Straordinari e Nucleo Traduzioni Det.

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Questa sentenza del Tar Lazio non la capisco proprio, mi sembra di capire che quei Carabinieri ricorrenti si siano OFFERTI VOLONTARIAMENTE per fare straordinario oltre il normale orario di lavoro in occasione delle traduzioni di detenuti.
Infatti si legge in sentenza: “-che, al di fuori di quest’ambito, il dipendente stesso – che ambisca ad effettuare (rectius: ad esser autorizzato a svolgere) lavoro straordinario – non può vantare che un interesse legittimo ……….
……..non ci si può esimere dall’osservare come – nella circostanza – i ricorrenti non abbiano fornito, a sostegno delle loro pretese (tra l’altro: neppure quantificate), la benché minima prova: nonostante questa riguardasse (e riguardi) elementi (quale, appunto, la sussistenza della previa autorizzazione ad effettuare lo “straordinario”) rientranti, pacificamente, nella loro piena disponibilità.

Di quanto sopra ho capito tutto, la prossima volta che viene arrestato qualcuno e ho finito le mie 6 ore, dico al mio Comandante che se mi da lo straordinario eseguo la traduzione altrimenti non intendo fare straordinario e, di aspettare, per il tempo che occorre altri colleghi che devono iniziare il turno di lavoro a costo di aspettare se occorre, il giorno seguente viste le circostanze.
Speriamo che i colleghi fanno appello al CdS portando gli esempi.
Scusate la critica ma nasce spontanea.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
09/03/2011 201102127 Sentenza 1B

N. 02127/2011 REG.PROV.COLL.
N. 10213/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10213 del 2003, proposto dai signori ( congruo numero di Carabinieri) rappresentati e difesi dall'avv. Tullio Contu, con domicilio eletto presso Simona Censi in Roma, via Folco Portinari 50;
contro
il Ministero della Difesa (Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;
per l’accertamento
del diritto a vedersi retribuire l’attività lavorativa svolta, in seno al “Nucleo Traduzione Detenuti”, al di fuori del normale orario di servizio.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2011, il dott. Franco Angelo Maria De Bernardi e uditi – per le parti – i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Col ricorso in esame, 17 Carabinieri hanno chiesto l’accertamento del diritto a vedersi retribuire l’attività lavorativa (asseritamente) svolta – in seno al “Nucleo Traduzione Detenuti” – al di fuori del normale orario di servizio.
All’esito della discussione svoltasi nella pubblica udienza del 2.2.2011, il Collegio – trattenuto il predetto ricorso in decisione – ne constata la sostanziale infondatezza.
Anche – invero – a non voler considerare
-che, “in subjecta materia”, il diritto del dipendente pubblico non può avere ad oggetto che la (esatta) corresponsione di quanto (già) liquidatogli in via amministrativa;
-che, al di fuori di quest’ambito, il dipendente stesso – che ambisca ad effettuare (rectius: ad esser autorizzato a svolgere) lavoro straordinario – non può vantare che un interesse legittimo (a che l’Amministrazione eserciti i suoi poteri di autorganizzazione in conformità alle previsioni ordinamentali: e, comunque, nel rispetto di quei principi – quale, ad esempio, quello di imparzialità – che si pongono come limiti alle sue scelte discrezionali),
non ci si può esimere dall’osservare come – nella circostanza – i ricorrenti non abbiano fornito, a sostegno delle loro pretese (tra l’altro: neppure quantificate), la benché minima prova: nonostante questa riguardasse (e riguardi) elementi (quale, appunto, la sussistenza della previa autorizzazione ad effettuare lo “straordinario”) rientranti, pacificamente, nella loro piena disponibilità.
La mancata osservanza dell’onere posto, a carico della parte attrice, dagli art. 63 e 64 del d.lg. n.104/2010 (che ricalcano, del resto, quanto stabilito – in ordine ai giudici civili – dall’art. 2697 c.c.) è – di per sé – tale da indurre il Collegio (che rileva, per di più, come – nell’atto introduttivo del presente giudizio – si sostenga che il lavoro straordinario svolto dagli interessati è stato retribuito “forfettariamente”) a ritenere (come si è detto) infondate le cennate pretese patrimoniali.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
-rigetta il ricorso indicato in epigrafe;
-condanna i proponenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio: che liquida in complessivi 4000 euro.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 2 febbraio 2011, con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere
Franco Angelo Maria De Bernardi, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/03/2011


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Re: Straordinari e Nucleo Traduzioni Det.

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Potrebbe servire

Risarcimento danni per stress da lavoro straordinario

Il lavoratore che su richiesta del suo datore di lavoro svolge un numero rilevante e continuativo di ore di lavoro straordinario e che per tale ragione viene colpito da stress psicofisico ha diritto al risarcimento del danno biologico. L’entità del risarcimento, tuttavia, non può essere determinata dal giudice sulla base dei dati forniti dalle parti ma deve essere stabilita dal medico legale.
A stabilirlo è stata la Corte di Cassazione con la sentenza n. 5437 dell’8 marzo 2011, con la quale ha accolto in parte il ricorso presentato dalla società datrice di lavoro avverso la sentenza della Corte d’Appello.
La Suprema Corte, infatti, ha stabilito che nel caso in esame sussiste in capo al lavoratore il diritto al risarcimento del danno biologico per via del carattere fortemente usurante sul piano psico-fisico del lavoro svolto, tuttavia non ha ritenuto fondato il criterio adottato dai giudici di merito per la quantificazione del danno.
A riguardo, infatti, la Cassazione ha affermato che, intendendosi per danno biologico la lesione dell’integrità psico-fisica della persona suscettibile di valutazione medico legale, nel quantificarlo il giudice non può limitarsi a richiamare il criterio dell’equità e ad individuare una somma in modo apodittico, ma deve giungere alla determinazione mediante una valutazione del medico legale.
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Re: Straordinari e Nucleo Traduzioni Det.

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Servizi esterni CC.
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SENTENZA ,sede di CGARS_GIURISDIZIONALE ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201500412
- Public 2015-05-29 -


N. 00412/2015REG.PROV.COLL.
N. 01484/2001 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
in sede giurisdizionale
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso n. 1484/ 2001 R.G. proposto da:
MINISTERO DELL’INTERNO, in persona del Ministro in carica;
MINISTERO DELLA DIFESA, in n persona dei rispettivi Ministri in carica,
Tutti rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura Distrettuale dello Stato, domiciliata in Palermo, via A. De Gasperi, n. 81;

contro
(congruo nr. di ricorrenti – omissis – per spazio) , rappresentati e difesi dall'avv. Filippo Cangemi, con domicilio eletto presso Filippo Cangemi in Palermo, Via Tevere 4; (congruo nr. di ricorrenti – omissis - ); -
Tutti rappresentati e difesi dall’avv. Filippo Cangemi, presso il quale sono elettivamente domiciliati in Palermo, via Tevere n. 4.

per la riforma

della sentenza del TAR SICILIA - PALERMO : Sezione II n. 00992/2001, resa tra le parti, concernente: Indennità Servizio Scorta - Decorrenza differenze

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di (omissis congruo nr. di ricorrenti);
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 12 dicembre 2014 il Consigliere Giuseppe Mineo e uditi per le parti gli avvocati La Rocca e Cangemi;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO

Viene in discussione l’appello avverso la sentenza citata in epigrafe, con la quale il primo Giudice ha accolto il ricorso degli odierni appellanti, e, per l’effetto, ha dichiarato il loro diritto alla corresponsione dell’indennità prevista dall’art. 42 D.P.R. n. 31 luglio 1995, n. 395, con la decorrenza di legge, dei connessi crediti accessori per interessi e rivalutazione da calcolarsi secondo la normativa applicabile.

Nell’udienza del 12 dicembre 2014 l’appello è stato trattenuto per la decisione.

DIRITTO

Con ricorso n. 900/1997 R.G. gli odierni appellati, tutti militari dell’Arma dei Carabinieri, assegnati al reparto servizio magistratura, sezione scorte della Regione Siciliana, eccetto i sigg. C.. e S.., addetti a ‘mansioni equivalenti’, chiedevano l’accertamento del diritto alla corresponsione dell’indennità contemplata dall’art. 42 D.P.R. n. 395/1995 ( rubricato “Servizi Esterni ed Ordine Pubblico in sede”) a decorrere dall’1.11.1995, con interessi e rivalutazione monetaria da ogni singola scadenza.

Il TAR, con la sentenza oggetto del presente gravame, ha accolto il ricorso, in accordo con proprie precedenti decisioni in materia: n. 153/1998 e n. 1694/2000, la prima delle quali confermata da questo C. G. A. con sentenza n. 169 del 5 maggio 1999. Nel dichiarare fondata la domanda degli agenti ricorrenti, in particolare, il primo Giudice ha evidenziato:
a) che “l’indennità in questione è intesa a remunerare con un compenso giornaliero il “ particolare disagio” derivante dal servizio svolto in ambiente esterno e quindi in condizioni più gravose rispetto alla normale attività di istituto” ;
b) che tale interpretazione non trova ostacolo in quanto ritenuto dalla stessa Amministrazione degli Interni, come emergerebbe, in particolare , dal tenore della circolare n. 333.A. 9801.B.210.4.53 del 3 luglio 1990: la quale, si sottolinea, dopo aver “preso atto della genericità della previsione di cui all’art.9 D.P.R. cit. nell’indicare i servizi che comportano la corresponsione dell’indennità di cui trattasi… “, ha tuttavia precisato “che l’esemplificazione di detti servizi non è completamente esaustiva”; - riconoscendo così, a detta del primo Decidente, la possibilità di individuare “altri servizi” che possono essere qualificati ‘esterni’ ;
c) che, d’altra parte, sulla falsariga di quanto ritenuto da questo C.G.A. con la citata sentenza n. 169/1999 “non può ritenersi discutibile l’effettiva connotazione e natura del servizio di scorta e di vigilanza, che deve essere espletato prevalentemente all’esterno dei locali dell’ufficio di appartenenza dei singoli agenti sulla base di ordini formali di servizio”.

Avverso la decisione così resa la Difesa Erariale, in rappresentanza delle Amministrazioni soccombenti, ha proposto appello con cui, dopo aver eccepito, con il primo motivo, la estromissione del Ministero della Difesa dal contenzioso sulla materia controversa, e, comunque, con il terzo motivo, la prescrizione “per gran parte dei ricorrenti” dei crediti pretesi, sul merito della pretesa patrimoniale ha contestato il riconoscimento agli odierni appellati della richiesta indennità motivando in particolare sul fatto:
a) che l’esclusione del personale impiegato nel ‘servizio scorta’ dal godimento dell’indennità in oggetto, così come decisa dalle circolari ministeriali contestate dagli agenti appellati, in realtà appare congrua con i principi posti in materia dal D.P.R. n. 395/1995, dei quali esse costituiscono la legittima specificazione applicativa;
b) che, d’altra parte, l’esclusione risulta confermata dalla formulazione del successivo accordo sindacale recepito con il D.P.R. n. 254/1999, che, viceversa, con l’art. 11, comma 1°, ha espressamente esteso il campo d’applicazione dell’art. 9, 1° comma, D.P.R. n. 395/1995 rispettivamente al personale della Polizia di Stato, ai militari dell’Arma dei Carabinieri ed agli Agenti della Guardia di Finanza che effettuano servizi di scorta; e
c), pertanto, considerato l’efficacia temporale propria dei contratti collettivi e le tipiche modalità di interpretazione delle disposizioni da essi poste, in ragione di tale espressa menzione consegue “l’insussistenza fino al 1999 del diritto dei ricorrenti all’indennità per lo svolgimento dei “servizi esterni”.

L’appello va respinto per le ragioni che qui di seguito si precisano.

Invero, la legittimità della mancata attribuzione dell’indennità qui controversa, nei termini affermati dalla difesa erariale: e cioè fino a quando, a seguito dell’emanazione del D.P.R. n. 254/1999, essa è stata “espressamente” riconosciuta anche al personale delle forze dell’ordine (a partire dai militari dell’Arma dei Carabinieri) che svolgono servizi di scorta alle condizioni operative ivi indicate - è stata suffragata da quella giurisprudenza consiliare la quale, sulla scorta di un parere espresso dal Consiglio di Stato (Sez. II 28.7.1998, n. 1252/1997), dopo aver premesso che “il “servizio esterno”, in relazione al quale l’art. 12 del D.P.R. n. 147/1990 e l’art. 9 D.P.R. n. 395/1995 prevedevano la corresponsione di una speciale indennità, era quello caratterizzato da una condizione di particolare disagio per il personale dipendente derivante dall’esposizione, sistematica (cioè in base a turnazione) e continuativa (per la durata giornaliera del servizio), a particolari agenti atmosferici ed a specifici rischi…”; - sulla base di tali premesse ha quindi ritenuto: che “tale condizione, appunto, non si verificava per il servizio di scorta (e né i ricorrenti, per altro verso, l’hanno adeguatamente dedotto e comprovato) giacché, altrimenti, si sarebbe dovuto includere nel relativo ambito ogni attività svolta fisicamente al di fuori dei locali dell’ufficio di appartenenza, con evidente snaturamento della finalità della rivendicata indennità (in tal senso, Sez. VI, decisioni nn.28.9.2006, nn.5692, 5692 e 5694/2006)”; ovvero, che “è stato l’art. 11, comma 1, del D.P.R. 16.3.1999, n. 254 ad estendere il rivendicato compenso di cui all’art. 9, comma 1, del D.P.R. n. 395/1999, anche al servizio di scorta, prescrivendo tuttavia, - con una disposizione che, per la sua stessa formulazione, non ha carattere ricognitivo di un principio già precedentemente in vigore – che l’operatività dell’estensione dovesse decorrere dal 1°.6.1999 “; e, pertanto, che “i servizi di scorta e tutela in questione non sono contemplati nell’ambito dei protocolli di intesa e delle “circolari” del Ministero che elencano i servizi esterni, protocolli e circolari, che non possono avere valore solo esemplificativo, per i riflessi finanziari dell’individuazione di tali servizi e l’espressa considerazione del servizio di scorta quale servizio esterno solo a decorrere dal 1°.6.1999, per effetto dell’entrata in vigore del D.P.R. 16.3.1999 n. 254, ed atteso che nella specie il periodo controverso è comunque anteriore all’entrata in vigore del decreto appena citato.” ( Cons. Stato, VI., n. 469/2008).

Anche per gli argomenti utilizzati dalla giurisprudenza consiliare sopra riferita, dunque, le censure avanzate dalla Difesa Erariale avverso la decisione resa dal primo Giudice denunciano la estraneità del servizio scorte al novero dei servizi ‘esterni’ contemplati dall’art. 9 e 42 del D.P.R. n. 395/1995 invocando, sotto un duplice profilo concettuale, la particolare natura della disciplina posta dalle norme controverse, e cio in quanto: trattandosi di norme contenente ‘principi’ posti per regolare il complesso sistema dei rapporti tra P.A. e i suoi dipendenti, per ciò stesso competerebbe poi all’Amministrazione, attraverso le circolari del tipo di quelle ex adverso contestate dalla difesa degli appellati, individuare i criteri connotativi delle attività ammesse a godere l’indennità, anche “per i riflessi finanziari” che siffatta individuazione dei servizi comporta, così come puntualmente sottolineato nella decisione consiliare da ultimo riferita; e, inoltre, le norme (poste dall’accordo intersindacale e poi recepite dai decreti presidenziali, che ad esse danno efficacia ‘erga omnes’) delle quali qui si controverte, si caratterizzerebbero per essere suscettibili di modificazione soltanto “testuale”, cioè a seguito della negoziazione contrattuale successivamente intervenuta, e così riportata nel testo dell’accordo, sulla falsariga di quanto disposto dal D.P.R. n. 254/1999, che in materia ha proceduto a superare la formulazione dell’art. 9 e 42, 1 cpv., del D.P.R. n. 395/1995, comprendendo “espressamente” il servizio di scorta quale ‘ servizio esterno ’ suscettibile di essere indennizzato, ancorché solamente “A decorrere dal 1°.6.1999…”, così come recita l’art. 11 del medesimo Decreto.

Ebbene, se d’accordo con l’indirizzo consolidato – e senza considerare quelle pronunce pretorie che, sulla scia delle innovazioni prodotte nel 1999, hanno pure affermato il diritto all’indennità per “qualsiasi attività svolta al di fuori dei locali degli uffici di appartenenza ..”( così TAR Veneto, n. 3251/2007) - si deve continuare a ritenere che anche dopo la pubblicazione del D.P.R. n. 254/1999 il ristoro del particolare disagio psico fisico ha continuato a connotare la tipologia dei servizi esterni ammessi a godere del beneficio compensativo, allora non si può ragionevolmente dubitare del fatto che tale ‘ratio’ connotativa assista la pretesa vantata dagli odierni appellati per il servizi di scorta da essi prestati secondo le modalità formali e di turnazione contemplati dall’art. 9 del D.P.R n. 395/1995; e ciò sia sotto il profilo del ‘rischio’ specifico, che tipicamente accompagna i servizi di scorta, concepiti e giustificati proprio per la sicurezza di determinate persone ad esso esposte e, perciò, con le medesime condiviso da parte di chi presta il servizio, che a fortiori deve postularsi per i casi qui controversi, riguardanti servizi prestati a favore di magistrati in ragione dell’esercizio della particolare attività svolta; sia per le modalità di esercizio, atteso che, come sopra evidenziato, lo svolgimento “all’aria aperta” del servizio in realtà non esprime una modalità connotativa esclusiva dei ‘servizi esterni’, bensì un indice della ‘rischiosità’ del servizio indennizzabile, la quale, pertanto, costituisce il criterio fondante per la suo apprezzamento, anche se tale carattere può dipendere da altri fattori.

Di tutto ciò, in realtà, non sembra dubitare neppure la Difesa erariale, che in questa sede, come motivo dirimente. finisce per invocare il fatto che il servizio di scorta, svolto secondo le modalità ex adverso invocate dagli agenti appellati, in realtà non rientrerebbe tra quelli formalmente contemplati dal D.P.R. n. 395/1995, diversamente da quanto poi statuito con il successivo D.P.R. n. 254/1999, a riprova del fatto che fino a quella data (1.06.1999) nulla poteva essere preteso, perché nulla era stato accordato. In altre parole, l’esclusione dal riconoscimento dell’indennità si giustificherebbe non già perché il servizio non ripeterebbe astrattamente la ratio che la giustifica nei casi espressamente contemplati, bensì per factum principis, ovvero perché non compreso nell’oggetto dell’accordo intersindacale che sta alla base della formulazione dell’art. 9 del D.P.R. n. 395/1995; e, proprio per tale origine negoziale, non altrimenti giustificabile prima della sua esplicita indicazione, avvenuta giusto con la formulazione adottata nel 1999 dal D.P.R. n. 254/1999.

L’argomento, oltre che erroneo, prova troppo. Ed invero, la controversia riguarda la corretta applicazione anche da parte dell’Amministrazione di una disciplina che, seppure ha origine pattizia perché frutto di trattative intersindacali, assume i suoi definitivi connotati di efficacia formale in virtù di un decreto presidenziale, e, in ragione di ciò riveste forza e valore di legge. Se così è, allora, la disciplina posta deve essere interpretata ed applicata innanzi tutto secondo i criteri che presiedono alla interpretazione ed applicazione della legge (a partire dall’art. 12 prel.) e non già secondo i canoni ermeneutici che presiedono alla interpretazione ed applicazione dei contratti, come nella sostanza preteso dalla Difesa erariale. D’altra parte, anche a voler utilizzare questi ultimi, non sembra che possa escludersi valore alla pretesa vantata dagli agenti odierni sulla base della “comune intenzione delle parti” così come dispone l’art. 1362 c.c., atteso che, a smentire tale ragionamento, basta il fatto che la esclusione dei servizi qui contestati è stata decretata, con riferimento al D.P.R. n. 395/1995, esclusivamente dell’Amministrazione, ritenuta, invero,alquanto contraddittoriamente, essere l’unica depositaria del potere di conformazione e/o specificazione della disciplina primaria posta dei decreti presidenziali di ricezione degli accordi intersindacali.

Si deve pertanto ritenere, a maggior suffragio di quanto deciso in prime cure, che sia sotto il profilo formale che sotto il profilo funzionale non si riscontra alcun argomento significativo per escludere agli agenti che svolgono le prestazioni inerenti il c.d. servizio scorta l’indennità prevista per i servizi esterni organizzati secondo le modalità previste dall’art. 9 del D.P.R. n: 395/1999: sia perché trattasi di attività che di regola viene svolta al di fuori dai locali di servizio, a nulla rilevando che debba necessariamente trattarsi di servizio ’pleno aere’, come in contrario ritenuto dall’Amministrazione appellante per rimarcare così erroneamente il particolare ‘disagio’ psicofisico richiesto per il riconoscimento dell’indennità, che nella fattispecie risulta altrimenti connesso con il ‘rischio’ che tipicamente connota e giustifica la prestazione dei servizi di scorta.

In questo senso, il fatto che il D.P.R. n. 254/1999, diversamente dal D.P.R. n. 395/1999, abbia espressamente contemplato i servizi di scorta tra quelli suscettibili di essere indennizzati, è servito, a ben vedere, soprattutto per porre termine alle controversie applicative sorte sul punto per effetto dell’interpretazione operata dall’Amministrazione giusto in ragione delle circolari qui contestate dagli odierni appellati. Né può essere condivisa la tesi della Difesa erariale, per escludere dai benefici prestazioni che ragionevolmente ripetono la giustificazione e le connotazioni formali prescritti dal D.P. R. n. 395/1995, pena una ingiustificata disparità di trattamento verso coloro i quali hanno titolo per pretendere il riconoscimento della specialità del servizio prestato sotto il profilo, innanzi tutto, del particolare disagio psico fisico cui sono esposti.

In conclusione, dichiarata la estromissione del Ministero della Difesa dal contenzioso sulla materia qui controversa, così come eccepita con il primo motivo d’appello (trattandosi di carabinieri che hanno svolto mansioni di sicurezza ed ordine pubblico, di spettanza del Ministero dell’Interno), e ritenuta priva di fondamento, perché non altrimenti definita e provata, la prescrizione “per gran parte dei ricorrenti” invocata dalla Difesa Erariale con il terzo motivo di censura, anche nel merito della pretesa patrimoniale l’appello risulta infondato e deve essere respinto.

La natura della controversia, anche in ragione dei contrasti giurisprudenziali, può giustificare la compensazione delle spese di giudizio tra le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale,
definitivamente pronunciando, respinge l’appello, come in epigrafe proposto, nei limiti ed agli effetti indicati in motivazione.

Spese del grado di giudizio compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Palermo nella Camera di Consiglio del giorno 12 dicembre 2014 con l'intervento dei magistrati:
Raffaele Maria De Lipsis, Presidente
Gabriele Carlotti, Consigliere
Vincenzo Neri, Consigliere
Giuseppe Mineo, Consigliere, Estensore
Alessandro Corbino, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: Straordinari e Nucleo Traduzioni Det.

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Appello respinto.

1) - attività lavorativa asseritamente svolta al di fuori del normale orario di servizio????? (ma che scrivono)

2) - non hanno nemmeno prodotto gli atti (in specie: l’autorizzazione a svolgere lavoro straordinario) che - come correttamente osserva il T.A.R. - dovevano essere necessariamente in loro possesso.???? (ma che scrivono)

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SENTENZA ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 4 ,numero provv.: 201800036
- Public 2018-01-04 -


Pubblicato il 04/01/2018

N. 00036/2018 REG. PROV. COLL.
N. 02467/2012 REG. RIC.
N. 02468/2012 REG. RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Quarta)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

sul ricorso numero di registro generale 2467 del 2012, proposto da Renato Carella, rappresentato e difeso dall'avvocato Tullio Contu, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Laura Tricerri in Roma, via Cosseria, 5;

contro
Ministero della difesa, Ministero dell'interno, Ministero della giustizia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., non costituiti in giudizio;



sul ricorso numero di registro generale 2468 del 2012, proposto da Corrado Venè, Tommaso Madeo, Costantino Spissu, Giuseppe Ansaldi, Mauro Avellino, Luigi Orlando, Mario D'Auria, Alessandro Palladino, Walter Candiracci, Luigi Rocco, rappresentati e difesi dall'avvocato Tullio Contu, con domicilio eletto presso lo studio dell’avvocato Laura Tricerri in Roma, via Cosseria, 5;

contro
Ministero della difesa, Ministero dell'interno, Ministero della giustizia, in persona dei rispettivi legali rappresentanti p.t., rappresentati e difesi per legge dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici sono domiciliati in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per la riforma
quanto a entrambi i ricorsi:

della sentenza del T.A.R. per il Lazio, sezione I bis, 9 marzo 2011, n. 2127.

Visti i ricorsi in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della difesa, del Ministero dell'interno, del Ministero della giustizia e dell’Arma dei carabinieri;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 14 dicembre 2017 il consigliere Giuseppe Castiglia;
Uditi per le parti l’avvocato Migliaccio, su delega dell’avvocato Contu, e l’avvocato dello Stato Cesaroni;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.


FATTO e DIRITTO

1. Il signor Corrado Venè e 16 altri suoi colleghi, tutti appartenenti all’Arma dei carabinieri, hanno chiesto l’accertamento del diritto a vedersi retribuire l’attività lavorativa asseritamente svolta al di fuori del normale orario di servizio, in seno al Nucleo traduzione detenuti del Comando di Livorno, dal 1991 al 1996.

2. Con sentenza 9 marzo 2011, n. 2127, il T.A.R. per il Lazio, sez. I bis, ha respinto il ricorso, condannando i ricorrenti al pagamento delle spese di giudizio. Il Tribunale regionale ha ritenuto che i ricorrenti non avessero assolto l’onere della prova in ordine al fondamento della pretesa fatta valere in giudizio non producendo neppure la documentazione che dovrebbe pacificamente rientrare nella loro piena disponibilità, a partire dalla necessaria autorizzazione a svolgere il lavoro straordinario.

3. Alcuni degli originari ricorrenti hanno interposto due separati appelli, di identico contenuto, avverso la sentenza n. 2127/2011 (n.r.g. 2012/2467 e n.r.g. 2012/2468).

4. Gli appellanti premettono che la sentenza di primo grado sarebbe effetto di grave colpa del Tribunale territoriale e sarebbe stata adottata al termine di un giudizio ingiustificatamente lungo. Per tali ragioni si riservano di proporre un’azione di responsabilità civile e di chiedere il risarcimento dei danni materiali e morali ex c.d. “legge Pinto”.

5. Nel merito, essi rinnovano la richiesta - già formulata in primo grado e disattesa dal T.A.R. - di ordinare all’Arma dei carabinieri di produrre in giudizio tutta la documentazione idonea a ricostruire il lavoro straordinario prestato nonché di nominare un consulente del lavoro per l’analisi di tale documentazione e la ricostruzione del lavoro straordinario svolto in relazione a diversi istituti (stipendio, ferie, tredicesima mensilità, trattamento di fine rapporto, trattamento pensionistico e previdenziale). Chiedono infine che, all’esito dell’istruttoria, l’Amministrazione sia condannata al pagamento delle somme che risulteranno dovute con interessi legali e rivalutazione monetaria.

6. L’Avvocatura generale dello Stato, per conto dei Ministeri della difesa, degli interni e della giustizia nonché dell’Arma dei carabinieri, si è costituita in giudizio per resistere all’appello nel solo ricorso n.r.g. 2012/2468.

7. All’udienza pubblica del 14 dicembre 2017, gli appelli sono stati chiamati e trattenuti in decisione.

8. In via preliminare gli appelli, che investono la medesima sentenza, devono essere riuniti a norma dell’art. 96, comma 1, c.p.a.

9. Gli appelli sono infondati.

9.1. Le parti private hanno formulato e reiterato una pretesa patrimoniale generica e indeterminata nel suo fondamento, si sono rimessi ai poteri del giudice per dare a essa effettivo contenuto, non hanno nemmeno prodotto gli atti (in specie: l’autorizzazione a svolgere lavoro straordinario) che - come correttamente osserva il T.A.R. - dovevano essere necessariamente in loro possesso.

9.2. Il ricorso introduttivo del giudizio di primo grado si pone dunque al limite dell’inammissibilità, in quanto chiede l’accertamento di un diritto in astratto e non in relazione a una situazione concreta e, lungi dal provare, non contiene nemmeno l’allegazione di un minimo di elementi di fatto costitutivi della domanda.

9.3. Quanto all’istanza istruttoria che dovrebbe dare più solido fondamento alla pretesa degli appellanti, formulata in primo grado e rinnovata in questa sede di appello, il Collegio rileva che l’art. 63, comma 1, c.p.a., fa salvo il principio dell’onere della prova, così rinviando all’art. 2697 c.c.

9.4. Vero è che, secondo un diffuso orientamento, la strutturale disparità fra le parti nel processo amministrativo, almeno nell’ambito dei rapporti fra privato e P.A., e l’interesse pubblico immanente alla tutela della giustizia nell’Amministrazione sono a base dell’attribuzione dei particolari poteri istruttori del giudice ora testualmente riconosciuti dagli artt. 63 e 64 c.p.a., da esercitarsi anche d’ufficio.

9.5. Tuttavia, anche ad ammettere che, in tema di prova, il processo amministrativo non sia retto dal principio dispositivo pieno e che l’onere della prova si attenui nell’onere del principio di prova, certo è che:

a) l’attività istruttoria del giudice presuppone quanto meno l’allegazione in maniera sufficientemente circostanziata e precisa, ad opera della parte interessata, dei fatti da provare (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 17 settembre 2001, n. 4862);

b) la parte non può limitarsi a formulare le proprie richieste e censure in modo del tutto generico, invocando nella sostanza una attività istruttoria al solo scopo di dare un contenuto concreto alla propria iniziativa processuale (cfr. Cons. Stato, sez. VI, 3 novembre 1999, n. 1702);

c) quando il ricorrente non fornisca almeno un principio di prova, il giudice non può disporre d’ufficio indagini istruttorie (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 gennaio 1998, n. 90; sez. V, 10 febbraio 1998, n. 151);

d) l’esercizio dei poteri istruttori d’ufficio non è doveroso, ma resta rimesso al prudente apprezzamento del giudice (cfr. Cons. Stato, sez. V, 23 aprile 1991, n. 637);

10. Dalle considerazioni che precedono discende che l’istanza istruttoria non può essere accolta e che - come anticipato - gli appelli sono infondati e vanno perciò respinti, con conferma della sentenza impugnata.

11. Nulla deve disporsi quanto alle spese di giudizio per l’appello n.r.g.2012/2467, nel quale l’Amministrazione non è costituita.

In ordine all’appello n.r.g. 2012/2468, le spese del presente grado di giudizio, regolamentate secondo l’ordinario criterio della soccombenza, sono liquidate in dispositivo tenuto conto dei parametri stabiliti dal regolamento 10 marzo 2014, n. 55.

12. Il Collegio rileva, inoltre, che la pronuncia di reiezione dell’appello si basa, come sopra illustrato, su ragioni manifeste che integrano i presupposti applicativi dell’art. 26, comma 1, c.p.a. secondo l’interpretazione che ne è stata data dalla giurisprudenza di questo Consiglio, sostanzialmente recepita, sul punto in esame, dalla novella recata dal decreto-legge n. 90 del 2014 all’art. 26 c.p.a. [cfr. sez. V, 21 novembre 2014, n. 5757; sez. V, 11 giugno 2013, n. 3210; sez. V, 31 maggio 2011, n. 3252; sez. V, 26 marzo 2012, n. 1733; sez. V, 9 luglio 2015, n. 3462; cui si rinvia ai sensi degli artt. 74 e 88, co. 2, lett. d), c.p.a. anche in ordine alle modalità applicative ed alla determinazione della misura indennitaria conformemente, peraltro, ai principi elaborati dalla Corte di cassazione (cfr. da ultimo sez. VI, 2 novembre 2016; sez. VI, 12 maggio 2017, n. 11939)].

13. La condanna degli appellanti ai sensi dell’art. 26 c.p.a. rileva, infine, anche agli effetti di cui all’art. 2, comma 2 quinquies, lett. a) e d), della legge 24 marzo 2001, n. 89, come da ultimo modificato dalla legge 28 dicembre 2015, n. 208.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sugli appelli riuniti, come in epigrafe proposti, li respinge e, per l'effetto, conferma la sentenza impugnata.

Nulla dispone quanto alle spese di giudizio per l’appello n. 2012/2467.

Quanto all’appello n. 2012/2468, condanna gli appellanti soccombenti in solido al pagamento delle spese di giudizio, che liquida nell’importo di euro 6.000,00 (seimila/00), oltre agli accessori di legge.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 14 dicembre 2017 con l'intervento dei magistrati:
Filippo Patroni Griffi, Presidente
Fabio Taormina, Consigliere
Leonardo Spagnoletti, Consigliere
Giuseppe Castiglia, Consigliere, Estensore
Luca Lamberti, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giuseppe Castiglia Filippo Patroni Griffi





IL SEGRETARIO
avt8
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Re: Straordinari e Nucleo Traduzioni Det.

Messaggio da avt8 »

panorama ha scritto:Questa sentenza del Tar Lazio non la capisco proprio, mi sembra di capire che quei Carabinieri ricorrenti si siano OFFERTI VOLONTARIAMENTE per fare straordinario oltre il normale orario di lavoro in occasione delle traduzioni di detenuti.
Infatti si legge in sentenza: “-che, al di fuori di quest’ambito, il dipendente stesso – che ambisca ad effettuare (rectius: ad esser autorizzato a svolgere) lavoro straordinario – non può vantare che un interesse legittimo ……….
……..non ci si può esimere dall’osservare come – nella circostanza – i ricorrenti non abbiano fornito, a sostegno delle loro pretese (tra l’altro: neppure quantificate), la benché minima prova: nonostante questa riguardasse (e riguardi) elementi (quale, appunto, la sussistenza della previa autorizzazione ad effettuare lo “straordinario”) rientranti, pacificamente, nella loro piena disponibilità.

Di quanto sopra ho capito tutto, la prossima volta che viene arrestato qualcuno e ho finito le mie 6 ore, dico al mio Comandante che se mi da lo straordinario eseguo la traduzione altrimenti non intendo fare straordinario e, di aspettare, per il tempo che occorre altri colleghi che devono iniziare il turno di lavoro a costo di aspettare se occorre, il giorno seguente viste le circostanze.
Speriamo che i colleghi fanno appello al CdS portando gli esempi.
Scusate la critica ma nasce spontanea.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
09/03/2011 201102127 Sentenza 1B

N. 02127/2011 REG.PROV.COLL.
N. 10213/2003 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 10213 del 2003, proposto dai signori ( congruo numero di Carabinieri) rappresentati e difesi dall'avv. Tullio Contu, con domicilio eletto presso Simona Censi in Roma, via Folco Portinari 50;
contro
il Ministero della Difesa (Comando Generale dell’Arma dei Carabinieri), rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata per legge in Roma, via dei Portoghesi 12;
per l’accertamento
del diritto a vedersi retribuire l’attività lavorativa svolta, in seno al “Nucleo Traduzione Detenuti”, al di fuori del normale orario di servizio.

Visto il ricorso, con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Ministero della Difesa;
Visti gli atti tutti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 2 febbraio 2011, il dott. Franco Angelo Maria De Bernardi e uditi – per le parti – i difensori come da verbale;
Ritenuto e considerato quanto segue.

FATTO e DIRITTO
Col ricorso in esame, 17 Carabinieri hanno chiesto l’accertamento del diritto a vedersi retribuire l’attività lavorativa (asseritamente) svolta – in seno al “Nucleo Traduzione Detenuti” – al di fuori del normale orario di servizio.
All’esito della discussione svoltasi nella pubblica udienza del 2.2.2011, il Collegio – trattenuto il predetto ricorso in decisione – ne constata la sostanziale infondatezza.
Anche – invero – a non voler considerare
-che, “in subjecta materia”, il diritto del dipendente pubblico non può avere ad oggetto che la (esatta) corresponsione di quanto (già) liquidatogli in via amministrativa;
-che, al di fuori di quest’ambito, il dipendente stesso – che ambisca ad effettuare (rectius: ad esser autorizzato a svolgere) lavoro straordinario – non può vantare che un interesse legittimo (a che l’Amministrazione eserciti i suoi poteri di autorganizzazione in conformità alle previsioni ordinamentali: e, comunque, nel rispetto di quei principi – quale, ad esempio, quello di imparzialità – che si pongono come limiti alle sue scelte discrezionali),
non ci si può esimere dall’osservare come – nella circostanza – i ricorrenti non abbiano fornito, a sostegno delle loro pretese (tra l’altro: neppure quantificate), la benché minima prova: nonostante questa riguardasse (e riguardi) elementi (quale, appunto, la sussistenza della previa autorizzazione ad effettuare lo “straordinario”) rientranti, pacificamente, nella loro piena disponibilità.
La mancata osservanza dell’onere posto, a carico della parte attrice, dagli art. 63 e 64 del d.lg. n.104/2010 (che ricalcano, del resto, quanto stabilito – in ordine ai giudici civili – dall’art. 2697 c.c.) è – di per sé – tale da indurre il Collegio (che rileva, per di più, come – nell’atto introduttivo del presente giudizio – si sostenga che il lavoro straordinario svolto dagli interessati è stato retribuito “forfettariamente”) a ritenere (come si è detto) infondate le cennate pretese patrimoniali.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
-rigetta il ricorso indicato in epigrafe;
-condanna i proponenti al pagamento, in solido, delle spese del giudizio: che liquida in complessivi 4000 euro.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso in Roma, nella Camera di Consiglio del giorno 2 febbraio 2011, con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Giancarlo Luttazi, Consigliere
Franco Angelo Maria De Bernardi, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 09/03/2011
Sentenza corretta, -Ma il ricorso e stato fatto da C.C. ignoranti in materia di pagamento di straordinario- Perchè se si vuole che lo straordinario venga pagato per tutte le ore effettuate ,occorre attestato da parte del comando che lo autorizza ad effettuare lo straordinario. e in fase di ricorso occorre sempre quantificare il totale delle ore a quale somma di euro corrisponde, e differenziandolo nel calcolo se si tratta di orario normale feriale, orario notturno oppure orario festivo- Se avessero messo queste piccole cose nel ricorso,e di trovare un avvocato esperto in diritto amministrativo del pubblico impiego, avrebbero vinto la causa- al 100%
panorama
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Re: Straordinari e Nucleo Traduzioni Det.

Messaggio da panorama »

avt8, non concordo con te, evidentemente "forse" tu non ne hai mai fatte di traduzioni a lungo percorso ma io ne ho fatte tante, dal Sud a Nord, isole comprese.
Ora ti spiego perchè sbagli.
Questo un tempo, quando le traduzioni erano in carico a noi Carabinieri poi assorbite dalla PolPen.
Es.: si partiva da Padova per arrivare in Calabria o Sicilia o Roma. Ebbene chi veniva impiegato in tale compito veniva munito di Foglio di Viaggio (documento ove venivano messi i timbri di partenza e di arrivo presso la destinazione del carcere e viceversa). Quindi veniva pagata la missione e le relative fatture di vitto ed eventualmente di pernotto. Tutto veniva documentato con questo foglio di viaggio (o foglio di missione). Alcuni comandanti non ti segnavano lo straordinario così come era previsto dopo l'orario d'obbligo, lo straordinario per tale servizio era un tabù e ognuno interpretava le norme diversamente. negli anni '90 anche nella zona di Napoli era stato fatto un ricorso al Tar ma essendo che a quei tempi era raro possedere un P.C. in casa con internet, quindi mancava la possibilità primaria, rispetto ad oggi. Infatti di questo ricorso in Campania si sono perse le tracce per mancanza d'informazione e poi i colleghi CC.ricorrenti non hanno fatto sapere nulla circa l'esito, altrimenti, si sarebbero aggiunti altri colleghi interessati a un proprio diritto relativo alle ore di straordinario. Sai avt8, quante ore si impiegano da Nord a Sud? Se era un servizio disposto a lunga percorrenza non c'era bisogno di nessuna autorizzazione per fare lo straordinario, perchè avendo a bordo dei detenuti prelevati dal carcere e trasferirli in un altra località d'Italia, per logica poi bisognava fare rientro ai propri Reparti di appartenenza. Stessa cosa valeva se il detenuto era a Padova e doveva essere presente al processo presso il Tribunale Bologna, quandi si partiva ad una certa ora per essere presente per poi riportarlo nuovamente alla Casa Circondariale. Come vedi, di esempi se ne possono fare tanti ma poi il dialogo si allunga. Dovresti sapere anche che noi CC. facevano anche le traduzioni detenuti a mezzo Treni.
avt8
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Re: Straordinari e Nucleo Traduzioni Det.

Messaggio da avt8 »

panorama ha scritto:avt8, non concordo con te, evidentemente "forse" tu non ne hai mai fatte di traduzioni a lungo percorso ma io ne ho fatte tante, dal Sud a Nord, isole comprese.
Ora ti spiego perchè sbagli.
Questo un tempo, quando le traduzioni erano in carico a noi Carabinieri poi assorbite dalla PolPen.
Es.: si partiva da Padova per arrivare in Calabria o Sicilia o Roma. Ebbene chi veniva impiegato in tale compito veniva munito di Foglio di Viaggio (documento ove venivano messi i timbri di partenza e di arrivo presso la destinazione del carcere e viceversa). Quindi veniva pagata la missione e le relative fatture di vitto ed eventualmente di pernotto. Tutto veniva documentato con questo foglio di viaggio (o foglio di missione). Alcuni comandanti non ti segnavano lo straordinario così come era previsto dopo l'orario d'obbligo, lo straordinario per tale servizio era un tabù e ognuno interpretava le norme diversamente. negli anni '90 anche nella zona di Napoli era stato fatto un ricorso al Tar ma essendo che a quei tempi era raro possedere un P.C. in casa con internet, quindi mancava la possibilità primaria, rispetto ad oggi. Infatti di questo ricorso in Campania si sono perse le tracce per mancanza d'informazione e poi i colleghi CC.ricorrenti non hanno fatto sapere nulla circa l'esito, altrimenti, si sarebbero aggiunti altri colleghi interessati a un proprio diritto relativo alle ore di straordinario. Sai avt8, quante ore si impiegano da Nord a Sud? Se era un servizio disposto a lunga percorrenza non c'era bisogno di nessuna autorizzazione per fare lo straordinario, perchè avendo a bordo dei detenuti prelevati dal carcere e trasferirli in un altra località d'Italia, per logica poi bisognava fare rientro ai propri Reparti di appartenenza. Stessa cosa valeva se il detenuto era a Padova e doveva essere presente al processo presso il Tribunale Bologna, quandi si partiva ad una certa ora per essere presente per poi riportarlo nuovamente alla Casa Circondariale. Come vedi, di esempi se ne possono fare tanti ma poi il dialogo si allunga. Dovresti sapere anche che noi CC. facevano anche le traduzioni detenuti a mezzo Treni.

Caro panorama,io in polizia avevo un monte ore mensile di 55 ore che mi pagavano,-Essendo a reparto mobile ed i servizi di OP si sa quando iniziano ,ma non si sa quando finiscono-Essendo responsabile di contnigente ,ogni giorno che si faceva una mole di straordinario, io mi facevo rilasciare attestato dal dirigente, " per esigenze straordiario di OP "ed il ministero pagava anche 150 ore al mese ,sia a me che ad altri dipendenti-- Una volta ha dato parere negativo ed ho fatto ricorso con altri colleghi allegando sia gli ordini di servizio, sia le ore effettuate di straordinario normale e notturno,ed il T.A.R. ha condannato il Ministero al pagamento delle ore indicate per ogni ricorrente e 5.000 euro di spese legale- Dopo questo ricorso,il Ministero ha sempre pagato tutte le ore con contabilità separata-a tutto il personale senza battere ciglio-Evidentemente in Polizia funziona meglio-
panorama
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Re: Straordinari e Nucleo Traduzioni Det.

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Un tempo da noi, erano cose diverse dalla Polizia voi con i Sindacati noi invece no. La rappresentanza militare era ed è una formalità "impotente", poi ci sono tanti che alla vista dell'Ufficiale se devono dire qualche cosa preferiscono fare silenzio per non essere "puntati". Quindi assumono la posizione di pecorelle.
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