze di servizio”.
Del resto, la fondatezza della tesi dei ricorrenti appare evidente sol che si pensi al fatto che la funzione della retribuzione per lavoro straordinario è quella di ricompensare l’attività lavorativa prestata oltre il normale orario di lavoro, mentre le norme che riguardano il riposo compensativo per la prestazione non dovuta nel giorno destinato al riposo costituiscono una modalità per consentire al lavoratore, in primo luogo, di ripristinare il proprio equilibrio attraverso il risposo (che deve avvenire entro le due settimane successive) e di risarcire il lavoratore stesso con una sorta di indennizzo, il cui ammontare appare, peraltro, pressoché simbolico (euro 5,00, innalzato successivamente a euro 8,00).
Conseguentemente spetta ai ricorrenti quanto richiesto con il ricorso introduttivo, sia sotto il profilo del pagamento dello straordinario sia dell’indennizzo di euro 8,00 quando essi prestano la propria attività lavorativa nel giorno in cui gli spetterebbe il riposo ovvero nel giorno festivo, sia della fruizione del riposo compensativo con le cadenze contrattualmente previste.
2. Quanto ai motivi aggiunti con il quali è stata impugnata la nota GDAP- 0481307-2009 del Ministero della Giustizia Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria a firma del Capo Dipartimento, il Collegio li ritiene fondati in quanto la citata nota, nel modificare le precedenti circolari esplicative n. 2000901 del 22.06.2007, n. 222617 del 27.06.2008 e n. 439802 del 23.12.2009 (con le quali l’interpretazione data dalla stessa amministrazione delle norme regolative del rapporto di lavoro era in senso favorevole ai ricorrenti), ha sostanzialmente violato e falsamente applicato gli articoli 11 e 19 della l. 395/1990 e 10 del d.P.R. n. 170/2007, la cui legittima e piana interpretazione consiste nell’affermare che, quando gli agenti di polizia penitenziaria vengono richiamati in servizio nel giorno programmato per il riposo settimanale (in eccedenza rispetto alle 36 ore settimanali come da Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro), il turno in aggiunta deve essere qualificato come straordinario e retribuito a tale titolo. In aggiunta a ciò, l’amministrazione, comunque, deve sia corrispondere l’indennizzo di euro 8,00 (indennità di disagio per avere lavorato nel giorno in cui sarebbe spettato il risposo) sia far fruire il recupero del giorno di riposo secondo le modalità contrattualmente stabilite.
La nota impugnata con i motivi aggiunti deve conseguentemente essere annullata in quanto emanata in violazione delle disposizioni rubricate.
3. In relazione alla domanda di condanna dell’amministrazione, i ricorrenti non hanno indicato il quantum del compenso spettante a ciascuno di essi, per cui deve disporsi, ai sensi dell’art. 34 comma 4 del d.lgs. 104/2010, che sia l’amministrazione, in quanto debitrice, a effettuare i conteggi e a liquidare ai singoli ricorrenti il pagamento delle retribuzioni spettanti ai medesimi in relazione alle ore di lavoro straordinario da essi prestate nelle giornate in cui avrebbero dovuto godere del riposo compensativo sulla base delle disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali più volte citate, oltre all’indennizzo di euro 8,00.
A tali somme dovranno essere aggiunti la rivalutazione monetaria secondo l’indice ISTAT e gli interessi legali secondo le modalità e i criteri di calcolo di cui al D.M. 01.09.1998 n. 352.
4. La complessità delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, lo accoglie e, per l’effetto:
- accerta il diritto dei ricorrenti alla corresponsione del compenso spettante a ciascuno per ogni periodo di servizio svolto durante il quinquennio ottobre 2004/ottobre 2009 per ore di straordinario effettuate e non pagate, svolte in giornate destinate al riposo, oltre le 36 ore settimanali, secondo gli importi maturati in base alla legge e ai contratti collettivi succedutisi nel tempo, nonché dell’indennità per lavoro nel giorno di riposo prevista dall’art. 10 comma 3 del C.C.N.L. di categoria, recepito con d.P.R. 11/09/2007 n. 170, con rivalutazione monetaria secondo l’indice ISTAT e interessi legali sulle somma rivalutate dalla data di maturazione del diritto fino al soddisfo.
- annulla la nota del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria a firma del Capo del Dipartimento prot. n. GDAP-0481307-2009 del 30.12.2009, impugnata con i motivi aggiunti.
Dispone che l’amministrazione liquidi le spettanze dovute a ciascun ricorrente, secondo quanto indicato in motivazione, nel termine di sessanta giorni dalla notifica della presente sentenza.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso, in Parma, nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Mario Arosio, Presidente
Italo Caso, Consigliere
Emanuela Loria, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/09/2011

Re: Orario lavoro settimanale, e straord. per inderogabili

Inviato: sab mar 10, 2012 10:05 am
da panorama
Il Consiglio di Stato conferma la sentenza di cui sopra.

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N. 01342/2012REG.PROV.COLL.
N. 10376/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex artt. 38 e 60 cod. proc. amm.
sul ricorso numero di registro generale 10376 del 2011, proposto da:
Ministero della Giustizia, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

contro
OMISSIS (congruo numero di ricorrenti), rappresentati e difesi dagli avv. Giovanni Carnevali e Marco Selvaggi, con domicilio eletto presso Marco Selvaggi in Roma, via Nomentana, 76;
e con l'intervento di

ad opponendum:
Codacons, Associazione Utenti dei Servizi Pubblici, rappresentati e difesi dagli avv. Carlo Rienzi e Luciana Selmi, con domicilio eletto presso Ufficio Legale Nazionale Codacons in Roma, viale Giuseppe Mazzini, 73;
per la riforma
della sentenza del T.A.R. EMILIA-ROMAGNA - SEZ. STACCATA DI PARMA: SEZIONE I n. 00307/2011, resa tra le parti, concernente MANCATA CORRESPONSIONE COMPENSO ORE DI STRAORDINARIO

Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
Con ricorso proposto al TAR Emilia Romagna (sezione di Parma), integrato da motivi aggiunti, i signori OMISSIS (congruo numero di ricorrenti), dipendenti dell’Amministrazione Penitenziaria per l’Emilia-Romagna (Istituti Penitenziari di Parma), domandavano l'accertamento e la declaratoria del proprio diritto alla corresponsione del compenso spettante a ciascuno per ogni periodo di servizio svolto durante il quinquennio ottobre 2004/ottobre 2009, o, in alternativa, nel maggior periodo ritenuto di giustizia, per ore di straordinario effettuate e non pagate, svolte in giornate destinate al riposo, oltre le 36 ore settimanali, secondo gli importi maturati in base alla legge e ai contratti collettivi succedutisi nel tempo, nonché dell’indennità per lavoro nel giorno di riposo prevista dall’art. 10 comma 3 del C.C.N.L. di categoria, recepito con d.P.R. 11/09/2007 n. 170, con rivalutazione monetaria secondo l’indice ISTAT e interessi legali sulle somme rivalutate dalla data di maturazione del diritto fino al soddisfo.
A sostegno del ricorso, gli interessati esponevano che:
- il loro orario di lavoro è di 36 ore settimanali, con diritto a un giorno di riposo settimanale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 e 19 della L. 15.12.1990 n. 395 e dell’art. 10 del d.P.R. 11.09.2007 con il quale è stato recepito il contratto collettivo nazionale delle forze di polizia;
- qualora esigenze di servizio lo richiedano gli agenti sono tenuti a svolgere lavoro straordinario oltre le 36 ore settimanali, con diritto al compenso maggiorato (art. 11 comma II, legge 395/1990);
- l’agente può essere chiamato in servizio anche nel giorno destinato al riposo con diritto al recupero del riposo non fruito e alla corresponsione di un’indennità di euro 8,00 per il disagio ai sensi dell’art. 11 comma V, l. 395/1990 e art. 10 comma III, del d.P.R. 170/2007;
- a far tempo dall’anno 2004, i ricorrenti prestano attività di lavoro straordinario essendo abitualmente assegnati al servizio anche nelle giornate destinate al riposo settimanale (non coincidente obbligatoriamente con la festività), in tal modo eccedendo le trentasei ore settimanali;
- gli Istituti Penitenziari di Parma fissano solo un giorno (o al massimo due) di riposo ogni due o addirittura tre settimane di lavoro ininterrotto, per cui, così facendo, alcuni agenti lavorano per 20 giorni consecutivi senza alcuna giornata di riposo;
- agli agenti non viene corrisposta né l’indennità per il disagio subito previsto dall’art. 10 comma 3 del C.C.N.L. (euro 8,00) né tanto meno la retribuzione maggiorata per lavoro straordinario, neppure quando le ore di straordinario prestate rientrano nel monte ore riconosciuto dall’amministrazione centrale e previsto dall’art. 10 dell’accordo nazionale quadro per il personale di polizia penitenziaria del 24.03.2004 e dai successivi atti integrativi e fissato in 450 ore elevabili fino a 660.
Con la sentenza epigrafata il Tribunale amministrativo adito, rilevata l’ammissibilità del ricorso proposto in forma collettiva, ha accolto il ricorso, disponendo inoltre l’annullamento della nota del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria (a firma del Capo del Dipartimento prot. n. GDAP-0481307-2009 del 30.12.2009) impugnata con i motivi aggiunti e in quanto contrastante con la pretesa azionata.
Di qui l’appello proposto dal Ministero della Giustizia ed affidato ai motivi trattati nel prosieguo dalla presente decisione.
Si sono costituiti nel giudizio gli appellati, ricorrenti in primo grado, esistendo al gravame ed hanno esplicato intervento “ad adiuvandum” il CODACONS e l’associazione utenti dei servizi pubblici.
Alla camera di consiglio (31.1.2012) fissata per la trattazione della istanza di sospensione della sentenza impugnata (avanzata dall’appellante Ministero), il Collegio, ravvisandone i presupposti ai sensi di legge e previo avviso alle parti, ha disposto la conversione del rito al fine di definire nel merito l’appello proposto.

DIRITTO
A sostegno della decisione gravata il TAR, muovendo dall’analisi delle fonti in materia (artt. 11, commi 1 e 2, della legge n.395 del 1990 e 10, comma 1, del d.P.R. 170/2007), ha respinto la tesi dell’amministrazione per cui la giornata lavorativa prestata in eccedenza rispetto all’orario settimanale di 36 ore stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale di lavoro darebbe diritto al solo riposo compensativo e all’indennità giornaliera di euro 5,00, e non anche al compenso per lavoro straordinario: la questione si incentra dunque sulla spettanza di retribuzione (sostenuta dagli appellati) nel caso che il lavoro straordinario venga prestato dall’agente nella giornata festiva, in cui gli compete fruire dell’indennità e del riposo compensativo.
Il giudice di prime cure, nel dare soluzione positiva al problema, ha ritenuto evidente che, in base alle cennate disposizioni, essendo l’orario settimanale articolato in 36 ore, scatta il diritto alla retribuzione per lavoro straordinario quando il servizio prestato eccede la base settimanale di 36 ore e non il turno giornaliero. “In altre parole, - prosegue il TAR - il criterio per valutare se vi sia stata prestazione lavorativa “straordinaria” è l’eccedenza rispetto alle 36 ore settimanali: lo “straordinario” deve pertanto essere remunerato in eccedenza quando la prestazione lavorativa eccede le 36 ore settimanali “.
Queste argomentazioni sono contrastate dall’appellante Ministero, il quale sostiene l’errata applicazione delle leggi sopra richiamate, evidenziando in sintesi che il diritto all’indennità giornaliera ha la specifica funzione compensativa “della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero” corrispondente all’ordinario turno di servizio di sei ore, mentre lo svolgimento della prestazione lavorativa per sette giorni consecutivi con turni di sei ore viene compensata con la turnazione di riposo prevista la settimana successiva. L’appello è infondato.

Al riguardo va ribadito il principio generale accolto dalla normativa (art.11 della l. 395/1990), per cui “gli appartenenti al Corpo, quando le esigenze lo richiedono, sono tenuti a prestare servizio anche in eccedenza all’orario, con diritto a compenso per lavoro straordinario nelle misure orarie stabilite……”.
Va quindi rilevato che la legge opera un riferimento del tutto inequivoco non solo alla spettanza dello straordinario in ragione del superamento dell’orario settimanale ordinario, ma la collega solo alla misura della sua retribuzione, non citando sotto questo profilo alcuna forma sostitutiva o surrogatoria della stessa. Da tale carenza si evince, in applicazione inversa del principio “ubi voluit dixit”, che la retribuzione del lavoro eccedente la misura ordinaria avviene al solo verificarsi di detta eccedenza, quindi anche in giorno festivo e si realizza esclusivamente con l’applicazione della misura stabilita per il lavoro straordinario.
Ciò premesso, alcune osservazioni il Collegio deve formulare a proposito dell’altra norma che nella controversia è venuta in rilievo, costituita dall’art. 10, terzo comma, DPR n.170/2007; essa, in realtà fornisce problemi interpretativi (sui quali fa leva l’appellante) solo ove non si consideri la sua disposizione finale, che a ben vedere conferma invece l’interpretazione qui accolta; ed invero stabilisce la norma citata che per la prestazione nel giorno di riposo l’indennità è corrisposta “a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero”.
L’indennità in parola, dunque, sostituisce unicamente la retribuzione ordinaria per il giorno festivo e, non riferendosi in alcun modo al problema del lavoro straordinario festivo, non può supportare la tesi negativa accolta dal Ministero.
A sua volta, la funzione del recupero mediante la turnazione di riposo non ha carattere retributivo, essendo invece quella di compensare il disagio arrecato (“ratio” emergente dal contratto) per aver prestato servizio ordinario in giorno festivo, se si considera nel contempo che la festività ha di norma carattere irrinunciabile e che il disagio stesso costituisce un fatto oggettivamente irrimediabile, se non con l’istituto in questione (in assenza del quale la retribuzione festiva riceverebbe un trattamento complessivo identico al normale giorno di lavoro).
Quindi, ad avviso del Collegio, nessuno dei benefici previsti dal cennato comma 3 costituisce fattore preclusivo del diritto al compenso per il lavoro straordinario festivo di cui si controverte.
Giova peraltro rilevare che lo stesso Ministero (con la circolare prot. n. GDAP-0481307-2009 del 30.12.2009, richiamata dalla stessa amministrazione come dai motivi aggiunti), dopo aver ribadito la spettanza dell’indennità dovuta per lavoro prestato in giorno di riposo, chiarisce che verrà considerata straordinario e come tale retribuita l’eccedenza di orario oltre quello di servizio. E’ quindi del tutto chiaro, che nel giorno festivo il dipendente chiamato al lavoro per esigenze di servizio sarà retribuito, sino al limite dell’orario ordinario, mediante l’indennità e, per le misure orarie eccedenti, come lavoro straordinario.
- Conclusivamente, a meritevole conferma della sentenza impugnata, l’appello deve essere respinto.
Sussistono giuste ragioni per disporre la compensazione delle spese del presente grado di giudizio tra le parti del giudizio, attesa sia la sufficiente complessità delle questioni sollevate e trattate, sia il differente orientamento anticipato dalla Sezione in sede di delibazione sommaria (ord. n. 1922/2010).

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (sezione IV), definitivamente pronunziando in merito al ricorso in epigrafe, respinge l’appello.
Dichiara interamente compensate tra le parti le spese del grado.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 31 gennaio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Giorgio Giaccardi, Presidente
Sergio De Felice, Consigliere
Raffaele Potenza, Consigliere, Estensore
Andrea Migliozzi, Consigliere
Oberdan Forlenza, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 08/03/2012

Re: Orario lavoro settimanale, e straord. per inderogabili

Inviato: lun gen 20, 2014 10:16 pm
da panorama
Per notizia ulteriore.
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17/01/2014 201400008 Sentenza 1


N. 00008/2014 REG.PROV.COLL.

N. 00277/2013 REG.RIC.



REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna

sezione staccata di Parma (Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 277 del 2013, proposto da:
G. M., rappresentato e difeso dagli Avv.ti Simone Dall'Aglio e Giovanni Carnevali, con domicilio eletto presso il secondo, in Parma, piazzale della Macina n. 3;


contro

Ministero della Giustizia, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato presso la quale è ex lege domiciliato, in Bologna, via Guido Reni 4;


per l'ottemperanza

della sentenza del T.A.R. Emilia Romagna Sez. staccata di Parma n. 37/2013 depositata in data 7 febbraio 2013;



Visti il ricorso e i relativi allegati;

Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;

Viste le memorie difensive;

Visto l 'art. 114 cod. proc. amm.;

Visti tutti gli atti della causa;

Relatore nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2014 il dott. Marco Poppi e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.



FATTO e DIRITTO

Rilevato:

che il ricorrente, Agente della Polizia Penitenziaria in forza presso gli Istituti penitenziari di Parma, con ricorso iscritto al n. 184/2010, ha lamentato che l’Amministrazione, nel quinquennio ottobre 2004 – ottobre 2009, relativamente ai periodi di impiego in servizio nelle giornate destinate al riposo settimanale, non gli aveva corrisposto il compenso spettante per il lavoro straordinario prestato in eccedenza alle 36 ore settimanali né aveva provveduto alla corresponsione dell’indennità di cui all’art. 10, comma 3 del DPR n. 170/2007;

che, in ragione del fatto che la medesima questione era stata già affrontata da questo Tribunale a seguito di ricorso proposto da altri appartenenti al Corpo d Polizia Penitenziaria in servizio presso gli Istituti di pena di Parma, iscritto al n. 301/2009 Reg. Ric. e definito con sentenza n. 307/2011, la Sezione, confermando la posizione già espressa in detta occasione, ha accolto il ricorso con sentenza n. 37 del 7 febbraio 2013;

che con la decisione da ultimo citata è stato riconosciuto al ricorrente il diritto alla corresponsione del compenso spettante per le ore di straordinario effettuate ed all’indennità di cui all’art. 10, comma 3, del DPR n. 170/2007 ed è stata, altresì, accolta la domanda di condanna dell’Amministrazione, ex art. 34, comma 4, c.p.a., disponendo che fosse quest’ultima ad effettuare i conteggi ed a liquidare le somme spettanti, rivalutate in base all’indice ISTAT e maggiorate degli interessi legali secondo le modalità e i criteri di calcolo di cui al D.M. 1 settembre 1998 n. 352, dalla data di maturazione del diritto sino all’effettivo soddisfo;

che nell’occasione l’Amministrazione veniva condannata al pagamento delle spese di giudizio liquidate nella misura di € 2.000,00 oltre ad oneri di legge (cui deve intendersi aggiunta la refusione del contributo unificato);

che detta sentenza non è stata impugnata ed è passata in giudicato;

che l’Amministrazione non ha ancora ottemperato a quanto disposto con detta decisione;

Preso atto che, con il presente ricorso, i ricorrenti chiedono l’ottemperanza alla sentenza n. 37/2013;

Ritenuto:

che il ricorso debba essere accolto ordinando all’Amministrazione di provvedere al pagamento delle somme dovute, comprensive delle spese di giudizio liquidate in sentenza;

che, come già deciso con ordinanza n. 140/2013, adottata nel giudizio iscritto al n. 319/2012 a seguito di ricorso proposto per l’ottemperanza alla sentenza n. 307/2011 (costituente precedente cui si è uniformata la Sezione con sentenza n. 36/2013), la liquidazione delle spettanze all’odierno ricorrente debba essere effettuata nel rispetto del c.d. “Metodo 1” specificato nella nota del Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria n. 16812 del 16 ottobre 2012, con corresponsione delle maggiori somme per rivalutazione ed interessi, nel termine di giorni 30 dalla comunicazione della presente sentenza, o dalla notifica se precedente;

che debba sin da ora nominarsi il Commissario ad acta nella persona del Prefetto di Parma, con facoltà di delega a Dirigente dell’Ufficio, che, in caso di perdurante inerzia dell’Amministrazione, procederà allo scadere del termine assegnato;

che le spese del giudizio, trattandosi di questione nota e già oggetto di ricorsi seriali, possano essere compensate;

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna, Sezione staccata di Parma, definitivamente pronunciando sul ricorso in epigrafe, lo accoglie nei termini di cui in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.

Così deciso in Parma nella camera di consiglio del giorno 18 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:




Angela Radesi, Presidente

Laura Marzano, Primo Referendario

Marco Poppi, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE


DEPOSITATA IN SEGRETERIA

Il 17/01/2014

Re: Orario lavoro settimanale, e straord. per inderogabili

Inviato: mar feb 25, 2014 7:39 pm
da panorama
Ormai alcuni Tar sono indirizzati a seguire la nuova disciplina applicabile, secondo l’interpretazione imposta dall’articolo 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, n.147, e quindi rigettano i ricorsi poiché la pretesa dei ricorrenti è infondata.

Pertanto, chi ha vinto, ha vinto in precedenza.

Ho trovato diversi ricorsi e tutti respinti.
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18/02/2014 201400090 Sentenza 1


N. 00090/2014 REG.PROV.COLL.
N. 00292/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Abruzzo
sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 292 del 2013, proposto da:
( congruo nr. di ricorrenti – OMISSIS ), rappresentati e difesi dall'avv. Lorenzo Di Gaetano, con domicilio eletto presso Tar Pescara Segreteria in Pescara, via Lo Feudo 1;

contro
Ministero della Giustizia Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in L'Aquila, via Buccio di Ranallo C/ S.Domenico;

per ottenere
l'accertamento e la declaratoria del diritto dei ricorrenti alla corresponsione del compenso per ore di lavoro straordinario effettuato dagli stessi nel quinquennio 2007-2012

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia Dipartimento Amministrazione Penitenziaria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 23 gennaio 2014 il dott. Massimiliano Balloriani e uditi per le parti l'avv. Giulio Cerceo, su delega dell'avv. Lorenzo Di Gaetano, per le parti ricorrenti e l'avv. distrettuale dello Stato Brunella Borgoni per il Ministero resistente.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Considerato che, con l’articolo 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, n.147, si è stabilito che: “L'articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, e l'articolo 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l'ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge”.

Che, pertanto, secondo il legislatore, nei giorni festivi, compete il compenso per servizio cd. straordinario solo se viene superato l’orario “giornaliero” di servizio.

Rilevato che i ricorrenti chiedono al Giudice di sollevare questione di Costituzionalità di detta disposizione, evidenziando tra l’altro che la norma non risolverebbe un contrasto interpretativo, essendosi ormai consolidata la giurisprudenza in modo difforme (calcolo dello straordinario sul monte ore settimanale anche nei giorni festivi);

essa poi inciderebbe sul d.p.r. di recepimento di un accordo collettivo e quindi sull’atto negoziale sottostante, e in ultima analisi su materia riservata all’autonomia privata;

sarebbe poi in contrasto con la previsione del limite delle 36 ore settimanali.

Rilevato che la questione è manifestamente infondata, atteso che:

secondo la giurisprudenza costituzionale, la volontà del legislatore é sovrana, sia o meno in contrasto con la giurisprudenza concorde o quasi concorde, e incontra soltanto il limite dei principi costituzionali;

e a tal fine, per dire violato il principio di ragionevolezza, non é sufficiente il rilievo che la finalità avuta di mira dal legislatore é stata quella di intervenire per modificare d'imperio un'interpretazione giurisprudenziale sgradita;

si è perfino affermato che la legittimità di un intervento legislativo con forza retroattiva non é contestabile nemmeno quando esso sia determinato dall'intento di "rimediare a un'opzione interpretativa consolidata nella giurisprudenza in senso divergente dalla linea di politica del diritto giudicata (dal legislatore) più opportuna" (Corte Costituzionale, ordinanza n. 480 del 1992);

ciò, ovviamente, purchè il diverso modello di decisione imposto dalla legge sopravvenuta fosse ragionevolmente prospettabile, in relazione ai rapporti anteriormente costituiti, in alternativa a quello applicato dalla giurisprudenza (Corte Costituzionale, sentenza n. 402 del 1993);

nel caso di specie, a tal proposito, è appena il caso di osservare che, essendo previsto per i giorni festivi un compenso aggiunto per la mancata fruizione del riposo settimanale, non appare del tutto irragionevole l’opzione interpretativa che postula il calcolo aggiungendo ulteriori 6 ore di servizio al monte ore settimanale, proprio in ragione del fatto che esse sono compensate dalla mancata fruizione del riposo (in tale senso, quindi la norma di interpretazione autentica non appare illegittima in quanto il significato imposto all’interprete rientra tra quelli astrattamente contenuti nella disposizione, cfr. Corte Costituzionale, sentenza n. 271 del 2011; n.78 del 2012);

e di conseguenza non appare pertanto neanche leso l’invocato parametro di cui all’articolo 36 della Costituzione;

ciò premesso, ad avviso del Collegio, non si pone neanche un problema di conflitto tra la legge e l’accordo sottostante al regolamento, in quanto è qui postulato che l’interpretazione suggerita sia contenuta all’interno dell’ampiezza semantica della disposizione, e quindi in ultima analisi sia rispettosa di essa (allo stesso modo in cui non può dirsi che il Giudice, nel momento in cui si limita ad interpretare un contratto, si sostituisca all’autonomia privata delle parti; in realtà, se si resta nell’ambito delle possibilità semantiche di una disposizione, la legge interpretativa si rivolge, vincolandola, all’attività ermeneutica del Giudice, e ciò del tutto legittimamente in virtù della supremazia di cui all’articolo 101 comma 2 della Costituzione);

Ritenuto pertanto che, in virtù della disciplina applicabile, secondo l’interpretazione imposta dall’articolo 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, n.147, la pretesa dei ricorrenti è infondata e deve quindi essere respinta.

Considerato che le ragioni della decisione e la particolarità della fattispecie giustificano l’integrale compensazione delle spese di giudizio.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Abruzzo sezione staccata di Pescara (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,

Respinge il ricorso.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Pescara nella camera di consiglio del giorno 23 gennaio 2014 con l'intervento dei magistrati:
Michele Eliantonio, Presidente
Dino Nazzaro, Consigliere
Massimiliano Balloriani, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 18/02/2014

Re: Orario lavoro settimanale, e straord. per inderogabili

Inviato: gio apr 16, 2015 11:39 pm
da panorama
1) - Nelle more del giudizio è entrata in vigore la legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità), la quale, all’art. 1, comma 476, ha stabilito quanto segue:
(leggere direttamente in sentenza)

IL TAR Bolzano scrive:

2) - Rileva il Collegio che costituisce regola generale dell'ordinamento quella secondo cui, quando sono possibili interpretazioni diverse della legge - una sola delle quali conforme al dettato costituzionale - si deve scegliere questa e che è dovere del giudice, prima di sollevare questione di legittimità costituzionale della norma, verificare se esista un'interpretazione della nuova disposizione costituzionalmente conforme (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 9 aprile 2013, n. 1938 e Sez. VI, 4 novembre 2013, n. 5293).

3) - Ad avviso del Collegio va superata l'interpretazione letterale del citato art. 1, comma 476, della legge n. 147 del 2013, nel punto in cui fa riferimento al diritto a retribuzione per lavoro straordinario limitatamente alle ore eccedenti “l’ordinario turno di servizio giornaliero”.

4) - Per tutte le ragioni espresse, il ricorso è fondato, nei limiti della prescrizione quinquennale interrotta con la notifica del ricorso e va accertato il diritto dei ricorrenti alla corresponsione del compenso spettante a ciascuno di essi per ogni periodo di servizio svolto durante il periodo 12 luglio 2008 - 12 luglio 2013 per ore di straordinario effettuate e non pagate, svolte in giornate di riposo, oltre le 36 ore di lavoro settimanali.
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SENTENZA ,sede di BOLZANO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201500133 - Public 2015-04-14 -


N. 00133/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00205/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa
Sezione Autonoma di Bolzano
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 205 del 2013, proposto da:
Emanuele Amantini, Antonio Andreano, Antonio Cardillo, Giuseppe Cavuoti, Riccardo Chiappinello, Libero Conti, Francesco Corcella, Francesco Costa, Pasquale Cutuli, Claudio De Santis, Nicola Di Marco, Fiorenzo D'Uva, Franco Fato, Brunetto Ferrari, Marco Giammarelli, Paolo Giuliani, Francesco Grassano, Laura Graziani, Dario S. Gullotto, Domenico Meglio, Franco Monacelli, Dima Antonio Monteleone, Fortunato Notari, Rocco Pesce, Carmine Pezone, Tommaso Piazzolla, Costantino Pontrelli, Salvatore Pugliesi, Antonio Sileo, Carmelo Simula, Vincenzo Strada, Antonio Testa, Giuseppe Valentino, Michele Valentino, Maria Cristina Viola, tutti rappresentati e difesi dall'avv. Lorenzo Di Gaetano, con domicilio eletto presso la segreteria del TRGA, in Bolzano, Via Claudia de’ Medici, n. 8;

contro
Ministero della Giustizia, Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria, in persona del Ministro pt, rappresentato e difeso, per legge, dall'Avvocatura dello Stato, domiciliata in Trento, Largo Porta Nuova, n. 9;

per l'accertamento
e la conseguente declaratoria del diritto alla corresponsione del compenso spettante a ciascuno dei ricorrenti per ogni periodo di servizio svolto durante il quinquennio 2007 - 2012 (considerando atto interruttivo della prescrizione la data di notifica del presente ricorso) ovvero nel maggior periodo ritenuto di giustizia, per ore di straordinario effettuate e non pagate, svolte in giornate destinate e/o da destinare al riposo settimanale, oltre le 36 ore settimanali, secondo gli importi maturati in base alla legge ed ai CCNL intervenuti negli anni di riferimento, oltre a rivalutazione monetaria ad interessi legali, dalla data di maturazione del diritto fino al soddisfo.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia - Dipartimento dell'Amministrazione Penitenziaria;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 11 marzo 2015 la Consigliere Lorenza Pantozzi Lerjefors e udito, per i ricorrenti, l’avv. L. Di Gaetano;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I ricorrenti sono tutti dipendenti del Ministero della Giustizia, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria, e prestano servizio presso la Casa Circondariale di Bolzano, quali appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria.

Nel ricorso essi espongono quanto segue:

- che il loro orario di lavoro è di 36 ore settimanali, con diritto a un giorno di riposo settimanale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 e 19 della legge 15 dicembre 1990, n. 395 e dell’art. 10 del D.P.R. 11 settembre 2007, n. 170, con il quale è stato recepito il contratto nazionale delle forze di polizia;

- che, per esigenze di servizio, il personale di Polizia Penitenziaria è tenuto a svolgere lavoro straordinario oltre le 36 ore settimanale, con diritto al compenso maggiorato (art. 11, comma 2, legge 15 dicembre 1990, n. 395);

- che l’agente può essere chiamato in servizio anche nel giorno destinato al riposo, con diritto al recupero del riposo non fruito e alla corresponsione di un’indennità di Euro 8,00 per il disagio, ai sensi dell’art. 11, comma 5, legge 15 dicembre 1990, n. 395 e art. 10, comma 3, del D.P.R. 11 settembre 2007, n. 170 e s.m.;

- che gli istituti penitenziari ricorrono comunemente, per esigenze di servizio, alla revoca del riposo settimanale programmato e altrettanto spesso non lo prevedono nella programmazione mensile dei turni di servizio, per cui, così facendo, si verifica che il personale di Polizia Penitenziaria non fruisce del riposo per 15 - 20 giorni consecutivi;

- che, nel corso degli anni 2004 - 2012, hanno effettuato lavoro straordinario feriale, festivo e notturno, per effetto di riposi settimanali non concessi e/o non programmati, per esigenze di servizio, eccedendo le 36 ore settimanali;

- che le circolari n. 0200901/2007 del 22 giugno 2007 e n. 439802/2008 del 23 dicembre 2008 avrebbero chiarito che, al dipendente chiamato al lavoro per esigenze di servizio nella giornata di riposo, va corrisposta sia l’indennità giornaliera prevista dall’art. 10 del D.P.R. 11 settembre 2007, n. 170 e s.m., sia la retribuzione per lavoro straordinario, oltreché garantito il diritto alla giornata di recupero;

- che, con la successiva circolare n. GDAP-0481307 del 30 dicembre 2009, l’Amministrazione penitenziaria avrebbe cambiato orientamento, stabilendo che va considerato “straordinario” solo l’eccedenza di orario oltre quello ordinario di servizio, ma che tale circolare è stata impugnata innanzi al TAR per l’Emilia Romagna, Sezione distaccata di Parma, che, con sentenza n. 307/2011, depositata il 14 settembre 2011 (confermata in appello dal Consiglio di Stato, Sez. IV, con sentenza n. 1342, depositata l’8 marzo 2012), ha annullato la circolare, statuendo che il dipendente chiamato al lavoro per esigenze di servizio nella giornata di riposo deve essere retribuito sia con l’indennità giornaliera, sia con la misura prevista per il lavoro straordinario, sul presupposto che la prestazione lavorativa ecceda le 36 ore settimanali;

- che l’Amministrazione penitenziaria, preso atto delle suddette decisioni, con circolare n. GDAP-0254373-2012 del 5 luglio 2012, ha affermato di volersi conformare al giudicato, precisando però che, per gli anni pregressi, sussisteva il divieto di estensione del giudicato.

Con il presente ricorso i dipendenti del Ministero della Giustizia, Dipartimento Amministrazione Penitenziaria indicati in epigrafe chiedono che sia accertato il loro diritto alla “quantificazione ed alla corrispondente remunerazione del compenso spettante a ciascuno dei ricorrenti per ogni periodo di servizio svolto durante il quinquennio 2007-2012 (considerando atto interruttivo della prescrizione la data della notifica del presente ricorso) o, nel maggior periodo ritenuto di giustizia, per ore di straordinario effettuate e non pagate, svolte in giornate destinate al riposo (siano esse revocate o non programmate), oltre le 36 ore settimanali, secondo gli importi maturati in base alla legge ed ai CCNL intervenuti negli anni di riferimento, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi”.

Si è costituita in giudizio l’Amministrazione intimata, chiedendo, in via principale, il rigetto del ricorso, siccome infondato, e, in subordine, che siano dichiarate prescritte le pretese relative al periodo anteriore al 12 luglio 2008.

Nelle more del giudizio è entrata in vigore la legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità), la quale, all’art. 1, comma 476, ha stabilito quanto segue: “L’articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, e l’articolo 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l’ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge”.

I ricorrenti ritengono la suddetta norma interpretativa manifestamente incostituzionale, “…perché mira ad introdurre un’interpretazione unilaterale di una norma contrattuale” e in quanto “…elide il diritto del dipendente ad avere una retribuzione proporzionata alla qualità e quantità del lavoro prestato, così come previsto dall’art. 36 della Costituzione”.

All’udienza pubblica del 25 giugno 2014 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

Con ordinanza istruttoria n. 178/2014, depositata il 1° luglio 2014, il Collegio ha chiesto all’Amministrazione una relazione scritta, contenente, per ciascun ricorrente, le ore lavorative settimanali effettuate per ogni settimana nei giorni lavorativi, nonché quelle effettuate nei giorni domenicali e festivi, nel quinquennio antecedente la data di notificazione del ricorso all’Amministrazione, nonché l’acquisizione in giudizio della documentazione su cui si basa l’indicazione, per ciascun ricorrente, delle ore lavorative di cui sopra.

L’Amministrazione ha ottemperato all’ordinanza suddetta in data 25 settembre 2014, con il deposito di n. 184 tabelle concernenti lo sviluppo straordinario settimanale del personale ricorrente e di n. 2062 copie conformi delle schede straordinario del personale ricorrente, relative al quinquennio 2007-2012.

Nei termini di rito le parti hanno depositato memorie, a sostegno delle rispettive difese.

All’udienza pubblica dell’11 marzo 2015, sentito il procuratore di parte ricorrente, il ricorso è stato nuovamente trattenuto in decisione.

DIRITTO

In via preliminare il Collegio ritiene ammissibile il ricorso presentato collettivamente, stante l’unicità e non conflittualità delle posizioni giuridiche soggettive di cui sono titolari i ricorrenti, tutti appartenenti al Corpo di Polizia penitenziaria e in servizio presso la Casa circondariale di Bolzano.

Il ricorso è fondato, nei limiti di seguito esposti.

La fondatezza del ricorso impone il vaglio dell’eccezione di prescrizione delle domande dei ricorrenti riferite al periodo antecedente al 12 luglio 2008, sollevata dalla difesa dell’Amministrazione ai sensi dell’art. 2948 c.c. in via subordinata, in caso di accoglimento del ricorso.

L’eccezione è fondata.

Ai sensi dell’art. 2948, n. 4), c.c., si prescrivono in cinque anni “gli interessi e, in generale, tutto ciò che deve pagarsi periodicamente ad anno o in termini più brevi”, compresi i crediti di retribuzione, anche di natura straordinaria (cfr. Consiglio di Stato, Sez. V, 14 settembre 2012, n. 4890 e Sez. V, 3 dicembre 2012, n. 6161).

Afferma la difesa dell’Amministrazione che il decorso del termine quinquennale di prescrizione sarebbe stato interrotto solamente con la notifica del presente ricorso, avvenuta il 12 luglio 2013.

La difesa dei ricorrenti, a sua volta, afferma che il Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria, con le già citate circolari del 22 giugno 2007 e del 23 dicembre 2008, avrebbe riconosciuto il diritto dei ricorrenti a percepire il compenso per le ore straordinarie oltre le 36 ore di lavoro settimanali, interrompendo, così, il decorso del termine di prescrizione.

Osserva il Collegio che ai sensi dell’art. 2944 c.c., il termine di prescrizione può essere interrotto non solo con un atto di costituzione in mora, ma anche con un atto di riconoscimento del diritto da parte di colui contro il quale il diritto stesso può essere fatto valere (cfr. anche Consiglio di Stato, Sez. VI, 18 giugno 2002, n. 3325).

Tuttavia, nel caso di specie, le circolari del Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria del 2008 richiamate dai ricorrenti non possono considerarsi atti interruttivi della prescrizione, avendo dato luogo ad interpretazioni contrastanti in sede applicativa. Di conseguenza, alle stesse circolari non può attribuirsi valore di un esplicito riconoscimento del diritto dei ricorrenti.

In conclusione, in assenza di altri atti di costituzione in mora da parte dei ricorrenti, il termine quinquennale di prescrizione può considerarsi interrotto solo con la notifica del ricorso, avvenuta il 12 luglio 2013, con la conseguenza che tutte le domande dei ricorrenti antecedenti al 12 luglio 2008 devono considerarsi prescritte.

Nei limiti della prescrizione suddetta il ricorso è fondato.

L’art. 11, comma 1, della legge 15 dicembre 1990, n. 395 demanda alla contrattazione collettiva la definizione dell’orario di servizio per il personale del Corpo di polizia penitenziaria, specificando che “il numero complessivo delle ore settimanali è ripartito in turni giornalieri, secondo le esigenze di servizio”.
L’art. 10, comma 1, del DPR 11 settembre 2007, n. 170, di recepimento dell’accordo sindacale e del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, stabilisce che “la durata dell’orario di lavoro è di 36 ore settimanali”.

Dunque l’orario di lavoro del personale del Corpo di polizia penitenziaria è di 36 ore settimanali, ripartite in turni giornalieri, stabiliti in base alle esigenze di servizio.

L’art. 11, comma 2, della legge n. 395 del 1990 prevede che qualora le esigenze di servizio lo richiedano, gli appartenenti al Corpo “sono tenuti a prestare servizio anche in eccedenza all’orario, con diritto a compenso per lavoro straordinario nelle misure orarie stabilite per il personale della Polizia di Stato”. Il comma 5 dello stesso art. 11 precisa poi quanto segue: “Il personale che, per esigenze di servizio non possa usufruire del giorno di riposo settimanale, ha diritto di goderne, entro le due settimane successive, secondo i criteri stabiliti dall’Amministrazione. La medesima disciplina si applica al personale che, per particolari esigenze di servizio, presta servizio in un giorno festivo non domenicale”.

Infine, l’art. 10, comma 3, del citato DPR n. 170 del 2007 così recita: “Fermo restando il diritto al recupero, al personale che per sopravvenute inderogabili esigenze di servizio sia chiamato dall’amministrazione a prestare servizio nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale è corrisposta una indennità di Euro 5,00 (n.d.r.: successivamente rideterminata in Euro 8,00 dall’art. 15, comma 4, del DPR 16 aprile 2009, n. 51), a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero”.

Quest’ultima disposizione ha dato luogo, come riportato in fatto, a dubbi interpretativi in sede di applicazione, con riferimento alla sussistenza dell’obbligo di pagamento del compenso per le ore straordinarie prestate in eccedenza all’orario settimanale di 36 ore, dubbi che sono stati risolti dalla giurisprudenza con la sentenza del TAR Emilia Romagna, sezione distaccata di Parma, n. 307 del 14 settembre 2011, confermata in sede di appello dal Consiglio di Stato, con sentenza della Sez. IV, n. 1342 dell’8 marzo 2012

In particolare, il Consiglio di Stato, nella citata sentenza, ha definitivamente chiarito che “nel giorno festivo il dipendente chiamato al lavoro per esigenze di servizio sarà retribuito, sino al limite dell’orario ordinario (n.d.r.: 36 ore settimanali) mediante l’indennità e, per le misure orarie eccedenti, come lavoro straordinario”. Un tanto si evincerebbe dal chiaro disposto dell’art. 10, comma 3, del DPR n. 170 del 2007, il quale stabilisce espressamente che “per la prestazione nel giorno di riposo l’indennità è corrisposta a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero”. Dunque, l’indennità in parola “sostituisce unicamente la retribuzione ordinaria per il giorno festivo” e non fa alcun riferimento ad una sostituzione del compenso per ore straordinarie. A sua volta, la funzione del recupero mediante la turnazione di riposo “non ha carattere retributivo, essendo invece quella di compensare il disagio arrecato (ratio emergente dal contratto) per avere prestato servizio ordinario in giorno festivo”. Il Consiglio di Stato conclude che “nessuno dei benefici previsti dal cennato comma 3 costituisce fattore preclusivo del diritto al compenso per il lavoro straordinario festivo di cui si controverte”.

Il Collegio condivide pienamente le argomentazioni e le conclusioni del Consiglio di Stato e ritiene che anche agli odierni ricorrenti debba essere riconosciuto il compenso per le ore straordinarie, prestate nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale, in eccedenza alle 36 ore settimanali, nei limiti della prescrizione, come sopra fissata.

Afferma la difesa dell’Amministrazione che, nelle more del giudizio, è intervenuto il legislatore, dando un’interpretazione autentica dell’art. 10, comma 3, del citato DPR n. 170 del 2007, in base alla quale non spetterebbe alcun compenso a titolo di lavoro straordinario, “se non per le ore eccedenti l’ordinario servizio giornaliero”, fatti salvi gli effetti delle sentenze già passate in giudicato.

La difesa dei ricorrenti ritiene la norma di interpretazione autentica “prima facie incostituzionale, perché mira ad introdurre una interpretazione unilaterale di una norma contrattuale” . L’interpretazione di una clausola del contratto potrebbe essere effettuata solo “dall’autonomia collettiva ovvero dalle parti firmatarie del contratto”. In ogni caso, anche nei casi in cui l’interpretazione è ammessa, essa non potrebbe ritenersi costituzionalmente legittima qualora si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto.

Effettivamente, nelle more del giudizio, è entrato in vigore l’art. 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (legge di stabilità 2014), il quale così recita: “L’articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della repubblica 11 settembre 2007, n. 170 e l’art. 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l’ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge”.

Rileva il Collegio che costituisce regola generale dell'ordinamento quella secondo cui, quando sono possibili interpretazioni diverse della legge - una sola delle quali conforme al dettato costituzionale - si deve scegliere questa e che è dovere del giudice, prima di sollevare questione di legittimità costituzionale della norma, verificare se esista un'interpretazione della nuova disposizione costituzionalmente conforme (cfr., ex multis, Consiglio di Stato, Sez. V, 9 aprile 2013, n. 1938 e Sez. VI, 4 novembre 2013, n. 5293).

Ad avviso del Collegio va superata l'interpretazione letterale del citato art. 1, comma 476, della legge n. 147 del 2013, nel punto in cui fa riferimento al diritto a retribuzione per lavoro straordinario limitatamente alle ore eccedenti “l’ordinario turno di servizio giornaliero”.

Invero, come già posto in evidenza, l’orario di lavoro del Corpo di Polizia penitenziaria è articolato in “36 ore settimanali” e la ripartizione di tali ore in turni giornalieri viene fatta dall’Amministrazione, secondo le esigenze di servizio, di volta in volta. Dunque, non esiste un “ordinario” turno di servizio ed essendo l’orario di lavoro del Corpo di Polizia penitenziaria articolato, per legge, in un determinato numero di ore settimanali (36), la norma non può che essere interpretata nel senso che il diritto alla retribuzione di lavoro straordinario per il personale di cui si tratta è limitato alle ore eccedenti le 36 ore settimanali di servizio ordinario, senza che possa avere rilievo il turno di servizio giornaliero, che è del tutto variabile, essendo stabilito in base alle esigenze concrete di servizio.

Una interpretazione diversa della norma si porrebbe in contrasto, anzitutto, con l’art. 11, comma 2, della legge n. 395 del 1990, in base al quale gli appartenenti al Corpo, quando le esigenze lo richiedano, “sono tenuti a prestare servizio anche in eccedenza all’orario (n.d.r.: per “orario” deve intendersi l’orario settimanale di 36 ore), con diritto a compenso per lavoro straordinario…”. Inoltre, porterebbe a conseguenze non solo illogiche (verrebbero riconosciute come ore di lavoro straordinario esclusivamente le ore eccedenti il turno stabilito per quello specifico giorno di lavoro, ciò anche nell’ipotesi in cui, ad esempio, tutte le ore del turno stabilito per quel giorno fossero eccedenti le 36 ore in cui si articola, in base alla normativa richiamata, l’attività lavorativa del personale del Corpo di Polizia penitenziaria), ma anche incostituzionali, perché non riconoscere come “lavoro straordinario” tutte le ore eccedenti le 36 ore settimanali, integrerebbe una violazione dell’art. 36 della Costituzione, oltreché dell’art. 3 della Costituzione.

Per tutte le ragioni espresse, il ricorso è fondato, nei limiti della prescrizione quinquennale interrotta con la notifica del ricorso e va accertato il diritto dei ricorrenti alla corresponsione del compenso spettante a ciascuno di essi per ogni periodo di servizio svolto durante il periodo 12 luglio 2008 - 12 luglio 2013 per ore di straordinario effettuate e non pagate, svolte in giornate di riposo, oltre le 36 ore di lavoro settimanali.

Quanto alla contestuale domanda di rivalutazione monetaria e di interessi legali dal giorno del dovuto fino al saldo, trova applicazione il D.M. 1.9.1998, n. 352 , per cui, in presenza del divieto di cumulo previsto dall' art. 22, comma 36, della legge 23.12.1994, n. 724, spetta la liquidazione degli interessi al tasso legale, ove superiore alla rivalutazione maturata nello stesso periodo considerato, ovvero quest'ultima nell'ipotesi opposta. I relativi conteggi andranno effettuati dall’Amministrazione, ai sensi dell’art. 34, comma 4, c.p.a.

Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono liquidate dal seguente dispositivo.

P.Q.M.

Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione autonoma di Bolzano, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo accoglie, nei limiti di cui in motivazione, e, per l’effetto,

- accerta il diritto dei ricorrenti alla corresponsione del compenso dovuto a ciascuno per ogni periodo di servizio svolto durante il quinquennio 12 luglio 2008 - 12 luglio 2013 a titolo di ore di straordinario effettuate e non pagate, svolte in giornate destinate al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale, oltre le 36 ore settimanali di servizio, secondo gli importi maturati in base alla legge e ai contratti collettivi succedutisi nel tempo, oltre agli interessi legali ovvero alternativamente alla rivalutazione monetaria, maturati e computati dalla data delle singole scadenze fino al saldo;

- dispone che l’Amministrazione liquidi le spettanze dovute a ciascun ricorrente, secondo i criteri di cui in motivazione, nel termine di 60 (sessanta) giorni dalla notifica della presente sentenza.

Condanna l’Amministrazione soccombente alla rifusione delle spese di lite, che si liquidano in complessivi Euro 3.500,00 (tremilacinquecento/00) in favore dei ricorrenti, in via di solidarietà attiva, oltre IVA, CPA, contributo unificato e altri oneri di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bolzano nella camera di consiglio del giorno 11 marzo 2015 con l'intervento dei magistrati:
Margit Falk Ebner, Presidente
Lorenza Pantozzi Lerjefors, Consigliere, Estensore
Edith Engl, Consigliere
Alda Dellantonio, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/04/2015

Re: Orario lavoro settimanale, e straord. per inderogabili

Inviato: dom nov 01, 2015 3:29 pm
da panorama
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), non definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe qui riuniti, rimette gli atti alla Corte Costituzionale.

Riserva la sentenza definitiva.
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ORDINANZA COLLEGIALE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201502062
- Public 2015-04-27 -


N. 02062/2015 REG.PROV.COLL.
N. 00494/2014 REG.RIC.
N. 00495/2014 REG.RIC.
N. 00496/2014 REG.RIC.
N. 00497/2014 REG.RIC.
N. 00498/2014 REG.RIC.
N. 00499/2014 REG.RIC.
N. 00500/2014 REG.RIC.
N. 00501/2014 REG.RIC.
N. 00502/2014 REG.RIC.
N. 00503/2014 REG.RIC.
N. 00504/2014 REG.RIC.
N. 00505/2014 REG.RIC.
N. 00506/2014 REG.RIC.
N. 00507/2014 REG.RIC.
N. 00508/2014 REG.RIC.
N. 00509/2014 REG.RIC.
N. 00510/2014 REG.RIC.
N. 00511/2014 REG.RIC.
N. 00512/2014 REG.RIC.
N. 00513/2014 REG.RIC.
N. 00514/2014 REG.RIC.
N. 00515/2014 REG.RIC.
N. 00516/2014 REG.RIC.
N. 00517/2014 REG.RIC.
N. 00518/2014 REG.RIC.
N. 00519/2014 REG.RIC.
N. 00520/2014 REG.RIC.
N. 00521/2014 REG.RIC.
N. 00522/2014 REG.RIC.
N. 00523/2014 REG.RIC.
N. 00525/2014 REG.RIC.
N. 00526/2014 REG.RIC.
N. 00527/2014 REG.RIC.
N. 00528/2014 REG.RIC.
N. 00529/2014 REG.RIC.
N. 00530/2014 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sui seguenti ricorsi in appello:

1) nr. 494 del 2014, proposto dal signor David SGRÒ, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

2) nr. 495 del 2014, proposto dal signor Eugenio NICOLETTA, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

3) nr. 496 del 2014, proposto dal signor Piero LONGO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

4) nr. 497 del 2014, proposto dal signor Michele Ivan RUGGIERE, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

5) nr. 498 del 2014, proposto dal signor Francesco STATTI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

6) nr. 499 del 2014, proposto dal signor Amedeo TARANTINO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

7) nr. 500 del 2014, proposto dal signor Salvatore Alessandro MILAZZO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

8) nr. 501 del 2014, proposto dal signor Danilo TUCCITTO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

9) nr. 502 del 2014, proposto dal signor Fabio ROSAI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

10) nr. 503 del 2014, proposto dal signor Bartolomeo DI STASIO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

11) nr. 504 del 2014, proposto dal signor Giovanni CIARAMITARO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

12) nr. 505 del 2014, proposto dal signor Ivan Luciano MINÌ, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

13) nr. 506 del 2014, proposto dal signor Vito PARRINELLO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini e Maria Giovanna Cleva, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

14) nr. 507 del 2014, proposto dal signor Tommaso MARSICO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

15) nr. 508 del 2014, proposto dal signor Giuseppe GIARRATANA, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

16) nr. 509 del 2014, proposto dal signor Saverio PICONE, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

17) nr. 510 del 2014, proposto dal signor Salvatore DE COSTANZO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Giorgio Barbini e Maria Giovanna Cleva, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

18) nr. 511 del 2014, proposto dal signor Giuseppe LICCIARDI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

19) nr. 512 del 2014, proposto dal signor Roberto Damiano MARCARELLI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Giulia Santamaria e Maria Giovanna Cleva, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, non costituito;

20) nr. 513 del 2014, proposto dal signor Alberto Antonio INDOVINA, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

21) nr. 514 del 2014, proposto dal signor Luigi TOLINO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

22) nr. 515 del 2014, proposto dal signor Francesco IAVARONE, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

23) nr. 516 del 2014, proposto dalla signora Germana FERILLI, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

24) nr. 517 del 2014, proposto dal signor Francesco GALLUZZO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

25) nr. 518 del 2014, proposto dal signor Francesco PERTICONE, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

26) nr. 519 del 2014, proposto dal signor Vito FRANCHINI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

27) nr. 520 del 2014, proposto dal signor Giuseppe CUFFARO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

28) nr. 521 del 2014, proposto dal signor Angelo Biagio CHIOFALO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Giorgio Barbini e Maria Giovanna Cleva, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

29) nr. 522 del 2014, proposto dal signor Salvatore CHIRIATTI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

30) nr. 523 del 2014, proposto dal signor Fabio CASALICCHIO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

31) nr. 525 del 2014, proposto dalla signora Vincenza CARRUBBA, rappresentata e difesa dagli avv.ti Giorgio Barbini, Giulia Santamaria e Maria Giovanna Cleva, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

32) nr. 526 del 2014, proposto dal signor Giovanni CAROSSO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giulia Santamaria e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

33) nr. 527 del 2014, proposto dal signor Alessio BOI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Maria Giovanna Cleva, Giorgio Barbini e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

34) nr. 528 del 2014, proposto dal signor Giuseppe ALIBERTI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

35) nr. 529 del 2014, proposto dal signor Rocco ARATO, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Barbini, Maria Giovanna Cleva e Giulia Santamaria, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;

36) nr. 530 del 2014, proposto dal signor Antonino Francesco Paolo ACCARDI, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giulia Santamaria, Maria Giovanna Cleva e Giorgio Barbini, con domicilio eletto presso l’avv. Alfredo Placidi in Roma, via Cosseria, 2,
contro
il MINISTERO DELLA GIUSTIZIA, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ope legis dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliato presso la stessa in Roma, via dei Portoghesi, 12;


per la riforma

- quanto al ricorso nr. 494 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1693/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2009 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 495 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1694/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2011 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 496 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1687/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 497 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1712/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 498 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1690/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 499 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1713/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 500 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1695/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 501 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1711/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 502 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1709/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 503 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1700/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2011 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 504 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1705/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2006 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 505 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1704/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 506 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1716/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 507 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1719/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2007 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 508 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1699/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 509 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1718/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2007 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 510 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1715/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso n. 511 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1691/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2011 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 512 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1703/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 513 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1702/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 514 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1720/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 515 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1688/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 516 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1708/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2011 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 517 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1698/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 518 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1714/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2011 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 519 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1710/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 520 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1707/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2007 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 521 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1696/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 522 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1706/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2005 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso n. 523 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1692/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2007 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 525 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1685/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2011 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 526 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1697/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 527 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1717/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2007 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 528 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1689/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 529 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1686/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo;

- quanto al ricorso nr. 530 del 2014:
della sentenza del T.A.R. della Lombardia, Sezione Prima, nr. 1701/2013, depositata il 2 luglio 2013 e relativa alla retribuzione di ore di straordinario maturate per riposi non goduti nel periodo dal 2004 al 2012 e al risarcimento del danno (da quantificarsi in via equitativa) da usura psico-fisica derivante dal lavoro svolto nel settimo giorno consecutivo e dalla tardiva fruizione del “riposo-recupero” nel medesimo periodo nonché, in subordine, nella rideterminazione della “giusta retribuzione differenziale” per tutti i giorni di mancata fruizione del riposo.


Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Viste le memorie prodotte dall’Amministrazione in data 21 febbraio 2015 a sostegno delle proprie difese;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, all’udienza pubblica del giorno 24 marzo 2015, il Consigliere Raffaele Greco;
Uditi l’avv. Barbini per i ricorrenti e l’avv. dello Stato Antonio Grumetto per l’Amministrazione;
Ritenuto in fatto e in diritto quanto segue:


FINE PRIMA PARTE

Segue

Re: Orario lavoro settimanale, e straord. per inderogabili

Inviato: dom nov 01, 2015 3:30 pm
da panorama
SECONDA PARTE
------------------------------------

1. I ricorrenti, tutti agenti del Corpo di Polizia Penitenziaria, hanno agito in primo grado per l’accertamento di spettanze retributive a loro dire dovute dall’Amministrazione della Giustizia per lo svolgimento di attività lavorativa nei giorni ordinariamente destinati al riposo settimanale.

In particolare, ciascuno di loro ha documentato di aver espletato, in periodi di tempo più o meno lunghi ricompresi fra il 2004 e il 2012, plurime ore di attività lavorativa in giorni festivi ovvero da destinare al riposo settimanale, chiedendo pertanto il riconoscimento del compenso per le corrispondenti ore di straordinario prestate, nonché il risarcimento del danno da usura psicofisica patito ovvero – in via subordinata – la determinazione dell’indennità supplementare dovuta sulla base dei vigenti accordi sindacali di categoria.

2. A sostegno della propria pretesa, gli istanti hanno richiamato il pregresso indirizzo di questa Sezione (cfr. ex plurimis le sentenze nr. 6322 del 10 dicembre 2012 e nr. 1342 dell’8 marzo 2012), sulla scorta del quale:

a) al fine di compensare il disagio derivante dal dover prestare attività lavorativa in una giornata ordinariamente dedicata al riposo, non è sufficiente la speciale indennità disciplinata dalla contrattazione di categoria (per quanto qui rileva, dall’art. 10, comma 3, del d.P.R. 11 settembre 2007, nr. 170, che la ha quantificata in € 5,00 all’ora, importo poi aumentato ad € 8,00 all’ora dal successivo art. 15, comma 4, del d.P.R. 16 aprile 2009, nr. 51), atteso che tale indennità è testualmente corrisposta “a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero”, e dunque surroga la sola retribuzione ordinaria, lasciando impregiudicata – fra le altre – la questione di come debbano essere compensate le ore lavorative eventualmente eccedenti il limite delle 36 settimanali;

b) a tale ultimo riguardo, sempre sulla base della contrattazione collettiva di categoria, il computo dello straordinario va effettuato con criterio “orizzontale”, ossia tenendo conto delle ore eccedenti le 36 nell’arco della settimana, e non “verticale”, ossia avendo riguardo alla sola giornata che interessa ed alle ore eventualmente eccedenti le 6 giornaliere;

c) diversi poi, e anche distinti fra di loro, sono gli istituti del “riposo recupero”, disciplinato dall’art. 11, comma 5, della legge 15 novembre 1990, nr. 395, che serve a far recuperare al lavoratore il giorno di riposo di cui non abbia fruito per aver svolto attività lavorativa, e del “riposo compensativo”, disciplinato dagli accordi sindacali (e, per quanto qui rileva, dall’art. 11 dell’Accordo Nazionale Quadro del Corpo di Polizia Penitenziaria), il quale altro non è che una differente modalità di compensazione del lavoro straordinario, che anziché essere retribuito viene ad essere compensato con un numero corrispondente di ore di riposo.

3. Il T.A.R. della Lombardia, investito delle controversie, le ha definite con altrettante sentenze di reiezione, avverso le quali gli originari ricorrenti sono insorti con gli appelli oggi all’esame di questa Sezione.

4. Con le sentenze in epigrafe, il primo giudice si è motivatamente discostato dai precedenti sopra richiamati, argomentando sulla base dell’orientamento, a suo dire difforme, della Corte di Cassazione, dal quale sarebbero ritraibili i seguenti principi:

- è ontologicamente impossibile qualificare come straordinario il lavoro prestato in un giorno festivo, ogni qual volta sia stata comunque rispettata la cadenza di un giorno di riposo per ogni settimana di lavoro;

- conseguentemente, il computo del lavoro straordinario va effettuato con criterio “verticale”, e quindi tenendo conto delle sole ore eccedenti il normale orario di lavoro nei 6 giorni della settimana in cui viene normalmente prestato, calcolate nell’ambito del mese di riferimento;

- ferma e impregiudicata resta la diversa questione, da affrontare e risolvere però in sede di contrattazione collettiva, dell’eventuale retribuzione supplementare dovuta per compensare la particolare “penosità” derivante dall’aver dovuto prestare attività lavorativa in una giornata istituzionalmente da dedicare alle esigenze familiari, personali e culturali.

5. Nel costituirsi in resistenza in grado d’appello, il Ministero della Giustizia, oltre a sostenere la infondatezza degli appelli e a instare per la conferma delle sentenze impugnate, ha richiamato lo jus superveniens di cui all’art. 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, nr. 147 (“Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge di stabilità 2014)”), secondo cui: “…L’articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, e l’articolo 11, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l’ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge”.

In tal modo, secondo la difesa erariale, il legislatore sarebbe intervenuto con interpretazione autentica della vigente normativa, riaffermando l’impostazione seguita dalla giurisprudenza prevalente e smentendo il più recente indirizzo di questa Sezione.

6. Tutto ciò premesso, questa Sezione reputa che la disposizione da ultimo citata ponga plurimi dubbi di legittimità costituzionale, tali da indurre a rimettere alla Corte costituzionale la relativa questione, ai sensi dell’art. 23 della legge 11 marzo 1953, nr. 87.

7. Al riguardo, va innanzi tutto sottolineata l’evidente rilevanza della questione, atteso che la norma dianzi richiamata è destinata, ove ritenuta legittima, a trovare applicazione nei presenti giudizi, e anzi a essere determinante ai fini della loro definizione.

Infatti, con essa il legislatore, con previsione espressamente dichiarata retroattiva (come testimoniato dalla salvezza dei soli giudizi definiti con giudicato), ha affermato il duplice principio per cui, di regola, nessuno straordinario è dovuto per le attività lavorative svolte in un giorno festivo, e solo in via di eccezione questo può essere riconosciuto per le sole ore eccedenti l’ordinario orario giornaliero (criterio di calcolo c.d. “verticale”); di conseguenza, e salvi gli eventuali ulteriori profili di cui si dirà subito appresso, l’applicazione dei detti principi non potrebbe che portare alla reiezione delle pretese attoree, per ragioni altre e assorbenti rispetto a quelle addotte dal giudice di prime cure.

8. Ciò premesso, e venendo al presupposto della non manifesta infondatezza della questione, è opportuno preliminarmente ribadire che, alla stregua della pregressa giurisprudenza della Sezione come richiamata al precedente punto 2, il lavoratore il quale abbia prestato attività lavorativa in un giorno festivo, o comunque da destinare all’ordinario riposo settimanale, ha diritto a tre distinti benefici e precisamente:

a) al “riposo recupero”, che serve a consentire il recupero del riposo settimanale non fruito;

b) all’indennità prevista dalla contrattazione collettiva di categoria, che serve a compensare del maggior disagio derivante dall’aver svolto attività lavorativa in un giorno che avrebbe dovuto essere dedicato ad altri interessi;

c) all’eventuale retribuzione per lavoro straordinario, se e nella misura in cui le ore di lavoro svolte nel giorno festivo, sommate a quelle svolte nei sei giorni precedenti, superino il limite delle 36 settimanali.

Rispetto a tale ricostruzione, contrariamente a quanto sembra argomentare il giudice di prime cure, gli indirizzi espressi dalla Corte di Cassazione non risultano affatto andare in contrario avviso: e, anzi, proprio nei precedenti richiamati nelle sentenze qui appellate – al di là dell’ovvia affermazione della non assimilabilità sic et simpliciter del lavoro festivo a lavoro straordinario, quante volte sia comunque rispettata la cadenza di un giorno di riposo per ogni sei di attività lavorativa svolta – si afferma fra l’altro che “…il lavoratore turnista che presti la propria opera per sette o più giorni consecutivi, pur godendo complessivamente di riposi in ragione di uno per settimana, ha diritto, oltre che ad un compenso per la penosità del lavoro domenicale, ad un distinto compenso per l’ulteriore penosità connessa al fatto di lavorare per più di sei giorni consecutivi (…); i suddetti compensi possono cumularsi alla stregua di disposizioni pattizie che fissino globalmente un trattamento economico-normativo differenziato in considerazione delle caratteristiche della prestazione, trattamento rispetto al quale il giudice del merito deve accertare la congruità o meno dei compensi previsti in contratto e l’idoneità degli stessi a compensare anche la penosità del lavoro nel settimo giorno consecutivo” (cfr. Cass. civ., sez. lav., 7 giugno 2011, nr. 12318; sostanzialmente nello stesso senso, Cass. civ., sez. lav., 4 febbraio 2008, nr. 2610; id., 19 maggio 2004, nr. 9521).

Dunque la S.C. non solo non ha pregiudicato in via di principio l’eventuale spettanza della retribuzione per lavoro straordinario nei casi esaminati (essendo questa rimessa a un accertamento in concreto sul rispetto o meno del limite delle 36 ore settimanali), ma di più, non ha escluso nemmeno che la speciale indennità prevista dalla contrattazione collettiva – nei casi che qui occupano, quella sopra indicata sub b) – possa non essere ritenuta sufficiente a compensare il lavoratore della particolare “penosità” dell’aver prestato la propria opera per più di sei giorni consecutivi; tale ulteriore questione non risulta affrontata nei richiamati precedenti di questa Sezione, laddove i ricorrenti avevano chiesto soltanto il riconoscimento dello straordinario, ma è stata invece sollevata nei giudizi oggi all’esame, sia pure con domanda proposta in via subordinata (e non esaminata dal primo giudice).

9. Tutto ciò premesso, ad avviso di questa Sezione la norma in esame, ad onta del proprio autoqualificarsi espressamente come di interpretazione autentica, non può non essere considerata innovativa dell’ordinamento.

10. Dal punto di vista formale, prima e indipendentemente da ogni approfondimento circa il carattere interpretativo (o innovativo) della disposizione de qua, va evidenziato che essa interviene su di fonti normative di rango regolamentare, recettive di accordi sindacali ai sensi degli artt. 2 della legge 6 marzo 1992, nr. 216, e 2 del decreto legislativo 12 maggio 1995, nr. 195 (mantenuti in vigore ex art. 3 del decreto legislativo 30 marzo 2001, nr. 165), che per la regolamentazione del rapporto di lavoro dei dipendenti delle Forze dell’ordine hanno previsto una particolare procedura di contrattazione collettiva destinata a confluire – per l’appunto – in appositi decreti del Presidente della Repubblica.

L’intervento con legge primaria su norme aventi tale origine non è ex se inammissibile sul piano dei rapporti tra le fonti normative, stante l’assenza di una riserva costituzionale di contrattazione collettiva tale da consentire di ritenere che nella specie ci si trovi in presenza di una fonte “rinforzata” (con il conseguente obbligo, per ogni modifica successiva, di rispettare il medesimo iter stabilito per la formazione originaria), e tenuto conto dei rilievi in passato svolti da questo Consiglio di Stato, e tuttora validi per il pubblico impiego “non contrattualizzato”, in ordine alla piena legittimità di interventi legislativi, anche solo di interpretazione autentica, su fonti regolamentari recettive di accordi sindacali, purché vertenti su profili giuridici essenzialmente pubblicistici (cfr. Cons. Stato, sez. V, 11 dicembre 1992, nr. 1460).

11. Superato questo primo profilo, può passarsi all’esame delle ragioni sostanziali che inducono la Sezione a escludere il carattere interpretativo della norma sopra citata.

Come è noto, perché una norma possa dirsi di interpretazione autentica è necessario che essa si limiti ad assegnare alla disposizione interpretata un significato già in essa contenuto, riconoscibile come una delle possibili letture del testo originario; in tal caso, infatti, la legge interpretativa ha lo scopo di chiarire situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo, in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto, o di ristabilire un’interpretazione più aderente alla originaria volontà del legislatore a tutela della certezza del diritto e dell’eguaglianza dei cittadini, cioè di princìpi di preminente interesse costituzionale (cfr. ex plurimis Corte cost., 29 maggio 2013, nr. 103; id., 21 ottobre 2011, nr. 271; id., 11 giugno 2010, nr. 209; id., 26 novembre 2009, nr. 311).

Orbene, è evidente che nella specie la norma di cui al precitato art. 1, comma 476, della legge nr. 147 del 2013 non presenta alcuna delle caratteristiche suindicate, atteso che:

a) interviene su due disposizioni regolamentari, nessuna delle quali si occupa di retribuzione per lavoro straordinario, essendo entrambe destinate a disciplinare la speciale indennità da lavoro festivo, che si è visto essere istituto rispondente a ratio e a finalità tutt’affatto diverse (oltre che a fare rinvio al complementare istituto del “riposo recupero”);

b) in ogni caso introduce una regola, in tema di modalità di calcolo delle ore di straordinario (“verticale” anziché “orizzontale”, nel senso sopra precisato), per nulla ricavabile dalla lettura delle previgenti disposizioni e opposta rispetto a quella enunciata dalla pregressa prevalente giurisprudenza.

In sostanza, si tratta di una disposizione dal tenore innovativo in materia di computo delle ore di lavoro straordinario ai fini della relativa retribuzione, sia pure con specifico riferimento all’ipotesi in cui il lavoratore abbia prestato servizio in giorno festivo (o ordinariamente dedicato al riposo settimanale), e che si pone dichiaratamente come retroattiva, come testimoniato dall’espressa previsione di sua non applicabilità alle sole situazioni già definite con sentenza passata in giudicato.

12. È noto, alla stregua dell’indirizzo costantemente seguìto dalla Corte costituzionale, che il divieto di retroattività della legge (art. 11 delle disposizioni sulla legge in generale), pur costituendo valore fondamentale di civiltà giuridica, non assurge nel nostro ordinamento a principio di rango costituzionale salvo che in materia penale ex art. 25 Cost.; pertanto, il legislatore può di regola emanare norme retroattive, anche di interpretazione autentica, purché la retroattività trovi adeguata giustificazione nell’esigenza di tutelare prìncipi, diritti e beni di rilievo costituzionale, che costituiscono altrettanti “motivi imperativi di interesse generale”, ai sensi della Convenzione europea dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (sentt. 5 aprile 2012, nr. 78, e nr. 311 del 2009, cit.).

Conseguentemente, sono stati individuati una serie di limiti generali all’efficacia retroattiva delle leggi, attinenti alla salvaguardia, oltre che dei princìpi costituzionali, di altri fondamentali valori di civiltà giuridica, posti a tutela dei destinatari della norma e dello stesso ordinamento, tra i quali vanno ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza, che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparità di trattamento; la tutela dell’affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell’ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario (sentt. nr. 78 del 2012 e nr. 209 del 2010, citt.).

13. Alla stregua dei princìpi testé richiamati, la Sezione reputa che la disposizione qui in esame leda il canone di ragionevolezza ex art. 3 Cost., introducendo – come si è visto – sotto la veste di un’interpretazione autentica una disciplina innovativa, con valore retroattivo, senza alcuna evidente e ragionevole giustificazione.

Più specificamente, la disposizione de qua è destinata a condizionare la retribuzione erogata a lavoratori i quali, per la peculiare natura dell’attività svolta, sono costretti a rinunciare al riposo settimanale, e quindi a incidere sull’applicazione del principio della retribuzione equa e proporzionata al lavoro svolto di cui all’art. 36 Cost. in un settore nel quale, come sopra evidenziato, la giurisprudenza – sia ordinaria che amministrativa – si è sempre mostrata alquanto sensibile al problema di un’adeguata compensazione della particolare “penosità” di tale attività lavorativa.

Ne discende che, in un caso del genere, sarebbe stato onere del legislatore fornire una chiara e “rafforzata” indicazione dei “motivi imperativi di interesse generale” sottesi all’innovativa previsione, non potendo questi ricondursi sic et simpliciter alla volontà di evitare l’ingente esborso per le casse pubbliche, che potrebbe derivare dall’esito sfavorevole del rilevante contenzioso verosimilmente pendente, sulla base dell’indirizzo giurisprudenziale in passato seguito da questo Consiglio di Stato.
In definitiva, la norma in esame viene a operare una rilevante limitazione del diritto a una retribuzione equa e proporzionata tutelato a livello costituzionale ex art. 36 Cost., con valore retroattivo (e, quindi, incidendo anche sulle posizioni di lavoratori i quali abbiano già maturato tale diritto sulla scorta di attività svolta, e finanche abbiano instaurato dei contenziosi giudiziali per conseguire quanto loro spettante), senza che siano indicati né prima facie evincibili i princìpi e valori, quanto meno di pari rango, cui tale intervento risponde.

14. Un secondo possibile profilo di illegittimità costituzionale attiene alla possibile violazione dell’art. 117 Cost. attraverso la norma interposta di cui all’art. 6 della CEDU, e si ricollega proprio alla pendenza di un rilevante contenzioso giudiziale in subiecta materia, già in essere al momento in cui è intervenuta l’innovativa disposizione in esame (ciò è certamente vero per i 36 giudizi qui riuniti).

Come è noto, la giurisprudenza della Corte è da tempo consolidata nel senso che le norme della CEDU - nel significato loro attribuito dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, specificamente istituita per dare ad esse interpretazione e applicazione - integrino, quali “norme interposte”, il parametro costituzionale espresso dall’art. 117, comma 1, Cost. , nella parte in cui impone la conformazione della legislazione interna ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali (cfr. ex plurimis sentt. 5 gennaio 2011, nr. 1; 4 giugno 2010, nr. 196; 28 maggio 2010, n. 187; 15 aprile 2010, nr. 138; 19 aprile 2007, nn. 347 e 348).

Con riferimento all’introduzione di nuove disposizioni retroattive, la Corte europea dei diritti dell’uomo ha più volte affermato che se, in linea di principio, nulla vieta al potere legislativo di regolamentare in materia civile, con nuove disposizioni dalla portata retroattiva, diritti risultanti da leggi in vigore, il principio della preminenza del diritto e il concetto di processo equo sanciti dal ricordato art. 6 della CEDU ostano, salvo che per imperative ragioni di interesse generale, all’ingerenza del potere legislativo nell’amministrazione della giustizia, al fine di influenzare l’esito giudiziario di una controversia (cfr. ex plurimis sez. II, 7 giugno 2011, Agrati e al. c. Italia; id., 31 maggio 2011, Maggio c. Italia; sez. V, 11 febbraio 2010, Javaugue c. Francia; sez. II, 10 giugno 2008, Bortesi e al. c. Italia).

Siffatta ricostruzione si completa con l’affermazione che spetta alla stessa Corte costituzionale, nell’ambito del margine di apprezzamento riconosciuto dalla giurisprudenza della CEDU ai singoli ordinamenti nazionali, verificare la sussistenza o meno di “motivi imperativi d’interesse generale” idonei a giustificare l’intervento del legislatore con efficacia retroattiva (fermi i limiti di cui all’art. 25 Cost.), alla stregua di princìpi, diritti e beni di rilievo costituzionale (Corte cost., sent. 26 gennaio 2012, nr. 15).

In particolare, è stata più volte esclusa la legittimità costituzionale di disposizioni le quali, pur qualificandosi come di interpretazione autentica, introducessero con valore retroattivo regole innovative destinate a incidere su rapporti giuridici maturati e consolidati da tempo, nonché a influenzare situazioni processuali altrimenti indirizzate in modo diverso (cfr. Corte cost., 17 dicembre 2013, nr. 308; id., 27 giugno 2013, nr. 160; id., nr. 78 del 2012, cit.; id., 271 del 2011, cit.; id., nr. 209 del 2010, cit.; id., 30 gennaio 2009, nr. 29).

Nel caso che qui occupa, come già evidenziato, non è dato rintracciare un motivo d’interesse generale idoneo a giustificare l’intervento legislativo retroattivo in esame, che è destinato a incidere in modo decisivo sull’esito di plurimi giudizi (ivi compresi quelli qui riuniti).

15. La Sezione ritiene pertanto rilevanti per i giudizi all’esame e non manifestamente infondate le sopra esposte questioni di costituzionalità, relative all’applicazione del comma 476 dell’art. 1 della legge nr. 147 del 2013 ai rapporti giuridici in essere alla data di entrata in vigore della legge, con la sola eccezione delle vicende definite con giudicato.

16. I giudizi in epigrafe, qui riuniti ai soli fini del presente incidente, sono di conseguenza sospesi per la rimessione delle questioni suddette all’esame della Corte costituzionale e si dispone che, a cura della Segreteria, sia trasmessa alla Corte la presente ordinanza unitamente ai ricorsi di primo grado, alle sentenze del T.A.R. e agli atti di appello e che la medesima ordinanza venga notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), non definitivamente pronunciando sui ricorsi in epigrafe qui riuniti:

a) visti gli artt. 134 Cost., 1 della legge costituzionale 9 febbraio 1948, nr. 1, 23 della legge 11 marzo 1953, nr. 87, dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, nr. 296, in relazione agli articoli 3 e 117 Cost., nella parte in cui si applica ai rapporti giuridici in essere alla data della sua entrata in vigore con la sola eccezione delle vicende definite con giudicato, nei sensi di cui in motivazione;

b) dispone la sospensione del presente giudizio;

c) ordina l’immediata trasmissione degli atti alla Corte costituzionale;

d) ordina che a cura della Segreteria della Sezione la presente ordinanza sia notificata alle parti in causa e al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché comunicata ai Presidenti della Camera dei Deputati e del Senato della Repubblica;

e) riserva alla decisione definitiva ogni ulteriore statuizione in rito, in merito e sulle spese.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 24 marzo 2015 con l’intervento dei magistrati:
Riccardo Virgilio, Presidente
Raffaele Greco, Consigliere, Estensore
Raffaele Potenza, Consigliere
Andrea Migliozzi, Consigliere
Silvestro Maria Russo, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 27/04/2015

Re: Orario lavoro settimanale, e straord. per inderogabili

Inviato: sab mar 19, 2016 10:37 pm
da panorama
Il Tar per l'Umbria (Perugia) rimette la problematica alla Corte Costituzionale.

diritto al pagamento di prestazioni di lavoro straordinario effettuato e non pagato.
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ORDINANZA COLLEGIALE ,sede di PERUGIA ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201600219
- Public 2016-03-01 -


N. 00219/2016 REG.PROV.COLL.
N. 00521/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l' Umbria
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

ORDINANZA

sul ricorso numero di registro generale 521 del 2013, proposto da:

(Omissis congruo nr. di ricorrenti), rappresentati e difesi dall'avv. Antonino Galletti, con domicilio eletto presso Segreteria T.A.R. Umbria in Perugia, Via Baglioni, 3;

contro
Ministero della Giustizia, Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Perugia, Via degli Offici, 14;

per l'accertamento
del diritto al pagamento di prestazioni di lavoro straordinario effettuato e non pagato.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli atti di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia e del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 10 febbraio 2016 il dott. Massimo Santini e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Rilevato che:

- con il ricorso in epigrafe i ricorrenti, tutti dipendenti del Ministero della Giustizia Dipartimento Amministrazione Penitenziaria in servizio presso le Case Circondariali di Perugia ed Orvieto quali appartenenti al Corpo di Polizia Penitenziaria, chiedono l’accertamento del proprio diritto alla corresponsione del compenso spettante per ogni periodo di servizio svolto durante il quinquennio 2007/2012, per ore di straordinario effettuate e non pagate, svolte in giornate destinate e/o da destinare al riposo settimanale, oltre le 36 ore settimanali, secondo gli importi maturati in base alla legge ed ai C.C.N.L. intervenuti negli anni di riferimento, oltre a rivalutazione monetaria ed interessi;

- a sostegno del gravame deducono articolati motivi di violazione della normativa di riferimento, come interpretata dalla costante giurisprudenza del Consiglio di Stato, sostenendo la spettanza della retribuzione per lavoro straordinario in ipotesi di prestazione lavorativa in giornata destinata al riposo settimanale e in eccedenza all’orario settimanale di 36 ore stabilito dal C.C.N.L., non essendo all’uopo assorbente la corresponsione della speciale indennità giornaliera di 5 euro di cui all’art. 10 d. P.R. 170/2007;

- si è costituito il Ministero della Giustizia, chiedendo il rigetto del gravame, stante l’infondatezza di tutte le censure ex adverso dedotte ed eccependo la parziale prescrizione del diritto azionato;

- l’art. 1 comma 476, della legge 27 dicembre 2013 n. 147 (legge di stabilità 2014) ha stabilito che “l'articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, e l'articolo 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non da' diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l'ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge.”;

- detto ius superveniens, quale norma di interpretazione autentica ed inequivocabilmente retroattiva, afferma dunque la regola per cui nessun straordinario è dovuto per le attività lavorative svolte in occasione di un giorno festivo, se non per le ore eccedenti l'ordinario turno di servizio giornaliero, con conseguente rilevanza nel presente giudizio, dal momento che l’applicazione della citata norma determinerebbe il rigetto del gravame;

- che tale norma è stata autorevolmente sospettata di incostituzionalità, in giudizio del tutto analogo, per contrasto con gli artt. 3 e 117 Cost. nella parte in cui si applica ai rapporti giuridici in essere alla data della sua entrata in vigore (Consiglio di Stato sez. IV, ord. 27 aprile 2015, n. 2062) rilevandosi - in estrema sintesi - oltre la irragionevolezza, la violazione dei principi della Convenzione E.D.U. (quale normativa interposta) come elaborati dalla Corte di Strasburgo in punto di efficacia retroattiva della legge non penale, essendo carente la sussistenza dei necessari “motivi imperativi di interesse generale” a tutela del legittimo affidamento;

Ritenuta pertanto l’opportunità, ai sensi degli artt. 79 e 295 c.p.c., per ragioni di pregiudizialità, di disporre la sospensione del presente giudizio sino alla decisione da parte della Consulta della prospettata questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 comma 476, della legge 27 dicembre 2013 n. 147.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Umbria (Sezione Prima) sospende il giudizio sino alla decisione della Corte Costituzionale di cui in motivazione.

Manda alla cancelleria per gli adempimenti di rito.

Rinvia alla decisione di merito ogni statuizione sulle spese di lite.

Così deciso in Perugia nella camera di consiglio del giorno 10 febbraio 2016 con l'intervento dei magistrati:
Raffaele Potenza, Presidente
Stefano Fantini, Consigliere
Massimo Santini, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE




DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 01/03/2016

Re: Orario lavoro settimanale, e straord. per inderogabili

Inviato: mar giu 14, 2016 9:12 am
da panorama
Finalmente la Corte Costituzione si è espressa con sentenza n. 132/2016 pubblicata in data 10.06.2016.

Seguito mio post del 01/11/2015 sopra indicato.
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SENTENZA N. 132
ANNO 2016


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE COSTITUZIONALE

composta dai signori:
- Paolo GROSSI Presidente
- Giuseppe FRIGO Giudice
- Alessandro CRISCUOLO ”
- Giorgio LATTANZI ”
- Aldo CAROSI ”
- Marta CARTABIA ”
- Mario Rosario MORELLI ”
- Giancarlo CORAGGIO ”
- Giuliano AMATO ”
- Silvana SCIARRA ”
- Daria de PRETIS ”
- Nicolò ZANON ”
- Franco MODUGNO ”
- Augusto Antonio BARBERA ”
- Giulio PROSPERETTI ”
ha pronunciato la seguente

SENTENZA

nel giudizio di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), promosso dal Consiglio di Stato, quarta sezione giurisdizionale, nel procedimento vertente tra Sgrò David ed altri e il Ministero della giustizia, con ordinanza del 27 aprile 2015, iscritta al n. 197 del registro ordinanze 2015 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n. 40, prima serie speciale, dell’anno 2015.

Visto l’atto di intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;

udito nella camera di consiglio del 6 aprile 2016 il Giudice relatore Giulio Prosperetti.

Ritenuto in fatto

1.– Il Consiglio di Stato, quarta sezione giurisdizionale, con ordinanza del 27 aprile 2015, ha sollevato, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (d’ora in avanti «CEDU»), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), che così dispone: «L’articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, e l’articolo 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l’ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge».

2.– Il giudice a quo ha riferito che i ricorrenti, tutti agenti del Corpo di polizia penitenziaria, per periodi di tempo più o meno lunghi tra il 2004 ed il 2012 avevano prestato attività lavorativa in giorni festivi o da destinare al riposo settimanale ed avevano chiesto, con trentasei separati ricorsi, al Tribunale amministrativo regionale per la Lombardia il compenso per le ore di straordinario prestate, nonché il risarcimento del danno da usura psicofisica patito ovvero, in via subordinata, la determinazione di una indennità supplementare, dovuta in base agli accordi sindacali di categoria.

3.– Secondo quanto evidenziato dal giudice rimettente le pretese avanzate in via principale in primo grado dai ricorrenti traevano sostegno da un indirizzo interpretativo del Consiglio di Stato, in base al quale il disagio subito per aver prestato attività lavorativa in una giornata deputata al riposo settimanale non è sufficientemente compensato dalla speciale indennità prevista dalla contrattazione collettiva e recepita con decreti del Presidente della Repubblica (in particolare quantificata dall’art. 10, comma 3, del d.P.R. 11 settembre 2007, n. 170, recante «Recepimento dell’accordo sindacale e del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare – quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007» in euro 5 all’ora, elevato ad euro 8 all’ora dall’art. 15, comma 4, del d.P.R. 16 aprile 2009, n. 51, recante «Recepimento dell’accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione per le Forze di polizia ad ordinamento militare, integrativo del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, relativo al quadriennio normativo 2006-2009 e al biennio economico 2006-2007») che, in base all’espresso dato normativo, serve a compensare la sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero e non assorbe il compenso dovuto per il lavoro straordinario. Ad avviso del Consiglio di Stato il computo di quest’ultimo deve essere effettuato facendo riferimento alle ore eccedenti l’orario di servizio di 36 ore lavorative settimanali, di cui all’art. 10 del d.P.R. n. 170 del 2007 (cosiddetto criterio di computo “orizzontale”) e non all’eccedenza oraria del solo giorno di riferimento (cosiddetto criterio di computo “verticale”) e l’istituto non va confuso con il “riposo recupero” di cui all’art. 11, comma 5, della legge 15 dicembre 1990, n. 395 (Ordinamento del Corpo di polizia penitenziaria) – che spetta in ogni caso poiché serve a far recuperare al lavoratore il riposo settimanale di cui non ha fruito – e con il “riposo compensativo”, previsto dagli accordi sindacali quale modalità, alternativa alla monetizzazione, di compensazione del lavoro straordinario.

4.– Il TAR Lombardia, presso cui erano stati incardinati i giudizi di primo grado, aveva rigettato le pretese di pagamento dei ricorrenti, discostandosi dall’indirizzo interpretativo del Consiglio di Stato ritenuto incompatibile con quello espresso dalla Corte di cassazione, sezione lavoro, con la sentenza 6 ottobre 1998, n. 9895, per cui il lavoro prestato il settimo giorno consecutivo, quando è rispettata la cadenza di un giorno di riposo settimanale, non è ontologicamente qualificabile come lavoro straordinario. Pertanto il TAR aveva concluso che, allo svolgimento del normale orario di lavoro nel giorno festivo, deve far seguito un giorno di recupero, rimanendo impregiudicata la questione, da risolvere in sede di contrattazione collettiva, circa l’entità della retribuzione supplementare che compensa la “penosità” del lavoro prestato in una giornata generalmente destinata al riposo.

5.– In secondo grado si era costituito il Ministero della giustizia chiedendo il rigetto degli appelli e la conferma delle sentenze impugnate sulla base della intervenuta norma, sospettata di incostituzionalità, che interpretava le disposizioni dei decreti di recepimento della contrattazione collettiva nel senso ritenuto dal TAR Lombardia.

6.– Il Consiglio di Stato ha rimesso la questione alla Corte ribadendo il proprio precedente orientamento in ordine al computo dello straordinario e ritenendo l’illegittimità costituzionale dello ius superveniens; sotto il profilo della rilevanza ha segnalato che la portata retroattiva della norma, che si autodefinisce interpretativa, ne avrebbe comportato l’applicazione nel giudizio a quo, con conseguente reiezione delle pretese attoree da ritenersi, viceversa, fondate in base all’orientamento fino ad allora seguito dallo stesso giudice rimettente.

7.– In ordine al presupposto della non manifesta infondatezza, il giudice a quo ha denunciato la portata innovativa e non interpretativa della norma impugnata poiché essa è intervenuta su disposizioni aventi ad oggetto la disciplina della indennità da lavoro festivo e avrebbe introdotto una disposizione nuova, relativa alla modalità per il calcolo del lavoro straordinario, non ricavabile in alcun modo dalla lettura del testo originario.

8.– Il carattere dichiaratamente retroattivo della previsione, derivante dal suo autoqualificarsi norma interpretativa, comporterebbe, ad avviso del giudice a quo, la violazione dell’art. 3 Cost. poiché la portata retroattiva di una norma, quando non sia riconducibile alla natura interpretativa di essa, deve essere sorretta da un’adeguata indicazione di motivi imperativi di interesse generale che ne giustifichino l’adozione.

9.– Nella specie il motivo imperativo di interesse generale non può essere ricondotto, secondo l’ordinanza di rimessione, alla mera volontà di evitare un ingente esborso per le casse pubbliche, derivante dall’esito sfavorevole per la pubblica amministrazione del contenzioso in base all’orientamento espresso dal Consiglio di Stato, così che l’effetto retroattivo della disposizione, che opera una consistente limitazione del diritto alla retribuzione equa e proporzionata, tutelato a livello costituzionale dall’art. 36 Cost., risulta privo di ragionevole ed adeguata giustificazione.

10.– Un ulteriore profilo di illegittimità è stato individuato dal giudice a quo nella violazione dell’art. 6 della CEDU le cui disposizioni, nell’interpretazione loro attribuita dalla Corte europea dei diritti dell’uomo, integrano, per costante giurisprudenza costituzionale, il parametro costituzionale espresso dall’art. 117, primo comma, nella parte in cui impone al legislatore di conformarsi ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali.

11.– In particolare, tale obbligo non sarebbe stato rispettato poiché i principi di preminenza del diritto e del processo equo, consacrati nell’art. 6 della CEDU e alla cui logica risponde la preclusione ad adottare norme retroattive idonee a condizionare le situazioni processuali in corso, possono essere incisi solo in presenza di ragioni imperative di interesse generale che risultano assenti nella fattispecie all’esame.

12.– È intervenuto in giudizio il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall’Avvocatura generale dello Stato deducendo l’infondatezza della questione e la legittimità della norma impugnata, la cui adozione sarebbe ragionevole poiché volta a dirimere il dibattito sviluppatosi in seno alla giurisprudenza amministrativa tra quella di primo grado e quella di secondo grado nel senso innanzi indicato.

13.– La natura interpretativa della norma in questione, d’altronde, sarebbe confermata, a parere della difesa statale, dal tenore letterale dell’art. 10 del d.P.R. n. 170 del 2007 (norma generale per il personale di tutte le Forze di polizia), che, nel caso di attività lavorativa prestata in giorno destinato al riposo settimanale ovvero nel festivo infrasettimanale, mantiene fermo il diritto al recupero e precisa che l’indennità da corrispondere al lavoratore compensa la sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero.

Quest’ultimo riferimento renderebbe controversa la questione della modalità di calcolo dell’orario di lavoro per il riconoscimento del diritto al pagamento della retribuzione per il lavoro straordinario. La disposizione censurata sarebbe, dunque, opportunamente intervenuta per chiarire il dettato normativo, operando, peraltro, in maniera coerente con la restante regolamentazione della materia e, in particolare, con la previsione dell’art. 11 della legge n. 395 del 1990. Quest’ultimo, infatti, con riferimento al personale del Corpo di polizia penitenziaria distingue il monte orario settimanale, specificamente menzionato al comma 1 e ripartito in turnazioni giornaliere, dall’attività che dà diritto al compenso per lavoro straordinario che, al comma 2, viene individuata in quella prestata “in eccedenza all’orario” da intendersi riferito ad un orario diverso da quello menzionato al comma 1 e coincidente con quello di servizio giornaliero.

14.– Altresì infondati, a parere dell’Avvocatura generale dello Stato, sarebbero i profili relativi all’art. 36 Cost., dovendo l’equità e la proporzione della retribuzione essere valutate globalmente, e all’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU, essendosi registrato un notevole contrasto nell’ambito della giurisprudenza amministrativa, il cui orientamento non è affatto consolidato, che legittima l’intervento normativo effettuato per dirimere l’incertezza interpretativa senza interferire nell’amministrazione della giustizia salvaguardata dall’irretrattabilità dei giudicati già formatisi.

Considerato in diritto

1.– Il Consiglio di Stato, con l’ordinanza indicata in epigrafe, dubita, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (d’ora in avanti «CEDU»), firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, della legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014).

Detta norma dispone che l’art. 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, recante «Recepimento dell’accordo sindacale e del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare – quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007», e l’art. 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, recante «Recepimento dello schema di concertazione per le Forze armate relativo al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003», che recepiscono gli accordi sindacali di due successivi quadrienni relativi al personale delle forze di polizia «si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l’ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge».

Le norme regolamentari, di origine contrattuale, cui si riferisce la suddetta disposizione di interpretazione autentica prevedono con identica formulazione che «Fermo restando il diritto al recupero, al personale che per sopravvenute inderogabili esigenze di servizio sia chiamato dall’amministrazione a prestare servizio nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale è corrisposta un’indennità di € 5,00 [successivamente aumentata ad € 8,00] a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero» (art. 10, comma 3, del d.P.R. n. 170 del 2007 e art. 11, comma 8, del d.P.R. n. 163 del 2002). Inoltre, l’art. 11 comma 3, secondo periodo, del d.P.R. 163 del 2002, dispone che «Le ore eccedenti l’orario di lavoro settimanale che non siano state retribuite devono essere recuperate mediante riposo compensativo entro il 31 dicembre dell’anno successivo a quello in cui sono state effettuate, tenendo presenti le richieste del personale e fatte salve le improrogabili esigenze di servizio».

2.– In proposito, il giudice rimettente ritiene che alla disposizione in esame non possa essere attribuita natura interpretativa con la conseguente portata retroattiva, in quanto la definizione del criterio di computo del lavoro straordinario festivo (oggetto della norma interpretativa) avrebbe carattere innovativo, incidendo su istituti giuridici diversi, quali il riposo recupero e il diritto all’indennità compensativa del lavoro giornaliero (oggetto delle norme interpretate).

Inoltre, il rimettente ritiene che la norma censurata violerebbe i menzionati parametri costituzionali per contrasto col principio di ragionevolezza (art. 3 Cost.) con riferimento all’art. 36 Cost., in quanto la sua retroattività, non adeguatamente supportata da una evidente giustificazione, inciderebbe in maniera irragionevole sul diritto ad una retribuzione equa e proporzionata al lavoro svolto.

3.– Il Consiglio di Stato ritiene, difatti, che il disagio subito dal lavoratore, per aver prestato attività lavorativa in una giornata deputata al riposo settimanale, non è sufficientemente compensato dalla speciale indennità prevista dalla contrattazione collettiva come recepita dal d.P.R. 11 settembre 2007, n. 170 e dal d.P.R. 13 giugno 2002, n. 163. Il lavoro festivo, infatti, secondo il giudice a quo, dovrebbe essere compensato quale lavoro straordinario (che si aggiunge all’indennità per lavoro festivo) per l’attività prestata nel giorno ordinariamente destinato al riposo settimanale, tutte le volte che è stato superato l’orario normale di 36 ore settimanali.

4.– La questione non è fondata.

Il Consiglio di Stato ha inteso compensare, qualificandolo come straordinario, quel lavoro festivo non recuperato con un ulteriore giorno di riposo (che nella specie, secondo la normativa collettiva recepita nell’art. 10, comma 4, del d.P.R. n. 170 del 2007, poteva essere fruito nelle quattro settimane successive).

Il problema interpretativo consisteva pertanto nello stabilire se il lavoro svolto in giorno festivo andasse retribuito quale straordinario con il superamento su base settimanale delle 36 ore, a prescindere dalla fruizione del riposo recupero.

La norma interpretativa interviene sugli artt. 10 del d.P.R. n. 170 del 2007 e 11 del d.P.R. n. 163 del 2002 che regolano l’orario di lavoro del personale delle forze di polizia e che determinano l’orario settimanale in 36 ore.

Le disposizioni oggetto dell’interpretazione, cioè il comma 3 dell’art. 10 del d.P.R. n. 170 del 2007 e il comma 8 dell’art. 11 del d.P.R. n. 163 del 2002, disciplinano i benefici connessi all’attività prestata nei giorni deputati al riposo settimanale o nel giorno festivo infrasettimanale, prevedendo il diritto al recupero e alla corresponsione di un’indennità, a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero.

In tali norme, oggetto dell’intervento interpretativo, non viene espressamente menzionato il lavoro straordinario, come rilevato dall’ordinanza di rimessione, ma, essendo previsto il compenso per la sola prestazione ordinaria, il lavoro straordinario viene evocato proprio in quanto escluso.

5.– Il trattamento da riservare alle ore di lavoro prestate oltre l’orario ordinario era suscettibile di una duplice possibilità interpretativa: facendo riferimento alla durata dell’orario di lavoro di 36 ore settimanali di cui al comma 1 dei suddetti articoli, il parametro di computo delle ore di straordinario sarebbe stato settimanale, mentre, valorizzando il termine «giornaliero», utilizzato dai commi 3 e 8, rispettivamente, degli artt. 10 e 11 suindicati, il parametro dell’orario risulterebbe riferito solo alle ore eccedenti il servizio prestato nella giornata festiva.

L’intervento legislativo ha, quindi, una reale portata interpretativa, avendo esso avuto il compito di dirimere un’incertezza (si veda Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 7 giugno 2011, n. 12318) e di fissare uno dei possibili significati da attribuire alla norma originaria, e cioè che il lavoro straordinario prestato in giorno festivo è solo quello che eccede il normale orario di servizio giornaliero e non l’orario settimanale.

6.– Questa Corte si è ripetutamente espressa nel senso che «va riconosciuto carattere interpretativo alle norme che hanno il fine obiettivo di chiarire il senso di norme preesistenti ovvero di escludere o di enucleare uno dei sensi fra quelli ritenuti ragionevolmente riconducibili alla norma interpretata, allo scopo di imporre a chi è tenuto ad applicare la disposizione considerata un determinato significato normativo» (sentenza n. 424 del 1993). Ed ha chiarito che «il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze sull’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, così rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore» (ex plurimis: sentenze n. 314 del 2013, n. 15 del 2012, n. 271 del 2011, n. 209 del 2010).

Inoltre, questa Corte ha anche più volte affermato che il divieto di retroattività della legge, pur costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica, non è stato elevato a dignità costituzionale (salvo la previsione dell’art. 25 Cost. per la materia penale) per cui, allorquando «una norma di natura interpretativa persegua lo scopo di chiarire situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto o di ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore», non è precluso al legislatore di emanare norme retroattive (sentenza n. 150 del 2015).

D’altronde, la questione, come rilevato da questa Corte nelle più recenti sentenze rese in materia, non è tanto quella di verificare se la norma censurata abbia carattere effettivamente interpretativo e sia perciò retroattiva ovvero sia innovativa con efficacia retroattiva, bensì di accertare se la retroattività della legge trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e sia, altresì, sostenuta da adeguati motivi di interesse generale (ex multis, sentenze n. 69 del 2014 e n. 264 del 2012).

7.– La disposizione interpretativa, nel caso in questione, appare coerente con l’assetto complessivamente dato alla regolazione del lavoro festivo nel settore in esame, secondo la disciplina collettiva recepita nei citati decreti. Al riguardo occorre del resto evidenziare che la specificità del settore in esame è stata tenuta presente dal legislatore laddove, con l’art. 2, comma 2, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro), ha disposto che nell’ambito, tra l’altro, delle strutture penitenziarie e di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, le disposizioni contenute nel decreto stesso non trovano applicazione in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato come individuate con apposito decreto interministeriale.

L’assetto normativo in esame si fonda sulla previsione (accanto all’indennità per la maggiore penosità del lavoro svolto in un giorno deputato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale) del diritto al recupero del giorno di riposo entro il periodo previsto dalla contrattazione collettiva.

Va evidenziato, peraltro, che l’eventuale mancato rispetto del giorno di riposo non è oggetto del presente giudizio, mentre il lavoro straordinario, ove non retribuito, dà diritto ad un riposo compensativo.

Tale quadro regolatorio appare coerente con l’ordinamento, che consente l’alternatività tra la compensazione e la monetizzazione del lavoro straordinario, fermo il diritto al recupero del giorno di riposo come previsto dalla normativa collettiva.

8.– Relativamente al richiamo dell’art. 36 Cost. effettuato dal rimettente, questa Corte osserva che tale diposizione è stata menzionata non come parametro direttamente violato, ma solo quale elemento funzionale al sindacato di ragionevolezza. Resta, pertanto, assorbito il suo esame in merito al profilo dell’adeguatezza della retribuzione.

9.– Venendo, quindi, alla questione di illegittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost. nella parte in cui impone al legislatore di conformarsi ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, il Consiglio di Stato ritiene che tale obbligo non sarebbe stato rispettato poiché il principio di preminenza del diritto e quello del processo equo, consacrati nell’art. 6 della CEDU, sarebbero stati incisi dalla norma retroattiva censurata, idonea a condizionare le situazioni processuali in corso.

Nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo è precluso, infatti, al legislatore di interferire nella determinazione giudiziaria di una controversia, tranne il caso in cui ricorrano impellenti motivi di interesse generale (sentenza 14 febbraio 2012, Arras ed altri contro Italia; sentenza 31 maggio 2011, Maggio ed altri contro Italia; sentenza 7 giugno 2011, Agrati ed altri contro Italia; sentenza 10 giugno 2008 Bortesi ed altri contro Italia;) che, con specifico riferimento alle norme nazionali interpretative, questa Corte, già con la sentenza n. 1 del 2011, ha affermato che possono essere identificati, tra l’altro, nella necessità di «ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore», al fine di «porre rimedio ad una imperfezione tecnica della legge interpretata» (in tal senso la sentenza della Corte richiama le seguenti pronunce della Corte EDU: sentenza 23 ottobre 1997, National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society e Yorkshire Building Society contro Regno Unito; sentenza 27 maggio 2004, OGIS-Institut Stanislas, OGEC Saint-Pie X e Blanche de Castille e altri contro Francia). Tale giurisprudenza è stata confermata in successive pronunce e da ultimo con sentenza n. 150 del 2015 che ha statuito che la norma censurata «avendo natura interpretativa, ha operato sul piano delle fonti, senza toccare la potestà di giudicare, limitandosi a precisare la regola astratta ed il modello di decisione cui l'esercizio di tale potestà deve attenersi, definendo e delimitando la fattispecie normativa oggetto della medesima (sentenza n. 170 del 2008), proprio al fine di assicurare la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico (sentenza n. 209 del 2010)».

10.– Nella specie la corrispondenza della disposizione censurata al contenuto della disciplina originaria si giustifica in relazione al dato letterale e cioè al fatto che l’indennità per lavoro festivo compensa la sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero; la previsione risulta così coerente con l’assetto complessivo del trattamento retributivo del lavoro prestato in giornata festiva, il quale favorisce la fruizione del riposo compensativo rispetto alla monetizzazione della prestazione effettuata.

La preclusione posta dalla Corte europea, del resto, è correlata all’esigenza di tutela del legittimo affidamento ingenerato nei consociati, che nel caso in esame non può ritenersi effettivamente ricorrente, stante la riscontrata ambiguità di formulazione del dettato normativo.

11.– Di qui, pertanto, la non fondatezza anche della censura sollevata in riferimento all’art. 117 Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU.

PER QUESTI MOTIVI
LA CORTE COSTITUZIONALE

dichiara non fondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 476, della legge 27 dicembre 2013, n. 147 (Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – Legge di stabilità 2014), sollevata, in riferimento agli artt. 3 e 117, primo comma, della Costituzione, quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, firmata a Roma il 4 novembre 1950, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848, dal Consiglio di Stato con l’ordinanza indicata in epigrafe.

Così deciso in Roma, nella sede della Corte costituzionale, Palazzo della Consulta, il 6 aprile 2016.

F.to:
Paolo GROSSI, Presidente
Giulio PROSPERETTI, Redattore
Roberto MILANA, Cancelliere

Depositata in Cancelleria il 10 giugno 2016.


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Qui sotto riporto il commento tratto nella pagina ufficiale del Consiglio di Stato in relazione alla suindicata sentenza della Corte Costituzione.
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La Consulta, nel respingere una questione in tema di limitazione legislativa alla retribuzione per lavoro straordinario delle forze di polizia, detta indicazioni estensive in ordine alla possibile adozione di norme interpretative Corte cost. 10 giugno 2016, n. 132 – Pres. Grossi, Est. Prosperetti (questione rimessa dal sez. IV del Consiglio di Stato con ordinanza 27 aprile 2015 n. 197)

Forze di polizia – Giorno festivo – Prestazione lavorativa – Lavoro straordinario – Equiparazione – Esclusione – Questione di costituzionalità – Infondatezza.

E' infondata la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1, comma 476, l. 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), sollevata, con riferimento agli artt. 3 e 117, comma 1, Cost., quest’ultimo in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, nella parte in cui con norma interpretativa dispone che per il personale non dirigente delle Forze di polizia la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l’ordinario turno di servizio giornaliero.

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Con la sentenza in epigrafe la Consulta respinge la questione di costituzionalità dell’art. 1, comma 476, l. 27 dicembre 2013, n. 147 (Legge di stabilità 2014), sollevata dal Consiglio di Stato nell’aprile 2015.

In particolare, tale norma dispone che l’art. 10, comma 3, d.P.R. 11 settembre 2007, n. 170, recante «Recepimento dell’accordo sindacale e del provvedimento di concertazione per il personale non dirigente delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare – quadriennio normativo 2006-2009 e biennio economico 2006-2007», e l’art. 11, comma 8, d.P.R. 13 giugno 2002, n. 163, recante «Recepimento dello schema di concertazione per le Forze armate relativo al quadriennio normativo 2002-2005 ed al biennio economico 2002-2003», che recepiscono gli accordi sindacali di due successivi quadrienni relativi al personale delle forze di polizia «si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l’ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge».

Di interesse generale appaiono alcune considerazioni svolte dalla Corte in tema di norme interpretative, sia rispetto ai principi costituzionali interni sia rispetto a quelli di origine sovranazionale.

Sotto il primo profilo, per un verso, laddove (richiamando vari precedenti) individua le norme interpretative: “va riconosciuto carattere interpretativo alle norme che hanno il fine obiettivo di chiarire il senso di norme preesistenti ovvero di escludere o di enucleare uno dei sensi fra quelli ritenuti ragionevolmente riconducibili alla norma interpretata, allo scopo di imporre a chi è tenuto ad applicare la disposizione considerata un determinato significato normativo…..il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze sull’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, così rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore» (1).

Per un altro verso laddove afferma i limiti del divieto di retroattività della legge il quale “pur costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica, non è stato elevato a dignità costituzionale (salvo la previsione dell’art. 25 Cost. per la materia penale) per cui, allorquando una norma di natura interpretativa persegua lo scopo di chiarire situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto o di ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore», non è precluso al legislatore di emanare norme retroattive.

Sotto il secondo profilo, in relazione ai limiti derivanti dall’art. 6 della CEDU, in specie laddove la norma è idonea a condizionare le situazioni processuali in corso, si richiama la giurisprudenza della Corte di Strasburgo a mente della quale è precluso al legislatore di interferire nella determinazione giudiziaria di una controversia, tranne il caso in cui ricorrano impellenti motivi di interesse generale.

A quest’ultimo proposito, fra tali motivi è stata altresì indicata la necessità di ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore, al fine di porre rimedio ad una imperfezione tecnica della legge interpretata.

(1) Su una più rigida lettura dei parametri delle norme interpretative, in tema di decretazione d’urgenza, cfr. Corte cost. 15 luglio 2015, n. 154, in Foro it. 2015, 10, 2989 con nota di Romboli.

Re: Orario lavoro settimanale, e straord. per inderogabili

Inviato: mar giu 14, 2016 6:15 pm
da Filippogianni
panorama ha scritto:ORARIO DI LAVORO SETTIMANALE, e STRAORDINARIO PER INDEROGABILI RAGIONI DI SERVIZIO.

Ottima riflessione del TAR di PARMA e dei colleghi, compresa anche quella della difesa degli stessi.
Complmenti ed auguroni a tutti, però offritemi ogni tanto un caffe' se ci incontriamo.


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14/09/2011 201100307 Sentenza 1

N. 00307/2011 REG.PROV.COLL.
N. 00301/2009 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
sezione staccata di Parma (Sezione Prima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 301 del 2009, integrato da motivi aggiunti, proposto da (congruo numero di ricorrenti) rappresentati e difesi dall'avv. Giovanni Carnevali, con domicilio eletto presso lo studio del medesimo avvocato, in Parma, Piazzale della Macina 3;
contro
Il Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Bologna, domiciliata per legge in Bologna, via Guido Reni 4;
il Provveditorato Regionale dell’Amministrazione Penitenziaria per l’Emilia-Romagna;
gli Istituti Penitenziari di Parma;
per l'accertamento e la declaratoria
del diritto dei ricorrenti alla corresponsione del compenso spettante a ciascuno per ogni periodo di servizio svolto durante il quinquennio ottobre 2004/ottobre 2009, o, in alternativa, nel maggior periodo ritenuto di giustizia, per ore di straordinario effettuate e non pagate, svolte in giornate destinate al riposo, oltre le 36 ore settimanali, secondo gli importi maturati in base alla legge e ai contratti collettivi succedutisi nel tempo, nonché dell’indennità per lavoro nel giorno di riposo prevista dall’art. 10 comma 3 del C.C.N.L. di categoria, recepito con d.P.R. 11/09/2007 n. 170, con rivalutazione monetaria secondo l’indice ISTAT e interessi legali sulle somma rivalutate dalla data di maturazione del diritto fino al soddisfo;
nonché, quanto ai motivi aggiunti, per l’annullamento
della nota del Ministero della Giustizia - Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria a firma del capo del Dipartimento, prot. n. GDAP-0481307-2009 del 30.12.2009.

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia -Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria;
Viste tutte le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatrice nell'udienza pubblica del giorno 25 maggio 2011 la dott.ssa Emanuela Loria e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO
I ricorrenti sono tutti dipendenti del Ministero della Giustizia e, rivestendo la qualifica di agenti di Polizia Penitenziaria (iscritti alle organizzazioni sindacali di categoria), svolgono il loro servizio presso gli Istituti Penitenziari di Parma.
Essi espongono nel ricorso che:
- il loro orario di lavoro è di 36 ore settimanali, con diritto a un giorno di riposo settimanale, ai sensi del combinato disposto degli artt. 11 e 19 della L. 15.12.1990 n. 395 e dell’art. 10 del d.P.R. 11.09.2007 con il quale è stato recepito il contratto collettivo nazionale delle forze di polizia;
- qualora esigenze di servizio lo richiedano gli agenti sono tenuti a svolgere lavoro straordinario oltre le 36 ore settimanali, con diritto al compenso maggiorato (art. 11 comma II, legge 395/1990);
- l’agente può essere chiamato in servizio anche nel giorno destinato al riposo con diritto al recupero del riposo non fruito e alla corresponsione di un’indennità di euro 8,00 per il disagio ai sensi dell’art. 11 comma V, l. 395/1990 e art. 10 comma III, del d.P.R. 170/2007;
- a far tempo dall’anno 2004, i ricorrenti prestano attività di lavoro straordinario essendo abitualmente assegnati al servizio anche nelle giornate destinate al riposo settimanale (non coincidente obbligatoriamente con la festività), in tal modo eccedendo le trentasei ore settimanali;
- gli Istituti Penitenziari di Parma fissano solo un giorno (o al massimo due) di riposo ogni due o addirittura tre settimane di lavoro ininterrotto, per cui, così facendo, alcuni agenti lavorano per 20 giorni consecutivi senza alcuna giornata di riposo;
- agli agenti non viene corrisposta né l’indennità per il disagio subito previsto dall’art. 10 comma 3 del C.C.N.L. (euro 8,00) né tanto meno la retribuzione maggiorata per lavoro straordinario, neppure quando le ore di straordinario prestate rientrano nel monte ore riconosciuto dall’amministrazione centrale e previsto dall’art. 10 dell’accordo nazionale quadro per il personale di polizia penitenziaria del 24.03.2004 e dai successivi atti integrativi e fissato in 450 ore elevabili fino a 660.
Secondo la tesi dei ricorrenti, i due istituti del riposo compensativo e dello straordinario si sommano, nel senso che, se l’agente viene richiamato in servizio nel girono di riposo programmato e l’amministrazione non provvede immediatamente a far recuperare al dipendente il giorno di riposo non fruito, nella stessa settimana lavorativa, ogni ora di attività eccedente (su base settimanale) deve essere qualificata come straordinario e, come tale, deve essere retribuita.
Inoltre, il fatto che il dipendente non abbia fruito del giorno di riposo programmato, dà comunque luogo al recupero del giorno di riposo e all’indennità di disagio, senza che la quantificazione economica del lavoro svolto (come straordinario) possa in alcun modo incidere sulla necessità di salvaguardare l’integrità psico-fisica del lavoratore garantita dal giorno di recupero compensativo.
Secondo la tesi dei ricorrenti i due istituti vanno applicati contemporaneamente e la fruizione del recupero compensativo e dell’indennità di disagio non possono precludere la corresponsione delle somme spettanti per lo straordinario reso.
Questa impostazione sarebbe anche quella seguita dall’amministrazione penitenziaria attraverso la direttiva n. 439802/2008 del 23.12.2008.
Con i motivi aggiunti depositati in data 05.03.2010, i ricorrenti hanno impugnato la nota del Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria prot. n. GDAP-0481307-2009 del 30.12.2009, con la quale l’amministrazione, modificando la propria precedente nota del 22.06.2007 ha affermato che “in caso di prestazione lavorativa in una giornata di otto ore programmata con riposo settimanale spetta al dipendente l’indennità di euro 8,00 come previsto dall’art. 10 terzo comma dell’Accordo Quadro ed il diritto alla giornata di recupero. Verrà considerato straordinario e come tale retribuito l’eccedenza di orario oltre quello di servizio”.
I ricorrenti ritengono tale atto illegittimo per violazione e falsa applicazione degli artt. 11 e 19 della l. 395/1990 e dell’art. 10 del d.P.R. n. 170/2007.
L’amministrazione si è costituita chiedendo il respingimento del ricorso in quanto il lavoro straordinario degli agenti di polizia penitenziaria andrebbe computato solo con riferimento al turno giornaliero e quindi la giornata lavorativa svolta nel giorno destinato al riposo in eccedenza all’orario settimanale di 36 ore darebbe diritto al risposo compensativo e all’indennità giornaliera di euro 5,00 (ora rivalutati in euro 8,00).
Alla pubblica udienza de 25 maggio 2011 il ricorso è stato trattenuto in decisione.
DIRITTO
Preliminarmente il Collegio rileva l’unicità delle posizioni giuridiche soggettive di cui sono titolari i ricorrenti e l’unicità delle domande giudiziali da essi poste con il ricorso e con i motivi aggiunti, essendo tutti agenti di polizia penitenziaria in servizio presso gli Istituti Penitenziari di Parma, richiedenti tutti l’applicazione – secondo l’interpretazione enunciata nel ricorso - delle medesime norme della legge 395/1990 del d.P.R. 170/2007, di recepimento del Contratto Collettivo Nazionale delle forze di polizia.
Il ricorso collettivamente proposto è, dunque, da ritenersi ammissibile.
1. Il ricorso è fondato e deve essere accolto unitamente ai motivi aggiunti.
Occorre, in primo luogo, premettere che la difesa dell’amministrazione non ha, in alcun modo, contestato i fatti posti a fondamento del ricorso, per cui deve ritenersi, ai sensi dell’art. 36 del d.lgs. 104/2010, che i fatti allegati dalle parti (prestazione di lavoro straordinario nelle giornate destinate al riposo settimanale, fissazione della giornata di recupero compensativo in modo non conforme a quanto disposto nel Contratto Collettivo e nell’Accordo Quadro, mancata corresponsione dell’indennità giornaliera per il disagio subito prevista dall’art. 10 del Contratto Collettivo Nazionale della categoria e mancata corresponsione della retribuzione spettante per il lavoro straordinario) siano pacificamente acclarati e si siano verificati così come esposti nel ricorso introduttivo.
Partendo da questi, non contestati, dati di fatto, il ricorso è fondato.
Non può, infatti, essere accolta la tesi dell’amministrazione per cui la giornata lavorativa prestata in eccedenza rispetto all’orario settimanale di 36 ore stabilito dal Contratto Collettivo Nazionale di lavoro darebbe diritto al solo risposo compensativo (peraltro da fruirsi non necessariamente con cadenza settimanale, ma a discrezione dell’amministrazione) e all’indennità giornaliera di euro 5,00.
Occorre, in primo luogo, muovere dalla disciplina dell’orario di lavoro che è dettata, in linea generale, dal d.lgs. 08.04.2003 n. 66, e, in particolare, per le Forze di Polizia dalla legge 395/1990 e dal d.P.R. 170/2007 che ha recepito gli accordi tra l’amministrazione e le organizzazioni sindacali dei lavoratori.
L’art. 11, commi 1 e 2, della cita legge del 1990 stabilisce che “l’orario di servizio per il personale del corpo di polizia penitenziaria è stabilito ai sensi dell’art. 19, comma 14, ed il numero complessivo delle ore settimanali è ripartito in turni giornalieri secondo le esigenze di servizio. Gli appartenenti al Corpo, quando le esigenze lo richiedono, sono tenuti a prestare servizio anche in eccedenza all’orario, con diritto a compenso per lavoro straordinario nelle misure orarie stabilite per il personale della Polizia di Stato”.
L’art. 120, comma 1, del d.P.R. 170/2007 prevede che per gli agenti di polizia penitenziaria “la durata dell’orario di lavoro è di 36 ore settimanali”.
E’ evidente che quest’ultima disposizione afferma che è l’orario settimanale ad essere articolato in 36 ore, quindi scatta il diritto alla retribuzione per il lavoro straordinario prestato quando il servizio prestato eccede la base settimanale di 36 ore e non il turno giornaliero.
In altre parole, il criterio per valutare se via stata prestazione lavorativa “straordinaria” è l’eccedenza rispetto alle 36 ore settimanali: lo “straordinario” deve pertanto essere remunerato in eccedenza quando la prestazione lavorativa eccede le 36 ore settimanali.
La questione posta dal ricorso è cosa accade se il lavoro straordinario viene prestato dall’agente nella giornata in cui gli spetterebbe fruire del riposo compensativo.
Le disposizioni contrattuali prevedono che la chiamata in servizio nel giorno destinato al riposo compensativo o nel giorno festivo sia retribuita con un “indennizzo da disagio”, pari ad 8,00 euro oltre al recupero del giorno di riposo.
La difesa erariale sostiene che al dipendente che, per sopravvenute esigenze inderogabili, sia chiamato a prestare servizio nel giorno destinato al riposo settimanale o festivo settimanale, spetterebbe soltanto la corresponsione di un’indennità di euro 8,00 a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero.
La tesi non ha pregio e deve essere disattesa in toto.
Non può infatti essere considerata attività lavorativa “ordinaria” quella svolta nel giorno in cui il dipendente viene chiamato a svolgere la propria attività lavorativa “per inderogabili ragioni di servizio” in eccedenza rispetto alle 36 ore settimanali e nel giorno festivo o in cui avrebbe diritto al riposo compensativo.
Il terzo comma dell’art. 10 del d.P.R. 11.09.2007 n. 170 (di recepimento dell’accordo sindacale per la categoria in questione), non è dirimente in proposito, poiché non esclude (in quanto non contempla affatto) l’ipotesi in cui sono venuti a trovarsi i ricorrenti, ossia l’eccedenza, oltre le 36 ore settimanali, della prestazione lavorativa nella giornata in cui si è richiamati in servizio “per inderogabili esigenze di servizio”, ove la giornata corrisponda al giorno destinato al riposo settimanale o al festivo infrasettimanale.
Se si accedesse alla tesi della difesa erariale si arriverebbe all’effetto paradossale per cui la prestazione del lavoro straordinario in una giornata non destinata al riposo settimanale o al riposo festivo infrasettimanale sarebbe maggiormente remunerata rispetto alla, molto più gravosa, chiamata in servizio nella giornata destinata al risposo (remunerata soltanto con 8,00 euro complessivi), per giunta “per inderogabili esigenze di servizio”.
Del resto, la fondatezza della tesi dei ricorrenti appare evidente sol che si pensi al fatto che la funzione della retribuzione per lavoro straordinario è quella di ricompensare l’attività lavorativa prestata oltre il normale orario di lavoro, mentre le norme che riguardano il riposo compensativo per la prestazione non dovuta nel giorno destinato al riposo costituiscono una modalità per consentire al lavoratore, in primo luogo, di ripristinare il proprio equilibrio attraverso il risposo (che deve avvenire entro le due settimane successive) e di risarcire il lavoratore stesso con una sorta di indennizzo, il cui ammontare appare, peraltro, pressoché simbolico (euro 5,00, innalzato successivamente a euro 8,00).
Conseguentemente spetta ai ricorrenti quanto richiesto con il ricorso introduttivo, sia sotto il profilo del pagamento dello straordinario sia dell’indennizzo di euro 8,00 quando essi prestano la propria attività lavorativa nel giorno in cui gli spetterebbe il riposo ovvero nel giorno festivo, sia della fruizione del riposo compensativo con le cadenze contrattualmente previste.
2. Quanto ai motivi aggiunti con il quali è stata impugnata la nota GDAP- 0481307-2009 del Ministero della Giustizia Dipartimento dell’Amministrazione penitenziaria a firma del Capo Dipartimento, il Collegio li ritiene fondati in quanto la citata nota, nel modificare le precedenti circolari esplicative n. 2000901 del 22.06.2007, n. 222617 del 27.06.2008 e n. 439802 del 23.12.2009 (con le quali l’interpretazione data dalla stessa amministrazione delle norme regolative del rapporto di lavoro era in senso favorevole ai ricorrenti), ha sostanzialmente violato e falsamente applicato gli articoli 11 e 19 della l. 395/1990 e 10 del d.P.R. n. 170/2007, la cui legittima e piana interpretazione consiste nell’affermare che, quando gli agenti di polizia penitenziaria vengono richiamati in servizio nel giorno programmato per il riposo settimanale (in eccedenza rispetto alle 36 ore settimanali come da Contratto Collettivo Nazionale di Lavoro), il turno in aggiunta deve essere qualificato come straordinario e retribuito a tale titolo. In aggiunta a ciò, l’amministrazione, comunque, deve sia corrispondere l’indennizzo di euro 8,00 (indennità di disagio per avere lavorato nel giorno in cui sarebbe spettato il risposo) sia far fruire il recupero del giorno di riposo secondo le modalità contrattualmente stabilite.
La nota impugnata con i motivi aggiunti deve conseguentemente essere annullata in quanto emanata in violazione delle disposizioni rubricate.
3. In relazione alla domanda di condanna dell’amministrazione, i ricorrenti non hanno indicato il quantum del compenso spettante a ciascuno di essi, per cui deve disporsi, ai sensi dell’art. 34 comma 4 del d.lgs. 104/2010, che sia l’amministrazione, in quanto debitrice, a effettuare i conteggi e a liquidare ai singoli ricorrenti il pagamento delle retribuzioni spettanti ai medesimi in relazione alle ore di lavoro straordinario da essi prestate nelle giornate in cui avrebbero dovuto godere del riposo compensativo sulla base delle disposizioni legislative, regolamentari e contrattuali più volte citate, oltre all’indennizzo di euro 8,00.
A tali somme dovranno essere aggiunti la rivalutazione monetaria secondo l’indice ISTAT e gli interessi legali secondo le modalità e i criteri di calcolo di cui al D.M. 01.09.1998 n. 352.
4. La complessità delle questioni esaminate giustifica la compensazione delle spese di giudizio.
P.Q.M.
definitivamente pronunciando sul ricorso e sui motivi aggiunti, come in epigrafe proposti, lo accoglie e, per l’effetto:
- accerta il diritto dei ricorrenti alla corresponsione del compenso spettante a ciascuno per ogni periodo di servizio svolto durante il quinquennio ottobre 2004/ottobre 2009 per ore di straordinario effettuate e non pagate, svolte in giornate destinate al riposo, oltre le 36 ore settimanali, secondo gli importi maturati in base alla legge e ai contratti collettivi succedutisi nel tempo, nonché dell’indennità per lavoro nel giorno di riposo prevista dall’art. 10 comma 3 del C.C.N.L. di categoria, recepito con d.P.R. 11/09/2007 n. 170, con rivalutazione monetaria secondo l’indice ISTAT e interessi legali sulle somma rivalutate dalla data di maturazione del diritto fino al soddisfo.
- annulla la nota del Ministero della Giustizia, Dipartimento dell’amministrazione penitenziaria a firma del Capo del Dipartimento prot. n. GDAP-0481307-2009 del 30.12.2009, impugnata con i motivi aggiunti.
Dispone che l’amministrazione liquidi le spettanze dovute a ciascun ricorrente, secondo quanto indicato in motivazione, nel termine di sessanta giorni dalla notifica della presente sentenza.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso, in Parma, nella camera di consiglio del giorno 25 maggio 2011 con l'intervento dei magistrati:
Mario Arosio, Presidente
Italo Caso, Consigliere
Emanuela Loria, Primo Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 14/09/2011
Ciao panorama meriti una cena altro che un caffè, ottima sentenza finalmente giustizia

Re: Orario lavoro settimanale, e straord. per inderogabili

Inviato: sab mar 16, 2019 4:12 pm
da panorama
Ricorso perso

Il TAR di Lecce precisa

1) - Il punto oggetto della presente controversia è il pagamento, a titolo di straordinario, delle ore di servizio prestate dal ricorrente nei giorni che avrebbero dovuto, invece, essere dedicati al riposo.

2) - Sulla questione di diritto oggetto della presente controversia si è pronunciata la Corte Costituzionale, con sentenza 10 giungo 2016, n. 132, con la quale è stata dichiarata l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale della norma di cui all’art. 1, comma 476, L. n. 147/2013. Più in particolare, la Corte ha rilevato quanto segue. (Leggere direttamente in sentenza).

3) - Alla luce di tale pronuncia, il Consiglio di Stato, Giudice rimettente della suddetta questione di legittimità costituzionale, ha poi definito il giudizio pendente innanzi a sé, con sentenza del 12 aprile 2017, n. 1705. Con tale sentenza, il Consiglio di Stato ha rilevato, tra l’altro, che, alla luce della predetta norma interpretativa,
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SENTENZA sede di LECCE, sezione SEZIONE 2, numero provv.: 201900345 ,

Pubblicato il 28/02/2019

N. 00345/2019 REG. PROV. COLL.
N. 02206/2014 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia
Lecce - Sezione Seconda

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2206 del 2014, proposto da
D. M. Massimo, rappresentato e difeso dall'avvocato Nicola Putignano, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Lilia Lucia Petrachi, in Lecce, via F. Caracciolo n. 21;

contro
Ministero della Giustizia, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso, ex lege, dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato di Lecce, presso la medesima per legge domiciliato;

per il riconoscimento
del diritto all’indennità per lavoro straordinario eccedente le 36 ore settimanali, sulla scorta della dichiarazione resa dalla Direzione della Casa Circondariale di Lecce conformemente alla previsione di cui all'art. 10 del D.P.R. n. 170/2007 e art. 11, co. 8, D.P.R. n. 163/2002,
nonché per la condanna dell’Amministrazione intimata al pagamento di detta indennità, oltre interessi e rivalutazione monetaria, come per legge.


Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Giustizia;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 16 gennaio 2019 il dott. Andrea Vitucci e uditi per le parti i difensori avv. Miano, in sostituzione dell'avv. Putignano, per il ricorrente, avv. dello Stato Libertini per la P.A.;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1) Il ricorrente, agente della Polizia Penitenziaria, si duole del fatto che l’Amministrazione di appartenenza non gli ha corrisposto la somma, pari a euro 1.514,52, spettantegli a titolo di lavoro straordinario eccedente le 36 ore settimanali, per il periodo che va da Luglio 2007 a Dicembre 2011 (per complessive 126 ore, di cui 24 nel 2007, 42 nel 2008, 18 nel 2010 e 42 nel 2011).

Espone, all’uopo, che, per il personale di Polizia Penitenziaria, l’orario di lavoro ordinario settimanale è di 36 ore (ex artt. 10, comma 1, D.P.R. n. 170/2007 e 11, comma 1, D.P.R. n. 163/2002, D.P.R. di recepimento di accordi sindacali) e che, fermo “restando il diritto al recupero, al personale che per sopravvenute inderogabili esigenze di servizio sia chiamato dall'amministrazione a prestare servizio nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale è corrisposta una indennità di € 5,00 a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero” (art. 10, comma 3, D.P.R. n. 170/2007 e art. 11, comma 8, D.P.R. n. 163/2002).

I 5 euro sono poi stati elevati a 8 euro, ex art. 15, comma 4, D.P.R. n. 51/2009.

Alla luce del riferito quadro normativo e delle circolari rese dall’Amministrazione Penitenziaria in materia (GDAP nn. 0200901 del 22 giugno 2007, 0481307 del 30 dicembre 2009, 3639/6089 del 4 luglio 2012), il ricorrente sostiene che, nel caso in cui un dipendente venga richiamato in servizio per sopravvenute ed improrogabili esigenze di ordine e sicurezza, in una giornata destinata a riposo ed abbia già completato l’orario settimanale di 36 ore (come è nel caso di specie), gli spettano:

- l’indennità per lavoro straordinario;
- l’indennità compensativa;
- il recupero del riposo non fruito.

Il punto oggetto della presente controversia è il pagamento, a titolo di straordinario, delle ore di servizio prestate dal ricorrente nei giorni che avrebbero dovuto, invece, essere dedicati al riposo.

Espone, ancora, il ricorrente che non può rilevare, in senso contrario alle sue rivendicazioni, l’articolo 1, comma 476, della Legge 27 dicembre 2013, n. 147, secondo cui “L'articolo 10, comma 3, del decreto del Presidente della Repubblica 11 settembre 2007, n. 170, e l'articolo 11, comma 8, del decreto del Presidente della Repubblica 13 giugno 2002, n. 163, si interpretano nel senso che la prestazione lavorativa resa nel giorno destinato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale non dà diritto a retribuzione a titolo di lavoro straordinario se non per le ore eccedenti l'ordinario turno di servizio giornaliero. Sono fatti salvi gli effetti delle sentenze passate in giudicato alla data di entrata in vigore della presente legge”.

In relazione a tale disposizione, il ricorrente solleva questione di legittimità costituzionale perché:

- inciderebbe unilateralmente su una norma contrattuale, in quanto i D.P.R. nn. 170/2007 e 163/2002 recepiscono accordi sindacali;
- non può considerarsi interpretativa, perché interviene non su una situazione di oggettiva incertezza ermeneutica ma su pregressi orientamenti della giurisprudenza, di segno opposto all’intento del Legislatore del 2013;
- difetta di ragionevolezza, in violazione dell’art. 3 Cost., in quanto incide su un diritto acquisito dal dipendente;
- viola l’art. 36 Cost., in quanto non remunera la prestazione del dipendente resa oltre le 36 ore settimanali;
- viola gli artt. 117, comma 1, Cost., e 6 CEDU, in quanto la norma interpretativa sarebbe illegittimamente intervenuta nell’amministrazione della Giustizia, per influire sull’andamento di un contenzioso favorevole ai dipendenti.

2) Il ricorso è infondato, per quanto di seguito si osserva.

Sulla questione di diritto oggetto della presente controversia si è pronunciata la Corte Costituzionale, con sentenza 10 giungo 2016, n. 132, con la quale è stata dichiarata l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale della norma di cui all’art. 1, comma 476, L. n. 147/2013. Più in particolare, la Corte ha rilevato quanto segue.

“La norma interpretativa interviene sugli artt. 10 del d.P.R. n. 170 del 2007 e 11 del d.P.R. n. 163 del 2002 che regolano l’orario di lavoro del personale delle forze di polizia e che determinano l’orario settimanale in 36 ore.

Le disposizioni oggetto dell’interpretazione, cioè il comma 3 dell’art. 10 del d.P.R. n. 170 del 2007 e il comma 8 dell’art. 11 del d.P.R. n. 163 del 2002, disciplinano i benefici connessi all’attività prestata nei giorni deputati al riposo settimanale o nel giorno festivo infrasettimanale, prevedendo il diritto al recupero e alla corresponsione di un’indennità, a compensazione della sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero.

In tali norme, oggetto dell’intervento interpretativo, non viene espressamente menzionato il lavoro straordinario, come rilevato dall’ordinanza di rimessione, ma, essendo previsto il compenso per la sola prestazione ordinaria, il lavoro straordinario viene evocato proprio in quanto escluso.

5.– Il trattamento da riservare alle ore di lavoro prestate oltre l’orario ordinario era suscettibile di una duplice possibilità interpretativa: facendo riferimento alla durata dell’orario di lavoro di 36 ore settimanali di cui al comma 1 dei suddetti articoli, il parametro di computo delle ore di straordinario sarebbe stato settimanale, mentre, valorizzando il termine «giornaliero», utilizzato dai commi 3 e 8, rispettivamente, degli artt. 10 e 11 suindicati, il parametro dell’orario risulterebbe riferito solo alle ore eccedenti il servizio prestato nella giornata festiva.

L’intervento legislativo ha, quindi, una reale portata interpretativa, avendo esso avuto il compito di dirimere un’incertezza (si veda Corte di cassazione, sezione lavoro, sentenza 7 giugno 2011, n. 12318) e di fissare uno dei possibili significati da attribuire alla norma originaria, e cioè che il lavoro straordinario prestato in giorno festivo è solo quello che eccede il normale orario di servizio giornaliero e non l’orario settimanale.

6. – Questa Corte si è ripetutamente espressa nel senso che «va riconosciuto carattere interpretativo alle norme che hanno il fine obiettivo di chiarire il senso di norme preesistenti ovvero di escludere o di enucleare uno dei sensi fra quelli ritenuti ragionevolmente riconducibili alla norma interpretata, allo scopo di imporre a chi è tenuto ad applicare la disposizione considerata un determinato significato normativo» (sentenza n. 424 del 1993). Ed ha chiarito che «il legislatore può adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze sull’applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, così rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore» (ex plurimis: sentenze n. 314 del 2013, n. 15 del 2012, n. 271 del 2011, n. 209 del 2010).

Inoltre, questa Corte ha anche più volte affermato che il divieto di retroattività della legge, pur costituendo fondamentale valore di civiltà giuridica, non è stato elevato a dignità costituzionale (salvo la previsione dell’art. 25 Cost. per la materia penale) per cui, allorquando «una norma di natura interpretativa persegua lo scopo di chiarire situazioni di oggettiva incertezza del dato normativo in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto o di ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore», non è precluso al legislatore di emanare norme retroattive (sentenza n. 150 del 2015).

D’altronde, la questione, come rilevato da questa Corte nelle più recenti sentenze rese in materia, non è tanto quella di verificare se la norma censurata abbia carattere effettivamente interpretativo e sia perciò retroattiva ovvero sia innovativa con efficacia retroattiva, bensì di accertare se la retroattività della legge trovi adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza e sia, altresì, sostenuta da adeguati motivi di interesse generale (ex multis, sentenze n. 69 del 2014 e n. 264 del 2012).

7. – La disposizione interpretativa, nel caso in questione, appare coerente con l’assetto complessivamente dato alla regolazione del lavoro festivo nel settore in esame, secondo la disciplina collettiva recepita nei citati decreti. Al riguardo occorre del resto evidenziare che la specificità del settore in esame è stata tenuta presente dal legislatore laddove, con l’art. 2, comma 2, del decreto legislativo 8 aprile 2003, n. 66 (Attuazione delle direttive 93/104/CE e 2000/34/CE concernenti taluni aspetti dell’organizzazione dell’orario di lavoro), ha disposto che nell’ambito, tra l’altro, delle strutture penitenziarie e di quelle destinate per finalità istituzionali alle attività degli organi con compiti in materia di ordine e sicurezza pubblica, le disposizioni contenute nel decreto stesso non trovano applicazione in presenza di particolari esigenze inerenti al servizio espletato come individuate con apposito decreto interministeriale.

L’assetto normativo in esame si fonda sulla previsione (accanto all’indennità per la maggiore penosità del lavoro svolto in un giorno deputato al riposo settimanale o nel festivo infrasettimanale) del diritto al recupero del giorno di riposo entro il periodo previsto dalla contrattazione collettiva.

Va evidenziato, peraltro, che l’eventuale mancato rispetto del giorno di riposo non è oggetto del presente giudizio, mentre il lavoro straordinario, ove non retribuito, dà diritto ad un riposo compensativo.

Tale quadro regolatorio appare coerente con l’ordinamento, che consente l’alternatività tra la compensazione e la monetizzazione del lavoro straordinario, fermo il diritto al recupero del giorno di riposo come previsto dalla normativa collettiva.

8. – Relativamente al richiamo dell’art. 36 Cost. effettuato dal rimettente, questa Corte osserva che tale diposizione è stata menzionata non come parametro direttamente violato, ma solo quale elemento funzionale al sindacato di ragionevolezza. Resta, pertanto, assorbito il suo esame in merito al profilo dell’adeguatezza della retribuzione.

9. – Venendo, quindi, alla questione di illegittimità costituzionale sollevata in riferimento all’art. 117, primo comma, Cost. nella parte in cui impone al legislatore di conformarsi ai vincoli derivanti dagli obblighi internazionali, il Consiglio di Stato ritiene che tale obbligo non sarebbe stato rispettato poiché il principio di preminenza del diritto e quello del processo equo, consacrati nell’art. 6 della CEDU, sarebbero stati incisi dalla norma retroattiva censurata, idonea a condizionare le situazioni processuali in corso.

Nella giurisprudenza della Corte di Strasburgo è precluso, infatti, al legislatore di interferire nella determinazione giudiziaria di una controversia, tranne il caso in cui ricorrano impellenti motivi di interesse generale (sentenza 14 febbraio 2012, Arras ed altri contro Italia; sentenza 31 maggio 2011, Maggio ed altri contro Italia; sentenza 7 giugno 2011, Agrati ed altri contro Italia; sentenza 10 giugno 2008 Bortesi ed altri contro Italia;) che, con specifico riferimento alle norme nazionali interpretative, questa Corte, già con la sentenza n. 1 del 2011, ha affermato che possono essere identificati, tra l’altro, nella necessità di «ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore», al fine di «porre rimedio ad una imperfezione tecnica della legge interpretata» (in tal senso la sentenza della Corte richiama le seguenti pronunce della Corte EDU: sentenza 23 ottobre 1997, National & Provincial Building Society, Leeds Permanent Building Society e Yorkshire Building Society contro Regno Unito; sentenza 27 maggio 2004, OGIS-Institut Stanislas, OGEC Saint-Pie X e Blanche de Castille e altri contro Francia). Tale giurisprudenza è stata confermata in successive pronunce e da ultimo con sentenza n. 150 del 2015 che ha statuito che la norma censurata «avendo natura interpretativa, ha operato sul piano delle fonti, senza toccare la potestà di giudicare, limitandosi a precisare la regola astratta ed il modello di decisione cui l'esercizio di tale potestà deve attenersi, definendo e delimitando la fattispecie normativa oggetto della medesima (sentenza n. 170 del 2008), proprio al fine di assicurare la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico (sentenza n. 209 del 2010)».

10.– Nella specie la corrispondenza della disposizione censurata al contenuto della disciplina originaria si giustifica in relazione al dato letterale e cioè al fatto che l’indennità per lavoro festivo compensa la sola ordinaria prestazione di lavoro giornaliero; la previsione risulta così coerente con l’assetto complessivo del trattamento retributivo del lavoro prestato in giornata festiva, il quale favorisce la fruizione del riposo compensativo rispetto alla monetizzazione della prestazione effettuata.

La preclusione posta dalla Corte europea, del resto, è correlata all’esigenza di tutela del legittimo affidamento ingenerato nei consociati, che nel caso in esame non può ritenersi effettivamente ricorrente, stante la riscontrata ambiguità di formulazione del dettato normativo.

11.– Di qui, pertanto, la non fondatezza anche della censura sollevata in riferimento all’art. 117 Cost., in relazione all’art. 6 della CEDU”.

Alla luce di tale pronuncia, il Consiglio di Stato, Giudice rimettente della suddetta questione di legittimità costituzionale, ha poi definito il giudizio pendente innanzi a sé, con sentenza del 12 aprile 2017, n. 1705. Con tale sentenza, il Consiglio di Stato ha rilevato, tra l’altro, che, alla luce della predetta norma interpretativa, “il computo del lavoro straordinario deve farsi con riguardo alla quantità di lavoro prestata nell’ambito della singola giornata (criterio c.d. “verticale”) e non secondo l’eccedenza oraria settimana per settimana (criterio c.d. “orizzontale”). Di conseguenza, allo stato attuale della legislazione, lo svolgimento di attività lavorativa in giorni festivi fa sorgere solo il diritto al riposo compensativo e non fonda una pretesa di carattere patrimoniale a titolo di compenso per lavoro straordinario”.

Per quanto sopra, la pretesa del ricorrente è infondata.

3) Le spese possono essere compensate, in ragione della complessità della questione di diritto affrontata.

P.Q.M.

Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Puglia di Lecce, Sezione Seconda, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Lecce nella camera di consiglio del giorno 16 gennaio 2019 con l'intervento dei magistrati:
Eleonora Di Santo, Presidente
Ettore Manca, Consigliere
Andrea Vitucci, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Andrea Vitucci Eleonora Di Santo





IL SEGRETARIO