da panorama » lun giu 04, 2012 9:20 am
- Lunghissimo tempo trascorso prima della richiesta di recupero, chiedendo la declaratoria di irripetibilità dell’intero indebito con conseguente istanza di restituzione delle somme trattenute.
La Corte dei Conti ha precisato:
1) - Con riferimento alla richiesta di sospensione del giudizio, avanzata in via pregiudiziale dall’Avvocatura dell’INPDAP, questo Giudice non ravvisa, allo stato, gli estremi per l’accoglimento della predetta istanza, in funzione, da una parte, delle articolate argomentazioni di seguito esplicitate, le quali risultano sicuramente avvalorate dalle conclusioni cui sono pervenute le Sezioni Riunite nella Sentenza nr. 7/QM/2007, ma certamente non si identificano integralmente con le medesime, dall’altra, della circostanza, di rilievo assorbente, secondo cui la pronuncia delle citate Sezioni Riunite, in ogni caso, non riveste efficacia vincolante per il Giudice di primo grado, in relazione al chiaro principio di diritto affermato dallo stesso Consesso nella Sentenza nr. 8/QM/2010.
2) - D’altra parte, anche nella giurisprudenza più recente del Giudice amministrativo si rinvengono massime che prendono l’abbrivo dall’esigenza di tutelare il canone del legittimo affidamento rispetto all’azione della Pubblica Amministrazione, il quale richiama i principi di diritto comune della correttezza e della buona fede: (omissis leggere direttamente dalla sentenza poichè ne cita tante).
3) - Il principio di tutela dell’affidamento e della buona fede ha trovato cittadinanza anche nell’ordinamento tributario, ricevendo una formale consacrazione normativa per effetto dell’entrata in vigore della Legge nr. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), il cui articolo 10 stabilisce espressamente che i rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria devono essere improntati al canone della collaborazione e della buona fede; al riguardo, giova mettere in risalto che la Suprema Corte, Sezione V, ha costantemente precisato in numerose pronunce (ex multis Sentenze nr. 17576 del 2002 e nr. 21513 del 2006) che il principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino, con riferimento al canone della certezza e della sicurezza giuridica, ha valenza costituzionale, sul rilievo che trova il suo principale e diretto fondamento nel postulato di uguaglianza dei cittadini dinanzi alla Legge propugnato dall’articolo 3 della C.; ne discende, secondo la Corte di Cassazione, che la protezione dell’affidamento è invocabile anche ai rapporti tributari sorti in epoca anteriore all’entrata in vigore del citato Statuto del contribuente.
4) - Per quanto esposto in narrativa, deve essere dichiarata l’irripetibilità integrale delle maggiori somme a valere sul trattamento pensionistico, pari ad Euro 9.535,84 percepite dal ricorrente nel periodo dall’08.06.1999 alla data di accertamento dell’indebito, con conseguente obbligo dell’Istituto previdenziale di restituire gli importi recuperati.
Il resto del giudizio e del fatto potete leggerlo direttamente in sentenza che è interessante.
^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^^
SEZIONE ESITO NUMERO ANNO MATERIA PUBBLICAZIONE
PIEMONTE Sentenza 83 2012 Pensioni 16-05-2012
SENT. N. 83/12
REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
LA CORTE DEI CONTI
SEZIONE GIURISDIZIONALE PER LA REGIONE PIEMONTE
In composizione monocratica nella persona del Giudice Unico Consigliere Dr. Tommaso Parisi, quale Magistrato a ciò delegato;
Visto il ricorso in materia di pensioni militari iscritto al nr. 18897/M del Registro di Segreteria, promosso da C. D., nato a Omissis il Omissis, rappresentato e difeso dagli Avvocati Paolo e Davide Solivo, presso il cui studio sito in Biella, Via della Repubblica, nr. 49, ha eletto domicilio, avverso la determinazione dell’INPDAP di Vercelli e Biella nr. …. del 19.04.2011;
Uditi, nella pubblica Udienza del 19.04.2012, il relatore Dr. Tommaso Parisi, l’Avvocato Davide Solivo e l’Avvocato Giorgio Ruta per l’Istituto previdenziale;
Esaminati gli atti ed i documenti tutti della citata causa;
Visto il T.U. delle Leggi sulla Corte dei Conti approvato con il R.D. 12 luglio 1934 nr.1214 ed il relativo Regolamento di procedura;
Visto il Decreto Legge 15 novembre 1993 nr. 453 convertito nella Legge 14 gennaio 1994 nr. 19;
Visto il Decreto Legge 23 ottobre 1996 nr. 543 convertito nella Legge 20 dicembre 1996 nr. 639;
Vista la Legge 21 luglio 2000 nr. 205;
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
Fatto e Diritto
Il ricorrente ha impugnato la determinazione in epigrafe con la quale l’Istituto previdenziale ha individuato nei suoi confronti un debito complessivo pari ad Euro 9.535,84, a fronte delle maggiori somme percepite, rispetto a quelle effettivamente spettanti, a valere sul proprio trattamento pensionistico, iscrizione nr. ….., nel periodo dall’08.06.1999 alla data di accertamento dell’indebito.
Dagli atti risulta che parte attrice, già Appuntato scelto nell’Arma dei Carabinieri, è stato collocato in congedo per inabilità a decorrere dall’08.03.1999, con relativo trattamento provvisorio di quiescenza corrisposto a partire dall’08.06.1999; con decreto nr. … dell’01.12.2010 il Comando Legione Carabinieri Piemonte e Valle d’Aosta ha attribuito al ricorrente la pensione definitiva di inabilità per un importo inferiore rispetto all’assegno provvisorio.
A seguito dell’applicazione del citato decreto è emerso a carico dell’interessato un debito di Euro 9.535,84, per il periodo sopra indicato, che l’Istituto previdenziale ha intimato di rifondere con il provvedimento impugnato, disponendo, nel contempo, il recupero della citata somma mediante una ritenuta cautelativa mensile sull’assegno di quiescenza di Euro 328,82.
Nell’atto introduttivo del giudizio la difesa di parte attrice deduce la buona fede del proprio assistito ed il lunghissimo tempo trascorso prima della richiesta di recupero, chiedendo la declaratoria di irripetibilità dell’intero indebito con conseguente istanza di restituzione delle somme trattenute.
L’INPDAP si è costituito in giudizio, con memoria depositata in data 30.09.2011, in previsione della Camera di Consiglio fissata per l’esame dell’istanza di sospensione cautelare del provvedimento impugnato, chiedendo il rigetto del gravame.
Questa Sezione Giurisdizionale, con Ordinanza nr. 49/2011 del 18.11.2011, ha respinto la predetta istanza di sospensione cautelare del provvedimento di recupero.
La difesa del ricorrente ha depositato, in data 06.04.2012, una memoria con la quale ha ulteriormente precisato le argomentazioni dedotte nel ricorso introduttivo, invocando l’applicazione della Sentenza delle Sezioni Riunite nr. 7/QM/2007.
L’Avvocatura dell’INPDAP si è costituita in giudizio come INPS ai sensi dell’articolo 21, comma 2 bis, del D.L nr. 201 del 2011, convertito dalla Legge nr. 214 del 2011, con articolata memoria depositata in data 06.04.2012, formulando, in via pregiudiziale, istanza di sospensione del giudizio in attesa delle pronuncia delle Sezioni Riunite di questa Corte, nuovamente investite in merito alla questione dell’indebito pensionistico dalla III Sezione Giurisdizionale Centrale con Ordinanza nr. 6 del 2012, e di integrazione del contraddittorio con l’Ente datore di lavoro, mentre nel merito ha chiesto il rigetto del ricorso nonché il riconoscimento del diritto di rivalsa nei confronti della suddetta Amministrazione.
Nel corso della discussione il legale dell’Istituto previdenziale ha insistito sulla richiesta di sospensione del giudizio, cui si è opposta la difesa del ricorrente.
Ciò premesso, il ricorso si appalesa fondato.
Con riferimento alla richiesta di sospensione del giudizio, avanzata in via pregiudiziale dall’Avvocatura dell’INPDAP, questo Giudice non ravvisa, allo stato, gli estremi per l’accoglimento della predetta istanza, in funzione, da una parte, delle articolate argomentazioni di seguito esplicitate, le quali risultano sicuramente avvalorate dalle conclusioni cui sono pervenute le Sezioni Riunite nella Sentenza nr. 7/QM/2007, ma certamente non si identificano integralmente con le medesime, dall’altra, della circostanza, di rilievo assorbente, secondo cui la pronuncia delle citate Sezioni Riunite, in ogni caso, non riveste efficacia vincolante per il Giudice di primo grado, in relazione al chiaro principio di diritto affermato dallo stesso Consesso nella Sentenza nr. 8/QM/2010.
Sempre in via pregiudiziale, la richiesta di integrazione del contraddittorio formulata dall’Avvocatura dell’INPDAP non sollecita il favorevole scrutinio di questo Giudice, in relazione alle motivazioni concernenti la domanda subordinata dell’Istituto previdenziale per il riconoscimento del diritto di rivalsa nei confronti dell’Ente datore di lavoro, espresse nel prosieguo della presente pronuncia. Merita evidenziare, inoltre, che il provvedimento di recupero impugnato, oggetto esclusivo della presente causa, è stato emesso autonomamente dall’Istituto previdenziale.
In merito alla domanda prospettata dal ricorrente, questo Giudice non ignora l’autorevole arresto delle Sezioni Riunite di questa Corte dei Conti, esplicitato nella Sentenza nr. 1/QM/99, e la giurisprudenza del Giudice amministrativo invocata dall’Istituto previdenziale, ma non ritiene di potervi prestare assoluta ed incondizionata adesione laddove ricorra la circostanza, come nella presente fattispecie, di un trattamento provvisorio di quiescenza perpetuatosi ingiustificatamente per un periodo lunghissimo ed abnorme, a fronte dell’obbligo dell’Amministrazione, a partire dall’entrata in vigore della Legge nr. 241 del 1990, di concludere il procedimento volto alla liquidazione dell’assegno definitivo, nell’ipotesi di pensioni ordinarie, entro termini molto brevi e già prefissati dalla Legge e dai rispettivi Regolamenti; in tale ottica, cade opportuno enfatizzare un elemento ulteriore atto a suffragare il proprio contrario avviso, rispetto al principio affermato dalle Sezioni Riunite, identificato dalla constatazione che l’indebito deriva esclusivamente da un errore commesso dall’Amministrazione nella definizione del trattamento provvisorio di pensione, che pertanto non può ricadere a distanza di moltissimi anni, in armonia con il precetto contenuto nell’articolo 38 della Costituzione coordinato con il principio di solidarietà ad esso sotteso, in danno delle ragioni del percettore, sorrette da incontestabile buona fede (ex multis III Sezione Giurisdizionale Centrale, Sentenza nr. 236 del 2006, Sezione Giurisdizionale Trentino - Alto Adige - Bolzano, Sentenza nr. 48 del 2006, Sezione Giurisdizionale Basilicata, Sentenza nr. 111 del 2005, Sezione Giurisdizionale Umbria, Sentenza nr. 247 del 2002).
La Sezione, in linea con quest’ultimo assunto, evidenzia che una parte della giurisprudenza della Corte dei Conti, in contrapposizione con il suddetto orientamento esegetico più rigido, facendo leva su un’interpretazione estensiva dell’articolo 206 del D.P.R. nr. 1092/1973, attribuisce rilevanza, in tema di ripetizione dell’indebito correlato al pagamento di pensioni provvisorie, da parte dell’Istituto previdenziale o, in sede di rivalsa, dell’ex Amministrazione di appartenenza, alla buona fede del pensionato ed al lunghissimo intervallo temporale trascorso tra l’inizio dell’erogazione delle maggiori somme a valere sul trattamento di quiescenza, ordinariamente destinate al soddisfacimento dei bisogni primari del soggetto, attesa la loro modesta entità, e la notifica del provvedimento di recupero, idoneo a generare un legittimo affidamento nel percipiente, giuridicamente tutelabile, circa l’esattezza dell’importo dell’assegno in pagamento, frutto di un complesso ed articolato conteggio i cui eventuali errori non sono certamente riconoscibili dall’interessato (ex multis Sezione I Centrale, Sentenze nnrr. 99 del 2006, 426 del 2007, 509 del 2007, 311 del 2009 e 194 del 2011, Sezione II Centrale, Sentenze nnrr. 36, 142, 149 e 223 del 2011, Sezione III Centrale, Sentenze nnrr. 161 e 199 del 2011, Sezione Giurisdizionale Campania, Sentenza nr. 406 del 2001, Sezione Giurisdizionale Piemonte, Sentenze nnrr. 640 del 2000, 1005 del 2003 e 1999 del 2003, Sezione Giurisdizionale Sicilia, Sentenza nr. 1 del 2004, Sezione Giurisdizionale Marche, Sentenza nr. 783 del 2006).
Del resto, occorre assumere come parametri di riferimento anche i cosiddetti principi di garanzia elaborati dal Diritto comunitario, in quanto tali non derogabili dal legislatore nazionale, tanto più in funzione della scelta compiuta dal novellato articolo 1, comma 1, della Legge nr. 241 del 1990: la sottoposizione, in termini generali, dell’attività amministrativa ai canoni di matrice comunitaria. Fino a questo momento, infatti, le norme di Legge nazionali che richiamavano tali postulati operavano un rinvio settoriale, limitato ai principi elaborati nella materia regolata; un rinvio, quindi, meramente ricognitivo, in considerazione della riconosciuta prevalenza della fonte comunitaria in ipotesi di contrasto con la fonte interna, alla luce dell’evoluzione giurisprudenziale della Corte Costituzionale. Nel contesto della normativa attualmente vigente, invece, come dimostra la lettura della cennata disposizione della Legge nr. 241 del 1990 e la sede individuata per consacrare l’innovazione, l’universo del procedimento e dell’azione amministrativa è interamente pervaso, per espressa formulazione della Legge, dai principi dell’ordinamento comunitario, con il corollario che determinati canoni rappresentano prescrizioni irrinunciabili per il legislatore nazionale e per l’interprete, in quanto patrimonio giuridico comune nell’ottica di una sempre più penetrante integrazione europea. Tra i diversi principi di garanzia viene costantemente evocato quello della tutela del legittimo affidamento; nel Diritto comunitario il canone della tutela delle “legittimate expectations” è volto a garantire l’affidamento ragionevole formatosi in relazione a date circostanze di fatto e di diritto, quale derivazione del più generale postulato della certezza del diritto (ex multis Corte di Giustizia, Decisione Mavridis del 1983, in causa C-289/81, Decisione Falck s.p.a. del 2002, in cause riunite C-74/00 e C-75/00). Nel nostro ordinamento il principio si traduce, secondo giurisprudenza ormai consolidata, in un preciso limite all’adozione di provvedimenti negativi o sfavorevoli, quando siano emanati a notevole distanza temporale dal verificarsi della fattispecie legittimante, ovvero in presenza di elementi che rendano razionalmente ammissibile la conservazione di effetti prodotti da provvedimenti illegittimi, ovvero in presenza di un contegno tenuto dall’Amministrazione che sia idoneo a suscitare legittimi affidamenti (ex multis Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato, Decisione nr. 20 del 1992), tutte circostanze che si attagliano perfettamente all’ipotesi, oggetto della presente controversia, di avvio dell’azione di recupero di somme indebitamente percepite dopo moltissimi anni dall’inizio dell’erogazione ed in assenza di colpa del percettore. D’altra parte, anche nella giurisprudenza più recente del Giudice amministrativo si rinvengono massime che prendono l’abbrivo dall’esigenza di tutelare il canone del legittimo affidamento rispetto all’azione della Pubblica Amministrazione, il quale richiama i principi di diritto comune della correttezza e della buona fede: “tra le condizioni che conferiscono consistenza alla posizione soggettiva va annoverato il decorso del tempo, che consolida l’affidamento sulla piena legittimità dell’assetto degli interessi disposto dall’Amministrazione con l’atto” (Consiglio di Stato, Sezione V, Decisione nr. 5133 del 2002); “la considerazione della situazione giuridica del privato è in funzione del decorso del tempo, dovendosi ritenere che, quando l’annullamento d’ufficio sopravviene dopo un significativo lasso di tempo, l’affidamento che il privato pone sul provvedimento oggetto di annullamento si sia ormai consolidato” (Consiglio di Stato, Sezione V, Decisione nr. 6554 del 2004); “l’inosservanza del termine per provvedere dà luogo ad un danno (da ritardo) risarcibile ex se, in quanto lede l’affidamento del privato alla certezza dei tempi dell’azione amministrativa” (Consiglio di Stato, Sezione IV, Decisione nr. 875 del 2005); “la certezza del diritto e la stabilità dei rapporti giuridici tendono a prevalere, in determinati casi, sul principio di legalità; atti dell’Autorità - seppure illegittimi - possono, cioè, aver prodotto nei destinatari un affidamento circa i vantaggi loro assicurati, affidamento che non può essere sacrificato in ragione di motivi di interesse pubblico” (TAR Lazio, Sezione III, Decisione nr. 76 del 2007); “l’affidamento è l’aspettativa di coerenza dell’Amministrazione con il proprio precedente comportamento, la quale è fonte di un obbligo, per l’Amministrazione, di comportarsi secondo buona fede tenendo in adeguata considerazione l’interesse dell’amministrato, la cui protezione non si presenta come il prodotto, accessorio, della cura dell’interesse pubblico, ma come l’oggetto di una autonoma pretesa, contrapposta all’interesse dell’Amministrazione” (TAR Lombardia, Milano, Sezione III, Decisione nr. 1455 del 2010).
Il principio di tutela dell’affidamento e della buona fede ha trovato cittadinanza anche nell’ordinamento tributario, ricevendo una formale consacrazione normativa per effetto dell’entrata in vigore della Legge nr. 212 del 2000 (Statuto dei diritti del contribuente), il cui articolo 10 stabilisce espressamente che i rapporti tra contribuente ed Amministrazione finanziaria devono essere improntati al canone della collaborazione e della buona fede; al riguardo, giova mettere in risalto che la Suprema Corte, Sezione V, ha costantemente precisato in numerose pronunce (ex multis Sentenze nr. 17576 del 2002 e nr. 21513 del 2006) che il principio della tutela del legittimo affidamento del cittadino, con riferimento al canone della certezza e della sicurezza giuridica, ha valenza costituzionale, sul rilievo che trova il suo principale e diretto fondamento nel postulato di uguaglianza dei cittadini dinanzi alla Legge propugnato dall’articolo 3 della C.; ne discende, secondo la Corte di Cassazione, che la protezione dell’affidamento è invocabile anche ai rapporti tributari sorti in epoca anteriore all’entrata in vigore del citato Statuto del contribuente.
Nella medesima prospettiva, infine, non è superfluo sottolineare che la stessa Corte Costituzionale, nella Sentenza nr. 166 del 1996, ha nuovamente evidenziato, riecheggiando un canone già affermato nella pronuncia nr. 431 del 1993, che nel settore previdenziale sembra essersi affermato un principio di settore per cui “diversamente dalla regola civilistica di incondizionata ripetibilità dell’indebito, trova applicazione la diversa regola, propria di tale sottosistema, che esclude la ripetizione in presenza di una situazione di fatti aventi come minimo comune denominatore la non addebitabilità al percipiente dell’erogazione non dovuta”.
Chiarite tali premesse in termini generali, nella presente fattispecie ricorrono entrambe le descritte condizioni enucleate dalla suddetta giurisprudenza, atteso che il provvedimento dell’INPDAP impugnato, contenente la richiesta di recupero delle somme indicate in premessa, è intervenuto a distanza di quasi dodici anni dall’esordio della corresponsione del trattamento provvisorio di quiescenza, mentre la buona fede del pensionato non può essere messa in discussione. Tale assunto è suffragato anche dalla Sentenza delle Sezioni Riunite di questa Corte nr. 7/QM/2007; al riguardo, la Sentenza delle Sezioni Riunite nr. 7/QM/2011, invocata dall’INPDAP nella memoria di costituzione, non si riferisce direttamente alla questione dell’indebito pensionistico, ma attiene al diverso profilo dell’eventuale cristallizzazione del trattamento di quiescenza provvisorio in funzione del decorso del tempo, con il precipitato che le ulteriori affermazioni del menzionato Consesso sulla tematica oggetto della presente controversia rivestono il tenore di semplici “obiter dictum”, non idonei ad assurgere al rango di principio di diritto in materia.
Quanto alla tesi suggestiva incentrata sul danno da ritardo, teorizzata dall’Istituto previdenziale in relazione alle argomentazioni di cui alla Sentenza della I Sezione Giurisdizionale Centrale di questa Corte nr. 449 del 2011, che peraltro sino a questo momento si inserisce nel filone minoritario della giurisprudenza (Sezioni Riunite, Sentenza nr. 16/QM/2011), questo Giudice reputa che il menzionato istituto, disciplinato dall’articolo 2 bis della Legge nr. 241 del 1990 introdotto dall’articolo 7 della Legge nr. 69 del 2009, non sia compatibile con la specifica fattispecie afferente all’indebito pensionistico; in tale ottica, è sufficiente osservare, a prescindere dalla natura cumulativa e non certo esclusiva della predetta tutela a beneficio del cittadino, che il citato danno da ritardo, il quale presuppone evidentemente il verificarsi di un pregiudizio ingiusto, si collega pur sempre, secondo la pacifica giurisprudenza del Giudice amministrativo, alla figura dell’interesse legittimo nei termini di una posizione schiettamente sostanziale, correlata, in modo intimo ed inscindibile, ad un concreto interesse materiale del titolare ad un “bene della vita”, ciò nondimeno nell’ipotesi del suddetto indebito il “bene della vita”, rappresentato dall’erogazione dell’assegno di quiescenza, non solo è stato immediatamente conseguito dall’interessato all’atto del collocamento in congedo, ma addirittura in misura superiore rispetto all’importo effettivamente spettante.
La domanda subordinata formulata dall’INPDAP, tendente ad ottenere in questa sede la condanna dell’Ente datore di lavoro alla rifusione di una parte delle somme erogate al ricorrente, si appalesa inammissibile, sul rilievo che, in disparte la questione di giurisdizione, già di per sé incerta, da una parte, non sussiste, allo stato, alcuna controversia con il menzionato Ente, né, tanto meno, risulta possibile instaurare il relativo contraddittorio, in quanto la richiesta dell’INPDAP esula completamente dall’oggetto specifico del presente gravame identificato dal “petitum” e dalla “causa petendi” prospettati da parte attrice, introducendo un tema del tutto nuovo rispetto al titolo che contraddistingue il ricorso introduttivo, nei confronti peraltro di un soggetto diverso dal ricorrente ed estraneo al giudizio, dall’altra, osta alla richiesta dell’Istituto previdenziale la chiara disciplina riveniente dagli articoli 62 del R.D. nr. 1214 del 1934 e 71, lettera b) del R.D. nr. 1038 del 1933, come interpretati dalla prevalente giurisprudenza di questa Corte, secondo cui è necessario che la domanda promossa in sede giurisdizionale sia stata preceduta da una valutazione dell’Amministrazione in via amministrativa e che, in difetto, il ricorso non possa considerarsi ammissibile (ex multis Sezioni Riunite nr. 66/C del 1987, III Sezione Giurisdizionale Centrale, Sentenza nr. 237 del 2004, II Sezione Giurisdizionale Centrale, Sentenza nr. 5 del 2005, I Sezione Giurisdizionale Centrale, Sentenza nr. 121 del 2007). Al riguardo, l’Istituto previdenziale potrà eventualmente valutare la possibilità di agire nei confronti dell’Ente datore di lavoro nell’ambito di un autonomo e distinto giudizio.
Per quanto esposto in narrativa, deve essere dichiarata l’irripetibilità integrale delle maggiori somme a valere sul trattamento pensionistico, pari ad Euro 9.535,84 percepite dal ricorrente nel periodo dall’08.06.1999 alla data di accertamento dell’indebito, con conseguente obbligo dell’Istituto previdenziale di restituire gli importi recuperati.
Sussistono eccezionali motivi per disporre la compensazione delle spese tra le parti, considerate la natura e la complessità della presente controversia, nonché le difficoltà interpretative rivenienti dal quadro normativo di riferimento in materia e le oggettive oscillazioni giurisprudenziali, anche tenendo conto che l’invocata Sentenza delle Sezioni Riunite nr. 7/QM/2007, non riveste efficacia vincolante per il Giudice di primo grado, in funzione del principio di diritto affermato dalle stesse Sezioni Riunite nella Sentenza nr. 8/QM/2010.
P.Q.M.
La Corte dei Conti, Sezione Giurisdizionale per la Regione Piemonte, in composizione monocratica, definitivamente pronunciando
ACCOGLIE
Il ricorso proposto da C. D. e, per l’effetto, dichiara l’irripetibilità integrale delle maggiori somme a valere sul trattamento pensionistico, percepite dal ricorrente nel periodo dall’08.06.1999 alla data di accertamento dell’indebito, con conseguente obbligo dell’Istituto previdenziale di restituire gli importi recuperati.
Spese di giudizio compensate.
Così deciso in Torino, nella Camera di Consiglio del 19.04.2012.
IL GIUDICE UNICO
(F.to Dr. Tommaso Parisi)
Depositata in Segreteria il 16 Maggio 2012
Il Direttore della Segreteria
(F.to Antonio Cinque)