Pagina 8 di 11

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: gio gen 19, 2017 7:54 pm
da panorama
idem
-------------
TOSCANA SENTENZA 7 10/01/2017
---------------------------------------------------------------------------------------------------------
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TOSCANA SENTENZA 7 2017 RESPONSABILITA 10/01/2017



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

Sul ricorso iscritto al n. 60628/PC del registro di Segreteria, proposto dai signori ARGALIA Alessandro ALBINI Sergio ARCA Vincenzo ANATRIELLO Giuseppe ATTANASIO Davide AINO Domenico ALIMANDI Mario AMOROSO Antonio ANATRIELLO Giuseppe (già citato) ARGENZIO Giuseppe ANTONELLI Diego ALESSI Alessio BERTUCCI Stefano BOTTAI Massimo BARTOLINI Stefano BONGINI Alessandro BELLACCI Cesare BORGIONE Cristoforo BUCCI Riccardo BURRELLO Silvano BOVENZI Arcangelo BELLISSIMA Gian Luca BARBARO Francesco Paolo BONANNO Giuseppe Andrea BELLINVIA Alessandro BRIGANTI Carlo Ivano BENANTI Marco BERGAMASCHI Stefano BATTAGLIA Antonino BELLI Giancarlo BAZZICALUPI Alberico CAFAZZA Leonardo CAPOGROSSO Luigi CETOLONI Alessio CAPANTINI Alessandro CIAO Michele CADONI Pietro CICCIOTTI Ciro CARBONE Tommaso CRISTIANO Giuseppe CIAVATTA Silvio CERASUOLO Guglielmo CHECCAGLINI Giovanni CASATI Alessio CORDELLA Ernesto CIOTTI Andrea CIARLANTINI Fabrizio CORMACI Saverio Luca CAPOGROSSO Luigi (già citato) CUSTODI Patrizio COLAVITO Piervito CRISPINO Michele CECCOTTI Mauro CONTI Francesco CICCHIRILLO Epifanio CARAMANICA Francesco CAGNAZZO Rocco DE CAROLIS Marco DI PINTO Giovanni DE ROSA Paolo D’IORIO Carmine DIPAOLA Andrea DI PROSPERO Pierluigi DELLA PINA Mario DOMENICHINI Gabriele DONATI Alessio DI STASO Roger DELLA VECCHIA Raffaele DE SIMONE Maurizio DI DOMENICO Cosmo DI LORENZO Maria D’ANGELO Ignazio D’AMICO Antonio DENZA Gerardo DEGL’INNOCENTI Luca DI MAIO Aniello DE VIVO Alfonso DI SOMMA Pellegrino DE SANTIS Gianni D’ANGELO Antonio D’AMBROGIO Marco DI NICOLO’ Domenico DI BERARDINO Dario DI GREGORIO Antonio DELLA TOMMASINA Giuseppe DI DIO Luigi ESPOSITO Biagio FIORILLO Claudio FINAMORE Luigi FORNARI Claudio FIMIANI Antonio FASOLINO Fabrizio FERRARO Pasquale FERRARA Carmine FRATINI Vincenzo FEDERICO Luigi FERRUZZO Gerardo FERSINO Rinaldo Antonio GATTARI Giampaolo GIOE’ Filippo GABOLA Giuseppe GHIRONI Terenzio GIANNINI Massimo GALIFI Antonino GIAGU Salvatore GIANNELLI Alessandro GIOVANNACCI Domenico GERELLI Luigi GIUSTI Alberto GIORGIO Andrea GENTILE Massimo GARGIULO Alessandro GEOGRAFO Michele GIUSEPPONI Paolo GIORDANO Salvatore GRIFFA Giuseppe IZZO Paolo IOFRIDA Luca INTOCCIA Michele IPPOLITO Lucio Cosmo LIGUORI Michele LAVARELLO Roberto LUONGO Alberto LO CONTE Ciriaco LO GIUDICE Francesco LO BELLO Nicola LERTOLA Rosario LORENZINI Andrea LAMANNA Maurizio LANGONE Manuele LUNGHI VIGNOZZI Andrea MASTANDUONO Francesco MASTROSERIO Vincenzo MARCONI Alberto MALLARDI Salvatore MENCI Simone MONTELEONE Nicola MAGNAPANE Massimo MAZZIERI Agostino MORETTI Vladimiro MUFFATO Francesco MACOLINO Giovanni MINUCCI Fabio MORLINO Cesare MANGIANTE Claudio MALERBA Massimiliano MURA Salvatore NATELLA Maurizio NOCCHI Michelangelo NALDINI Simone NUGNES Domenico NARDI Valentino ODDO Antonino ORRU’ Gianluigi ONESTI Marco PIRAS Stefano PASQUARIELLO Giovanni PITARI Tommaso PIERONI Michelangelo POLIZZI Giuseppe PETRACCHI Luca PAOLETTI Roberto PETRALIA Sebastiano PICCHETTI Alessandro POLI Giuliano PARODI Christian PALUMBO Raffaele PERROTTI Fabio PAPA Salvatore PATRIGNANI Fulvio PETITO Vincenzo PROIETTI MARCHETTI Roberto QUARTA Salvatore RAGONE Maurizio RILLO Roberto ROCCHI Mario ROMANO Massimo RAFFAELLI Carlo REALE Gian Paolo RANIERI Ciro RUSTICI Fabio REALE Fabio ROSA Domenico RAIMO Gabriele ROVETINI Stefano RATTI Davide RICCI Giuseppe ROMOLINI Massimo RIZZI Michele RINALDI David SPIRITO Ivan SANTILLI Antonio SACCOCCIO Enrico SERRA Giovanni SESSA Carmine SANTERONI Massimo SAVELLI Alessandro SALZANO DE LUNA Gaetano SEGRETO Giuseppe SERRA Giovanni (già citato) SCAPIGLIATI Roberto SANTILLI Claudio SPADARO Pietro Giuseppe SEMERARO Saverio SOLARO Andrea SIMONE Nicola SULAS Maurizio SICILIANO Mariano SCIGLIANO Angelo TOSTI Massimo TORRENTE Giuseppe TARTAGLIONE Emanuele TRIGNETTI Rosella TOSI Nicola VESSELLA Giannino VICEDOMINI Vincenzo VITI Emiliano VOZZA Emanuele VENAFRO Giovanni VALLE Giuseppe Antonio ZULLINO Sabatino ZANGRILLO Francesco ZANNI Massimo ANGELINI Loredana ARMAS Paolo ALDI Vincenzo AVETA Michele ATTILI Arnaldo AMATO Sergio ANGORI Lorenzo ACCIAI Paolo BIANCUCCI Fabiola BANDINI Monica BADAGLIACCA Elvira BRUNI Daniele BIGLIARINI Alberto BONARDI Roberto BALLANTINI Paolo BANCHETTI Luca BONATESTA Diego Emiliano BETRO’ Stefano BASTREGHI Roberto CASI Cristina CALVANI Fiorenzo COLUCCI Loredana CRESTINI Stefania CELANI Giuseppe CACCAVALE Maurizio CASTIGLIONESI Adriano CORAZZA Domenico CAPONI Leonardo CHINIGIOLI Roberto CHIODINI Simone CALABRO’ Antonio Carmelo CLEMENTINI Anna Marta DE PROSPERIS Patrizio DOMINICI Gianluca DRINGOLI Fabio DE MARCO Salvatore DEROSAS Gabriele DI NAPOLI Raffaella DEL PRETE Salvatore DALL’AMICO Luca DI TOMMASO Rocco DE JOANNON Rosa ERRICO Giovanni FALASCA Antonella FERRINI Giovanni FLORIDI Marco FAMA’ Claudia FEDELE Luigi Gianfrancesco FIACCHINI Michele GALLORINI Marco GARAFFA Fabrizio GIBELLI Antonio Claudio GAIOTTI Antonella IANNI Deborah LUNA Secondo LONGO Fabrizio LONGONE Salvino LANDI Carlo LUCIDI Luana MARTINI Cinzia MARI Lucia MENGHINI Andrea MURGIA Antonio MORBINI Emanuela MENTUCCI Bruno MARIANI Vittorio MESSINA Giuseppe MARRAS Luigi MEONI Antonio MUCCIGROSSO Nicolino MARIOTTI Riccardo MOLENDI Romina MANETTI Stefano MACEDONIO Raffaella MACINAI Andrea MAGNANINI Luca MAGINI Marus MENCUCCI Marco NOVELLINO Alessandro NERI Stefano NERI Moreno PUCCIA Alessandro PORZIO Sossio PAGGINI Rosetta PENNATI Emanuela PUGLISI Maurizio PERINI Michele PELUSO Giuseppe PICINOTTI Fabrizio PICCHIONI Stefano PIERDOMENICO Marco PERNOLINO Stefania PAPPACENA Gerardo RONDONI Franco RAZZOLINI Mauro RAGGI Marco RUGI Sergio ROSADINI Stefano ROSSI Roberto STURLI Jacopo SONNATI Angiolo SCATRAGLI Andrea SPADI Francesco SANGINARIO Enrico TORRESI Rosanna TESSA Elisabetta TORZINI Lorella TERRACCIANO Paolo TATA Andrea UNEDDU Giuseppe VOLPI Claudio VARANO Giuseppe VASARRI Massimo VOLPE Giuseppina ZANNINO Domenico CUGIA Davide COSCIONE Pasquale DEROSAS Gabriele (già citato) DI CAPRIO Giacomo FAIS Claudio FLUMINI Mario NASTRI Domenico PELUSO Raffaele PIROLO Vincenzo SENESI Andrea SIMEONE Giacomo GALANTINI Alessandro TESTAGROSSA Antonello, tutti rappresentati e difesi dall’avv. Roberto Mandolesi., pec robertomandolesi@ordineavvocatiroma.org presso cui sono elettivamente domiciliati in Roma, alla via Paolo Emilio n. 34 avverso
a) la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica, in persona del Ministro pro tempore
b) il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore
c) il Ministero della Giustizia in persona del Ministro pro tempore
d) il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore
e) il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, in persona del Ministro pro tempore, tutti elettivamente domiciliati ex lege presso l’Avvocatura Distrettuale dello Stato in Firenze, via degli Arazzieri n. 4 ;
f) Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica ex INPDAP, in persona del Presidente pro tempore, elettivamente domiciliato in Roma, via di S. Croce in Gerusalemme n. 55;

in via principale
- per l’accertamento del diritto a vedersi calcolare il trattamento pensionistico spettante – sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare – secondo il sistema retributivo vigente prima della legge Dini (n. 335/1995), previa eventuale dichiarazione d’incostituzionalità della predetta legge di riforma, e dell’art. 3,comma 2, D. lgs. n. 252/2005 in parte qua e quindi
- per l’annullamento e/o disapplicazione degli atti a ciò ostativi e, in particolare, delle leggi, decreti e circolari disciplinanti la materia, nonché dei vari provvedimenti ad essi consequenziali e/o connessi, comunque lesivi die loro diritti; nonché
- per la condanna delle Amministrazioni convenute, ognuna per le rispettive competenze, ad adottare – sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare – il sistema cd. “ retributivo ” per il calcolo del trattamento pensionistico spettante;

in via subordinata
per la condanna al risarcimento dei danni economici conseguenti al mancato tempestivo avvio delle necessarie procedure per la negoziazione e concertazione del trattamento di fine servizio e/o fine rapporto, e della connessa – e conseguente - istituzione della previdenza complementare.

Nella pubblica udienza del 6 dicembre 2016 sono comparsi l’avv. Roberto Mandolesi per le parti ricorrenti e l’avv. Antonella F.P. Micheli per l’INPS.

FATTO e DIRITTO

Con atto introduttivo del giudizio le parti ricorrenti, sono tutti residenti o domiciliati, in ragione del servizio, in Comuni della Regione Toscana, dipendenti pubblici appartenenti, con diversi gradi/qualifiche, alle Forze di Polizia.

Premettevano, tutti i ricorrenti, che “qualora di aderisse ad una interpretazione non “costituzionalmente orientata” del (sistema introdotto dal)la legge n. 335/1995, i ricorrenti – alcuni dei quali assunti dall’Amministrazione dopo il 31 dicembre 1995, ed altri che, alla medesima data, avevano un’ anzianità contributiva inferiore ai diciotto anni – dovrebbero vedersi calcolare l’ordinario trattamento di quiescenza col criterio cd. “contributivo” oppure con quello cd. “misto”;

-l’applicazione di tali nuovi criteri di calcolo (basati sulla somma dei contributi – rivalutati annualmente – accreditati a favore del dipendente nel corso della sua vita lavorativa) determinerà un trattamento pensionistico notevolmente inferiore a quello assicurato dal previgente sistema retributivo (basato sulla media delle retribuzioni degli ultimi dieci anni di servizio);

- l’iniquità di tale situazione è stata riconosciuta dallo stesso legislatore che aveva inteso (o, meglio, aveva tentato di) porvi rimedio col sistema della cd. previdenza complementare integrativa”.

In punto di diritto in ordine alla giurisdizione le parti ricorrenti richiamavano un orientamento della giurisprudenza amministrativa che, visti alcuni arresti del Giudice di Legittimità, aveva ritenuto che la odierna controversia si radicasse presso questo giudice in quanto la fattispecie verteva principalmente sull’accertamento del diritto dei ricorrenti a percepire il trattamento pensionistico ad essi spettante secondo il sistema retributivo più favorevole, vigente nel periodo antecedente la riforma attuata con la legge n. 335/1995.

Nel merito i ricorrenti deducevano l’accertamento del loro diritto a vedersi calcolare il trattamento pensionistico spettante - sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare – secondo il sistema cd. retributivo , previa eventuale dichiarazione d’incostituzionalità delle norme a ciò ostative anche sulla scorta della natura immediatamente precettiva dell’art. 38, comma 2, della Costituzione (cfr. Corte Cost. 13 marzo 1980 n. 26) che - in parallelo alla immediata precettività dell’art. 36 della Costituzione (diritto ad una giusta retribuzione, ord. 10 aprile 2000 n. 100 della Corte costituzionale) – determinava la non applicazione delle norme contenute in leggi ordinarie che non prevedono la possibilità dell’effettivo esercizio dei lavoratori ad ottenere “mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria” e che non garantiscono mezzi adeguati ad un tenore di vita simile a quello che godevano nel periodo lavorativo.

Osservavano, i ricorrenti, che solo in tale contesto andava ad iscriversi, in modo costituzionalmente corretto, la cd. “previdenza integrativa” (già prevista nel D.Lgs. n. 124/1993, ma sviluppatasi con la legge n. 335/1995 che la ha estesa anche ai dipendenti della P.A.) volta ad assicurare forme pensionistiche complementari.

Nei sistemi disegnati dalla cd. riforma Dini (“ retributivo ”, “misto” e “contributivo”) operativi a seconda dei 18 anni di contributi maturati – o meno - alla data del 31 dicembre 1995 ovvero relativo a chi è stato assunto l’1 gennaio 1996, nei metodi di calcolo (“misto” e “contributivo”) l’importo che il soggetto arriverà a percepire al momento del pensionamento si troverà ad essere fortemente ridimensionato.

Secondo la riforma disegnata dal legislatore (l. n. 335/1995) la previdenza italiana prevedeva un nuovo sistema di calcolo basato su “due pilastri”: a) il cd. primo pilastro volto ad assicurare la pensione di base (con i suddetti sistemi) b) il cd. secondo pilastro, attraverso la previdenza complementare (integrativa o aggiuntiva del trattamento erogato dall’assicurazione generale obbligatoria), atteso che il sistema pubblico non poteva avere un grado di copertura sufficientemente idoneo, per cui si garantiva ai lavoratori, penalizzati dai nuovi sistemi di calcolo della pensione, una integrazione del trattamento di base, anche attraverso una contribuzione reale a carico dello Stato e, per le quote non coperte dal predetto stanziamento, con i cc.dd. accreditamenti figurativi, tutto ciò al fine di assicurare funzionalità ed equilibrio all’intero sistema pensionistico (cfr. Corte Costituzionale n. 393/2000 e n. 319/2001 (ord.)).

Le parti ricorrenti deducono la mancata attivazione degli interventi ritenuti essenziali per la realizzazione della previdenza complementare ed in particolare dell’effettiva istituzione dei Fondi Pensione di cui non possono giovarsi, nell’ambito del pubblico impiego, gli appartenenti al Comparto Sicurezza e Difesa, dipendenti pubblici non contrattualizzati che restano in regime di TFS.

Osservano, pertanto, i ricorrenti, che la successione delle leggi nel tempo (art. 2, comma 5 l. n. 335/1995, legge – delega n. 243/2004, art. 3,comma 2, e 23, comma 6, D. lgs. n. 252/05) non ha, di fatto, implementato la previdenza complementare e le Amministrazioni nonostante siano state evocate in giudizio in sede amministrativa, non hanno provveduto ad attivare la concertazione previdenziale in sede di contrattazione/concertazione normativa al fine di costituire un’ulteriore posizione previdenziale degli odierni ricorrenti.

Non essendo stata compensata la sperequazione del trattamento pensionistico appariva, secondo gli odierni ricorrenti, fondata la pretesa ad ottenere, sino al momento in cui sarà attuata la cd. “previdenza complementare”, un trattamento previdenziale da calcolarsi - anche per essi – secondo il tradizionale “metodo retributivo ”.

Una diversa interpretazione – in linea con quella sinora fatto dalle Amministrazioni – volta a ritenere applicabili i nuovi metodi di calcolo del trattamento pensionistico , pur in assenza della operatività del secondo pilastro si appalesava incostituzionale in quanto in conflitto: a) con l’art. 3 della Costituzione per la ingiustificata ed irragionevole disparità di trattamento tra la situazione dei dipendenti privati e quella dei dipendenti pubblici, nella specie tra coloro che, come i ricorrenti, nell’ambito dei dipendenti pubblici non hanno avuto ancora riconosciuta conforme ad una interpretazione della l. n. 335/1995 la chiamata in giudizio in sede di giustizia amministrativa non hanno di fatto riconosciuta una tale legittima disponibilità; b) con i principi di equa retribuzione e proporzionalità, di cui agli artt. 36 e 38 Cost.. non per diversificazione della normativa pensionistica e del sistema di calcolo della pensione, ma per illegittimità della legge in quanto non si è provveduto alla istituzione dei cc.dd. fondi pensione per la posizione dei ricorrenti che, non avendo potuto accedere alla forme pensionistiche complementari, non potranno godere di un trattamento pensionistico pari ai livelli di vita costituzionalmente garantiti.

Ne derivava, nel merito, la condanna delle Amministrazioni al risarcimento dei danni conseguenti al mancato tempestivo avvio delle necessarie procedure per la negoziazione e concertazione del trattamento di fine servizio e/o fine rapporto, e della connessa istituzione della previdenza complementare , con quantificazione di un danno economico quantificato da una perizia tecnico – contabile del prof. Daniele Pace – parametrata su lavoratori assunti : a) prima della legge di riforma con un’ anzianità contributiva inferiore ai 18 anni al 31 dicembre 1995 (sistema “misto”); b) dopo l’1 gennaio 1996.

Nella specie sono stati quantificati due categorie di danno economico (determinatosi sino al 31 ottobre 2013 ultimo giorno del periodo preso in considerazione per la sua indagine): 1) una riferibile ad una maggiore tassazione IRPEF per effetto di un minore ammontare deducibile; 2) l’altra relativa all’omessa generazione di un montante più elevato conseguente al mancato esercizio dell’opzione per il passaggio al regime di TFR e quindi rispetto al regime del TFS e si quantificavano, per i rispettivi ruoli e le singole qualifiche, i rispettivi danni.

Concludevano, le parti ricorrenti per l’accoglimento del ricorso e, per l’effetto per la dichiarazione del diritto di tutti i ricorrenti a vedersi calcolare il trattamento pensionistico spettante – sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare – secondo il criterio cosiddetto retributivo , previa eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge n. 335/1995 , e dell’art. 3, comma 2, D.Lgs. n. 252/2005, in parte qua, e previo eventuale annullamento e/o disapplicazione degli atti a ciò ostativi ed, in particolare delle leggi, decreti e circolari disciplinanti la materia de qua, nonché dei vari provvedimenti ad essi consequenziali e/o connessi, comunque lesivi dei loro diritti.

Conseguentemente si chiedeva la condanna delle Amministrazioni convenute, ognuna per le rispettive competenze, ad adottare il sistema del calcolo del trattamento pensionistico spettante – sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare – secondo il metodo cd. retributivo .

In via subordinata si chiedeva la condanna delle evocate Amministrazioni al risarcimento dei danni economici effettivamente subiti dai ricorrenti conseguenti al mancato tempestivo avvio delle necessarie procedure per la negoziazione e concertazione del trattamento di fine servizio e/o fine rapporto, e della connessa - e conseguente – istituzione della previdenza complementare (cd. secondo pilastro), danni da liquidarsi in misura pari ai valori finali indicati (in euro) nella perizia contabile o – sulla scorta di tali valori – in via equitativa, oltre a vittoria di spese, competenze ed onorari del giudizio.

Con memoria di costituzione del 23 novembre 2016 l’INPS eccepiva l’inammissibilità del ricorso ai sensi dell’art. 71 lett. b) R.D. n. 1038/1933, atteso che i ricorrenti, tuttora in servizio, non impugnano né producono in atti alcun provvedimento emesso dall’Istituto resistente antecedentemente alla proposizione della domanda giudiziale che abbia incidenza diretta e specifica nei confronti dei ricorrenti stessi in ordine al quale instaurare un legittimo contraddittorio ed una compiuta difesa e, peraltro, sussisteva una genericità del ricorso in materia.

L’avvocatura dell’INPS eccepiva, inoltre, un difetto parziale di giurisdizione non avendo l’adita giurisdizione potere giurisdizionale in merito al TFS o TFR, essendo tale materia devoluta ad altro giudice (amministrativo o ordinario), ed il difetto di legittimazione passiva essendo l’INPS del tutto estraneo in ordine al petitum, in specie con riferimento alla domanda di risarcimento danni e di mancato avvio della previdenza complementare.

Osservava, sotto questo versante, l’ente previdenziale di non essere titolare di competenze in riferimento all’istituzione o costituzione di Fondi di previdenza complementare, ed avendo provveduto legittimamente e correttamente per i profili relativi alle proprie competenze nei comparti - quale ad esempio quello della scuola - in cui erano stati attivati i fondi pensione, e concludeva per l’estromissione dal giudizio.
Infine, oltre ad eccepire la carenza dell’interesse attuale a ricorrere per gli odierni soggetti, l’INPS eccepiva l’assoluta insussistenza dell’an e del quantum della richiesta risarcitoria.

Dopo aver richiamato le fonti di diritto, base normativa della odierna controversia (art. 5 d.lgs. 5 dicembre 2005 n. 252, d.lgs. 28 aprile 1993 n. 124, siccome modificato, e d.lgs. 18 febbraio 2000 n. 47, art.2, commi 5-8, della legge 8 agosto 1995 n. 335, art. 59, comma 56, della legge 27 dicembre 1997 n. 449, art. 26, commi 18-20 della 23 dicembre 1998 n. 448, accordo quadro ARAN del 29 luglio 1999, il decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 20 dicembre 1999 e successive modifiche, art. 74 della l. 23 dicembre 2000 n. 388 ed infine d.l. n. 210 del 6 dicembre 2011, conv. in l. 22 dicembre 2011 n. 214).

Il menzionato quadro normativo, osservava l’INPS, competenze afferenti al potere (con discrezionalità in merito) legislativo e, per quanto concerne le parti sociali, assegnava un ruolo alle organizzazioni sindacali delineava, in rappresentanza delle categorie dei lavoratori interessati.

Vieppiù, osservava l’ente previdenziale nella fattispecie i soggetti sono attualmente in servizio, e non risulta dimostrato o dimostrabile alcun pregiudizio né sotto il profilo dell’an né sotto il profilo del quantum, atteso che solo al momento del collocamento a riposo sarà possibile dimostrare la misura del trattamento pensionistico concretamente conseguito rispetto a quello virtuale che sarebbe spettato in forza della richiamata normativa, siccome affermato da un orientamento giurisprudenziale.

In via subordinata si contestava la consulenza tecnica contabile che si fondava su parametri non oggettivi con incerte cifre oscillanti “tra un minimo ed un massimo” senza chiaro riferimento alla situazione contributiva di ognuno dei ricorrenti e con inutilizzabilità nel presente giudizio dell’elaborato in questione.

Infine prive di fondamento erano anche le questioni di costituzionalità in ordine all’art. 3 della Costituzione, mancando il tertium comparationis e dell’art. 38 della Costituzione, spettando alla discrezionalità del legislatore, sulla base di un ragionevole bilanciamento dei valori costituzionali, dettare la disciplina di un adeguato trattamento pensionistico , fatto salvo un livello irrinunciabile delle esigenze minime di protezione della persona (C.Cost. 30/2004).

Concludeva, l’INPS, previa dichiarazione di difetto parziale di giurisdizione della Corte dei conti e di difetto di legittimazione passiva dell’INPS, respingere il ricorso perché inammissibile, infondato e comunque non in linea con l’assolvimento dell’onere probatorio anche in ordine alle questioni sollevate di costituzionalità.

Con memoria del 23 novembre 2016 il Ministero delle Politiche agricole alimentari e forestali – Corpo Forestale dello Stato con cui si argomentava in ordine alle procedure di concertazione e deducendo che non viera stata inerzia dell’Amministrazione e la mancata conclusione dell’accordo era dovuto anche al mancato raggiungimento di un accordo tra le parti interessate, come confermato dalla giurisprudenza amministrativa.

Nella odierna udienza di discussione le parti insistevano sulle conclusioni rassegnate negli atti defensionali e il legale difensore dell’INPS formulava alcune precisazioni in ordine ai nomi dei ricorrenti; quindi la causa veniva introitata per la decisione.

In via preliminare va esaminata ed accolta la questione di inammissibilità avanzata dall’INPS.

Non risulta, infatti che le parti ricorrenti abbiano impugnato né in parte né in toto alcun provvedimento adottato dall’ente previdenziale avente ad oggetto l’eventuale diniego e/o decisione in punto di determinazione e/o liquidazione del trattamento pensionistico (art. 153 lett. a D.Lgs. n. 174/2016).

La previa istanza in sede amministrativa, antecedentemente alla citata normativa, era prevista anche dall’art. 62 del T.U. R.D. 14 luglio 1934 n. 1214 il quale prevedeva che il ricorso alla Corte dei conti è ammesso “contro i provvedimenti definitivi di liquidazione di pensione”, mentre l’art. 71 lett. b) del R.D. 13 agosto 1933 n. 1038 disponeva che “i ricorsi in materia di pensioni, assegno od indennità non sono ammessi quando si propongono domande sulle quali non siasi provveduto in sede amministrativa”.

Con riferimento all’ordito normativo richiamato la giurisprudenza della Corte di conti ha statuito con orientamento prevalente (cfr. SS.RR. n. 53/C in data 4 gennaio 1981 e 825/A in data 27 gennaio 1987) che, al fine di introdurre un valido procedimento giudiziale innanzi alla Corte dei conti è necessario non solo che il ricorrente sia portatore di un interesse pensionistico che si pretenda leso da un atteggiamento dell’autorità amministrativa, ma che detto atteggiamento si sia compendiato o in un provvedimento definitivo adottato dall’Amministrazione ovvero in un comportamento al quale la legge stessa attribuisca valore equipollente ad un formale atto di diniego, o a seguito dell’inutile esperimento della procedura per il formarsi del silenzio rifiuto, costituendo la previa pronuncia (o la formazione del silenzio – rifiuto) presupposto processuale della domanda rivolta al giudice: in termini Sez. I Centr. 15 marzo 1999 n. 102 e III Centr. 1 luglio 2002 n. 219 e, più di recente, questa Sezione 62/2016.

Il dettato normativo è stato sostanzialmente confermato nell’art. 153 del D.Lgs. 174/2016 (codice di giustizia contabile), applicabile nella specie e secondo il quale “… i ricorsi sono inammissibili quando … si propongano domande sulle quali non si sia provveduto in sede amministrativa, ovvero per le quali non sia trascorso il termine di legge dalla notificazione all’amministrazione di un formale atto di diffida a provvedere”.

Non vi è stato, pertanto, un “overruling normativo” idoneo a giustificare l’irritualità dell’introduzione del giudizio, in quanto, come detto, non vi è stata soluzione di continuità tra il vecchio ed il nuovo impianto normativo, sicché va dichiarata l’inammissibilità del ricorso: cfr. Sezione giurisdizionale Regione Lombardia 12 dicembre 2016 n. 208.

Va, pertanto, dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

Spese compensate.

P.Q.M.

La Sezione giurisdizionale della Corte dei conti della Regione Toscana – Giudice Unico delle Pensioni - definitivamente pronunciando sul ricorso proposto dai signori ARGALIA Alessandro ALBINI Sergio ARCA Vincenzo ANATRIELLO Giuseppe ATTANASIO Davide AINO Domenico ALIMANDI Mario AMOROSO Antonio ANATRIELLO Giuseppe (già citato) ARGENZIO Giuseppe ANTONELLI Diego ALESSI Alessio BERTUCCI Stefano BOTTAI Massimo BARTOLINI Stefano BONGINI Alessandro BELLACCI Cesare BORGIONE Cristoforo BUCCI Riccardo BURRELLO Silvano BOVENZI Arcangelo BELLISSIMA Gian Luca BARBARO Francesco Paolo BONANNO Giuseppe Andrea BELLINVIA Alessandro BRIGANTI Carlo Ivano BENANTI Marco BERGAMASCHI Stefano BATTAGLIA Antonino BELLI Giancarlo BAZZICALUPI Alberico CAFAZZA Leonardo CAPOGROSSO Luigi CETOLONI Alessio CAPANTINI Alessandro CIAO Michele CADONI Pietro CICCIOTTI Ciro CARBONE Tommaso CRISTIANO Giuseppe CIAVATTA Silvio CERASUOLO Guglielmo CHECCAGLINI Giovanni CASATI Alessio CORDELLA Ernesto CIOTTI Andrea CIARLANTINI Fabrizio CORMACI Saverio Luca CAPOGROSSO Luigi (già citato) CUSTODI Patrizio COLAVITO Piervito CRISPINO Michele CECCOTTI Mauro CONTI Francesco CICCHIRILLO Epifanio CARAMANICA Francesco CAGNAZZO Rocco DE CAROLIS Marco DI PINTO Giovanni DE ROSA Paolo D’IORIO Carmine DIPAOLA Andrea DI PROSPERO Pierluigi DELLA PINA Mario DOMENICHINI Gabriele DONATI Alessio DI STASO Roger DELLA VECCHIA Raffaele DE SIMONE Maurizio DI DOMENICO Cosmo DI LORENZO Maria D’ANGELO Ignazio D’AMICO Antonio DENZA Gerardo DEGL’INNOCENTI Luca DI MAIO Aniello DE VIVO Alfonso DI SOMMA Pellegrino DE SANTIS Gianni D’ANGELO Antonio D’AMBROGIO Marco DI NICOLO’ Domenico DI BERARDINO Dario DI GREGORIO Antonio DELLA TOMMASINA Giuseppe DI DIO Luigi ESPOSITO Biagio FIORILLO Claudio FINAMORE Luigi FORNARI Claudio FIMIANI Antonio FASOLINO Fabrizio FERRARO Pasquale FERRARA Carmine FRATINI Vincenzo FEDERICO Luigi FERRUZZO Gerardo FERSINO Rinaldo Antonio GATTARI Giampaolo GIOE’ Filippo GABOLA Giuseppe GHIRONI Terenzio GIANNINI Massimo GALIFI Antonino GIAGU Salvatore GIANNELLI Alessandro GIOVANNACCI Domenico GERELLI Luigi GIUSTI Alberto GIORGIO Andrea GENTILE Massimo GARGIULO Alessandro GEOGRAFO Michele GIUSEPPONI Paolo GIORDANO Salvatore GRIFFA Giuseppe IZZO Paolo IOFRIDA Luca INTOCCIA Michele IPPOLITO Lucio Cosmo LIGUORI Michele LAVARELLO Roberto LUONGO Alberto LO CONTE Ciriaco LO GIUDICE Francesco LO BELLO Nicola LERTOLA Rosario LORENZINI Andrea LAMANNA Maurizio LANGONE Manuele LUNGHI VIGNOZZI Andrea MASTANDUONO Francesco MASTROSERIO Vincenzo MARCONI Alberto MALLARDI Salvatore MENCI Simone MONTELEONE Nicola MAGNAPANE Massimo MAZZIERI Agostino MORETTI Vladimiro MUFFATO Francesco MACOLINO Giovanni MINUCCI Fabio MORLINO Cesare MANGIANTE Claudio MALERBA Massimiliano MURA Salvatore NATELLA Maurizio NOCCHI Michelangelo NALDINI Simone NUGNES Domenico NARDI Valentino ODDO Antonino ORRU’ Gianluigi ONESTI Marco PIRAS Stefano PASQUARIELLO Giovanni PITARI Tommaso PIERONI Michelangelo POLIZZI Giuseppe PETRACCHI Luca PAOLETTI Roberto PETRALIA Sebastiano PICCHETTI Alessandro POLI Giuliano PARODI Christian PALUMBO Raffaele PERROTTI Fabio PAPA Salvatore PATRIGNANI Fulvio PETITO Vincenzo PROIETTI MARCHETTI Roberto QUARTA Salvatore RAGONE Maurizio RILLO Roberto ROCCHI Mario ROMANO Massimo RAFFAELLI Carlo REALE Gian Paolo RANIERI Ciro RUSTICI Fabio REALE Fabio ROSA Domenico RAIMO Gabriele ROVETINI Stefano RATTI Davide RICCI Giuseppe ROMOLINI Massimo RIZZI Michele RINALDI David SPIRITO Ivan SANTILLI Antonio SACCOCCIO Enrico SERRA Giovanni SESSA Carmine SANTERONI Massimo SAVELLI Alessandro SALZANO DE LUNA Gaetano SEGRETO Giuseppe SERRA Giovanni (già citato) SCAPIGLIATI Roberto SANTILLI Claudio SPADARO Pietro Giuseppe SEMERARO Saverio SOLARO Andrea SIMONE Nicola SULAS Maurizio SICILIANO Mariano SCIGLIANO Angelo TOSTI Massimo TORRENTE Giuseppe TARTAGLIONE Emanuele TRIGNETTI Rosella TOSI Nicola VESSELLA Giannino VICEDOMINI Vincenzo VITI Emiliano VOZZA Emanuele VENAFRO Giovanni VALLE Giuseppe Antonio ZULLINO Sabatino ZANGRILLO Francesco ZANNI Massimo ANGELINI Loredana ARMAS Paolo ALDI Vincenzo AVETA Michele ATTILI Arnaldo AMATO Sergio ANGORI Lorenzo ACCIAI Paolo BIANCUCCI Fabiola BANDINI Monica BADAGLIACCA Elvira BRUNI Daniele BIGLIARINI Alberto BONARDI Roberto BALLANTINI Paolo BANCHETTI Luca BONATESTA Diego Emiliano BETRO’ Stefano BASTREGHI Roberto CASI Cristina CALVANI Fiorenzo COLUCCI Loredana CRESTINI Stefania CELANI Giuseppe CACCAVALE Maurizio CASTIGLIONESI Adriano CORAZZA Domenico CAPONI Leonardo CHINIGIOLI Roberto CHIODINI Simone CALABRO’ Antonio Carmelo CLEMENTINI Anna Marta DE PROSPERIS Patrizio DOMINICI Gianluca DRINGOLI Fabio DE MARCO Salvatore DEROSAS Gabriele DI NAPOLI Raffaella DEL PRETE Salvatore DALL’AMICO Luca DI TOMMASO Rocco DE JOANNON Rosa ERRICO Giovanni FALASCA Antonella FERRINI Giovanni FLORIDI Marco FAMA’ Claudia FEDELE Luigi Gianfrancesco FIACCHINI Michele GALLORINI Marco GARAFFA Fabrizio GIBELLI Antonio Claudio GAIOTTI Antonella IANNI Deborah LUNA Secondo LONGO Fabrizio LONGONE Salvino LANDI Carlo LUCIDI Luana MARTINI Cinzia MARI Lucia MENGHINI Andrea MURGIA Antonio MORBINI Emanuela MENTUCCI Bruno MARIANI Vittorio MESSINA Giuseppe MARRAS Luigi MEONI Antonio MUCCIGROSSO Nicolino MARIOTTI Riccardo MOLENDI Romina MANETTI Stefano MACEDONIO Raffaella MACINAI Andrea MAGNANINI Luca MAGINI Marus MENCUCCI Marco NOVELLINO Alessandro NERI Stefano NERI Moreno PUCCIA Alessandro PORZIO Sossio PAGGINI Rosetta PENNATI Emanuela PUGLISI Maurizio PERINI Michele PELUSO Giuseppe PICINOTTI Fabrizio PICCHIONI Stefano PIERDOMENICO Marco PERNOLINO Stefania PAPPACENA Gerardo RONDONI Franco RAZZOLINI Mauro RAGGI Marco RUGI Sergio ROSADINI Stefano ROSSI Roberto STURLI Jacopo SONNATI Angiolo SCATRAGLI Andrea SPADI Francesco SANGINARIO Enrico TORRESI Rosanna TESSA Elisabetta TORZINI Lorella TERRACCIANO Paolo TATA Andrea UNEDDU Giuseppe VOLPI Claudio VARANO Giuseppe VASARRI Massimo VOLPE Giuseppina ZANNINO Domenico CUGIA Davide COSCIONE Pasquale DEROSAS Gabriele (già citato) DI CAPRIO Giacomo FAIS Claudio FLUMINI Mario NASTRI Domenico PELUSO Raffaele PIROLO Vincenzo SENESI Andrea SIMEONE Giacomo GALANTINI Alessandro TESTAGROSSA Antonello, avverso
a) la Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della Funzione Pubblica, in persona del Ministro pro tempore
b) il Ministero dell’Economia e delle Finanze, in persona del Ministro pro tempore
c) il Ministero della Giustizia in persona del Ministro pro tempore
d) il Ministero dell’Interno, in persona del Ministro pro tempore
e) il Ministero delle Politiche Agricole e Forestali, in persona del Ministro pro tempore,
f) Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica ex INPDAP – ora INPS, dichiara l’inammissibilità del ricorso.

Le spese del giudizio sono compensate tra le parti.

Così deciso in Firenze nella Camera di Consiglio del 6 dicembre 2016,

Il Giudice Unico
F.to cons. Angelo Bax

Depositata in Segreteria il 10/01/2017

Il Direttore di Segreteria
F.to Paola Altini

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: gio gen 19, 2017 7:59 pm
da panorama
anche quest'altra sentenza è uguale alle altre.
---------------------------------------------------------------------------
TOSCANA SENTENZA 6 10/01/2017
---------------------------------------------------------------------------------------------

SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
TOSCANA SENTENZA 6 2017 RESPONSABILITA 10/01/2017



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE TOSCANA
IN COMPOSIZIONE MONOCRATICA

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

Sul ricorso iscritto al n. 60630/PC OMISSIS

OMISSIS

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: mar feb 07, 2017 12:01 pm
da antoniope
Il Grande Mandolesi, non si fa più sentire neanche sul suo sito. Sta in letargo (siamo in inverno) forse, quando si sveglierà in primavera, farà sapere che tutti i suoi ricorsi sulle pensioni vengono tutti giudicati inammissibili dalla corte dei conti di tutti i capuologhi regionali. Azz......che avvocato ci siamo scelti. Ha vinto solo lui...........(con i nostri soldi).

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: gio feb 09, 2017 2:16 pm
da floyd
RICORSO PENSIONI - RISARCIMENTO DANNI
Le prime sentenze riconoscono le nostre pretese, ma le ritengono proceduralmente inammissibili per attuale carenza di interesse, poiché i ricorrenti sono ancora in servizio.

Dopo i depositi dei ricorsi presso le Corti dei Conti territoriali sono arrivate anche le prime sentenze (Toscana e Marche), non del tutto positive.
Il Giudice anconetano, in particolare – quello fiorentino aveva liquidato la questione con poche righe di motivazione – pur riconoscendo “la sussistenza della giurisdizione della Corte dei Conti” e, soprattutto, che "il comportamento dilatorio dell’amministrazione pubblica risulta oggettivamente sussistente", ritiene inammissibile il ricorso poiché "i ricorrenti sono, all'attualità, carenti di interesse a ricorrere, essendo gli stessi in servizio": cioè, da un lato, afferma che "sia la domanda principale dei ricorrenti che quella risarcitoria, sono sostenute da un evidente interesse", dall’altro, però, rileva che le predette domande "mancano del requisito dell'attualità, poiché nel lasso di tempo necessariamente intercorrente tra la fase attuale e la data del loro collocamento a riposo sono ipotizzabili successivi interventi di settore in materia previdenziale, che renderebbero la presente pronuncia inutiliter data (inutile)".
In ultima analisi, la Corte dei Conti sostiene che l’invocato diritto dei ricorrenti a vedersi calcolare il trattamento pensionistico secondo il sistema retributivo sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare, "potrà essere valutato in sede giudiziale solo se e al momento in cui gli stessi avranno titolo a pensione, ovvero, in occasione della domanda di pensione o della liquidazione della pensione stessa".
Questo indirizzo giurisprudenziale, che ricalca quello già consolidatosi su analoghi ricorsi presentati da altri Studi legali, appare, allo stato, essere maggioritario e, salvo auspicati e pur sempre possibili diversi orientamenti di altre Sezioni territoriali che presto decideranno gli altri ricorsi, destinato purtroppo a consolidarsi.
Comunque, al di là delle affermazioni di principio dei Giudici, un dato appare indiscutibile: il sistema previdenziale italiano è al collasso e gli interventi normativi che seguiranno saranno strutturati in modo tale da contenere la relativa spesa più che espanderla nell’interesse dei singoli pensionati; pertanto, il danno economico che abbiamo rappresentato sussistere, non solo è attuale, ma è destinato, purtroppo, ad aumentare con il trascorrere del tempo.
Ciò posto, valuterò se ricorrere subito in appello ovvero attendere le altre pronunce.
In ogni caso, non essendo stato per nulla scalfito – ma anzi rafforzato – l’orientamento favorevole già espresso dal Tar del Lazio riguardo l’obbligo delle Amministrazioni di attivarsi per la costituzione delle forme pensionistiche complementari, ed il connesso risarcimento dei danni per non avervi tempestivamente provveduto, valuterò anche la possibilità di adire la Corte Europea dei Diritti dell’Uomo per far censurare questo illegittimo inadempimento.
Sarà mia premura informare i miei Assistiti sugli ulteriori sviluppi e sulle iniziative che intenderò adottare per la tutela dei loro interessi.
Roma, 9 febbraio 2017
Avv. Roberto Mandolesi
 

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: gio feb 09, 2017 6:19 pm
da antoniope
Sul forum dell'avv. è pubblicata la sentenza della Corte dei Conti delle Marche. Non riesco ad allegare il file in quanto sono molte pagine.
Comunque, il Grande Mandolesi, ha già fatto sapere che ricorrerà in appello o alla corte europea, il che
significa altri 50 o 100 euro da sborsare??

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: gio feb 09, 2017 9:56 pm
da Sempreme064
AntonioPE ha scritto:Sul forum dell'avv. è pubblicata la sentenza della Corte dei Conti delle Marche. Non riesco ad allegare il file in quanto sono molte pagine.
Comunque, il Grande Mandolesi, ha già fatto sapere che ricorrerà in appello o alla corte europea, il che
significa altri 50 o 100 euro da sborsare??

ma senza avvocati, quando volete andare alla corte europea, ORGANIZZIAMO, portiamo i plichi e si parte in treno... dovè il problema? andiamo di persona..

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: mar feb 14, 2017 7:23 pm
da panorama
MARCHE SENTENZA 11 07/02/2017
---------------------------------------------------------------------------------------------

SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
MARCHE SENTENZA 11 2017 PENSIONI 07/02/2017



SENT. 11 / 2017


REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
Sezione giurisdizionale regionale per le Marche

in composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico nella materia pensionistica Cons. Fabio Gaetano Galeffi, ha pronunciato, nella pubblica udienza del 16 dicembre 2016, con l’assistenza del Segretario dr.ssa Cristiana Cremonesi, la seguente

SENTENZA

sul ricorso iscritto al n. 21923/PM del Registro di Segreteria, presentato il 21 aprile 2016 da
1. (congruo nr. di ricorrenti - Omissis per questione di spazio - )

247. ( fine elenco ricorrenti )

elettivamente domiciliati in Roma, Via Paolo Emilio 34, presso lo studio dell’avv. Roberto Mandolesi, c.f. MNDRRT64P24D652C, pec robertomandolesi@ordineavvocatiroma.org, dal quale sono rappresentati e difesi, come da procure in calce all’atto introduttivo del giudizio,

CONTRO

• Presidenza del Consiglio dei Ministri – Dipartimento della funzione pubblica, in persona del Ministro pro-tempore;

• Ministero dell’economia e delle finanze, in persona del Ministro pro-tempore;

• Ministero della giustizia, in persona del Ministro pro-tempore;

• Ministero dell’interno, in persona del Ministro pro-tempore;

• Ministero delle politiche agricole e forestali, in persona del Ministro pro-tempore;

tutti domiciliati ex lege presso l’Avvocatura distrettuale dello Stato di Ancona, Piazza Cavour 24; non costituiti

• Istituto Nazionale di Previdenza per i Dipendenti dell’Amministrazione Pubblica, - ex INPDAP, in persona del Presidente pro-tempore, domiciliato nella sede legale di Roma, Via di S. Croce in Gerusalemme 55, rappresentato e difeso dall’avv. Italo Pierdominici, c.f. PRDTLI52P07B474P, come da procura generale per atto Notaio Castellini di Roma n. 80974 del 21 luglio 2015 e domiciliato in Ancona, presso l’Avvocatura dell’INPS, Via San Martino 23

PER

l’accertamento del diritto a vedersi calcolare – sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare – il trattamento pensionistico spettante secondo il sistema retributivo, vigente prima della legge Dini (n. 33/1995), previa eventuale dichiarazione d’incostituzionalità della predetta legge di riforma, e dell’art. 3, comma 2, del d. lgs. n. 252/2005, in parte qua, e quindi per l’annullamento e/o la disapplicazione degli atti a ciò ostativi, ed in particolare, delle leggi, decreti, e circolari disciplinanti la materia, nonché dei vari provvedimenti a ciò consequenziali e/o connessi, comunque lesivi dei loro diritti, nonché per la condanna delle amministrazioni convenute ad adottare – sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare – il sistema c.d. retributivo per il calcolo del trattamento pensionistico spettante; in subordine per la condanna al risarcimento dei danni economici conseguenti al mancato tempestivo avvio delle necessarie procedure per la negoziazione e concertazione del trattamento di fine servizio e/o di fine rapporto, e della connessa e conseguente istituzione della previdenza complementare.

UDITI, nella pubblica udienza del 16 dicembre 2016, l’avv. Roberto Mandolesi per i ricorrenti e l’avv. Susanna Mazzaferri per l’INPS; non costituite le altre amministrazioni.

VISTI gli atti e documenti di causa.

FATTO

I ricorrenti - che si dichiarano tutti residenti ovvero domiciliati, in ragione del servizio, in Comuni della Regione Marche, dipendenti pubblici appartenenti alle Forze di Polizia - lamentano l’omessa attuazione della previdenza complementare, da cui conseguirebbe il calcolo di un trattamento di quiescenza a loro meno favorevole, rispetto a quello che dovrebbe loro competere. I ricorrenti, alcuni dei quali assunti dopo il 31 dicembre 1995, si vedrebbero infatti calcolare l’ordinario trattamento di quiescenza secondo il sistema contributivo o secondo il sistema misto (parte contributivo e parte retributivo, ove assunti prima del 31 dicembre 1995), senza poter contestualmente accedere alle forme di previdenza complementare, non ancora istituite per il personale del Comparto difesa e sicurezza, cui appartengono.

In ordine all’omessa attuazione della previdenza complementare, i ricorrenti osservano quanto segue.

1) Sulla giurisdizione - premesso che i ricorrenti agiscono per la tutela effettiva del diritto a vedersi assicurare “mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria”, sancito dall’art. 38, comma 2, della Cost. - che essa spetti alla Corte dei conti, sulla base di quanto deciso dal giudice amministrativo (TAR Roma 5024/2014 e 2721/2009; Tar Perugia 432/2013).

2) Nel merito, che i ricorrenti agiscono per vedersi calcolare il trattamento pensionistico spettante – sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare – secondo il sistema c.d. retributivo, previa eventuale dichiarazione d’incostituzionalità delle norme a ciò ostative.

I ricorrenti invocano al riguardo la natura immediatamente precettiva degli artt. 36 e 38 della Cost.

La crisi della finanza pubblica, secondo i ricorrenti, non costituisce una impossibilità sopravvenuta in senso civilistico, ma rappresenta una difficoltà da affrontare secondo i principi costituzionali, tra cui quello stabilito dall’art. 38, comma 4, Cost., in base al quale “Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato”.

L’art. 38, comma 2, è norma immediatamente precettiva e al tempo stesso il comma 4 costituisce una norma di tipo programmatico.

In questo quadro si colloca, secondo i ricorrenti, la previdenza integrativa, avviata con d. lgs. 124/1993 e poi estesa ai dipendenti pubblici con l. 335/1995.

La l. 335/1995 ha infatti istituito un sistema di calcolo retributivo per i dipendenti che avessero maturato 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995, un sistema misto (parte contributivo e parte retributivo) per i dipendenti con meno di 15 anni di contributi e un sistema contributivo per i dipendenti assunti dopo il 1° gennaio 1996.

Con il sistema retributivo, la pensione viene calcolata sulla base della media delle retribuzione degli ultimi dieci anni, mentre con il sistema contributivo la pensione verrà calcolata sulla base dei contributi versati, sia pure rivalutati annualmente; il sistema misto è una combinazione dei predetti sistemi retributivo e contributivo, con la linea di discrimine al 1° gennaio 1996.

È evidente che con il sistema contributivo o con quello misto , l’importo della pensione verrà significativamente ridotto.

Lo scopo della previdenza complementare è quindi quello di consentire ai lavoratori di conseguire un’integrazione al trattamento pensionistico.

Osservano i ricorrenti che, nelle previsioni del legislatore (l. 335/1995), la previdenza complementare:

a) avrebbe dovuto essere attuata immediatamente;

b) avrebbe avuto una contribuzione a carico dello Stato;

c) avrebbe previsto anche l’utilizzo di accrediti figurativi.

La realizzazione della previdenza complementare, quale “secondo pilastro” della riforma pensionistica, era quindi una condizione necessaria per garantire adeguati livelli di copertura previdenziale a tutti i lavoratori penalizzati dall’introduzione dei nuovi, più sfavorevoli, sistemi di calcolo del trattamento pensionistico.

Evidenziano i ricorrenti che, a distanza di oltre venti anni dalla legge 335/1995, gli interventi prioritari, ed anzi indispensabili, per realizzare la previdenza complementare non sono stati, nei loro confronti, compiuti.

La previdenza integrativa è incentrata sulla gestione del risparmio previdenziale, attraverso l’accredito di contributi su un conto individuale del lavoratore.

Inoltre la stessa legge 335/1995 ha previsto l’estensione, ai dipendenti pubblici in servizio al 31 dicembre 1995, del regime di Trattamento di Fine Rapporto, in luogo del Trattamento di Fine Servizio, con accantonamenti da eseguire anno per anno; l’art. 59, comma 56, della l. 449/1997 ha infatti previsto che una quota dell’aliquota contributiva per l’indennità di fine servizio venga destinata a previdenza complementare.

Osservano i ricorrenti, tuttavia, che la linea di discrimine del 1° gennaio 1996 è stata via via prorogata. In base al d.P.C.M. 2 marzo 2001, soltanto i lavoratori assunti dopo il 31 dicembre 2000 venivano assoggettati al regime di TFR obbligatorio, con facoltà di destinare alla previdenza complementare l’intero accantonamento TFR, mentre il personale già in servizio al 31 dicembre 2000 avevano non un obbligo, ma soltanto una facoltà di accedere al regime di TFR finanziato con la previdenza complementare.

Rilevano inoltre i ricorrenti:

- che la piena operatività del sistema previdenziale introdotto dalla riforma Dini è condizionata dall’effettiva istituzione dei fondi pensione, per tutto il settore del pubblico impiego, mentre allo stato attuale tale istituzione non è avvenuta per i ricorrenti, appartenenti al Comparto sicurezza e difesa;

- che restano comunque in regime di TFS tutti i dipendenti pubblici non contrattualizzati, come i ricorrenti, in quanto l’art. 2, comma 5, l. 335/1995 concerne il personale pubblico con rapporto regolato da CCNL;

- che la legge 243/2004 rinvia ad un apposito decreto legislativo l’attuazione della previdenza complementare;

- che in attuazione della legge 243/2004, l’art. 3, comma 2, del d. lgs. 252/2005 riprende quanto disposto dall’art. 3 del d. lgs. 124/1993, in ordine alla possibilità per il personale pubblico con rapporto di lavoro privatizzato di accedere a forme di previdenza complementare istituite mediante contratti collettivi, mentre per i restanti dipendenti pubblici la loro istituzione è demandata ai rispettivi ordinamenti, o, in mancanza, ad accordi tra dipendenti, promossi dalle loro associazioni;

- che l’art. 23, comma 6, del d. lgs. 252/2005 non aggiunge ulteriori elementi;

- che quindi la previdenza complementare, per quanto riguarda la posizioni ricoperte dai ricorrenti, è ancora “di là da venire”.

Nel ricorso si precisa che le posizioni riguardano soggetti con anzianità inferiore ai 18 anni al 31 dicembre 1995, o assunti dopo il 1° gennaio 1996, con conseguente applicazione del sistema misto o del sistema esclusivamente contributivo e che le procedure di negoziazione e concertazione per il TRF e per la previdenza complementare non sono state concretamente avviate.

Dopo numerosi solleciti delle associazioni sindacali maggiormente rappresentative delle Forze di polizia ad ordinamento civile e dei Consigli centrali di rappresentanza militare e dopo l’invio di formali atti di diffida e messa in mora da parte dei diretti interessati, il Tar ha accolto i ricorsi per l’annullamento del silenzio-rifiuto concernente la richiesta di attivazione delle forme pensionistiche complementari, dichiarando l’obbligo per le resistenti amministrazioni di concludere il procedimento amministrativo per cui vi era causa entro 180 giorni; persistendo l’illegittimo inadempimento della pubblica amministrazione, il giudice amministrativo ha accolto il ricorso per l’esecuzione del giudicato, ordinando ai competenti Ministeri di dare esatta e completa esecuzione a quanto dallo stesso giudice precedentemente statuito, e, in caso di persistente inottemperanza, ha nominato un commissario ad acta nella persona del Direttore generale del Personale militare del Ministero della difesa, o suo delegato, affinché ponga in essere tutti gli opportuni provvedimenti per l’esecuzione della predetta sentenza.

Il commissario ad acta nominato, nella persona del Vice Direttore generale del Personale militare del Ministero della difesa, con nota del 19 novembre 2013, ha chiesto al TAR i necessari chiarimenti circa le modalità di esecuzione dell’ultima decisione. Il TAR ha poi stabilito che è possibile individuare in tale contesto soltanto un onere minimo indispensabile che è quello di attivare i procedimenti negoziali interessando allo scopo le Organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative ed i Consigli centrali di rappresentanza, con contestuale diffida nei confronti del Ministero della pubblica amministrazione e semplificazione ad avviare la procedure di concertazione-contrattazione per l’intero Comparto difesa e sicurezza, essendo non ipotizzabile ogni altra incombenza. Il Commissario ad acta, con nota del 3 maggio 2014, ha portato a conoscenza dei diretti interessati dell’esito dei ricorsi giurisdizionali, affinché ne possano tener conto nel sollecitare l’avvio delle procedure di concertazione in vista dell’introduzione delle forme pensionistiche complementari per il personale del Comparto difesa e sicurezza.

I ricorrenti hanno quindi provveduto a chiedere alla Presidenza del Consiglio, Dipartimento della funzione pubblica, di riprendere immediatamente la discussione in tema di previdenza complementare, senza ulteriori indugi, in funzione della specificità della professione svolta (art. 19, l. 183/2010) e dell’esigenza di colmare il danno economico patito per la mancata istituzione della previdenza complementare in un sistema di tipo misto o contributivo (l. 335/1995), considerando il lungo tempo trascorso dall’introduzione del nuovo regime.

Tuttavia, riferiscono i ricorrenti che nessun riscontro da parte dell’amministrazione ne è seguito.

I ricorrenti, appartenenti al Comparto difesa e giustizia, lamentano quindi di non essere stati posti in condizione di accedere alla previdenza complementare, a differenza di altri dipendenti pubblici che invece ne possono beneficiare (attraverso, ad es., i fondi Espero, Sirio e Perseo).

In assenza del completamento della riforma attraverso l’attuazione della previdenza complementare, ritengono i ricorrenti che si versi in una condizione di incostituzionalità, tale da condurre ad un trattamento previdenziale da doversi calcolare secondo il pregresso sistema interamente retributivo.

La questione di costituzionalità, come prospettata dai ricorrenti, non potrebbe quindi essere considerata manifestamente infondata, ove la l. 335/1995 venga correttamente interpretata come articolata su due aspetti generali:

- il passaggio graduale dal sistema retributivo al sistema contributivo per il calcolo del trattamento pensionistico (primo pilastro);

- la previdenza complementare (secondo pilastro).

Secondo i ricorrenti, la mancata attuazione del secondo pilastro non consente la piena protezione dell’interesse del lavoratore, in violazione di specifiche disposizioni costituzionali.

Anzitutto emergerebbe la violazione dell’art. 3 Cost, per la macroscopica, ingiustificata e irragionevole disparità di trattamento tra la situazione dei dipendenti - privati e pubblici - che già possano fruire della previdenza complementare e degli altri dipendenti, come i ricorrenti, che a distanza di 20 anni dall’istituzione del nuovo regime di calcolo pensionistico, non sono ammessi a fruire della previdenza complementare, con grave squilibrio economico.

Risulterebbero inoltre violati, in funzione della situazione appena descritta, gli artt. 36 e 38 Cost.: il sistema di calcolo introdotto dalla l. 335/1995, rapportato alla mancata attuazione della previdenza complementare per i ricorrenti, non garantirebbe la proporzionalità della pensione alla quantità e qualità del lavoro prestato, né l’adeguatezza di tale forma di retribuzione differita alle esistenze di vita del lavoratore e della sua famiglia.

Precisano i ricorrenti che oggetto della pretesa fatta valere in questa sede non è il nuovo sistema di calcolo della pensione introdotto dalla l. 335/1995, bensì l’illegittimità conseguente all’indebita mancata istituzione della previdenza complementare a distanza di 20 anni dall’inizio del nuovo sistema; non potendo accedere i ricorrenti alle forme pensionistiche complementari, con oneri a carico anche del datore di lavoro, il trattamento pensionistico sperato sarà ancora più basso di quello che il nuovo regime di calcolo potrà far risultare.

Sotto questo aspetto, la questione da sottoporre alla Corte costituzionale si presenta diversa da quelle per le quali è stata già resa pronuncia. Rilevano i ricorrenti:

- che la Corte costituzionale ha già affermato che la previdenza complementare è collegata funzionalmente a quella obbligatoria (sentenze 393/2000 e 319/2001) e che pertanto essa si colloca all’interno dell’art. 38, comma 2, della Cost., statuizione da intendersi precettiva, e quindi di immediata applicazione in giudizio, attributiva del diritto ad un trattamento previdenziale che garantisca loro una vita libera e dignitosa;

- che la riforma del 1995 è composta dal nuovo sistema di calcolo contributivo, da affiancare alla previdenza complementare per consentire il mantenimento del tenore di vita anche in quiescenza;

- che, essendo mancata l’attuazione della previdenza complementare per volontà delle convenute amministrazioni, sono stati palesemente violati i principi di livello costituzionale;

- che, per effetto di quanto sopra, i ricorrenti sono costretti da 20 anni a subire il pregiudizio di un trattamento pensionistico inferiore di circa il 40% rispetto a quello goduto dai colleghi posti in quiescenza con il sistema retributivo;

- che, sebbene l’affidamento del cittadino nella sicurezza giuridica non impedisca al legislatore di emanare norme modificative anche in senso sfavorevole per i beneficiari, tali norme non devono travalicare, come nel caso di specie, in una disciplina irragionevole rispetto a situazioni sostanziali.

Secondo i ricorrenti, l’art. 3, comma 2, del d. lgs. 252/2005, ove non consenta alcun mezzo per l’esercizio effettivo del diritto, anche in sede giudiziale, e per reagire all’inerzia delle amministrazioni e delle Organizzazioni sindacali che non ne fanno attuazione, si pone in contrasto con gli artt. 3, 36 e 38, comma 2, della Cost., sia per evidente illogicità, sia per non porre in condizione una categoria di lavoratori dal poter accedere ad una fonte di reddito integrativo onde poter mantenere in quiescenza un tenore di vita simile a quello posseduto durante la vita lavorativa.

La violazione di tali norme dimostrerebbe, secondo i ricorrenti, una lesione diretta e immediata di un diritto sociale, garantito ai lavoratori dalla Carta costituzionale. In mancanza dell’attuazione della previdenza complementare, i ricorrenti ritengono che il corrispondente diritto a vedersi garantito un trattamento conforme a legge può trovare tutela esclusivamente attribuendo al soggetto titolare un trattamento pensionistico da calcolarsi secondo il previgente sistema retributivo.

3) Nel merito, i ricorrenti chiedono inoltre la condanna delle amministrazioni convenute al risarcimento dei danni conseguenti al mancato tempestivo avvio delle necessarie procedure per la negoziazione e concertazione del trattamento di fine servizio e/o fine rapporto e della connessa istituzione della previdenza complementare.

L’inerzia delle amministrazioni è evidenziata dall’assenza di alcuna iniziativa al fine di risolvere la vicenda, che si ripercuote sul trattamento dei ricorrenti che andranno in pensione con un regime caratterizzato dal calcolo contributivo, ma privo della quota pertinente alla previdenza complementare.

L’amministrazione ha al riguardo eccepito (in altro giudizio) che la sospensione delle procedure contrattuali e negoziali sarebbe seguito alla sospensione del rinnovo degli accordi e contratti per i pubblici dipendenti, disposta dall’art. 9, comma 17, del d.l. 78/2010, e che non si potrebbe procedere a negoziazioni a stralcio per una sola delle materie negoziali; tale posizione tuttavia non giustifica il pregresso periodo di circa 15 anni trascorso infruttuosamente e non rileva nell’attualità, essendo stata la norma di sospensione dichiarata costituzionalmente illegittima dalla sentenza della Corte cost. 178/2015.

Quanto al nesso causale e alla quantificazione del danno, i ricorrenti richiamano espressamente la perizia versata in atti, ove si individuano due categorie di danno economico, la prima riferibile ad una maggiore tassazione Irpef e la seconda attinente all’omessa generazione di un montante più elevato per il passaggio al regime TFS rispetto al regime TFR. Il calcolo porta a danni quantificati, per il personale in servizio al 31 dicembre 1995, da 13.188,67 a 14.566,82 per il ruolo appuntati e carabinieri e corrispondenti qualifiche e da 8.574,20 a 9.988,14 euro per il ruolo ispettori e corrispondenti qualifiche; per il personale assunto dal 1° gennaio 1996, da 10.689,84 a 11.784,74 per il ruolo appuntati e carabinieri e corrispondenti qualifiche, da 10.189,85 a 11.284,70 per il ruolo sovrintendenti e corrispondenti qualifiche, da 10.815,03 a 12.007,32 euro per il ruolo ispettori e corrispondenti qualifiche e da 10.807,43 a 12.121,74 euro per il ruolo ufficiali e corrispondenti qualifiche.

Il danno causato agli odierni ricorrenti, conseguente al colpevole inadempimento delle amministrazioni convenute nell’avviare e concludere le procedure per la negoziazione e la concertazione del trattamento di fine servizio e del trattamento di fine rapporto, con l’istituzione della previdenza complementare, è, secondo i ricorrenti, certo ed attuale, nonché destinato a protrarsi nel tempo.

A suo tempo, il regime di transizione previsto per i lavoratori con 18 anni di contribuzione al 31 dicembre 1995 fu inserito proprio per salvaguardare il livello di pensione, non potendo costoro disporre di un periodo di tempo sufficiente per costituire una valida pensione integrativa.

Chiedono conclusivamente i ricorrenti che la Corte dei conti voglia accogliere il ricorso, e, per l’effetto, dichiarare il diritto di tutti i ricorrenti a vedersi calcolare il trattamento pensionistico spettante – sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare – secondo il criterio retributivo, previa eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale (rectius: proposizione della questione di legittimità alla Corte costituzionale) della legge 335/1995 e dell’art. 3, comma 2, del d. lgs. 252/2005, in parte qua, e previo eventuale annullamento e/o disapplicazione degli atti a ciò ostativi e, in particolare, delle leggi, decreti e circolari disciplinanti la materia de qua; nonché dei vari provvedimenti ad essi consequenziali e/o connessi, comunque lesivi dei loro diritto; e conseguentemente condannare le amministrazioni convenute, ognuna per le rispettive competenze, ad adottare il sistema di calcolo del trattamento pensionistico spettante – sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare – secondo il metodo c.d. retributivo; in via subordinata, condannare le intimate amministrazioni al risarcimento dei danni economici effettivamente subiti dai ricorrenti, conseguenti al mancato tempestivo avvio delle necessarie procedure per la negoziazione e concertazione del trattamento di fine servizio e/o di fine rapporto, e della connessa – e conseguente – istituzione della previdenza complementare (c.d. “Secondo Pilastro”); danni da liquidarsi in misura pari ai valori finali indicati in euro nella perizia tecnico-contabile richiamata nel presente atto a tal fine, ovvero – sulla scorta di tali valori – in via del tutto equitativa. Con vittoria di spese competenze ed onorari del presente giudizio.

Con atto del 6 ottobre 2016, notificato alle parti, la Segreteria di questa Sezione comunicava la fissazione dell’odierna udienza.

Si è costituito l’INPS con nota depositata il 23 novembre 2016, osservando che i ricorrenti agiscono per l’accertamento del calcolo del trattamento pensionistico spettante, sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare, secondo il criterio retributivo, previa eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge 335/1995 e dell’art. 3, comma 2, del d. lgs. 252/2005, per la condanna dell’INPS ad adottare il sistema di calcolo retributivo ed in via subordinata al risarcimento di danni economici.

Ha premesso l’INPS che i ricorrenti sono tutti militari della Guardia di finanza, nessuno dei quali è in pensione, che gli stessi alla data del 31 dicembre 1995 avevano tutti meno di 18 anni di servizio, fatti salvi ulteriori accertamenti in ordine a pregressi periodo di servizio militari, a maggiorazioni di servizio ed eventuali ricongiunzioni.

In via generale, l’INPS ha eccepito che nessuno dei ricorrenti avrebbe i 18 anni necessari di servizio per vedersi applicare il calcolo retributivo, per l’anzianità sino al 31 dicembre 2011, in base alla legge Fornero (art. 24, comma 3, d.l. 201/2011).

Ne consegue, secondo l’amministrazione resistente:

1) inammissibilità della domanda per difetto di interesse concreto ed attuale, quale condizione per l’esercizio dell’azione, poiché nessuno dei ricorrenti ha maturato o è prossimo a maturare il diritto a pensione; inammissibilità per difetto di petitum, posto che non è possibile prospettare il bene della vita (petitum) richiesto, che non può consistere, secondo l’INPS, nel precedente meccanismo di calcolo in quanto ipotesi che potrebbe non insorgere mai (ad es. in caso di premorienza);

2) inammissibilità della domanda sotto il profilo della prospettazione/delibazione della non manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale, in ordine al meccanismo di calcolo della pensione, posto che è rimessa alla discrezionalità del legislatore la disciplina delle pensioni in relazione alla sostenibilità a lungo termine degli oneri; difatti con il ricorso si mira alla caducazione della norma sul nuovo calcolo contributivo;

3) inammissibilità della domanda della condanna all’INPS all’adozione del sistema contributivo, posto che il meccanismo di calcolo deriva dalla legge, e l’ordinamento non consente di condannare la pubblica amministrazione ad un facere e in particolare ad un facere contra legem.

Dopo aver esaminato le posizioni dei contribuenti, l’INPS evidenzia che, in ordine alla richiesta di risarcimento del danno, spetta alla giurisdizione amministrativa l’accertamento della situazione giuridica soggettiva, connotata dall’interesse legittimo.

In ordine ai diritti quesiti, l’art. 38 Cost. trova la sua ratio nella vicenda umana di ciascun lavoratore, in funzione di situazioni di bisogno per invalidità e vecchiaia, senza eliminare la responsabilità individuale di fronteggiare tali esigenza attraverso altri strumenti, come il risparmio.

Le richieste dei ricorrenti incontrano peraltro un indubbio problema di sostenibilità del sistema, cui si connette il disappunto dell’iscritto che si vedrà maturare una pensione inferiore nel nuovo meccanismo di calcolo.

Conclude l’INPS, chiedendo di:

1) dichiarare inmmissibili le domande per i distinti titoli e per le ragioni enunciate in premessa e per quanto di ragione dichiarare il difetto di giurisdizione;

2) rigettare perché manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale;

3) rigettare la domanda di tutto di chi di loro perché infondata in fatto ed in diritto;

4) vittoria di spese trattandosi di abbienti ai fini previdenziali.

Nell’udienza del 16 dicembre 2016, l’avv. Roberto Mandolesi per i ricorrenti e l’avv. Susanna Mazzaferri per l’INPS hanno rispettivamente insistito per l’accoglimento delle conclusioni riportate in atti.

La causa è stata quindi trattenuta in decisione.

DIRITTO

La Sezione è chiamata a pronunciarsi sulle conseguenze derivanti dalla mancata attuazione della previdenza complementare, nei confronti dei ricorrenti, dipendenti pubblici appartenenti al Comparto difesa e sicurezza, in attività di servizio.

1) Va trattata preliminarmente la questione attinente la giurisdizione. Al riguardo, l’indirizzo interpretativo prevalente è concorde nel ritenere sussistente la giurisdizione della Corte dei conti, trattandosi di questioni direttamente riguardante la liquidazione della pensione e la misura della pensione stessa (Cass. SS.UU. 573/2003; Corte conti, sez. Abruzzo n. 10/2016, sez. Piemonte, n. 4/2016).

È infatti incontroversa la sussistenza della giurisdizione della Corte dei conti a decidere sulla pretesa pensionistica tenuto conto dell’ormai consolidato indirizzo interpretativo che riconosce al Giudice contabile, ai sensi degli artt. 13 e 62 del R.D. n. 1214/1934, una giurisdizione avente carattere esclusivo, essendo affidata al criterio di collegamento costituito dalla materia, sicché in essa ricadono tutte le controversie in cui il rapporto pensionistico costituisca l’elemento identificativo del petitum sostanziale, vale a dire tutte le controversie riguardanti la sussistenza del diritto, la misura e la decorrenza della pensione dei pubblici dipendenti.

Tale soluzione interpretativa, sostenuta da più pronunce, viene pertanto condivisa da questo giudicante, il quale non ha motivo di discostarsene.

2) Ciò posto, si osserva che il comportamento dilatorio dell’amministrazione pubblica risulta oggettivamente sussistente.

Tale comportamento, a distanza di circa 21 anni dall’approvazione della legge di riforma c.d. Dini (legge 8 agosto 1995, n. 335, recante “riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare”), potrebbe determinare l’insorgenza di situazioni lesive delle posizioni giuridiche soggettive dei ricorrenti, sotto il profilo del contrasto con parametri costituzionali, tra cui in particolare con l’art. 3 Cost, essendovi personale di altri Comparti di contrattazione già destinatari da lungo tempo degli strumenti della previdenza complementare, con gli artt. 36 e 38, secondo comma, Cost. in quanto i ricorrenti si vedrebbero indebitamente privati di uno strumento che possa loro consentire in futuro l’integrazione del trattamento pensionistico, oltre che con l’art. 113 Cost. non essendo accettabile che, a fronte di un comportamento palesemente e lungamente omissivo dell’amministrazione, l’ordinamento non appronti e non renda disponibile alcuno strumento per la effettiva tutela giurisdizionale delle posizioni giuridiche soggettive di cui si lamenta la lesione.

3) Pur tuttavia, nel corso dell’odierna udienza, l’avvocato dei ricorrenti ha precisato, a domanda del giudice, che tutti i ricorrenti si trovano ancora in attività di servizio. Ne consegue che nessuno dei ricorrenti sta fruendo di trattamento pensionistico.

Osserva il giudicante che la domanda principale del ricorso, tendente ad ottenere il calcolo della pensione secondo il previgente sistema retributivo (in luogo del sistema contributivo o di quello misto ) e formulata come ipotetica conseguenza anche in senso risarcitorio - sia pure in via di prospettazione - della mancata attuazione della previdenza complementare, difetta dei necessari presupposti che consistono nel possesso, da parte dei ricorrenti, dei requisiti per il collocamento a riposo d’ufficio o nell’accoglimento di una domanda amministrativa per essere collocati a riposo avendo svolto il periodo di servizio minimo richiesto dalla legge a tale scopo.

La carenza nell’attualità dello status di pensionati da parte dei ricorrenti rende inammissibile il ricorso.

Essendo i ricorrenti in attività di servizio, non risulta possibile misurare e calcolare l’entità del pregiudizio economico che potrà prodursi all’atto del futuro collocamento a riposo, con conseguente indeterminatezza dell’an e del quantum della pretesa fatta valere in giudizio.

Inoltre, sia la domanda principale dei ricorrenti che quella risarcitoria, pur sostenute da un evidente interesse, mancano del requisito dell'attualità, poiché nel lasso di tempo necessariamente intercorrente tra la fase attuale e la data del loro collocamento a riposo sono ipotizzabili successivi interventi di settore in materia previdenziale, che renderebbero la presente pronuncia inutiliter data.

L’indirizzo interpretativo in materia, condiviso e fatto proprio da questo giudicante, indica chiaramente che i fatti possono essere accertati dal Giudice solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio (art. 2697 c.c.) e non per gli effetti possibili e futuri; l'intervento del Giudice deve essere escluso quando il giudizio sia strumentale alla soluzione di una questione meramente futura ed ipotetica (cfr. Corte conti I Sez. appello n. 1082/2014; sez. Abruzzo n. 10/2016, sez. Piemonte, n. 4/2016; Sez. Puglia nn. 316/2016 e 395/2016).

I ricorrenti sono, all'attualità, carenti di interesse a ricorrere, essendo gli stessi in servizio, sicché l'attuale domanda di liquidazione del trattamento “secondo il sistema retributivo vigente ante-riforma legge n. 335 del 1995”, oltre che la domanda risarcitoria, presuppongono la liquidazione del trattamento pensionistico in misura “notevolmente inferiore rispetto a quello assicurato dal sistema retributivo”; misura che, allo stato, non è possibile apprezzare nemmeno in ipotesi, avuto riguardo all'assenza dei requisiti per l'accesso alla pensione da parte dei ricorrenti; né in relazione alla seconda parte del petitum sarebbe possibile a questo Giudice stabilire l'an e il quantum del danno asseritamente arrecato ai ricorrenti dalla mancata attuazione della previdenza complementare.

Poiché i ricorrenti, tuttora in servizio, agiscono in giudizio per ottenere una declaratoria di mero principio in ordine alla liquidabilità del loro preteso futuro trattamento di quiescenza secondo il sistema di calcolo retributivo, in relazione a una situazione giuridica del tutto avulsa dall'esercizio concreto ed attuale del proprio diritto a pensione, sia nell'an che nel quantum, la pensione risulta un evento non imminente; allorché gli interessati verranno via via a far valere in concreto l'invocato diritto il regime previdenziale potrebbe essere rivisto ben più d'una volta, sicché l'odierna pronuncia, positiva o negativa che sia, resterebbe inutiliter data; ne deriva l’inammissibilità del ricorso, in quanto non è in discussione il diritto concreto ed attuale ad accedere alla pensione, né la misura della futura pensione stessa, e l’invocato diritto dei ricorrenti a vedersi calcolare il trattamento pensionistico secondo il sistema retributivo sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare non potrà che essere valutato in sede giudiziale solo se e al momento in cui gli stessi avranno titolo a pensione, ad esempio in occasione della domanda di pensione o in occasione della liquidazione della pensione stessa.

Essendo parte ricorrente ancora in attività di servizio, poiché la tutela giurisdizionale è tutela di diritti, il processo, salvo casi eccezionali predeterminati per legge, può essere utilizzato solo come fondamento del diritto fatto valere in giudizio e non di per sé, per gli effetti possibili e futuri. Pertanto non sono proponibili azioni autonome di mero accertamento di fatti giuridicamente rilevanti ma che costituiscano elementi frazionistici della fattispecie costitutiva di un diritto, la quale può costituire oggetto di accertamento giudiziario solo nella funzione genetica del diritto azionato e quindi nella sua interezza.

Parte ricorrente è quindi priva di interesse ad agire ai sensi dell’art. 100 c.p.c., secondo cui per proporre una domanda o per contraddire alla stessa è necessario avervi interesse; l’interesse ad agire, la cui mancanza è rilevabile d’ufficio in qualunque stato e grado del processo, deve consistere nell’esigenza di ottenere un risultato utile giuridicamente apprezzabile e non conseguibile senza l’intervento del giudice, con prospettazione di una lesione concreta ed attuale della sfera giuridica del ricorrente.

É evidente che, pur dandosi atto della mancata attuazione del c.d. secondo pilastro sulla previdenza complementare nei confronti del personale del comparto difesa e sicurezza, cui appartengono i ricorrenti, non è possibile richiedere lo spostamento dell’entrata in vigore del sistema contributivo, non potendo questo giudice disapplicare una legge in vigore, con un sindacato diffuso che non gli è concesso esercitare in via ipotetica nel sistema costituzionale italiano.

Da questo quadro ricostruttivo, caratterizzato dal mancato collocamento a riposo dei ricorrenti, discende quindi l’inammissibilità dell’atto introduttivo del giudizio per carenza di interesse a ricorrere in capo agli stessi.

4) L’inammissibilità, come sopra dichiarata, della domanda principale per carenza, nell’attualità, di interesse a ricorrere, coinvolge conseguenzialmente, come già detto, la connessa domanda accessoria di risarcimento del danno.

Anche la domanda risarcitoria, peraltro, manca del requisito dell'attualità, poiché nel periodo di tempo intercorrente sino al collocamento a riposo potrebbero sopravvenire misure di compensazione economica all’interno del sistema della previdenza complementare, atte a recuperare la situazione di svantaggio ora esistente, essendo ipotizzabili successivi interventi di settore in materia previdenziale, che renderebbero la presente pronuncia inutiliter data.

5) A seguito di tali considerazioni, le questioni di legittimità costituzionale in precedenza esposte devono essere respinte, non potendo trovare ingresso in questo giudizio, a causa dell’inammissibilità della domanda giudiziale.

6) Restano di conseguenza assorbite le ulteriori questioni proposte dai ricorrenti e le correlative eccezioni formulate dalle parti costituite, le quali sono ritenute non rilevanti ai fini della decisione e comunque inidonee a sostenere una conclusione di tipo diverso.

La particolarità della controversia e la natura della pronuncia, oltre che il carattere di assoluta novità delle questioni trattate, costituiscono gravi ed eccezionali ragioni, ai sensi dell'art. 92 c.p.c. e dell’art. 31 del d. lgs. 174/2016, per compensare le spese del presente giudizio.

P.Q.M.

la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per le Marche, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel merito, dichiara l’inammissibilità del ricorso, per carenza di interesse a ricorrere. Compensa le spese. Ai sensi dell’art. 429 c.p.c. fissa in sessanta giorni il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso ad Ancona, nella Camera di Consiglio del 16 dicembre 2016.
IL GIUDICE UNICO
f.to (dott. Fabio Gaetano Galeffi)

PUBBLICATA IL 7/02/2017

IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA
f.to (dr.ssa Raffaella OMICIOLI)

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: mar feb 14, 2017 7:53 pm
da panorama
questa essendo uguale a quella di sopra, la posto parzialmente.
------------------------------------------------------------------------------------------

MARCHE SENTENZA 10 07/02/2017
-----------------------------------------------------------------------------------------

SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
MARCHE SENTENZA 10 2017 PENSIONI 07/02/2017



SENT. 10 / 2017

REPUBBLICA ITALIANA
In nome del Popolo Italiano
LA CORTE DEI CONTI
Sezione giurisdizionale regionale per le Marche

in composizione monocratica, nella persona del Giudice Unico nella materia pensionistica Cons. Fabio Gaetano Galeffi, ha pronunciato, nella pubblica udienza del 16 dicembre 2016, con l’assistenza del Segretario dr.ssa Cristiana Cremonesi, la seguente

SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21922/PM del Registro di Segreteria, presentato il 21 aprile 2016 da:
1. (congruo nr. di ricorrenti – Omissis per queste di spazio - )

342. (fine elenco ricorrenti )

elettivamente domiciliati in Roma, Via Paolo Emilio 34, presso lo studio dell’avv. Roberto Mandolesi, c.f. MNDRRT64P24D652C, pec robertomandolesi@ordineavvocatiroma.org, dal quale sono rappresentati e difesi, come da procure in calce all’atto introduttivo del giudizio,

OMISSIS per non essere ripetitivo col testo.

P.Q.M.

la Corte dei conti, Sezione giurisdizionale regionale per le Marche, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando nel merito, dichiara l’inammissibilità del ricorso, per carenza di interesse a ricorrere. Compensa le spese. Ai sensi dell’art. 429 c.p.c. fissa in sessanta giorni il termine per il deposito della motivazione.

Così deciso ad Ancona, nella Camera di Consiglio del 16 dicembre 2016.

IL GIUDICE UNICO
f.to (dott. Fabio Gaetano Galeffi)


PUBBLICATA IL 7/02/2017

IL DIRETTORE DELLA SEGRETERIA
f.to (dr.ssa Raffaella OMICIOLI)

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: lun mag 15, 2017 12:21 pm
da panorama
ACQUARONI Stefano Maria + 218
--------------------------------------------
ricorso inammissibile.

1) - Chiedono pertanto di dichiarare il diritto alla rideterminazione del trattamento previdenziale sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare, secondo il criterio retributivo, previa eventuale dichiarazione d’illegittimità costituzionale della legge n. 335/1995, e dell’art.3, comma 2, D.L.vo n. 252/2005, e previo eventuale annullamento e/o disapplicazione degli atti ostativi.
-----------------------------------------------------------------------------------------------------------

EMILIA ROMAGNA SENTENZA 86 13/04/2017
--------------------------------------------------------------------------------------------------------

SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
EMILIA ROMAGNA SENTENZA 86 2017 PENSIONI 13/04/2017



REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE
EMILIA ROMAGNA
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI
Cons. Alberto Rigoni

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nella pubblica udienza del 9 marzo 2017

nel giudizio n. 44586 sul ricorso proposto da ACQUARONI Stefano Maria + 218, rappresentati e difesi dall’Avv. R. Mandolesi del Foro di Roma, ed elettivamente domiciliati in Roma presso il suo studio legale in forza di mandato in calce al ricorso introduttivo, contro Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero dell’Economia e delle Finanze, Ministero della Giustizia, Ministero dell’Interno, Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali, in proprio, nonché nei confronti di I.N.P.S - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. M. Nasso giusta procura alle liti del 21.07.2015 (rep. n. 80974/21569) a rogito Notaio Paolo Castellini di Roma;

MOTIVAZIONE

Con ricorso collettivo depositato il 6.10.2016 da ACQUARONI Stefano Maria + 218, dipendenti o ex dipendenti pubblici di varie amministrazioni pubbliche, si chiede il calcolo del trattamento pensionistico secondo il sistema retributivo, con condanna dell’I.N.P.S. e delle altre amministrazioni, in subordine al risarcimento dei danni economici effettivamente subiti per il mancato e tempestivo avvio delle procedure necessarie per la negoziazione e concertazione del trattamento di fine servizio e/o fine rapporto, e della connessa istituzione della previdenza complementare (c.d. “Secondo Pilastro”).

I ricorrenti chiedono il riconoscimento del trattamento retributivo, previa declaratoria d’incostituzionalità delle norme ritenute ostative.

Dopo aver richiamato numerose disposizioni di legge a tutela dei beneficiari del trattamento pensionistico , il ricorso si sofferma sulla descrizione del c.d. “Primo Pilastro” che avrebbe assicurato la pensione di base, e del c.d. “Secondo Pilastro”, che avrebbe assicurato la previdenza complementare, da attuarsi con i fondi pensione.

Chiedono pertanto di dichiarare il diritto alla rideterminazione del trattamento previdenziale sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare, secondo il criterio retributivo, previa eventuale dichiarazione d’illegittimità costituzionale della legge n. 335/1995, e dell’art.3, comma 2, D.L.vo n. 252/2005, e previo eventuale annullamento e/o disapplicazione degli atti ostativi.

Si costituisce in giudizio l'I.N.P.S. con memoria depositata il 24.02.2017, con la quale chiede sia dichiarata l’inammissibilità del ricorso.

Si costituisce altresì il Ministero delle Politiche Agricole, Alimentari e Forestali in proprio con memoria depositata il 17.11.2016, chiedendo il rigetto del ricorso.

All’udienza del 9.03.2017 è comparso per i ricorrenti l’Avv. R. Mandolesi, mentre per l'INPS è comparso l'Avv. M. Nasso.

Dopo ampia discussione le parti si sono riportate alle conclusioni in atti.

Quindi si è data lettura del dispositivo della sentenza, con fissazione del termine di giorni sessanta, ex art. 429, I comma, c.p.c., per il deposito delle motivazioni.

Il ricorso è infondato, e come tale va rigettato.

A tale proposito, occorre ricordare che secondo l’art. 1 del regio decreto 13 agosto 1933 n. 1038, vigente all’epoca della presentazione del presente ricorso, i ricorsi da presentarsi alla Corte dei Conti devono contenere “la esposizione dei fatti e la qualità nella quale furono compiuti, l'oggetto della domanda e l'indicazione dei titoli su cui è fondata”.

A mente dell’art. 6, comma 7, del decreto-legge 15 novembre 1993, n. 453, convertito, con modificazioni, nella legge 14 gennaio 1994, n. 19, i ricorsi giurisdizionali in materia di pensioni civili, militari e di guerra devono contenere, a pena di inammissibilità, oltre all'indicazione del giudice, l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto sui cui si fonda la domanda, con le relative conclusioni.

Le norme appena citate stabiliscono, dunque, il contenuto indispensabile dei ricorsi proposti davanti alla Corte dei Conti, che devono contenere, a pena di inammissibilità, la contestuale esposizione delle ragioni di fatto e di diritto poste a fondamento della domanda giudiziale.

Ciò posto, il Giudice Unico delle Pensioni rileva la mancanza, nel ricorso cumulativo, della compiuta rappresentazione degli elementi e dei dati atti a definire gli esatti termini della controversia rispetto a ciascuno dei ricorrenti, mancando le necessarie indicazioni in ordine alle singole posizioni pensionistiche asseritamente lese, specie con riguardo alla contestata mancata applicazione del regime retributivo, non potendo ritenersi sufficienti, per quanto ne occupa, né la mera allegazione dell’inosservanza di disposizioni normative né il richiamo a principi giurisprudenziali.

Peraltro, come ha avuto modo di chiarire la giurisprudenza di questa Corte, deve escludersi che “al fine di colmare le lacune del ricorso introduttivo, possa attribuirsi rilievo alla documentazione prodotta in uno al ricorso stesso o, a maggior ragione, a quella prodotta successivamente, considerato che le produzioni documentali hanno la funzione di provare e non di integrare le allegazioni di cui al ricorso” (Corte dei Conti – Sezione giur. reg. Puglia 31 marzo 2011 n. 315; vedasi anche Sezione giur. reg. Sicilia, 11 febbraio 2013 n. 581 e n. 577.

In sostanza, dunque, riguardo al petitum principale del ricorso in esame, l’insufficiente allegazione, per ciascun ricorrente, degli elementi necessari per addivenire ad una compiuta disamina di ogni singola posizione pensionistica e, quindi, delle pretese azionate, preclude a questo Giudice di entrare nel merito delle pretese stesse, “non potendo emettere una sentenza contenente una mera enunciazione giuridica astratta, del tutto avulsa rispetto alla posizione dei singoli ricorrenti” (v. Corte dei Conti - Sezione giur. reg. Puglia 31 marzo 2011 n. 315).

Da quanto sopra discende l’inammissibilità - ai sensi degli artt. 1 r.d. n. 1038/1933 e 6, comma 7, d.l. n. 453/1993 (convertito, con modificazioni, in l. n. 19/1994) - della domanda principale e, conseguentemente, sia della connessa richiesta di trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale per presunta illegittimità costituzionale delle norme coinvolte nel ragionamento giuridico, sia della domanda risarcitoria formulata in via subordinata.

Le spese seguono la soccombenza e sono poste a carico dei ricorrenti in solido nella misura liquidata in dispositivo.

P.Q.M.

La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza ed eccezione, dichiara inammissibile il ricorso.

Condanna i ricorrenti in solido alla rifusione delle spese di giudizio nei confronti dell’I.N.P.S. nella misura di euro 4.000,00, oltre il 15% di spese forfettarie e oneri come per legge.

Bologna, 9 marzo 2017.
IL GIUDICE
(Cons. Alberto Rigoni)
f.to Alberto Rigoni

Depositata in Segreteria il giorno 13/04/2017

Per Il Direttore di Segreteria
(f.to Susanna Barbato)

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: lun mag 15, 2017 12:30 pm
da panorama
stessa sorte anche per questi ricorrenti.
-----------------------------------------------------------------------

EMILIA ROMAGNA SENTENZA 85 13/04/2017
------------------------------------------------------------------------

SENTENZA

nella pubblica udienza del 9 marzo 2017
nel giudizio n. 44585 sul ricorso proposto da MENZIONE Roberto + 341, rappresentati e difesi dall’Avv. R. Mandolesi del Foro di Roma, ed elettivamente domiciliati in Roma presso il suo studio legale in forza di mandato in calce al ricorso introduttivo, contro Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Difesa, nonché nei confronti di I.N.P.S - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. M. Nasso giusta procura alle liti del 21.07.2015 (rep. n. 80974/21569) a rogito Notaio Paolo Castellini di Roma;


EMILIA ROMAGNA SENTENZA 84 13/04/2017
-----------------------------------------------------------------------

SENTENZA

nella pubblica udienza del 9 marzo 2017
nel giudizio n. 44584 sul ricorso proposto da AMATO Antonio + 412, rappresentati e difesi dall’Avv. R. Mandolesi del Foro di Roma, ed elettivamente domiciliati in Roma presso il suo studio legale in forza di mandato in calce al ricorso introduttivo, contro Presidenza del Consiglio dei Ministri, Ministero della Difesa, nonché nei confronti di I.N.P.S. - Istituto Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del Presidente e legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avv. M. Nasso giusta procura alle liti del 21.07.2015 (rep. n. 80974/21569) a rogito Notaio Paolo Castellini di Roma;

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: mer mag 17, 2017 7:26 pm
da antoniope
Si è rifatto vivo MANDOLESI con un messaggio arrivato oggi; vuole aderire presso le Sezioni Giurisdizionali Centrali di Appello della Corte dei Conti........vuole 50 euro............che si fà???

Avv. Massimo Vitelli, visto che sei entrato in questa famiglia, un tuo parere professionale lo accettiamo volentieri.......merita di ricorrere oppure sarà un'altra bastonata??

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: gio mag 18, 2017 2:36 pm
da Massimo Vitelli
AntonioPE ha scritto:Si è rifatto vivo MANDOLESI con un messaggio arrivato oggi; vuole aderire presso le Sezioni Giurisdizionali Centrali di Appello della Corte dei Conti........vuole 50 euro............che si fà???

Avv. Massimo Vitelli, visto che sei entrato in questa famiglia, un tuo parere professionale lo accettiamo volentieri.......merita di ricorrere oppure sarà un'altra bastonata??
n

===========

È' imbarazzante esprimersi sull'operato di un Collega. 50 euro, oggettivamente, non mi sembrano una "bastonata", anche se aggiunti ad altri simili modesti acconti legati a precedenti contenziosi. Piuttosto, in termini economici il problema potrebbe essere un altro, visto che notavo come la Sez. EMILIA della Corte ha condannato gli attori soccombenti ad € 4600 di spese legali, oltre 22% di IVA e 4% di cassa forense; la circostanza potrebbe a maggior ragione ripetersi in modo generalizzato nell'ipotesi di sconfitta in appello.
Poi, magari, se dovessero trascorrere più di 4/5 anni per la pubblicazione della decisione d'appello, le somme in oggetto potrebbero essere abbondantemente recuperate tramite un giudizio legato alla legge PINTO per il ritardo della Giustizia

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: gio mag 18, 2017 3:25 pm
da avt8
AntonioPE ha scritto:Si è rifatto vivo MANDOLESI con un messaggio arrivato oggi; vuole aderire presso le Sezioni Giurisdizionali Centrali di Appello della Corte dei Conti........vuole 50 euro............che si fà???

Avv. Massimo Vitelli, visto che sei entrato in questa famiglia, un tuo parere professionale lo accettiamo volentieri.......merita di ricorrere oppure sarà un'altra bastonata??
Era risaputo che il ricorso si perdeva- Vi sono studi legali che fanno ricorso di massa pur sapendo che sarà perso in partenza-

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: gio mag 18, 2017 5:08 pm
da antoniope
L'avv. MANDOLESI vuole procedere ai seguenti ricorsi:
1) per il riesame di merito sulla questione della disapplicazione, ai soli ricorrenti, della legge Dini per incostituzionalità della stessa per non essere stati costituiti i c.d. fondi pensioni con contribuzione a carico dello Stato;
2) ricorso alla Corte di Cassazione (per far dichiarare, una volta per tutte, a chi competa decidere sulla connessa richiesta di risarcimento dei danni causati e già determinati).

Domanda: ammettiamo che vince questi ricorsi, per i ricorrenti cosa si prospetta??

Re: Ricorso Avv.to Mandolesi

Inviato: dom mag 21, 2017 8:45 am
da Deny77
Io li considero dei piccoli investimenti per una battaglia giusta. E condivido al 100% quello che dice il legale in questione.
Quindi andrò avanti fino alla Corte Europea dei Diritti dell'uomo.