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sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pension

Inviato: ven giu 12, 2015 9:05 am
da baccaro antonio
Gentili utenti/colleghi, qualcuno sa dirmi cosa fare in merito alla sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale relativa alla ricostituzione della pensione e di rimborso degli arretrati a seguito di intervenuta abrogazione dell’art. 24, co.25 del d.l. n. 201/2011. Su alcuni siti è apparsa una istanza da presentare alla sede INPS del luogo. Vi risulta. Grazie

Re: sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pen

Inviato: dom giu 21, 2015 7:08 pm
da panorama
Antonio Baldassarre, presidente emerito della Consulta, sottolinea che se un pensionato facesse ricorso otterrebbe il rimborso integrale del maltolto voluto da Monti e Fornero ma votato dal Pd e Forza Italia.

Ricorrete in massa e chiedete il rimborso integrale INPS compilando questo documento!


"Se qualche pensionato interessato farà ricorso al giudice otterrà il riconoscimento del diritto ad avere un rimborso integrale". Antonio Baldassarre, presidente emerito della Corte Costituzionale, intervistato da Affaritaliani.it, pone più di un dubbio di costituzionalità sul provvedimento annunciato dal premier e che prevede la restituzione una tantum di 500 euro ai pensionati sotto i 3.000 euro dal primo agosto. "La Corte ha annullato la legge che costituiva il titolo giustificativo dei contributi versati negli anni passati.

E una legge attuale non può regolare retroattivamente la materia fiscale.

Bisogna vedere bene come è articolato il decreto, ma in caso di ricorso o i giudici danno ragione direttamente ai ricorrenti o sollevano di nuovo la questione di fronte alla Corte Costituzionale", spiega Baldassarre.

E sul fatto che sopra i 3.000 euro di pensione non ci sarà alcuna restituzione? "Nella sentenza della Corte non c'era nessun limite.

La Consulta ha dichiarato incostituzionale una legge, punto e basta. Poi non può dare direttive su come scrivere le leggi"." Affari Italiani

Scarica, stampa e diffondi la lettera da mandare all'INPS per chiedere il rimborso integrale della tua pensione

Re: sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pen

Inviato: dom giu 21, 2015 7:21 pm
da panorama
Notizia del 30 maggio 2015.
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Rimborso pensioni, Tribunale di Napoli condanna l’INPS a pagare integralmente gli arretrati.


L’Inps è stata condannata al pagamento, con decreto ingiuntivo, al pagamento di 3.074 euro a titolo di arretrati dopo la bocciatura del blocco biennale delle indicizzazioni delle pensioni da parte della Corte Costituzionale con la sentenza numero 70/2015 alla fine del mese di Aprile.

E’ quanto è stato stabilito in un decreto ingiuntivo del 29 maggio dal Tribunale di Napoli, sezione lavoro, che ha accolto il ricorso di un pensionato partenopeo presentato prima che il governo annunciasse il decreto sui rimborsi delle pensioni secondo quanto riferito dall’avvocato Vincenzo Ferrò, che ha assistito il pensionato. Nel provvedimento, ha indicato l’avvocato, all’Inps viene anche richiesto di rivalutare il trattamento pensionistico in via permanente per tenere conto dell’effetto maggiorativo degli aumenti dovuti nel biennio 2012-2013 sull’assegno attualmente in pagamento.

Ministero, ricorsi dovranno tenere conto decreto – I cittadini che ritengano di vedere leso un proprio diritto hanno pieno titolo fare ricorso, “ma i ricorsi dovranno tenere conto del decreto del governo. E’ quanto ricorda il ministero del Lavoro, ribadendo quanto già affermato dal ministro Giuliano Poletti sulla possibilità di ricorrere contro i rimborsi parziali previsti dopo la sentenza della Consulta sulle pensioni.

“Dal punto di vista della legittimità – aveva sottolineato il ministro del Lavoro Giuliano Poletti- noi siamo convintissimi di aver pienamente ottemperato a quanto la Corte ha in qualche modo sottolineato come limiti della normativa precedente per cui ha scelto di cassare quella parte della norma” –

Fonte: Pensionioggi.it

Re: sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pen

Inviato: dom giu 21, 2015 7:24 pm
da pietro17
Grazie. Sei sempre un GRANDE. Soprattutto sempre presente.

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Re: sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pen

Inviato: dom giu 21, 2015 7:36 pm
da panorama
Ciao Pietro, ho smontato alle 18,00 di oggi è sono partito subito per visitare il forum, come sempre, finché posso darò una mano.

Re: sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pen

Inviato: dom giu 21, 2015 7:56 pm
da schuster
per chi è andato in pensione ad agosto 2014? Grazie

Re: sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pen

Inviato: dom giu 21, 2015 8:32 pm
da spartagus
schuster per il 2014 non e previsto

Re: sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pen

Inviato: ven lug 03, 2015 6:49 pm
da panorama
vedi/leggi e scarica PDF della circolare dell'INPS n. 125 del 25/06/2015

Re: sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pen

Inviato: ven lug 03, 2015 7:28 pm
da panorama
vedi/leggi e scarica PDF del modulo che mi ha inviato l'avv. che mi ha trattato tempo fa un mio ricorso.

qui sotto le varie modalità di come seguire la vicenda.
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Recupero rivalutazione trattamento pensionistico anni 2012, 2013, 2014, 2015

FAI QUALCOSA DI IMPORTANTE PER TE:

invia la lettera di diffida all’INPS.


Gentile Cliente,
in questa mail troverà il link per scaricare la LETTERA DI COSTITUZIONE IN MORA DA INVIARE ALLA SEDE CENTRALE DELL'INPS quale primo atto necessario per dare avvio all’ iniziativa diretta a recuperare le somme a Lei non corrisposte a titolo di rivalutazione monetaria del suo trattamento pensionistico per gli anni dal 2012 al 2015.

SCARICA IL FAC-SIMILE DELLA RACCOMANDATA


Per confrontare l'importo che le sarebbe dovuto a seguito della sentenza della Corte Costituzionale e l’importo a Lei spettante secondo il disposto del d.l. 65/2015 le basterà calcolarlo mediante la tabella presente sul nostro sito:


CALCOLA IL TUO RIMBORSO


Il nostro Studio ha elaborato una strategia che si sviluppa nel seguente iter:

1. INVIO LETTERA DI DIFFIDA ALL'INPS
Inviare adesso e sino alla scadenza del termine per la conversione del decreto legge 65/2015 ( che dovrebbe intervenire entro il 20 Luglio) PIU' LETTERE POSSIBILI DI DIFFIDA E COSTITUZIONE IN MORA ALLA SEDE CENTRALE DELL'INPS di ROMA TRAMITE RACCOMANDATA A/R.

Se arrivano centinaia di migliaia di lettere è possibile che si rendano conto che la gente è davvero esasperata e pronta a fare ricorso immediatamente e magari possono in extremis rivedere in meglio le loro determinazioni.

Per questo motivo questa fase è assolutamente GRATUITA e potrete far circolare la lettera di costituzione in mora A QUANTE PIU' PERSONE POTETE, ricordando che la questione coinvolge tutte le categorie di pensionati e non solo quelli del pubblico impiego o comparto sicurezza. Quindi probabilmente anche il suo vicino!

2. CONTROLLO DEL PAGAMENTO DEL RATEO PENSIONISTICO DI AGOSTO
Attendere il pagamento del rateo pensionistico di Agosto ove dovrebbero essere accreditate le somme (per i pochi fortunati) previste dal decreto legge n. 65/2015 (BONUS di Renzi).

3. EVENTUALI AZIONI SUCCESSIVE
Successivamente alla conversione del decreto 65/2015 IL NOSTRO STUDIO INVIERA' A TUTTI UN AGGIORNAMENTO sugli eventuali passi successivi da compiere per ottenere l’importo totale della rivalutazione della sua pensione.

Fino al 3 AGOSTO segua il nostro sito web dedicato alla tematica http://www.rimborsopensioni.it" onclick="window.open(this.href);return false;, troverà tutti gli aggiornamenti relativi ai prossimi passi da compiere per ottenere ciò che Le è dovuto.

DIFFONDA LA NOTIZIA INVITANDO I SUOI AMICI E PARENTI AD ISCRIVERSI AL SITO PER RESTARE AGGIORNATI SULLA TEMATICA.

Nel ringraziarla per la fiducia accordataci la saluto molto cordialmente.


Prof. Avv. Pietro L. Frisani
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Studio Legale Frisani
Via Curtatone, 2
50123 Firenze
Tel. 055 264320
info@rimborsopensioni.it

Re: sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pen

Inviato: mer lug 15, 2015 7:32 pm
da panorama
Blocco pensioni, Rete Consumatori Italia prepara ricorsi
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Vi ricordate il blocco dell’indicizzazione delle pensioni, dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale?

Il 1° agosto alcuni pensionati riceveranno parte del rimborso che gli spetta, ma nelle tasche di tanti altri, in particolare di chi ha un assegno mensile sopra i 3200 euro lordi, non entrerà nulla. “Il mancato adeguamento equivale ad una decurtazione” denuncia la Rete Consumatori Italia (Assoutenti, Casa del Consumatore e Codici) che sta preparando ricorsi per chiedere l’immediata applicazione della sentenza della Consulta.

Circa due mesi fa la Corte Costituzionale ha ritenuto illegittimo il blocco dell’indicizzazione delle pensioni voluto dal Governo Monti per gli anni 2012 e 2013.

Il Governo Renzi ne ha stabilito il rimborso, ma per i pensionati il provvedimento è tutt’altro che soddisfacente: erano attesi risarcimenti di qualche migliaio di euro, tali da compensare gli assegni mensili decurtati incostituzionalmente dalla norma Fornero, ma il Governo ha disposto un bonus massimo di 750 euro.

Per la precisione, i rimborsi previsti saranno compresi in una fascia che va dai 278 ai 750 euro e verranno erogati nel mese di agosto, in soluzione unica.

Un risarcimento che sa ancor più di beffa se si pensa che alcuni pensionati non verranno ripagati neanche di un euro: per tutti coloro che percepiscono assegni mensili lordi sopra la soglia di 3.200 euro, infatti, non è previsto alcun rimborso.

In definitiva, il mancato adeguamento delle retribuzioni equivale ad una loro decurtazione che, per quanto formalmente risulti temporanea, è poi di fatto permanente, non essendo previsto alcun meccanismo di recupero.

Le associazioni di Rete Consumatori Italia (Assoutenti, Casa del Consumatore e Codici) si schierano ancora una volta a tutela dei consumatori e preparano i ricorsi per chi vuole chiedere l’immediata applicazione della sentenza della Corte Costituzionale.

Per procedere i pensionati dovranno:

•richiedere all’Inps il modello ObisM, relativo agli anni in cui è stato negato l’adeguamento a partire dal 2012, che consiste in un prospetto con indicato l’importo totale della pensione che è stato erogato nell’anno comprensivo di tredicesima;

•recapitare il modello ObisM a Rete Consumatori Italia e fornire questi dati: nome, cognome, data e luogo di nascita, residenza, codice fiscale, numero libretto pensione per inoltrare la diffida all’ente pensionistico e poi procedere in Tribunale.

La sentenza costituirà titolo esecutivo per il/la pensionata per recuperare il credito.

Per tutte le informazioni i pensionati possono chiamare il numero verde 800 199 633 o rivolgersi agli sportelli delle associazioni di Rete Consumatori Italia (trova lo sportello più vicino consultando gli elenchi sui siti http://www.assoutenti.it;" onclick="window.open(this.href);return false; http://www.casadelconsumatore.it;" onclick="window.open(this.href);return false; http://www.codici.org" onclick="window.open(this.href);return false;).

L’azione legale è sostenuta senza spese per gli associati

Re: sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pen

Inviato: lun ago 03, 2015 8:39 am
da panorama
Gentile cliente,
eccoci a Te come promesso.

Abbiamo atteso che il decreto venisse convertito in legge. Adesso che ciò è accaduto, siamo pronti a far valere i Tuoi diritti.

Grazie alla sinergia tra la professionalità dello Studio Legale Frisani e la pluriennale esperienza di Gestione Crediti Pubblici nella gestione di crediti contro la Pubblica Amministrazione, riusciremo a tutelarVi con un minimo impegno iniziale.

Abbiamo infatti previsto come acconto solo 100 € (+ iva e cap, per un totale di 126,88€) e, SOLTANTO IN CASO DI ESITO POSITIVO, il 10% di quanto vi sarà effettivamente pagato, da cui verranno scalati i 100,00 € versati come acconto.
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ecco il link per chi è interessato, ovviamente la scelta è libera e personale.

http://www.rimborsopensioni.it/" onclick="window.open(this.href);return false;

Re: sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pen

Inviato: lun ago 10, 2015 5:07 pm
da raimondo1957
panorama ha scritto:Ciao Pietro, ho smontato alle 18,00 di oggi è sono partito subito per visitare il forum, come sempre, finché posso darò una mano.
cosa consigliate di fare quale e il migliore di cui affidarsi.

Re: sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pen

Inviato: lun gen 04, 2016 1:02 pm
da panorama
Vi consiglio anche di scaricare la nuova circolare INPS n. 210 datata 31/12/2015 ad oggetto RIVALUTAZIONE DELLE PENSIONI per l'anno 2016.

vedi/leggi e scarica PDF

http://www.ilquotidianodellapa.it/_cont ... 68992.html" onclick="window.open(this.href);return false;

Re: sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pen

Inviato: lun mar 28, 2016 3:56 pm
da panorama
Sent. Corte Costituzionale n. 70/2015 ricostituzione del trattamento pensionistico.
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
LOMBARDIA SENTENZA 46 2016 PENSIONI 21/03/2016


n.28423

Sent.46/2016

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE LOMBARDIA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Prof.Vito Tenore,

nella camera di consiglio del 15.3.2016 ha pronunciato
SENTENZA

nel giudizio pensionistico iscritto al n. n.28423 del registro di segreteria, sul ricorso proposto da:
L. D., nt. a Omissis il 15.12.1935, residente in Omissis, Omissis, cf. Omissis

contro

INPS e Guardia di Finanza

OGGETTO: ricostituzione del trattamento pensionistico per gli anni 2012-2015 in applicazione della intervenuta Sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2015

VISTI: il R.D. 13 agosto 1933, n. 1038; il D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito dalla legge 14 gennaio 1994, n. 19 e la legge 14 gennaio 1994, n. 20; la legge 21 luglio 2000, n. 205, ed in particolare gli artt. 5 e 9;

VISTO il ricorso e tutti gli altri documenti di causa;

VISTI: il regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038; il decreto legge 15 novembre 1993, n. 453 convertito nella legge 14 gennaio 1994, n. 19; la legge 21 luglio 2000, n. 205 e, in particolare, gli artt. 5, 9 e 10; il decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, artt. 60 e 74.

Udite le parti presenti all’udienza del 15.3.2016: l’attore di persona e l’avv. Giulio Peco per l’Inps, il Ten. Col. Gianfranco Frisani per la Guardia di Finanza.

FATTO

1. Con ricorso dep.to il 5.1.2016 ritualmente notificato parte attrice, Finanziere (maresciallo magg. aiut.) in quiescenza dal 5.11.1985, chiedeva, anche in sede cautelare, la ricostituzione del proprio trattamento pensionistico (secondo la rivalutazione statuita ex art.,34, l. n.448/1998) per gli anni 2012-2015 in applicazione della declaratoria di incostituzionalità dell’art. 24, co.25, d.l. n.201 del 2011 conv.to in legge 214/2011 (che statuiva la non per equabilità nel 2012 e 2013 dei trattamenti pensionistici superiore a tre volte il minimo Inps) a seguito della intervenuta Sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2015, negatagli in via amministrativa dall’Inps.

Il ricorrente chiedeva altresì, sulla base degli enunciati della sentenza della Consulta n.277 del 1991, la riliquidazione del trattamento pensionistico in base alle provvidenze economiche statuite dal dPR n.69 del 1984 ed alla l. n.121 del 1981 fruendo della equiparazione retributiva con i parigrado o qualifica della Polizia di Stato, ovvero al 7° bis livello retributivo.

Infine l’attore censurava l’omesso computo nel proprio trattamento pensionistico sia degli aumenti sul proprio pregresso trattamento stipendiale da calcolare ai sensi degli art.2, co.3, e art.4 del d.P.R. n.69 del 1984, sia dell’indennità pensionabile a decorrere dall’1.1.1984 ai sensi dell’art.5, dPR n.69 cit.

Alla luce delle tre suddette doglianze, chiedeva dunque, anche in sede cautelare, l’accertamento al corretto computo del proprio trattamento di quiescenza, con restituzione da parte dell’Inps di quanto indebitamente non erogato, oltre accessori.

2. Si costituiva la Guardia di Finanza con memoria 22.2.2016, nulla argomentando in ordine alla prima domanda attorea concernente il blocco della perequazione pensionistica venuto meno ex sentenza C.cost n.70/2015. Circa la terza domanda relativa alla riliquidazione del trattamento pensionistico in base alle provvidenze economiche statuite dal dPR n.69 del 1984, osservava la GdF che i dispositivi 16.12.1986 n.3337, 3338 e 3339 (depositati) avevano dato piena attuazione a tale normativa. In ordine infine alla seconda pretesa attorea, se ne riconosceva la fondatezza, con impegno a ricomputare il trattamento pensionistico prendendo atto degli indirizzi giurisprudenziali sui benefici derivanti dalla equiparazione ai pari grado della Polizia di Stato.

3. Si costituiva l’Inps con memoria 4.3.2016, evidenziando in ordine alla prima pretesa attorea (sulle restanti domande nulla deduceva se non il proprio difetto di legittimazione passiva) come, dopo la sentenza n.70/2015 suddetta, il legislatore aveva adottato il d.l.21.5.2015 n.65 conv.to in legge n.109 del 2015, apportando modifiche al suddetto art.24, co.25 segg., d.l. n.201 del 2011, statuenti:

a) un meccanismo di sospensione temporanea delle perequazioni pensionistiche non più di tipo fisso (come un tempo previsto dalla norma dichiarata incostituzionale), ma di tipo progressivo inversamente proporzionale all’entità delle pensioni, con conservazione dell’intera perequazione per le sole pensioni inferiori a tre volte in minimo inps e sospensione assoluta della perequazione per le pensioni superiori a sei volte il minimo inps;

b) il rimborso ai pensionati di crediti nascenti dal nuovo meccanismo di sospensione temporanea non immediato, ma in via differita.

Chiariva l’Inps che, godendo il convenuto di un trattamento pensionistico ad oggi superiore a quattro volte il minimo I.N.P.S. (che per il 2015 è pari a euro 501,89: v. doc. 3 difesa), lo stesso aveva diritto a deroga parziale alla sospensione temporanea della perequazione dei ratei pensionistici maturati nel 2012 e nel 2013 e conseguentemente al rimborso parziale di quanto trattenuto a titolo di sospensione, rimborso che l’I.N.P.S. aveva già ricalcolato e liquidato con rata agosto 2015 (doc. 4 difesa).

Aggiungeva altresi l’Inps che la norma sopravvenuta era da ritenere costituzionalmente legittima, in quanto calibrata, secondo criteri di progressività ed evitando automatismi valevoli indistintamente per tutti i pensionati, a bilanciare, in un momento di recessione, contrapposte esigenze costituzionali, di tutela delle finanze e dei conti pubblici e, specularmente, di protezione dei trattamenti pensionistici acquisiti. Difatti la novella normativa non ledeva il diritto ad una esistenza libera e dignitosa del pensionato e, per la temporaneità della mera sospensione perequativa ed il suo carattere limitato, rappresentava un mero contributo di solidarietà a carico di fruitori di migliori trattamenti pensionistici rispetto ad altri e rispetto alle future generazioni.

Chiariva infine l’Inps, sulla base di giurisprudenza di questa Sezione, che la presentazione dell’istanza di ricostituzione del trattamento pensionistico da parte del ricorrente subito dopo la pronuncia della Consulta 70/2015 e prima del sopravvenuto d.l. n.65/2015, non rendeva inapplicabile tale sopravvenienza normativa al rapporto pensionistico dell’istante, ben modificabile a seguito di mutamenti legislativi che, pur retroattivi, avevano ragionevolmente inteso far chiarezza proprio sulle pregresse sospensioni dei trattamenti perequativi per gli anni 2012 e 2013, con precetti adeguativi di norme dichiarate incostituzionali.

Concludeva l’Inps che la sopravvenuta normativa rispettava anche l’art.53 cost, stante la ragionevolezza, proporzionalità e progressività della statuita sospensione della perequazione nei confronti dei titolari dei migliori trattamenti previdenziali.

4. Nella camera di consiglio del 15.3.2016 fissata per la discussione dell’istanza cautelare, il Giudice rappresentava alle parti presenti che la causa era matura per la decisione e invitava le stesse a concludere anche sul merito del giudizio. Quindi la causa veniva trattenuta in decisione e veniva letto il dispositivo in udienza.

DIRITTO

1. In via pregiudiziale, si richiama il disposto dell’articolo 9, co. 1, secondo capoverso, l. 21 luglio 2000, n. 205 che, nel sostituire l’art. 26, l. 6 dicembre 1971, n. 1034, dopo aver disciplinato le ipotesi nelle quali il giudice del merito emette sentenza in forma semplificata (manifesta fondatezza ovvero manifesta irricevibilità, inammissibilità improcedibilità o infondatezza del ricorso), ha previsto che la decisione in forma semplificata è assunta, nel rispetto della completezza del contraddittorio nella camera di consiglio fissata per l’esame dell’istanza cautelare. Le predette disposizioni concernenti le decisioni in forma semplificata sono applicabili ai giudizi innanzi alla Corte dei conti in forza del comma 3 del medesimo art. 9.

A seguito della riforma del processo amministrativo, approvata con d.lgs. 2 luglio 2010, n. 104, le disposizioni sulla tutela cautelare hanno ricevuto una sistemazione organica all’interno del codice (titolo II, artt. 55-62), con rinnovata autonomia delle disposizioni sul procedimento di merito. Ne risulta che la decisione in forma semplificata (già art. 26, ultimo co., primo cpv., l. n. 1034/1971) è attualmente disciplinata dall’art. 74, d.lgs. n. 104/2010, mentre la definizione del giudizio in esito all’udienza cautelare, sempre con decisione in forma semplificata (già art. 26, ultimo comma, secondo cpv., l. n. 1034/1971) è ora regolata dall’art. 60, d.lgs. n. 104/2010.

Ritenendo la natura dinamica del rinvio operato dall’art. 9, co. 3, l. n. 205/2000, resta intatta la facoltà del Giudice delle pensioni di definire il giudizio in sede cautelare, al ricorrere delle ipotesi di manifesta fondatezza ovvero manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza del ricorso, tenuto conto degli artt. 60 e 74, d.lgs. n. 104/2010.

Nella specie, l’istanza cautelare è formulata in un ricorso che si presenta manifestamente infondato.

2. Venendo al merito, la prima pretesa attorea al ricomputo pensionistico sulla scorta della sopravvenuta declaratoria di incostituzionalità (C.cost. n.70 del 30.4.2015) dell’originario testo dell’art.24, co.25, d.l. n.201 del 2011 conv.to in l. n.214 del 2011, che ha sospeso il meccanismo perequativo del trattamento pensionistico del ricorrente, sarebbe fondata se non fosse nelle more sopravvenuto, con precetti adeguativi delle norme dichiarate incostituzionali, il d.l. 21.5.2015 n.65, conv.to in legge n.109 del 2015, apportando modifiche al suddetto art.24, co.25 segg., d.l. n.201 del 2011, statuenti

A) un meccanismo di sospensione temporanea delle perequazioni pensionistiche non più di tipo fisso (come un tempo previsto dalla norma dichiarata incostituzionale), ma di tipo progressivo inversamente proporzionale all’entità delle pensioni, con conservazione dell’intera perequazione per le sole pensioni inferiori a tre volte in minimo inps e sospensione assoluta della perequazione per le pensioni superiori a sei volte il minimo inps; in particolare, il decreto dispone il riconoscimento della rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici di importo complessivo superiore a tre volte il trattamento minimo INPS con modalità differenziate negli anni. Per il solo biennio 2012‐13 la rivalutazione viene riconosciuta, sempre in funzione del cumulo dei trattamenti, mediante un meccanismo per classi che prevede l’indicizzazione: a) al 40 per cento dell’inflazione di riferimento per i trattamenti complessivi tra tre e quattro volte il trattamento minimo INPS; b) al 20 per cento per quelli tra quattro e cinque volte il trattamento minimo INPS; c) al 10 per cento per quelli tra cinque e sei volte il trattamento minimo INPS;

B) che per il biennio 2014‐15 è riconosciuto, a titolo di rimborso parziale, solo un quinto della rivalutazione riconosciuta dallo stesso per il 2013 mentre per il 2016 la misura del rimborso sale al 50 per cento.

Qualora non fosse sopravvenuta tale sunteggiata normativa, la pretesa attorea sarebbe stata fondata, in quanto la sentenza della Corte costituzionale n.70 del 2015 ha dichiarato l’illegittimità della prima parte dell’articolo 24, comma 25, del decreto‐ legge n. 201/2011 che sospendeva per il solo biennio 2012‐13 la rivalutazione per i pensionati titolari di trattamenti superiori a tre volte il minimo, lasciando invece in vigore la seconda parte del comma 25, abrogativo della disposizione approvata nel 2011 (articolo 18, comma 3, del decreto‐legge n. 98/2011) che già disponeva una decurtazione della rivalutazione per le pensioni superiori a tre volte il minimo INPS. Conseguentemente, in assenza di interventi volti a disciplinare nuovamente la materia, il meccanismo di perequazione automatico applicabile a seguito della sentenza sarebbe stato per il periodo 2012‐13 quello regolato dalla normativa previgente il DL n. 201/2011, cioè la legge n. 388/2000, e per il triennio 2014‐2016 quello stabilito della legge n. 147/2013, non modificato dalla pronuncia della Corte costituzionale.

In base invece alla sopravvenuta normativa del d.l.65/2015 (che testualmente, all’articolo 1, definisce i criteri e le modalità per una attuazione della sentenza della Corte costituzionale che, secondo le intenzioni del Governo, assicuri un adeguato trattamento pensionistico nel rispetto degli equilibri di bilancio e degli obiettivi di finanza pubblica) di cui occorre doverosamente tener conto in questa sede secondo univoca giurisprudenza di questa Corte (in terminis C.conti, sez.giur. Veneto, 15.2.2016 n.16; id., sez.giur.Lazio, 17.12.2015 n.503; id., sez.Lazio, 10.12.2015 n.491; id., sez.giur.Lombardia, 27 ottobre 2015 n.186 e id. nn.19 e 30 2016; Tribunale di Napoli, Sez. Lav., 19 gennaio 2016 n.9443; id., sez.giur.Veneto, ord. 20.10.2015 n.48 e id.9.11.2015 n.52), godendo il convenuto ad oggi di un trattamento superiore a quattro volte il minimo I.N.P.S. (che per il 2015 è pari a euro 501,89: v. doc. 3 difesa), lo stesso ha diritto a deroga parziale alla sospensione temporanea della perequazione dei ratei pensionistici maturati nel 2012 e nel 2013 e conseguentemente al rimborso parziale di quanto trattenuto a titolo di sospensione, rimborso che l’I.N.P.S., come chiarito in comparsa, ha già ricalcolato e liquidato con rata agosto 2015 (doc. 4 difesa).

Tale automatismo non appare, nella attuale formulazione legislativa, in contrasto con parametri costituzionali come in passato. Difatti, come rettamente rimarcato dalla accurata difesa dell’Inps, la modifica normativa sopravvenuta è da ritenere costituzionalmente legittima, in quanto non più fissa, ma progressivamente proporzionata all’entità delle pensioni in godimento e calibrata, secondo criteri di progressività ed evitando automatismi valevoli indistintamente per tutti i pensionati, a bilanciare, in un momento di recessione, contrapposte esigenze costituzionali, di tutela delle finanze e dei conti pubblici e, specularmente, di protezione dei meno elevati trattamenti pensionistici acquisiti. Difatti la novella normativa non lede il diritto ad una esistenza libera e dignitosa del pensionato e, per la temporaneità della mera sospensione perequativa ed il suo carattere limitato, rappresenta un mero contributo di solidarietà a carico dei fruitori di migliori trattamenti pensionistici rispetto ad altri e rispetto alle future generazioni.

Del resto la stessa Consulta, con sentenza n.70 del 2015, ha previsto una assoluta intangibilità delle perequazioni dei soli trattamenti pensionistici più bassi, tra i quali non è annoverabile quello attoreo. Il Legislatore, nell’ottica della salvaguardia del principio, consacrato nell’art. 81 della Carta Fondamentale, dell’equilibrio di bilancio, che esige gradualità nell’attuazione di valori costituzionali che impongono rilevanti oneri a carico del bilancio dello Stato, come ribadito anche dalla legge costituzionale n. 1 del 2012 riaffermante il necessario rispetto dei principi di equilibrio di bilancio e di sostenibilità del debito pubblico (si veda in merito Corte Cost. n. 88 del 2014 e n. 10 del 2015 ), ha provveduto a sancire la ragionevole prevalenza delle esigenze finanziarie sui diritti oggetto di bilanciamento, concentrando le limitate risorse nei confronti delle classi di pensionati con trattamenti più bassi, in applicazione di un principio redistributivo rispettoso della dignità delle persone e, quindi, degli artt. 2 e 3 della Carta.

Né la maturazione del diritto o la presentazione dell’istanza di ricostituzione del trattamento pensionistico da parte del ricorrente sùbito dopo la pronuncia della Consulta 70/2014 e prima del sopravvenuto d.l. n.65/2015, può rendere inapplicabile tale sopravvenienza normativa al rapporto pensionistico dell’istante, ben modificabile a seguito di mutamenti legislativi che, pur retroattivi, avevano ragionevolmente inteso far chiarezza proprio sulle pregresse sospensioni dei trattamenti perequativi per gli anni 2012 e 2013, con precetti adeguativi di norme dichiarate incostituzionali. Pertanto alcuna violazione del giudicato costituzionale è ipotizzabile, in quanto lo stesso “....è violato non solo quando il legislatore emana una norma che costituisce una mera riproduzione di quella già ritenuta lesiva della Costituzione, ma anche laddove la nuova disciplina miri a “perseguire e raggiungere, anche se indirettamente, esiti corrispondenti” (sentenze n. 223 del 1983, n. 88, del 1966 e n. 73 del 1963)” (Corte Cost. n. 245, del 31 ottobre 2012, id. n. 262 del 2009). Dette ipotesi, tuttavia, il Giudicante non ritiene nella specie ricorrenti, atteso che con la nuova disciplina, di cui all’art.1, del d.l. n. 65 del 2015, il legislatore non solo non si è posto in contrasto con la sentenza del Giudice delle Leggi n. 70 del 2015 , ma ha dichiaratamente e lisciamente dato attuazione ai principi in quella stessa decisione affermati, “…nel rispetto del principio dell’equilibrio di bilancio e degli obiettivi di finanza pubblica” (cfr. Corte Cost. n. 194 del 2002). Di fatti, spetta al legislatore, “…sulla base di un ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali (artt. 36, primo comma, 38, secondo comma, e 81 della Carta) dettare la disciplina di un adeguato trattamento pensionistico alla stregua delle risorse finanziarie attingibili e fatta salva la garanzia irrinunciabile delle esigenze minime di protezione della persona” (sent. n. 316 del 2010).

In conclusione, la sopravvenuta normativa del d.l. 21.5.2015 n.65, conv.to in legge n.109 del 2015, rispetta gli artt.3, 36 e 38 cost., ed anche l’art.53 cost, stante la ragionevolezza, proporzionalità e progressività della statuita mera sospensione, tra l’altro minimale e non lesiva del diritto ad una vita dignitosa, della perequazione nei confronti dei titolari dei migliori trattamenti previdenziali. In applicazione di tale sopravvenuta normativa, il trattamento attoreo è stato già riliquidato nei limiti normativi sopra precisati: pertanto la domanda tesa ad un pieno ripristino della rivendicata perequazione è infondata.

3. Venendo alla seconda pretesa attorea, tesa, sulla base degli enunciati della sentenza della Consulta n.277 del 1991, alla riliquidazione del trattamento pensionistico in base alle provvidenze economiche statuite dal dPR n.69 del 1984 ed alla l. n.121 del 1981 fruendo della equiparazione retributiva con i parigrado o qualifica della Polizia di Stato, ovvero al 7° bis livello retributivo, la stessa è parimenti infondata.

Si tratta della questione, più volte affrontata da questa Corte dei conti, se spetti detta equiparazione retributiva (ai fini pensionistici) ai sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri e, come nel caso di specie, a quelli della Guardia di Finanza , in servizio al momento dell’entrata in vigore della citata riforma dell’ordinamento della Polizia di Stato, ma cessati dal servizio anteriormente al 1° gennaio 1992, data dalla quale il d.l. 7 gennaio 1992, n. 5, art. 2 ha stabilito la decorrenza della nuova retribuzione.

La tesi negativa, già propugnata da tempo da questa Sezione (v. C.conti, sez.Lombardia, 12.10.2006 n.562) è stata in tempi recenti univocamente confermata in appello sulla base degli indirizzi della Consulta e delle Sezioni riunite di questa Corte che, con sentenza 30 maggio 2003 n.11, hanno risolto in senso negativo il quesito “se ai sottufficiali dell'Arma dei Carabinieri, in servizio alla data di entrata in vigore della legge n. 121 / 1981 , ma cessati dal servizio anteriormente al primo gennaio 1992, debba riconoscersi il diritto alla riliquidazione della pensione a decorrere da tale ultima data, previa equiparazione al trattamento economico previsto per gli ispettori della Polizia di Stato”. A questa pronuncia si è uniformata la giurisprudenza successiva (v., ad es. C.conti, sez. I app., 23 aprile 2012 n.209; id., sez.II app., 6 luglio 2011, n. 303; id., sez. I, n. 387/2011; Sez. II, n. 180 e n.458 del 2011; id., sez.III n.743 del 2011; id., sez.Lombardia, 21 marzo 2012 n.191; C.conti, sez.Sicilia, 26.6.2006 n.2251; id., sez.Lazio, 30.5.2006 n.1520; id.sez. Lazio, 11.4.2006 n.478; id., sez. Veneto, 27.5.2006 n. 546).

Occorre premettere che la Corte costituzionale, con sentenza 12 giugno 1991 n.277, si è pronunciata sulla mancata equiparazione tra gli ispettori della Polizia di stato ed i sottufficiali dell’Arma dei carabinieri, caducando l’art. 43, co. 17, della legge 1° aprile 1981, n.121 e l’allegata tabella “C”, i quali – nel prevedere l’equiparazione tra appartenenti alla Polizia di Stato e altri corpi di polizia – non contemplava la (allora neoistituita) qualifica di ispettore. In sostanza, la citata sentenza della Corte costituzionale si è posta come una classica pronuncia di tipo annullatorio non additivo che, lungi dall’istituire la postulata equiparazione tra sottufficiali dei Carabinieri e figure di ex sottufficiali della Polizia di Stato, ha rimesso al legislatore l’equiparazione dei rispettivi trattamenti economici (cfr., in proposito, sulla esatta portata della sentenza C.cost.n.121, da cui non è sorta la equiparazione tra la qualifica di ispettore di Polizia e di sottufficiale delle FF.AA., v. C.cost., 23.12.1993 n.455; C.cost., n.241 del 1996; C.cost., 28.12.2000 n.439/ord.; C.Conti, Sezione giurisdizionale Lazio, 2.7.1998 n.485 e id., 8.4.1999 n.313).

E, proprio allo scopo di realizzare tale equiparazione, è stato emanato il d.l. 7 gennaio 1992 n.5, convertito nella legge 6 marzo 1992, n.216, che da un lato ha dato copertura finanziaria agli oneri derivanti da giudicati favorevoli conseguiti innanzi al giudice amministrativo (“in esecuzione anche dei giudicati formatisi nella materia”), e, dall’altro, ha esteso a decorrere dal 1° gennaio 1992 ai sottufficiali dell’Arma dei carabinieri (e della GdF) che non avevano presentato ricorso il trattamento economico previsto per i corrispondenti livelli retributivi degli ispettori di Polizia.

In particolare, gli artt. 1 e 2 della legge 216 contengono la necessaria autorizzazione (e copertura) della spesa relativa agli oneri connessi con l’applicazione della sentenza n. 277/1991 della Corte Costituzionale, nonché quelle a suo tempo emesse (in tema di equiparazione del trattamento economico dei sottufficiali dell’Arma dei carabinieri e GdF con gli appartenenti alla PS) dal TAR Lazio e dal Consiglio di Stato, oltre al pagamento, sempre per i destinatari di tali decisioni giurisdizionali, delle competenze arretrate.

I suddetti artt. 1 e 2 hanno superato il vaglio di costituzionalità, avendo il Giudice delle Leggi, con la sentenza 23.12.1993 n.455, negato che la discriminazione tra i sottufficiali dei CC destinatari delle sentenze di cui sopra - per i quali l’equiparazione ha avuto effetto sostanzialmente retroattivo – e gli altri sottufficiali CC, per i quali la corresponsione dei nuovi, più favorevoli trattamenti decorre solo dall’1.1.1992, violasse gli artt. 3 e 36 Cost.; tale pronuncia è stata poi confermata dalla sentenza n. n. 465 del 16-30.12.1997 della stessa Corte Costituzionale e, da ultimo, con ordinanza 28.12.2000 n.439, che ha ribadito la natura non additiva della sentenza 277 del 1991 e la limitata portata equiparativa della L.n.916/1992.

In buona sostanza, le norme di cui alla L. 216/92 si pongono come una tipica misura di settoriale perequazione del trattamento economico, per un ben delimitato arco temporale, la cui portata cronologica rientra nella discrezionalità legislativa, fermo il limite generale per ogni intervento normativo della ragionevolezza (art. 3 della Costituzione). Tale discrezionalità ricomprende tanto la differenziazione del trattamento economico di categorie prima egualmente retribuite, che non incorre di per sé in violazione dei precetti costituzionali di cui agli artt. 3 e 36 Cost. (stante anche il collocamento a riposo in momenti temporalmente diversi degli interessati all’equiparazione: sul punto C.cost., 9.5.1973 n.57; id., 29.4.1975 n.92), quanto la possibilità che nell’ambito del pubblico impiego siano attribuite voci retributive od indennità particolari in maniera uniforme per personale appartenente a figure e livelli differenti. Ciò, ovviamente, sempre che non vengano a determinarsi appiattimenti retributivi (vedi sentenza della Corte costituzionale n. 5/1997) o non si verifichino altre forme sintomatiche di palese arbitrarietà o di manifesta non ragionevolezza (v. sentenze della Corte costituzionale n. 133/1996 e n. 217/1997).

Ciò posto, e tenuto conto che il legislatore ha riconosciuto espressamente l’estensione ai sottufficiali dell’Arma dei carabinieri e della GdF del trattamento economico previsto per i livelli retributivi degli Ispettori di polizia a decorrere solamente dal 1° gennaio 1992 (come chiarito anche dalla Corte Costituzionale, con la sentenza n. 455/93, cit.), secondo un condivisibile indirizzo di questa Corte, la riliquidazione del trattamento pensionistico per effetto del ricalcolo della base pensionabile a seguito della perequazione derivante dall'equiparazione economica fra appartenenti all'Arma dei carabinieri ed al Corpo della Guardia di finanza e quelli della Polizia di Stato, dopo la L. 6 marzo 1992 n. 216, spetta solo a coloro che abbiano goduto degli arretrati avendoli effettivamente percepiti, in quanto collocati a riposo nel quinquennio antecedente alla data del 1 gennaio 1992. Difatti i predetti benefici di cui alla l. 6 marzo 1992 n. 216 non riguardano il personale collocato a riposo, in quanto la legge non ha finalità perequative di portata generale (C.conti, reg. Calabria, n. 671/2002; C.conti, reg. Campania n.79 e n.353/2002; C.conti, reg. Lombardia n. 1129, 1718, 1723/2002; C.conti, reg.Campania, 23.9.2002 n.1323; C.conti, reg. Calabria n. 441 e n. 453/2001; C.Conti, reg. Sicilia, 3.7.2000 n.743; C.Conti, sez.II app., 17 dicembre 1999 n. 346/99/A; C.Conti, reg. Abruzzo, sez. giurisd., 29 settembre 1999, n. 957; C.Conti, reg.Liguria, 22.10.1999 n.985; C.Conti, sez. contr., 24 aprile 1998, n. 35; C.Conti, reg.Lazio n.485 del 1998; C.Conti reg. Lombardia, sez. giurisd., 5 gennaio 1998, n. 5; C.Conti Sezione controllo Stato, 30.12.1997, n.156; C.Conti, reg. Liguria, 20.1.1997 n.74).

Tale approdo ermeneutico ha come detto ricevuto l’autorevole avallo delle Sezioni riunite di questa Corte che, con sentenza 30.5.2003 n.11/2003/QM, hanno ribadito che “ai sottufficiali dell’Arma dei Carabinieri (e, dunque, della G.d.F.), in servizio alla data di entrata in vigore della legge n. 121/81, ma cessati anteriormente al 1° gennaio 1992, non può riconoscersi il diritto alla riliquidazione della pensione a decorrere da tale ultima data, previa equiparazione al trattamento economico previsto per gli ispettori della Polizia di Stato, qualora tale personale militare non abbia beneficiato di arretrati retributivi”. In sintonia con tale indirizzo si pone la più attenta e recente giurisprudenza di questa Corte sopra richiamata.

A ciò aggiungasi, sul piano logico e normativo, che ai sensi degli art. 43 e 53 d.P.R. n. 1092 del 1973 la pensione è commisurata all'ultimo stipendio integralmente percepito, per cui gli aumenti stipendiali - previsti dalla l. n. 216 del 1992 non spettano a sottufficiali cessati dal servizio prima del 1991, quando non aveva acquisito il diritto da percepire tali benefici (C.Conti reg. Lazio, sez. giurisd., 8 aprile 1999, n. 313).

La tesi avversa, pervicacemente seguita anche dopo l’intervento nomofilattico delle sezioni riunite (n.11 del 2003) predetto, secondo cui il personale dell'Arma dei carabinieri (ma analoghi rilievi valgono per il personale della GdF) cessato dal servizio anteriormente al 1 gennaio 1992 ha diritto alla equiparazione dai fini pensionistici, con gli appartenenti alle corrispondenti qualifiche della polizia di Stato, con decorrenza, agli effetti giuridici, dalla entrata in vigore dell’ art. 43, comma 17, l. 1 aprile 1981 n. 121 e, agli effetti economici, dalla data dell'1 gennaio 1992 stabilita dalla l. n. 216 del 1992 (C.Conti reg. Toscana, sez. giurisd., 23 ottobre 2000, n. 1852; Corte Conti, sez. II, 8 giugno 2000, n. 211/A; C.Conti reg. Sicilia, sez. giurisd., 20 marzo 2000, n. 422; Corte Conti sez. II app., 26 giugno 1997, n. 87/A; Corte Conti sez. II app., n.309/2001/A, id., n. 11/2002/A; id., 22 marzo 2001, n. 124; id., 16 gennaio 2002, n. 9; id., 3 marzo 2003, n. 69; id., sez II, 17.1.2005 n.41; id.11.7.2006 n.265) non è condivisibile, in quanto l'equiparazione economica, secondo la omogeneità delle funzioni, tra le qualifiche di ispettore di polizia e di sottufficiale dell'Arma dei carabinieri (e della GdF) praticabile solo per effetto della sentenza della Corte costituzionale n. 277/1991, opera soltanto attraverso la regolamentazione temporale di cui alla l. n. 216 del 1992, riscontrata legittima dallo stesso giudice delle leggi con sentenza n. 241 del 1996 (C.Conti reg. Liguria, sez. giurisd., 22 ottobre 1999, n. 985) e in ogni caso, anche a voler ritenere che i sottufficiali dell'Arma dei carabinieri (e GdF) hanno diritto alla riliquidazione della pensione sulla base delle nuove misure stipendiali previste dalla l. n. 216 del 1992, in attuazione della sentenza della C. cost. n. 277 del 1991, anche nella ipotesi in cui siano cessati dal servizio anteriormente al 20 giugno 1986 (cioè oltre il quinquennio dalla pubblicazione della stessa sentenza) e non abbiano proposto tempestivo ricorso, va comunque fatta salva la disciplina della prescrizione del diritto a percepire i singoli maggiori ratei, (sul punto cfr.C.Conti reg. Basilicata, sez. giurisd., 28 settembre 1999, n. 272).

Un ulteriore argomento a conforto della tesi ostativa alla pretesa del ricorrente sulla scorta del rigido discrimen temporale del 20 giugno 1986, è rinvenibile nella sentenza C.cost.28.12.2001 n.439 che, su analoga questione, ha ribadito che è manifestamente infondata, in riferimento agli art. 97 e 3 cost., la questione di legittimità cost.le dell'art. 46 d.lg. 12 maggio 1995 n. 198, che esclude i sottufficiali dell'Arma dei carabinieri non più in servizio alla data dell'1 settembre 1995 dal beneficio dell'inquadramento nel ruolo degli ispettori, in quanto non è manifestamente irragionevole nè palesemente arbitrario - stante la discrezionalità legislativa in materia - che il beneficio in questione sia collegato alla persistenza in servizio dei destinatari ad una certa data, non necessariamente retroattiva, tenendo altresì conto dell'interesse dell'amministrazione per il suo buon andamento e dei limiti di ordine finanziario.

La domanda del ricorrente va conclusivamente rigettata, sebbene la Guardia di Finanza, in memoria di costituzione, sembrerebbe orientata ad accogliere la pretesa.

4. Venendo alla terza e conclusiva pretesa del D.. volta a censurava l’omesso computo nel proprio trattamento pensionistico sia degli aumenti sul proprio pregresso trattamento stipendiale da calcolare ai sensi degli art.2, co.3, e art.4 del d.P.R. n.69 del 1984, sia dell’indennità pensionabile a decorrere dall’1.1.1984 ai sensi dell’art.5, dPR n.69 cit., la convenuta Guardia di Finanza, ha chiarito e documentato che i dispositivi 16.12.1986 n.3337, 3338 e 3339 (depositati) avevano dato piena attuazione a tale normativa a favore dell’attore, che nulla ha osservato in ordine a tale rilievo della convenuta amministrazione. Pertanto la domanda è infondata.

5. La complessità della materia e talune oscillazioni giurisprudenziali su talune pretese attoree giustificano la compensazione delle spese di lite.

P.Q.M.

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Lombardia, nella sua composizione di Giudice unico delle Pensioni, ogni contraria istanza ed eccezione reiette, definitivamente pronunciando rigetta il ricorso e compensa le spese di lite.

Così deciso in Milano il 15.3.2016

IL GIUDICE
prof.Vito Tenore

Depositata in Segreteria il 21/03/2016

IL DIRIGENTE

Re: sentenza n° 70 del 2015 della Corte Costituzionale - Pen

Inviato: dom mar 19, 2017 10:58 am
da panorama
Ricorso perso.
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Si legge,

1) - si costituiva in giudizio l’INPS che eccepiva in via preliminare la sospensione del presente giudizio in attesa della decisione della Corte costituzionale per analoghe questioni proposte in altri giudizi, e deduceva l’inammissibilità ed improcedibilità dell’azione mancando le specifiche circostanze di fatto rispetto a ciascuno dei ricorrenti poste a base delle domande azionate, limitandosi, gli stessi, ad allegare solo il cedolino della pensione del mese di agosto 2015, ed in ogni caso avendo l’INPS corrisposto quanto dovuto ai sensi della normativa vigente.

2) - La novità della controversia e l’incerto succedersi delle norme in tema di perequazione dei trattamenti pensionistici determina l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.

Leggete il resto direttamente qui sotto.
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TOSCANA SENTENZA 48 14/03/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TOSCANA SENTENZA 48 2017 PENSIONI 14/03/2017


SENTENZA
N. 48/2017


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

Sul ricorso iscritto al n. 60657/PM del registro di Segreteria, proposto dai signori: (congruo numero di ricorrenti – OMISSIS – per questione di spazio) tutti rappresentati e difesi dall’avv. Pietro Frisani pec pietro.frisani@firenze.peravvocati.it. presso cui sono elettivamente domiciliati in Firenze alla via Curtatone n. 2, e con indirizzo di posta elettronica certificata pietro.frisani@firenze.pecavvocati.it contro l’INPS, in persona del legale rappresentante pro tempore – per

a) previa dichiarazione di non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale rimettere gli atti alla Corte Costituzionale al fine di sottoporre la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 D.L. 65/2015 “disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzia TFR” convertito, con modificazioni, dalla legge 17 luglio 2015 n. 109 nella parte in cui interviene retroattivamente sul diritto quesito dei ricorrenti ad ottenere la perequazione dei propri trattamenti pensionistici in misura integralmente corrispondente alla disciplina ex art. 69, comma 1, l. 338/2000, con riferimento alla violazione degli artt. 2,3,36,38 e 177,primo comma della Costituzione;

b) previa dichiarazione di non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale rimettere gli atti alla Corte Costituzionale al fine di sottoporre la questione di legittimità costituzionale dell’art. 1 D.L. 65/2015 “disposizioni urgenti in materia di pensioni, di ammortizzatori sociali e di garanzia TFR” convertito, con modificazioni dalla legge 17 luglio 2015 n. 109, e dall’art. 1,comma 483, lett. e) legge 27 dicembre 2013 n. 147, recante “disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato – legge di stabilità”, nella parte in cui negano l’operatività di alcun meccanismo perequativo con efficacia dal 2012 al 2015 sui trattamenti pensionistici di importo superiore a sei volte il minimo INPS, con riferimento alla violazione degli artt. 2,3,36,38 e 177, comma1, della Costituzione;

c) e per l’effetto accertare e dichiarare il diritto dei ricorrenti a conseguire la riliquidazione del trattamento pensionistico in godimento con condanna dell’istituto convenuto alla corresponsione in loro favore dei ratei maturati e non percepiti e/o percipendi maggiorati degli interessi e rivalutazione dal dì del dovuto al saldo.

Nella pubblica udienza del 10 gennaio 2017, sono comparsi l’avv. Pietro L. Frisani per le parti ricorrenti e l’avv. Antonella F. P. Micheli per l’INPS.

Visti gli atti e documenti di causa;

Con ricorso depositato in data 1 dicembre 2016 i signori, tutti in quiescenza precedentemente al 31 dicembre 2011 e tutti dipendenti di amministrazioni pubbliche, deducevano di essere beneficiari di trattamento pensionistico di importo superiore a tre volte il minimo INPS.

Tutti chiedevano la riliquidazione del trattamento pensionistico perequato ex 69, comma1, l. 388/2000 (che prevedeva la perequazione totale delle pensioni di importo inferiore a tre volte il minimo INPS e limitandole al 90% per le fasce di importo dei trattamenti pensionistici compresi tra tre e cinque volte il trattamento minimo INPS ed al 75% per quelle superiori a cinque volte il detto trattamento minimo) con consequenziale corresponsione dei relativi ratei maturati e non percepiti e/o percipiendi nel biennio 2012/2013, maggiorati di interessi e rivalutazione monetaria da ciascuna scadenza sino all’effettivo soddisfo.

Osservavano i ricorrenti che la Corte Costituzionale (sentenza n. 70/2015 del 10 marzo 2015) aveva sancito l’illegittimità costituzionale dell’art. 24, comma 25, del D.L. 201/11 conv., con modificazioni, dalla l. n. 214/2011, avente ad oggetto la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici esclusivamente per gli importi di importo complessivo fino a tre volte il trattamento minimo INPS, nella misura del 100 per cento.

Successivamente a tale declaratoria interveniva il D.L. 65/2015 (convertito, con modificazioni, dalla l. 17 luglio 2015 n. 109) che prevedeva la rivalutazione automatica dei trattamenti pensionistici riconosciuta nella misura de: a) 100% per i trattamenti pensionistici di importo complessivo sino a tre volte il trattamento minimo INPS; b) 40% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a tre volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a quattro volte il trattamento minimo INPS; c) nella misura del 20% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a quattro volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a cinque volte il trattamento minimo INPS; d) nella misura del 10% per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il trattamento minimo INPS e pari o inferiori a sei volte il trattamento minimo INPS.

Nessuna perequazione la normativa riconosceva per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a sei volte il trattamento minimo INPS.

Osservavano i ricorrenti che il richiamato disposto normativo costituiva “un tentativo di aggirare l’esecutività della sentenza della Corte costituzionale n. 70/2015 attraverso l’introduzione di un meccanismo perequativo discriminatorio, cd. bonus (di cui all’art. 1 l. 109/2015)”, sicché ciascuno dei ricorrenti aveva diffidato l’INPS alla ricostituzione del proprio trattamento pensionistico, nonché alla integrale rivalutazione dei ratei di valutazione nel frattempo maturati, ma senza alcun esito.

Le parti ricorrenti richiamavano l’evoluzione normativa e della giurisprudenziale costituzionale della perequazione automatica delle pensioni, mentre l’illegittimità costituzionale dettata dal Giudice delle Leggi avrebbe dovuto chiamare il legislatore alla emanazione di una normativa di sintesi che prevedesse solo per il futuro.

Con articolate argomentazioni le parti ricorrenti eccepivano in buona sostanza la illegittimità costituzionale dell’art. 1 D.L. n. 65/2015 nella parte in cui incide retroattivamente sul diritto quesito dei ricorrenti ad ottenere la perequazione della pensione nella misura prevista dall’art. 69 l. 388/2000, con violazione dell’art. 117 comma 1 della Costituzione in relazione all’art. 6 della CEDU e art 1 protocollo addizionale CEDU in riferimento alla lesione del principio di irretroattività, e che il solo interesse finanziario dello Stato non consentiva di giustificare l’intervento retroattivo (Corte Edu).

Infine le parti attoree censuravano la violazione dei principi di proporzionalità e ragionevolezza, corollari dei principi di eguaglianza e solidarietà di cui agli artt. 2 e 3 della Costituzione, avendo il legislatore, nella normativa censurata di incostituzionalità, insistito nel portato pratico della precedente normativa già dichiarata incostituzionale, censurando la lesione del principio di solidarietà sociale, in particolare per i trattamenti pensionistici di importo superiore a sei volte il minimo INPS, con omessa riallocazione dei risparmi di spesa e violazione del giudicato costituzionale.

Concludevano le parti ricorrenti, previa rimessione alla Corte costituzionale della normativa nei termini suddetti, per la riliquidazione a favore dei ricorrenti del trattamento pensionistico, oltre le competenze accessorie .

In data 21 dicembre 2016 si costituiva in giudizio l’INPS che eccepiva in via preliminare la sospensione del presente giudizio in attesa della decisione della Corte costituzionale per analoghe questioni proposte in altri giudizi, e deduceva l’inammissibilità ed improcedibilità dell’azione mancando le specifiche circostanze di fatto rispetto a ciascuno dei ricorrenti poste a base delle domande azionate, limitandosi, gli stessi, ad allegare solo il cedolino della pensione del mese di agosto 2015, ed in ogni caso avendo l’INPS corrisposto quanto dovuto ai sensi della normativa vigente.

Nel merito l’INPS deduceva di aver agito correttamente ai sensi della richiamata normativa, con un meccanismo di sospensione temporanea di tipo progressivo inversamente proporzionale all’entità delle pensioni, e richiamava, in merito, alcuni orientamenti della giurisprudenza contabile, ribadendo che nulla era dovuto per gli odierni ricorrenti, titolari di trattamenti pensionistici superiori a sei volte il minimo INPS, non avendo diritto ad alcuna integrazione ai sensi della legge in vigore. Nella denegata ipotesi di accoglimento del ricorso l’INPS eccepiva la non debenza del cumulo degli interessi legali e rivalutazione monetaria.

Nella odierna udienza di discussione le parti insistevano su quanto dedotto con gli atti defensionali; quindi la causa veniva introitata per la decisione.

Occorre in via preliminare esaminare le questioni di costituzionalità sollevate dalle parti ricorrenti e ritenere le stesse prive di fondamento.

L’art. 1 del D.L. 65/2015 ha disegnato una disciplina degli aumenti perequativi delle pensioni al fine dichiarato “di dare attuazione ai principi indicati nella sentenza della Corte Costituzionale n. 70/2015, nel rispetto degli equilibri di bilancio e degli obiettivi di finanza pubblica, assicurando la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali, anche in funzione della salvaguardia della solidarietà intergenerazionale”.

La premessa normativa invoca il compito del legislatore di dettare la disciplina di un adeguato trattamento pensionistico che tenga conto – sulla base di un ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali e fatta salva la garanzia la garanzia esigenze minime di protezione della persona - anche delle risorse finanziarie effettivamente attingibili, per necessaria salvaguardia degli equilibri di bilancio dettati dall’art. 81 della Costituzione (cfr. Corte Cost. n. 316/2010).

La regolamentazione dettata dall’art. 1 del D.L. n. 65/2015, convertito dalla l.109/2015 ed avente ad oggetto la perequazione automatica delle pensioni, prevede a regime una copertura decrescente in relazione al valore della prestazione pensionistica corrisposta, e non viola il principio di uguaglianza, atteso che parte dalla ricognizione di situazioni disomogenee (in armonia con quanto statuito dalla Corte Costituzionale con la sentenza n. 70/2015 che aveva di converso evidenziato che l’art. 24, comma 25, del D.L. n. 201/2011, fosse non conforme ai criteri ordinariamente seguiti dal legislatore in materia che prevedono una differenza tra fasce di importo, e “criteri di progressività, parametrati sui valori costituzionali della proporzionalità e della adeguatezza dei trattamenti di quiescenza”).

In tale ambito appare non irrazionale, nella contingenza economica caratterizzata da particolare difficoltà, chiedere un contributo temporaneo maggiore ai soggetti titolari di un trattamento di maggiore importo, ai quali la sospensione degli aumenti perequativi, purché temporanea e di limitata misura, non potrà determinare una rilevante lesione né del diritto ad una prestazione previdenziale proporzionata alla quantità e qualità del lavoro prestato, né del diritto ad una prestazione adeguata ad un’esistenza libera e dignitosa (art. 36, comma 1, e 38, comma 2 della Costituzione, ed analogamente va esclusa, per tali motivi, la violazione delle norme CEDU richiamate nel ricorso).

In specie, con riferimento all’applicazione di un pieno blocco perequativo per le pensioni di maggiore importo (superiore a sei volte il minimo INPS), va esclusa la violazione dei parametri costituzionali, atteso che esse presentano – cfr. sentenza della Corte Costituzionale n. 316/2010 - “margini di resistenza all’erosione determinata dal fenomeno inflattivo”, ed avendo ritenuto il legislatore di concentrare le limitate risorse a favore delle classi di pensionati con trattamenti previdenziali più bassi.

Sicché ritenuto che i principi di proporzionalità ed adeguatezza assegnano alla discrezionalità del legislatore il potere di apportare correttivi di dettaglio che, pur senza violare i suddetti criteri con riferimento alla complessiva disciplina del trattamento pensionistico, siano giustificati da esigenze meritevoli di considerazione, operando un bilanciamento dei valori e degli interessi costituzionali coinvolti, anche in relazione alle risorse finanziarie disponibili e ai mezzi necessari per far fronte agli impegni di spesa (cfr. Corte Cost. n. 208/2014), la normativa di cui all’art. 1 del D.L. n. 65/2015, convertito in legge n. 109/2015, è espressione di un potere di scelta esercitato dal legislatore in modo conforme ai principi costituzionali (cfr. Sezione giurisdizionale Regione Lombardia n. 19/2016. Sez. Puglia 206/2016 e Sezione giurisdizionale Regione Lazio n. 491/2015).

Pertanto la domanda dei ricorrenti, previa la declaratoria della manifesta infondatezza delle questioni di legittimità costituzionale sollevate, è giuridicamente infondata e va rigettata.

La novità della controversia e l’incerto succedersi delle norme in tema di perequazione dei trattamenti pensionistici determina l’integrale compensazione tra le parti delle spese di lite.

P.Q.M.

La Sezione giurisdizionale della Corte dei conti della Regione Toscana – Giudice Unico delle Pensioni - definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dai signori ( OMISSIS per gli stessi motivi di cui all’inizio) contro l’INPS –, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, rigetta il ricorso nei sensi di cui in motivazione.

Spese compensate.

Così deciso in Firenze nella Camera di Consiglio del 10 gennaio 2017 e versata il 10 marzo 2017, a seguito del termine di 60 giorni fissato nella medesima Camera di Consiglio per il deposito della sentenza ai sensi dell’art. 167 del decreto legislativo 26 agosto 2016 n. 174.

Il Giudice Unico
F.to cons. Angelo Bax


Depositata in Segreteria il 14/03/2017


Il Direttore di Segreteria
F.to Paola Altini