Re: PERDITA GRADO - RETROATTIVO - REVOCA PENSIONE
Inviato: dom apr 22, 2012 3:00 pm
Questa sentenza è solamente per la perdità del grado ed il relativo ricorso è stato accolto poichè è stato applicato quanto previsto dal D.lgs. 66/2010 e non quanto previsto dalla legge n. 1168 del 1961 essendo i fatti avvenuti nel 2001.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00150/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00241/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa
sezione autonoma di Bolzano
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 241 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti OMISSIS con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Bolzano, via Duca D'Aosta, 51;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale di Trento, domiciliata per legge in Trento, largo Porta Nuova, 9;
Direzione Generale Per il Personale Militare del Ministero della Difesa;
per l'annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
- del decreto del Vice Direttore Generale della Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa, del 24 agosto 2011, notificato il 6 settembre, con il quale “è disposta, a decorrere dal 25 marzo 2009, ai soli fini giuridici, la “perdita del grado” ai sensi degli articoli: 866, comma primo; 867, comma quinto del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 e, per l’effetto, il predetto militare cessa dal servizio permanente e viene iscritto d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito italiano, senza alcun grado, ai sensi degli articoli: 923, comma primo, lettera i); 861, comma quarto del richiamato decreto legislativo n. 66/2010”;
- di ogni altro atto al precedente eventualmente connesso, presupposto e consequenziale;
e per la conseguente condanna
dell’amministrazione al pagamento al ricorrente degli stipendi mensili non percepiti a partire dal mese di settembre 2011 fino alla data della decisione, oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali dal giorno del dovuto al saldo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
OMISSIS:
L'Avvocato dello Stato G. Denicolò per il Ministero della Difesa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente OMISSIS si è arruolato nel …….. del 1987 nell’Arma dei Carabinieri, nella quale ha prestato oltre venti anni di servizio.
Nel 2001 è stato coinvolto insieme ad altro militare, OMISSIS, in un procedimento penale per reati di peculato e falso in atto pubblico al termine del quale è stato condannato, con sentenza della Corte d’appello di Trento n. OMISSIS del 25 marzo 2009, alla pena principale di due anni e due mesi di reclusione (interamente condonata) e alla pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per un anno (secondo il provvedimento impugnato la condanna sarebbe di anni tre).
In seguito alla pubblicazione della sentenza penale di condanna della Corte d’appello di Trento, il ricorrente, con determinazione del Comando generale dell’Arma dei Carabinieri n. OMISSIS dell’8 maggio 2009, era stato sospeso, con decorrenza 25 marzo 2009, dal servizio ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 97/2001. Alla sospensione era seguito, fra l’altro, il dimezzamento dello stipendio mensile.
Divenuta irrevocabile la sentenza di condanna a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. pen., Sez. VI, 5 maggio 2011, n. ……), con l’impugnato decreto del 24 agosto 2011 il Vice Direttore Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa ha disposto nei confronti del ricorrente, a decorrere dal 25 marzo 2009, ai soli fini giuridici, la perdita del grado ai sensi degli artt. 866, comma primo e 867, comma quinto del D. Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 e, per l’effetto, ha disposto la cessazione del medesimo dal servizio permanente e la sua iscrizione d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito italiano, senza alcun grado, ai sensi degli artt. 923, comma primo, lettera i) e 861, comma quarto del citato D. Lgs. n. 66/2010.
Con il presente ricorso il ricorrente chiede l’annullamento di tale decreto per i seguenti motivi di impugnazione:
“1. Violazione di legge per violazione e falsa applicazione del principio di irretroattività della legge penale enunciato all’art. 25, co. 2, Cost., agli artt. 11, co. 1 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, nonché agli art. 1 e 2, co. 1 e 4, cod. pen.”;
“2. Incompetenza del Ministero della Difesa ad applicare la pena accessoria della perdita del grado di cui all’art. 866, co. 1, d.lgs. 66/2010”;
“3. Violazione di legge per erronea interpretazione e applicazione dell’art. 866, co. 1, d.lgs. 66/2010, nonché dell’art. 923, co. 1, lett. i), d.lgs. 66/2010; in ogni caso, per violazione e falsa applicazione del principio generale di legalità e di irretroattività della legge enunciato all’art. 25, co. 2, Cost., agli artt. 11, co. 1, e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, nonché agli art. 1 e 2, co. 1, cod. pen.”;
“4. Illegittimità costituzionale dell’art. 866, co. 1, nonché dell’art. 923, co. 1, lett. i), d.lgs. 66/2010, d.lgs. 66/2010, per violazione degli artt. 3 e 97 Cost.”.
Il ricorrente chiede che il Tribunale adito, ove ritenga di non dover accogliere i diversi motivi di ricorso voglia sollevare questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 866, co. 1, e 923, co. 1, lett. i), d.lgs. 66/2010, innanzi alla Corte Costituzionale in relazione agli artt. 3 e 97 Cost. nei termini e per i motivi indicati.
Inoltre chiede la condanna dell’Amministrazione al pagamento degli stipendi mensili non percepiti dallo stesso a partire dal mese di settembre 2011 fino alla data della decisione, oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali dal giorno del dovuto al saldo.
L’Amministrazione della Difesa si è costituita in giudizio con atto di data 2.11.2011, riservandosi di dedurre e concludere in prosieguo. Con successiva memoria di data 15.11.2011 l’Amministrazione della Difesa ha chiesto il rigetto del ricorso e di tutte le domanda proposte ex adverso, compresa l’istanza cautelare.
Con ordinanza collegiale n. 159/11 del 22.11.2011 questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare e fissato l’udienza per il giorno dell’otto febbraio 2012.
In occasione di tale udienza la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di cui in motivazione e va, pertanto, accolto.
Per impostare correttamente la questione è opportuno riepilogare brevemente il quadro normativo.
Il Codice dell'ordinamento militare, approvato con D. Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, prevede in ordine alla misura della perdita di grado quanto segue:
L’art. 861 dispone che il grado si perde per una delle seguenti cause: a) dimissioni volontarie; b) dimissioni d’autorità; c) cancellazione dai ruoli; d) rimozione all’esito di procedimento disciplinare; e) condanna penale.
L’art. 866, comma 1, stabilisce a sua volta che “la perdita del grado, senza giudizio disciplinare, consegue a condanna definitiva, non condizionalmente sospesa, per reato militare o delitto non colposo che comporti la pena accessoria della rimozione o della interdizione temporanea dai pubblici uffici, oppure una delle pene accessorie di cui all'articolo 19, comma 1, numeri 2) e 6) del codice penale”.
L’art. 867, comma 5, stabilisce infine che “la perdita del grado decorre dalla data di cessazione dal servizio, ovvero, ai soli fini giuridici, dalla data di applicazione della sospensione precauzionale, se sotto tale data, risulta pendente un procedimento penale o disciplinare che si conclude successivamente con la perdita del grado”.
L’art. 923, comma 1, lett. i), annovera la perdita del grado tra le cause che determinano la cessazione del rapporto d’impiego del militare.
Considerato che le norme citate configurano la perdita del grado come conseguenza automatica della condanna penale, questo collegio concorda con la difesa del ricorrente che tale misura debba essere ricondotta alla categoria delle pene accessorie, che ai sensi dell’art. 20 c.p. conseguono di diritto alla condanna, come effetti penali di essa, e non a quella delle sanzioni amministrative di tipo disciplinare.
La configurazione della perdita del grado, invece, come sanzione amministrativa di tipo disciplinare comporterebbe peraltro manifesti dubbi sulla costituzionalità dell’art. 866, comma 1, del Codice dell'ordinamento militare, che prevede l’applicazione della stessa “senza giudizio disciplinare”.
Il che avvalora ulteriormente la correttezza della configurazione della misura della perdita del grado come pena accessoria, posto che il principio dell’interpretazione costituzionalmente orientata impone di scegliere, fra due interpretazioni della norma delle quali una incostituzionale, quella conforme alla Costituzione.
Non accettabile è, invece, l’inquadramento della perdita del grado come “mera conseguenza amministrativa”, come sostenuto dalla difesa dell’Amministrazione resistente. Il carattere indubbiamente afflittivo della misura impone, infatti, che la stessa sia ricondotta nell’ambito delle sanzioni (penali o amministrative a seconda dell’interpretazione scelta) con la conseguente applicazione dei principi e delle garanzie costituzionali.
Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge per violazione e falsa applicazione del principio di irretroattività della legge penale enunciato all’art. 25, co. 2, Cost., agli artt. 11, co. 1 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, nonché agli art. 1 e 2, co. 1 e 4, cod. pen.
In particolare il ricorrente afferma che l’impugnato decreto del Vice Direttore Generale della Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa del 24 agosto 2011 sarebbe illegittimo, in quanto con esso si applica la misura della perdita del grado, prevista da una norma entrata in vigore successivamente alla commissione del reato per il quale è stato condannato.
La censura è fondata.
L’art. 25, comma 2, Cost. stabilisce che “nessuno può essere punito in forza di una legge entrata in vigore successivamente alla commissione del fatto”. Gli artt. 11, comma 1, e 14 delle preleggi, dispongono a loro volta che “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo” e che “le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e tempi in esse considerati”. Gli artt. 1 e 2, commi 1 e 4, c.p. precisano, infine, che “nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite” e che “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato” omissis “se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza di condanna irrevocabile”. Le citate disposizioni determinano, pertanto, due principi fondamentali dell’ordinamento giuridico, e precisamente il principio di legalità e di irretroattività della legge e il principio di applicazione, in caso di successione di leggi penali, della legge più favorevole.
La giurisprudenza ha avuto più volte occasione di precisare che “il principio di legalità della pena e quello di applicazione, in caso di successione di leggi penali, della legge più favorevole, operano anche con riguardo alle pene accessorie” (Cass. pen., Sez. I, 25 febbraio 2005, n. 9456, ed ex multis Cass. pen., Sez. III, 5 novembre 2009, n. 48526).
Il decreto impugnato è illegittimo per violazione dei principi suddetti, in quanto è stato applicato l’art. 866, comma 1, del D.lgs. 66/2010, entrato in vigore successivamente alla commissione del fatto per il quale il ricorrente è stato condannato, anziché la norma più favorevole operante nel momento in cui il fatto è stato commesso (2001). Infatti, prima dell’entrata in vigore del Codice dell'ordinamento militare, la misura espulsiva conseguente alla pena accessoria della rimozione era regolamentata dal combinato disposto degli artt. 12, lettera f) e 34, numero 7, L. 18.10.1961, n. 1186 (Norme sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell’Arma dei Carabinieri). La cessazione dal servizio continuativa per perdita di grado conseguiva, in particolare, alla condanna, passata in giudicato: a) nei casi in cui ai sensi della legge penale militare, importa la pena accessoria della rimozione; b) per delitto non colposo, tranne che si tratta dei delitti di cui agli artt. 396 e 399 del Codice penale comune, quando la condanna importi l’interdizione temporanea dei pubblici uffici, oppure una delle altre pene accessorie previste dai numeri 2 e 5 primo comma dell’art. 19 di detto Codice penale.
Con sentenza n. 363 del 17-30 ottobre 1996 la Corte Costituzionale ha dichiarato, l’incostituzionalità dei citati artt. 12, lettera f) e 34, numero 7, L. 18.10.1961, n. 1186, nella parte in cui non prevedono l’instaurarsi del procedimento disciplinare per la cessazione dal servizio continuativo per perdita di grado, conseguente alla pena accessoria della rimozione. Nella sentenza citata la Corte Costituzionale ha ribadito l’illegittimità della destituzione di diritto, statuendo la necessità che si svolga il procedimento disciplinare al fine di assicurare l'indispensabile gradualità sanzionatoria, riconducendo alla loro sede naturale le relative valutazioni: “L'automatismo presente nella normativa denunciata è illegittimo per violazione dell'art. 3 della Costituzione, con riguardo, innanzitutto, al canone della razionalità normativa (sentenza n. 971 del 1988 e, poi, fra le varie, le sentenze nn. 415 e 104 del 1991, 134 del 1992, 126 del 1995). D'altra parte, il trattamento deteriore riservato agli appartenenti all'Arma dei carabinieri non trova valida ragione giustificatrice nel loro status militare: questa Corte ha rilevato come la mancata previsione del procedimento disciplinare, nel vulnerare le garanzie procedurali poste a presidio della difesa, finisca per ledere il buon andamento dell'amministrazione militare sotto il profilo della migliore utilizzazione delle risorse professionali, oltre che l'art. 3 della Costituzione (sentenza n. 126 del 1995). È quindi da dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 12, lettera f), e dell'art. 34, numero 7, della legge n. 1168 del 1961, nella parte in cui non prevedono, per la cessazione dal servizio continuativo per perdita del grado, conseguente alla pena accessoria della rimozione, l'instaurarsi del procedimento disciplinare, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale e sanciti dall'art. 9 della legge n. 19 del 1990. Va da sé che spetta all'Amministrazione militare - valutate le risultanze del procedimento disciplinare - disporre la perdita del grado e la cessazione dal servizio continuativo, ove ne sussistano i presupposti.”
Da quanto esposto risulta che l’Amministrazione, nella fattispecie, avrebbe dovuto procedere secondo l'art. 12, lettera f), e dell'art. 34, numero 7, della legge n. 1168 del 1961 e non secondo l’art. 866, comma 1, del D.lgs. 66/2010.
La fondatezza della censura esaminata, di carattere assorbente, determina l’accoglimento del ricorso ed il conseguente annullamento del provvedimento impugnato, con salvezza di ogni ulteriore provvedimento dell’Amministrazione resistente.
Conseguentemente la domanda di condanna al pagamento degli stipendi mensili non percepiti dal ricorrente a partire dal mese di settembre 2011, allo stato, deve essere rigettata.
In considerazione della natura del contendere e tenuto conto del potere di rideterminazione da parte dell’Amministrazione, si reputa giustificato disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti di causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa - Sezione autonoma di Bolzano, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo ACCOGLIE e di conseguenza annulla il provvedimento impugnato.
Rigetta, allo stato, la domanda di condanna.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bolzano nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Lorenza Pantozzi Lerjefors, Presidente
Hugo Demattio, Consigliere
Luigi Mosna, Consigliere
Margit Falk Ebner, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/04/2012
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
N. 00150/2012 REG.PROV.COLL.
N. 00241/2011 REG.RIC.
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa
sezione autonoma di Bolzano
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 241 del 2011, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dagli avv.ti OMISSIS con domicilio eletto presso lo studio di quest’ultimo in Bolzano, via Duca D'Aosta, 51;
contro
Ministero della Difesa, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Distrettuale di Trento, domiciliata per legge in Trento, largo Porta Nuova, 9;
Direzione Generale Per il Personale Militare del Ministero della Difesa;
per l'annullamento
previa sospensione dell’efficacia,
- del decreto del Vice Direttore Generale della Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa, del 24 agosto 2011, notificato il 6 settembre, con il quale “è disposta, a decorrere dal 25 marzo 2009, ai soli fini giuridici, la “perdita del grado” ai sensi degli articoli: 866, comma primo; 867, comma quinto del decreto legislativo 15 marzo 2010, n. 66 e, per l’effetto, il predetto militare cessa dal servizio permanente e viene iscritto d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito italiano, senza alcun grado, ai sensi degli articoli: 923, comma primo, lettera i); 861, comma quarto del richiamato decreto legislativo n. 66/2010”;
- di ogni altro atto al precedente eventualmente connesso, presupposto e consequenziale;
e per la conseguente condanna
dell’amministrazione al pagamento al ricorrente degli stipendi mensili non percepiti a partire dal mese di settembre 2011 fino alla data della decisione, oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali dal giorno del dovuto al saldo.
Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
OMISSIS:
L'Avvocato dello Stato G. Denicolò per il Ministero della Difesa;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.
FATTO
Il ricorrente OMISSIS si è arruolato nel …….. del 1987 nell’Arma dei Carabinieri, nella quale ha prestato oltre venti anni di servizio.
Nel 2001 è stato coinvolto insieme ad altro militare, OMISSIS, in un procedimento penale per reati di peculato e falso in atto pubblico al termine del quale è stato condannato, con sentenza della Corte d’appello di Trento n. OMISSIS del 25 marzo 2009, alla pena principale di due anni e due mesi di reclusione (interamente condonata) e alla pena accessoria della interdizione dai pubblici uffici per un anno (secondo il provvedimento impugnato la condanna sarebbe di anni tre).
In seguito alla pubblicazione della sentenza penale di condanna della Corte d’appello di Trento, il ricorrente, con determinazione del Comando generale dell’Arma dei Carabinieri n. OMISSIS dell’8 maggio 2009, era stato sospeso, con decorrenza 25 marzo 2009, dal servizio ai sensi dell’art. 4, comma 1, L. n. 97/2001. Alla sospensione era seguito, fra l’altro, il dimezzamento dello stipendio mensile.
Divenuta irrevocabile la sentenza di condanna a seguito della pronuncia della Corte di Cassazione (Cass. pen., Sez. VI, 5 maggio 2011, n. ……), con l’impugnato decreto del 24 agosto 2011 il Vice Direttore Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa ha disposto nei confronti del ricorrente, a decorrere dal 25 marzo 2009, ai soli fini giuridici, la perdita del grado ai sensi degli artt. 866, comma primo e 867, comma quinto del D. Lgs. 15 marzo 2010, n. 66 e, per l’effetto, ha disposto la cessazione del medesimo dal servizio permanente e la sua iscrizione d’ufficio nel ruolo dei militari di truppa dell’Esercito italiano, senza alcun grado, ai sensi degli artt. 923, comma primo, lettera i) e 861, comma quarto del citato D. Lgs. n. 66/2010.
Con il presente ricorso il ricorrente chiede l’annullamento di tale decreto per i seguenti motivi di impugnazione:
“1. Violazione di legge per violazione e falsa applicazione del principio di irretroattività della legge penale enunciato all’art. 25, co. 2, Cost., agli artt. 11, co. 1 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, nonché agli art. 1 e 2, co. 1 e 4, cod. pen.”;
“2. Incompetenza del Ministero della Difesa ad applicare la pena accessoria della perdita del grado di cui all’art. 866, co. 1, d.lgs. 66/2010”;
“3. Violazione di legge per erronea interpretazione e applicazione dell’art. 866, co. 1, d.lgs. 66/2010, nonché dell’art. 923, co. 1, lett. i), d.lgs. 66/2010; in ogni caso, per violazione e falsa applicazione del principio generale di legalità e di irretroattività della legge enunciato all’art. 25, co. 2, Cost., agli artt. 11, co. 1, e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, nonché agli art. 1 e 2, co. 1, cod. pen.”;
“4. Illegittimità costituzionale dell’art. 866, co. 1, nonché dell’art. 923, co. 1, lett. i), d.lgs. 66/2010, d.lgs. 66/2010, per violazione degli artt. 3 e 97 Cost.”.
Il ricorrente chiede che il Tribunale adito, ove ritenga di non dover accogliere i diversi motivi di ricorso voglia sollevare questione di legittimità costituzionale del combinato disposto degli artt. 866, co. 1, e 923, co. 1, lett. i), d.lgs. 66/2010, innanzi alla Corte Costituzionale in relazione agli artt. 3 e 97 Cost. nei termini e per i motivi indicati.
Inoltre chiede la condanna dell’Amministrazione al pagamento degli stipendi mensili non percepiti dallo stesso a partire dal mese di settembre 2011 fino alla data della decisione, oltre a rivalutazione monetaria e interessi legali dal giorno del dovuto al saldo.
L’Amministrazione della Difesa si è costituita in giudizio con atto di data 2.11.2011, riservandosi di dedurre e concludere in prosieguo. Con successiva memoria di data 15.11.2011 l’Amministrazione della Difesa ha chiesto il rigetto del ricorso e di tutte le domanda proposte ex adverso, compresa l’istanza cautelare.
Con ordinanza collegiale n. 159/11 del 22.11.2011 questo Tribunale ha accolto l’istanza cautelare e fissato l’udienza per il giorno dell’otto febbraio 2012.
In occasione di tale udienza la causa è stata trattenuta per la decisione.
DIRITTO
Il ricorso è fondato nei limiti di cui in motivazione e va, pertanto, accolto.
Per impostare correttamente la questione è opportuno riepilogare brevemente il quadro normativo.
Il Codice dell'ordinamento militare, approvato con D. Lgs. 15 marzo 2010, n. 66, prevede in ordine alla misura della perdita di grado quanto segue:
L’art. 861 dispone che il grado si perde per una delle seguenti cause: a) dimissioni volontarie; b) dimissioni d’autorità; c) cancellazione dai ruoli; d) rimozione all’esito di procedimento disciplinare; e) condanna penale.
L’art. 866, comma 1, stabilisce a sua volta che “la perdita del grado, senza giudizio disciplinare, consegue a condanna definitiva, non condizionalmente sospesa, per reato militare o delitto non colposo che comporti la pena accessoria della rimozione o della interdizione temporanea dai pubblici uffici, oppure una delle pene accessorie di cui all'articolo 19, comma 1, numeri 2) e 6) del codice penale”.
L’art. 867, comma 5, stabilisce infine che “la perdita del grado decorre dalla data di cessazione dal servizio, ovvero, ai soli fini giuridici, dalla data di applicazione della sospensione precauzionale, se sotto tale data, risulta pendente un procedimento penale o disciplinare che si conclude successivamente con la perdita del grado”.
L’art. 923, comma 1, lett. i), annovera la perdita del grado tra le cause che determinano la cessazione del rapporto d’impiego del militare.
Considerato che le norme citate configurano la perdita del grado come conseguenza automatica della condanna penale, questo collegio concorda con la difesa del ricorrente che tale misura debba essere ricondotta alla categoria delle pene accessorie, che ai sensi dell’art. 20 c.p. conseguono di diritto alla condanna, come effetti penali di essa, e non a quella delle sanzioni amministrative di tipo disciplinare.
La configurazione della perdita del grado, invece, come sanzione amministrativa di tipo disciplinare comporterebbe peraltro manifesti dubbi sulla costituzionalità dell’art. 866, comma 1, del Codice dell'ordinamento militare, che prevede l’applicazione della stessa “senza giudizio disciplinare”.
Il che avvalora ulteriormente la correttezza della configurazione della misura della perdita del grado come pena accessoria, posto che il principio dell’interpretazione costituzionalmente orientata impone di scegliere, fra due interpretazioni della norma delle quali una incostituzionale, quella conforme alla Costituzione.
Non accettabile è, invece, l’inquadramento della perdita del grado come “mera conseguenza amministrativa”, come sostenuto dalla difesa dell’Amministrazione resistente. Il carattere indubbiamente afflittivo della misura impone, infatti, che la stessa sia ricondotta nell’ambito delle sanzioni (penali o amministrative a seconda dell’interpretazione scelta) con la conseguente applicazione dei principi e delle garanzie costituzionali.
Con il primo motivo il ricorrente lamenta violazione di legge per violazione e falsa applicazione del principio di irretroattività della legge penale enunciato all’art. 25, co. 2, Cost., agli artt. 11, co. 1 e 14 delle disposizioni sulla legge in generale, nonché agli art. 1 e 2, co. 1 e 4, cod. pen.
In particolare il ricorrente afferma che l’impugnato decreto del Vice Direttore Generale della Direzione Generale per il Personale Militare del Ministero della Difesa del 24 agosto 2011 sarebbe illegittimo, in quanto con esso si applica la misura della perdita del grado, prevista da una norma entrata in vigore successivamente alla commissione del reato per il quale è stato condannato.
La censura è fondata.
L’art. 25, comma 2, Cost. stabilisce che “nessuno può essere punito in forza di una legge entrata in vigore successivamente alla commissione del fatto”. Gli artt. 11, comma 1, e 14 delle preleggi, dispongono a loro volta che “la legge non dispone che per l’avvenire: essa non ha effetto retroattivo” e che “le leggi penali e quelle che fanno eccezione a regole generali o ad altre leggi non si applicano oltre i casi e tempi in esse considerati”. Gli artt. 1 e 2, commi 1 e 4, c.p. precisano, infine, che “nessuno può essere punito per un fatto che non sia espressamente preveduto come reato dalla legge, né con pene che non siano da essa stabilite” e che “nessuno può essere punito per un fatto che, secondo la legge del tempo in cui fu commesso, non costituiva reato” omissis “se la legge del tempo in cui fu commesso il reato e le posteriori sono diverse, si applica quella le cui disposizioni sono più favorevoli al reo, salvo che sia stata pronunciata sentenza di condanna irrevocabile”. Le citate disposizioni determinano, pertanto, due principi fondamentali dell’ordinamento giuridico, e precisamente il principio di legalità e di irretroattività della legge e il principio di applicazione, in caso di successione di leggi penali, della legge più favorevole.
La giurisprudenza ha avuto più volte occasione di precisare che “il principio di legalità della pena e quello di applicazione, in caso di successione di leggi penali, della legge più favorevole, operano anche con riguardo alle pene accessorie” (Cass. pen., Sez. I, 25 febbraio 2005, n. 9456, ed ex multis Cass. pen., Sez. III, 5 novembre 2009, n. 48526).
Il decreto impugnato è illegittimo per violazione dei principi suddetti, in quanto è stato applicato l’art. 866, comma 1, del D.lgs. 66/2010, entrato in vigore successivamente alla commissione del fatto per il quale il ricorrente è stato condannato, anziché la norma più favorevole operante nel momento in cui il fatto è stato commesso (2001). Infatti, prima dell’entrata in vigore del Codice dell'ordinamento militare, la misura espulsiva conseguente alla pena accessoria della rimozione era regolamentata dal combinato disposto degli artt. 12, lettera f) e 34, numero 7, L. 18.10.1961, n. 1186 (Norme sullo stato giuridico dei vice brigadieri e dei militari di truppa dell’Arma dei Carabinieri). La cessazione dal servizio continuativa per perdita di grado conseguiva, in particolare, alla condanna, passata in giudicato: a) nei casi in cui ai sensi della legge penale militare, importa la pena accessoria della rimozione; b) per delitto non colposo, tranne che si tratta dei delitti di cui agli artt. 396 e 399 del Codice penale comune, quando la condanna importi l’interdizione temporanea dei pubblici uffici, oppure una delle altre pene accessorie previste dai numeri 2 e 5 primo comma dell’art. 19 di detto Codice penale.
Con sentenza n. 363 del 17-30 ottobre 1996 la Corte Costituzionale ha dichiarato, l’incostituzionalità dei citati artt. 12, lettera f) e 34, numero 7, L. 18.10.1961, n. 1186, nella parte in cui non prevedono l’instaurarsi del procedimento disciplinare per la cessazione dal servizio continuativo per perdita di grado, conseguente alla pena accessoria della rimozione. Nella sentenza citata la Corte Costituzionale ha ribadito l’illegittimità della destituzione di diritto, statuendo la necessità che si svolga il procedimento disciplinare al fine di assicurare l'indispensabile gradualità sanzionatoria, riconducendo alla loro sede naturale le relative valutazioni: “L'automatismo presente nella normativa denunciata è illegittimo per violazione dell'art. 3 della Costituzione, con riguardo, innanzitutto, al canone della razionalità normativa (sentenza n. 971 del 1988 e, poi, fra le varie, le sentenze nn. 415 e 104 del 1991, 134 del 1992, 126 del 1995). D'altra parte, il trattamento deteriore riservato agli appartenenti all'Arma dei carabinieri non trova valida ragione giustificatrice nel loro status militare: questa Corte ha rilevato come la mancata previsione del procedimento disciplinare, nel vulnerare le garanzie procedurali poste a presidio della difesa, finisca per ledere il buon andamento dell'amministrazione militare sotto il profilo della migliore utilizzazione delle risorse professionali, oltre che l'art. 3 della Costituzione (sentenza n. 126 del 1995). È quindi da dichiarare l'illegittimità costituzionale dell'art. 12, lettera f), e dell'art. 34, numero 7, della legge n. 1168 del 1961, nella parte in cui non prevedono, per la cessazione dal servizio continuativo per perdita del grado, conseguente alla pena accessoria della rimozione, l'instaurarsi del procedimento disciplinare, secondo i principi affermati dalla giurisprudenza costituzionale e sanciti dall'art. 9 della legge n. 19 del 1990. Va da sé che spetta all'Amministrazione militare - valutate le risultanze del procedimento disciplinare - disporre la perdita del grado e la cessazione dal servizio continuativo, ove ne sussistano i presupposti.”
Da quanto esposto risulta che l’Amministrazione, nella fattispecie, avrebbe dovuto procedere secondo l'art. 12, lettera f), e dell'art. 34, numero 7, della legge n. 1168 del 1961 e non secondo l’art. 866, comma 1, del D.lgs. 66/2010.
La fondatezza della censura esaminata, di carattere assorbente, determina l’accoglimento del ricorso ed il conseguente annullamento del provvedimento impugnato, con salvezza di ogni ulteriore provvedimento dell’Amministrazione resistente.
Conseguentemente la domanda di condanna al pagamento degli stipendi mensili non percepiti dal ricorrente a partire dal mese di settembre 2011, allo stato, deve essere rigettata.
In considerazione della natura del contendere e tenuto conto del potere di rideterminazione da parte dell’Amministrazione, si reputa giustificato disporre la compensazione delle spese di lite tra le parti di causa.
P.Q.M.
Il Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa - Sezione autonoma di Bolzano, definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo ACCOGLIE e di conseguenza annulla il provvedimento impugnato.
Rigetta, allo stato, la domanda di condanna.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Bolzano nella camera di consiglio del giorno 8 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Lorenza Pantozzi Lerjefors, Presidente
Hugo Demattio, Consigliere
Luigi Mosna, Consigliere
Margit Falk Ebner, Consigliere, Estensore
L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 19/04/2012