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SOCIETA'. Stalking, Adoc: social network nel mirino
07/09/2010
La Cassazione, con la sentenza 32404, ha stabilito che anche su Facebook si può configurare reato di stalking. Per la Suprema Corte, infatti, la "condotta persecutoria e assillante" fatta attraverso il social network costituisce una vera e propria molestia. Per Adoc, che da tempo si occupa di casi simili, il fenomeno del cyberstalking va sempre più aumentando.

"Non solo su Facebook, il cyberstalking è presente in tutti i social network maggiormente utilizzati e nei blog personali, rappresentando il 15% circa dei casi di stalking trattati dagli sportelli anti-stalking dell'Adoc - dichiara Carlo Pileri, Presidente dell'Adoc - la Cassazione ha giustamente e finalmente riconosciuto come fattispecie di reato di stalking la condotta persecutoria e assillante operata via web. L'Adoc già da tempo sta trattando casi del genere, che sono purtroppo un fenomeno in aumento, nell'ultimo anno abbiamo registrato un incremento del 5% di condotte persecutorie e assillanti operate in questo modo. Un caso molto grave di stalking sui social network è rappresentato dalla creazione di pagine false, in questo caso le opinioni espresse o le foto condivise dal falso proprietario potrebbero provocare un forte disagio sociale alla vittima, tanto da sfociare in stress, ansia o depressione. Non solo social network e blog, altre forme diffuse di stalking telematico sono rappresentate dalla posta elettronica, mezzo utilizzato soprattutto per insulti e diffamazioni e che concerne il 25% dei casi di stalking, e dal furto d'identità o di personalità (20% dei casi), che può avere conseguenze gravi anche sul piano economico, o l'essere sommersi da valanghe di comunicazioni commerciali.


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Re: Stalking

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Di queste sentenze ne stanno molte che riguardano lo STALKING e spero che in molti presto finiscono di perseguitare gli altri perchè mi sembra che questo nuovo reato porta più gente in carcere di tutti gli altri reati esistenti. Per ovi motivi non metto il numero di sentenza. Questo logicamente è un mio punto di vista.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia
(Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
ex art. 21 e 26 della legge 1034/71 e successive modifiche e integrazioni,
Sul ricorso numero di registro generale …… del 2010, proposto da:
da (omissis), rappresentato e difeso dall’avv. (omissis), presso il cui studio ha eletto domicilio in Milano viale di Porta Vercellina n……;
contro
Ministero dell’Interno – Prefettura di Milano – Questura di Milano, in persona del Ministro pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall’Avvocatura Distrettuale dello Stato di Milano, presso i cui Uffici domicilia, in Milano via Freguglia n. 1;
nei confronti di
(omissis – moglie -), non costituita;
per l'annullamento
previa sospensione dell'efficacia,
- del decreto del Prefetto di Milano del …...2010 prot. ……. Area III bis con il quale veniva respinto il ricorso gerarchico contro il decreto di ammonimento del Questore di Milano ex artt. 7 e 8 della legge 1990 n. 38;
- di tutti gli atti preordinati, consequenziali e connessi.

Visto il ricorso con i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di U.T.G. - Prefettura di Milano;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Questura di Milano;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Ministero dell'Interno;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno /2010 il dott. (omissis) e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Avvisate le stesse parti ai sensi dell'art. 21 decimo comma della legge n. 1034/71, introdotto dalla legge n. 205/2000;

1) In via preliminare va osservato che, in relazione agli elementi di causa, sussistono i presupposti per l'adozione di una decisione in forma semplificata.
Il ricorrente impugna l’atto indicato in epigrafe deducendo i vizi di violazione di legge e di eccesso di potere, contestando in particolare la violazione dell’art. 8 della legge 2009 n. 38 perché l’ammonimento non è avvenuto in forma orale ad opera del Questore, nonché il difetto di istruttoria, il difetto di motivazione e il travisamento dei fatti.
Si tratta di censure strettamente connesse sul piano logico giuridico, che, pertanto, possono essere trattate congiuntamente.
2) Sul piano fattuale occorre considerare che con decreto datato ……..2010 – notificato all’interessato in data …….2010 – il Questore di Milano ha ammonito il (omissis) a tenere una condotta conforme alla legge, ai sensi degli artt. 7 e 8 della legge 2009 n. 38.
Sul piano motivazionale, il provvedimento, oltre a richiamare gli atti istruttori, specifica che il ricorrente si è reso responsabile di atti riconducibili alla fattispecie di cui all’art. 612 bis c.p., avendo con più condotte compiuto atti persecutori nei confronti della ex moglie.
Il decreto evidenzia che le manifestazioni vessatorie si sono sostanziate in numerosi contatti mediante “messaggi – sms” telefonici contenenti minacce ed ingiurie, nonché nell’importunare la richiedente presso l’abitazione dei suoi familiari, precisando che tutto ciò ha causato nell’istante uno stato di paura e di ansia che l’ha costretta a cambiare anche abitudini di vita.
Va precisato che l’amministrazione ha prodotto le trascrizioni dei messaggi telefonici recanti espressioni oggettivamente ingiuriose, cui fa riferimento il decreto di ammonimento.
Parimenti, è in atti una relazione medica - datata …...2010 e sottoscritta dal Prof. (omissis) (specialista in clinica delle malattie nervose) - dalla quale risulta che la ex moglie del (omissis) si è sottoposta a visite specialistiche sin dal ……..2009, all’esito delle quali le è stata diagnosticata una sintomatologia ansiosa di notevole entità, che ha richiesto la somministrazione di una terapia farmacologica.
La relazione medica specifica che le cause dello stato ansioso vanno ricondotte alla reiterata effettuazione nel corso del tempo da parte del (omissis) di comunicazioni telefoniche dal contenuto volgare e minaccioso, alle reiterate molestie poste in essere dall’ex coniuge sfociate in episodi come quello del 24.12.2009, allorché egli, accompagnato da una pattuglia della Polizia di Stato, si è presentato presso l’abitazione di alcuni familiari della donna, ove ella, insieme alla figlia e ad altri congiunti, stava trascorrendo la vigilia di Natale, interrompendo i festeggiamenti e creando un clima di tensione e di ansia nei presenti.
La relazione clinica attesta che, nonostante la terapia farmacologica, il comportamento “molesto, assillante e persecutorio” del (omissis) determina un peggioramento dello stato psicofisico della donna.
Avverso il decreto del Questore, il (omissis) ha proposto ricorso gerarchico al Prefetto, respinto con il decreto impugnato, nel quale si ribadisce, sul piano oggettivo, che i rapporti tra l’ammonito e la donna si sono deteriorati dopo il divorzio e che l’uomo da mesi serba una condotta persecutoria inviando un flusso continuo di messaggi telefonici contenenti minacce e ingiurie, che hanno provocato uno stato d’ansia e di paura certificato da apposita documentazione clinica.
Va osservato che nel ricorso gerarchico – il cui contenuto è stato trascritto nell’atto di impugnazione in esame – il (omissis) espressamente si riconosce autore dei messaggi telefonici valorizzati nel decreto di ammonimento, riservandosi di inoltrare formali scuse alla ex coniuge.
3) Tanto premesso in ordine alla ricostruzione del quadro fattuale, va osservato, sul piano normativo, che il provvedimento di ammonimento di cui si tratta è stato disciplinato dal d.l. 2009 n. 11 (convertito con legge 2009 n. 38), che, in primo luogo, ha introdotto il reato di cui all’art. 612 bis c.p., rubricato “Atti persecutori”, mediante il quale si punisce con pena detentiva e salvo che il fatto costituisca più grave reato, “chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita. La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa…”. Si tratta inoltre di un delitto punibile a querela della persona offesa, salvi i casi previsti dalla legge.
In correlazione con la fattispecie materiale punita dall’art 612 bis c.p., l’art. 8 del d.l. 2009 n. 11 ha previsto il potere di ammonimento del Questore, stabilendo che “Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all'articolo 612-bis del codice penale, introdotto dall'articolo 7, la persona offesa può esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta al Questore di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al questore. 2. Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l'ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore valuta l'eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni”.
L’adozione del decreto di ammonimento incide sulla disciplina penale in quanto il medesimo art. 8 specifica, da un lato, che la pena per il delitto di cui all'articolo 612-bis del codice penale è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo, dall’altro, che si procede d'ufficio per il delitto previsto dall'articolo 612-bis del codice penale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo.
Sempre in relazione ai rapporti tra l’ammonimento amministrativo e il procedimento penale, il Tribunale ha già evidenziato che il diverso peso delle conseguenze dell’ammonimento e dei provvedimenti del giudice penale giustifica il diverso spessore dell’attività investigativa che si richiede nelle due ipotesi.
Non è necessario, ai fini dell’ammonimento, che si sia raggiunta la prova del reato, essendo sufficiente fare riferimento ad elementi dai quali è possibile desumere un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e di paura.
Diversamente opinando, ovvero se si richiedesse alla vittima di fornire prove tali da poter resistere in un giudizio penale, la previsione dell’ammonimento avrebbe scarse possibilità di applicazione pratica, atteso che le condotte integranti “Atti persecutori” (c.d. stalking), per loro natura, si consumano spesso in assenza di testimoni. La disciplina normativa è infatti chiara nel delimitare i poteri-doveri del Questore in materia, prescrivendo che questi assuma "se necessario informazioni dagli organi investigativi" e senta "le persone informate dei fatti", al fine di formarsi un prudente convincimento circa la fondatezza dell’istanza.
In definitiva, il Questore deve soltanto apprezzare discrezionalmente la fondatezza dell’istanza, raggiungendo una ragionevole certezza sulla plausibilità e verosimiglianza delle vicende ivi esposte, senza che sia necessario il compiuto riscontro dell’avvenuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice, individuabile, nel caso in esame, nella libertà morale, compromessa dallo stato di ansia e timore che impedisce alla vittima di autodeterminarsi senza condizionamenti (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 28.06.2010 n. 2639 e giurisprudenza ivi citata).
4) I motivi dedotti nel ricorso sono infondati.
Con il primo motivo il ricorrente lamenta la violazione dell’art. 8 del d.l. 2009 n. 11, in quanto il Questore non lo ha ammonito oralmente, con successiva redazione di un processo verbale, ma ha adottato un provvedimento scritto di ammonimento, che gli è stato poi notificato da un Ufficiale di pubblica sicurezza.
Sul punto, va osservato che l’art. 8, comma 2, del d.l. 2009 n. 11 precisa che il Questore “ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale”; la disposizione precisa che “copia del processo verbale è rilasciata al richiedente”.
La norma ritiene indispensabile che l’ammonimento sia raccolto in un apposito processo verbale, che, secondo i caratteri propri di tale atto, riveste una funzione tipicamente probatoria, trattandosi di un atto pubblico che fa piena prova, fino a querela di falso, sia della sua provenienza, sia delle dichiarazioni delle parti e degli altri fatti che il pubblico ufficiale attesta avvenuti in sua presenza o da lui compiuti ex art. 2700, c.c. (cfr. in generale sulla funzione probatoria del processo verbale si vedano T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 26 maggio 2006, n. 3921; Consiglio di Stato, sez. IV, 12 febbraio 2010, n. 805).
Del resto, è proprio la verbalizzazione che, da un lato, conferisce data certa all’ammonimento, anche a garanzia della posizione del soggetto ammonito, in relazione ai già ricordarti riflessi che la determinazione del Questore può assumere sul piano penalistico, dall’altro, consente la documentazione delle ragioni di fatto e di diritto della determinazione amministrativa, in correlazione con la necessità di assicurare alla persona ammonita la possibilità di azionare gli strumenti di tutela anche giurisdizionale predisposti dall’ordinamento.
In tale contesto, la circostanza che l’amministrazione abbia esercitato il potere di ammonimento conferitole dalla legge in forma scritta, adottando uno specifico provvedimento scritto in luogo dell’atto orale seguito dalla verbalizzazione, ma dandone comunque comunicazione all’interessato mediante convocazione e consegna dell’atto ad opera di un ufficiale di pubblica sicurezza, integra una mera irregolarità, perché, pur non riflettendo esattamente il paradigma normativo, soddisfa le ricordate esigenze di certezza e di garanzia cui tende il meccanismo procedimentale delineato dall’art. 8 del d.l. 2009 n. 11.
Del resto, la giurisprudenza ha già chiarito che gli atti dell’amministrazione richiedono la forma scritta ad substantiam e possono avere la forma orale soltanto quando la legge o altra fonte normativa lo stabilisca espressamente, precisando che tale regola generale è giustificata da esigenze di certezza, nonché per facilitare il controllo dell'attività amministrativa in funzione del buon andamento della pubblica amministrazione, ex art. 97 Cost. (cfr. in argomento T.A.R. Puglia Bari, sez. I, 20 maggio 2004, n. 2227).
Pertanto, considerato che nel caso di specie la legge non esclude espressamente l’utilizzo della forma scritta ed anzi impone la redazione per iscritto di un verbale da notificare all’interessato, si deve ritenere che l’adozione di un decreto scritto di ammonimento in luogo del mero ammonimento orale integri una scelta legittima dell’amministrazione, perché non contrastante con le esigenze di certezza e di garanzia sottese alla previsione dell’art. 8 del d.l. 2009 n. 11 e coerente con le regole generali dell’azione amministrativa.
In senso contrario non rileva la circostanza – pure evidenziata nel ricorso – secondo la quale tale modo di procedere avrebbe precluso all’interessato di essere sentito personalmente.
Invero, le garanzie di partecipazione procedimentale non devono essere interpretate in modo meramente formalistico, ma devono riflettere una specifica esigenza di tutela sostanziale, altrimenti si traducono in un inutile aggravamento dell’iter procedimentale.
Nel caso di specie, il ricorrente né in sede di ricorso amministrativo, né in sede di ricorso giurisdizionale ha dedotto elementi di conoscenza idonei a modificare la situazione fattuale oggettivamente posta a base del provvedimento impugnato; anzi, come già ricordato, egli stesso in sede di ricorso gerarchico si è riconosciuto autore dei messaggi telefonici ingiuriosi valorizzati dall’amministrazione, così evidenziando la veridicità degli accadimenti che hanno portato all’ammonimento (cfr. in ordine alla valenza necessariamente sostanziale delle garanzie partecipative T.A.R. Lazio Roma, sez. I, 03 luglio 2009, n. 6451; Consiglio di Stato, sez. V, 02 febbraio 2010, n. 431; Consiglio di Stato, sez. VI, 29 luglio 2008, n. 3786).
Va pertanto ribadita l’infondatezza della doglianza di cui si tratta.
Parimenti non sono condivisibili le censure con le quali il ricorrente lamenta la carenza di motivazione e il difetto di istruttoria in quanto l’ammonimento non è stato preceduto dall’audizione di persone informate dei fatti.
Sicuramente l’art. 8 del d.l. 2009 n. 38 prevede che il Questore provveda all’ammonimento “assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti”; tuttavia la norma deve essere interpretata nel senso di richiedere un’istruttoria sufficientemente approfondita e non nel senso di imporre lo svolgimento di attività procedimentale sostanzialmente inutile.
Nel caso di specie, da un lato, non risultano concrete indicazioni circa l’esistenza di persone – diverse dall’ammonito e dalla sua ex coniuge – informate sui fatti e in grado di arricchire il quadro indiziario complessivo, dall’altro, la richiesta di ammonimento presentata dalla ex moglie del ricorrente (richiesta prodotta dall’amministrazione e presente in atti) reca un contenuto dettagliato ed è supportata da documentazione di riscontro (parimenti presente in atti), infine, come già ricordato, il ricorrente non solo non ha fornito elementi idonei a mutare il quadro fattuale complessivo, ma anzi ha riconosciuto, in sede di ricorso gerarchico, di essere l’autore dei messaggi telefonici di contenuto ingiurioso reiteratamente trasmessi alla donna e presi in esame dall’amministrazione.
Pertanto, nel caso di specie l’omessa audizione di persone informate sui fatti non vizia il provvedimento finale, in quanto si sarebbe tradotta – secondo quanto emerge dalla documentazione prodotta dalla parti - in un’attività del tutto inutile ai fini della completezza dell’istruttoria e tale da ritardare ingiustificatamente l’adozione della determinazione gravata.
Neppure sussiste il lamentato difetto di motivazione, in quanto sia il decreto del prefetto, recante il rigetto del ricorso gerarchico, sia il decreto di ammonimento, contengono, seppure in forma sintetica, la descrizione dei fatti posti a base del provvedimento (secondo quanto già ricordato al precedente punto sub 2, cui si rinvia), oltre a richiamare gli atti dell’istruttoria secondo la tecnica della motivazione per relationem, cui si riferisce l’art. 3 della legge 1990 n. 241.
Anche in relazione a quest’ultimo profilo va esclusa la fondatezza della censura di carenza motivazionale, atteso che per giurisprudenza costante nei casi di motivazione per relationem non occorre che l’atto cui si rinvia sia allegato al provvedimento, ma è sufficiente che sia indicato e reso disponibile a norma della legge 1990 n. 241, “vale a dire che possa essere acquisito attraverso la sua precisa indicazione utilizzando il procedimento di accesso ai documenti amministrativi” (cfr. tra le tante T.A.R. Basilicata Potenza, sez. I, 11 marzo 2008, n. 48), fermo restando che in caso di diniego di accesso l’interessato potrà azionare le forme di tutela previste dall’ordinamento ed, in particolare, dall’art. 25 della legge 1990 n. 241.
Ne deriva che, anche per il profilo in esame, non sussiste la dedotta carenza motivazionale, giacché il provvedimento presenta una motivazione per relationem rispondente ai requisiti posti dall’art. 3 della legge 1990 n. 241 e coerente con il suindicato indirizzo giurisprudenziale.
Neppure merita condivisione l’ultima delle censure dedotte con la quale si lamenta il travisamento dei fatti e la carenza dei presupposti di adozione del provvedimento.
Sul punto vale ribadire che il decreto di ammonimento non presuppone l’acquisizione della prova del fatto penalmente rilevante punito dall’art. 612 bis c.p., ma, nel quadro di un potere valutativo ampiamente discrezionale dell’amministrazione, richiede la sussistenza di un quadro indiziario che renda verosimile, secondo l’id quod plerumque accidit, l’esistenza di atti persecutori ai sensi degli artt. 7 e 8 del d.l. 2009 n. 11 convertito con legge 2009 n. 38 (si richiamano sul punto le considerazioni già svolte al punto 3 della motivazione).
Nel caso di specie l’amministrazione si è basata su dati oggettivi, costituiti principalmente da numerosissimi messaggi telefonici inviati dal (omissis) – che, come più volte ricordato, ha riconosciuto di esserne l’autore – alla ex coniuge, aventi un contenuto oggettivamente ingiurioso, a causa delle espressioni offensive in essi contenute, nonché su episodi dettagliatamente descritti nella denuncia presentata dalla donna e non smentiti nella loro oggettività dal ricorrente.
Parimenti, la circostanza che gli atti persecutori posti in essere dal ricorrente abbiano determinato un grave stato di ansia e paura emerge da una relazione medica, redatta da un professionista, contenente non solo la diagnosi, ma anche l’indicazione delle cause della patologia, espressamente correlate agli stessi accadimenti fattuali valorizzati dall’amministrazione (cfr. relazione presente in atti).
Del resto, anche rispetto a tale profilo il ricorrente si limita ad allegazioni del tutto generiche e contraddittorie (cfr. pag 13 del ricorso), visto che in un primo momento dichiara - senza fornire alcun elemento di riscontro, neppure a livello solo indiziario – che la patologia lamentata dalla donna sarebbe riconducibile a “problematiche pregresse già a lui note”, mentre subito dopo afferma che la donna “gode e ha sempre goduto di ottima salute, tanto più mentale”.
Insomma, la determinazione assunta dall’amministrazione si basa su dati fattuali precisi, esattamente indicati nei decreti impugnati ed emergenti dalle risultanze istruttorie, tali da integrare un quadro indiziario che rende verosimile, secondo criteri di ragionevolezza, la sussistenza dei presupposti per l’adozione del decreto di ammonimento nei confronti del ricorrente.
Va, pertanto, ribadita l’infondatezza della censura in esame.
5) In definitiva, il ricorso è infondato e deve essere respinto, mentre le spese seguono la soccombenza e sono liquidate in dispositivo.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Lombardia - Milano, sezione terza, definitivamente pronunciando, respinge il ricorso.
Condanna la parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in complessivi Euro 1.500,00 (millecinquecento).
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Milano nella camera di consiglio del giorno 2010 con l'intervento dei Magistrati:
(omissis), Presidente
(omissis), Referendario
(omissis), Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
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Re: Stalking

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SOCIETA'. Stalking, Adoc commenta sentenza del Tribunale di Torino
21/04/2010
Il Tribunale di Torino ha pronunciato una nuova sentenza in materia di stalking, dando ragione ad una signora che si era rivolta all'Adoc di Torino per ottenere una prima consulenza. Grazie al supporto e alle indicazioni fornite dall'Adoc è riuscita, con il patrocinio del suo legale di fiducia - Avv. Silvia Giancola - ad ottenere un risarcimento di 5 mila euro per il danno morale patito a causa dei continui appostamenti, pedinamenti e dei frequenti messaggi e telefonate che riceveva dal suo ex fidanzato.
"Registriamo ancora una sentenza favorevole in tema di stalking, che va a confermare quanto sia importante il lavoro svolto dall'Adoc contro la violenza, il bullismo e i soprusi - dichiara Carlo Pileri, Presidente dell'Adoc - in questo caso il giudice ha riconosciuto nelle continue telefonate una fattispecie di reato di stalking. Ricordiamo che nel 35% dei casi lo stalking si manifesta proprio attraverso chiamate telefoniche, sia quelle andate a buon fine che quelle senza risposta, i cosiddetti squilli. In quest'ultimo caso sorge un problema non di poco conto, in quanto i gestori telefonici non conservano i dati relativi alle chiamate senza risposta. Come conseguenza, la Polizia non può risalire allo stalker da queste chiamate. E' un problema serio, che va affrontato con urgenza, dato che molti utenti hanno denunciato questa modalità di persecuzione. Ci auguriamo comunque che sentenze esemplari come questa possano portare allo sviluppo della cultura della tolleranza e del rispetto degli altri, che purtroppo molto spesso non è centrale nel modo di vivere delle persone."
L'Adoc ricorda che sportelli stalking sono aperti a Potenza, Perugia, Gorizia, Ancona, Bari, Roma, Foggia, Campobasso e Alessandria. Negli sportelli sono presenti esperti psicologi e consulenti legali pronti ad ascoltare e a consigliare le vittime di stalking ma anche gli stessi stalker.
"Il 22% delle persone che si rivolgono agli sportelli sono proprio stalker - continua Pileri - molti persecutori non sanno di esserlo, e ci chiedono se loro azioni sono tali da ritenersi un reato o meno. Il 95% degli stalker sono persone normali, che non presentano nessuna patologia psichica grave. C'è quindi una difficoltà a rendersi conto di essere un persecutore. Queste considerazioni ci spingono a operare soprattutto sull'informazione e sull'educazione. Vogliamo porre l'attenzione non solo sul fattore punibilità del reato ma anche sulla sua prevenzione, è importante far sviluppare questa cultura nei cittadini, far capire loro che determinati comportamenti sono sbagliati o possono costituire reato, al fine di far ravvedere per tempo le persone che si comportano in tale maniera."
panorama
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Re: Stalking

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Tenere una condotta conforme alle legge (legge contro lo stalking). Provvedimento di ammonimento orale ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del d.l. 23.02.2009 n. 11, convertito in legge 23.04.2009 n. 38.

1)- Nel citato art. 8 si prevede che “2.Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all'art. 612-bis del codice penale, introdotto dall'art. 7, la persona offesa può esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al Questore. Il Questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale rilasciata al richiedente l'ammonimento ed al soggetto ammonito. Il Questore valuta l'eventuale adozione di provvedimenti di armi e munizioni.

2)- La pena per il delitto di cui all'art. 612-bis del codice penale è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo.

3)- Si procede d'ufficio per il delitto previsto dall'art. 612-bis del codice penale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo”.

IMPORTANTE QUESTA PASSAGGIO:
1)- Diversamente opinando, ovvero se si richiedesse alla vittima di fornire prove tali da poter resistere in un giudizio penale, la previsione dell'ammonimento avrebbe scarse possibilità di applicazione pratica, atteso che le condotte integranti "Atti persecutori" (c.d. stalking), per loro natura, si consumano spesso in assenza di testimoni.

Ecco la sentenza del Tar di Torino.

^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente

SENTENZA
ex art. 60 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale ….. del 2012, proposto da:
OMISSIS, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS in Torino, via Tolmino, 52;
contro
Ministero dell'Interno, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata per legge in Torino, corso Stati Uniti, 45; Questura di Cuneo;
nei confronti di

OMISSIS;
per l'annullamento
del provvedimento di ammonimento orale, ai sensi dell'art. 8 c.1 d.l. 11/2009, convertito in legge 38/2009, emesso dal Questore della Provincia di Cuneo in data …...2011, e notificato in forma scritta, in data ….11.2011, dal Capitano Comandante della Compagnia Carabinieri di OMISSIS presso gli Uffici del Comando stesso, con il quale il ricorrente è stato invitato "a tenere una condotta conforme alle legge".

Visti il ricorso e i relativi allegati;
OMISSIS;
Sentite le stesse parti ai sensi dell'art. 60 cod. proc. amm.;

1) Il ricorrente ha impugnato il provvedimento di ammonimento orale ai sensi dell’articolo 8, comma 1, del d.l. 23.02.2099 n. 11, convertito in legge 23.04.2009 n. 38 (legge contro lo stalking) emesso dal Questore della Provincia di Cuneo, in data ….11.11., notificato in forma scritta in data ...11.2011, deducendo profili di illegittimità per difetto di idonea segnalazione da parte della persona offesa, carenza di istruttoria e di motivazione, erronea valutazione dei fatti e dei presupposti di legge.
Nel citato art. 8 si prevede che “2.Fino a quando non è proposta querela per il reato di cui all'art. 612-bis del codice penale, introdotto dall'art. 7, la persona offesa può esporre i fatti all'autorità di pubblica sicurezza avanzando richiesta di ammonimento nei confronti dell'autore della condotta. La richiesta è trasmessa senza ritardo al Questore. Il Questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale rilasciata al richiedente l'ammonimento ed al soggetto ammonito. Il Questore valuta l'eventuale adozione di provvedimenti di armi e munizioni.
3. La pena per il delitto di cui all'art. 612-bis del codice penale è aumentata se il fatto è commesso da soggetto già ammonito ai sensi del presente articolo.
4. Si procede d'ufficio per il delitto previsto dall'art. 612-bis del codice penale quando il fatto è commesso da soggetto ammonito ai sensi del presente articolo”.
2) Nella fattispecie in esame la sig.ra OMISSIS - nella richiesta di ammonimento presentata in data …. settembre 2011 - aveva segnalato comportamenti del sig. OMISSIS, reiterati nel tempo, particolarmente petulanti, evidenziando la concreta idoneità degli stessi a generare in lei ansia e paura e ad indurla a modificare le proprie abitudini di vita.
In particolare la richiedente riferiva che il sig. OMISSIS le aveva inviato numerosi messaggi di testo scritto (s.m.s.), senza curarsi in alcun modo del fastidio da questa dimostrato e della volontà, da lei chiaramente espressa, di interrompere ogni forma di contatto. Il contenuto dei messaggi inviati – talora persino offensivo – rivelava in molteplici occasioni toni aggressivi ed un livello di confidenza inadeguato alla ridotta conoscenza reciproca esistente tra il ricorrente e la sig.ra OMISSIS e comunque del tutto inappropriato, tenuto conto dello scarso gradimento e della successiva esplicita contrarietà da quest’ultima manifestata.
3) Riepilogati i fatti e procedendo nella disamina dei vizi dedotti dal ricorrente, va preliminarmente respinta la censura di violazione di legge per carenza di sottoscrizione dell’istanza di ammonimento, in quanto smentita dalla produzione in atti del verbale del ….09.2011, sottoscritto dalla parte offesa.
Le ulteriori censure attengono a profili inerenti la motivazione, i presupposti e le attività istruttorie prodomiche alla pronuncia dell’ammonimento.
Muovendo da un preliminare inquadramento della materia, va rilevato che l’ammonimento amministrativo ha specifiche finalità dissuasive, caratterizzandosi, così come, d'altronde tutte le misura di prevenzione o di polizia (per tali dovendosi intendere, quelle comminabili ante delictum, dirette a prevenire piuttosto che a reprimere reati o ulteriori reati, prescindendo persino da una formale denuncia all'Autorità Giudiziaria, ma, pur sempre, nel rispetto del principio di proporzionalità fra fatto e conseguenza) alle quali è agevolmente riconducibile, per la finalità di sventare, nel contesto delle relazioni affettive e sentimentali, condotte di per sé violente, moleste o, comunque, disdicevoli che, pur se non essere tali da integrare (ancora) un reato contro la persona o il patrimonio, potrebbero degenerare e preludere a veri e propri comportamenti delinquenziali (cfr. T.A.R. Campania Napoli, sez. V, 13 gennaio 2011 , n. 114; T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 25 agosto 2010 , n. 4182).
Circa le attività istruttorie richieste a corredo del provvedimento di ammonimento, la disciplina normativa è chiara nel delimitare i poteri-doveri del Questore, prescrivendo che questi assuma "se necessario informazioni dagli organi investigativi" e senta "le persone informate dei fatti", al fine di formarsi un prudente convincimento circa la fondatezza dell'istanza.
Come si evince dalla disamina della sopra emarginata normativa, a seguito della esposizione dei fatti da parte della vittima all'Autorità di Pubblica Sicurezza e della richiesta di emanazione di un provvedimento ad opera del Questore, quest’ultimo, se lo ritiene necessario, può assumere informazioni dagli organi investigativi e sentire le persone informate dei fatti, conferendosi in tal modo all'Autorità questorile una mera discrezione nel dare seguito ad un'attività d'approfondimento dei fatti, con l'evidente intento di dare al procedimento amministrativo una certa celerità e dissuadere l'ipotetico stalker dal perseguimento dell'actio sceleris.
In definitiva, il Questore deve apprezzare discrezionalmente la fondatezza dell'istanza, raggiungendo una ragionevole certezza sulla plausibilità e verosimiglianza delle vicende ivi esposte, senza che sia necessario il compiuto riscontro dell'avvenuta lesione del bene giuridico tutelato dalla norma penale incriminatrice, individuabile, nel caso in esame, nella libertà morale, compromessa dallo stato di ansia e di timore che impedisce alla vittima di autodeterminarsi senza condizionamenti (cfr. T.A.R. Lombardia Milano, sez. III, 28.06.2010 n. 2639 e giurisprudenza ivi citata).
L’intensità dell’attività istruttoria e della motivazione richieste a supporto del provvedimento di ammonimento si apprezza anche al confronto con la disciplina penale.
La giurisprudenza ha evidenziato in proposito il diverso peso delle conseguenze dell'ammonimento e dei provvedimenti del giudice penale e il conseguente diverso spessore dell'attività investigativa che si richiede nelle due ipotesi.
In particolare, ai fini dell'ammonimento non è ritenuto necessario che si sia raggiunta la prova del reato, essendo sufficiente fare riferimento ad elementi dai quali è possibile desumere un comportamento persecutorio o gravemente minaccioso che ha ingenerato nella vittima un forte stato di ansia e di paura.
Diversamente opinando, ovvero se si richiedesse alla vittima di fornire prove tali da poter resistere in un giudizio penale, la previsione dell'ammonimento avrebbe scarse possibilità di applicazione pratica, atteso che le condotte integranti "Atti persecutori" (c.d. stalking), per loro natura, si consumano spesso in assenza di testimoni.
In concreto, il Questore può quindi operare in un ambito discrezionale assai ampio, che va dall’adozione di un provvedimento amministrativo inaudita et altera parte, allo svolgimento di un contraddittorio procedimentale fra i contendenti, sino all’espletamento di attività istruttorie, nell’ipotesi in cui sussista un maggiore stato di incertezza sull’identità dello stalker o sulla effettiva sussistenza di episodi riconducibili alla fattispecie che vuolsi perseguire.
La modulazione di questo potere discrezionale si rivela delicata, in quanto implica indagini ed accertamenti inerenti a condotte materiali e stati d'animo spesso di difficile decifrazione in quanto appartenenti al "foro interno" dei singoli e delle loro famiglie. D’altra parte, un’applicazione non accorta della norma, incline alla svalutazione dei profili di approfondimento istruttorio, può prestarsi a facili strumentalizzazioni da parte di chi, dichiarandosi, a torto, vittima di atti di stalking, invochi l'adozione del suddetto provvedimento al solo scopo di ripicca o di ritorsioni.
4) Nel caso in esame, l'istruttoria condotta dall'Autorità di P.S., lungi dal limitarsi a recepire acriticamente e passivamente il dato costituito dalla versione dei fatti esposta dalla sig.ra OMISSIS, ha avuto l’intento di verificarne l'attendibilità e, soprattutto, di dare ascolto alle ragioni di segno contrario che il sig. OMISSIS avrebbe potuto addurre a propria discolpa.
Non paiono condivisibili, pertanto, le censure con le quali il ricorrente lamenta il difetto di istruttoria, in quanto l'ammonimento non è stato preceduto dall'audizione di persone informate dei fatti.
Sicuramente l'art. 8 del d.l. 2009 n. 38, come già esposto, deve essere interpretato nel senso di richiedere un'istruttoria sufficientemente approfondita in relazione alle particolarità del caso, e non nel senso di imporre lo svolgimento di attività procedimentale ritenuta non utile.
Nel caso di specie, da un lato, non risultano concrete indicazioni circa l'esistenza di persone - diverse dall'ammonito - informate sui fatti e in grado di arricchire il quadro indiziario complessivo; dall'altro, la richiesta di ammonimento presentata dalla sig.ra OMISSIS (richiesta prodotta dall'amministrazione e presente in atti) reca un contenuto dettagliato ed è supportata da documentazione di riscontro (parimenti presente in atti e non contestata). Infine, come già ricordato, il ricorrente non solo non ha fornito elementi idonei a mutare il quadro fattuale complessivo, ma anzi non ha smentito, sia in sede di memoria difensiva ...10.2011, sia in corso di giudizio, di essere l'autore dei messaggi telefonici (alcuni dei quali di contenuto offensivo o minaccioso) reiteratamente trasmessi alla donna - anche dopo l’esplicito invito di quest’ultima a desistere - e presi in esame dall'amministrazione.
In particolare nella memoria depositata a seguito della comunicazione di avvio del procedimento, il ricorrente si è limitato ad argomentare circa la propria estraneità all’appostamento del ……… 2010, riportato dalla sig.ra OMISSIS nella citata istanza di ammonimento, senza nulla dire circa le petulanti comunicazioni telefoniche e gli atti persecutori a lui ascritti.
Il fatto, poi, che gli eventi riportati nella segnalazione del …..09.2011 non abbiano trovato smentita nelle deduzioni svolte dal ricorrente nel corso del procedimento, è valso ad avvalorare – agli occhi della autorità di P.S. - la coerenza e l’attendibilità delle dichiarazioni rese dalla parte offesa, notoriamente valutabili a fini probatori in ambito penale (anche nella specifica ipotesi di reato di cui all'art. 612 bis c.p.: cfr.; Cassazione penale, sez. V , 26 aprile 2010 , n. 27774), quindi a maggior ragione idonee a giustificare l’adozione della misura di carattere preventivo.
In definitiva, l'omessa assunzione di ulteriori mezzi istruttori non ha viziato il provvedimento finale, in quanto la stessa si sarebbe tradotta - secondo quanto emerge dalla documentazione prodotta dalla parti - in un'attività non essenziale ai fini della completezza dell'istruttoria e tale da ritardare ingiustificatamente l'adozione della determinazione gravata.
5) Neppure sussiste il lamentato difetto di motivazione, in quanto il decreto di ammonimento contiene, seppure in forma sintetica, la descrizione dei fatti posti a base del provvedimento, oltre a richiamare gli atti dell'istruttoria (segnalazione della parte offesa e memoria difensiva del sig. OMISSIS) secondo la tecnica della motivazione per relationem, cui si riferisce l'art. 3 della legge 1990 n. 241.
Anche in relazione a quest'ultimo profilo va esclusa la fondatezza della censura di carenza motivazionale, atteso che per giurisprudenza costante nei casi di motivazione per relationem non occorre che l'atto cui si rinvia sia allegato al provvedimento, ma è sufficiente che sia indicato e reso disponibile a norma della legge 1990 n. 241, "vale a dire che possa essere acquisito attraverso la sua precisa indicazione utilizzando il procedimento di accesso ai documenti amministrativi" (cfr. tra le tante T.A.R. Lazio Roma, sez. II, 04 febbraio 2011 , n. 1076), fermo restando che in caso di diniego di accesso l'interessato potrà azionare le forme di tutela previste dall'ordinamento ed, in particolare, dall'art. 25 della legge 1990 n. 241.
Ne deriva che, anche per il profilo in esame, non sussiste la dedotta carenza motivazionale, giacché il provvedimento presenta una motivazione per relationem rispondente ai requisiti posti dall'art. 3 della legge 1990 n. 241 e coerente con il suindicato indirizzo giurisprudenziale.
6) Neppure merita condivisione l'ultima delle censure dedotte con la quale si lamenta il travisamento dei fatti e la carenza dei presupposti di adozione del provvedimento.
Sul punto vale ribadire che il decreto di ammonimento non presuppone l'acquisizione della prova del fatto penalmente rilevante punito dall'art. 612 bis c.p., ma, nel quadro di un potere valutativo ampiamente discrezionale dell'amministrazione, richiede la sussistenza di un quadro indiziario che renda verosimile, secondo l'id quod plerumque accidit, l'esistenza di atti persecutori ai sensi degli artt. 7 e 8 del d.l. 2009 n. 11 convertito con legge 2009 n. 38 (si richiamano sul punto le considerazioni già sopra svolte).
Nel caso di specie l'amministrazione si è basata su dati oggettivi, costituiti principalmente da numerosi messaggi telefonici inviati dal sig. OMISSIS - che, come più volte ricordato, ha riconosciuto di esserne l'autore - alla sig.ra OMISSIS, aventi un contenuto a volte oggettivamente ingiurioso, a causa delle espressioni offensive in essi contenute, nonché su episodi dettagliatamente descritti nella denuncia presentata dalla donna e solo parzialmente smentiti nella loro oggettività dal ricorrente.
In definitiva, la determinazione assunta dall'amministrazione pare fondata su dati fattuali precisi ed emergenti dalle risultanze istruttorie, tali da integrare un quadro indiziario che rende verosimile, secondo criteri di ragionevolezza, la sussistenza dei presupposti per l'adozione del decreto di ammonimento nei confronti del ricorrente.
Per i motivi esposti il ricorso deve essere respinto, mentre le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Piemonte (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto,
respinge il ricorso.
condanna parte ricorrente a rifondere a parte resistente le spese di lite che liquida in euro 1.000,00, oltre Iva e Cpa.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Torino nella camera di consiglio del giorno 23 febbraio 2012 con l'intervento dei magistrati:
Lanfranco Balucani, Presidente
Roberta Ravasio, Primo Referendario
Giovanni Pescatore, Referendario, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE


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Il 02/03/2012
panorama
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Re: Stalking

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Da:
http://www.helpconsumatori.it/new-media ... lari/50567" onclick="window.open(this.href);return false;

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Osservatorio: al via il primo servizio anti-stalking per cellulari


Le donne vittime dello stalking hanno un nuovo alleato. Si chiama Vodafone Angel ed è stato presentato la settimana scorsa dalla fondazione Marisa Bellisario e da Vodafone Italia. Vodafone Angel è un telefono cellulare dotato di un tasto, che, se premuto, consente di allertare un servizio di assistenza attivo 24 ore su 24. Si tratta di una funzionalità molto utile alle donne che subiscono le pressioni di uno stalker e che sono vittime di abusi.

Vodafone Angel è disponibile in fase sperimentale già da alcuni mesi ed è stato pensato per tutelare le prime circa 2.000 donne, che, entro il prossimo anno, potranno testare il servizio.

Premendo un semplice pulsante presente sulla tastiera del cellulare, le donne in difficoltà potranno effettuare una chiamata al centro di supporto e parlare con un operatore per richiedere assistenza immediata. Qualora lo ritenga opportuno, l’operatore del centro di supporto potrà avviare anche un servizio d’intercettazione ambientale, che, grazie al segnale GPS emesso dal cellulare, consentirà di rintracciare la posizione esatta della donna. In questo modo, potranno essere fornite le prime fasi di aiuto e, se necessario, potrà essere allertata la Polizia di Stato.

Con la presentazione ufficiale di questo nuovo servizio di telefonia mobile, avvenuta martedì scorso alla presenza del ministro del Welfare Elsa Fornero, si è conclusa la prima fase di test per 33 donne con gravi problemi alle spalle e con all’attivo episodi di stalking. Su un tester di 33, ben 22 avrebbero utilizzato il servizio, apprezzando l’efficienza con la quale in molti casi è intervenuta la Polizia. In particolare, durante il periodo di sperimentazione, le Forze dell’Ordine sono intervenute 7 volte per evitare conseguenze tragiche.

Vodafone Angel è un servizio molto utile, specie se si considerano gli innumerevoli episodi di cronaca. Dall’inizio del 2012 sono, infatti, 76 le donne uccise da uomini che non accettavano la fine di una relazione amorosa. Il ministro Fornero ha espresso tutto il suo entusiasmo per l’iniziativa, definendola una “buona notizia” per la salvaguardia di persone in stato di concreta difficoltà.

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Re: Stalking

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Cosa c'è da sapere anche in questi casi su chi è portatore della Legge 104/92.

Codice Penale

C.p. art. 612-bis. Atti persecutori.

612-bis. Atti persecutori.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni
chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e
grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di
un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere
lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita.

La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da
persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa.

La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in
stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992,
n. 104, ovvero con armi o da persona travisata.

Il delitto è punito a querela della persona offesa. Il termine per la proposizione della querela è di sei
mesi. Si procede tuttavia d'ufficio se il fatto è commesso nei confronti di un minore o di una
persona con disabilità di cui all'articolo 3 della legge 5 febbraio 1992, n. 104, nonché quando il
fatto è connesso con altro delitto per il quale si deve procedere d'ufficio (1).
-------------------------------------------------------------------------------------------------------------
(1) Articolo aggiunto dall’art. 7, D.L. 23 febbraio 2009, n. 11, convertito in legge, con
modificazioni, dalla L. 23 aprile 2009, n. 38. Vedi, anche, gli articoli 8, 11 e 12 dello stesso decreto
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Re: Stalking

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Sentenza di questo mese.
------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------
1) - la Questura di Udine ha ammonito il signor -OMISSIS- ad "osservare una condotta di vita conforme alla Legge e rispettosa della tranquillità e serenità della signora -OMISSIS- e dei suoi familiari";

2) - Invero il primario fine dell’atto impugnato, di carattere eminentemente cautelare e preventivo, finalizzato a che gli atti persecutori non siano reiterati e non cagionino esiti irreparabili, ancorché se ne riconosca il carattere lesivo,.

3) - Esso pertanto deve essere adottato in tempi rapidi, anche a scapito delle garanzie partecipative di cui alla L. n. 241/90 (cfr. CDS III Sez. 19.7.2011 n. 4365; 23.2.2012 n. 1069).

4) - Si legge infatti nell’istanza dell’esponente-OMISSIS-, sorella del ricorrente, che ormai dall’ottobre 2008, essendo sorti dissidi per questioni ereditarie, quest’ultimo è passato dalle ingiurie e minacce nei confronti suoi e dei suoi familiari, ad atti di danneggiamento, a minacce di morte e a tentativi di investimento anche dei figli, che hanno dato luogo a plurime querele a partire dal 2009, creando una situazione di paura in cui lei e la sua famiglia sono costretti a vivere, per cui non viene consentito ai figli, ormai adolescenti, di uscire di casa se non accompagnati, in quanto il fratello, che abita nella casa accanto, ogni volta che incontra un componente della famiglia, lo apostrofa con violenza. Ne deriva un permanente stato di ansia, di timore e di paura, nel ricordo di un tentativo di accoltellamento subito nel 2006 dall’esponente ad opera del fratello.

Il resto leggetelo qui sotto.
---------------------------------------------------------------------------------------------------------

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia
(Sezione Prima)

ha pronunciato la presente
SENTENZA

ex art. 74 cod. proc. amm.;
sul ricorso numero di registro generale …… del 2011, proposto da:
-OMISSIS-, rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS;

contro
Questura di Udine, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Dello Stato, domiciliata in Trieste, piazza Dalmazia 3; U.T.G. - Prefettura di Udine;

nei confronti di
-OMISSIS-;

per l'annullamento
-del verbale ex art. 8, D.L. 23/02/2009, n. 11, conv. in L. 23/04/2009, n. 29, in data 20/08/2010, con il quale la Questura di Udine ha ammonito il signor -OMISSIS- ad "osservare una condotta di vita conforme alla Legge e rispettosa della tranquillità e serenità della signora -OMISSIS- e dei suoi familiari";

del silenzio-rigetto formatosi sul ricorso alla Prefettura di Udine presentato dallo -OMISSIS- avverso il verbale ex art. 8, D.L. 23/02/2009, n. 11, conv. in L. 23/04/2009, n. 29, in data 20/08/2010 della Questura di Udine;

-di ogni altro presupposto, connesso e/o consequenziale al predetto provvedimento comunque lesivo per il ricorrente, ancorchè dallo stesso non conosciuto

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio di Questura di Udine;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno ..... novembre 2013 il dott. Enzo Di Sciascio e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

FATTO e DIRITTO

Il ricorrente rappresenta di essere stato destinatario dell’impugnato verbale di ammonimento, che ritiene illegittimamente adottato in quanto:

- non preceduto da comunicazione di avvio del procedimento;
- non sorretto da adeguata motivazione ed istruttoria;
- non preceduto dal necessario accesso agli atti, non consentito al ricorrente nonostante le sue reiterate richieste;
-adottato senza che egli sia stato sentito al riguardo;

Si è costituita in giudizio, per l’amministrazione intimata, l’Avvocatura dello Stato, controdeducendo.

Il ricorso è infondato.

Invero il primario fine dell’atto impugnato, di carattere eminentemente cautelare e preventivo, finalizzato a che gli atti persecutori non siano reiterati e non cagionino esiti irreparabili, ancorché se ne riconosca il carattere lesivo,.

Esso pertanto deve essere adottato in tempi rapidi, anche a scapito delle garanzie partecipative di cui alla L. n. 241/90 (cfr. CDS III Sez. 19.7.2011 n. 4365; 23.2.2012 n. 1069).

Quanto all’istruttoria al Questore compete soltanto, in presenza di un esposto di sentire eventualmente terze persone e di apprezzare discrezionalmente le ragioni rappresentate in ordine alla presenza di atti persecutori, sulla base degli accertamenti effettuati.

Detta istruttoria deve essere condotta celermente in modo da non mettere in pericolo l’esponente.
Nel caso di specie si deduce che essa sia mancata.

Il Collegio non è di questo avviso.

Si legge infatti nell’istanza dell’esponente-OMISSIS-, sorella del ricorrente, che ormai dall’ottobre 2008, essendo sorti dissidi per questioni ereditarie, quest’ultimo è passato dalle ingiurie e minacce nei confronti suoi e dei suoi familiari, ad atti di danneggiamento, a minacce di morte e a tentativi di investimento anche dei figli, che hanno dato luogo a plurime querele a partire dal 2009, creando una situazione di paura in cui lei e la sua famiglia sono costretti a vivere, per cui non viene consentito ai figli, ormai adolescenti, di uscire di casa se non accompagnati, in quanto il fratello, che abita nella casa accanto, ogni volta che incontra un componente della famiglia, lo apostrofa con violenza. Ne deriva un permanente stato di ansia, di timore e di paura, nel ricordo di un tentativo di accoltellamento subito nel 2006 dall’esponente ad opera del fratello.

Nel provvedimento impugnato si legge che, da parte del Questore, ricevuta detta istanza, è stata “valutata la fondatezza della segnalazione della richiedente ed è stato dato corso all’istruttoria” onde non può mettersi in dubbio che sia stata svolta la debita istruttoria e che sussista di conseguenza la motivazione, fondata sulle sue risultanze, riscontate conformi all’esposto della controinteressata.
Il ricorso va pertanto rigettato.

Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Friuli Venezia Giulia (Sezione Prima)
definitivamente pronunciando sul ricorso, come in epigrafe proposto, lo rigetta.

Condanna il ricorrente al rimborso delle spese e competenze giudiziali nei confronti dell’amministrazione, che liquida in € 2.000.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Trieste nella camera di consiglio del giorno .... novembre 2013 con l'intervento dei magistrati:
Umberto Zuballi, Presidente
Enzo Di Sciascio, Consigliere, Estensore
Manuela Sinigoi, Primo Referendario


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





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Re: Stalking

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Il Ministero dell'Interno ha posto un Quesito di particolare interesse, o meglio, se ha fare lo Stalkng è una persona che indossa la divisa (riguarda la pistola d'ordinanza).

Come agire se un appartenente delle FF.PP. o altro deve fare servizio? La pistola d'ordinanza va ritirata??

La questione riguarda tutti noi.

1) - Si deve, pertanto, concludere che l’applicazione del secondo comma dell’art. 8 del d.l. n. 11 del 2009 da parte del questore non può essere limitata dalle esigenze connesse all’espletamento dell’attività lavorativa, neppure quando si tratti di appartenenti alle forze dell’ordine.


Quindi, vi invito ha leggere il tutto qui sotto.
--------------------------------------------------------------------------------------------------

PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201500659 - Public 2015-03-04 -


Numero 00659/2015 e data 04/03/2015


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 16 luglio 2014

NUMERO AFFARE 01188/2014

OGGETTO:
Ministero dell'Interno

Effetti del provvedimento del questore in materia di armi, conseguente all'ammonimento ex art. 8, comma 2, del decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 23 aprile 2009, n. 38. Richiesta di parere.

LA SEZIONE
Vista la relazione trasmessa con nota 24 giugno 2014 n. 557/LEG/631.261BIS/1951, con la quale il Ministero dell'interno Dipartimento della pubblica sicurezza - ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul quesito in oggetto.

esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Elio Toscano;

Premesso.

L’Amministrazione richiedente premette che il legislatore, nel contesto delle misure volte a rendere più incisivo il contrasto al fenomeno degli atti di persecuzione e di molestie in danno di soggetti deboli, cosiddetto stalking, è intervenuto anche sulla disciplina dei provvedimenti in materia di armi e munizioni conseguenti all’ammonimento.

In particolare, l’art. 8, comma 2, del decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11, come modificato dall’art. 1, comma 4, del decreto legge 14 agosto 2013, n. 93, convertito in legge, con modificazioni, dalla legge 15 ottobre 2013, n. 119, prevede che: “Il questore, assunte se necessario informazioni dagli organi investigativi e sentite le persone informate dei fatti, ove ritenga fondata l'istanza, ammonisce oralmente il soggetto nei cui confronti è stato richiesto il provvedimento, invitandolo a tenere una condotta conforme alla legge e redigendo processo verbale. Copia del processo verbale è rilasciata al richiedente l'ammonimento e al soggetto ammonito. Il questore adotta i provvedimenti in materia di armi e munizioni”.

Ciò premesso, si prospettano in relazione due dubbi interpretavi, riferiti all’applicazione della suddetta disposizione legislativa.

Il primo dubbio riguarda la natura del potere attribuito al questore.

Secondo una lettura sintonica del richiamato articolo 8, comma 2, con le disposizioni contenute nell'articolo 39 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773 (T.U.L.P.S. - Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza), la locuzione “adotta i provvedimenti in materia di armi”starebbe a significare che il questore è legittimato ad adottare soltanto i provvedimenti di sua competenza, tra i quali il ritiro cautelare delle armi al soggetto destinatario dell’ammonimento, e a segnalare quest’ultimo al prefetto, cui spetta la competenza relativa alla facoltà di vietare la detenzione delle armi, munizioni e materiali esplodenti alle persone ritenute capaci di abusarne.

Secondo un’altra possibile lettura, che fa riferimento al resoconto dei lavori parlamentari nei quali si legge che la modifica al comma 2, del richiamato art. 8 è volta a render obbligatoria la misura del divieto di detenere armi e munizioni, il novellato comma avrebbe conferito al questore un potere autonomo di ritiro delle armi sganciato dalla disciplina generale desumibile dal T.U.L.P.S. A rafforzare detta interpretazione concorrerebbe anche la considerazione che la precedente formulazione dello stesso comma prevedeva la “valutazione” del questore in ordine all’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi e munizioni.

Il secondo dubbio riguarda l’applicabilità dei provvedimenti in materia di armi a coloro che necessitano dell’arma per lo svolgimento dell’attività lavorativa, come nel caso dell’arma di ordinanza in dotazione agli appartenenti alle forze dell’ordine.

Posto che, ai sensi dell’art. 38 del T.U.L.P.S., per gli appartenenti alle forze dell’ordine non sussiste l’obbligo di denuncia delle armi detenute e che il ritiro dell’arma d’ordinanza comporta l’impossibilità di espletare il servizio con conseguente necessità di definire la posizione giuridico - amministrativa dell’interessato, l’Amministrazione prospetta due possibili soluzioni interpretative.

Ove la locuzione “il questore adotta i provvedimenti in materia di armi”, contenuta nel nuovo testo del più volte richiamato articolo 8, dovesse essere interpretata nel senso che detta autorità, una volta adottato il provvedimento di ammonimento, non sarebbe tenuta a privare il soggetto delle armi, bensì ad avviare soltanto un procedimento in materia, il questore potrebbe dettare delle prescrizioni riferite all’attività lavorativa, come consentitegli dall’art. 38, terzo comma, del T.U.L.P.S. nei confronti di quanti detengono armi. Si tratterebbe in sostanza di disporre che l’Amministrazione competenti adotti le misure necessarie acché il dipendente sia impiegato in servizi d’istituto che non necessito dell’arma o a limitare il possesso dell’arma alla sola durata del servizio con obbligo di custodia in caserma, al termine dello stesso.

Ove, invece, l’art. 8 ponesse in capo al questore l’obbligo del ritiro dell’arma, la diposizione dovrebbe essere applicata anche agli appartenenti delle forze dell’ordine.

Sulla base di quanto esposto, l’Amministrazione pone i seguenti quesiti:

a. se il potere del questore, ai sensi della predetta norma, abbia natura autonoma rispetto alle disposizioni contenute nel T.U.L.P.S. e se si concretizzi, di fatto, in un divieto si detenzione di armi e munizioni nei confronti dei destinatari del provvedimento di ammonimento;

b. se il predetto potere possa essere modulato in rapporto alle singole fattispecie, anche in relazione a quanto previsto dall’art. 38, terzo comma, del T.U.L.P.S., nonché se lo stesso incontri dei limiti quando il porto dell’arma sia previsto per la prestazione dell’attività lavorativa.

Considerato

La Sezione osserva che per un corretto approccio all’oggetto dei quesiti posti dall’Amministrazione è opportuno considerare che il legislatore con un primo intervento, affidato al decreto legge 23 febbraio 2009, n. 11 ha inteso sopperire sul piano penale e preventivo all’inadeguatezza della tutela apprestata dall’ordinamento giuridico alle vittime di atti persecutori.

In particolare, oltre a prevedere il reato di atti persecutori (art. 612 bis c.p.), ha conferito al questore il potere di ammonire il persecutore a desistere da condotte che possano concretizzare il suddetto reato o più gravi ipotesi delittuose.

Tenuto, altresì, presente che dai dati di esperienza emerge che sovente gli atti persecutori sfociano in azioni violente in danno di soggetti deboli e talora finanche nell’omicidio, nel testo originario dell’art. 8 del d.l. n. 11 del 2009 il legislatore ha previsto che “Il questore valuta l’eventuale adozione di provvedimenti in materia di armi”.

Detta espressione, sul piano letterale, impone al questore, nella fase istruttoria del procedimento ammonitorio, di valutare il grado di affidabilità del soggetto, preso in considerazione ai fini dell’ammonimento, di non abusare delle armi che legittimamente detiene e al cui porto è eventualmente autorizzato, ma non introduce alcuna sostanziale innovazione sull’esercizio del potere di inibire il possesso delle armi, come disciplinato dagli artt. 10, 11, 42 e 43 del regio decreto 18 giugno 1931, n. 773, recante il Testo unico delle leggi di pubblica sicurezza.

Sul piano logico l’espressione considerata presuppone che gli indizi, che rendono verosimile la possibilità che un soggetto possa porre in essere comportamenti lesivi della libertà, della salute, dell’equilibrio psico-fisico di soggetti deboli, sono anche indicativi di pericolosità sociale che deve essere apprezzata ai fini dell’eventuale adozione di provvedimenti inibitori in tema di armi.

In altri termini, sia l’adozione di provvedimenti urgenti, quali il ritiro cautelare delle armi detenute, sia la sospensione o la revoca della licenza di porto d’armi e la segnalazione al prefetto per l’adozione del divieto di detenere armi e munizioni, è demandata all’apprezzamento discrezionale del questore, ai sensi degli artt. 11 e 42 del T.U.L.P.S. e nel rispetto del principio di proporzione tra la misura interdittiva e il potenziale offensivo del soggetto considerato.

La nuova stesura dell’ultimo periodo del comma 2 dell’art. 8 del d.l. n. 11 del 2009, come sostituito dall’art. 1, comma 4, del decreto legge n. 93 del 2013, recita testualmente “Il questore adotta i provvedimenti in materia di armi”.

Sul piano letterale detta formulazione sta a significare che, ove ricorrano i presupposti per l’ammonimento, il questore è tenuto ad adottare i provvedimenti interdittivi di competenza in materia di armi.

Sul piano dell’interpretazione logica la disposizione ha, quindi, introdotto una presunzione per legge, per la quale l’ammonizione esprime essa stessa una valutazione di non affidabilità sull’uso delle armi e più in generale di pericolosità sociale, che comporta necessariamente l’adozione di misure interdittive volte a contenere detta pericolosità.

Al riguardo, come peraltro evidenziato dall’Amministrazione riferente, un convergente supporto esegetico si trae anche dal resoconto dei lavori parlamentari che hanno preceduto la conversione del decreto legge n. 93 del 2013 (XVII legislatura - venerdì 6 settembre 2013, Commissioni riunite I - Affari costituzionali e II - Giustizia): è infatti lo stesso relatore a precisare che “il provvedimento interviene sull’articolo 8 del decreto-legge n. 11del 2009, in tema di ammonimento da parte del questore, per disporre che, in sede di ammonimento, l’autorità di pubblica sicurezza debba adottare anche i conseguenti provvedimenti in tema di armi e munizioni; si ricorda che per il testo previgente, invece, il questore aveva ampia discrezionalità potendo valutare l’esigenza di vietare il porto d’armi”.

Ne consegue che, per scelta del legislatore, l’ammonimento fa venir meno i requisiti soggettivi al cui possesso è subordinato il rilascio delle autorizzazioni in materia di armi e ne comporta la revoca ai sensi del coordinato disposto degli artt. 11 e 42 del T.U.L.P.S.

Tuttavia, in assenza di altre specificazioni testuali e nel rispetto della regola interpretativa “ubi lex voluit dixit”, non si ritiene che il riformato comma 2 dell’art. 8 abbia attribuito al questore, in aggiunta al potere di disporre la revoca della licenza di porto d’armi ai sensi degli artt. 11 e 43 del T.U.L.P.S. quello di inibire in via definitiva all’ammonito la detenzione di armi e munizioni, potere che l’art. 39 dello stesso Testo unico riserva al prefetto.

Sembra piuttosto che il potere attribuito al questore di adottare nei confronti dell’ammonito provvedimenti interdettivi in materia di detenzione di armi, ancorché conseguano obbligatoriamente all’ammonizione, sia più correttamente assimilabile al ritiro cautelare delle armi nella disponibilità di persone che possono abusarne, disciplinato dall’art. 39, secondo comma del T.U.L.P.S., il quale stabilisce che dell’avvenuto ritiro delle armi debba essere informato immediatamente il prefetto, perché disponga il divieto di detenzione di armi e munizioni.

É, altresì, consequenziale che, nel caso dell’ammonizione, l’obbligatoria adozione di provvedimenti interdittivi finisca per essere vincolante anche per il prefetto. Sul punto è auspicabile che il legislatore sia più esplicito, anche al fine di prevenire inutile contenzioso.

Va, poi, considerato che l’adozione dei provvedimenti interdittivi, in quanto volti a privare degli strumenti di offesa i soggetti ritenuti capaci di atti persecutori violenti, deve formare oggetto di valutazione già nel corso dell’istruttoria del procedimento di ammonizione e deve essere eventualmente anticipata rispetto alla conclusione dello stesso, qualora emergano elementi indicativi di gravi rischi per l’incolumità delle potenziali vittime.

Quest’ultima considerazione costituisce un riferimento utile per rispondere anche al secondo dei quesiti posti dall’Amministrazione.

Avuto riguardo, infatti, alla ratio del modificato comma 2 dell’art. 8 del d.l. n. 11 del 2009, non possono sussistere dubbi che nel bilanciamento dei contrapposti interessi (salvaguardia dell’incolumità delle potenziale vittime degli atti persecutori e necessità di disporre dell’arma d’ordinanza per l’assolvimento del servizio di polizia) debba prevalere il primo sul secondo.

Pertanto, nel caso dell’ammonizione di appartenente alle forze di polizia, il questore dovrà disporre che allo stesso siano ritirate le armi detenute a qualsiasi titolo, compresa l’arma di ordinanza, anche se ciò comporti per l’interessato l’impossibilità di adempiere a pieno ai compiti d’istituto e lo esponga a provvedimenti disciplinari e di stato. Ovviamente, nel caso di appartenenti a corpi diversi dalla Polizia di Stato, il provvedimento con cui si dispone il ritiro dell’arma in dotazione non potrà che essere indirizzato ai superiori dell’interessato, sui quali graverà l’obbligo di ottemperare.

Va ancora considerato che il tenore tassativo della diposizione recata dal comma 2 dell’art. 8 del d.l. n. 11 del 2009, che non prevede eccezioni o deroghe, non soltanto non ammette misure alternative a quelle interdittive, ma risponde ad esigenze più circoscritte e nettamente distinte da quelle proprie delle misure cautelari a tutela dell’ordine pubblico che il questore, ai sensi dell’art. 38 del T.U.L.P.S., ha facoltà di prescrivere per i corpi armati dello stato e di quanti hanno titolo ad andare armati senza obbligo di denuncia dell’arma. In questo caso, infatti, le misure sono giustificate da un generale stato di pericolo e mirano ad evitare che soggetti che non ne hanno titolo possano accedere alle armi con conseguenze critiche per l’ordine pubblico e per la sicurezza della collettività.

Si deve, pertanto, concludere che l’applicazione del secondo comma dell’art. 8 del d.l. n. 11 del 2009 da parte del questore non può essere limitata dalle esigenze connesse all’espletamento dell’attività lavorativa, neppure quando si tratti di appartenenti alle forze dell’ordine.

P.Q.M.

nei termini suesposti è il parere reso dalla Sezione.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE F/F
Elio Toscano Francesco D'Ottavi




IL SEGRETARIO
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panorama
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Re: Stalking

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Ecco cosa è anche possibile ottenere.
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1) - reiterati atti persecutori, riconducibili alla fattispecie di cui all’art. 612 bis del codice penale ...... con la quale in passato aveva intrattenuto una relazione sentimentale.

2) - Successivamente, come confermato dalla Questura ........ con verbale redatto in data 17 dicembre 2014, la presunta vittima ha manifestato la volontà che venisse annullato il provvedimento oggetto di impugnazione, avendo ripristinato il rapporto sentimentale che la legava al ricorrente.

3) - Ne discende che il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

Per completezza leggete il breve Parere del CdS qui sotto.
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PARERE ,sede di CONSIGLIO DI STATO ,sezione SEZIONE 1 ,numero provv.: 201502138 - Public 2015-07-22 -


Numero 02138/2015 e data 22/07/2015


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 17 giugno 2015

NUMERO AFFARE 00847/2015

OGGETTO:
Ministero dell'interno - Dipartimento pubblica sicurezza.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal signor OMISSIS, per l’annullamento del provvedimento di ammonimento a tenere una condotta conforme alla legge;

LA SEZIONE
Vista la relazione n. MI-123-U-UTGC3-2015-42 del 16/04/2015, con la quale il Ministero dell'interno - Dipartimento pubblica sicurezza ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sull'affare consultivo in oggetto;
Esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Rocco Antonio Cangelosi;

Premesso e considerato:

Il signor OMISSIS, con il presente ricorso straordinario, ha chiesto l’annullamento del decreto con il quale il Prefetto di Roma, con provvedimento in data 2 luglio 2014, notificato il 4 agosto 2014, aveva respinto il ricorso gerarchico avverso il provvedimento di ammonimento, emesso dal Questore di Roma ai sensi dell’art. 8 del decreto legge 23 febbraio 2009, n.11. convertito nella legge 23 aprile 2009, n. 38.

L’ammonimento del Questore a tenere una condotta conforme alla legge era stato emesso a seguito di reiterati atti persecutori, riconducibili alla fattispecie di cui all’art. 612 bis del codice penale, messi in atto dal ricorrente nei confronti della donna, con la quale in passato aveva intrattenuto una relazione sentimentale.

Successivamente, come confermato dalla Questura di Roma con verbale redatto in data 17 dicembre 2014, la presunta vittima ha manifestato la volontà che venisse annullato il provvedimento oggetto di impugnazione, avendo ripristinato il rapporto sentimentale che la legava al ricorrente.

Ne discende che il ricorso deve essere dichiarato improcedibile per sopravvenuta carenza di interesse.

P.Q.M.

Esprime il parere che il ricorso debba essere dichiarato improcedibile.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Rocco Antonio Cangelosi Giuseppe Barbagallo




IL SEGRETARIO
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Re: Stalking

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Cassazione: niente stalking se la vittima risponde al telefono.
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Se il comportamento del soggetto passivo asseconda quello del soggetto agente viene meno il requisito del mutamento radicale delle abitudini della vittima


Fonte: (http://www.StudioCataldi.it" onclick="window.open(this.href);return false;)
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Re: Stalking

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NOTIZIA DI OGGI 13/06/2017
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PER 12 VOLTE DENUNCIÒ IL MARITO CHE POI LA UCCISE, CONDANNATI I PM

La Corte d'appello di Messina ha condannato i magistrati che non impedirono a Saverio Nolfo di uccidere Marianna Manduca 10 anni fa


Redazione Tiscali

Sporse denuncia contro il marito violento per 12 volte prima di essere uccisa a 32 anni. Oggi la Corte d'appello di Messina ha condannato i magistrati che "lasciarono nella possibilità d'agire" Saverio Nolfo che così ammazzò Marianna Manduca 10 anni fa a Palagonia (Catania). La Corte ha stabilito che ci fu dolo e colpa grave nell'inerzia dei pm che, dopo i primi segnali di violenza da parte del marito, non trovarono il modo di fermarlo, nonostante le reiterate denunce della donna. Nolfo è in carcere dove sconta 20 anni per omicidio.

I pm dovranno risarcire

La condanna si rifà alla legge sulla responsabilità civile dei magistrati e riguarda due pubblici ministeri che nel 2007 - quando avvenne l'omicidio - lavoravano alla procura di Caltagirone (Catania). Insieme ai due pm è stata condannata al risarcimento delle parti civili anche la Presidenza del consiglio dei ministri.
Magistrati negligenti

Dopo dieci anni dalla morte annunciata, si apre oggi la strada affinché i tre figli minori di Marianna possano avere dallo Stato un risarcimento per la «negligenza inescusabile» dei pm che avrebbero dovuto occuparsi di quelle denunce, come chiede il legale dei tre adolescenti, l’ex pm antimafia Aurelio Galasso. Accolto quindi il ricorso con il quale lo zio, nominato tutore dei tre bambini, ha fatto valere il diritto dei piccoli orfani che vivono con lui e la sua famiglia che li ha accolti nelle Marche.

Ferito anche il padre della vittima

Le numerose aggressioni erano tutte avvenute in pubblico ma nonostante ciò nessuno prese provvedimenti a tutela della donna. Fino all’aggressione mortale, avvenuta alla vigilia della sentenza che doveva affidare i tre figli alla mamma dopo la separazione da Saverio Nolfo. L’omicida accoltellò non solo la donna, ma colpì gravemente anche Salvatore Manduca (59 anni), il padre di Marianna.

13 giugno 2017
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