VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

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federico71
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VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

Messaggio da federico71 »

Buongiorno a tutti !! In data 23.11.2011, lo studio legale MANDOLESI di Roma, comunicava che il TAR del Lazio aveva accolto il suo ricorso in materia pensionistica, da lui presentato per conto di numerosi appartenenti all'Arma dei Carabineri: http://www.avvocatomandolesi.it/default.asp?IDPage=42;(" onclick="window.open(this.href);return false; IN POCHE PAROLE I CARABINIERI CHE ALLA DATA DEL 31.12.1995, NON AVEVAVO COMPIUTO 16 ANNI DI SERVIZIO E QUINDI RIENTRAVANO NEL SISTEMA MISTO, CHIEDEVANO DI APPLICARE LA LEGGE DINI CHE PREVEDE FORME DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE, OPPURE RIENTRARE IN QUELLO RETRIBUTIVO)
In data odierna il nuovo governo Monti ha varato le nuove norme in materia di pensioni, accorpando tutto e tutti nel sistema contributivo, creandoci un notevolissimo danno economico ed un ulteriore prolungamento dell'età pensionabile, ALLA FACCIA DELLA NOSTRA RICONOSCIUTA SPECIFICITA' !!!!!
Sulla scorta di quanto sopra, secondo il vostro parere, è utile associarsi ai ricorrenti, nella speranza che l'Arma crei queste forme di previdenza complementare oppure sono solo 100 euro buttati al vento come la maggior parte dei ricorsi ?!
IN POCHE PAROLE: IL RICORSO VINTO AL TAR DEL LAZIO E' VALIDO NELLA SUA SENTENZA O DECADE CON LE NUOVE NORME ?????

ATTENDO FIDUCIOSO UNA VOSTRA COMPETENTE RISPOSTA !!!
Federico


luigino2010
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Re: VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

Messaggio da luigino2010 »

federico71 ha scritto:Buongiorno a tutti !! In data 23.11.2011, lo studio legale MANDOLESI di Roma, comunicava che il TAR del Lazio aveva accolto il suo ricorso in materia pensionistica, da lui presentato per conto di numerosi appartenenti all'Arma dei Carabineri: http://www.avvocatomandolesi.it/default.asp?IDPage=42;(" onclick="window.open(this.href);return false;" onclick="window.open(this.href);return false; IN POCHE PAROLE I CARABINIERI CHE ALLA DATA DEL 31.12.1995, NON AVEVAVO COMPIUTO 16 ANNI DI SERVIZIO E QUINDI RIENTRAVANO NEL SISTEMA MISTO, CHIEDEVANO DI APPLICARE LA LEGGE DINI CHE PREVEDE FORME DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE, OPPURE RIENTRARE IN QUELLO RETRIBUTIVO)
In data odierna il nuovo governo Monti ha varato le nuove norme in materia di pensioni, accorpando tutto e tutti nel sistema contributivo, creandoci un notevolissimo danno economico ed un ulteriore prolungamento dell'età pensionabile, ALLA FACCIA DELLA NOSTRA RICONOSCIUTA SPECIFICITA' !!!!!
Sulla scorta di quanto sopra, secondo il vostro parere, è utile associarsi ai ricorrenti, nella speranza che l'Arma crei queste forme di previdenza complementare oppure sono solo 100 euro buttati al vento come la maggior parte dei ricorsi ?!
IN POCHE PAROLE: IL RICORSO VINTO AL TAR DEL LAZIO E' VALIDO NELLA SUA SENTENZA O DECADE CON LE NUOVE NORME ?????

ATTENDO FIDUCIOSO UNA VOSTRA COMPETENTE RISPOSTA !!!
Federico
E' chiaro che decade con la nuova legge, al massimo si deve rifare ricorso contro questa nuova legge. Comunque non ce questo notevolissimo danno economico, in quanto tutto quello acquisito negli anni passati non si perde, e da gennaio 2012 per i misti e retributivi si perdono poche decine di euro sulla pensione.
Frustrato

Re: VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

Messaggio da Frustrato »

luigino2010 ha scritto:
federico71 ha scritto:Buongiorno a tutti !! In data 23.11.2011, lo studio legale MANDOLESI di Roma, comunicava che il TAR del Lazio aveva accolto il suo ricorso in materia pensionistica, da lui presentato per conto di numerosi appartenenti all'Arma dei Carabineri: http://www.avvocatomandolesi.it/default.asp?IDPage=42;(" onclick="window.open(this.href);return false;" onclick="window.open(this.href);return false;" onclick="window.open(this.href);return false;" onclick="window.open(this.href);return false; IN POCHE PAROLE I CARABINIERI CHE ALLA DATA DEL 31.12.1995, NON AVEVAVO COMPIUTO 16 ANNI DI SERVIZIO E QUINDI RIENTRAVANO NEL SISTEMA MISTO, CHIEDEVANO DI APPLICARE LA LEGGE DINI CHE PREVEDE FORME DI PREVIDENZA COMPLEMENTARE, OPPURE RIENTRARE IN QUELLO RETRIBUTIVO)
In data odierna il nuovo governo Monti ha varato le nuove norme in materia di pensioni, accorpando tutto e tutti nel sistema contributivo, creandoci un notevolissimo danno economico ed un ulteriore prolungamento dell'età pensionabile, ALLA FACCIA DELLA NOSTRA RICONOSCIUTA SPECIFICITA' !!!!!
Sulla scorta di quanto sopra, secondo il vostro parere, è utile associarsi ai ricorrenti, nella speranza che l'Arma crei queste forme di previdenza complementare oppure sono solo 100 euro buttati al vento come la maggior parte dei ricorsi ?!
IN POCHE PAROLE: IL RICORSO VINTO AL TAR DEL LAZIO E' VALIDO NELLA SUA SENTENZA O DECADE CON LE NUOVE NORME ?????

ATTENDO FIDUCIOSO UNA VOSTRA COMPETENTE RISPOSTA !!!
Federico
E' chiaro che decade con la nuova legge, al massimo si deve rifare ricorso contro questa nuova legge. Comunque non ce questo notevolissimo danno economico, in quanto tutto quello acquisito negli anni passati non si perde, e da gennaio 2012 per i misti e retributivi si perdono poche decine di euro sulla pensione.









...QUINDI RIMANGONO SEMPRE I 5 ANNI DI ABBUONO,QUINDI PENSIONE MINIMA 37+ 5..????
lino
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Re: VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

Messaggio da lino »

esatto frustrato al momento è così........
ciao
Per Aspera ad Astra!!!!
remogiulio

Re: VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

Messaggio da remogiulio »

lino ha scritto:esatto frustrato al momento è così........
ciao
Buongiorno....ma non viene indicato nulla per quanto riguarda il sistema dei 53 anni+38 anni di contributi?
Grazie.
Johnny
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Re: VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

Messaggio da Johnny »

Ho postato la medesima notizia ieri 4 dicembre, è qualche rigo più in basso.
Io sono uno dei ricorrenti, i soldi li ho già versati da tempo e anche se dovesse andare male non me ne pentirò, almeno sarò a posto con la mia coscienza per averci provato.
Per saperne di più:
http://www.avvocatomandolesi.it/default ... Type=Small" onclick="window.open(this.href);return false;

Johnny
MIRKOLEONE

Re: VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

Messaggio da MIRKOLEONE »

Salve,

anch'io sono uno dei ricorrenti,ed ho ricevuto la mail dello studio Mandolesi.

Tuttavia ho effettuato una ricerca nella Banca dati del Tar Lazio, ed ho scaricato la sentenza in parola.

Io naturalmente non sono un avvocato, tuttavia non mi pare la la vittoria determini che ai ricorrenti possa essere applicato il sistema 1, anziché il 2 o 3 (ovvero il sistema retributivo piuttosto che il misto o il contributivo).

Invero il ricordo verteva sulla messa in mora della P.A. per non avere ancora risposto alla richiesta fatta dal suddetto legale, di attivare un sistema integrativo alla pensione (i cc.dd. fondi pensione).
I Giudici hanno stabilito che:

1-la P.A. non ha risposto entro i termini di legge alla richiesta dei ricorrenti (in pratica ad una richiesta del legale la P.A. semplicemente non ha risposto);

2-in effetti la legge stabiliva che avrebbe dovuto darsi corso ad un sistema integrativo della pensione e quindi la P.A. è stata invitata a rispondere alla richiesta entro 180 giorni;

3-porre in essere un sistema integrativo pensionistico è compito complesso.

Di conseguenza nulla è stato stabilito in relazione al diritto di essere tutti trattati con il sistema retributivo, anche perché già la scorsa sentenza del TAR aveva stabilito la non campetenza in materia del Tribunale Amministrativo.

Se qualcuno ha informazioni differenti sarei ben felice di esserne fatto partecipe.
tonylebon
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Re: VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

Messaggio da tonylebon »

ok buongiorno a tutti sono un 1° Maresciallo dell'A.M. anch'io ricorrente sin dal 1° ricorso.
Giusto per fare un po di chiarezza vorrei scrivere alcune precisazioni:

- Il fatto che un giudice per la prima volta abbia riconosciuto il danno economico che l'amministrazione ci ha arrecato dal 1995 ad oggi non applicando la legge Dini in ogni sua parte è una grande vittoria ed è quello che ogni ricorrente tramite il legale Mandolesi si auspicava di ottenere.

- Il giudice ha dato all'Amministrazione 180 giorni di tempo per iniziare il procedimento amministrativo per l'inizio della previdenza complementare in quanto è la legge vigente(DINI) che glielo impone. Considerando che i fondi pensione non possono, per legge, essere retroattivi è palese che tutti gli anni passati(16) devono essere calcolati col sistema retributivo vigente prima della legge dini.

- Ora è vero che la nuova riforma potrebbe non prevedere più a fianco di un sistema contributivo la previdenza complementare ma questo ha valenza solo dal 01.01.2012 il che significa che fino al 31.12.2011 grazie al ricorso vinto l'amministrazione ci deve riconoscere il sistema retributivo o in cambio (difficilmente realizzabile in quanto costerebbe troppo) risarcire economicamente i ricorrenti per il danno economico creato per non aver creato i fondi pensione in questi 16 anni.

- Questo è quello che la nostra battaglia si deve auspicare in quanto quando un stato emana una legge la deve applicare in ogni sua parte e non solo per la parte penalizzante, così è troppo comodo noi non possiamo pagare per ciò che l'amministrazione non è stata in grado di fare nonostante la riforma dini gli imponeva.
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Re: VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

Messaggio da bio »

Grazie Tonylebon chiara ed utile precisazione.
gino59
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Re: VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

Messaggio da gino59 »

tonylebon ha scritto:ok buongiorno a tutti sono un 1° Maresciallo dell'A.M. anch'io ricorrente sin dal 1° ricorso.
Giusto per fare un po di chiarezza vorrei scrivere alcune precisazioni:

- Il fatto che un giudice per la prima volta abbia riconosciuto il danno economico che l'amministrazione ci ha arrecato dal 1995 ad oggi non applicando la legge Dini in ogni sua parte è una grande vittoria ed è quello che ogni ricorrente tramite il legale Mandolesi si auspicava di ottenere.

- Il giudice ha dato all'Amministrazione 180 giorni di tempo per iniziare il procedimento amministrativo per l'inizio della previdenza complementare in quanto è la legge vigente(DINI) che glielo impone. Considerando che i fondi pensione non possono, per legge, essere retroattivi è palese che tutti gli anni passati(16) devono essere calcolati col sistema retributivo vigente prima della legge dini.

- Ora è vero che la nuova riforma potrebbe non prevedere più a fianco di un sistema contributivo la previdenza complementare ma questo ha valenza solo dal 01.01.2012 il che significa che fino al 31.12.2011 grazie al ricorso vinto l'amministrazione ci deve riconoscere il sistema retributivo o in cambio (difficilmente realizzabile in quanto costerebbe troppo) risarcire economicamente i ricorrenti per il danno economico creato per non aver creato i fondi pensione in questi 16 anni.

- Questo è quello che la nostra battaglia si deve auspicare in quanto quando un stato emana una legge la deve applicare in ogni sua parte e non solo per la parte penalizzante, così è troppo comodo noi non possiamo pagare per ciò che l'amministrazione non è stata in grado di fare nonostante la riforma dini gli imponeva.



............. :roll: :wink: :arrow: Complimenti :arrow: veri.-Saluti
MIRKOLEONE

Re: VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

Messaggio da MIRKOLEONE »

...naturalmente io sono il primo ad augurarmi che l'amministrazione riconosca a tutti il diritto di essere trattati con il sistema retributivo sino al 31.12.2011... però sono anche realista... sino a che non vedo qualcosa di tangibile non credo sia il caso di farsi illusioni...

...l'attuale sentenza del TAR non stabilisce nessun obbligo in tal senso per la P.A.... anzi, se andiamo a vedere il TAR era già stato interpellato con il precedente ricorso (il primo di Mandolesi, che ho pure sottoscritto).
In tale occasione il TAR, pur affermando che la richiesta dei ricorrenti di vedere avviato un sistema di previdenza complementare, di fatto non si pronunciava sulla questione, dichiarandosi incompetente in materia.

Quel ricorso riguardava specificatamente la richiesta di applicazione del sistema retributivo in luogo del contributivo (o misto) per il fatto che non era ancora stata avviata la previdenza complementare; se non ricordo male, in quella occasione il TAR affermò che il ricorso era relativo ad una situazione non che ancora non si era verificata (il pensionamento) e che il danno ipotizzato dai ricorrenti si sarebbe concretizzato solo in quel momento, perciò, come detto, si dichiarava incompetente e indirizzava piuttosto i ricorrenti verso altro organo (la corte dei conti)...

...dopo il primo ricorso, si parlava infatti di ricorrere alla Corte dei Conti, ma non ne ho più avuto notizia...
...poi è arrivata la notizia di questo secondo ricorso al TAR....

...qualcuno sa se è stato fatto ricorso alla Corte dei Conti e se no il perché?
panorama
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Re: VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

Messaggio da panorama »

Per notizia

"Arca Previdenza"


Questo ricorso è stato respinto poichè da quello che ha detto il Tar Lazio quanto chiesto dai ricorrenti non è applicabile a noi.

1) - Il ricorso proposto da alcuni militari della Guardia di Finanza riguardava: - OPZIONE PER LA TRASFORMAZIONE DEL TFS IN TFR IN RELAZIONE ALL'ADESIONE AL FONDO PENSIONE APERTO "ARCA PREVIDENZA" e, quindi, hanno impugnato la nota dell’Inpdap del 24 febbraio 2011, con la quale è stata comunicata la impossibilità, in base alla normativa vigente, di accettare l’opzione relativa al passaggio dal trattamento di fine servizio al trattamento di fine rapporto con adesione al fondo pensione Arca Previdenza; hanno, altresì, chiesto l’accertamento del proprio diritto all’esercizio di tale opzione con condanna del Ministero dell’Economia al conferimento al fondo pensione Arca Previdenza delle relative quote di trattamento di fine rapporto.

2) - Il d.lgs. 30-4-1997 n. 165 aveva dato attuazione solo alle deleghe conferite dall'articolo 2, comma 23, della L. 8 agosto 1995, n. 335, e dall'articolo 1, commi 97, lettera g), e 99, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di armonizzazione al regime previdenziale generale dei trattamenti pensionistici del personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego, senza alcuna previsione in materia di previdenza complementare.

Il resto potete leggerlo in sentenza.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

30/08/2012 201207393 Sentenza 3


N. 07393/2012 REG.PROV.COLL.
N. 04635/2011 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4635 del 2011, proposto da:
A. G., F. B., P. F., A. B., M. F., rappresentati e difesi dall'avv. Francesco Falzone, con domicilio eletto presso Francesco Falzone in Roma, via L. Angeloni, 4;;

contro
Inpdap - Istituto Nazionale di Previdenza Per i Dipendenti dell'Amministrazione, rappresentato e difeso dall'avv. Dario Marinuzzi, con domicilio eletto presso Dario Marinuzzi in Roma, via Cesare Beccaria,29;
Ministero dell'Economia e delle Finanze, rappresentato e difeso dall'Avvocatura, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento
RIGETTO RICHIESTA DI OPZIONE PER LA TRASFORMAZIONE DEL TFS IN TFR IN RELAZIONE ALL'ADESIONE AL FONDO PENSIONE APERTO "ARCA PREVIDENZA"

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Inpdap - Istituto Nazionale di Previdenza Per i Dipendenti dell'Amministrazione e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 13 luglio 2012 il dott. Cecilia Altavista e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO
I ricorrenti, militari della Guardia di Finanza, hanno impugnato la nota dell’Inpdap del 24 febbraio 2011, con la quale è stata comunicata la impossibilità, in base alla normativa vigente, di accettare l’opzione relativa al passaggio dal trattamento di fine servizio al trattamento di fine rapporto con adesione al fondo pensione Arca Previdenza; hanno, altresì, chiesto l’accertamento del proprio diritto all’esercizio di tale opzione con condanna del Ministero dell’Economia al conferimento al fondo pensione Arca Previdenza delle relative quote di trattamento di fine rapporto.

Si sono costituiti in giudizio il Ministero dell’Economia e l’Inpdap contestando l’ammissibilità e la fondatezza del ricorso. Il Ministero ha altresì eccepito il difetto di giurisdizione, trattandosi di questione relativa alla pensione, ad avviso della difesa erariale, rientrante nella giurisdizione della Corte dei Conti.

Alla udienza pubblica del 13 luglio 2012 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

In via preliminare, deve essere esaminata l’eccezione di difetto di giurisdizione sollevata dalla difesa erariale.

L’eccezione è infondata.

La questione oggetto del presente ricorso riguarda, infatti, il trattamento di fine rapporto.

La giurisprudenza è costante nel ritenere che le questioni relative al trattamento di fine rapporto e, prima, alla indennità di buonuscita riguardino il rapporto di impiego e non il relativo trattamento pensionistico.

Avverso i provvedimenti relativi al trattamento di fine rapporto può essere proposto ricorso al Tar in sede di giurisdizione esclusiva (per i rapporti di lavoro esauriti al 30 giugno 1998, data di entrata in vigore delle disposizioni sulla privatizzazione dei pubblici dipendenti) oppure al giudice ordinario (per i rapporti in corso a tale data) (C.Conti reg. Lombardia sez. giurisd. 8 giugno 2006, 348). Il giudizio avente ad oggetto la liquidazione dell'indennità di buonuscita, rientra nella giurisdizione esclusiva del g.a. in materia di pubblico impiego (Consiglio di Stato sez. VI, 18 aprile 2011, n. 2356). Le controversie relative alle pretese retributive del personale militare, riguardanti l'indennità di buonuscita, trattandosi di controversie relative ai rapporti di lavoro del personale in regime di diritto pubblico di cui all'art. 3 d.lg. n. 165 del 2001, restano devolute alla giurisdizione esclusiva del g.a.( Cassazione civile sez. un., 22 dicembre 2009, n. 26966).

Pertanto la giurisdizione si deve ritenere spettante a questo giudice, in quanto giudice del rapporto di impiego pubblico, non privatizzato, trattandosi di militari.

Nel merito il ricorso è infondato.

Nell’ordinamento vigente non sussiste alcuna previsione per i dipendenti delle pubbliche amministrazioni, che preveda la possibilità di adesione ad un fondo pensionistico come per i dipendenti delle aziende private, secondo quanto affermato dai ricorrenti.

Il d.lgs. n. 252 del 5-12-2005, Disciplina delle forme pensionistiche complementari, delle cui disposizioni i ricorrenti chiedono l’applicazione, ha introdotto la disciplina delle forme pensionistiche complementari ma solo per i dipendenti del settore privato.

L’art 23 di tale decreto legislativo,infatti, dettando la disciplina transitoria, ha previsto espressamente, al comma 6, che, fino all'emanazione del decreto legislativo di attuazione dell'articolo 1, comma 2, lettera p), della legge 23 agosto 2004, n. 243, ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni di cui all'articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165, si applichi esclusivamente ed integralmente la previgente normativa.

Poiché anche il decreto legislativo n. 252 del 2005 è stato emanato in base alla delega conferita con la legge 243 del 2004, è evidente che il legislatore delegato, con il decreto n. 252, non ha esercitato tutte le deleghe conferite con la legge n. 243 del 2004, in particolare quella relativa al pubblico impiego, di cui all’art 1 comma 2 lettera p), della legge 243, rinviandone l’esercizio ad un momento successivo.

La normativa previgente, richiamata dal comma 6 dell’art 23 del d.lgs. 252 del 2005, unica allo stato applicabile, non prevede la possibilità dell’adesione a qualsiasi fondo di previdenza complementare di cui al d.lgs. 252 del 2005, ma rinvia alla disciplina dettata in sede di contrattazione collettiva.

Il d.lgs. 30-4-1997 n. 165 aveva dato attuazione solo alle deleghe conferite dall'articolo 2, comma 23, della L. 8 agosto 1995, n. 335, e dall'articolo 1, commi 97, lettera g), e 99, della L. 23 dicembre 1996, n. 662, in materia di armonizzazione al regime previdenziale generale dei trattamenti pensionistici del personale militare, delle Forze di polizia e del Corpo nazionale dei vigili del fuoco, nonché del personale non contrattualizzato del pubblico impiego, senza alcuna previsione in materia di previdenza complementare.
Le norme di riferimento per la adesione ai fondi pensione per il pubblico impiego restano l’art 59 comma 56 della legge 449 del 1997, che ha previsto, fermo restando quanto previsto dalla legge 8 agosto 1995, n. 335, in materia di applicazione delle disposizioni relative al trattamento di fine rapporto ai dipendenti delle pubbliche amministrazioni, al fine di favorire il processo di attuazione per i predetti delle disposizioni in materia di previdenza complementare, la possibilità di richiedere la trasformazione dell'indennità di fine servizio in trattamento di fine rapporto, però secondo modalità e condizioni molto limitate. Infatti, la norma prevede, altresì, espressamente che per coloro che optino in tal senso “una quota della vigente aliquota contributiva relativa all'indennità di fine servizio prevista dalle gestioni previdenziali di appartenenza, pari all'1,5 per cento, verrà destinata a previdenza complementare nei modi e con la gradualità da definirsi in sede di specifica trattativa con le organizzazioni sindacali dei lavoratori”.
Le modalità per l’esercizio dell’opzione, di cui all’art 59 comma 56 della legge 449 del 1997, ovvero relativamente solo ad una quota determinata nell’1,5%, sono state previste dal d.p.c.m. del 20-12-1999.

Tale disciplina in mancanza di espresse indicazioni, si deve ritenere applicabile solo al pubblico impiego privatizzato.

In particolare, per il personale militare, invece, si deve far riferimento all’art. 26 comma 20 della legge 448 del 1998, che, ai fini dell'armonizzazione al regime generale del trattamento di fine rapporto e dell'istituzione di forme di previdenza complementare dei dipendenti pubblici, rinvia alle procedure di negoziazione e di concertazione previste dal decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195 per la definizione della disciplina del trattamento di fine rapporto ai sensi dell'articolo 2, commi da 5 a 8, della legge 8 agosto 1995, n. 335 , nonché per l'istituzione di forme pensionistiche complementari, di cui all'articolo 3 del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124. Per la prima applicazione di quanto previsto nel periodo precedente saranno attivate le procedure di negoziazione e di concertazione in deroga a quanto stabilito dall'articolo 7, comma 1, del citato decreto legislativo n. 195 del 1995 . Tale ultima disposizione prevede la concertazione per la disciplina del personale militare e delle forze di Polizia. La norma della legge 448 del 1998, relativa al personale militare, prevede la deroga a tali specifiche procedure ma rinviando comunque alla forme di concertazione e negoziazione con le rappresentanze sindacali.

Da tale quadro normativo deriva , quindi, che le norme dell’impiego privato non sono in alcun modo applicabili al pubblico impiego privatizzato e , tanto meno, al pubblico impiego non privatizzato, come nel caso dei militari, in mancanza della definizione di ulteriori procedure.

A conferma di tale interpretazione si deve far riferimento proprio al d.p.r. 16-3-1999 n. 254 citato dalla difesa ricorrente, Recepimento dell'accordo sindacale per le Forze di polizia ad ordinamento civile e del provvedimento di concertazione delle Forze di polizia ad ordinamento militare relativi al quadriennio normativo 1998-2001 ed al biennio economico 1998-1999, che all’art 67, rubricato, trattamento di fine rapporto e previdenza complementare, rinvia, anche esso, ad ulteriori procedure di negoziazione. Ai sensi di tale disposizione, infatti, le procedure di negoziazione e di concertazione attivate, per la prima applicazione, ai sensi del citato articolo 26, comma 20, della legge n. 448 del 1998, provvedono a definire: a) la costituzione di uno o più fondi nazionali pensione complementare per il personale delle Forze armate e delle Forze di polizia ad ordinamento civile e militare, ai sensi del decreto legislativo n. 124 del 1993, della legge n. 335 del 1995, della legge n. 449 del 1997 e successive modificazioni ed integrazioni, anche verificando la possibilità di unificarlo con analoghi fondi istituiti ai sensi delle normative richiamate per i lavoratori del pubblico impiego; b) la misura percentuale della quota di contribuzione a carico delle Amministrazioni e di quella dovuta dal lavoratore, nonché la retribuzione utile alla determinazione delle quote stesse; c) le modalità di trasformazione della buonuscita in trattamento di fine rapporto, le voci retributive utili per gli accantonamenti del trattamento di fine rapporto, nonché la quota di trattamento di fine rapporto da destinare a previdenza complementare.

Quindi, allo stato, non risultando definite tali procedure di concertazione, non vi è alcuna possibilità di adesione a fondi pensioni per i militari, non esistendo alcuna previsione immediatamente applicabile .

In ogni caso, la disciplina dell’art 67 citata prevede la possibilità della adesione solo a fondi nazionali appositamente istituiti per il personale militare. Quindi , in nessun caso si potrebbe attribuire il trattamento di fine rapporto ad un fondo pensione privato come l’Arca previdenza, secondo quanto richiesto dai ricorrenti.

Priva di rilevanza in questa sede è poi la disposizione dell’art 12 comma 10 d.l. 78 del 2010 conv. dalla legge 122 del 2010, che riguarda solo la misura del calcolo per il trattamento di fine rapporto e non può incidere sulla disciplina della previdenza complementare. Tale norma prevede, infatti: “con effetto sulle anzianità contributive maturate a decorrere dal 1° gennaio 2011, per i lavoratori alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione, come individuate dall'Istituto nazionale di statistica (ISTAT) ai sensi del comma 3 dell'articolo 1 della legge 31 dicembre 2009, n. 196, per i quali il computo dei trattamenti di fine servizio, comunque denominati, in riferimento alle predette anzianità contributive non è già regolato in base a quanto previsto dall'articolo 2120 del codice civile in materia di trattamento di fine rapporto, il computo dei predetti trattamenti di fine servizio si effettua secondo le regole di cui al citato articolo 2120 del codice civile, con applicazione dell'aliquota del 6,91 per cento”.

E’ evidente, dal dato testuale della disposizione , che incide sulla misura del calcolo, mentre non introduce alcuna equiparazione tra impiego pubblico e privato, rispetto alla disciplina complessiva o alla possibilità di aderire ad un fondo pensione.

Da tale quadro normativo deriva la legittimità della nota dell’Inpdap che ha negato la possibilità della opzione; né sussiste, allo stato, alcun diritto soggettivo per il personale militare, all’adesione ad un fondo previdenziale privato come quello indicato in ricorso.

La domanda di accertamento di tale diritto soggettivo e la relativa condanna al versamento del TFR sono,quindi, infondate e devono essere respinte, così come la domanda di annullamento della nota dell’ Inpdap.

Il ricorso è quindi infondato e deve essere respinto.

Trattandosi di questione relativa al rapporto di pubblico impiego, sussistono giusti motivi per la compensazione delle spese processuali.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Terza)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo respinge.
Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.

Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 13 luglio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Franco Bianchi, Presidente
Giuseppe Sapone, Consigliere
Cecilia Altavista, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Il 30/08/2012
panorama
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Re: VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

Messaggio da panorama »

dal sito dell'avv.to Mandolesi la parte che mi ha colpito è stata questa qui sotto, trovata alla sezione FAQ "Tetto salariale" e relativo al nuovo ricorso:
........ al ricorso poiché per il 2012 percepirà soltanto il 46% circa dell’importo dell’assegno di funzione cui avrebbe diritto, mentre per il 2013, percepirà soltanto il 10% circa del dovuto.
Tenga presente, inoltre, che il Governo medita di introdurre il blocco salariale per un altro triennio (2014-2016).

N.B.: si accenna ad un ulteriore blocco 2014/16?
panorama
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Re: VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

Messaggio da panorama »

Respinto + dichiarato difetto di giurisdizione
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
ABRUZZO SENTENZA 40 2017 PENSIONI 11/04/2017
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Sent.40/2017

REPVBBLICA ITALIANA
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE ABRUZZO

in composizione monocratica nella persona del magistrato M. A., quale giudice unico delle pensioni ai sensi dell’art. 5 della legge 21 luglio 2000, n. 205,

in esito all’udienza del 20 settembre 2016
ha pronunciato la seguente
SENTENZA

nel giudizio iscritto in data 19.04.2016 al n. 19316 del Registro di Segreteria,

sul ricorso
promosso, con il patrocinio dell’Avv. F. R. (MND RRT 64P20 D542C) del Foro di Roma, dai signori (meglio generalizzati in atti):

1) G. A.; 2) V. A.; 3) A. A.; 4) D. A.; 5) P. A.; 6) M. A.; 7) P. A.; 8) AMOROSO F. S.; 9) AMOROSO S. A.; 10) C. A.; 11) D. A.; 12) L. A.; 13) ANGELOZZI Carlos; 14) L. A.; 15) R. A.; 16) M. A.; 17) D. A.; 18) D. A.; 19) D. A.; 20) B. A.; 21) A. A.; 22) D. A.; 23) E. A.; 24) G. A.; 25) L. D. A.; 26) P. A.; 27) A. B.; 28) M. B.; 29) M. B.; 30) S. B.; 31) G. B.; 32) V. B.; 33) A. B.; 34) S. B.; 35) G. B.; 36) P. B.; 37) A. B.; 38) C. B.; 39) M. B.; 40) D. B.; 41) V. B.; 42) V. B.; 43) N. B.; 44) E. B.; 45) F. C.; 46) E. C.; 47) S. C.; 48) T. C.; 49) A. C.; 50) C. C.; 51) M. C.; 52) A. C.; 53) C. C.; 54) M. C.; 55) A. C.; 56) E. A. C.; 57) P. C.; 58) L. C.; 59) G. C.; 60) M. C.; 61) R. C.; 62) CASTALDO C. P.; 63) G. C.; 64) D. T.; 65) D. C.; 66) CAU Tonino; 67) S. C.; 68) CENSORIO G. C.; 69) G. C.; 70) L. C.; 71) B. C.; 72) M. D. V.; 73) M. B.; 74) M. G.; 75) P. C.; 76) W. C.; 77) M. C.; 78) CHIRIVI’ Valerio; 79) C. C.; 80) M. C.; 81) L. C.; 82) CINQUE M. D.; 83) A. C.; 84) CIOVACCO Giugliano; 85) G. C.; 86) V. C.; 87) D. C.; 88) CIPOLLONE Volodia; 89) G. C.; 90) V. C.; 91) S. C.; 92) CIULLO Angelo Antonio; 93) F. C.; 94) COCO M. P.; 95) M. C.; 96) M. C.; 97) A. C.; 98) A. C.; 99) A. C.; 100) P. C.; 101) M. C.; 102) E. C.; 103) M. R. C.; 104) M. R. C.; 105) M. C.; 106) M. C.; 107) F. C.; 108) S. C.; 109) C. C.; 110) F. C.; 111) D’ADDARIO Enrico; 112) R. R.; 113) D’ALESIO Massimo; 114) D’ALESSANDRO Fabrizio; 115) D’ALESSIO Massimo; 116) D’ALFONSO Guido; 117) U. D.; 118) D’AMBROSIO Domenico; 119) D’ANDREAGIOVANNI Fiorenzo; 120) D’ANGELO Walter; 121) D’ANTONIO Massimiliano; 122) D’ASCANIO Lucio; 123) D’AVANZO A. P.; 124) D’ERRICI JR) Michael; 125) D’ETTORRE Mario; 126) D’ONOFRIO Giuliano; 127) D’ONOFRIO Massimo; 128) D’ONOFRIO Pasquale; 129) M. M.; 130) DE BLASIS Renato; 131) DE CARO Pasquale; 132) DE A. D. C.; 133) DE DOMINICIS Mauro; 134) DE FINIS Davide; 135) DE GIORGI Antonio; 136) DE IURE N. M.; 137) DE V. D. L.; 138) DE PATRE Renzo; 139) DE ROSA Gabriele; 140) DE VITO Fabio; 141) DE M. A.; 142) DE VIVO Marco; 143) DEL GROSSO F. R.; 144) DEL MONACO F. R.; 145) DELLA W. S. D. S. Sergio; 146) DELLA VALLE N. V.; 147) DELLE CURTI Gaetano; 148) DI BACCO Pasqualino Alessandro; 149) DI M. N. D. B. Maurizio Nobile; 150) DI CINTIO Lorenzo; 151) DI CLEMENTE Tommaso; 152) DI CRETICO Francesco; 153) DI CRISTO Nicola; 154) DI CROCE Fabrizio; 155) DI DONATO Gabriele; 156) DI GIAMPIERO Andrea; 157) DI GIANNANTONIO Antonio; 158) DI GIOVANNI Francesco; 159) DI GIROLAMO Paolo; 160) DI GIUSEPPE Guido; 161) DI S. D. G.; 162) DI LIZIA Antonio; 163) DI LORETO V. M.; 164) DI NICOLANTONIO Remo; 165) DI NINO Giuliano; 166) DI NUNZIO Michele; 167) DI PAOLO Gianni; 168) DI PIETRO Massimiliano; 169) DI RADO Claudio Giuseppe; 170) DI SAVERIO Pasquale; 171) DI SILVESTRE Minia; 172) DI SIMONE Guerino; 173) DI STEFANO Roberto; 174) DI TEODORO Paolo; 175) DI VINCENZO Maurizio; 176) R. D.; 177) G. D.; 178) L. D.; 179) DOTALE G. D.; 180) E. E.; 181) G. E.; 182) G. E.; 183) EVANGELISTA M. L.; 184) G. D.; 185) F. F.; 186) FATTORE D. F.; 187) FEBBRAIO G. M.; 188) S. F.; 189) G. F.; 190) D. F.; 191) E. R. F.; 192) FERRI Vito Sabino; 193) S. F.; 194) C. F.; 195) G. F.; 196) M. F.; 197) FORSINETTI Walter; 198) M. F.; 199) A. F.; 200) V. F.; 201) FRANCO Franco; 202) A. F.; 203) A. F.; 204) M. G.; 205) GALANTE M. C.; 206) F. G.; 207) F. G.; 208) M. G.; 209) M. E.; 210) M. G.; 211) D. G.; 212) M. G.; 213) A. G.; 214) N. G.; 215) L. G.; 216) M. G.; 217) I. G.; 218) V. G.; 219) L. I.; 220) M. I.; 221) IACOBUCCI Marzio; 222) R. I.; 223) IANNOTTI Walter; 224) D. I.; 225) A. I.; 226) A. I.; 227) LA CIVITA M. F.; 228) LA PORTA M. D.; 229) LA TORRE Aldo Matteo; 230) M. L.; 231) A. L.; 232) M. L.; 233) P. L.; 234) P. L.; 235) T. L.; 236) C. L.; 237) A. L.; 238) O. L.; 239) G. L.; 240) G. L.; 241) LUCIANI Walter; 242) C. L.; 243) MACCARONE Claudio Arsene; 244) F. M.; 245) S. M.; 246) M. M.; 247) G. M.; 248) M. M.; 249) MANCINI Albamaria; 250) D. M.; 251) D. M.; 252) A. M.; 253) M. M.; 254) A. M.; 255) L. M.; 256) G. M.; 257) MARCHESE M. S.; 258) D. M.; 259) S. M.; 260) M. M.; 261) D. A. M.; 262) D. A. M.; 263) C. M.; 264) D. M.; 265) MARRELLI David; 266) G. M.; 267) G. M.; 268) N. M.; 269) P. M.; 270) V. M.; 271) N. M.; 272) A. C. M.; 273) S. M.; 274) P. M.; 275) A. M.; 276) L. M.; 277) G. M.; 278) E. M.; 279) V. M.; 280) M. M.; 281) E. M.; 282) A. M.; 283) M. M.; 284) G. M.; 285) E. M.; 286) D. A. M.; 287) S. M.; 288) A. M.; 289) C. M.; 290) G. M.; 291) G. M.; 292) P. M.; 293) F. N.; 294) P. N.; 295) D. N.; 296) A. N.; 297) NICOLO’ Giuseppe; 298) G. N.; 299) NOTTURNO T. N. G.; 300) NUBILE Antonello Ciriaco; 301) F. N.; 302) A. O.; 303) G. O.; 304) M. O.; 305) F. G. O.; 306) F. A.; 307) P. O.; 308) ORSINI A. S.; 309) M. P.; 310) E. P.; 311) R. P.; 312) P. P.; 313) M. P.; 314) R. P.; 315) E. P.; 316) D. P.; 317) L. P.; 318) M. P.; 319) D. P.; 320) N. P.; 321) C. P.; 322) E. P.; 323) R. P.; 324) P. D.; 325) F. P.; 326) D. P.; 327) M. P.; 328) L. P.; 329) G. P.; 330) G. P.; 331) F. P.; 332) L. P.; 333) A. P.; 334) F. P.; 335) M. P.; 336) G. P.; 337) D. P.; 338) C. P.; 339) PISTILLI Gabrielino; 340) F. P.; 341) G. P. D.; 342) M. F. P.; 343) T. P.; 344) S. P.; 345) M. P.; 346) U. Q.; 347) B. Q.; 348) G. R.; 349) M. R.; 350) REALE Gian Franco; 351) C. R.; 352) RESTA R. R.; 353) L. R.; 354) F. R.; 355) F. R.; 356) P. R.; 357) P. G. R.; 358) F. R.; 359) F. R.; 360) ROMA Cosmo; 361) V. R.; 362) A. R.; 363) D. R.; 364) R. R.; 365) RUSSO C. R.; 366) D. R.; 367) G. S.; 368) G. S.; 369) F. A. S.; 370) G. M. S.; 371) E. S.; 372) A. S.; 373) M. S.; 374) G. S.; 375) SANTILLI Philippe; 376) P. S.; 377) E. S.; 378) C. D. S.; 379) D. S.; 380) F. S.; 381) L. S.; 382) M. S.; 383) F. S.; 384) M. S.; 385) S. S.; 386) F. S.; 387) F. S.; 388) F. S.; 389) O. S.; 390) Q. S.; 391) R. S.; 392) M. S.; 393) R. S.; 394) A. S.; 395) SORRENTINO M. L.; 396) G. S.; 397) C. S.; 398) R. S.; 399) S. S.; 400) D. S.; 401) S. S.; 402) D. T.; 403) C. T.; 404) A. T.; 405) B. T.; 406) G. T.; 407) R. T.; 408) TAURISANO Crocifisso; 409) TAURISANO Crocifisso; 410) A. T.; 411) C. T.; 412) A. T.; 413) A. T.; 414) R. T.; 415) T. T.; 416) M. T.; 417) M. P. T.; 418) TROIANI Battista; 419) TUCCI Gelmes; 420) N. U.; 421) G. V.; 422) E. V.; 423) L. V.; 424) P. V.; 425) N. V.; 426) L. V.; 427) F. V.; 428) G. V.; 429) A. V.; 430) G. V.; 431) F. V.; 432) VINCENTE A. V.; 433) P. V.; 434) S. V.; 435) A. V.; 436) M. Z.; 437) P. Z.; 438) G. Z.;

contro

PRESIDENZA DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI;
MINISTERO DELLA DIFESA;
MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE;
MINISTERO DELLA GIUSTIZIA;
MINISTERO DELL’INTERNO;
M. D. P. A. E. F.;

I. L. – I. L. (C.F. 80078750587) quale successore ex lege dell'INPDAP ai sensi dell'art. 21 del decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201 (convertito con modificazioni dalla legge 22 dicembre 2011, n. 214), in persona del legale rappresentante protempore, rappresentato e difeso dagli Avv.ti A. I. (CMM NTN 58M17 F158F), C. T. (BRN CMN 67H29 G141M) e Armando Gambino (GMB RND 67B03 G482U) della propria Avvocatura.

FATTO

1. Il ricorso in discussione è stato proposto dai soggetti in epigrafe, tutti qualificatisi come militari o appartenenti alle forze di polizia (quindi ricadenti nel comparto “difesa e sicurezza”), assunti successivamente al 31.12.1995 o aventi a quella data una anzianità di servizio inferiore ai 18 anni: a normativa vigente, quindi, per il periodo post 1995 i ricorrenti sono interessati dal sistema di calcolo della pensione contributivo (che, com’è noto, comporta un trattamento di regola inferiore rispetto a quello liquidabile col sistema retributivo vigente fino alla c.d. “riforma Dini” del 1995). Giova precisare che, secondo quanto riferito, tutti i ricorrenti erano in servizio alla data di proposizione del ricorso.

Essi osservano che, proprio in virtù della diminuzione del trattamento pensionistico atteso dopo la riforma del 1995, il legislatore aveva previsto, accanto la I. L. obbligatoria (il cosiddetto “primo pilastro”) anche un “secondo pilastro” di I. L. (e, cioè, la previdenza complementare, da attuarsi con i fondi pensione).

Riferiscono, in particolare, i ricorrenti che lo scopo formalmente dichiarato e canonizzato dal legislatore era quello di permettere ai lavoratori, penalizzati dai nuovi sistemi di calcolo della pensione, un’integrazione del trattamento di base, per riportarlo a valori pari a quelli cui avrebbero avuto diritto i loro colleghi per i quali era stato mantenuto il sistema di calcolo retributivo.

Ciò, tuttavia, secondo l’intento del legislatore, per come ricostruito nel ricorso, avrebbe dovuto attuarsi immediatamente, attraverso una contribuzione reale anche a carico dello Stato ed anche con i cosiddetti “accreditamenti figurativi”; in sostanza, la costituzione del “secondo pilastro” rappresentato dalla “previdenza complementare” era da considerare condizione necessaria per garantire adeguati livelli di copertura previdenziale a tutti quei lavoratori penalizzati dall’introduzione dei nuovi deleteri sistemi di calcolo del trattamento pensionistico.

Ad avviso dei ricorrenti, “la piena operatività del nuovo sistema previdenziale” sarebbe da ritenere, “per volontà della stessa legge Dini, condizionata all’effettiva istituzione, (anche) nell’ambito del pubblico impiego, dei fondi pensione (di cui attualmente possono giovarsi tutti i dipendenti pubblici con esclusione dei soli ricorrenti, appartenenti al comparto sicurezza e difesa)”.

In particolare, si osserva nel ricorso che i dipendenti pubblici non contrattualizzati restano in regime di TFS e che, per essi, le forme pensionistiche complementari possono essere istituite secondo le norme dei rispettivi ordinamenti o, in mancanza, mediante accordi tra i dipendenti stessi, promossi da loro associazioni (si citano, tra gli altri: l’art. 2, comma 5, della legge n. 335 del 1995 e l’art. 3, comma 2, del decreto legislativo n. 252 del 2005).

Eppure, a distanza di vent’anni, gli interventi ritenuti prioritari ed anzi – a loro dire – indispensabili a tal fine non sono ancora stati attuati, con effetto anche sulla possibilità di destinare alla previdenza complementare il TFR. Infatti, per il personale delle forze armate e delle forze di polizia, ad ordinamento tanto militare quanto civile, le procedure di negoziazione e concertazione concernenti il trattamento di fine rapporto e la previdenza complementare non sono state ancora concretamente avviate.

I ricorrenti pongono in evidenza che dopo numerosi solleciti, reiterati annualmente dalle associazioni sindacali maggiormente rappresentative delle forze di polizia ad ordinamento civile e dai consigli centrali della rappresentanza militare, e dopo l’invio di formali atti di diffida da parte dei diretti interessati, odierni ricorrenti, il competente TAR ha dapprima accolto i ricorsi per annullamento del silenzio rifiuto, dichiarando l’obbligo per le resistenti amministrazioni di concludere il procedimento amministrativo entro 180 giorni; successivamente, persistendo l’inadempimento, il TAR ha anche accolto il connesso ricorso per l’esecuzione del giudicato, nominando all’uopo un commissario ad acta. Quest’ultimo, tuttavia, sentito il TAR per ottenere i chiarimenti del caso, non ha potuto fare altro che diffidare nuovamente il ministero competente ad avviare le procedure di concertazione e contrattazione per l’intero comparto difesa e sicurezza, interessando allo scopo le organizzazioni sindacali e i consigli centrali di rappresentanza e dandone informazione ai ricorrenti, diretti interessati, affinché potessero tenerne conto nel sollecitare l’avvio delle procedure stesse.

Ma neppure i nuovi susseguenti solleciti, secondo quanto rappresentato in atti, avrebbero avuto riscontro pratico, sicché gli odierni ricorrenti si vedono sperequati (rispetto ai dipendenti privati, ai loro colleghi più anziani e agli altri dipendenti pubblici aventi pari anzianità) in punto di trattamento pensionistico loro spettante, essendo rimasti di fatto privi della possibilità di compensare mediante la previdenza complementare il trattamento stesso, in violazione dell’espressa volontà del legislatore.

“In presenza di una tale situazione, gravida di risvolti incostituzionali, appare più che legittima la pretesa degli odierni ricorrenti ad ottenere - quantomeno sino al momento in cui sarà stata attuata la cosiddetta previdenza complementare (…) - un trattamento previdenziale da calcolarsi anche per essi secondo il tradizionale metodo retributivo”. Diversamente ragionando, dovrebbe sollevarsi questione di legittimità costituzionale delle disposizioni di legge da applicare, nella parte in cui esse siano interpretate nel senso di rendere applicabile la “riforma Dini” al personale del comparto difesa e sicurezza senza che sia stata parallelamente resa effettiva la possibilità, anche per questi ultimi, di accedere alle forme di previdenza complementare prefigurate dalla riforma stessa e ad essa indissolubilmente legate quali presupposti applicativi (secondo il principio equitativo del simul stabunt, simul cadent).

Segnatamente, l’applicazione solo parziale della “riforma Dini” (cioè l’applicazione del sistema contributivo non accompagnata dalla possibilità di accedere alla previdenza complementare, non istituita per il comparto in parola) violerebbe il principio di uguaglianza di cui all’art. 3 della Costituzione (stante la macroscopica, ingiustificata ed irragionevole disparità di trattamento tra la situazione dei dipendenti privati e quella dei dipendenti pubblici e, all’interno di quest’ultima categoria, tra coloro a favore dei quali i fondi pensione sono stati attivati e coloro che, come ricorrenti, ancora a distanza di 20 anni non si vedono riconosciuta tale legittima possibilità). Violerebbe anche i principi di equa retribuzione e proporzionalità di cui agli articoli 36 e 38 della Costituzione, posto che il sistema contributivo di per sé solo, senza l’effettiva creazione del secondo pilastro, non garantisce la proporzionalità della pensione alla quantità e qualità del lavoro prestato, né l’adeguatezza di tale forma di retribuzione differita alle esigenze di vita del lavoratore e della sua famiglia.

In via subordinata, i ricorrenti ritengono che il “mancato tempestivo avvio delle necessarie procedure per la negoziazione e concertazione del trattamento di fine servizio e/o fine rapporto, e della connessa - e conseguente -istituzione della previdenza complementare”, abbia comportato in capo a loro stessi un danno risarcibile attuale e concreto.

Quanto alla responsabilità dell’amministrazione, il relativo comportamento omissivo, in disparte il riferito contenzioso dinanzi al giudice amministrativo, sarebbe stato stigmatizzato anche in una interrogazione parlamentare (versata in atti). Il conseguente danno subito dai ricorrenti, alla data di proposizione del ricorso, ha formato oggetto di perizia contabile (anch’essa in atti) ed è stato stimato sulla base di un duplice effetto negativo:

1) l’impossibilità di fruire, sul piano fiscale, della deduzione dei versamenti al fondo pensione;

2) l’impossibilità di destinare al fondo pensione stesso il TFR, aumentando per tal via il montante previdenziale.

Si chiede, quindi, a questa Corte conclusivamente di “dichiarare il diritto di tutti i ricorrenti a vedersi calcolare il trattamento pensionistico spettante - sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare - secondo il criterio cosiddetto “retributivo”, previa eventuale dichiarazione di illegittimità costituzionale della legge n. 335 del 1995 e dell’art. 3, comma 2, del decreto legislativo n. 252 del 2005, in parte qua, e previo eventuale annullamento e/o disapplicazione degli atti a ciò ostativi ed, in particolare, delle leggi, decreti e circolari disciplinanti la materia de qua; nonché dei vari provvedimenti ad essi consequenziali e/o connessi, comunque lesivi dei loro diritti; e conseguentemente condannare le amministrazioni convenute, ognuna per le rispettive competenze, ad adottare il sistema di calcolo del trattamento pensionistico spettante sino all’effettiva attuazione della previdenza complementare secondo il metodo cosiddetto ‘retributivo’; in via subordinata, condannare le intimate amministrazioni al risarcimento dei danni economici effettivamente subiti dai ricorrenti conseguenti al mancato tempestivo avvio delle necessarie procedure per la negoziazione e concertazione del trattamento di fine servizio e/o fine rapporto, e della connessa - e conseguente - istituzione della previdenza complementare (c.d. ‘secondo pilastro’); danni da liquidarsi in misura pari ai valori finali indicati in euro nella perizia tecnico contabile richiamata nel presente atto a tal fine, ovvero - sulla scorta di tali valori - in via del tutto equitativa. Con vittoria di spese, competenze ed onorari del presente giudizio”.

2. Il Ministero dell’economia e delle finanze si è costituito in giudizio con memoria depositata il 12 maggio 2016, chiedendo l’estromissione in quanto privo di legittimazione passiva nella controversia.

3. Il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali (con riguardo al Corpo forestale dello Stato), si è costituito con memoria depositata il 6 luglio 2016, richiamando l’art. 26, comma 20, della legge n. 448 del 1998, le procedure di negoziazione e concertazione previste dal decreto legislativo 12 maggio 1995, n. 195, nonché il DPR n. 254 del 1999.

Il Corpo Forestale dà atto che le sollecitazioni dei ricorrenti “meritano sicuramente tutta l’attenzione possibile in quanto affrontano tematiche di primario interesse che coinvolgeranno nei prossimi anni tutto il comparto difesa e sicurezza”. Peraltro, si osserva che “i primi pronunciamenti del giudice amministrativo da un lato riconoscono l’interesse legittimo dei ricorrenti a che le amministrazioni interessate attivino il procedimento così come disciplinato dal decreto legislativo 195 del 1995 e successive modifiche ed integrazioni, ma dall’altro evidenziano allo stesso tempo che non vi è stata inerzia della pubblica amministrazione nel corso degli anni”. Nella specie, il Dipartimento della funzione pubblica avrebbe avviato già negli anni 1999 e 2000 le specifiche procedure aventi ad oggetto la materia del TFR e della previdenza complementare, convocando anche le rappresentanze sindacali militari del personale del comparto, senza, peraltro, giungere ad un accordo condiviso tra le parti interessate. Successivamente, a seguito delle modifiche introdotte dall’articolo 3 del decreto legislativo n. 129 del 2000, il Dipartimento della funzione pubblica, negli anni 2005 e 2006, ha di nuovo convocato i rappresentanti istituzionali delle amministrazioni allo scopo di riavviare le trattative e la concertazione; ma anche in questo caso non si è giunti ad una positiva conclusione a causa del mancato raggiungimento di un accordo tra le parti interessate.

Tutto ciò premesso, si fa conclusivamente presente a questa Corte “che è interesse anche della scrivente amministrazione che si addivenga nel più breve tempo possibile all’attivazione della previdenza complementare per il personale del Corpo forestale dello Stato”.

4. Si è costituito l’I. L. con memoria depositata il 7 settembre 2016, eccependo l’inammissibilità ed improcedibilità del ricorso per omessa dichiarazione di valore della causa ai sensi dell’art. 9, comma 5, della legge 23 dicembre 1999, n. 488. In via preliminare, si eccepisce poi “l’assoluta estraneità dell’ente previdenziale al presente giudizio, vertendosi su questioni di rilievo costituzionale che solo negli effetti possono implicare alcune conseguenze in materia di gestione delle pensioni pubbliche”.

Nel merito, si argomenta la manifesta infondatezza delle sollevate questioni di legittimità costituzionale e della pretesa dei ricorrenti a vedersi attribuire la pensione con il sistema retributivo, in quanto “la circostanza che non sia stato attuato dal Governo il c.d. ‘secondo pilastro’ non può legittimare” ad avviso dell’I. L. “il riconoscimento della pensione retributiva a chi è escluso dalla precedente normativa, pena lo stravolgimento dell’intero sistema pensionistico, anche dal punto di vista del bilancio statale, come voluto e preteso dalla riforma Dini e dalle successive normative”.

Nella memoria di costituzione l’I. L. ha ripercorso l’istituzione dei diversi fondi pensione dedicati ai vari comparti ed aree del pubblico impiego e, in particolare: Espero (Scuola), Perseo (Regioni, autonomie locali e sanità), Sirio (Ministeri, enti di ricerca, agenzia fiscali ecc.), Laborfonds (residenti in Trentino Alto Adige), Fopadiva (residenti in Valle d’Aosta). Con riguardo al personale non contrattualizzato, l’I. L. ricorda però che l’istituzione o l’adesione a fondi pensione non può che avvenire, a legislazione vigente, in esito a procedure di concertazione, il cui perfezionamento dipende tanto dalla controparte pubblica quanto dalla parte “sindacale”. Infine, ha osservato che il regime del TFS continua ad essere più vantaggioso di quello del TFR.

L’I. L. ha quindi concluso, nel merito, per il rigetto del ricorso, con vittoria delle spese.

5. All’udienza pubblica del 20 settembre 2016 sono comparsi, come da verbale, l’Avv. F. R. (per i ricorrenti), l’Avv. Armando Gambino (per l’I. L.), nonché il dott. Alessandro Cerofolini e il dott. Antonio Costantini per il Corpo forestale dello Stato.

In esito all’udienza è stato pronunciato il dispositivo della presente decisione, ex art. 429 c.p.c., con riserva di successivo deposito delle motivazioni.

DIRITTO

I. In via preliminare, va respinta l’eccezione dell’I. L. concernente l’asserita mancata indicazione del valore della prestazione dedotta in giudizio. In disparte l’improprio riferimento all’art. 9, comma 5, della legge 23 dicembre 1999, n. 488 (abrogato e trasfuso nel DPR 30 maggio 2002, n. 115, e di dubbia applicabilità al processo pensionistico dinanzi alla Corte dei conti), pur volendo riferire l’eccezione all’art. 152 delle disposizioni d’attuazione del codice di procedura civile, può osservarsi, in via dirimente, come nelle conclusioni dell’atto introduttivo i ricorrenti abbiano fatto rinvio alla liquidazione della somma oggetto di domanda contenuta nella perizia tecnico-contabile versata in atti (doc. 17 di parte ricorrente), rendendo pienamente soddisfatta, per tal via, l’esigenza di previa individuazione del valore della prestazione dedotta in giudizio, sottesa alla norma in discorso (in tema, cfr. Sez. Abruzzo, sent. 42 del 19 maggio 2015).

II. Ancora, in via preliminare, va prudenzialmente riconosciuta la legittimazione passiva delle amministrazioni convenute, in quanto coinvolte nella gestione della previdenza del personale ricorrente ovvero nelle procedure di negoziazione e concertazione volte alla costituzione delle forme di previdenza complementare previste dalla legge; le amministrazioni stesse sono perciò interessate, quanto meno, agli effetti della domanda risarcitoria svolta in via subordinata dai ricorrenti (tenuto a mente che il comparto difesa e sicurezza comprende il personale delle Forze Armate e delle forze di polizia ad ordinamento militare e civile, cioè dell’Arma dei Carabinieri insieme a quello della polizia di Stato, della Guardia di Finanza, della polizia penitenziaria, del Corpo forestale, in disparte i Vigili del Fuoco).

Fa eccezione il Ministero dell’economia e delle finanze, il quale ha formalmente chiesto l’estromissione dal giudizio (nota prot. 13049 del 3 maggio 2016) e in relazione al quale nel ricorso non sono stati dedotti specifici argomenti volti a suffragarne la legittimazione passiva, neppure constando in tal senso elementi agevolmente rilevabili dagli atti e documenti di causa.

III. Quanto all’ammissibilità del ricorso, con specifico riguardo alla sussistenza dell’interesse attuale e concreto, questo Giudice non ignora la sussistenza di pronunce giurisprudenziali di segno negativo (cfr. Sez. Piemonte, sent. 4 del 18 gennaio 2016; Sez. Abruzzo, sent. 10 del 26 gennaio 2016); si tratta, a ben vedere, di un orientamento condiviso anche da questo giudicante, ma con riferimento a fattispecie differente (cfr. Sez. Piemonte, sent. 172 del 13 dicembre 2011; Sez. Abruzzo, sent. 5 del 9 gennaio 2013).

Nel caso all’esame, invece, tenuta anche a mente la particolare prospettazione di parte attrice, non sembra potersi negare l’attualità e la concretezza, quindi la tutelabilità in sede giurisdizionale, dell’interesse dei ricorrenti.

III.1. Sotto un primo profilo, sovvengono i condivisibili principi espressi dalla Corte di cassazione (Cass., Sez. Lav., sent. 9125 del 21 giugno 2002, con richiamo già a Cass., sent. 2392 del 18 novembre 1965), secondo cui il lavoratore è <<titolare, nell'ambito del rapporto previdenziale, di un diritto soggettivo alla posizione assicurativa che gli compete ai sensi di legge, riconoscendone la natura di bene giuridico suscettibile, nel corso del rapporto previdenziale e ancor prima del conseguimento del diritto alle prestazioni, di autonomo accertamento e tutela. Tra le facoltà del lavoratore assicurato in cui si esprime il contenuto del diritto suddetto, ritiene la Corte che vada annoverata quella ad avere certezza dell'esatto ammontare della contribuzione complessiva esistente a suo credito e all'acquisizione, a tal fine, di notizie in merito ai contributi versati nel corso dell'attività lavorativa e alla relativa "consistenza", da intendere, quest'ultima, come estesa, oltre che alla quantità, anche alla qualità della contribuzione, vale a dire all'"utilità" della stessa ai fini pensionistici. Sussiste quindi un vero e proprio diritto del lavoratore assicurato alla informazione, speculare, peraltro, al dovere di dare certezza sulla consistenza del credito contributivo via via maturato dagli assicurati, che costituisce un obbligo specifico dell'Istituto assicuratore, iscritto nel rapporto giuridico previdenziale, come è argomentabile dall'art. 54 della legge 9 marzo 1989 n. 88 (e, in generale, dalla legge 8 luglio 1990 n. 241, recante nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi); sicché ove il diritto stesso rimanga insoddisfatto a causa della mancata o non corretta determinazione della consistenza della contribuzione, il richiedente ha un interesse qualificato ad agire, di cui è indubbia l'attualità, per farne accertare la lesione, derivante dall'inadempimento. Questo comporta (…) che deve considerarsi certo ed attuale l'interesse ad agire dell'assicurato medesimo per ottenere dal giudice l'accertamento della effettiva consistenza (intesa anche come "valore" ai fini pensionistici) della propria posizione contributiva e rimuovere così lo stato di incertezza oggettiva sulla esattezza dei dati al riguardo forniti dall'ente previdenziale>>.

I suddetti principi, mutatis mutandis, ben si attagliano anche alla presente fattispecie, caratterizzata da uno stato di diuturna, intollerabile incertezza dei ricorrenti circa le concrete possibilità di accedere a forme pensionistiche complementari di categoria e, quindi, circa la consistenza della propria situazione previdenziale complessivamente intesa. La rimozione di questo stato di incertezza costituisce, per essi, un presupposto indispensabile per l’esercizio, nell’oggi, di scelte consapevoli circa il proprio futuro previdenziale, secondo lo spirito di sensibilizzazione e informazione previdenziale di cui è permeata tutta la normativa di settore.

In quest’ottica, la tesi dei ricorrenti, secondo cui la perdurante mancata attuazione del “secondo pilastro” rischia di comportare, nei loro confronti, il collasso dell’intera struttura previdenziale progettata dal legislatore, involge posizioni di diritto soggettivo suscettibili di autonomo accertamento e tutela, anche sotto il profilo della quantità e della qualità della contribuzione complessivamente esistente a loro favore, secondo l’insegnamento della Corte di cassazione, dinanzi richiamato.

III.2. In secondo luogo, deve considerarsi che i ricorrenti hanno proposto, in via subordinata, una puntuale domanda risarcitoria, liquida ed attuale, in relazione alla quale (sia essa condivisibile o meno; sia essa attribuita o meno alla giurisdizione di questa Corte) non può negarsi la sussistenza di un interesse ad agire, indissolubilmente legato alla domanda principale.

III.3. Infine, v’è da considerare la peculiare situazione in versano i ricorrenti i quali appartengono, come accennato, ad un comparto connotato da innegabili specificità ed oggetto di speciale disciplina ed attenzione da parte dello stesso legislatore, anche sul piano previdenziale. A distanza di oltre venti anni dalla “riforma Dini” del 1995, e a dispetto delle intraprese iniziative giudiziarie, per essi, unici nel panorama del pubblico impiego, ancora non trova piena attuazione il disegno legislativo sulla previdenza integrativa di comparto.

Sussiste, quindi, un’istanza di giustizia sostanziale alla quale questo Giudice non può rimanere insensibile, reputando piuttosto di dover dare a detta istanza una risposta nel merito, per quanto possibile, non limitandosi a una pronuncia di inammissibilità.

Ciò, a maggior ragione, in ossequio al noto principio dell'assorbimento improprio riferito al criterio della “ragione più liquida”, di elaborazione giurisprudenziale (cfr., ex aliis, già Cass. n. 17219/12; Cass. n. 7663/12; Cass. n. 11356/06; Cass., 4773/01; da ultimo, v. SS.UU., sent. 9936 dell'8 maggio 2014), rivelandosi la domanda principale infondata nel merito e la domanda subordinata estranea alla giurisdizione di questa Corte, secondo quanto si andrà ad esporre nel prosieguo.

IV. Prima di affrontare le singole questioni, peraltro, la peculiarità dell’odierna controversia rende necessario svolgere alcune pregiudiziali considerazioni sulla giurisdizione di questa Corte dei conti: infatti, la riconduzione dell’oggetto della domanda al “primo” piuttosto che al “secondo” pilastro non è irrilevante ai fini dell’individuazione del giudice competente.

Per costante giurisprudenza, appartengono alla Corte dei conti le controversie relative ad un trattamento pensionistico che si configuri a carico totale o parziale dello Stato o di altri enti indicati dalla legge (di cui agli artt. 13 e 62 del testo unico approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214), essendo di per sé sola irrilevante la natura di ente pubblico del datore di lavoro.

La Corte dei conti giudica, cioè, delle sole pensioni “pubbliche”, nell’accezione di pensioni “in tutto o in parte a carico dello Stato o di altri enti designati dalla legge” (art. 13 del citato t.u. 1214 del 1934); non sono tali le pensioni che, ancorché riguardanti i dipendenti pubblici, non facciano carico alle pubbliche finanze.

Tra le molteplici pronunce della Corte di cassazione che, in presenza di trattamenti pensionistici “integrativi”, o riferibili al regime dell’assicurazione generale obbligatoria, hanno dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice contabile possono citarsi, ad esempio: Cass., SS.UU., sent. 15541 del 27 luglio 2016 (in tema di pensione dei dipendenti di consorzi di bonifica); Cass., SS.UU., sent. 10464 del 23 aprile 2008 (in tema di trattamento speciale di reversibilità a carico dell’I. L. e in favore di dipendenti dello stesso I. L.); Cass., SS.UU., sent. 18075 del 7 agosto 2009 (in tema di trattamento integrativo di dipendenti di azienda municipalizzata); Cass., SS.UU., sent. 9234 del 25 giugno 2002 e sent. 7981 del 3 giugno 2002 (in tema di trattamento integrativo in favore di dipendenti INAIL); Cass., SS.UU., sent. 4186 del 1990 (in tema di trattamenti da erogarsi nel regime della I. L. ed assistenza obbligatorie); Cass., SS.UU., sent. 3033 del 1 marzo 2002 (in tema di prestazioni pensionistiche erogate da un fondo costituito dall’Università Cattolica del Sacro Cuore).

E’ emblematica, in tal senso, Cass., SS.UU., sent. 946 del 1999, in tema di mancata attivazione della pensione complementare di ferrovieri, secondo cui l'effettivo oggetto della controversia doveva identificarsi “in obbligazioni sostanzialmente retributive (ancorché con funzione previdenziale in senso lato, nel senso, cioè che la loro funzione è, pur sempre, strumentale al sostegno economico necessario ai lavoratori collocati a riposo) le quali trovano titolo immediato e diretto nel rapporto di lavoro, anziché nell'autonomo rapporto previdenziale, ed integrano un particolare atteggiarsi del primo (cfr., per analoghi casi di pensioni così dette aziendali o integrative, Cass., sez. un., 29 agosto 1998, n. 8601; Id., 29 novembre 1996, n. 10679; Id., 20 ottobre 1995, n. 10928), per effetto di disposizioni negoziali di natura privatistica intese ad assicurare, attraverso un meccanismo di retribuzione differita, l'operatività di provvidenze, non sostitutive, né alternative rispetto al regime previdenziale in senso stretto, di fonte legale e di natura pubblicistica, ma complementari ad esso ed economicamente imperniate sull'operatività di un apposito Fondo speciale, non sovrapponibile a quello di cui alla legge n. 418 del 1908 e successive modificazioni e integrazioni, né implicante, quindi, quegli oneri per lo Stato che, soli, possono determinare, secondo la sopra ricordata giurisprudenza, la persistente giurisdizione contabile nella materia delle pensioni dei dipendenti dell'azienda ferroviaria statale”.

Per scrupolo di completezza (sebbene irrilevante, in linea di principio, ai fini della decisione della presente causa, introdotta ad aprile 2016) deve registrarsi che i suindicati riferimenti normativi e giurisprudenziali non sono mutati con l’entrata in vigore del codice della giustizia contabile, di cui al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174. Infatti, i citati articoli 13 e 62 del testo unico approvato con regio decreto 12 luglio 1934, n. 1214, non sono stati espressamente abrogati dall’art. 4, comma 1, lettera b) delle “norme transitorie ed abrogazioni” di cui all’allegato 3 al codice stesso. Inoltre, l’ampia espressione utilizzata all’art. 1 del codice stesso, secondo cui “sono devoluti alla giurisdizione della Corte dei conti i giudizi in materia pensionistica (…)” va senz’altro letta in combinato disposto, oltre che con i citati articoli 13 e 62, anche con l’art. 18, comma 1, lettere c) e d) del codice stesso, disposizioni con le quali l’ambito della giurisdizione pensionistica è meglio precisato, facendosi per l’appunto riferimento ai trattamenti “a totale o parziale carico dello Stato o degli enti pubblici previsti dalla legge” e agli “altri giudizi interessanti la regione in materia (…) pensionistica, attribuiti dalla legge alla giurisdizione della Corte dei conti”.

V. Alla luce delle osservazioni sin qui svolte, è da ritenere che le questioni attinenti l’an e il quantum di posizioni pensionistiche nella cassa per i trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato (CTPS), a suo tempo istituita come gestione separata dell’INPDAP e poi trasferita in I. L., sono devolute alla giurisdizione della Corte dei conti, unitamente a tutte le questioni, anche risarcitorie, ad esse strettamente collegate o consequenziali (ad es., cfr. Cass. SS.UU., sent. 11769 dell’8 giugno 2015, in tema di refusione d’indebito, anche nei rapporti col datore di lavoro; v. Cass. SS.UU. sent. 200 del 23.09.2008 e ord. 2298 del 31.01.2008 e precedenti ivi richiamati, in tema di risarcimento dei danni inerenti il rapporto pensionistico).

Per contro, le questioni attinenti la previdenza complementare, indipendentemente dal fatto che si tratti di fondi pensione negoziali o aperti, comunque gestiti da soggetti privati e finanziati con contribuzione volontaria dei lavoratori e del datore di lavoro, ivi inclusa la devoluzione del TFR, esulano senz’altro dall’ambito delle prestazioni “in tutto o in parte a carico dello Stato o di altri enti designati dalla legge” e sono devoluti, a seconda dei casi, ai competenti giudici ordinario o amministrativo. La totale estraneità della previdenza complementare rispetto all’ambito della finanza pubblica è resa manifesta anche dai criteri previsti dal SEC 2010 ai fini dell’inclusione nel settore S13 (amministrazioni pubbliche) nel quale sono annoverati, tra gli altri, solo i fondi pensione autonomi per i quali la contribuzione è obbligatoria e la fissazione e approvazione dei contributi e delle prestazioni sono gestite da amministrazioni pubbliche. La previdenza complementare, quindi, esula completamente, anche sul piano della rilevazione statistica e contabile europea, non solo e non tanto dal novero delle prestazioni a carico delle finanze pubbliche, ma dall’ambito stesso della I. L. e assistenza obbligatorie comunque riconducibili al settore pubblico.

VI. Per quanto esposto, sulla domanda svolta in via principale sussiste la giurisdizione di questa Corte, trattandosi di questione attinente all’an e al quantum della pensione maturata nella cassa per i trattamenti pensionistici dei dipendenti dello Stato (CTPS). Essa va quindi esaminata nel merito.

Segnatamente, i ricorrenti sostengono che, essendo rimasta inattuata la c.d. “riforma Dini” (legge 8 agosto 1995, n. 335), nei confronti del personale del comparto difesa e sicurezza e con specifico riguardo al “secondo pilastro” della previdenza complementare (di cui al decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, come innovato dalla stessa legge n. 335 del 1995), la riforma stessa non potrebbe trovare attuazione nei confronti di questa categoria di personale; per essi, dovrebbe quindi rimanere in vigore la normativa vigente fino a tutto il 31 dicembre 1995 e, segnatamente, il sistema di calcolo retributivo della pensione.

Ad avviso dei ricorrenti, una diversa interpretazione, volta a separare sul piano applicativo i due “pilastri” della previdenza (il primo, attuato già dal 1996; il secondo, tuttora inattuato) sarebbe incostituzionale ab origine o, comunque, sussisterebbe ormai una conclamata illegittimità costituzionale sopravvenuta della normativa de qua, nella parte in cui il “primo” pilastro, di per sé solo, a distanza di venti anni non sarebbe più idoneo a garantire un trattamento di quiescenza conforme ai dettami degli articoli 36 e 38 della Costituzione. In altri termini, la “riforma Dini” sarebbe incostituzionale nella parte in cui non è stata prevista dal legislatore una sorta di condizione “sospensiva” o “risolutiva”, anche implicita, volta a subordinare l’applicazione delle decurtazioni subite dai dipendenti nell’ambito del “primo pilastro” con la concreta possibilità di compensare mediante il ricorso al “secondo pilastro”.

La tesi dei ricorrenti (per quanto riguarda le ricadute che essi ne fanno discendere in punto di trattamento pensionistico nell’ambito del regime esclusivo dell’assicurazione generale obbligatoria loro proprio) non può essere accolta.

In primo luogo, occorre considerare che la citata legge n. 335 del 1995, all’evidenza, non ha inteso introdurre alcuna clausola di “subordinazione” o “collegamento” (nel senso di condizione sospensiva o risolutiva) tra il nuovo sistema di calcolo contributivo (o misto) della pensione e l’attivazione delle forme di previdenza complementare di comparto; né può ritenersi che una clausola del genere fosse implicita nel disegno legislativo ove si consideri che, all’opposto, la decorrenza delle modifiche sul sistema di calcolo della pensione era fissata espressamente e perentoriamente al 1° gennaio 1996, mentre la costituzione di fondi pensione negoziali o l’adesione collettiva ad altre forme di previdenza complementare restava rimessa alla contrattazione collettiva o alle procedure di concertazione o negoziazione per il personale non contrattualizzato ad ordinamento militare o civile.

La scelta legislativa, chiarissima nel senso di scindere le vicende dei due “pilastri”, pur nell’ambito di un unico, più vasto disegno riformatore, non può essere considerata incostituzionale, né ab origine, né in via sopravvenuta. Neppure appare costituzionalmente illegittima l’applicazione del sistema contributivo non accompagnata dall’attivazione di forme di previdenza complementare di comparto.

Al riguardo, valga il seguente percorso argomentativo:

I) “l'attuale ordinamento pensionistico resta informato al principio della pluralità delle coperture previdenziali, che mantengono peculiarità ed articolazioni tali da consentire differenti discipline, con la conseguenza che rientra nella discrezionalità del legislatore la scelta di regolare in un certo modo un determinato regime pensionistico” (C. cost. sent. 198 del 2002);

II) “com’è noto, la molteplicità e l'eterogeneità delle disposizioni vigenti in materia pensionistica è tale che - come ha sottolineato anche la dottrina - non possa parlarsi di un ‘sistema’ in senso proprio, ma di ‘regimi’ pensionistici il cui scopo comune è quello di assicurare ai lavoratori un trattamento economico continuativo denominato pensione”; “in tale quadro l'area previdenziale è solo in parte coperta dall'assicurazione generale obbligatoria per l'I.V.S., gestita dall'I. L.” (C. cost., sent. 527 del 1987);

III) non v’è motivo di ritenere che il trattamento di pensione maturato nel regime dell’AGO-IVS (e, per quanto qui interessa, nelle forme sostitutive, esclusive o esonerative), pur sensibilmente ridimenzionatosi rispetto al passato, per effetto della riforma del 1995, non sia di per sé solo sufficiente ad assicurare al lavoratore in quiescenza mezzi adeguati alle esigenze di vita, cui devono provvedere organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato (art. 38 Cost.);

IV) nel sistema di calcolo contributivo , il trattamento previdenziale risulta per sua stessa natura direttamente proporzionato (mediante la capitalizzazione della contribuzione) alla quantità e alla qualità del lavoro prestato, tendenzialmente proiettando la garanzia di un’esistenza libera e dignitosa del lavoratore anche al pensionamento (art. 36 Cost.);

V) soccorre, inoltre, la salvaguardia del trattamento minimo, “riconducibile al secondo comma dell'art. 38 della Costituzione e parzialmente derogatoria del principio di proporzionalità della pensione ai contributi versati a vantaggio del principio di solidarietà” (v. C. cost., sent. 119 del 1997, e giurisprudenza ivi richiamata), ferma restando l’ampia discrezionalità di cui gode il legislatore in materia; infatti, “anche sulla scorta di una valutazione delle compatibilità finanziarie, il legislatore, una volta assicurato un livello minimo di protezione e nel rispetto del principio di ragionevolezza, è libero di configurare un diritto alla pensione minima più o meno favorevole e generalizzato” (C. cost., sent. 119 del 1997, cit.);

VI) la previdenza integrativa, aggiungendosi al trattamento obbligatorio, è volta a consentire al lavoratore, sulla base di una scelta libera e informata, di beneficiare di un mero “complemento” del trattamento di quiescenza, aggiuntivo rispetto a quello assicurato dalla legge; come tale il trattamento integrativo non ha carattere “necessario” e resta in linea di principio ininfluente ai fini del raggiungimento dei livelli minimi di tutela costituzionalmente previsti, potendo essere variamente modulato dal legislatore nell’ambito dell’ampia discrezionalità di cui gode in materia (in tema, cfr. C. cost., sent. 310 del 1995);

VII) proprio in virtù della sua natura “complementare”, la costituzione di fondi pensione di categoria e la definizione delle relative caratteristiche, anche in punto di contribuzione a carico del lavoratore e del datore di lavoro, ben può essere demandata a successive procedure negoziali tra i lavoratori e il datore di lavoro, con scelta tutt’altro che incoerente rispetto ai valori costituzionali; essa ricade, infatti, nell’ambito delle relazioni industriali o comunque dell’assetto negoziale, variamente configurato, tra lavoratori e parte datoriale, seguendo le regole proprie della contrattazione collettiva (e delle omologhe procedure previste per il personale non contrattualizzato);

VIII) la riconducibilità della previdenza complementare, siccome integrativa di quella obbligatoria, nell’alveo dell’art. 38, comma 2, della Costituzione, non vale certo a subordinare le vicende della I. L. obbligatoria a quelle della previdenza complementare, nel senso prospettato dai ricorrenti;

IX) il “raccordo” delle varie forme di previdenza complementare con il trattamento pensionistico di base, che pure costituisce un “momento essenziale della complessiva riforma della materia previdenziale al fine di assicurare funzionalità ed equilibrio all'intero sistema pensionistico”, è stato affermato in sede costituzionale proprio per legittimare l’introduzione legislativa di limiti e vincoli all'autonomia collettiva, di per sé libera, per quanto attiene alla disciplina dell'accesso ai trattamenti pensionistici complementari (C. cost., sent. 393 del 2000; Id., ord. 319 del 2000);

X) il collegamento funzionale tra I. L. obbligatoria e previdenza complementare, affermato dalla giurisprudenza costituzionale, è stato anche inteso nel senso che la tutela dell'interesse individuale dei lavoratori provvisti delle risorse occorrenti per fruire di una forma di previdenza complementare non va disgiunta - in misura proporzionata - da un dovere specifico di cura dell'interesse pubblico a integrare le prestazioni previdenziali, altrimenti inadeguate, spettanti ai soggetti economicamente più deboli, e nel senso che il principio di solidarietà (art. 2 Cost.) non consente che il finanziamento della I. L. privata integrativa, soprattutto se alimentato da redditi medio-alti, sia interamente esentato da contribuzione alla I. L. pubblica (C. Cost., sent. 421 del 1995);

XI) è vero, quindi, che i due pilastri sorreggono un unico architrave e che come tali fanno parte di un’unica struttura, ma ciò non implica affatto che il “primo pilastro” (della I. L. obbligatoria) non possa stare in piedi da solo; esso non è subordinato alla costruzione del “secondo pilastro” (della previdenza integrativa), ma semmai è il secondo che, siccome complementare al primo, può essere inteso come funzionale ed asservito ad esso;

XII) pur in mancanza (o in attesa) della costituzione di un fondo negoziale “chiuso” di categoria, qualunque lavoratore ha comunque la concreta possibilità di aderire a un fondo pensione “aperto”, fruendo degli stessi benefici fiscali in relazione ai contributi versati, ai rendimenti maturati sul proprio montante individuale e alle prestazioni erogate;

XIII) il “secondo pilastro”, quindi, è rimasto pur sempre accessibile ai ricorrenti nel corso di questi anni, seppure privo, al momento, della possibilità di conferimento del TFR e degli ipotetici versamenti aggiuntivi del datore di lavoro;

XIV) la mancata trasformazione del TFS del personale non contrattualizzato in TFR, pur pregiudicando, nell’attualità, la possibilità di conferire il TFR stesso a un fondo pensione, comporta per converso la conservazione di un regime di calcolo di regola più vantaggioso e non ha influenza, in ogni caso, sul trattamento obbligatorio a carico dello Stato;

XV) ove, come si auspica, le procedure di concertazione o negoziazione siano infine portate a compimento, nell’ambito di esse le parti ben potranno tenere conto del lungo tempo trascorso al fine di prevedere adeguate forme di compensazione, in favore dei lavoratori già in servizio nel 1996;

XVI) l’esigenza di fissare per tutti i lavoratori, indistintamente, la decorrenza del sistema di calcolo contributivo al 1 gennaio 1996 era dettata da intuitive ragioni di uguaglianza e risponde alle ben note, indifferibili ragioni di riequilibrio del sistema pensionistico italiano, stante il correlato onere per la finanza pubblica;

XVII) ammesso e non concesso che il sistema congeniato dal legislatore fosse fin dall’origine (o sia divenuto per effetto dell’inutile decorso del tempo) incompatibile con i valori costituzionali (per il fatto di non aver previsto che l’applicazione del sistema contributivo fosse accompagnata dall’effettiva possibilità di accedere, entro un termine ragionevole, a un costituendo fondo negoziale di categoria, cui conferire il TFR e nel quale fruire della contribuzione aggiuntiva del datore di lavoro) non v’è motivo di imputare detta asserita incostituzionalità all’applicazione immediata del sistema contributivo (cioè alle modifiche del “primo pilastro”) piuttosto che, come sembrerebbe più logico, all’omessa previsione legislativa di eventuali meccanismi procedimentali o assetti normativi anche sostitutivi volti, in ipotesi, a rendere obbligatoria la costituzione dei fondi pensione e la possibilità di conferimento ad essi del TFR entro un tempo prestabilito;

XVIII) a ben vedere, la problematica lamentata dai ricorrenti, com’è nei fatti, non risiede tanto nella pensione liquidata con il sistema contributivo (che è il regime proprio, dal 1995, di tutti gli iscritti del nostro paese) quanto nella mancata attivazione e proficua conduzione delle procedure di concertazione e negoziazione che interessano, tra l’altro, la previdenza complementare del comparto difesa e sicurezza;

XIX) in definitiva, l’ipotetico profilo di incostituzionalità che, secondo i ricorrenti, affliggerebbe a distanza di vent’anni la riforma del 1995, non va ricercato nell’applicazione del “primo pilastro” (di competenza di questa Corte dei conti), ma si risolve nella solo parziale fruibilità del “secondo pilastro”, dovuta all’assenza di presidi legislativi volti ad “obbligare”, in qualche modo, le parti ad addivenire all’istituzione di un fondo di categoria mediante le procedure di negoziazione o concertazione previste dalla legge o mediante ipotetici meccanismi sostitutivi o surrogatori (in relazione a cui si è già affermato competente il giudice amministrativo).

Alla luce dell’insieme delle suesposte considerazioni, la domanda svolta in via principale va quindi respinta nel merito, avendo maturato questo Giudice il convincimento secondo cui l’assoggettamento dei ricorrenti al sistema di calcolo contributivo o misto della pensione, indipendentemente dalle vicende afferenti la previdenza complementare (vicende che esulano dall’ambito della propria giurisdizione), non comporta di per sé la prospettata lesione di valori costituzionali. Per l’effetto, va confermata l’applicabilità, anche nei confronti del personale del comparto difesa e sicurezza, del sistema di calcolo (in tutto o in parte) contributivo della pensione.

VII. Non appartiene, invece, alla giurisdizione di questa Corte dei conti, cioè del giudice delle pensioni pubbliche, la valutazione degli ulteriori profili controversi, riferiti o riferibili alla previdenza integrativa.

Tra detti profili rientra, indubbiamente, anche quello dell’invocato risarcimento del danno, che forma oggetto della domanda proposta in via subordinata dai ricorrenti.

Per quanto dinanzi esposto, è acclarato, infatti, che la posizione pensionistica maturata dai ricorrenti nella CTPS è quella disciplinata dalla vigente normativa (a partire dalla riforma del 1995 e, a seguire, dalle successive) e che in ciò non sono ravvisabili profili di illegittimità costituzionale. Non sussiste, quindi, alcun danno a ciò consequenziale, su cui possa pronunciarsi la Corte dei conti.

Il danno asseritamente patito dai ricorrenti, piuttosto, nella stessa prospettazione di parte attrice, discende dal concorso di due voci:

“in primo luogo, il tempestivo avvio dei fondi pensione, insieme al contestuale esercizio dell’opzione per il passaggio al regime di trattamento di fine rapporto (TFR), avrebbe generato un montante più elevato rispetto al mancato esercizio dell’azione e quindi rispetto al regime di trattamento di fine servizio (TFS);

in secondo luogo, esso avrebbe consentito un risparmio in termini di tassazione Irpef in virtù di un maggior ammontare deducibile. In entrambi i casi è stato determinato il danno economico nel periodo che va dall’1/1/1996 al 31/10/2013” (così nella perizia di cui al doc. 17, pag. 2, par. 2).

Ora, è evidente che entrambe le suddette voci di danno si riferiscono e si esauriscono esclusivamente nell’ambito del “secondo pilastro”, sotto forma di una minor profittabilità degli incentivi fiscali previsti per i fondi pensione e del minor montante in essi generabile. Si tratta dunque di questioni risarcitorie non rivenienti dalla gestione del rapporto pensionistico di cui, per quanto dinanzi esposto, possa giudicare questa Corte.

A ciò va aggiunto che, per giurisprudenza pacifica, le questioni riguardanti il trattamento di fine servizio (la c.d. “buonuscita”) sono attribuite alla giurisdizione del giudice competente per il rapporto di lavoro (da ultimo: Cass., SS.UU., ord. 25039 del 7.11.2013).

Il giudice provvisto di giurisdizione va perciò individuato (agli effetti dell'art. 59 della legge 18 giugno 2009, n. 69, oggi art. 17 del codice della giustizia contabile di cui al decreto legislativo 26 agosto 2016, n. 174) nel giudice amministrativo.

Il giudice amministrativo, invero, si è già più volte pronunciato sulle controversie concernenti l’inerzia dell’amministrazione nell’avvio delle procedure di concertazione e negoziazione previste dalla legge, nominando all’uopo un commissario ad acta, come da documentazione versata in giudizio.

Gli asseriti danni consequenziali al mancato tempestivo avvio (o alla mancata conclusione) delle procedure in questione, procedure di cui ha già conosciuto il giudice amministrativo (accertando prima l’inerzia dell’amministrazione, poi l’inottemperanza al giudicato, nominando come detto un commissario ad acta), non possono che essere di competenza del giudice amministrativo medesimo (ex artt. 7, comma 4, 30, 34, comma 1, lett. c, 112, comma 3, 133, comma 1, lett a, n. 1 del codice del processo amministrativo di cui al decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104) al quale soltanto spetta valutare se il danno in parola sussista effettivamente e se esso sia da porre in relazione causale con l’azione amministrativa o, comunque, con una responsabilità dello Stato.

VIII. In conclusione, va respinta la domanda principale, concernente l’applicazione, in via ultrattiva, del sistema di calcolo retributivo delle pensioni dei ricorrenti; va dichiarato il difetto di giurisdizione sulla domanda subordinata, concernente la domanda di risarcimento dei danni, in quanto non concernente né consequenziale ad una pensione pubblica rientrante nella cognizione di questo Giudice; resta assorbita ogni altra questione o eccezione.

IX. La novità delle questioni affrontate è motivo di compensazione delle spese.

PER QUESTI MOTIVI

La Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la regione Abruzzo,
previa estromissione del Ministero dell’economia e delle finanze

RESPINGE

la domanda principale, concernente l’applicazione del sistema di calcolo retributivo delle pensioni dei ricorrenti;

DICHIARA
il proprio difetto di giurisdizione sulla domanda subordinata, concernente il risarcimento dei danni.

Spese compensate.

Così deciso in L'Aquila il 20 settembre 2016.
Il Giudice
(f.to M. A.)

Depositata il 11/04/2017

Il Direttore della Segreteria
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Re: VITTORIA AL TAR LAZIO E NUOVE NORME PENSIONI

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MOLISE SENTENZA 46 24/07/2017
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SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
MOLISE SENTENZA 46 2017 PENSIONI 24/07/2017


Sent. n. 46/2017


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE REGIONALE PER IL MOLISE
IL GIUDICE UNICO DELLE PENSIONI

ha pronunciato la seguente
SENTENZA

Sul ricorso in materia di pensioni, iscritto al n. 3539 del registro di segreteria, promosso dai signori
1) Congruo nr. di ricorrenti – OMISSIS – in tutto 45 -, rappresentati e difesi dall'Avv. Ennio Cerio (pec avvenniocerio@cnfpec.it; fax 0874482562 C.F. CRENNE74D27BS19V) ed elettivamente domiciliati presso lo studio legale sito in . Campobasso alla via Mazzini 101, contro MINISTERO DELL'ECONOMIA E DELLE FINANZE, nonchè contro INPS, per:

1) in via preliminare, ove occorra la rimessione alla Corte Costituzionale la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1, 6, 12, 13, dell'art. 2, commi 5, 6 e 7 e art. 5 della L n° 335/1995, degli artt. 2 e 3, comma 2, del d.lgs. n° 124/1993 e dell'art. 3, comma 2, del d.lgs. n° 252/2005, in relazione agli artt. 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione;

2) nel merito, in via principale, l'accertamento del diritto dei ricorrenti a vedersi calcolare il trattamento pensionistico, sino all'effettiva attuazione della previdenza complementare, secondo il c.d. criterio "retributivo";

3) per l'effetto, la condanna del Ministero dell'Economia e delle Finanze e dell'Inps, ognuno per le rispettive competenze, ad adottare il metodo di calcolo della pensione dei ricorrenti secondo il sistema retributivo vigente ante-riforma legge n° 335/1995; nonché al risarcimento dei danni arrecati ai ricorrenti in conseguenza del mancato avvio delle procedure di negoziazione e concertazione del trattamento di fine rapporto e previdenza complementare (c.d. secondo pilastro);

4) in via subordinata, la condanna dei convenuti alla corresponsione in favore dei ricorrenti “di quella quota percentuale pari alla differenza di rendimento tra il fondo previsto dall'art. 12 del AQN in materia di trattamento di fine rapporto e previdenza complementare per i dipendenti pubblici del 29 luglio 1999 e il rendimento, con rivalutazione monetaria ed interessi legali maturati a far data dal 1995 ovvero, in ulteriore ipotesi, dal 31 dicembre 2001, come stabilito dall'AQN del 29 luglio 1999”;

5) in via ulteriormente subordinata, l'accertamento del diritto dei ricorrenti a percepire l'anticipazione di TFR secondo quanto stabilito dall'art. 2120 e la condanna delle amministrazioni resistenti a provvedere di conseguenza.

FATTO

Con ricorso depositato in data 12/5/2015, i ricorrenti, tutti in servizio e soggetti ai nuovi criteri di calcolo (sistema contributivo o misto) del trattamento pensionistico, hanno preliminarmente richiamato e rivendicato la natura immediatamente precettiva del disposto dell'art. 38, comma 2, della Costituzione, a norma del quale "i lavoratori hanno diritto che siano provveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità, vecchiaia e disoccupazione involontaria".

Secondo parte attrice, nell'alveo di detta norma costituzionale ed a seguito del radicale mutamento del sistema di calcolo del trattamento pensionistico, il legislatore avrebbe previsto la c.d. previdenza integrativa (d.lgs. n° 124/1999 e legge n° 335/1995, di estensione al pubblico impiego), con la finalità di assicurare ai lavoratori, ormai penalizzati dalla nuova metodologia di computo del trattamento pensionistico, un'integrazione delle future pensioni (c.d. secondo pilastro della previdenza complementare), da attuarsi mediante "fondi pensione", da finanziarsi sulla base degli accantonamenti annuali da destinarsi al TFR.

Tuttavia, parte attrice lamenta che, a fronte del suddetto quadro costituzionale e legislativo, le Amministrazioni intimate nulla avrebbero previsto in quanto i fondi pensione per il pubblico impiego non sarebbero ancora stati costituiti; e d'altra parte neppure sarebbe possibile, per il lavoratore pubblico (a differenza che per quello privato) accedere autonomamente ai c.d. ''fondi pensione aperti", in quanto il medesimo non ha la concreta possibilità di attingere alle somme destinate al TFR le quali, come tra l'altro indicato dall'art. 11, 4° comma, dell'accordo quadro, rappresentano dei meri importi virtuali.

In proposito, parte attrice ha specificato che la legge n° 335/95 (nell'innovare la disciplina di tali fondi) ha previsto (con decorrenza 1.1.96) l'estensione, in favore dei dipendenti pubblici, del regime "TFR" di cui all'art. 2110 c.c., e che, a seguito dell'entrata in vigore dell'art. 59, comma 56, della I. 449/1997, è stata estesa ai dipendenti pubblici in servizio al 31.12.95 la possibilità di richiedere la trasformazione dell'indennità di fine servizio in trattamento di fine rapporto, prevedendo che una parte della vigente quota contributiva relativa all'indennità di fine servizio venga destinata a previdenza complementare.

Tuttavia, la piena operatività del nuovo sistema previdenziale sarebbe condizionata all'effettiva istituzione dei Fondi Pensioni. Infatti, la legge delega n° 243/2004 (c.d. "Riforma Maroni"), pur auspicando l'incremento dei flussi di finanziamento destinato alla previdenza complementare, ha rinviato ad un apposito decreto legislativo, successivamente il d. lgs. 252/2005 ha reiterato pedissequamente la disposizione di cui all'art. 3 del d.lgs. n° 124/ 1993, stabilendo che per il personale "privatizzato", le forme pensionistiche complementari possono essere istituite mediante contratti collettivi mentre - per i restanti dipendenti pubblici - le stesse possono essere istituite secondo le norme dei rispettivi ordinamenti, o - in mancanza di queste - mediante accordi tra i dipendenti stessi, promossi da loro Associazioni.

Pertanto, per determinate categorie di personale pubblico (diversamente da quelli privati e anche dei pubblici privatizzati), la previdenza complementare non sarebbe stata concretamente assicurata, in violazione di un obbligo avente fondamento costituzionale nonché legislativo e regolamentare (combinato disposto degli artt. 67 del D.P.R n. 254/99; 74 della Legge n. 388/2000 ed 1 della legge n. 243/2004),

Alla luce della descritta situazione e anche alla luce della giurisprudenza costituzionale sulla previdenza complementare (C. Cost. sentt. n. 393/2000 e 319/2001), parte attrice ha chiesto di sollevare questione di costituzionalità in ordine agli articoli 2 e 3, comma 2. del d.lgs. n° 124/1993 (nella parte in cui attribuisce anche ai dipendenti pubblici il diritto ad ottenere la previdenza complementare, senza però assicurarne l'effettivo esercizio) e 3, comma 2, del d.lgs. n° 252/2005 (nella parte in cui stabilisce che la previdenza integrativa è istituita mediante accordi o contratti collettivi, senza, anche qui, attribuire ai singoli lavoratori alcun mezzo per l'esercizio effettivo del diritto), per contrasto con gli artt. 3, 36, comma 1, e 38, comma 2, Cost.

In via subordinata, parte attrice ha chiesto di accertare il diritto dei ricorrenti a percepire l'anticipazione del TFR secondo quanto stabilito dall'art. 2120 c.c. e condannare le amministrazioni resistenti a provvedere di conseguenza

Parte ricorrente ha altresì sostenuto la sussistenza della giurisdizione contabile in materia, da ritenersi comprensiva di ogni diritto relativo al rapporto pensionistico, pur in costanza di rapporto di lavoro.

Con memoria in atti al 29 ottobre 2015, si è costituito l'Inps, in persona del suo legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso unitamente e disgiuntamente dagli avv.ti Ugo Nucciarone (avv.ugo.nucciarone@postacert.inps.gov.it - FAX 0874/480312) e Dario Marinuzzi (p.e.c. avv.dario.marinuzzi@postacert.inps.gov.it, fax 06.94527721 codice fiscale MRNDRA60E03I-!50IN), giusta procura generale alle liti del 21/07/2015, rep. 80974/21569, per notar Paolo Castellini di Roma, con i quali è elettivamente domiciliato in Campobasso, alla Via Zurlo, n°11.

L'Inps ha preliminarmente eccepito il proprio difetto di legittimazione passiva, non potendo l'Istituto previdenziale istituire e costituire fondi previdenziali integrativi, di competenza contrattuale collettiva ai sensi dell'art. 3, comma 2, del d. lgs. n. 124/1993 e, per il comparto sicurezza e difesa, dell'art. 26, comma 20, della legge n. 448/98.

In via gradata l'Inps, dopo avere ripercorso l'evoluzione della disciplina normativa in materia e aver sottolineato l'esclusiva responsabilità del Parlamento e dei soggetti deputati a sottoscrivere accordi collettivi, ha altresì eccepito l'inammissibilità della domanda, considerato che la determinazione dell'importo del trattamento pensionistico non può che essere determinato con riferimento alla disciplina vigente all'atto del collocamento a riposo.

L'ente previdenziale ha altresì eccepito l'inammissibilità della richiesta di anticipazione del trattamento di fine rapporto (spettante al personale pubblico a tempo indeterminato assunto con decorrenza dall'1 gennaio 200l), non avendo il ricorso introduttivo specificato i dati relativi ai ricorrenti, nonché comunque l'assoluta infondatezza della domanda de qua, considerato che anche questa materia dovrebbe ritenersi demandata alla contrattazione collettiva ai sensi dell'art. 8, comma 3, dell'accordo quadro nazionale del 29 luglio 1999, tanto più che la giurisprudenza della Corte di Cassazione ha affermato la insussistenza del diritto alla anticipazione del trattamento di fine servizio e/o di fine rapporto nel comparto pubblico (cfr. C. Cass., sent. 24474 del 2011).

Infine, l'Inps ha sostenuto la manifesta infondatezza delle proposte questioni di costituzionalità, sia con riguardo all'art. 3 della Costituzione (per mancanza del tertium comparationis), sia con riguardo all'art. 38 della Carta, stante la discrezionalità riconosciuta al legislatore, tanto più in costanza di una situazione precaria delle finanze pubbliche e dunque a tutela degli equilibri del bilancio pubblico.

Con memoria in atti al 2 novembre 2015, si è costituito il Ministero dell'economia e delle finanze, che, dopo aver ricostruito la normativa vigente in materia di previdenza dei militari della Guardia di Finanza, ha preliminarmente eccepito l'inammissibilità del ricorso per mancanza di previa istanza amministrativa ex art. 71, lett. b, del R.D. 1038/1993.

Nel merito, l'Amministrazione ha sostenuto la palese infondatezza della domanda attorea avverso il MEF, in quanto l'amministrazione certo non potrebbe disapplicare le vigenti norme sul calcolo delle pensioni fino alla effettiva attuazione del secondo pilastro, come peraltro già ritenuto dalla giurisprudenza contabile (C.Conti, sez. Abruzzo, sent. n. 89/2013).

Sarebbe parimenti palesemente infondata, secondo il Ministero resistente, la proposta domanda risarcitoria, non potendosi imputare la ministero alcun comportamento illecito doloso o colposo.

Alla pubblica udienza odierna, tenuta con l’assistenza del segretario dott.ssa Petrollino Donatella, si è svolta la discussione per come documentato nel relativo verbale.

La causa, ritenuta matura, è trattenuta e decisa come da dispositivo letto pubblicamente, ex art. 5, della legge n. 205/2000.

DIRITTO

[1] In via pregiudiziale, ritiene questa Corte di dover verificare la sussistenza della giurisdizione contabile con riguardo alle diverse domande giudiziali avanzate dalle parti ricorrenti nel ricorso introduttivo.

[1.1] In proposito, ritiene innanzitutto questo giudice di dover dichiarare il parziale difetto di giurisdizione di questa Corte con riguardo alla materia della previdenza complementare, pur con riguardo al pubblico impiego c.d. non privatizzato.

Infatti, secondo ormai consolidata giurisprudenza della Suprema Corte e anche contabile (da ultimo, sez. Abruzzo, sent. n. 40/2017), rientrano nella giurisdizione contabile esclusivamente le controversie relative ad un trattamento pensionistico che si configuri " in tutto o in parte a carico dello Stato o di altri enti designati dalla legge” (art. 13 del citato t.u. 1214 del 1934), essendo di per sé sola irrilevante la natura di ente pubblico del datore di lavoro.

Non rientrano dunque nella giurisdizione contabile le pensioni che, sebbene riguardanti i dipendenti pubblici, non siano poste a carico delle pubbliche finanze.

Più in dettaglio, con riguardo a trattamenti pensionistici “integrativi”, o riferibili al regime dell’assicurazione generale obbligatoria, molteplici pronunce della Corte di cassazione hanno dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice contabile, quali ad esempio: Cass., SS.UU., sent. 15541 del 27 luglio 2016 ( in tema di pensione dei dipendenti di consorzi di bonifica); Cass., SS.UU., sent. 10464 del 23 aprile 2008 ( in tema di trattamento integrativo di lavoratori di enti pubblici non economici, tra cui l'Inps), Cass., SS.UU., sent. 18075 del 7 agosto 2009 ( in tema di trattamento integrativo di dipendenti di azienda municipalizzata); Cass., SS.UU., sent. 9234 del 25 giugno 2002 e sent. 7981 del 3 giugno 2002 ( in tema di trattamento integrativo in favore di dipendenti INAIL); Cass., SS.UU., sent. 4186 del 1990 ( in tema di trattamenti da erogarsi nel regime della I. L. ed assistenza obbligatorie); Cass., SS.UU., sent. 3033 del 1 marzo 2002 ( in tema di prestazioni pensionistiche in favore di professore universitario erogate da un fondo costituito dall’Università Cattolica del Sacro Cuore); Cass., SS.UU., sent n. 12462 dell'8/6/2001 in tema di attribuzione di una indennità integrativa della pensione a dipendente INPDAP).

In detto quadro ricostruttivo, assume significativo rilievo, avuto riguardo alla concreta fattispecie sub iudice, la sentenza della Suprema Corte, SS.UU., n. 946 del 1999, in tema di mancata attivazione della pensione complementare di ferrovieri, secondo cui l'effettivo oggetto della controversia doveva identificarsi “ in obbligazioni sostanzialmente retributive (ancorché con funzione previdenziale in senso lato, nel senso, cioè che la loro funzione è, pur sempre, strumentale al sostegno economico necessario ai lavoratori collocati a riposo) le quali trovano titolo immediato e diretto nel rapporto di lavoro, anziché nell'autonomo rapporto previdenziale, ed integrano un particolare atteggiarsi del primo (cfr., per analoghi casi di pensioni così dette aziendali o integrative, Cass., sez. un., 29 agosto 1998, n. 8601; Id., 29 novembre 1996, n. 10679; Id., 20 ottobre 1995, n. 10928), per effetto di disposizioni negoziali di natura privatistica intese ad assicurare, attraverso un meccanismo di retribuzione differita, l'operatività di provvidenze, non sostitutive, né alternative rispetto al regime previdenziale in senso stretto, di fonte legale e di natura pubblicistica, ma complementari ad esso ed economicamente imperniate sull'operatività di un apposito Fondo speciale, non sovrapponibile a quello di cui alla legge n. 418 del 1908 e successive modificazioni e integrazioni, né implicante, quindi, quegli oneri per lo Stato che, soli, possono determinare, secondo la sopra ricordata giurisprudenza, la persistente giurisdizione contabile nella materia delle pensioni dei dipendenti dell'azienda ferroviaria statale”.

[1.2] Alle medesime conclusioni deve altresì addivenirsi con riguardo alla connessa domanda risarcitoria, fondata sulla mancata implementazione del sistema di previdenza complementare, considerato che la giurisdizione relativa alle controversie risarcitorie segue, di norma, quella relativa al rapporto sostanziale (ex pluribus, cfr. Cass. SS.UU., sent. 11769 dell’8 giugno 2015, in tema di refusione d’indebito, anche nei rapporti col datore di lavoro; Cass. SS.UU. sent. 200 del 23.09.2008 e ord. 2298 del 31.01.2008 e precedenti ivi richiamati, in tema di risarcimento dei danni inerenti il rapporto pensionistico).

[1.3] Parimenti, deve essere dichiarata la carenza di giurisdizione anche relativamente alla domanda giudiziale inerente il trattamento di fine servizio e/o di fine rapporto, avendo giurisdizione al riguardo, per il settore dell'impiego pubblico non privatizzato, il Giudice Amministrativo, ai sensi dell'art. 63 del d. lgs. n. 165/2001 (C.d.S., sez. VI, n. 2356/2011; C.d.c., sez. Friuli V.G., n. 11/2007; sez. Lombardia, n. 348/2006; Sez. Abruzzo n. 10/2016).

[1.4] Sussiste invece la giurisdizione contabile relativamente alla domanda giudiziale, avanzata in via principale, di accertamento del diritto dei ricorrenti a vedersi calcolare il trattamento pensionistico, sino all'effettiva attuazione della previdenza complementare, secondo il c.d. criterio "retributivo".

[2] Con riguardo a quest'ultima domanda, il ricorso introduttivo avanza, " in via preliminare", istanza di rimessione alla Consulta di questione di legittimità costituzionale dell'art. 1, commi 1, 6, 12, 13, dell'art. 2, commi 5, 6 e 7 e art. 5 della L n° 335/1995, degli artt. 2 e 3, comma 2, del d.lgs. n° 124/1993 (disposizioni peraltro ormai abrogate con decorrenza dal 1 gennaio 2007) e dell'art. 3, comma 2, del dlgs n° 252/2005, in relazione agli artt. 3, 36, primo comma, e 38, secondo comma, della Costituzione.

L'eccezione di costituzionalità si palesa tuttavia manifestamente infondata.

In proposito, occorre premettere che, secondo consolidata giurisprudenza costituzionale, rientra nella discrezionalità del legislatore (C. cost. sent. 198 del 2002) prevedere regimi previdenziali differenziati tra diverse categorie di dipendenti, e che peraltro nella specie, più che di disparità di trattamento legislativo in danno di dipendenti pubblici del comparto difesa-sicurezza, si tratta, per il vero, di mere (sebbene perpetuate nel tempo e potenzialmente in grado di produrre effetti pregiudizievoli) problematiche applicative della disciplina vigente.

D'altra parte, al legislatore deve essere riconosciuta ampia discrezionalità, tanto più in costanza di gravose esigenze di riequilibrio della finanza pubblica, nella determinazione delle modalità di computo del trattamento pensionistico, ferma rimanendo la necessità di assicurare (ex art. 38 Cost.) un livello minimo di protezione e di rispettare il principio di ragionevolezza, esigenze indubbiamente garantite anche mediante il vigente sistema di calcolo retributivo (C. cost., sent. 119 del 1997).

In detto quadro ricostruttivo, che comunque garantisce i livelli minimi di protezione sociale dei pensionati, non può dunque ritenersi che la concreta entrata a regime della c.d. previdenza complementare, pur rinvenendo comune fondamento nei richiamati principi costituzionali in materia di previdenza sociale, possa condizionare l'applicazione della riforma pensionistica obbligatoria, tanto più che i lavoratori ben possono aderire con risorse proprie a fondi pensioni, pur senza possibilità di conferimento del TFR e di eventuali versamenti aggiuntivi del datore di lavoro, ma comunque potendo usufruire di benefici fiscali.

[3] Ad ogni modo, la domanda finalizzata a vedersi calcolare il trattamento pensionistico, sino all'effettiva attuazione della previdenza complementare, secondo il c.d. criterio "retributivo" si palesa inammissibile, sotto molteplici profili.

Innanzitutto, come evidenziato dal MEF, la domanda giudiziale deve esser dichiarata inammissibile in ragione della non riscontrabilità in actis di una previa istanza amministrativa finalizzata al conseguimento del rivendicato petitum.

In proposito, occorre richiamare il disposto dell’art. 71 del regio decreto 13 agosto 1933, n. 1038, a norma del quale “I ricorsi in materia di pensioni, assegni od indennità non sono ammessi, oltre che nei casi di nullità indicati nell'art. 3, quando:

a) si impugni soltanto la parte del provvedimento per la quale fu fatta espressa riserva di ulteriore pronunzia;

b) si propongano domande sulle quali non siasi provveduto in sede amministrativa”.

Si tratta, peraltro, di disposizione confermata anche dal nuovo codice di giustizia contabile (d. lgs. n. 174/2016, applicabile, relativamente ai giudizi pensionistici, secondo la tempistica stabilita dall'art. 3 delle norme transitorie al codice), che, all'art. 153, espressamente prevede che "I ricorsi sono inammissibili ...... quando: ....... b) si propongano domande sulle quali non si sia provveduto in sede amministrativa ....".

Come pare evidente dall’esame della disposizione, la norma prevede, in ossequio al principio di buon andamento dell’amministrazione e con evidenti finalità deflattive del contenzioso, una specifica causa di inammissibilità dei ricorsi pensionistici relativamente alle ipotesi in cui si propongano domande giudiziali sulle quali non si sia neppure avanzata istanza per le vie amministrative (cfr: Sez. I° n. 375 del 30 ottobre 2007; di recente, Sez. II, sent. n. 849/2016).

Pertanto, ai fini della valutazione di ammissibilità del ricorso pensionistico, il giudice contabile è chiamato a riscontrare l’esistenza di una previa pronuncia amministrativa di diniego (nella specie, di pensione privilegiata), che pertanto costituisce un presupposto processuale necessario e, dunque, condizione di ammissibilità dell'azione dinanzi questa Corte (ex multis e da ultimo, Corte dei Conti, sez. giur. Lombardia n. 29/2016; sez. giur. Veneto n. 46/2016, Sez. Giur. Sardegna n. 7/2016).

Conseguentemente, il ricorso deve esser dichiarato inammissibile ai sensi dell’art. 71 lett. b) del r.d. 13 agosto 1933 n. 1038.

D'altra parte, occorre altresì evidenziare che lo stesso ricorso introduttivo afferma che i ricorrenti sono ancora tutti in servizio e non risulta che abbiano neppure presentato domanda di collocamento in quiescenza, cosicché la domanda di "vedersi calcolare il trattamento pensionistico, sino all'effettiva attuazione della previdenza complementare, secondo il c.d. criterio retributivo, risulta inammissibile in quanto si risolve nella richiesta di cristallizzazione di modalità di computo di un trattamento pensionistico incerto an et quando, che non potranno che esser determinate in ragione della disciplina al tempo vigente (cfr: C.d.C., Sez. Lazio n. 951/2008; id. n. Sez. Molise n. 50/2004; id n. Sez. Lombardia n. 330/2004), non esclusa anche un'eventuale contrattazione collettiva a di comparto che definisca modalità di accesso e computo della previdenza complementare che tengano conto della pur deprecabile protratta inerzia delle parti contrattuali collettive (e dunque non soltanto di quella pubblica) nell'attuazione del sistema previdenziale integrativo.

La definizione del giudizio con pronunzia di mero rito consente di ritenere assorbite le ulteriori questioni avanzate dalle parti.

[4] Quanto alla regolamentazione delle spese, se ne dispone la compensazione, avuto riguardo alla novità delle questioni trattate al tempo della proposizione del ricorso introduttivo, nonchè avuto riguardo alla definizione del giudizio con pronunzia di mero rito e al perpetuarsi della mancata attuazione del sistema di previdenza complementare.

P.Q.M.

La Corte dei Conti - Sezione Giurisdizionale Regionale per il Molise, in composizione monocratica con funzioni di Giudice Unico per le Pensioni, definitivamente pronunciando,

1) dichiara il proprio difetto di giurisdizione, in favore del giudice amministrativo (impiego pubblico non privatizzato), con riguardo alla domanda di risarcimento dei danni conseguenti al mancato avvio delle procedure di negoziazione e concertazione del trattamento di fine rapporto e previdenza complementare

2) dichiara il proprio difetto di giurisdizione, in favore del giudice amministrativo, con riguardo alla domanda relativa al trattamento di fine rapporto;

3) dichiara inammissibile la domanda giudiziale finalizzata al riconoscimento del computo del trattamento pensionistico, sino all'effettiva attuazione della previdenza complementare, secondo il c.d. criterio "retributivo";

4) compensa le spese processuali.

Così deciso in Campobasso, nella camera di consiglio, all’esito della pubblica udienza del 12 luglio 2017
IL GIUDICE
Dott. Natale Longo


Depositato in Segreteria il 24/07/2017


Il Responsabile di Segreteria
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