Indennità Imbarco per Finanziere Ordinario??

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Deluso75
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Indennità Imbarco per Finanziere Ordinario??

Messaggio da Deluso75 »

Salve, sono un Finanziere del contingente ordinario.
Sono stato trasferito in una sezione navale, dove, presumo, sarò impiegato in ufficio.
Mi chiedo: ma mi spetta il mezzo imbarco come gli altri colleghi con le stesse mansioni, oppure facendo parte del contingente ordinario non mi spetta???
Grazie mille.
Cordiali Saluti.


panorama
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Re: Indennità Imbarco per Finanziere Ordinario??

Messaggio da panorama »

Se può interessare, anche per l'avvenire a titolo di informazione pure ad altri Corpi.
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20/01/2014 201400681 Sentenza 2


N. 00681/2014 REG.PROV.COLL.
N. 04886/2003 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4886 del 2003, proposto da:
(congruo numero di ricorrenti – OMISSIS - ), tutti rappresentati e difesi dagli avv. Salvatore Coronas e Umberto Coronas, con domicilio eletto presso lo studio dell’avv. Salvatore Coronas, in Roma, via G. Ferrari n. 4;

contro
Ministero dell'Economia e delle Finanze e Comando Generale Guardia di Finanza, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliati ex lege presso gli uffici, in Roma, via dei Portoghesi n. 12;

per l'accertamento
del diritto all’applicazione delle maggiorazioni di cui all’articolo 5, comma 2, del d.P.R. n. 394 del 1995 all’indennità di imbarco percepita;

per la condanna
delle amministrazioni convenute al pagamento degli importi dovuti al titolo di cui in precedenza a decorrere dall’1.12.1995 o dall’1.1.1996, oltre rivalutazione monetaria ed interessi;

e per l’annullamento
di tutti gli atti e/o provvedimenti ostativi eventualmente adottati e non conosciuti al momento;

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 4 dicembre 2013 il cons. Maria Cristina Quiligotti e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

I ricorrenti sono tutti Ufficiali e Sottufficiali del Corpo della Guardia di Finanza in s.p.e., i quali prestano servizio nelle condizioni di cui all’articolo 4 della legge n. 78 del 1983, con conseguente diritto alla percezione dell’indennità di imbarco - supporto servizio logistico prevista dalla predetta norma. Con il ricorso in trattazione lamentano la mancata applicazione, da parte del Ministero dell’economia e delle finanze e della Guardia di Finanza, della maggiorazione di cui all’articolo 5, comma 2, del d.P.R. n. 394 del 1995 nei loro confronti, giustificata sulla base della considerazione che la predetta maggiorazione sarebbe applicabile esclusivamente al personale che ha percepito e non anche al personale che percepisce l’indennità in questione. In sostanza, secondo la prospettazione dell’amministrazione, il diritto alla maggiorazione sorgerebbe soltanto al momento in cui si cessa di operare nelle condizioni che danno diritto alla percezione dell’indennità di cui all’articolo 4 della legge n. 78 del 1983 e si incomincia a percepire la sola indennità operativa di base.

In particolare l’interpretazione proposta dai ricorrenti, secondo cui la predetta maggiorazione spetterebbe anche nel caso in cui attualmente si percepisca l’indennità di cui al richiamato articolo 4, sarebbe basata sulle seguenti considerazioni:

- interpretazione letterale della norma, non ritenendosi ostativo il ricorso all’uso del congiuntivo passato “che abbia prestato”;

- interpretazione contestuale della norma nel quadro normativo di riferimento complessivo, in quanto inserita in un quadro di revisione dell’indennità di impiego operativo;

- portata operativa della norma, che, in caso contrario, rimarrebbe limitata ad ipotesi sostanzialmente residuali e comunque marginali.

Infine i ricorrenti concludono richiamando l’orientamento giurisprudenziale sul punto ad essi favorevole.

Il Ministero dell’economia e delle finanze e la Guardia di Finanza si sono costituiti in giudizio in data 10.6.2013 depositando memoria difensiva con la quale ha eccepito la prescrizione del credito di cui trattasi e ha dedotto l’inoperatività nel caso di specie della rivalutazione monetaria, trattandosi di emolumento di natura indennitaria. Quindi, con la memoria del 27.1.2004, hanno più diffusamente articolato le proprie difese; in particolare, hanno richiamato la ratio originaria della norma consistente nella volontà di assicurare al militare la conservazione di un trattamento economico compensativo quando derivi da un trattamento economico meno remunerativo nel passaggio ad un impiego con ridotta connotazione operativa. Ai fini viene richiamata sia la concertazione esperita al tempo della redazione della norma di cui trattasi come emergente dai lavori preparatori del d.P.R. sia dal tenore dello stesso articolo 4 del d.P.R. n. 255 del 1999. Infine, con la memoria del 17.2.2004, è stato richiamato l’articolo 3, comma 72, della legge n. 350 del 2004, approvata nelle more, con il quale è stata fornita l’interpretazione autentica della norma che interessa nel senso propugnato dalle stesse amministrazioni.

Con la memoria del 28.10.2013 i ricorrenti hanno ribadito le proprie difese e hanno richiamato, in particolare, l’orientamento giurisprudenziale ad essi favorevole, anche successivo all’approvazione ed all’entrata in vigore della predetta norma di interpretazione autentica. Hanno, inoltre, in via subordinata, proposto che la Sezioni sollevi la questione dell’illegittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 72, della legge n. 350 del 2003 per violazione degli articoli 3 e 117, comma 1, della Costituzione in relazione all’articolo 6 della C.E.D.U.; il diritto di ogni persona ad un giusto processo imporrebbe al potere legislativo di non intromettersi nell’amministrazione della giustizia quando l’iniziativa legislativa finisca per influire su di una o più decisioni di controversie giudiziarie. E, infatti, l’orientamento giurisprudenziale iniziale era nettamente favorevole ai ricorrenti e, solo successivamente, all’entrata in vigore della norma di interpretazione autentica, peraltro inserita in una legge finanziaria, si è determinato un mutamento di orientamento in senso contrario.

Le amministrazioni hanno, infine, depositato la memoria conclusiva, con allegata documentazione, in data 3.12.2013.

Alla pubblica udienza del 4.12.2013 il ricorso è stato trattenuto per la decisione alla presenza degli avvocati delle parti come da separato verbale di causa.

DIRITTO

In via preliminare deve essere stralciata dal giudizio la memoria difensiva di cui da ultimo delle amministrazioni convenute, depositata in data 3.12.2013, attesa la tardività della stessa; parimenti è a dirsi per la documentazione allegata alla stessa. E, infatti, per orientamento oramai consolidato sul punto, nel giudizio amministrativo i termini fissati per il deposito di memorie difensive e documenti dall'articolo 73, comma 1, c.p.a. hanno carattere perentorio, in quanto espressione di un precetto di ordine pubblico processuale posto a presidio del contraddittorio e dell'ordinato lavoro del giudice, sicché la loro violazione conduce all'inutilizzabilità processuale delle memorie e dei documenti (Cons. Stato, sez. III, 18.10.2013, n. 5051).

Nel merito il ricorso è infondato e deve, pertanto, essere respinto sulla base delle considerazioni che seguono e alla luce di un orientamento sulla materia che può oramai essere ritenuto consolidato e che anche da ultimo è stato ribadito in sede di appello.

“L’art. 5 del d.P.R. 31 luglio 1995, n. 394 (recante “Recepimento del provvedimento di concertazione del 20 luglio 1995 riguardante il personale delle Forze armate (Esercito, Marina e Aeronautica)”), dopo aver sostituito, al primo comma, la tabella I della legge 23 marzo 1983, n. 78 (recante “Aggiornamento della legge 5 maggio 1976, n. 187, relativa alle indennità operative del personale militare”), concernente la misura della indennità operativa di base di cui all’art. 2 della legge citata, al secondo comma dispone(va) che:

“Per il personale che anche anteriormente all’entrata in vigore del presente decreto abbia prestato servizio nelle condizioni di cui agli articoli 3, 4, 5 e 6, primo, secondo e terzo comma, e 7 della legge 23 marzo 1983, n. 78, le misure di cui alla tabella riportata al comma 1 del presente articolo, sono maggiorate, per ogni anno di servizio effettivo prestato con percezione delle relative indennità e per un periodo massimo complessivo di 20 anni, secondo le percentuali indicate nella tabella VI annessa alla legge 23 marzo 1983, n. 78”.

Orbene, tenuto conto che la maggiorazione ivi prevista riguarda(va) l’indennità operativa di base, e considerato che essa, per espresso disposto dell’art. 2 della legge n. 78/1983, competeva “…salvo i casi previsti dagli articoli 3, 4, 5, 6, primo, secondo e terzo comma, e 7…”, già la formulazione della disposizione … palesava la riferibilità della maggiorazione soltanto ai militari che percepissero la prima (indennità operativa di base) avendo in passato goduto di indennità operative speciali, quali appunto quelle di cui alle disposizioni ivi richiamate….

D’altro canto l’alternatività tra indennità operativa di base e indennità operative speciali, salve le espresse eccezioni stabilite dalla stessa legge, era disposta, in modo inequivoco, dall’art. 17 della legge n. 78/1983, a tenore del quale:

“Le indennità previste dai precedenti articoli 2, 3, 4, 5, 6 e 7, salvo il diritto di opzione per il trattamento più favorevole e le eccezioni stabilite dalla presente legge non sono cumulabili fra loro…”.

L’ultimo comma dell’art. 17, poi, era, a sua volta, oltremodo chiaro nello stabilire che …:

“Le disposizioni della presente legge concernenti le indennità di aeronavigazione, di volo di pilotaggio e relative indennità supplementari valgono anche, in quanto applicabili, per gli ufficiali, sottufficiali e militari di truppa dei reparti di volo del Corpo della guardia di finanza e per il personale dei reparti di volo della polizia di Stato in possesso del brevetto militare di pilota, osservatore o specialista o facenti parte di equipaggi fissi di volo o che frequentano corsi di pilotaggio, di osservazione aerea o di paracadutismo”.

L’inciso “anche anteriormente” valeva soltanto a estendere il beneficio della maggiorazione dell’indennità operativa di base a quanti già prima dell’entrata in vigore del provvedimento di concertazione di cui al d.P.R. n. 394/1995 fossero cessati dal particolare impiego che dava titolo all’indennità speciale operativa, e quindi non soltanto a quanti venissero destinati ad altri servizi senza diritto a indennità operative speciali in epoca successiva a tale data. … La disposizione interpretativa di cui all’art. 3 comma 72 della legge finanziaria 24 dicembre 2003, n. 350 (“L’articolo 5, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 31 luglio 1995, n. 394, si interpreta nel senso che le maggiorazioni ivi previste sono attribuite esclusivamente al personale percettore dell'indennità operativa di base di cui alla Tabella riportata al comma 1 del medesimo articolo 5, e successive modificazioni, ferme restando le disposizioni di cui all’articolo 4, comma 2, del decreto del Presidente della Repubblica 16 marzo 1999, n. 255”) ha poi fugato ogni residuo e ancorché remoto dubbio.

Si è così consolidato univoco indirizzo giurisprudenziale (cfr. C.g.a., 26 luglio 2006, n. 449; Sez. IV, 16 marzo 2004, n. 1349; Cons. Stato, Sez. III, 8 marzo 2005, n. 9873 e 6 aprile 2004; Sez. I, 11 febbraio 2004, n. 5566), che ha avuto modo di chiarire come l’art. 5 comma 2 del d.P.R. 394/1995 abbia introdotto “…uno specifico beneficio riservato ai militari che, in precedenza impiegati in attività di servizio compensate con speciali indennità operative di importo superiore a quella di base …cessino da tali peculiari incarichi subendo una decurtazione di reddito. Il meccanismo previsto dall’art. 5, co. 2, (c.d. indennità di trasferimento) disvela lo scopo perequativo di attenuare l’improvvisa decurtazione reddituale che subirebbe questa ben individuata categoria di personale…” (così Sez. IV, 15 luglio 2008 , n. 3548).” (Consiglio di Stato, sez. IV, 21 maggio 2013, n. 2737; idem, sez. III, 15.10.2013, n. 5018).

Per quanto attiene, poi, alla questione dell’illegittimità costituzionale dell’articolo 3, comma 72, della legge n. 350 del 2003, sollevata in via subordinata con l’ultima memoria (non notificata) da parte dei ricorrenti, deve rilevarsene in questa sede l’infondatezza.

In sostanza i ricorrenti dubitano della legittimità costituzionale della disposizione di legge interpretativa, per violazione dell’art. 117, primo comma, Cost., in relazione all’art. 6 della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali, ratificata e resa esecutiva con la legge 4 agosto 1955, n. 848 ( ossia della C.E.D.U.).

Tale norma internazionale, che sancisce il principio del diritto ad un giusto processo dinanzi ad un tribunale indipendente ed imparziale, imporrebbe al legislatore di uno Stato contraente, nell’interpretazione della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo, di non interferire nell’amministrazione della giustizia allo scopo d’influire sulla singola causa o su di una determinata categoria di controversie, attraverso norme interpretative che assegnino alla disposizione interpretata un significato vantaggioso per lo Stato parte del procedimento, salvo il caso di «ragioni imperative d’interesse generale».

Secondo la prospettazione dei ricorrenti la norma oggetto di interpretazione autentica sarebbe stata chiara nella sua ratio e nella sua formulazione fin dall’inizio - e al riguardo si vedano i pareri del CDS degli anni 2000-2003 e la giurisprudenza di primo grado del tempo - e il relativo contenzioso sarebbe nato solo dalla pratica operativa distorta dell’amministrazione cosicché l’unica effettiva funzione della norma di interpretazione autentica di cui trattasi, inserita peraltro in una legge finanziaria, sarebbe stata proprio quella di restringerne la portata applicativa nella direzione prospettata dall’amministrazione stessa. In sostanza il legislatore nazionale avrebbe emanato una norma interpretativa in presenza di un notevole contenzioso e di un orientamento della giurisprudenza nella materia sfavorevole allo Stato, in tal modo violando il principio di “parità delle armi”.

E, tuttavia, in senso contrario, non può sottacersi, da un lato, che, come rilevato dalla medesima sentenza della Corte Costituzionale del 2009 invocata a sostegno della propria prospettazione da parte dei ricorrenti, “la Corte di Strasburgo non ha inteso enunciare un divieto assoluto d’ingerenza del legislatore, dal momento che in varie occasioni ha ritenuto non contrari all’art. 6 della Convenzione europea particolari interventi retroattivi dei legislatori nazionali” e, in particolare, la Corte europea “ha ritenuto legittimo l’intervento del legislatore che, per porre rimedio ad una imperfezione tecnica della legge interpretata, aveva inteso con la legge retroattiva ristabilire un’interpretazione più aderente all’originaria volontà del legislatore” e “l’intervento del legislatore … giustificato dall’obiettivo finale di «riaffermare l’intento originale del Parlamento”. La richiamata sentenza costituzionale ha, inoltre, ribadito che “deve … escludersi l’esistenza di un principio secondo cui la necessaria incidenza delle norme retroattive sui procedimenti in corso si porrebbe automaticamente in contrasto con la Convenzione europea”.

E, dall’altro, deve osservarsi che, sulla base di un consolidato orientamento giurisprudenziale interno nella materia, affinché una norma di interpretazione autentica possa considerarsi costituzionalmente legittima è necessario che la stessa si limiti a chiarire la portata applicativa di una disposizione precedente e che non ne integri il precetto normativo né adotti un’interpretazione ermeneutica non desumibile dalla ordinaria esegesi della stessa; e, dall’altro, che l’efficacia retroattiva di una norma di interpretazione autentica è soggetta al solo limite del rispetto del principio dell’affidamento dei consociati nella certezza dell’ordinamento giuridico, con la conseguenza dell’illegittimità costituzionale di una norma del detto genere nel solo caso in cui indichi una soluzione ermeneutica non prevedibile rispetto a quella affermatasi nella prassi.

Nel caso di specie, nelle argomentazioni spese nella sentenza riportata in modo testuale nella sua quasi interezza, emerge con chiarezza come l’interpretazione fornita dalla norma in contestazione fosse in realtà già insita nell’originaria formulazione della stessa e, peraltro, questa rispondesse alla ratio della norma per come emergente dalla relazione illustrativa relativa al d.P.R. 394 del 1995, e, in particolare, al suo articolo 5.

Per le considerazioni tutte che precedono, pertanto, il ricorso deve essere respinto siccome infondato nel merito.

Si ritiene, tuttavia, di dovere disporre la compensazione delle spese del presente giudizio tra le parti costituite avuto riguardo comunque al contrasto giurisprudenziale nella materia esistente al momento della presentazione del ricorso nonché all’approvazione ed all’entrata in vigore della norma di interpretazione autentica di cui trattasi soltanto in un momento successivo e nelle more della trattazione nel merito dello stesso.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Seconda), definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 4 dicembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Tosti, Presidente
Salvatore Mezzacapo, Consigliere
Maria Cristina Quiligotti, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 20/01/2014
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