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Polizia giudiziaria e organi di notificazione
Cassazione penale , sez. I, sentenza 09.03.2006 n° 8324

La notifica di un atto da parte della polizia giudiziaria al di fuori della propria sfera di competenza può costituire causa di inesistenza o di nullità della notificazione?



Polizia giudiziaria e organi di notificazione
(Cass., sez. I, 28.02.2006 - 09.03.2006, n. 8324)

Il quesito:
• La notifica di un atto da parte della polizia giudiziaria al di fuori della propria sfera di competenza può costituire causa di inesistenza o di nullità della notificazione?

La normativa.
Ai sensi dell’art. 148, secondo comma, c.p.p., come modificato ad opera dell’art. 17 del D.L. 144/05 “Nei procedimenti con detenuti ed in quelli davanti al tribunale del riesame, il giudice può disporre che, in caso di urgenza, le notificazioni siano eseguite dalla Polizia penitenziaria del luogo in cui i destinatari sono detenuti, con l’osservanza delle norme del presente titolo”.
Secondo quanto disposto dal primo comma dell’art. 151 c.p.p. “Le notificazioni di atti del pubblico ministero nel corso delle indagini preliminari sono eseguite dall’ufficiale giudiziario, ovvero dalla polizia giudiziaria nei soli casi di atti di indagine o provvedimenti che la stessa polizia giudiziaria è delegata a compiere o è tenuta ad eseguire”.
Il caso.
In data 19 settembre 2005, il Gip del Tribunale di Taranto sottopone A. C. agli arresti domiciliari per detenzione e porto di arma da fuoco, quest’ultima utilizzata per sparare contro la porta dell’abitazione di L. A.
Con ordinanza del 10 ottobre 2005 il Tribunale di Taranto, confermava l’ordinanza cautelare emessa dal Gip.
Contro tale ordinanza ricorre l’indagato, denunciando violazione di legge, in relazione all’art. 148, comma secondo, c.p.p., così come modificato dal D.L. 144/05, in quanto la notifica dell’avviso dell’udienza, effettuata tramite i carabinieri, avrebbe determinato la nullità della notificazione.
Sintesi della questione. La problematica.
Con la sentenza che si commenta la giurisprudenza affronta la tematica attinente alla possibilità di inquadrare la polizia giudiziaria nel novero degli organi di notificazione degli atti giudiziari, in alternativa all’ufficiale giudiziario, a seguito della modifica legislativa dell’art. 148 c.p.p., ad opera del D.L. 144/05, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, convertito in legge 155/05.
Occorre verificare se, attraverso tale intervento, il Legislatore abbia voluto solo delimitare la competenza dell’organo in questione ai casi di cui all’art. 151 c.p.p., il quale limita la possibilità di esecuzione delle notifiche di atti del pubblico ministero nelle indagini preliminari ad opera della polizia giudiziaria ai soli casi di atti di indagine o di provvedimenti che la medesima polizia giudiziaria sia delegata a compiere o tenuta ad eseguire.
La soluzione accolta dalla Suprema Corte (Cass., sez. I, 9.3.2006, n. 8324).
Secondo l’opinione dei giudici della Corte di cassazione, la notifica di un atto da parte della polizia giudiziaria, al di fuori della propria sfera di competenza, non può essere causa di inesistenza della notificazione, in quanto compiuta da un organo comunque dotato del potere di notificazione e del relativo potere di certificazione, né di nullità, non essendo prevista tale sanzione in maniera espressa e non essendo tale irregolarità riconducibile alle nullità di ordine generale, ma, come tale, costituisce una mera irregolarità, ininfluente sul processo.
- A seguito della modifica dell’art. 148 c.p.p., avvenuta ad opera dell’art. 17 del D.L. 144/05, la polizia giudiziaria rimane un organo di notificazione, in alternativa all’ufficiale giudiziario, anche se viene a possedere una sfera di competenza limitata a quanto disposto dall’art. 151 c.p.p. Di conseguenza, l’irregolarità verificatasi nel caso in commento, nel quale la polizia giudiziaria ha provveduto a notificare un atto al di fuori della propria sfera di competenza, non può essere considerata determinante, non comportando inesistenza alcuna della notificazione, come avverrebbe, al contrario, nel caso in cui tale notifica fosse avvenuta ad opera di un organo del tutto privo di potere di notificazione e di certificazione;
- Tale irregolarità non può essere nemmeno causa di nullità, posto che tale sanzione non è espressamente prevista e non essendo una tale irregolarità riconducibile nel novero delle nullità di carattere generale, in quanto una notifica comunque vi è stata, ad opera di un organo dotato di un simile potere.
Il commento.
La prima sezione penale della Cassazione, con la pronuncia in commento, ha affermato come anche a seguito della modifica dell’art. 148 c.p.p. ad opera dell’art. 17 del D.L. 144/05, recante misure urgenti per il contrasto del terrorismo internazionale, convertito con modifiche nella legge 155/05, la polizia giudiziaria rimanga organo di notificazione, in alternativa all’ufficiale giudiziario, salvi i limiti contenuti nell’art. 151 c.p.p., modificato dalla medesima normativa, il quale limita la possibilità di esecuzione delle notifiche di atti del pubblico ministero nelle indagini preliminari ad opera della polizia giudiziaria ai casi di atti di indagine o provvedimenti che la stessa polizia giudiziaria sia delegata a compiere o tenuta ad eseguire.
Lo scopo del Legislatore, attraverso la normativa ora richiamata, è quello di diminuire gli oneri della polizia giudiziaria in materia di notifiche, in guisa da permettere alla stessa di far fronte agli impegni prioritari di contrasto al terrorismo ed alla criminalità diffusa con tutte le risorse possibili.
La tematica affrontata dalla giurisprudenza di legittimità appare degna di considerazione anche in relazione alle innovazioni introdotte dal nostro Legislatore in materia di notifiche ed avvisi, al fine di accelerare tali procedure, in armonia con il principio di ragionevole durata del processo, di cui all’art. 111 Cost.
Come è facile intuire, il nostro ordinamento ha inteso contemperare due esigenze. Da un lato quella di portare a conoscenza effettiva del soggetto l’atto da notificare. Dall’altro, l’esigenza di accertamento del reato e di assicurare celerità nell’adempimento degli oneri formali.
A parere di chi scrive, non vi è dubbio alcuno sul fatto che la lotta al terrorismo internazionale ed alla criminalità sia una priorità assoluta dell’attività svolta dalla polizia giudiziaria, in quanto attinente alla sicurezza dei cittadini. Al tempo stesso, secondo il parere di autorevole dottrina, il principale serio problema sul quale incappa il magistrato nell’espletamento del proprio dovere istituzionale è proprio quello attinente alle notifiche. Basti pensare ai notevoli ritardi che nella pratica si possono verificare nel caso di procedimenti penali nei confronti di molti imputati, legati da posizioni processuali inscindibili.
E’ bene ricordare come, in tema di notifiche degli atti giudiziari, il ministero della Giustizia ha stilato una convenzione con le Poste Italiane il 15 luglio 2005, avente lo scopo di accelerare i tempi e le modalità per la restituzione degli atti da notificare.
La stessa convenzione prevede altresì la possibilità che la polizia giudiziaria richieda la trasmissione dell’avviso di ricevimento mediante via telematica, sempre al fine di rendere il più celere possibile il meccanismo di notifica degli atti giudiziari.
Ritornando al caso che a noi interessa, va rammentato come il ricorrente lamentasse che l’avviso dell’udienza di riesame gli fosse stato notificato dai carabinieri, in palese violazione dell’art. 148 c.p.p., il quale prescrive che, in tali casi, la notificazione venga effettuata dall’ufficiale giudiziario, ovvero, nel caso di urgenza e si tratti di detenuti, dalla polizia penitenziaria.
La Suprema Corte, nel rigettare il ricorso, afferma che, sebbene vi sia stata una irregolarità, dovuta al fatto che la polizia giudiziaria abbia effettuato la notificazione al di fuori delle proprie sfere di competenza, da questo non può derivare la inesistenza della notificazione stessa, ipotesi che si può configurare solo nel caso in cui la notifica sia eseguita da un organo che sia del tutto privo del potere di notificazione e di certificazione.
In altre parole, nel caso in esame, una notificazione è comunque individuabile, avendo questa prodotto il suo effetto tipico che è quello di portare a conoscenza del destinatario il contenuto dell’atto giudiziario, senza che l’irregolarità di cui sopra abbia inciso minimamente sul contraddittorio.


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NOTIFICHE CON TELEFAX - Cass. 28451/11


REPUBBLICA ITALIANA

In nome del Popolo Italiano
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE
SEZIONI UNITE PENALI
n. 28451 – 19 luglio 2011 rac. Gen.


RITENUTO IN FATTO
1. Con ordinanza in data 11 giugno 2010 il Tribunale del riesame di Roma ha confermato il decreto di sequestro probatorio di personal computer, di documentazione tributaria e di altri documenti relativi ad indagini difensive, emesso dal pubblico ministero nei confronti dei componenti della Agenzia Investigativa “Pedicone & partners”, in relazione alle indagini per i reati di associazione per delinquere finalizzata alla commissione di delitti di interferenze illecite nella vita privata, corruzione, rivelazione di segreti di ufficio, falsa testimonianza ed altro.
L’ordinanza ha rigettato le eccezioni preliminari, con le quali il difensore dell’istante per il riesame, Andrea Pedicone, aveva eccepito la nullità della notifica dell’avviso dell’udienza camerale al proprio assistito, per non essere stata eseguita mediante deposito nella casa comunale del luogo di abitazione di tale Paolo Zili, presso il quale il Pedicone aveva eletto domicilio, nonché per essere stata eseguita la notificazione presso il difensore a mezzo telefax.
Il Tribunale del riesame ha rigettato, inoltre, le censure con le quali era stata contestata, nel merito, la legittimità del titolo per assenza dei presupposti di legge.
Avverso l’ordinanza ha proposto ricorso il difensore del Pedicone, denunciando la inosservanza di norme stabilite a pena di nullità e, in particolare, delle disposizioni di cui agli artt. 157 e 150 cod. proc. pen..
Con un unico mezzo il ricorrente ha riproposto le eccezioni di nullità della notifica dell’udienza camerale dinanzi al Tribunale del riesame, deducendo che la notifica al Pedicone doveva essere eseguita, ai sensi dell’art. 157 cod. proc. pen., presso il domicilio eletto dall’indagato e non presso il difensore, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.. In ogni caso la notifica dell’avviso dell’udienza camerale al Pedicone non poteva essere effettuata a mezzo telefax, essendo tale modalità consentita solo per la notificazione di atti dei quali il difensore sia direttamente destinatario.
2. La Sesta sezione penale della Corte di cassazione, con ordinanza del 13 gennaio 2011, ha rimesso la trattazione del ricorso alle Sezioni Unite.
Nell’ordinanza, premessa la ritenuta infondatezza della eccezione relativa alla omessa notifica presso il domicilio eletto con le forme di cui all’art. 157, comma 8, cod. proc. pen., si è rilevata l’esistenza di un contrasto potenziale in ordine alla questione di diritto avente ad oggetto la possibilità di eseguire la notificazione dell’avviso destinato all’indagato, allorché venga disposta ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., a mezzo telefax, secondo la previsione di cui all’art. 150 cod. proc. pen.
Nella ordinanza di rimessione è stato rilevato che il contrapposto indirizzo interpretativo espresso sul punto della legittimità della notificazione al difensore per mezzo del telefax di atti di cui sia destinatario l’imputato o indagato non attiene alla stessa materia, essendo strettamente legato alla diversa fattispecie della notifica presso il difensore, in quanto domiciliatario ai sensi dell’art. 161, commi 1 e 2, cod. proc. pen., nel qual caso la notificazione a mezzo telefax è stata ritenuta illegittima; mentre nel caso della notifica <<mediante consegna al difensore>>, ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., per impossibilità di eseguirla presso il domicilio dichiarato o eletto ai sensi delle disposizioni citate, detta modalità di trasmissione dell’atto è stata ritenuta legittima (Sez. 3, n. 46703 del 03/11/2009, dep. 03/12/2009, Choukoukou, Rv 245406; Sez. 4, n. 41051 del 02/12/2008, dep. 03/11/2008, Davidovits, Rv 241329; Sez. 1, n. 40324 del 24/09/2008, dep. 29/10/2008, Aboussad, Rv 241704; Sez. 5, n. 20586 del 12/04/2007, dep. 25/05/2007, Gatterer, Rv 236614).
Dalla Sezione rimettente si esprimono, però, dubbi di legittimità in ordine alla possibilità di adottare una diversa soluzione a seconda che la notificazione a mezzo telefax sia eseguita nei casi di espressa domiciliazione ovvero di notificazione per una delle ragioni indicate dal comma 4 dell’art. 161 cod. proc. pen.
Si osserva che la disposizione contenuta nell’art. 150 cod. proc. pen. costituisce espressione della volontà di assicurare che la notificazione all’imputato avvenga con modalità che assicurino <<la materiale, certa ed effettiva “cartolarità” dell’avviso>>.
Tale esigenza non viene meno, né si affievolisce, in considerazione della funzione difensiva del soggetto che viene a contatto con l’atto <<non a lui destinato in ragione di competenze funzionali personali proprie>>.
I limiti intrinseci dello strumento tecnico, se possono essere considerati ragionevolmente recessivi rispetto al complessivo dovere organizzativo che grava sul difensore in relazione alle attività che gli sono proprie, rimangono tali quando l’atto è destinato in proprio all’imputato.
Gli eventuali difetti organizzativi e di diligenza del difensore non potrebbero mai pregiudicare la posizione dell’imputato in ordine all’aspetto essenziale della convocazione per il giudizio; né la funzione difensiva è idonea a far mutare la qualità del difensore da consegnatario a destinatario autonomo dell’atto.
3. Il Primo presidente, con decreto in data 26 gennaio 2011, ha assegnato il ricorso alle Sezioni unite, fissando per la trattazione l’odierna udienza camerale.
CONSIDERATO IN DIRITTO

1. La questione sottoposta all’esame delle Sezioni Unite è la seguente: <<Se la notificazione di un atto destinato all’imputato o ad altra parte privata, in ogni caso in cui la consegna debba essere fatta al difensore, possa essere eseguita con telefax o con altri mezzi idonei, a norma dell’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen.>>.
2. Preliminare all’esame della indicata questione di diritto è, però, la soluzione della pregiudiziale eccezione di nullità della notifica eseguita presso il domiciliatario, senza l’osservanza delle forme del deposito presso la casa comunale e degli avvisi previsti dall’art. 157, comma 8, cod. proc. pen.
Sul punto è stato già esattamente rilevato nell’ordinanza di rimessione, mediante l’esame degli atti, che, secondo la relazione dell’ufficiale giudiziario, il domiciliatario non è stato reperito nel domicilio eletto, nonostante l’assunzione di specifiche informazioni sul posto e presso il locale ufficio di anagrafe; né risulta risiedere o abitare in quel Comune.
Un indirizzo interpretativo, ormai datato, di questa Corte aveva affermato che, quando il domicilio dichiarato sia stato individuato, ma non vi sia stato reperito l’imputato o il domiciliatario da lui nominato, né vi siano persone idonee a ricevere la copia dell’atto, la notificazione deve avvenire mediante deposito nella casa comunale, ai sensi dell’art. 157, comma 8, cod. proc. pen. (Sez. 3, n. 4033 del 21/02/1997, dep. 07/05/1997, Scarlato, Rv 207763; Sez. 6, n. 611 del 21/02/1995, dep. 24/05/1995, Sapienza, Rv 201883).
L’indirizzo interpretativo più recente ha, invece, affermato che il mancato reperimento dell'imputato presso il domicilio dichiarato ovvero del domiciliatario da lui indicato, nel caso in cui le informazioni raccolte nel vicinato non diano esito alcuno, si sostanzia in una situazione di inidoneità o insufficienza della dichiarazione, rendendo così legittima la notifica mediante consegna al difensore, senza che sia consentito dar corso agli adempimenti di cui all’art. 157, comma 8, cod. proc. pen. (Sez. 5, n. 42399 del 18/09/2009, dep. 04/11/2009, Donà, Rv 245819; Sez. 2, n. 38768 del 10/11/2006, dep. 22/11/2006, Buongiorno, Rv 235311; Sez. 5, n. 23670 del 26/04/2005, dep. 23/06/2005, Carbone, Rv 231908).
Tali più recenti pronunce sono espressione della corretta interpretazione dell’art. 161, commi 1, 2 e 4, cod. proc. pen.
Il sistema delineato dagli artt. 161, 162, 163 e 164, cod. proc. pen. per le notificazioni da eseguirsi presso il domicilio dichiarato o eletto ovvero mediante consegna dell’atto al domiciliatario, si palesa quale complesso di disposizioni esaustivo, ai fini del perfezionamento della notificazione, e si pone come alternativo a quello previsto dall’art. 157 cod. proc. pen. per la prima notificazione all’imputato non detenuto; sistema che non può essere contaminato con l’applicazione di disposizioni riguardanti le ipotesi della prima notificazione, che risultino incompatibili con esso.
Tale sistema, in particolare, è fondato sul dovere dell’imputato, che ne sia stato adeguatamente edotto, di dichiarare o eleggere domicilio e di comunicare alla autorità giudiziaria ogni successiva variazione ai sensi dell’art. 161, commi 1 e 2, cod. proc. pen.
E’ opportuno precisare sul punto che l’art. 163 cod. proc. pen., secondo il quale <<Per le notificazioni eseguite nel domicilio dichiarato o eletto a norma degli artt. 161 e 162 si osservano, in quanto applicabili, le disposizioni dell’art. 157>>, per la clausola di salvaguardia in esso contenuta, attiene alla individuazione dei soggetti potenziali consegnatari dell’atto e non al luogo o alle modalità della notificazione. Infatti, le modalità di esecuzione della notifica stabilite dall’art. 157, comma 8, cod. proc. pen., per il testuale riferimento della norma, sono consequenziali al verificarsi delle situazioni ipotizzate dal comma 7 del medesimo articolo (mancanza, inidoneità, rifiuto di ricevere l’atto con conseguente obbligo di effettuare nuove ricerche dell’imputato); situazioni di per sé preclusive della possibilità di notificazione presso il domicilio dichiarato o eletto ovvero presso il domiciliatario e idonee ad individuare l’ipotesi prevista dall’art. 161, comma 4, cod. proc. pen.
La impossibilità di procedere alla notifica nelle mani della persona designata quale domiciliatario, per il rifiuto di ricevere l’atto ovvero per il mancato reperimento del domiciliatario o dell’imputato stesso nel luogo di dichiarazione o elezione di domicilio o di altre persone idonee, integra l’ipotesi della impossibilità della notificazione ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., sicché non è consentito, in tali casi, procedere con le forme previste dall’art. 157, comma 8, cod. proc. pen.
Pertanto, nell’ipotesi in cui la notificazione presso il domicilio dichiarato o eletto risulti impossibile per una delle cause previste dall’art. 157, comma 7, cod. proc. pen., la notificazione deve essere eseguita ai sensi dell’art. 161, comma 4, stesso codice, mentre è preclusa la possibilità di procedere con le forme previste dall’art. 157, comma 8, cod. proc. pen.
Il primo e pregiudiziale motivo di ricorso, pertanto, è infondato.
3. La questione rimessa all’esame delle Sezioni Unite concerne la legittimità delle notificazioni a mezzo telefax eseguite presso il difensore, quale domiciliatario ex lege dell’imputato, nella impossibilità di notificazione presso il domicilio dichiarato o eletto, ovvero, per quanto si preciserà in seguito, quale domiciliatario nominato dallo stesso imputato.
Come già osservato, nell’ordinanza di rimessione si dà atto che l’esistenza di due contrapposti indirizzi interpretativi sulla questione corrisponde, in effetti, a casistiche diverse.
Le sentenze che hanno escluso la legittimità della notificazione a mezzo telefax, diretta alla parte, ma eseguita presso il difensore, si riferiscono a casi nei quali il difensore era stato nominato domiciliatario dall’imputato o indagato (Sez. 2, n. 2827 del 10/12/2008, dep. 21/01/2009, Raimondi, Rv 242654; Sez. 2, n. 5648 del 11/02/2007, Kucukdemir, Rv 235818; Sez. 3, n. 16610 del 05/04/2005, Pellegrini, Rv 232494, tutte rese nell’ambito di procedure di riesame).
L’indirizzo interpretativo citato ha fatto perno, in particolare, sulla previsione dell’art. 150 cod. proc. pen., osservando che l’uso di sistemi alternativi a quello ordinariamente previsto per le notifiche è consentito dalla disposizione citata solo nell’ipotesi in cui la notificazione sia destinata a <<persona diversa dall’imputato>>.
Le sentenze che hanno concluso per la legittimità di tale modalità di notificazione si riferiscono, invece, tutte a casi nei quali la notificazione è stata eseguita ai sensi dell’art. 161, comma 4, cod. proc. pen., per la rilevata impossibilità di eseguire la notificazione nel domicilio determinato a norma del comma 2 ovvero di mancanza, insufficienza o inidoneità della dichiarazione nei casi previsti dai commi 1 e 3. (Sez. 3, n. 46703 del 03/11/2009, dep. 03/12/2009, Choukoukou, Rv 245406; Sez. 1, n. 40324 del 24/09/2008, dep. 29/10/2008, Aboussad, Rv 241704; Sez. 5, n. 20586 del 12/04/2007, dep. 25/05/2007, Gatterer, Rv 236614).
Alle ipotesi prese in considerazione dal secondo indirizzo interpretativo possono ovviamente essere equiparate quelle della irreperibilità dell’imputato (art. 159, comma 1, cod. proc. pen.), della sua dichiarazione di latitanza (art. 165, comma 1, cod. proc. pen.) ovvero della ipotesi di imputato residente, dimorante o detenuto all’estero, che non abbia ottemperato all’invito a dichiarare o eleggere domicilio nello Stato (art. 169, comma 1, cod. proc. pen.).
Nella ipotesi in cui la notifica a mezzo telefax è stata ritenuta legittima - e cioè quella di cui all’art. 161, comma 4, cod. proc. pen. - si è fatto riferimento alle modalità di notificazione stabilite nei confronti dei difensori dall’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen., e si è sostenuto che, nel caso di impossibilità di notificazione all’imputato ovvero al suo domiciliatario, il difensore venga in rilievo non come soggetto fisico, designato per la mera ricezione materiale della notificazione, ma in ragione del suo specifico ruolo funzionale nel procedimento.
E’ opportuno, quindi, procedere, per un corretto ed esaustivo inquadramento normativo della questione, all’interpretazione dell’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen., individuando il rapporto di tale norma con quella di cui all’art. 150 cod. proc. pen.
Il comma 2-bis, è stato inserito nell’art. 148 del codice di rito dall’art. 9, comma 1, lett. b), della legge 15 dicembre 2001 n. 438, di conversione, con modificazioni, del d.l. 18 ottobre 2001 n. 374.
La norma prevista dal decreto-legge citato, recante <<Disposizioni urgenti per contrastare il terrorismo internazionale>>, costituiva espressione del manifestato intento di “recuperare” gli organi di polizia all’attività operativa di indagine, limitato dalla possibilità, prevista dal codice di rito sin dalla sua nascita, che le notifiche nei casi di procedimenti con imputati detenuti venissero eseguite a mezzo della polizia giudiziaria.
Dopo alterne vicende in sede di conversione del decreto-legge, legate alla valutazione della omogeneità della norma con la materia disciplinata dalla legislazione di urgenza, la stessa è stata definitivamente inserita nella legge di conversione al dichiarato scopo di <<rendere più semplice un procedimento che, a seguito, dell’art. 9 del decreto-legge, vedeva perdere uno dei soggetti ai quali la legge affida il compito di notificare gli atti giudiziari>> (v. Commissione Giustizia della Camera in sede referente, seduta dell’11 dicembre 2001, relazione orale dell’on. Pecorella, Resoconto, p. 29).
A ben vedere, la norma costituisce la fisiologica evoluzione, in relazione alle modificazioni e diffusione dei mezzi tecnici di trasmissione degli atti intervenute nel corso del tempo, di quanto già previsto dall’art. 150 cod. proc. pen. fin dalla data di entrata in vigore del codice di rito, in attuazione di quanto previsto dalla direttiva di cui all’art. 2, comma 1, n. 9, della legge-delega n. 81 del 1987, che prevedeva la <<semplificazione del sistema delle notificazioni, con possibilità di adottare anche nuovi mezzi di comunicazione>>.
La natura innovativa di quanto previsto dall’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen. emerge evidente dal raffronto tra le due norme, che induce altresì ad escludere che si tratti, come affermato in varie sedi, di una mera duplicazione di disposizioni in materia di notificazioni già previste dal codice di rito fin dall’origine.
Una prima differenza tra le due norme, di particolare rilevanza, è data dalla previsione contenuta nell’art. 150, comma 1, cod. proc. pen. che le forme diverse di notificazione siano consigliate da <<circostanze particolari>>.
Nulla dispone invece in proposito il comma 2-bis dell’art. 148 codice di rito.
Ai sensi dell’art. 150, inoltre, l’impiego, per la notificazione, <<di mezzi tecnici che garantiscano la conoscenza dell’atto>> deve essere stabilita dal giudice con decreto motivato, che indichi (comma 2) <<le modalità necessarie per portare l’atto a conoscenza del destinatario.>>.
Il comma 2-bis dell’art. 148 cod. proc. pen. rimette, invece, alla discrezionalità dell’autorità giudiziaria, comprendendo quindi anche il pubblico ministero, il disporre che le notificazioni o (anche) gli avvisi <<siano eseguiti con mezzi tecnici idonei>>, senza che sia necessario emettere un provvedimento che lo giustifichi (Sez. 1, n. 34028 del 14/09/2010, dep. 21/9/2010, Ferrera, Rv 248184; Sez. 2, n. 8031 del 09/02/2010, dep. 01/03/2010, Russo, Rv 246450).
Tale ultima differenza è stata evidenziata anche dalla dottrina, la quale, peraltro, non risulta essersi occupata specificamente della questione giuridica in esame.
Le modalità diverse di notificazione o comunicazione degli avvisi stabilite dall’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen. sono utilizzabili esclusivamente per gli atti che devono essere ricevuti dai difensori, mentre le notificazioni previste dall’art. 150 cod. proc. pen. possono essere disposte nei confronti di qualunque persona diversa dall’imputato.
E’ stato evidenziato in base al raffronto tra le due norme il carattere di specialità della previsione contenuta nell’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen. rispetto a quella dell’art. 150 stesso codice (Sez. 4, n. 41051 del 02/12/2008, dep. 03/11/2008, Davidovits).
A ben vedere, però, la specialità della previsione contenuta nel comma 2-bis deve essere piuttosto riferita alla disciplina generale in materia di organi e forme delle notificazioni dettata dall’art. 148 cod proc. pen., mentre, a sua volta, l’art. 150 stesso codice costituisce una norma speciale rispetto alla disciplina delle forme e mezzi ordinari di notificazione di cui allo stesso art. 148.
Pertanto, la prima delle disposizioni citate risulta esclusivamente applicabile per gli atti che devono essere ricevuti dai difensori e prescinde dalle prescrizioni formali dettate dal legislatore del 1988 per rendere certa la ricezione dell’atto da parte del suo destinatario, evidentemente in considerazione delle qualità professionali del difensore, nonché presumibilmente della maggiore affidabilità dei mezzi tecnici di trasmissione degli atti intervenuta nel frattempo.
La norma, peraltro, ripete sostanzialmente il contenuto di quanto già previsto dall’art. 54, comma 2, disp. att. cod. proc. pen. per la trasmissione all’ufficiale giudiziario degli atti da notificare.
Sicché deve essere ravvisato un parallelo, di non secondaria importanza, tra l’omogeneità della disciplina prevista per la trasmissione degli atti tra organi dell’amministrazione giudiziaria e tra questi ultimi e la categoria professionale degli avvocati.
Come già rilevato il contenuto normativo del comma 2-bis inoltre è stato inserito nell’art. 148 cod. proc. pen., che disciplina gli <<organi e le forme delle notificazioni>> con disposizione di carattere generale.
Si può, quindi, inferire da tale rilievo di natura sistematica e dal dato letterale che il legislatore ha previsto l’uso di mezzi tecnici idonei per le notificazioni o gli avvisi ai difensori quale sistema ordinario, generalizzato, alternativo all’impiego dell’ufficiale giudiziario o di chi ne esercita le funzioni (comma 1), purché sia assicurata l’idoneità del mezzo tecnico. (Sez. 2, n. 8031 del 09/02/2010, dep. 01/03/2010, Russo).
La mancata individuazione, in sede normativa, dei mezzi tecnici idonei ad assicurare la effettiva conoscenza dell’atto (cosiddetta norma aperta) è evidentemente legata all’esigenza di non rendere necessario il continuo aggiornamento legislativo degli strumenti utilizzabili, né in qualche modo obbligatorio il loro utilizzo, tenuto conto della evoluzione scientifica e dell’effettivo grado di diffusione di nuovi mezzi tecnici di trasmissione.
D’altra parte la individuazione della categoria dei difensori quali “naturali” possibili destinatari o consegnatari delle notificazioni o avvisi con l’uso di mezzi tecnici idonei è evidentemente legata all’esigenza di tale categoria professionale di farne uso, come avviene generalmente con il telefax, per lo svolgimento della propria attività.
Peraltro, va ribadito che nessun obbligo è imposto dalla legge circa la utilizzazione di particolari mezzi tecnici, quali il telefax, essendone possibile l’impiego solo allorché il destinatario della notificazione ai sensi dell’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen. abbia comunicato all’autorità giudiziaria il proprio numero di telefax o lo abbia comunque reso di pubblico dominio.
A proposito del telefax, di cui nel caso in esame ci si occupa, va ancora osservato che si tratta di uno strumento tecnico che dà assicurazioni in ordine alla ricezione dell’atto da parte del destinatario, attestata dallo stesso apparecchio di trasmissione mediante il cosiddetto <<OK>> o altro simbolo equivalente (v. Sez. 2, n. 24798 del 03/06/2010, dep. 01/07/2010, Stankovic, Rv 247727, secondo la quale per il perfezionamento della notificazione non è richiesta la conferma da parte del destinatario dell’avvenuta ricezione, essendo all’uopo sufficiente il rapporto di positiva trasmissione).
La ricezione inoltre avviene su supporto cartaceo di immediata percezione. 4. Dalla interpretazione dell’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen., quale disposizione di carattere generale in ordine alle modalità di notificazione degli atti o degli avvisi che devono essere ricevuti dai difensori, e dalla individuazione dei rapporti di tale norma con l’art. 150 stesso codice, come meglio si preciserà in seguito, deriva necessariamente che anche le notificazioni effettuate nei confronti del difensore, nella qualità di domiciliatario, a qualsiasi titolo, dell’imputato o indagato, possono essere eseguite ai sensi della disposizione citata.
Tale interpretazione trova un riscontro, difficilmente sormontabile, nell’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen. aggiunto dall’art. 2, comma 1, d.l. 21 febbraio 2005 n. 17, recante <<Disposizioni urgenti in materia di impugnazione delle sentenze contumaciali e dei decreti di condanna>>, convertito, con modificazioni, dalla legge 22 aprile 2005 n. 60.
L’articolo citato, nel prevedere che le notificazioni all’imputato non detenuto, successive alla prima, sono eseguite, in caso di nomina di difensore di fiducia, mediante consegna ai difensori, stabilisce che per <<le modalità della notificazione si applicano anche le disposizioni previste dall’art. 148, comma 2-bis>>.
Orbene, il riferimento all’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen. non può essere inteso come espressione della volontà del legislatore di escludere la possibilità di effettuare la notificazione con mezzi tecnici idonei, eseguita presso il difensore ma diretta all’assistito, in ogni altro caso diverso da quello previsto dal comma 8-bis dell’art. 157, ma piuttosto nel senso di chiarire che tale modalità di notificazione è generalmente impiegabile per le notifiche successive alla prima di cui sia destinatario l’imputato e consegnatario il difensore.
Tale appare chiaramente l’intento dell’emendamento al testo dell’art. 157 cod. proc. pen. in sede di conversione del decreto-legge n. 17 del 2005 (v. Commissione Giustizia della Camera in sede referente, seduta del 2 marzo 2005, intervento dell’on. Kessler, Resoconto stenografico, p. 29, e seduta dell’8 marzo 2005, intervento del relatore on. Ghedini, Resoconto stenografico, p. 23).
Non è privo di rilievo osservare che la disposizione introdotta dall’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen. è stata già sottoposta al vaglio di legittimità costituzionale, sia pure non con specifico riferimento alle modalità di notificazione degli atti, e la Corte costituzionale ha affermato la infondatezza della questione, in relazione agli art. 111, terzo comma, e 24 della Costituzione, con sentenza n. 136 del 5 maggio 2008.
In particolare la pronuncia ha evidenziato che la norma <<si ispira all’esigenza di bilanciare il diritto di difesa degli imputati e la speditezza del processo, semplificando le modalità delle notifiche e contrastando eventuali comportamenti dilatori e ostruzionistici>>.
La Corte costituzionale ha altresì rilevato che il rapporto fiduciario, che lega l’imputato al suo difensore implica <<l’insorgere di un rapporto di continua e doverosa informazione da parte di quest’ultimo nei confronti del suo cliente, che riguarda ovviamente, in primo luogo, la comunicazione degli atti>>. 5. Anche la citata pronuncia della Corte costituzionale, come in precedenza la giurisprudenza di legittimità, sia pure con specifico riferimento all’onere del difensore di assicurare la funzionalità degli apparecchi di cui è dotato il proprio studio professionale (Sez. U, n. 39414 del 30/10/2002, dep. 22/11/2002, Arrisoli, Rv 222553; Sez. 6, n. 34860 del 19/09/2002, dep. 17/10/2002, Fisheku, Rv 222578), ha posto in rilievo l’onere di diligenza a carico del difensore che sia consegnatario delle notificazioni.
Tale dovere di informazione da parte del difensore nei confronti del proprio assistito, sia pure riferito in generale alla illustrazione dei diritti e facoltà dell’imputato e degli atti che lo riguardano, era stato già affermato dalla Corte Europea dei Diritti dell’Uomo con sentenza in data 18 ottobre 2006 nel procedimento Hermi contro Italia (§§ 92-97) e ribadito nella successiva sentenza in data 28 febbraio 2008 nel procedimento Demebukov contro Bulgaria (§§ 50-57).
Peraltro, come implicitamente affermato dalla citata pronuncia della Corte costituzionale, l’ordinamento giuridico non può farsi carico dell’eventuale disinteresse dell’imputato per il processo, allorché questi sia stato adeguatamente avvisato, cosa che avviene mediante la prima notificazione eseguita ai sensi dell’art. 157 cod. proc. pen. ovvero è dimostrata dalla intervenuta nomina di un difensore di fiducia.
Sicché, tenuto conto delle qualità professionali del difensore e degli obblighi derivanti dal mandato fiduciario ricevuto ovvero per disposizione di legge, nel caso di nomina di ufficio per l’imputato che ne sia sprovvisto, non sussistono ragioni per valutare diversamente la sua idoneità a rendere adeguatamente edotto l’imputato della natura giuridica dell’atto di cui sia destinatario, a seconda che egli sia consegnatario dello stesso ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen. ovvero quale domiciliatario nominato ai sensi dell’art. 161 stesso codice, indipendentemente dalle modalità con cui l’atto è stato notificato al consegnatario.
La prima disposizione citata attribuisce, in ogni caso, al difensore la facoltà di comunicare immediatamente all’autorità giudiziaria che non intende accettare le notificazioni per conto del suo assistito ed all’imputato di porre nel nulla gli effetti della norma, provvedendo alla dichiarazione o elezione di domicilio (Sez. U, n. 19602 del 27/03/2008, dep. 15/5/2008, Micciullo, Rv 239396, che ha dichiarato la nullità, in tal caso, della notifica eseguita ai sensi dell’art. 157, comma 8-bis, cod. proc. pen. presso il difensore di fiducia).
Non risulterebbe, pertanto, comprensibile, in ipotesi di una diversa interpretazione, la ratio del sistema processuale in materia di notificazioni che consenta la notifica dell’atto di cui sia destinatario l’imputato presso il difensore, non domiciliatario ed al di fuori delle ipotesi di irreperibilità, latitanza o della inidoneità di altra elezione di domicilio, mediante l’uso di mezzi tecnici idonei, ai sensi dell’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen., mentre non lo consenta allorché l’imputato abbia anche eletto domicilio presso il difensore. Ovviamente ad analoghe conclusioni deve pervenirsi con riferimento alle notificazioni da eseguirsi presso i difensori, ai sensi dell’art. 154, comma 4, cod. proc. pen., nei confronti delle altre parti del processo.
6. Quanto fin qui argomentato rende evidente che non esiste antinomia tra la previsione contenuta nell’art. 150 cod. proc. pen., che esclude l’utilizzabilità di mezzi tecnici per le notificazioni di cui sia destinatario l’imputato, ed il sistema normativo così delineato in materia di notificazioni di cui sia destinatario l’imputato e consegnatario il suo difensore.
Dalla lettura sistematica delle norme che disciplinano la materia, stante il già rilevato carattere generale delle previsioni in materia di organi e forme della notificazione contenuta nell’art. 148 cod. proc. pen., la disposizione dell’art. 150, per il suo carattere di specialità rispetto alle forme ordinarie di notificazione, tra le quali rientrano quelle eseguite nei confronti dei difensori con l’uso di mezzi tecnici idonei, deve essere riferita ad ogni altra ipotesi in cui la notificazione debba essere eseguita direttamente nei confronti dell’imputato o di un domicilatario diverso dal difensore, non dotato delle conoscenze professionali che sono proprie di quest’ultimo.
7. Alla stregua delle considerazioni svolte, va enunciato il seguente principio: <<La notificazione di un atto di cui sia destinatario l’imputato o altra parte privata, in ogni caso in cui esso possa o debba essere consegnato al difensore, può essere eseguita con telefax o altri mezzi idonei a norma dell’art. 148, comma 2-bis, cod. proc. pen.>>.
Sicché, nel caso in esame, la notificazione eseguita a mezzo telefax dinanzi al Tribunale del riesame all’imputato presso il suo difensore è regolare.
Il ricorso, pertanto, deve essere rigettato con le conseguenze di legge.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
Così deciso il 28 aprile 2011
Il Componente estensore Il Presidente
Alfredo Maria Lombardi Ernesto Lupo
Depositata il 19 luglio 2011
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Re: NOTIFICHE

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Re: NOTIFICHE

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Avvisi udienze, la Cassazione apre alla notifica via sms


Dopo il fax, la Cassazione accoglie una nuova modalità di notifica per gli avvisi delle convocazioni all’udienza di convalida di un arresto


Notifica udienza via sms, la Cassazione dice sì. La Suprema Corte ha dato l’ok alla facoltà che la comunicazione per udienze con tempi risicati per la diramazione degli avvisi avvenga anche via messaggino telefonico. La novità viene esplicitata nella sentenza 30984 dello scorso 30 luglio, che ha respinto il ricorso di un avvocato, certo di vedere annullato l’esito di un’udienza, tenuta a suo dire in violazione del diritto di difesa, poiché all’interessato non era pervenuta convocazione via sms o altri sistemi.

Dopo il fax, dunque, via libera dalla Corte di Cassazione anche per avvisi e notifiche via sms, malgrado il tenore informale che questo mezzo di comunicazione abbia sempre riscontrato, sin dalla sua diffusione coi primi telefoni cellulari. Quello che stabilisce la Cassazione, comunque, è che l’udienza non possa considerarsi nulla se le parti non sono a conoscenza dell’avviso, se questo è pervenuto anche tramite fax o sms.

La Suprema Corte ha stabilito, infatti, che l’adeguatezza funzionale della comunicazione per la convocazione di un’udienza di convalida dell’arresto vada verificata di volta in volta, presupponendo che il legale possa essere rintracciato, come è naturale, nell’ufficio di esercizio della professione. Esaminando il caso in oggetto, la Cassazione ha convenuto che l’avvocato proponente il ricorso, era in realtà già stata rintracciato via fax e via sms, al numero abitualmente utilizzato per lo svolgimento del suo ruolo di rappresentante legale.

Prevale, dunque, l’assoluta necessità – in linea con la prerogativa costituzionale di difendere il diritto alla libertà – di dare avviso nei tempi congrui sia al Pubblico ministero che agli avvocati, anche secondo canali meno “ufficiali”, che aprono, dunque, anche la strada della sostituzione del difensore nell’udienza di convalida, nel caso quello inizialmente incaricato non abbia prestato sufficiente attenzione al proprio telefonino.
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Re: NOTIFICHE

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http://www.brocardi.it/codice-di-proced ... rt146.html" onclick="window.open(this.href);return false;

Dispositivo dell'art. 146 Codice di Procedura Civile

Fonti → Codice di Procedura Civile → LIBRO PRIMO - DISPOSIZIONI GENERALI → Titolo VI - Degli atti processuali (Artt. 121-162) → Capo I - Delle forme degli atti e dei provvedimenti → Sezione IV - Delle comunicazioni e delle notificazioni
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Se il destinatario è militare in attività di servizio (1) e la notificazione non è eseguita in mani proprie, osservate le disposizioni di cui agli articoli 139 e seguenti, si consegna una copia al pubblico ministero, che ne cura l'invio al comandante del corpo al quale il militare appartiene (2)(3).

Note
(1) L'articolo in esame trova applicazione nei confronti di tutti gli appartenenti ad un corpo militare. Pertanto, non solo ai militari in servizio effettivo permanente, ma anche a quelli per mobilitazione e ai volontari nonché agli appartenenti ai corpi militarizzati di polizia.

(2) Si tratta comunque di una forma di notificazione residuale, poichè la norma specifica che quando la notifica non può avvenire in mani proprie ai sensi dell'art. 138, senza necessità di alcuna altra formalità si procede mediante consegna ad un consegnatario secondo le disposizioni degli artt. 139 ss..

(3) La notificazione di un atto al militare in servizio può avvenire anche a mezzo del servizio postale presso il domicilio del militare stesso e, qualora il plico sia consegnato nelle mani proprie del destinatario, non è necessaria la consegna di una copia al p.m. affinchè ne curi l'invio al comandante del corpo cui il militare appartiene.
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Notificazione a militari in attività di servizio.
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Il Consiglio di Stato a seguito del ricorso straordinario al PDR da parte di un militare, così chiarisce:

1) - La censura formulata dal ricorrente è infondata, poiché, come osserva la giurisprudenza citata nella relazione ministeriale, dal combinato disposto degli articoli 146 e 149 del codice di procedura civile non si evince l’inapplicabilità della notificazione a mezzo del servizio postale nei confronti al militare in servizio. Peraltro, l’asserita nullità della notifica della contestazione integra un vizio formale di un atto interno al procedimento, la cui rilevanza dev’essere valutata – ai sensi dell’art. 21-octies della legge 7 agosto 1990 n. 241 – in relazione all’incidenza che ha avuto sul provvedimento finale, nella specie insussistente, attesa la natura vincolata del provvedimento e la mancanza di deduzioni volte a evidenziare l’utilità che avrebbe avuto la produzione di memorie e documenti nel procedimento.

Il resto leggetelo qui sotto.
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11/12/2013 201302929 Definitivo 1 Adunanza di Sezione 16/10/2013


Numero 04809/2013 e data 11/12/2013


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 16 ottobre 2013


NUMERO AFFARE 02929/2013

OGGETTO:
Ministero dell’interno.

Ricorso straordinario al Presidente della Repubblica proposto dal sig. OMISSIS, nato a OMISSIS e residente a OMISSIS, per l’annullamento dell’ordinanza della prefettura di Vibo Valentia prot. n…../Area III/Assegni/Ing., notificata il 3 febbraio 2010, d’ingiunzione di pagamento della sanzione pecuniaria irrogatagli per l’emissione di assegni senza provvista.

LA SEZIONE
Vista la relazione 17/7/2013 prot. n. 10624 con la quale il ministero dell’interno, dipartimento per gli affari interni e territoriali, ha chiesto il parere del Consiglio di Stato sul ricorso;
visto il ricorso, notificato alla prefettura di Vibo Valentia a mezzo del servizio postale l’1 giugno 2010 (data di spedizione);
esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Francesco Bellomo.

Premesso:
Con il ricorso in esame il sig. OMISSIS impugna l’ordinanza sopra indicata, deducendo la nullità della notificazione dell’atto di contestazione dell’illecito, avvenuta a mezzo servizio postale nelle mani dei familiari, mentre egli è un militare, la notifica al quale va eseguita con le modalità prescritte dall’art. 146 del codice di procedura civile («Notificazione a militari in attività di servizio. Se il destinatario è militare in attività di servizio e la notificazione non è eseguita in mani proprie, osservate le disposizioni di cui agli articoli 139 e seguenti, si consegna una copia al pubblico ministero, che ne cura l’invio al comandante del corpo al quale il militare appartiene»).

Il ministero riferente ha concluso perché il ricorso sia dichiarato inammissibile o comunque respinto.

Considerato:
L’eccezione d’inammissibilità formulata dal ministero è infondata, perché, trattandosi di provvedimento anteriore al codice del processo amministrativo emanato con decreto legislativo 2 luglio 2010 n. 104 entrato in vigore il 16 settembre 2010 (il cui art. 7, comma 8, ammette il ricorso straordinario soltanto per le controversie devolute alla giurisdizione amministrativa), il rimedio giurisdizionale dinanzi al tribunale ordinario non esclude il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica.

La censura formulata dal ricorrente è infondata, poiché, come osserva la giurisprudenza citata nella relazione ministeriale, dal combinato disposto degli articoli 146 e 149 del codice di procedura civile non si evince l’inapplicabilità della notificazione a mezzo del servizio postale nei confronti al militare in servizio. Peraltro, l’asserita nullità della notifica della contestazione integra un vizio formale di un atto interno al procedimento, la cui rilevanza dev’essere valutata – ai sensi dell’art. 21-octies della legge 7 agosto 1990 n. 241 – in relazione all’incidenza che ha avuto sul provvedimento finale, nella specie insussistente, attesa la natura vincolata del provvedimento e la mancanza di deduzioni volte a evidenziare l’utilità che avrebbe avuto la produzione di memorie e documenti nel procedimento.

P.Q.M.
esprime il parere che il ricorso debba essere respinto.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Francesco Bellomo Raffaele Carboni




IL SEGRETARIO
Gabriella Allegrini
panorama
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Re: NOTIFICHE

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Questo Parere del C.d.S. espresso in relazione al quesito posto dal Ministero dell'Interno parla di come effettuare le notifiche in caso di morte dell'interessato.

Visto che post parla appunto di notifiche, penso che potrebbe interessare a qualcuno. Quindi, giusto per cultura.

Potete leggere il tutto qui sotto.
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10/03/2014 201303916 Definitivo 1 Adunanza di Sezione 08/01/2014


Numero 00780/2014 e data 10/03/2014


REPUBBLICA ITALIANA
Consiglio di Stato
Sezione Prima

Adunanza di Sezione del 8 gennaio 2014

NUMERO AFFARE 03916/2013

OGGETTO:
Ministero dell'interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali.

Quesito concernente i ricorsi straordinari al Presidente della Repubblica, ai sensi degli articoli 8 e seguenti del d.p.r. 24 novembre 1971 n. 1199 in caso di morte del ricorrente. Eventuali adempimenti dell'amministrazione referente ai fini della conclusione del procedimento e specificatamente della notifica del Decreto del Presidente della Repubblica di decisione del ricorso straordinario.

LA SEZIONE
Vista la relazione n. 2971 del 21 novembre 2013 con il quale il Ministero dell'interno – Dipartimento per gli affari interni e territoriali ha posto il quesito;

esaminati gli atti e udito il relatore, consigliere Hans Zelger.

Premesso:

Il Ministero espone che in Adunanza del 15 giugno 2011, numero affare 03535/201, questa Sezione ha licenziato il parere di cui all'articolo 12 del decreto del Presidente della Repubblica 24 novembre 1971, n. 1199 sul ricorso straordinario al Presidente della Repubblica, proposto dalla signora S. G., avverso il decreto ministeriale di diniego della domanda di aggiunta dei cognomi "OMISSIS" e "OMISSIS", esprimendo parere per l’accoglimento del ricorso.

A conclusione dell'iter di notificazione del predetto parere e del conforme decreto del Presidente della Repubblica di decisione del ricorso, datato 3 ottobre 2011, il Comune di OMISSIS (Verona), Ufficio di polizia locale, Ufficio messi comunali, con nota prot. …. datata 26 ottobre 2012 ha comunicato di non aver potuto provvedere alla notifica in quanto la signora G. S. era deceduta in data 25 dicembre 2010.

La regolamentazione dell'istituto in esame, posta dal capo III del Decreto del Presidente della Repubblica n. 1199 del 1971, lascia la fattispecie del decesso del ricorrente priva di specifica disciplina.

Elaborazioni dottrinali, disponibili sul sito istituzionale della giurisdizione amministrativa, consentono di risalire, nella materia, alle indicazioni rese nel parere del Consiglio di Stato, Sez. III, n. 301/1999 del 22 giugno 1999.

Tale parere avrebbe escluso la sussistenza dei presupposti per disporre l'interruzione del procedimento per la decisione del ricorso straordinario, ritenendo dunque non applicabili le disposizioni sul processo dinanzi al giudice amministrativo, allora vigenti, di cui all'articolo 24 della legge 6 dicembre 1971, n. 1034, recante espresso rinvio agli articoli 299 e seguenti del codice di procedura civile, in quanto applicabili.

L'avviso del Consiglio di Stato trarrebbe argomento dalle peculiarità del gravame straordinario, in quanto, tale istituto non richiede alcuna attività della parte interessata dopo la presentazione del ricorso, non richiede l'assistenza di un difensore e non prevede specifici adempimenti formali ai fini di far constare la conoscenza legale dell'evento interruttivo;
sempre secondo il citato parere, la sostanziale inapplicabilità della succitata disciplina comporterebbe, quindi, per i procedimenti relativi al ricorso straordinario, la’ultrattività delle disposizioni precedentemente in vigore per le Sezioni giurisdizionali del Consiglio di Stato, di cui al regio decreto 17 agosto 1907, n. 642, ed in ispecie dell'articolo 92 secondo cui: "La morte o il cangiamento di stato di una delle parti non sospende la procedura".

Ancora in ambito di funzione consultiva delle giurisdizioni amministrative, risulta, inoltre, il parere del Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, Sezioni Riunite, n. 452/06 del 27 giugno 2006, che ha stabilito che il ricorso notificato dal difensore munito di procura speciale dopo la morte del ricorrente è inammissibile, in quanto nel procedimento per la decisione del ricorso straordinario la morte del ricorrente non determina l'interruzione del procedimento che sia stato incardinato prima della data del decesso, mentre nell'ipotesi in cui il ricorrente sia morto prima della notificazione del ricorso o del suo deposito, la morte del mandante determina l'estinzione del mandato conferito al difensore, ai sensi dell'articolo 1722, comma 1, n. 4, del codice civile, e la nullità dell'intero eventuale procedimento che ne sia seguito, restando esclusa, in mancanza di una valida costituzione di un rapporto processuale, l'applicabilità del principio, che ha carattere eccezionale, dell’ultrattività della procura (che riguarda il caso di decesso della parte costituita).

Nel caso in argomento, il decesso della ricorrente, non conosciuto prima della citata comunicazione del comune in sede di notifica del decreto di decisione, risulta successivo alla presentazione del ricorso e alla trasmissione della relazione di questo Ministero, però, antecedente all'espressione del parere e, quindi, all'adozione del decreto di decisione medesimo.

Sul piano della normativa applicabile in via generale, il Ministero osserva, infine, che la citata legge n. 1034, del 1971, è stata abrogata dal decreto legislativo 2 luglio 2010, n. 104, che non disciplina la morte del ricorrente bensì reca, all'articolo 39, il rinvio esterno al codice di procedura civile;
come è noto, il citato decreto legislativo n. 104, del 2010, è in vigore dal 16 settembre 2010, dunque in epoca successiva alla trasmissione della relazione dell' Amministrazione, e precedente all'espressione del parere del Consiglio di Stato.

Al fine, dunque, di consentire a questa Amministrazione di porre in essere gli eventuali adempimenti ancora connessi all' esito del ricorso e al decesso della ricorrente, anche in relazione alla posizione giuridica degli aventi causa della ricorrente, si ritiene opportuno e necessario sottoporre al Consiglio di Stato la richiesta di parere sopra descritta, nonché il possibile riferimento ad eventuali orientamenti interpretativi dirimenti.

Considerato:
Il quesito si riferisce al caso in cui la ricorrente aveva presentato regolare ricorso straordinario al Presidente della Repubblica ed era deceduta successivamente all’istruzione della vertenza e della trasmissione della relazione ministeriale ma prima del licenziamento del parere di questo Consiglio di Stato e, quindi, anche dell’adozione del decreto di decisione del ricorso.

Inoltre, tale decesso non è stato segnalato né all’Amministrazione resistente né al Consiglio di Stato.

Ritiene la Sezione che il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica è da classificare, anche dopo l’entrata in vigore del codice del processo amministrativo, approvato con d. lgs. 2 luglio 2010 n. 104, quale provvedimento “formalmente amministrativo” anche se l’art. 69 della legge 18 giugno 2009, n. 69 ha attribuito al parere natura assolutamente (e non più parzialmente) vincolante, eliminando la possibilità di andare in difformità conferita al Consiglio dei ministri su proposta del ministro competente per l’istruttoria del ricorso. Quindi, il parere del Consiglio di Stato assurge, oggi, a vera e propria decisione del ricorso, da recepire poi formalmente nel decreto presidenziale.

Tale decreto del Presidente della Repubblica è rimasto, comunque, il provvedimento finale di decisione del ricorso straordinario al Presidente della Repubblica il quale conclude il procedimento.

Ritiene la Sezione che, in considerazione delle peculiarità del gravame straordinario, non è richiesta alcuna attività alla parte interessata dopo la presentazione del ricorso;
e non sono richiesti neppure l'assistenza di un difensore né specifici adempimenti formali anche ai fini di far constatare la conoscenza legale dell'evento interruttivo.

Quindi, anche se il parere del Consiglio di Stato è divenuto vincolante, assumendo forma di atto giustiziale, il ricorso straordinario al Presidente della Repubblica nel suo complesso e in particolare il provvedimento che definisce il gravame, cioè il decreto del Presidente della Repubblica, è da classificare formalmente provvedimento amministrativo, soggetto alle formalità del procedimento amministrativo.

Ne consegue che nel caso di specie il ricorso straordinario non è soggetto alla disciplina dell’interruzione e che l’Amministrazione deve procedere alla notifica del decreto che ha definito il gravame nei modi e nei termini previsti per i provvedimenti amministrativi.

Quindi, la notifica dovrà essere eseguita agli eredi della defunta.

Tuttavia se tale notifica è sommariamente difficile per il rilevante numero dei destinatari o per la difficoltà di identificarli tutti, ovvero, se risulta oltremodo difficoltoso individuare i possibili eredi l’Amministrazione dovrà procedere, giusta l’art. 150 c.p.c., con notificazione per pubblici proclami;
a meno che il soggetto non sia deceduto da oltre di un anno. In presenza di tale fattispecie la notifica può essere rivolta collettivamente ed impersonalmente agli eredi e la notifica di esso può essere effettuata nell'ultimo domicilio del defunto, secondo la previsione di cui all'art. 303 comma 2, c.p.c., (C.d.S. Sez. IV, n. 324 del 30 aprile 1991), nel caso in cui generalità e residenza degli eredi non siano state comunicate al Ministero competente o all’Amministrazione che aveva adottato l’atto impugnato.

P.Q.M.

nelle suesposte considerazioni è il parere del Consiglio si Stato.



L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Hans Zelger Giuseppe Barbagallo




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Re: NOTIFICHE

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Questa sentenza parla di un militare occupante un alloggio di servizio appartenente al patrimonio indisponibile del Ministero della Difesa, prima in virtù di regolare provvedimento di concessione e, successivamente, in quanto l’Amministrazione l’aveva di fatto lasciato nella piena disponibilità dell’immobile per l’utilizzo del quale aveva corrisposto alla PA il canone maggiorato "ai sensi della legge n. 724/1994" rispetto agli utenti aventi titolo alla concessione.

1) - In sostanza il ricorrente lamenta l’esorbitanza dell’aumento rispetto al canone sinora corrisposto e comunque l’incongruità dell’importo richiesto rispetto ai prezzi effettivi di mercato ed alle effettive condizioni dell’immobile.

2) - il provvedimento gravato è stato notificato attraverso una raccomandata con avviso di ricevimento del Servizio delle Poste Italiane che non è stata materialmente consegnata al destinatario perché assente o impossibilitato a riceverla;
- ) - ciò nonostante l'addetto alla consegna dell'ufficio postale ha provveduto a depositare presso lo stesso indirizzo del destinatario apposito avviso di avvenuta giacenza, così come espressamente risulta da quanto riportato sulla busta raccomandata restituita al mittente (Comando Militare della Capitale)-

IL TAR LAZIO conclude così:

3) - D’altronde la dichiarazione di compiuta giacenza del 26 novembre 2011 effettuata dal competente funzionario postale non può essere superata dalla mera dichiarazione in senso contrario dello stesso interessato di non averla mai ricevuta.
- Come già ricordato dalla Sezione nei precedenti richiamati, l'art. 1335 cod. civ., per ritenere sussistente la presunzione di conoscenza, da parte del destinatario, della dichiarazione a questo diretta, occorre la prova, il cui onere incombe al dichiarante, che la dichiarazione sia pervenuta all'indirizzo del destinatario, e tale momento, nel caso in cui la dichiarazione sia stata inviata mediante lettera raccomandata non consegnata per l'assenza del destinatario (o di altra persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, e non già con il momento in cui la lettera sia arrivata al recapito in cui non fu consegnata (Cfr., da ultimo, Cass. Civ., Sez. II, 21 gennaio 2014 n. 1188, ed inoltre T.A.R. Campania sede di Napoli Sez. II, 27 maggio 2005 n. 7281).

Il punto che ci riguarda è tutto il contesto richiamato dal Tar sul servizio di notifiche Postale a cui va posta la nostra attenzione.
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29/04/2014 201404516 Sentenza 1B


N. 04516/2014 REG.PROV.COLL.
N. 03131/2013 REG.RIC.


REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio
(Sezione Prima Bis)
ha pronunciato la presente

SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 3131 del 2013, proposto da:
F. T., rappresentato e difeso dall'avv. OMISSIS;

contro
Ministero della Difesa- Comando Militare della Capitale, rappresentato e difeso per legge dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, via dei Portoghesi, 12;

per l'annullamento
del provvedimento 1 ottobre 2011 del Comando Militare della Capitale prot. n. ….;

del decreto Ministero della Difesa del 16 marzo 2011 pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 122 del 27 maggio 2011;
di ogni altro atto antecedente, conseguente e comunque agli stessi connesso.

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero della Difesa e di Comando Militare della Capitale;
Viste le memorie difensive;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 5 marzo 2014 la dott.ssa Floriana Rizzetto e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

Con il ricorso in esame, notificato il 19 marzo 2013 e depositato il successivo 5 aprile, il …. ricorrente, occupante un alloggio di servizio appartenente al patrimonio indisponibile del Ministero della Difesa, sito in ……, di circa 100 mq., prima in virtù di regolare provvedimento di concessione e, successivamente, in quanto l’Amministrazione l’aveva di fatto lasciato nella piena disponibilità dell’immobile – per l’utilizzo del quale aveva corrisposto alla PA il canone maggiorato "ai sensi della legge n. 724/1994" rispetto agli utenti aventi titolo alla concessione - impugna il provvedimento del 1.10.2011 con cui la Pa ha rideterminato l’importo del corrispettivo per la occupazione sine titulo, portandolo prima a Euro 666,74 ed il provvedimento del 27.12.2013 con cui detto importo è stato ridotto a 600,07; egli impugna altresì, quale atto presupposto, il decreto ministeriale del 16 marzo 2011.

Il ricorso è affidato ad articolati profili di censura, investenti la legittimità costituzionale della normativa applicata dalla PA, violazione di legge nonchè l’eccesso di potere in tutte le sue figure sintomatiche. In sostanza il ricorrente lamenta l’esorbitanza dell’aumento rispetto al canone sinora corrisposto e comunque l’incongruità dell’importo richiesto rispetto ai prezzi effettivi di mercato ed alle effettive condizioni dell’immobile.

Si è costituito in giudizio il Ministero della Difesa chiedendo il rigetto del gravame.

Va in via preliminare esaminata l’eccezione di irricevibilità del gravame sollevata dall’Avvocatura erariale che evidenzia al riguardo che il provvedimento gravato è stato notificato attraverso una raccomandata con avviso di ricevimento del Servizio delle Poste Italiane che non è stata materialmente consegnata al destinatario perché assente o impossibilitato a riceverla; ciò nonostante l'addetto alla consegna dell'ufficio postale ha provveduto a depositare presso lo stesso indirizzo del destinatario apposito avviso di avvenuta giacenza in data 26 novembre 2011, così come espressamente risulta da quanto riportato sulla busta raccomandata restituita al mittente (Comando Militare della Capitale) sicchè il ricorso in esame, proposto per la notifica il 15 marzo 2013, oltre il termine decadenziale di 60 giorni di cui all’art. 29 CPA, sarebbe irricevibile.

Nel corso dell'odierna udienza pubblica, le parti sono state edotte della questione in rito, dandone comunque atto a verbale secondo il dettato dell'art. 73, comma 3, del c.p.a. ed al riguardo, nel corso della discussione, il patrono del ricorrente ha controdedotto di non avere mai ricevuto l'atto impugnato.

La questione, che si è proposta in termini identici relativamente a diversi contenziosi analoghi chiamati in decisioni alla pubblica udienza odierna, è stata risolta dalla Sezione nel senso dell’irricevibilità del gravame (T.A.R. Lazio Sez. I bis, n. 3095 del 28.3.2013 e n. 3437 del 28.3.2013).

L'art. 8 della L. 20 novembre 1982, n. 890, in materia di notificazioni di atti a mezzo posta, prevede che se le persone abilitate a ricevere il piego, in luogo del destinatario, rifiutano di riceverlo, ovvero se l'agente postale non può recapitarlo per temporanea assenza del destinatario o per mancanza, inidoneità o assenza delle persone sopra menzionate, il piego è depositato lo stesso giorno presso l'ufficio postale preposto alla consegna o presso una sua dipendenza. Del tentativo di notifica del piego e del suo deposito presso l'ufficio postale o una sua dipendenza è data notizia al destinatario, a cura dell'agente postale preposto alla consegna, mediante avviso in busta chiusa a mezzo lettera raccomandata con avviso di ricevimento che, in caso di assenza del destinatario, deve essere affisso alla porta d'ingresso oppure immesso nella cassetta della corrispondenza dell'abitazione, dell'ufficio o dell'azienda. L'avviso deve contenere l'indicazione del soggetto che ha richiesto la notifica e del suo eventuale difensore, dell'ufficiale giudiziario al quale la notifica è stata richiesta e del numero di registro cronologico corrispondente, della data di deposito e dell'indirizzo dell'ufficio postale o della sua dipendenza presso cui il deposito è stato effettuato, nonché l'espresso invito al destinatario a provvedere al ricevimento del piego a lui destinato mediante ritiro dello stesso entro il termine massimo di sei mesi, con l'avvertimento che la notificazione si ha comunque per eseguita trascorsi dieci giorni dalla data del deposito e che, decorso inutilmente anche il predetto termine di sei mesi, l'atto sarà restituito al mittente.

Nelle sentenze sopra richiamate è stato precisato che le deduzioni attoree relative alla procedura eseguita in tema di notificazione del provvedimento impugnato “sono generiche e lacunose, nonché prive di un principio di prova circa l'assenza di elementi procedurali finalizzati a perfezionare la notificazione medesima che si presume essere avvenuta con la decorrenza dei termini imposti per legge dalla comunicazione dell'avviso di giacenza. In ogni caso la predetta normativa non è applicabile alla notificazione degli atti amministrativi, così come pretende la parte istante. Le regole e le modalità relative soggiacciono alle disposizioni generali concernenti il recapito della corrispondenza, anche raccomandata, per i quali, sia ai sensi dell'art. 40 comma 4 del D.P.R. 29 maggio 1982, n. 665 (recante il regolamento di esecuzione dei libri I e II del codice postale), che dell'art. 37 comma 3 del D.M. 9 aprile 2001 (di approvazione delle condizioni generali del servizio postale), è necessario e sufficiente che della giacenza sia dato avviso al destinatario”.

Alla luce di tali richiami normativi la Sezione ha ritenuto che, atteso il carattere di specialità delle disposizioni di cui alla L. n. 890 del 1982, regolanti in modo specifico la notifica degli atti giudiziari a mezzo del servizio postale, non fosse ammissibile la loro applicazione in via di analogia legis alla diversa fattispecie in esame (cfr. Corte dei Conti, Sez. Giur. Emilia Romagna, 12 dicembre 1995, n. 220).

Tali principi trovano applicazione anche nel caso in esame, in cui dalla documentazione agli atti, ed in particolare dall'apposizione da parte dell'agente postale della data e firma accanto all’abbreviazione della dicitura “AV” di avviso del ricorrente della giacenza del plico raccomandato, peraltro restituito al mittente Comando Militare dopo la decorrenza dei termini di giacenza, sicchè la notificazione del provvedimento amministrativo deve ritenersi perfezionata col compimento di tutte le attività dovute dall'agente postale, non potendo l'inerzia del destinatario nel ritiro del plico implicarne l'invalidità o quantomeno inefficacia (sul punto C.f.r. T.A.R. Bari Sez. I n. 102 - 11 gennaio 2012 e T.A.R. Lazio Sez. I n. 5848 - 4 luglio 2011).

D’altronde la dichiarazione di compiuta giacenza del 26 novembre 2011 effettuata dal competente funzionario postale non può essere superata dalla mera dichiarazione in senso contrario dello stesso interessato di non averla mai ricevuta. Come già ricordato dalla Sezione nei precedenti richiamati, l'art. 1335 cod. civ., per ritenere sussistente la presunzione di conoscenza, da parte del destinatario, della dichiarazione a questo diretta, occorre la prova, il cui onere incombe al dichiarante, che la dichiarazione sia pervenuta all'indirizzo del destinatario, e tale momento, nel caso in cui la dichiarazione sia stata inviata mediante lettera raccomandata non consegnata per l'assenza del destinatario (o di altra persona abilitata a riceverla), coincide con il rilascio del relativo avviso di giacenza del plico presso l'ufficio postale, e non già con il momento in cui la lettera sia arrivata al recapito in cui non fu consegnata (Cfr., da ultimo, Cass. Civ., Sez. II, 21 gennaio 2014 n. 1188, ed inoltre T.A.R. Campania sede di Napoli Sez. II, 27 maggio 2005 n. 7281).

Alla luce delle considerazioni sopra svolte pertanto la richiesta di rimessione in termini deve essere respinte ed il ricorso deve essere dichiarato irricevibile per tardività.

Sussistono, tuttavia, giusti motivi per compensare integralmente fra le parti le spese di giudizio.

P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio (Sezione Prima Bis) dichiara irricevibile il ricorso in epigrafe.

Spese compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 5 marzo 2014 con l'intervento dei magistrati:
Silvio Ignazio Silvestri, Presidente
Nicola D'Angelo, Consigliere
Floriana Rizzetto, Consigliere, Estensore


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE





DEPOSITATA IN SEGRETERIA
Il 29/04/2014
panorama
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Nel mese di AGOSTO 2015 la Procura della Repubblica c/o il Tribunale per una conclusione d'indagine così scrive:

" Si notifichi a cura dei C.C. della Stazione di ........ anche via PEC all'indagato presso il domicilio eletto, al difensore dell'indagato e alla persona offesa presso lo studio dei difensori di fiducia avv. ...... e ...... in ..... alla Via ........".

A tal riguardo, il mio comandante di Stazione faceva effettuare tali faccende mediante notificazioni presso gli uffici del comando a mezzo procedura cartacea sia all'indagato che al difensore dell'indagato, mentre per quanto riguarda - alla persona offesa" inoltrava tale notifica a mezzo corrispondenza spedizione postale con incarico ad altro comando Arma CC. di altra città.

Per quanto sopra, posso capire nel caso della notifica all'indagato presso i nostri uffici ma, per la restante parte degli avvocati, sia dell'indagato che della persona offesa presso lo studio, come avreste proceduto voi in considerazione di quanto scritto da parte dell'A.G. visto che si parla di PEC?
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panorama ha scritto:Nel mese di AGOSTO 2015 la Procura della Repubblica c/o il Tribunale per una conclusione d'indagine così scrive:

" Si notifichi a cura dei C.C. della Stazione di ........ anche via PEC all'indagato presso il domicilio eletto, al difensore dell'indagato e alla persona offesa presso lo studio dei difensori di fiducia avv. ...... e ...... in ..... alla Via ........".

A tal riguardo, il mio comandante di Stazione faceva effettuare tali faccende mediante notificazioni presso gli uffici del comando a mezzo procedura cartacea sia all'indagato che al difensore dell'indagato, mentre per quanto riguarda - alla persona offesa" inoltrava tale notifica a mezzo corrispondenza spedizione postale con incarico ad altro comando Arma CC. di altra città.

Per quanto sopra, posso capire nel caso della notifica all'indagato presso i nostri uffici ma, per la restante parte degli avvocati, sia dell'indagato che della persona offesa presso lo studio, come avreste proceduto voi in considerazione di quanto scritto da parte dell'A.G. visto che si parla di PEC?
La notifica tramite PEC si può fare solo all’avvocato che ha l’obbligo di esserne dotato, mentre per le altri parti occorre la solita notifica cartacea non essendo obbligati ad avere una casella PEC.
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Quindi, la Procura doveva agire autonomamente per informare gli avvocati e non per tramite dei Carabinieri?
Oppure, i Carabinieri una volta ricevuto l'atto dalla Procura sono tenuti a provvedere alla notificazione dell'atto direttamente con lo studio legale?
Ma i Comandi Stazioni CC. sono tutti dotati della PEC o ne stanno molti ancora esclusi dall'utilizzazione?
Qualcuno può operativo può specificare qualche dettaglio in più?
Se le Stazioni CC. sono tutti abilitati all'utilizzazione della PEC, perché non si fa direttamente il C.te di Stazione o i M.lli in Sottordine questi tipi di notifica via PEC anziché passare solamente le carte agli App.ti e Carabinieri?
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panorama ha scritto:Quindi, la Procura doveva agire autonomamente per informare gli avvocati e non per tramite dei Carabinieri?
Oppure, i Carabinieri una volta ricevuto l'atto dalla Procura sono tenuti a provvedere alla notificazione dell'atto direttamente con lo studio legale?
Ma i Comandi Stazioni CC. sono tutti dotati della PEC o ne stanno molti ancora esclusi dall'utilizzazione?
Qualcuno può operativo può specificare qualche dettaglio in più?
Se le Stazioni CC. sono tutti abilitati all'utilizzazione della PEC, perché non si fa direttamente il C.te di Stazione o i M.lli in Sottordine questi tipi di notifica via PEC anziché passare solamente le carte agli App.ti e Carabinieri?
giusta l'opzione evidenziata in rosso.
che io sappia tutte le amministrazioni, uffici e quindi anche tutti i reparti delle FF.PP. sono dotate di PEC.
ma certamente deve essere firmata dal responsabile/comandante dell'ufficio.
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Re: NOTIFICHE

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Se i comandanti di Stazione usassero la PEC per le notifiche agli avvocati, ci sarebbe anche il risparmio economico delle spese di spedizione postale e, quindi, spero che qualche Comandante di Legione o Provinciale faccia un proprio intervento in tal senso per economizzare e ridurre le spese di spedizioni.
Spero proprio che ciò avvenga.
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Re: NOTIFICHE

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panorama ha scritto:Se i comandanti di Stazione usassero la PEC per le notifiche agli avvocati, ci sarebbe anche il risparmio economico delle spese di spedizione postale e, quindi, spero che qualche Comandante di Legione o Provinciale faccia un proprio intervento in tal senso per economizzare e ridurre le spese di spedizioni.
Spero proprio che ciò avvenga.
credi ancora nelle favole???
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Re: NOTIFICHE

Messaggio da ariete17 »

purtroppo occorre un notevole stravolgimento di tutta l'amministrazione statale che poi non saprebbe come giustificare le spese "inutili" che effettuano.
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Re: NOTIFICHE

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speriamo che qualche sig. Ufficiale o collega del Cocer faccia la sua parte.
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