Ricorso perso.
------------------------
1) - inoltrava ....... al Comando Brigata Guardia di Finanza di Loreo (RO) ed all'INPS gestione ex INPDAP di Rovigo istanza intesa ad ottenere la rideterminazione della pensione per l'attribuzione del beneficio dell'assegno funzionale pensionistico del 27° anno di servizio maturato il 28/02/2011 e del T.F.R. in ossequio alla circolare Prot. 0368920/14 del 18/12/2014 del Comando Generale della Guardia di Finanza — IV° Reparto — Affari Giuridici e Legislativi — Ufficio Trattamento Economico di Viale XXI Aprile, 51 00162- Roma, avente ad oggetto: Istruzioni applicative per procedere agli adeguamenti retributivi conseguenti allo spirare delle misure restrittive sui trattamenti economici del personale ....”.
2) - (rientrante, quindi, nella categoria del personale collocato in congedo nel periodo 1.1.2011 — 31.12.2014, di applicazione del primo “blocco”).
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------
VENETO SENTENZA 15 23/01/2017
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------------
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
VENETO SENTENZA 15 2017 PENSIONI 23/01/2017
Sent. n. 15/2017
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL VENETO
In composizione monocratica nella persona del Consigliere Gennaro Di Cecilia, in funzione di Giudice unico delle pensioni, ha pronunciato la seguente
SENTENZA
emessa nel giudizio iscritto al n° 30143 del registro generale di Segreteria, proposto con ricorso, depositato il 16 maggio 2016, dal sig. C. Pasquale, nato a …….. il …….., residente a ………, già Maresciallo Capo della Guardia di Finanza in servizio presso la Brigata della Guardia di Finanza di Loreo (RO), collocato d'Ufficio in quiescenza per fisica inabilità a decorrere dal 23.09.2011 dalla "CMO" Commissione Medica Ospedaliera di Padova,
CONTRO
IL COMANDO GENERALE DELLA GUARDIA DI FINANZA IN ROMA, in persona del Ministro pro-tempore;
IL COMANDO GUARDIA DI FINANZA — REPARTO LOGISTICO AMMINISTRATIVO VENETO —Ufficio Amministrazione— Sezione Trattamento Economico/Determinazione Stipendi — Campo San Paolo, 2128/a - Venezia in persona del Capo Ufficio Amministrazione pro-tempore;
entrambi domiciliati presso AVVOCATURA DELLO STATO DI VENEZIA sita in Piazza San Marco, 63 - C.A.P. 30100 - tel. 041/240.1011- telefax 041/522.410 segr. 041/520.5524 – CF 94026160278- Email veneziaavvocaturastato.it-PEC:
venezia@mailcert.avvocaturastato.it;
I.N.P.S. – GESTIONE EX I.N.P.D.A.P. – in persona del legale rappresentante pro-tempore, sito in Piazza F.11i Cervi n.5 - 45100 ROVIGO, rappresentato e difeso nel presente giudizio, dall'avvocato Sergio Aprile [PRLSRG70D02L113A} dell'Avvocatura dell'Istituto, con il quale è elettivamente domiciliato presso l'Ufficio Legale INPS di Venezia, Dorsoduro 3500/d, giusta procura ad lites rilasciata dal Presidente dell'Istituto, con atto del notaio Paolo Castellini in Roma dd. 21/07/2015, rep. 80974 rogito 21569, del 21.07.2015, allegata. PEC:
avv.sergio.aprile@postacertinps.gov.it;
VISTI gli artt. 26 R.D. 13 agosto 1933, n° 1038, 6 della Legge 21 marzo 1953 n° 161, 700 del c.p.c., 21, u.c., della Legge 6/12/1971, n. 1034 e s.m. e i. e 5 della Legge 21 luglio 2000 n. 205;
VISTI ed ESAMINATI gli atti ed i documenti di causa;
UDITI nell'udienza pubblica di discussione del 15 novembre 2016, celebrata con l’assistenza del Segretario, Sig.ra Nicoletta Niero, l’avv. Filippo Doni, su delega orale dell’avv. Sergio Aprile, ex art. 14, comma 2, della legge 31 dicembre 2012, n. 247, coadiuvato dal dott. Mauro Dal Corso per l’INPS – Gestione Dipendenti Pubblici di Rovigo di Rovigo ed il M.A. Da Villa Andrea, per la Guardia di Finanza.
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con il ricorso indicato in epigrafe, proposto in proprio e ritualmente notificato, il Sig. C.., già Maresciallo Capo della Guardia di Finanza in servizio a decorrere dal 01.10.1984, presso la Brigata Guardia di Finanza di Loreo (RO), collocato in congedo per fisica inabilità in quanto affetto da infermità per causa di servizio, con decorrenza dal 23.09.2011, inoltrava "all.to 1" al Comando Brigata Guardia di Finanza di Loreo (RO) ed all'INPS gestione ex INPDAP di Rovigo istanza intesa ad ottenere la rideterminazione della pensione per l'attribuzione del beneficio dell'assegno funzionale pensionistico del 27° anno di servizio maturato il 28/02/2011 e del T.F.R. in ossequio alla circolare Prot. 0368920/14 del 18/12/2014 del Comando Generale della Guardia di Finanza — IV° Reparto — Affari Giuridici e Legislativi — Ufficio Trattamento Economico di Viale XXI Aprile, 51 00162- Roma, avente ad oggetto: Istruzioni applicative per procedere agli adeguamenti retributivi conseguenti allo spirare delle misure restrittive sui trattamenti economici del personale “All.to 1/bis”.
Il ricorrente riferiva che entrambe le P.A. denegavano il beneficio richiesto per cui si vedeva costretto, in data 18 Maggio 2015 "All.to 2”, ad inoltrare istanza di sollecito-diffida ad adempiere con richiesta nominativo responsabile procedimento amministrativo di cui all'art.4 della legge 241/1990.
Con successiva nota del 27 Maggio 2015 "All.to 4" il Comando Guardia di Finanza — Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Veneto, protocollo nr.0187673/15 confermava che il ricorrente, in data 28 Febbraio 2011, aveva maturato i requisiti utili per la valutazione dell'assegno di funzione spettante ai militari con almeno 27 anni di servizio prestati senza demerito senza, tuttavia, che al predetto riconoscimento facesse seguito il beneficio economico, per effetto di quanto previsto dall'art.9, commi 1 e 21 del D.L. 31 maggio 2010, n.78, convertito in legge 30 luglio 2010, n.122 il quale ha sancito, per il triennio 2011/2013 (poi prorogato a tutto il 2014 per effetto del D.P.R. 122/2013), il c.d. "Blocco" del trattamento economico complessivo ordinariamente spettante, il cui importo non poteva superare quello in godimento al 31/12/2010.
Nonostante gli effetti della sospensione seguita al “blocco” provvisorio, avvenuta il 1° gennaio 2015 ed i successovi solleciti rivolti all’Amministrazione di appartenenza, in data 18/12/2015 "All.to 5", il Comando Guardia di Finanza — Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Veneto, con protocollo nr.0442212/15 comunicava definitivamente che l'istanza di rideterminazione della pensione n.17536228 in relazione allo sblocco dell'assegno di Funzione maturato dal ricorrente il 28/11/2011 non poteva essere accolta.
Così ricostruiti i fatti salienti della vicenda, il ricorrente si duole dell’illegittimità della nota di diniego del richiesto beneficio, chiedendone l’annullamento ed il conseguente riconoscimento del diritto alla riliquidazione della base pensionabile (e del T.F.R., sic!) a decorrere dall’1/1/2015 con la sua inclusione, sotto i diversi profili della violazione e falsa applicazione di legge e manifesta ingiustizia, difetto assoluto di motivazione, eccesso di potere per contraddittorietà e illogicità dei presupposti, anche alla luce della dichiarazione di illegittimità costituzionale del “blocco” degli emolumenti stipendiali intervenuta a seguito della sentenza n. 178 del 24/6/2015 emessa dalla Corte Costituzionale, con condanna della P.A. al pagamento delle somme arretrate, comprensive di interessi legali e di rivalutazione monetaria, oltre alla rifusione delle spese di giudizio.
Con memoria depositata il 27/10/2016 si è costituita in giudizio la Guardia di Finanza – Reparto Tecnico Logistico Amministrativo Veneto – che, riproducendo specularmente i fatti storici inerenti al servizio prestato dal ricorrente, in punto di diritto ha dedotto di non condividere affatto le doglianze del ricorrente ribadendo la correttezza del proprio operato.
In particolare, ha richiamato quanto asserito nella note n. 187673 e 442212 (allegato 2), rispettivamente del 27.05.2015 e 18.12.2015 relativamente all’assegno funzionale nei confronti del personale collocato in congedo nel periodo 1.1.2011 — 31.12.2014, circa la persistenza di profili di incertezza circa lo spirare effettivo delle misure restrittive imposte con il c.d. "blocco stipendiale" ai sensi del decreto legge n. 78/2010, in quanto una parte del calcolo della pensione, così come disposto dall'art. 53 del D.P.R. 1092/73 — richiamato dall'art. 1866 del D.Lgs. n. 66/2010 — nel sistema retributivo — è connessa all'ultimo stipendio integralmente percepito al momento del congedo, concludendo per il rigetto del ricorso perché manifestamente infondato.
L’INPS si è costituito in giudizio con memoria pervenuta via p.e.c. il 18/10/2016.
Nel ricostruire gli elementi storici della vicenda ha riferito che In data 13/03/2015 con determinazione n. RO012015816968 (all. doc.4) al ricorrente veniva conferita la pensione privilegiata diretta, sempre con decorrenza 23/09/2011, in seguito a Verbale ACMO II 121744 del 27/06/2012 emesso dal Dipartimento militare di medicina legale di Padova. (doc. 5); trattamento che veniva riliquidato in data 19/05/2015 con la determina n. RO012015822052 (doc. 6) per correzione nell’imputazione dei benefici pensionistici goduti, ai sensi della relativa normativa art. 4 comma 3 del d. lgs. n. 165/97 anziché della legge n. 336/1970 precedentemente indicata.
A seguito della richiesta congiunta inoltrata a G.d.F. e INPS., pervenuta all’Istituto il 18/05/2015, l’INPS rispondeva con nota via PEC il 20/05/2015 (doc. 7) confermando che l’emolumento richiesto può essere riconosciuto solo dall’Amministrazione di appartenenza dell’iscritto, non avendo INPS alcun potere di agire autonomamente su questa materia, poiché trattasi di beneficio economico attinente al rapporto di lavoro.
Per cui, in concreto, ha eccepito, in via pregiudiziale, il difetto di giurisdizione di questo giudice in favore del T.A.R. poiché l’oggetto della richiesta concerne il riconoscimento del diritto a percepire l’assegno di funzione sul trattamento stipendiale che inerisce a controversia devoluta al giudice del rapporto di lavoro, giudice amministrativo, anziché alla Corte dei conti, non essendo stato precedentemente valorizzato tale aspetto in sede di rapporto di lavoro e non potendo spiegare effetti sulla base di calcolo ai fini pensionistici; nel merito ha concluso per l’infondatezza del ricorso e la condanna del ricorrente al pagamento delle spese di lite.
All’odierna udienza di discussione, le parti, come rappresentate attraverso i propri difensori, hanno concluso in conformità alle difese già abbondantemente svolte nei rispettivi atti difensivi ed a cui espressamente si sono riportate.
Terminata la discussione, la causa è stata trattenuta per la decisione, letta in udienza dopo la sua deliberazione in camera di consiglio, fissando il termine di sessanta giorni per il deposito della sentenza (art. 5, co. 2, L. n. 205/2000 e 429, co. 1, c.p.c. ivi richiamato, come sostituito dall’art. 53, co. 2, del D.L. 25/6/2008, n. 112, convertito, con modificazioni, nella L. 6/8/2008, n. 133).
MOTIVI DELLA DECISIONE
1. Il giudice deve affrontare le questioni agitate dalle parti costituite procedendo al loro esame secondo un rigoroso ordine processuale logico-giuridico secondo il regime normativo dettato dagli artt. 187, co.3 e 276, co. 2, c.p.c., le cui disposizioni sono applicabili al giudizio davanti alla Corte dei conti in virtù del rinvio dinamico operato dall’art. 26 R.D. n. 1038/1933).
1.2 Assume carattere prioritario l’esame dell’eccezione di inammissibilità del ricorso per presunto difetto di giurisdizione del giudice adito, sollevata dall’INPS e ribadita all’udienza di discussione.
L’eccezione si rivela infondata e va respinta per i seguenti motivi attinenti a due distinti profili, dovendosi prestare continuità al consolidato indirizzo giurisprudenziale.
Quanto al primo profilo, com’è noto la giurisdizione si determina, ai sensi dell'art. 386 c.p.c., sulla base dell'oggetto della domanda secondo il criterio del petitum sostanziale, essendo recessiva la mera prospettazione offerta dalla parte.
A tal fine, non v’è dubbio che il ricorrente ha chiesto che venga dichiarato il proprio diritto a percepire il secondo assegno funzionale pensionabile maturato in data 28 febbraio 2011, ma non corrisposto, in costanza di servizio, per effetto del c.d “blocco” degli stipendi, citato e meglio in narrativa, sul trattamento pensionistico in godimento.
Pertanto, il thema decidendum della controversia in esame verte essenzialmente sulla misura o sull’esatto ammontare (quantum o consistenza) del trattamento pensionistico di cui il ricorrente è titolare, quale situazione giuridica di diritto soggettivo perfetto derivante dal relativo rapporto, del tutto autonomo rispetto a quello inerente al rapporto di lavoro svolto in qualità di dipendente dell’Amministrazione indiscutibilmente pubblica (G.d.F.) e che ne costituisce mero presupposto o antecedente logico, per cui esso rientra a pieno titolo nella “materia di pensioni in tutto o in parte poste a carico dello Stato”, oggi gestite dall’INPS, quale indispensabile criterio di collegamento, ai sensi degli artt. 13, comma 9, e 62, comma 1, del R.D. n. 1214/1934 (T.U. delle leggi sulla Corte dei conti) consente di radicare la giurisdizione di questa Corte (cfr., per tutte, Cass., SS.UU., n. 5927/2011; 18 marzo 1999, n. 152, id. 16 gennaio 2003, n.573; id. 27 giugno 2002, n.9343).
1.3 Con riferimento, invece, al diverso profilo sollevato dalla difesa dell’INPS secondo cui la cognizione della controversia in esame spetterebbe al T.A.R. in quanto vertente in materia di rapporto di lavoro, anziché pensionistico, non essendo stato precedentemente attribuito e valorizzato tale elemento in sede di rapporto di lavoro e, pertanto, spiegare effetti ai fini del successivo calcolo della base pensionistica, il giudice osserva, innanzitutto che la Corte <<...ha il potere dovere di delibare gli atti amministrativi intervenuti nel precedente rapporto di impiego e relativi allo status del dipendente ed al suo trattamento economico, al fine di dedurne l’incidenza sul trattamento di quiescenza, pur non potendo conoscerne la legittimità neppure in via incidentale, essendo la relativa questione appartenente alla giurisdizione del rapporto d’impiego>> (cfr. Cass. civ. SS.UU. 14 giugno 2005, n.12722, id. 23 febbraio 1999, n. 99, e 15 maggio 2001, n. 191).
Quindi, non solo non è precluso al giudice delle pensioni pubbliche la delibazione (diritto-dovere) degli atti amministrativi adottati in costanza del rapporto di lavoro al fine di stabilirne la rilevanza sul successivo trattamento di quiescenza, (conformi le recenti pronunce della Corte regolatrice, SS.UU., n. 18076, 07 agosto 2009 e 08 aprile 2010, n. 8317), ma la sussistenza o meno del versamento dei contributi legati all’assegno di funzione e la sua debenza in termini da valorizzazione ai fini del riconoscimento del diritto a pensione o alla sua riliquidazione nei termini auspicati dal ricorrente si rivela mero presupposto di fatto o antecedente logico la cui indagine e relativo accertamento costituiscono questione di merito, non certo una pregiudiziale processuale o di rito e, come, tale, riservata alla cognizione esclusiva del giudice speciale delle pensioni pubbliche (SS.UU., n. 1136/2000).
A contraria conclusione deve, invece, naturalmente pervenirsi in ordine alla richiesta, a dire il vero solamente adombrata o formulata dal ricorrente nel ricorso introduttivo ma non riproposta nelle conclusioni orali non rassegnate nell’udienza di discussione dal difensore, nemmeno comparso, laddove la riliquidazione si intendesse non circoscritta al trattamento pensionistico spettante ma alla sua inclusione anche nella liquidazione definitiva del T.F.R.
Invero, sotto tale infimo profilo le doglianze dell’INPS si rivelerebbero fondate non ravvisandosi motivo, per questo giudice, di discostarsi dalla granitica giurisprudenza, sia del Giudice contabile (ex multis, Sez. Giur. Lombardia n. 1569/2000, Sez. Giur. Sicilia n. 60/1995), sia delle Sezioni Unite della Corte di Cassazione (SS.UU., n. 433/2000; n. 130/2000; n. 5171/2004; n.. 23722/2006 e n. 8317/2010), che esclude categoricamente la giurisdizione della Corte dei Conti nelle controversie aventi ad oggetto questioni riguardanti l’indennità di buonuscita o il trattamento di fine rapporto, riservata, nella fattispecie al Giudice Ammnistrativo trattandosi di personale dipendente in regime di diritto pubblico (arg. sulla base della disciplina derogatoria contenuta negli artt. 2, 3 e 63 del D. Lgs. n. 165/2001 e s.m. e i).
2. Nel merito, tuttavia, il ricorso è destituito di fondamento.
Giova ricordare, preliminarmente, che il quadro normativo di riferimento (D.P.R. 29 dicembre 1973 n. 1092, con cui è stato approvato il T.U. delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato), all’art. 53, come sostituito dall'art. 16 L. 29 aprile 1976 n. 177,dispone, in ordine al calcolo della base pensionabile del personale militare: “Ai fini della determinazione della misura del trattamento di quiescenza del personale militare, escluso quello indicato nell'articolo 54, penultimo comma, la base pensionabile, costituita dall'ultimo stipendio o dall'ultima paga e dagli assegni o indennità pensionabili sottoindicati, integralmente percepiti, è aumentata del 18 per cento:
a) indennità di funzione per i generali di brigata ed i colonnelli, prevista dall'articolo 8 della legge 10 dicembre 1973, n. 804 ;
b) assegno perequativo ed assegno personale pensionabile, previsti dall'articolo 1 della legge 27 ottobre 1973, n. 628 , in favore degli ufficiali di grado inferiore a colonnello o capitano di vascello, nonché dei sottufficiali e dei militari di truppa;
c) assegno personale previsto dall'articolo 202 del decreto del Presidente della Repubblica 10 gennaio 1957, n. 3 , applicabile al personale militare in base all'articolo 3 della legge 8 agosto 1957, n. 751 . Agli stessi fini, nessun altro assegno o indennità, anche se pensionabili, possono essere considerati se la relativa disposizione di legge non ne prevede espressamente la valutazione nella base pensionabile”.
Come rilevato dalla prevalente e condivisibile giurisprudenza di questa Corte (cfr. Sez. Giur. Piemonte n. 195 del 2016 contenente riferimento alla pronuncia del Giudice d’Appello, Sez. II Centr. n. 393/2013 ed ai precedenti giurisprudenziali ivi richiamati) << le Sezioni Riunite, con sentenze n. 9/QM del 2006 e n. 9/QM del 2011, hanno più volte chiarito che l'”assegno funzionale " previsto dall'art. 1, comma 9, del d.l. n. 379 del 1987 convertito nella legge n. 468 del 1987 non rientra nella base pensionabile che va aumentata del 18% in applicazione dell'art. 53 del d. P.R. n. 1092 del 1973, modificato dall'art. 16 della legge n. 177 del 1976 (Sez. II App., n 579 del 2011).
Deve, pertanto, condividersi l’affermazione del principio di diritto secondo il quale non è sufficiente la pensionabilità di un assegno o di un'indennità per il suo automatico inserimento nella base pensionabile in assenza di una specifica disposizione di legge che ciò espressamente preveda (comma 2 dell’art. 53 richiamato).
Principio confermato dalla giurisprudenza delle Sezioni Giurisdizionali o da deliberazioni della Sezione del Controllo di questa Corte anche per altri assegni o indennità, tra cui: le indennità di volo e aeronavigazione (I Sezione Centrale d'appello n. 495 del 2007, Il Sezione Centrale d'appello n. 90 del 2008, ecc.); l'indennità di ausiliaria (I Sezione Centrale d'appello n. 55 del 2007, idem n. 440 del 2007, SS.RR. n. 9/QM del 2011 ecc.); la retribuzione annua di posizione dirigenziale (Sezione del Controllo n. 2 del 2004); l'indennità integrativa speciale (Sezione del Controllo n. 24 del 1998, idem n. 2 del 2004, idem n. 6 del 2005).
Orbene, sulla scorta di quanto appena affermato, deve rilevarsi che, nella fattispecie in esame, non risulta, innanzitutto, soddisfatto il concorrente requisito, stabilito dalla norma, che l’ultimo stipendio, l'ultima paga, gli assegni o indennità pensionabili indicati siano stati integralmente ed effettivamente percepiti dal ricorrente.
Peraltro, la circostanza dell’esclusione della previsione di tale indennità nell’ultimo stipendio in godimento trova indiretta e pacifica conferma in giudizio giacché l’erogazione e la percezione dell’emolumento o assegno funzionale di cui si discute è stata comunque bloccata ex lege per effetto della previsione del “congelamento” dei trattamenti retributivi per gli anni 2011, 2012 e 2013 in materia di pubblico impiego (art. 9 del D. L. n. 78/2010, conv. in L. n. 122/2010, rubricato “Misure urgenti in materia di stabilizzazione finanziaria e di competitività economica” e art. 16, comma 1, lett. b) e c) del D.L. n. 98/2011, conv. in L. n. 111/2011, concernente le Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria).
Come correttamente ha osservato il Comando della Guardia di Finanza – al pari dell’INPS - il ricordato principio non è stato contraddetto nella normativa successiva e, anzi, riceve conferma da quello secondo cui il trattamento di quiescenza va ragguagliato alla contribuzione versata durante il rapporto di impiego, cessato per il ricorrente in data 23/9/2011 (rientrante, quindi, nella categoria del personale collocato in congedo nel periodo 1.1.2011 — 31.12.2014, di applicazione del primo “blocco”).
Ne consegue l’esclusione dalla base pensionabile di detto assegno non essendo mai concretamente penetrato nella base retributiva e contributiva del ricorrente.
Infine, poco pertinente si appalesa il richiamo difensivo operato da parte ricorrente in ordine all’illegittimità del “blocco” degli emolumenti stipendiali nei termini ermeneutici invocati pronunciati dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 178 del 2015.
E ciò perché tale sentenza è di per sé inidonea a “sterilizzare” gli effetti del c.d. “blocco” degli incrementi stipendiali automatici operato dalla richiamata manovra legislativa avendo, la Consulta, dichiarato l'illegittimità costituzionale ma solamente sopravvenuta, vale a dire a decorrere dal giorno successivo alla pubblicazione della sentenza nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica e, quindi, con efficacia irretroattiva, e per di più esclusivamente con riferimento alla proroga indefinita e reiterata del regime di sospensione delle procedure di contrattazione collettiva.
Contrariamente, ha dichiarato, in parte inammissibili e, in parte, infondate le questioni di legittimità costituzionale degli artt. 9, commi 1, 2-bis, 17, primo periodo, e 21, ultimo periodo, del d.l. n. 78 del 2010, e 16, comma 1, lettera b), del d.l. n. 98 del 2011, come specificato dall'art. 1, comma 1, lettera a), primo periodo, del d.P.R. n. 122 del 2013, con riguardo alla limitazione dei trattamenti economici complessivi dei singoli dipendenti, del trattamento accessorio, degli effetti economici delle progressioni di carriera che comportano un sacrificio temporaneo e limitato precludendo ogni incremento dei trattamenti economici dei dipendenti per gli anni 2011, 2012 e 2013 finalizzato al <<Contenimento delle spese in materia di impiego pubblico>>.
Per cui, nemmeno sotto tale profilo, nessun effetto favorevole nei termini invocati potrebbero derivare al ricorrente collocato in congedo nel periodo di comporto destinatario del “congelamento” del trattamento pensionistico ordinariamente spettante.
3. Sussistono, tuttavia, giusti ed eccezionali motivi per indurre a compensate integralmente le spese legali, attesa la novità e la complessità della vicenda giudiziale, la soccombenza reciproca e le ravvisate ragioni di equità sostanziale in relazione all’incertezza interpretativa del dato normativo, anche sopravvenuto e sottoposto, a più riprese, a scrutinio di costituzionalità (art. 92, co. 2, c.p.c.).
Non sono, invece, dovute quelle di giustizia attesa l’essenziale gratuità del processo pensionistico, quale principio al quale la giurisprudenza di questa Corte attribuisce carattere generale (ex multis Sez. 3^, sent. n. 89, del 05 febbraio 2013, e n. 137, del 15 febbraio 2013, id. Sez. 1^, sent. 182/2013/A, del 06 marzo 2013) e sul cui persistere depone - per le domande notificate dopo il 6 luglio 2011, data di entrata in vigore dell’art. 37, comma 6, lett. b), n.2, e lett. f), del decreto legge n. 98, del 6 luglio 2011, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, che ha introdotto nuove disposizioni in materia di contributo unificato - la non applicabilità nell’ambito processuale che ci occupa delle regole sul predetto contributo (cfr. Parere della Conferenza dei Presidenti delle Sezioni Giurisdizionali Centrali e Regionali, nonché delle Sezioni Riunite in sede giurisdizionale in data 28 novembre – 5 dicembre 2011).
P.Q.M.
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER IL VENETO
In composizione monocratica, in funzione di giudice unico, definitivamente pronunciando:
- in via pregiudiziale, rigetta l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dall’INPS;
- nel merito, rigetta il ricorso e compensa integralmente tra le parti costituite le spese legali, dichiarando non dovute quelle di giudizio.
Così deciso in Venezia, nella camera di consiglio, seguita all’udienza pubblica del 15/11/2016.
Il Giudice
F.to (Dott. Gennaro Di Cecilia)
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Venezia, lì 23/01/2017
Il Funzionario preposto
F.to Nadia Tonolo